Mensile di aggiornamento e approfondimento in materia di immobili, ambiente, edilizia e urbanistica Numero 9 – aprile 2014 Sommario n. 9 – chiuso in redazione il 1° aprile 2014 Pagina NEWS Ambiente, edilizia e urbanistica, immobili 4 RASSEGNA DI NORMATIVA Leggi, decreti, circolari: sintesi e classificazione 17 RASSEGNA DI GIURISPRUDENZA Ambiente, edilizia e urbanistica, immobili 21 APPROFONDIMENTI Trasferimenti immobiliari SEMPLIFICATA LA TASSAZIONE INDIRETTA Dal 1° gennaio 2014 sono entrate in vigore rilevanti novità in ordine alla fiscalità indiretta dei trasferimenti immobiliari; il riferimento è alle imposte d'atto, cioè di registro, ipotecaria, catastale, di bollo e agli altri tributi accessori. Le novità, realizzate tramite la riscrittura dell'art 1, Tariffa, Parte Prima, D.P.R. 26.4.1986, n. 131 (Atti soggetti a registrazione in termine fisso) - sono "figlie" dell'art. 10, D.Lgs. 14.3.2011, n. 23, già più volte modificato. Pantoni Gioacchino, Sabbatini Claudio, Hercolani Ferrario Michele, Il Sole 24 ORE – La Settimana Fiscale, 5 marzo 2014, n. 9 25 Certificazione energetica IMMOBILI: SCATTANO LE SANZIONI PER I CONTRATTI SENZA APE Le compravendite e gli affitti conclusi senza allegare l’attestato di prestazione energetica sono validi, ma se l’attestato non viene consegnato entro 45 giorni sono puniti con sanzione pecuniaria da € 3.000 a € 18.000 (da € 1.000 a € 4.000 per i contratti di locazione di singole unità immobiliari). Ivan Meo, Angelo Pesce, Il Sole 24 ORE Consulente Immobiliare – 31 marzo 2014 - n. 949 32 Immobili PER LE CALDAIE NUOVI LIBRETTI DA GIUGNO A partire dal 1° giugno "cambiano pelle" i documenti che certificano l'efficienza degli impianti installati in casa, in ufficio o in azienda. E diventano obbligatori anche per i dispositivi di climatizzazione estiva. Un unico libretto, composto da più schede modulabili a seconda delle caratteristiche dell'impianto. Quattro tipologie di rapporto di efficienza energetica, studiate per mettere a fuoco e mappare le prestazioni non solo delle tradizionali caldaie, ma anche dei sistemi di condizionamento, di teleriscaldamento e di cogenerazione. Silvio Rezzonico, Maria Chiara Voci, Il Sole 24 ORE – Norme e Tributi, 31 marzo 2014 36 FIAIP News24, Numero 9 - aprile 2014 2 Immobili RISTRUTTURAZIONE PIÙ LIBERA NELLA FORMA O RIUSO URBANO? Una recente sentenza del TAR Piemonte – Torino ha ritenuto non dovuti gli oneri di urbanizzazione primaria e secondaria per gli interventi realizzati mediante demolizione e ricostruzione mantenendo la stessa volumetria e la stessa destinazione d’uso dell’edificio preesistente, a nulla rilevando la modifica di sagoma e prospetti. Mantini Pierluigi, Panetta Chiara, Il Sole 24 ORE – Consulente Immobiliare, 15 marzo 2014, n. 948 39 L’ESPERTO RISPONDE ambiente, edilizia e urbanistica, immobili 47 Proprietario ed Editore: Il Sole 24 Ore S.p.A. Sede legale e amministrazione: Via Monte Rosa 91- 20149 Milano Redazione: Edilizia e PA, Il Sole 24 ORE e-mail: [email protected] © 2014 Il Sole 24 ORE S.p.a. Tutti i diritti riservati. È vietata la riproduzione anche parziale e con qualsiasi strumento. I testi e l’elaborazione dei testi, anche se curati con scrupolosa attenzione, non possono comportare specifiche responsabilità per involontari errori e inesattezze. www.tecnici24.ilsole24ore.com FIAIP News24, Numero 9 - aprile 2014 3 Economia, fisco, agevolazioni e incentivi Cedolare secca al 10% e doppio limite per il bonus mobili. Sono queste le novità fiscali di maggior rilievo previste dal Dl 28 marzo 2014 n. 47, relativo al cosiddetto “piano casa”. Bonus mobili anche con il limite delle spese di ristrutturazione L’articolo 16, comma 2, del “decreto Ecobonus” (Dl 63/2013), convertito con modificazioni dall’articolo 1 della legge 90/2013, ha introdotto una nuova misura agevolativa volta a consentire, ai contribuenti che hanno effettuato lavori di ristrutturazione, la detrazione delle spese documentate sostenute per l’acquisto di mobili e di grandi elettrodomestici di classe non inferiore alla A+, nonché A per i forni, per le apparecchiature per le quali sia prevista l'etichetta energetica, finalizzati all'arredo dell'immobile oggetto di ristrutturazione. La detrazione, da ripartire tra gli aventi diritto in dieci quote annuali di pari importo, spetta nella misura del 50% delle spese sostenute dal 6 giugno 2013 al 31 dicembre 2014 ed è calcolata su un ammontare complessivo non superiore a 10.000 euro. La legge di stabilità per il 2014, però, ha inserito un ultimo periodo alla disposizione per cui le spese agevolabili non possono essere superiori a quelle sostenute per i lavori di ristrutturazione (articolo 1, comma 139, lettera d), numero 3), della legge 147/2013). In sostanza, per effetto di tale modifica, il cosiddetto “bonus mobili” è vincolato a un doppio limite: la soglia massima di 10.000 euro, nonché l’importo totale delle spese di ristrutturazione. Il governo aveva tentato di rimediare con il decreto “salva Roma bis” (Dl 151/2013), in cui era contenuta l’eliminazione degli effetti dal nuovo limite imposto dalla legge di Stabilità per il 2014, ma il decreto è decaduto prima della sua conversione in legge. È stata annunciata, quindi, la riproposizione della norma nel “piano casa”, ma, di fatto, nella versione pubblicata in "Gazzetta Ufficiale" non vi è più alcun riferimento all’agevolazione, che pertanto rimane vincolata al doppio limite poc’anzi illustrato. Cedolare secca al 10 per cento L’altra grande novità apportata dal decreto riguarda la cedolare secca. Come noto, l’articolo 3 del Dlgs 23/2011, che ha introdotto il “federalismo municipale”, ha previsto un nuovo regime opzionale di tassazione del reddito derivante dalla locazione da parte di persone fisiche di unità abitative e relative pertinenze. Esso prevedeva, nella sua originaria formulazione, un’imposta sostitutiva del 21% sul reddito derivante da contratti di locazione a canone libero, e del 19% su quelli a canone concordato (articolo 2, comma 3, articolo 5, comma 2, e articolo 8 della legge 431/1998), con esclusione dell’assoggettamento di tali redditi a Irpef, imposta di registro e di bollo (relativa al contratto di locazione) per tutta la durata dell’opzione. Con l’articolo 4 del cosiddetto “decreto Imu” (Dl 102/2013), il Legislatore ha ridotto, per gli immobili locati a canone “concordato”, l’aliquota della cedolare secca al 15%, in luogo di quella previgente pari al 19%, già a decorrere dall’anno di imposta 2013. Con l’articolo 9, comma 1, del decreto odierno, il governo è nuovamente intervenuto sulla misura della tassazione, stabilendo una nuova riduzione, sempre per tali contratti, dell’aliquota applicabile, ora prevista nella misura del 10%, anziché del 15%, limitatamente al quadriennio 2014-2017. Peraltro, il secondo comma del predetto articolo 9 ha aggiunto un comma 6-bis all’articolo 3 del Dlgs 23/2011, così da estendere l’applicabilità del regime della cedolare secca anche ai contratti di locazione di unità abitative stipulati con cooperative o enti senza scopo di lucro, purché sublocate a studenti universitari, con rinuncia all’aggiornamento Istat del canone. Locazione di alloggi sociali con imposizione ridotta e detrazione Con il decreto odierno, particolare attenzione è stata rivolta anche agli alloggi sociali. L’articolo 6, infatti, prevede l’esenzione da tassazione ai fini delle imposte sul reddito e dell’Irap del 40% FIAIP News24, Numero 9 - aprile 2014 4 dei ricavi derivanti per l’impresa da canoni di locazione di alloggi sociali, fino all’eventuale riscatto dell’unità immobiliare e comunque per un periodo non superiore a dieci anni dal termine dei lavori di costruzione del nuovo immobile o di ristrutturazione di quello esistente. Tale misura, tuttavia, prima di diventare operativa deve ottenere la prevista autorizzazione da parte della Commissione Ue. Per quanto riguarda gli inquilini che affittano tali alloggi sociali, invece, l’articolo 7 del decreto prevede una detrazione Irpef di 900 o 450 euro, a seconda che il loro reddito sia non superiore a 15.493,71 euro ovvero sia superiore a tale importo ma non a 30.987,41 euro. (Alessandro Borgoglio, Il Sole 24 Ore - Guida Normativa, aprile 2014, n. 66) Riqualificazione energetica: tutti i numeri degli sconti La legge di stabilità per il 2014 ha previsto l’estensione fino al 2015 dell’agevolazione fiscale a sostegno delle politiche di miglioramento delle prestazioni energetiche nell’edilizia. In particolare il Legislatore, con il comma 139 dell’articolo 1 della legge 147/2013, ha provveduto a novellare l’articolo 14 del Dl 63/2013 convertito con modificazioni dalla legge 90/2013. Si vedano di seguito le modifiche apportate “Nuovo” e “vecchio” testo a confronto dell’articolo 14 del Dl 63/2013 1. Le disposizioni di cui all’articolo 1, comma 1. Le disposizioni di cui all’articolo 1, comma 48, della legge 13 dicembre 2010, n. 220, e 48, della legge 13 dicembre 2010, n. 220, e successive modificazioni, si applicano nella successive modificazioni, si applicano nella misura del: misura del 65 per cento anche alle spese a)65 per cento, anche alle spese sostenute sostenute dalla data di entrata in vigore del dal 6 giugno 2013 al 31 dicembre 2014; presente decreto al 31 dicembre 2013. b) 50 per cento, alle spese sostenute dal 1° 2. La detrazione spettante ai sensi del gennaio 2015 al 31 dicembre 2015. comma 1 si applica nella misura del 65 per 2. Le detrazioni di cui al comma 1 si cento alle spese sostenute dalla data di applicano anche alle spese sostenute per entrata in vigore del presente decreto al 30 interventi relativi a parti comuni degli edifici giugno 2014 per interventi relativi a parti condominiali di cui agli articoli 1117 e 1117- comuni degli edifici condominiali di cui agli bis del codice civile o che interessino tutte le articoli 1117 e 1117-bis del codice civile o unità immobiliari di cui si compone il singolo che interessino tutte le unità immobiliari di condominio nella misura del: cui si compone il singolo condominio. a)65 per cento, per le spese sostenute dal 3. La detrazione spettante ai sensi del 6 giugno 2013 al 30 giugno 2015; presente articolo è ripartita in dieci quote b)50 per cento, per le spese sostenute dal annuali di pari importo. Si applicano, in 1º luglio 2015 al 30 giugno 2016. quanto compatibili, le disposizioni di cui 3. La detrazione spettante ai sensi del all’articolo 1, comma 24, della legge 24 presente articolo è ripartita in dieci quote dicembre 2007, n. 244, e successive annuali di pari importo. Si applicano, in modificazioni, e all’articolo 29, comma 6, del quanto compatibili, le disposizioni di cui decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, all’articolo 1, comma 24, della legge 24 convertito, con modificazioni, dalla legge 28 dicembre 2007, n. 244, e successive gennaio 2009, n. 2. modificazioni, e all’articolo 29, comma 6, del 3-bis. Al fine di effettuare il monitoraggio e decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, la valutazione del risparmio energetico convertito, con modificazioni, dalla legge 28 conseguito a seguito della realizzazione degli gennaio 2009, n. 2. interventi di cui ai commi 1 e 2, l’Agenzia 3-bis. Al fine di effettuare il monitoraggio e nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e la valutazione del risparmio energetico lo sviluppo economico sostenibile (ENEA) conseguito a seguito della realizzazione degli elabora le informazioni contenute nelle interventi di cui ai commi 1 e 2, l’Agenzia richieste di detrazione pervenute per via nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e telematica e trasmette una relazione sui lo sviluppo economico sostenibile (ENEA) risultati degli interventi al Ministero dello elabora le informazioni contenute nelle sviluppo economico, al Ministero richieste di detrazione pervenute per via dell’economia e delle finanze, alle regioni e telematica e trasmette una relazione sui alle province autonome di Trento e Bolzano, risultati degli interventi al Ministero dello nell’ambito delle rispettive competenze sviluppo economico, al Ministero territoriali. Nell’ambito di tale attività, l’ENEA FIAIP News24, Numero 9 - aprile 2014 5 dell’economia e delle finanze, alle regioni e alle province autonome di Trento e Bolzano, nell’ambito delle rispettive competenze territoriali. Nell’ambito di tale attività, l’ENEA predispone il costante aggiornamento del sistema di reportistica multi-anno delle dichiarazioni ai fini della detrazione fiscale di cui all’articolo 1, comma 349, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, già attivo e assicura, su richiesta, il necessario supporto tecnico alle regioni e alle province autonome di Trento e Bolzano. predispone il costante aggiornamento del sistema di reportistica multi-anno delle dichiarazioni ai fini della detrazione fiscale di cui all’articolo 1, comma 349, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, già attivo e assicura, su richiesta, il necessario supporto tecnico alle regioni e alle province autonome di Trento e Bolzano. Detrazione per interventi di efficienza energetica su singole unità Con la modifica di cui al comma 1 dell’articolo 14, pertanto, è prorogata la detrazione fiscale concessa su interventi che aumentano il livello di efficienza energetica delle singole unità immobiliari esistenti. In particolare, la detrazione fiscale rimane al 65% per tutto il 2014, per poi diminuire, nell’anno seguente, al 50% e attestarsi, dal 1° gennaio 2016, al 36%, per effetto della sostituzione dell’agevolazione in questione con la detrazione fiscale prevista per le spese di recupero del patrimonio edilizio. Misure di detrazione per interventi di efficienza energetica su singole unità PERIODO DI SOSTENIMENTO DETRAZIONE IN PERCENTUALE Fino al 5 giugno 2013 55% Dal 6 giugno 2013 al 31 dicembre 2014 65% Dal 1° gennaio al 31 dicembre 2015 50% Dal 1° gennaio 2016 36% Per completezza si ricorda che, ai sensi del Dm 19 febbraio 2007, successivamente modificato dal decreto 7 aprile 2008, tra gli interventi ammessi all’agevolazione fiscale rientrano: – la riqualificazione energetica di edifici esistenti: qualsiasi intervento, o insieme sistematico di interventi, che incida sulla prestazione energetica dell’edificio, realizzando la maggior efficienza energetica richiesta; – gli interventi sugli involucri degli edifici: strutture opache orizzontali (coperture e pavimenti), verticali (pareti generalmente esterne), finestre comprensive di infissi, delimitanti il volume riscaldato, verso l’esterno o verso vani riscaldati, che rispettano i requisiti di trasmittanza; – l’installazione dei pannelli solari per la produzione di acqua calda per usi domestici o industriali e per la copertura del fabbisogno di acqua calda in piscine, strutture sportive, case di ricovero e cura, istituti scolastici e Università; - la sostituzione, integrale o parziale, di impianti di climatizzazione invernale. A riguardo si evidenzia che l’agevolazione può essere richiesta per le spese sostenute nei limiti di importo di seguito riportati. Detrazione massima per interventi di efficienza energetica TIPO DI INTERVENTO DETRAZIONE MASSIMA Riqualificazione energetica di edifici esistenti 100.000 euro Rifacimento o sostituzione involucro di edifici (pareti, 60.000 euro finestre...) Installazione di pannelli solari 60.000 euro Sostituzione degli impianti di climatizzazione invernale 30.000 euro Detrazione per interventi di efficienza energetica sulle parti comuni degli edifici condominiali Ai sensi del comma 2 dell’articolo 16, risultano prorogati anche i termini per fruire della detrazione fiscale concessa su interventi che aumentano il livello di efficienza energetica delle parti comuni degli edifici condominiali e per quelli che riguardano tutte le unità di cui si compone il singolo condominio. FIAIP News24, Numero 9 - aprile 2014 6 In particolare, la detrazione fiscale rimane al 65% fino al 30 giugno 2015, per poi diminuire al 50%, dal 1° luglio 2015 al 30 giugno 2016, e successivamente attestarsi al 36%, per effetto della sostituzione dell’agevolazione in questione con la detrazione fiscale prevista per le spese di recupero del patrimonio edilizio. Misure di detrazione per interventi di efficienza energetica su parti comuni condominiali o su tutte le unità di cui si compone il condominio PERIODO DI SOSTENIMENTO DETRAZIONE IN PERCENTUALE Fino al 5 giugno 2013 55% Dal 6 giugno 2013 al 30 giugno 2015 65% Dal 1 luglio 2015 al 30 giugno 2016 50% Dal 1° luglio 2016 36% A riguardo si evidenzia che l’agevolazione può essere richiesta per le spese sostenute nell’anno, in base al criterio di cassa, nei limiti di importo riportati in precedenza e riferiti a ciascuna delle unità immobiliari facenti parte dell’edificio. Nell’ipotesi in cui si tratti di un intervento di riqualificazione energetica effettuato sull’intero condominio, l’importo massimo costituisce il limite complessivo di detrazione da ripartire tra i soggetti che hanno diritto al beneficio. Adempimenti richiesti Al fine di beneficiare dell’agevolazione in esame, in contribuente, sia esso una persona fisica, una società, un’associazione o un ente, deve acquisire i seguenti documenti: – l’asseverazione del tecnico abilitato, o la dichiarazione resa dal direttore dei lavori ai sensi del Dm 6 agosto 2009, ovvero l’attestato di partecipazione a un apposito corso di formazione, nell’ipotesi di autocostruzione dei pannelli solari; – l’attestato di prestazione energetica dell’edificio asseverato da un tecnico abilitato; – la scheda informativa relativa agli interventi realizzati, rilasciata da un tecnico abilitato, contenente: i dati identificativi del soggetto che ha sostenuto le spese e dell’edificio, la tipologia di intervento eseguito e il risparmio energetico conseguito, il costo sostenuto per le spese professionali e quello utilizzato per il calcolo della detrazione. Il secondo e il terzo documento devono essere trasmessi telematicamente all’Enea (Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile), entro 90 giorni dalla fine dei lavori. Per gli interventi i cui lavori proseguono oltre il periodo d’imposta occorre inviare, in via telematica, all’Agenzia delle entrate una comunicazione, entro 90 giorni dal termine del periodo d’imposta nel quale i lavori hanno avuto inizio e si è provveduto ai relativi pagamenti, al fine di usufruire della detrazione fiscale dei costi sopportati da utilizzare ai fini Irpef e Ires. Documenti da conservare Il contribuente deve conservare ed esibire all’amministrazione finanziaria la documentazione relativa agli interventi realizzati. In particolare: – il certificato di asseverazione redatto da un tecnico abilitato; – la ricevuta di invio dei documenti all’Enea; – le fatture o le ricevute fiscali comprovanti le spese sostenute per la realizzazione dell’intervento; – la ricevuta del bonifico di pagamento delle spese (solo per i non titolari di reddito d’impresa); – la copia della delibera assembleare (per gli interventi effettuati su parti comuni di edifici); – la copia della tabella millesimale di ripartizione delle spese (per gli interventi effettuati su parti comuni di edifici). (Laura Mazzola, Il Sole 24 ORE – Guida Normativa, 13 marzo 2014) FIAIP News24, Numero 9 - aprile 2014 7 Immobili Certificazione energetica, anche il Piemonte si adegua alla normativa nazionale - Con la D.G.R. 17-7073 del 4 febbraio 2014 (pubblicata sul B.U. 7 del 13 febbraio), la regione Piemonte ha aggiornato la disciplina sulla certificazione energetica in materia di attestati, modificando la denominazione dell’Attestato di certificazione energetica in Attestato di prestazione energetica, e ha recepito i criteri del D.P.R. 75/2013 sull’accreditamento dei certificatori. Con la stessa delibera, la Giunta ha dato anche mandato alla Direzione Innovazione Ricerca Università e Sviluppo Energetico Sostenibile di adottare gli atti necessari, affinché il sistema informativo certificazione energetica degli edifici (SICEE) sia adeguato nel più breve tempo possibile. (Il Sole 24 ORE – Consulente Immobiliare, 31 marzo 2014, n. 949) Distacco dal riscaldamento centrale, in Piemonte di fatto è vietato La legge 220 dell'11 dicembre 2012, recante modifiche alla disciplina del condominio negli edifici ha previsto all'articolo 1118 comma IV del Codice civile che, sussistendone le condizioni, la possibilità per ciascun condomino di distaccarsi dall'impianto centralizzato di riscaldamento, pur mantenendo la proprietà dello stesso. La disposizione richiamata testualmente prevede quanto segue: "Il condomino può rinunciare all'utilizzo dell'impianto centralizzato di riscaldamento o di condizionamento, se dal suo distacco non derivano notevoli squilibri di funzionamento o aggravi di spesa per gli altri condomini. In tal caso il rinunziante resta tenuto a concorrere al pagamento delle sole spese per la manutenzione straordinaria dell'impianto e per la sua conservazione e messa a norma". La possibilità di distacco è subordinata a due condizioni che devono congiuntamente esistere: 1.non derivino notevoli squilibri di funzionamento 2.non derivino aggravi di spesa per gli altri condomini. Sussistendo tali requisiti, il condomino non abbisogna di alcuna autorizzazione assembleare e può procedere con il distacco. Si profila, però, un contrasto con le disposizioni della Regione Piemonte. Infatti la legge della Regione Piemonte 28 maggio 2007, n. 13 , recante "Disposizioni in materia di rendimento energetico nell'edilizia", prevede, al Capo V sotto la rubrica "integrazioni edilizie", all'articolo 19 (Predisposizione a servizi energetici centralizzati) comma 1 che "Gli edifici nuovi e quelli soggetti agli interventi di cui all'articolo 2, comma 2, lettere d) (nuova installazione di impianti termici in edifici esistenti n.d.r.) ed e) (ristrutturazione di impianti termici n.d.r.), composti da più di quattro unità abitative, sono dotati di impianto centralizzato di produzione di acqua calda sanitaria e di riscaldamento, nonché di sistemi automatizzati di termoregolazione e contabilizzazione individuale del calore". Ai sensi dell'Allegato A: •quale "nuova installazione di impianti termici in edifici esistenti" deve intendersi: "impianto termico installato in un edificio di nuova costruzione o in un edificio o porzione di edificio antecedentemente privo di impianto termico"; •quale "ristrutturazione di impianti termici" deve intendersi: "insieme di opere che comportano la modifica sostanziale sia dei sistemi di produzione che di distribuzione del calore; rientrano in questa categoria anche la trasformazione di un impianto termico centralizzato in impianti termici individuali nonché la risistemazione impiantistica nelle singole unità immobiliari o parti di edificio in caso di installazione di un impianto termico individuale previo distacco dall'impianto termico centralizzato". Ai sensi dell'articolo 3 lettera h) della medesima Legge, •quale "impianto termico" deve intendersi "impianto tecnologico destinato alla climatizzazione invernale degli ambienti con o senza produzione di acqua calda per usi igienici e sanitari o alla sola produzione centralizzata di acqua calda per gli stessi usi, comprendente sistemi di produzione, distribuzione e utilizzazione del calore, nonché gli organi di regolazione e di controllo; sono compresi negli impianti termici gli impianti individuali di riscaldamento, mentre non sono considerati impianti termici apparecchi quali stufe, caminetti, radiatori individuali, scaldacqua unifamiliari" Ai fini della legislazione regionale, pertanto, il distacco effettuato ai sensi del (nuovo) articolo 1118 comma iV del Codice Civile, seguito dalla risistemazione impiantistica volta FIAIP News24, Numero 9 - aprile 2014 8 all'installazione di altro impianto termico individuale ai sensi dell'articolo 3 lettera h) della citata Legge Regionale, viene ad essere definito ristrutturazione che, quindi, rientra nel combinato disposto della Legge 13/2007 articolo 19 comma 1 e articolo 2 comma 2 con conseguente obbligo di impianto centralizzato di riscaldamento. Al fine di chiarire ogni dubbio, Anaci Regione Piemonte e Valle d'Aosta, Fiopa (Federazione Interregionale degli Ordini degli Ingegneri del Piemonte e della Valle d'Aosta) e Anta (Associazione Nazionale Termotecnici ed Aerotecnici), hanno rivolto un quesito alla Regione Piemonte al fine di sapere se: 1) La Legge regionale vieta il distacco e la successiva installazione di impianto termico diverso da quello centralizzato; 2) La Legge Regionale prevale sulla Legge Nazionale; 3) quale sia la sanzione a carico di colui che si distacca. La Regione Piemonte ha rilascato il seguente parere dal quale, sostanzialmente, emerge che: 1) è vietato il distacco con conseguente installazione di impianto autonomo 2) la Legge Regionale, attesa la competenza ai sensi dell'articolo 117 della Costituzione, ha potere legislativo in materia 3) per colui che si distacca trova applicazione la sanzione amministrativa da € 5.000 a € 15.000. (Edoardo Riccio, Il Sole 24 ORE, 21 marzo 2014) «Mini-caldaie» a ostacoli Il passaggio dal centralizzato è possibile solo se si dimostrano i vantaggi Per chi abita in condominio la tentazione di passare al riscaldamento autonomo, anche se è dimostrato che – eccetto rarissimi casi – si tratta di uno spreco energetico, rimane sempre forte. Sono in molti a voler regolare da soli la temperatura i casa ma a rifiutare i contabilizzatori di calore e a "pretendere" la caldaietta. Le norme, però, rendono estremamente difficoltosa questa scelta. Vediamo come procedere. Il Codice civile L'impianto di riscaldamento, se esistente dalla costruzione del condominio e salvo che il titolo non disponga diversamente, è di proprietà comune, ai sensi dell'articolo 1117 del Codice civile. Quindi la soppressione è di per sé vietata, se non con il consenso di tutti i condomini, come conseguenza dell'articolo 1120, ultimo comma, dello stesso Codice, che vieta le innovazioni che rendano alcune parti comuni inservibili all'uso o al godimento anche di un solo condomino. Una delibera di soppressione, infatti, non comporta una semplice modifica, ma una radicale trasformazione della cosa comune nella sua destinazione strutturale ed economica, pregiudizievole per tutte le unità immobiliari già allacciate all'impianto centralizzato. Le leggi successive Sul Codice civile è intervenuta in seguito la legge 10/91, il cui articolo 26, comma 2, prevedeva una maggioranza speciale per favorire gli interventi sugli edifici e sugli impianti volti al contenimento dei consumi energetici. La formulazione originaria della norma stabiliva una maggioranza agevolata per gli interventi su parti comuni di edifici diretti al contenimento del consumo energetico, e quelli indicati all'articolo 8 della stessa norma. Tra questi ultimi era espressamente prevista proprio la «trasformazione di impianti centralizzati di riscaldamento in impianti unifamiliari a gas». In pratica, la legge 10/91 autorizzava gli interventi che l'articolo 1120 vietava. Nel 2006 (con il Dlgs 311), però, l'articolo 26 della legge 10/1991 veniva cambiato e perdeva il riferimento alla trasformazionne da centralizzato in autonomo. Non solo: gli interventi sugli edifici e sugli impianti, per godere della maggioranza agevolata (cioè quella degli intervenuti che rappresenti almeno 1/3 dei millesimi), devono essere individuati attraverso un attestato di prestazione energetica o una diagnosi energetica realizzata da un tecnico abilitato. Quindi, ora, ci si chiede se sia o meno ancora possibile sopprimere il riscaldamento centralizzato e prevedere l'installazione di impianti autonomi. La situazione attuale Lo stesso legislatore del 2006, che ha modificato il richiamo all'articolo 8 della legge 10/91, non ha infatti modificato le definizioni contenute nel Dlgs 192/2005. Qui, all'allegato A, numero FIAIP News24, Numero 9 - aprile 2014 9 43, viene considerato «ristrutturazione di un impianto termico» l'insieme di opere che comportano la modifica sostanziale sia dei sistemi di produzione sia di quelli di distribuzione ed emissione del calore, precisando che rientrano in questa categoria anche la trasformazione di un impianto termico centralizzato in impianti termici individuali. Si consideri però che il Dlgs 115/2008, all'allegato II, punto 4, comma 2, nel dettare disposizioni in materia di contratto di servizio energia, vieta espressamente (ma solo in questo caso) la trasformazione di un impianto di climatizzazione centralizzato in impianti di climatizzazione individuali. Sembrerebbe, quindi, che vietando espressamente questa possibilità nel caso del contratto energia sia da ritenersi non vietata la trasformazione dell'impianto centralizzato in impianti autonomi negli altri casi. La stessa trasformazione, però, va supportata da una diagnosi energetica o da un attestato di prestazione energetica (articolo 26, comma 2 della legge 10/1991). Nel caso in cui questa diagnosi o attestazione dovesse dimostrare che l'intervento vada a contenere i consumi energetici (il che è molto difficile, a meno che si tratti di un vecchissima ed energivora), il passaggio dal centralizzato all'autonomo potrà essere validamente deliberato dall'assemblea con la maggioranza prevista dalla riforma del condominio (legge 220/2012), cioè la maggioranza degli intervenuti, che rappresenti almeno 1/3 del valore dell'edificio. In questo senso si è pronunciato anche il Tribunale Palermo, sezione II con sentenza del 29 marzo 2012. Naturalmente, bisogna tenere conto delle norme regionali (si veda l'articolo nella pagina), che a volte rendono di fatto impossibile in ogni caso la delibera. (Edoardo Riccio, Il Sole 24 ORE – Norme e Tributi, 18 marzo 2014) Da alcune Regioni arriva lo stop alla modifica La soppressione dell'impianto centralizzato è teoricamente possibile (se si dimostra che si realizza un risparmio energetico attestato da diagnosi o attestazione) ma a livello locale le cose sono più complicate. Le leggi regionali del Piemonte e dell'Emilia Romagna, per esempio, vietano di dotare i palazzi composti da oltre 4 unità immobiliari (indipendentemente dal numero dei condomini) di riscaldamento diverso dal centralizzato. Inoltre, il Dpr del 2 aprile 2009, all'articolo 4, comma 9, prevede che «In tutti gli edifici esistenti con un numero di unità abitative superiore a 4, e in ogni caso per potenze nominali del generatore di calore dell'impianto centralizzato maggiore o uguale a 100 kW, appartenenti alle categorie E1 ed E2, così come classificati in base alla destinazione d'uso all'articolo 3, del decreto del Presidente della Repubblica 26 agosto 1993, n. 412, è preferibile il mantenimento di impianti termici centralizzati laddove esistenti; le cause tecniche o di forza maggiore per ricorrere a eventuali interventi finalizzati alla trasformazione degli impianti termici centralizzati ad impianti con generazione di calore separata per singola unità abitativa devono essere dichiarate nella relazione di cui al comma 25». Non vi è insomma, nel Dpr del 2009, un divieto assoluto di trasformazione, ma la possibilità viene subordinata alla produzione di una perizia tecnica che ne attesti l'impossibilità della conservazione. Ma questo articolo 4 sarà abrogato dall'entrata in vigore dei decreti attuativi conseguenti all'approvazione della legge 90/2013. Va poi ricordato che il Dpr 59/2009, attuativo del Dlgs 192/2005 e che regola la prestazione energetica degli edifici, non trova applicazione nelle Regioni (tra le quali la Lombardia) che abbiano autonomamente provveduto a recepire la Direttiva europea 2002/91/CE. E sul punto nulla dice la nuova delibera di Giunta della Regione Lombardia, n. X 1118/2013 pubblicata a fine dicembre 2013. Ne consegue che, nei limiti previsti dalle eventuali legislazioni regionali (come in Piemonte ed Emilia Romagna) il riscaldamento in impianti autonomi sarebbe possibile, con la maggioranza degli intervenuti in assemblea che rappresentino almeno 1/3 dei millesimi, se supportata da diagnosi energetica o da Attestato di Prestazione energetica. Questi documenti dovrebbero di fatto dimostrare che il miglior impianto centralizzato progettato per consentire al massimo, in base allo stato della scienza e della tecnica, il contenimento dei consumi energetici, consumerebbe maggior energia dell'insieme degli impianti autonomi a parità di funzionamento. (Edoardo Riccio, Il Sole 24 ORE – Norme e Tributi, 18 marzo 2014) FIAIP News24, Numero 9 - aprile 2014 10 Con gli estimi va in pensione il «vecchio» classamento Le dimensioni degli immobili vengono calcolate a metro quadrato e non più a vani L'accertamento degli estimi per le singole unità immobiliari urbane, denominato "classamento" perché faceva riferimento all'attribuzione di una "classe" di redditività nella categoria catastale di appartenenza, cambia totalmente i connotati e conseguentemente denominazione. Si potrà parlare più propriamente di "accertamento degli estimi", in luogo di classamento, e l'operazione sarà caratterizzata da rilevanti novità rispetto al passato, di cui si riassumono le principali: denominazione della categoria catastale secondo un nuovo quadro di qualificazione; - introduzione del metro quadrato di superficie come parametro di misura della consistenza immobiliare delle unità a destinazione ordinaria; - determinazione sia della rendita che del valore patrimoniale. - algoritmo di stima dei nuovi estimi costituito da una espressione matematica. La categoria Circa il primo punto, a riforma completata, le nostre unità immobiliari assumeranno una nuova categoria catastale denominata "destinazione d'uso funzionale". Tanto per capirci, nel gruppo delle abitazioni anziché le categorie A/1, A/2, A/3, A/4, A/5, A/6 vedremo l'introduzione di un'unica categoria catastale denominata R/1 "Abitazioni in fabbricati residenziali e promiscui" (unità in un condominio) e per le categorie A/7 e A/8 l'unica categoria R/2 "Abitazioni in villino e in villa", mentre la categoria A/11 "Abitazioni tipiche dei luoghi", molto marginale per unità presenti, cambierà solo codifica in R/3, conservando la originaria denominazione. Per il secondo aspetto il parametro di misura della dimensione fisica delle unità immobiliari a destinazione ordinaria, definito "consistenza", diventerà univocamente il m2 di superficie. Le unità immobiliari a destinazione ordinaria sono quelle dei gruppi di categorie R, T e P. Salvo lievi modifiche, da aggiornamento con i decreti legislativi attuativi della delega, i criteri per il calcolo della superficie dovrebbero essere quelli stabiliti con il Dpr n. 138/98, sulla base di una superficie lorda convenzionale. È rilevante il miglioramento della qualità dei dati che ne deriverà soprattutto per le categorie prima parametrate con il vano catastale (abitazioni e uffici privati). Gli estimi La determinazione degli estimi mostrerà gli effetti sostanziali della riforma. Quando si andrà ad eseguire una visura degli atti catastali, nel sistema riformato, a margine dei confermati identificativi immobiliari, troveremo dei nuovi dati costituiti da: - microzona di appartenenza; - nuova categoria catastale; - dati numeri di superficie e degli altri parametri utilizzati per la stima; - rendita; - valore patrimoniale. I nuovi dati di estimo (rendita e valore patrimoniale) sono determinati ciascuno attraverso una espressione matematica che elaborando i valori specifici della superficie e degli altri parametri tecnici dell'unità immobiliare (presenti nella funzione di stima), restituisce il valore della rendita o quello patrimoniale. Le risultanze catastali dovranno indicare anche la funzione di stima applicata (si presume attraverso un codice che colleghi la funzione al set di funzioni che saranno pubblicate in Gazzetta ufficiale). Il calcolo della rendita Queste informazioni consentiranno al contribuente di verificare oltre alla categoria, i valori attribuiti a ciascun parametro di stima e relativo calcolo della rendita e del valore patrimoniale. Per i conteggi sarà necessario disporre di una calcolatrice che esegua le operazioni primarie (somma e prodotto), anche nei casi in cui la forma della funzione potrebbe essere complessa. Di fatto i calcoli più complessi (quali l'elevazione a potenza) possono essere bypassati attraverso tabelle di comparazione che forniscano a fronte del valore del parametro il dato già elaborato. FIAIP News24, Numero 9 - aprile 2014 11 Tutela anticipata per il contribuente In tema di competenze, le Commissioni censuarie dovranno validare anche le previste funzioni statistiche (che vanno a sostituire gli attuali quadri tariffari). Come fatto innovativo rispetto al passato prossimo, ma che richiama il passato remoto (formazione del catasto edilizio urbano) sono state introdotte procedure deflattive del contenzioso catastale. Tra i membri delle commissioni è prevista la presenza di: rappresentanti dell'agenzia delle Entrate (nelle Commissioni provinciali ora non ci sono); rappresentanti degli enti locali, i cui criteri di nomina sono fissati d'intesa con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali (novità per entrambe le commissioni); - professionisti, tecnici e docenti qualificati in materia di economia e di estimo urbano e rurale; - esperti di statistica e di econometria anche indicati dalle associazioni di categoria del settore immobiliare (ora non ci sono); - magistrati appartenenti alla giurisdizione ordinaria e amministrativa (ora non ci sono); - per le Commissioni censuarie provinciali di Trento e Bolzano, rappresentanti delle Province autonome di Trento e di Bolzano. È auspicabile che i decreti attuativi disciplinino sapientemente il nuovo istituto di tutela anticipata del contribuente con diritto ad una risposta entro 60 giorni disponendo almeno che il termine (ordinario ma sarebbe opportuno allungarlo) per la preposizione del ricorso tributario decorra solo dal ricevimento del diniego all'istanza di autotutela. Diversamente tale nuovo istituto non porterà alcun beneficio pratico, al pari dell'autotutela, che non interrompe il termine del ricorso. Aliquote modificate ma gettito invariato La legge delega impone l'invarianza del gettito delle singole imposte immobiliari ante e post riforma, con la modifica delle relative aliquote impositive, delle eventuali deduzioni, detrazioni o franchigie, finalizzate ad evitare un aggravio del carico fiscale, con particolare riferimento alle imposte sui trasferimenti e all'imposta municipale propria (Imu).La delega prevede come espletare tali controlli e cioè con un meccanismo di monitoraggio, con una relazione del Governo al Parlamento da produrre entro sei mesi dall'attribuzione dei nuovi valori catastali e attraverso successive relazioni, per verificare l'invarianza di gettito e la necessaria gradualità, anche mediante successivi interventi correttivi. Sulla questione sono riposte molte aspettative indebite come se ci si trovasse di fronte ad un incommensurabile quanto inesistente tesoro. L'esperienza sui comuni per i quali è stata eseguita la revisione parziale del classamento ai sensi del comma 335 dell'articolo 1 della legge 311/04 ha evidenziato che la revisione porta un innalzamento medio delle rendite del 25% per riequilibrio tra chi oggi paga troppo e chi poco. Lo spirito della norma è di non innalzare la pressione fiscale nel settore immobiliare. Quindi, nemmeno questo 25% o quello che potrà essere può entrare nella ridistribuzione. Per cui l'invarianza, senza il gioco delle tre carte, si realizza attraverso una fotografia delle varie entrate tributarie immobiliari e relative aliquote a consuntivo ante riforma e ipotesi di entrate e di nuove aliquote con i valori d'estimo post riforma ed imponendone l'uguaglianza (cioè tante semplici equazioni di primo grado). Le novità La categoria Le unità immobiliari assumeranno una nuova categoria catastale denominata "destinazione d'uso funzionale". Nel gruppo delle abitazioni anziché le categorie A/1, A/2, A/3, A/4, A/5, A/6 vedremo l'introduzione di un'unica categoria denominata R/1 "Abitazioni in fabbricati residenziali promiscui" e per le categorie A/7 e A/8 l'unica categoria R/2 "Abitazioni in villino o in villa" mentre l'A/11 "Abitazioni tipiche dei luoghi" cambierà codifica in R/3 Il parametro Sarà introdotto il metro quadrato di superficie come parametro di misura della consistenza immobiliare delle unità a destinazione ordinaria Valore Gli effetti sostanziali della riforma si mostreranno nella determinazione patrimoniale degli estimi. Nella visura catastale post riforma ci saranno nuovi dati: la microzona di appartenenza, la categoria catastale, la rendita e il valore patrimoniale Antonio Iovine, Il Sole 24 ORE – Focus La riforma del Fisco, 12 marzo 2014 FIAIP News24, Numero 9 - aprile 2014 12 Locazioni immobiliari Per la cedolare al 10% vecchi contratti da rifare Sono numerose le novità, a favore del settore, nel decreto casa, il Dl 47/2014, pubblicato sulla «Gazzetta Ufficiale» n. 73 del 28 marzo 2014. La principale è la riduzione, al 10%, della cedolare secca sugli affitti abitativi. Visto che questo regime di tassazione diventa più conveniente, è importante capire come deve fare per entrarvi chi finora ha pagato l'Irpef ordinaria. La questione riguarda molti: gran parte dei proprietari finora ha optato per il canone di mercato. Per passare alla cedolare secca, il proprietario e l'inquilino dovranno, di comune accordo, risolvere l'originario rapporto contrattuale di locazione, assoggettato all'imposta del 21%. A quel punto, ne potranno sottoscrivere uno nuovo sulla base delle disposizioni sui contratti concordati, esclusa l'applicazione dell'Istat. E godere così dell'aliquota più ridotta. La cedolare secca è una forma alternativa di fiscalità, che sottopone le rendite da locazione abitativa tra persone fisiche ad un prelievo tout court in sostituzione alla ordinaria tassazione Irpef. In sostanza, l'articolo 9 del Dl 47 riduce la percentuale dell'imposta al 10%, anche se solo per i contratti a canone concordato. Ma il vero cambiamento interessa anche chi ha un contratto a canone di mercato, perché potrebbe essere invogliato a passare a quello concordato. Infatti, la differenza tra i due regimi di cedolare è ormai molto forte: tra il 21% e il 10 % la differenza è dell'11% e in parecchie città la linea che separa il canone concordato (un tempo assai più basso) da quello di mercato (che negli ultimi anni ha subìto un crollo generale) è minima. La riduzione si innesta sul quadro precedente. Sinora era previsto: per i contratti a regime ordinario o di mercato (4 anni+4,) l'aliquota del 21%, tuttora vigente e applicabile sull'intero territorio nazionale; per i contratti concordati, quelli che applicano i canoni previsti dagli accordi territoriali, prima il 19%, poi ridotto al 15% e ora, dopo la pubblicazione del decreto casa, al 10%. Ma quest'ultima aliquota è applicabile solo nei comuni ad alta tensione abitativa individuati dal Comitato interministeriale per la programmazione economica. Le aliquote colpiscono l'intero importo del canone e i contribuenti non godono, quindi, delle detrazioni previste nel caso di assoggettamento di quegli imponibili all'Irpef. La scelta tra le due diverse forme di tassazione (Irpef o cedolare) è a discrezione del locatore. L'opzione può essere contenuta nel contratto o formulata in corso di rapporto. In tal caso, la scelta deve essere preceduta, obbligatoriamente, dalla comunicazione al conduttore della rinuncia all'aggiornamento Istat annuale del canone. Ma quali scelte può fare oggi il proprietario? L'opzione per la cedolare, se già contenuta nel contratto originario, non determina altri adempimenti, risultando già nel mod. 69 dell'agenzia delle Entrate, modulo con il quale si provvede alla normale registrazione del contratto: l'aliquota ridotta scatta automaticamente. Se invece la scelta viene operata in corso di rapporto, nel senso che il proprietario aveva originariamente optato per l'Irpef, questi deve effettuare due adempimenti: dopo la comunicazione all'inquilino della rinuncia all'adeguamento Istat, l'opzione per la cedolare va comunicata all'agenzia delle Entrate, sempre attraverso il mod. 69, da presentare all'ufficio. La cedolare secca assorbe ed esclude ogni altra imposta che riguardi il rapporto di locazione. Pertanto non si dovranno più corrispondere l'imposta di registro annuale - neanche per eventuali modifiche del contratto (anticipata risoluzione, modifica del canone), bollo - e, come detto, l'Irpef. Attenzione perché, nel caso di erroneo pagamento, gli importi non sono restituibili.Gli adempimenti per l'imposta sostitutiva – scadenze e modalità (acconto e saldo) – sono gli stessi dell'Irpef (le istruzioni sono sul sito dell'agenzia delle Entrate). (Ladislao Kowalski, Michele Gianessi, Il Sole 24 ORE – Norme e Tributi, 30 marzo 2014) Locazioni di immobili vincolati e di cat. A/1, A/8, A/9. Non tutti i contratti di locazione ad uso abitativo ricadono nella disciplina della legge n. 431/1998. Infatti, per determinate fattispecie contrattuali, non sussistono dubbi circa la loro non soggezione alla normativa della legge 431/1998, essendo la stessa legge ad escluderle. Per talune di esse, l'art. 1 precisa espressamente anche la disciplina cui le stesse fattispecie sono soggette, mentre per altre si limita a indicare quali disposizioni della legge FIAIP News24, Numero 9 - aprile 2014 13 siano ad esse inapplicabili. In particolare, ai sensi dell’art. 1, n. 2 lettera a), della legge n. 431 del 1998, gli artt. 2, 3, 4, 7, 8 e 13 della legge stessa e quindi, di fatto, tutte le disposizioni afferenti il corrispettivo, la durata, la rinnovazione del rapporto e le agevolazioni fiscali, non si applicano agli immobili vincolati ai sensi della legge n. 1089/ 1939, né agli immobili inclusi nelle categorie catastali A/1, A/8 e A/9. La norma in esame prescrive che ai contratti relativi a queste categorie di immobili si applichino le disposizioni di cui agli artt. 1571 ss. cod. civ. “.. qualora non siano stipulati, secondo le modalità di cui al 3° co. dell'art. 2 della legge…” Ciò equivale a dire che tali immobili possono anche essere concessi in locazione in base ai contratti a canone concordato e quindi usufruire delle agevolazioni fiscali previste per tale opzione, ma, in caso contrario, il relativo rapporto sarà regolato, fatta salva la prescrizione del requisito della forma scritta, dalla normativa del codice civile. Le due ipotesi di esclusione sono inequivocabilmente enunciate dal legislatore in via alternativa: è sufficiente perciò l'accertamento della sussistenza di una sola di esse per riconoscere la riconducibilità del rapporto locativo alla disciplina codicistica generale. IMMOBILI VINCOLATI COME BENI CULTURALI IMMOBILI INCLUSI NELLE CATEGORIE CATASTALI A1, A8, A9 Sono esclusi dalla applicazione della legge n. 431/1998 salva la prescrizione del requisito della forma scritta Per le locazioni di tali immobili si applica la disciplina del Codice Civile (art. 1571 ss. cod. civ.) salvo che le parti decidano di avvalersi dello schema contrattuale che prevede il canone concordato e le agevolazioni fiscali L’espressa esenzione dalla normativa vincolistica di tutela del conduttore, che, nell'uno e nell'altro caso, risponde a diverse ragioni di politica legislativa, poggia su due parametri oggettivi: Immobili vincolati quali immobili facenti parti della categoria dei beni culturali Immobili legati ai dati di classamento catastale Per quanto riguarda gli immobili vincolati, è sufficiente in questa sede limitarci a ricordare che sono definiti beni culturali, ai sensi del Decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell'articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137), le cose immobili e mobili appartenenti allo Stato, alle regioni, agli altri enti pubblici territoriali, nonché ad ogni altro ente ed istituto pubblico e a persone giuridiche private senza fine di lucro, ivi compresi gli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti, che presentano interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico. Sono, altresì, beni culturali, quando sia intervenuta la dichiarazione di interesse culturale, anche le cose immobili e mobili che presentano interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico “particolarmente importante”, appartenenti a soggetti diversi da quelli indicati in precedenza (Enti non riconosciuti, società, persone fisiche). Il Codice dei beni culturali disciplina il procedimento amministrativo di accertamento che culmina nella dichiarazione dell'interesse culturale adottata dal Ministero per i beni e le attività culturali. Quest’ultima è notificata al proprietario, possessore o detentore a qualsiasi titolo della cosa che ne forma oggetto, tramite messo comunale o a mezzo posta raccomandata con avviso di ricevimento. Ove poi si tratti di cose soggette a pubblicità immobiliare o mobiliare, il provvedimento di dichiarazione è trascritto, su richiesta del soprintendente, nei relativi registri ed ha efficacia nei confronti di ogni successivo proprietario, possessore o detentore a qualsiasi titolo. Dei beni dichiarati il Ministero per i beni e le attività culturali forma e conserva un apposito elenco, anche su supporto informatico. Gli atti che trasferiscono, in tutto o in parte, a qualsiasi titolo, la proprietà o, limitatamente ai beni mobili, la detenzione di beni culturali sono denunciati al predetto Ministero. Per quanto riguarda premettere che le L’esclusione prevista A/1 - Abitazioni di invece gli immobili legati ai dati di classamento catastale, occorre unità immobiliari urbane sono classificate in gruppi/categorie catastali. dalla legge n. 431/1998 opera in riferimento alle seguenti categorie: tipo signorile. FIAIP News24, Numero 9 - aprile 2014 14 Unità immobiliari appartenenti a fabbricati ubicati in zone di pregio con caratteristiche costruttive, tecnologiche e di rifiniture di livello superiore a quello dei fabbricati di tipo residenziale. A/8 - Abitazioni in ville. Per ville devono intendersi quegli immobili caratterizzati essenzialmente dalla presenza di parco e/o giardino, edificate in zone urbanistiche destinate a tali costruzioni o in zone di pregio con caratteristiche costruttive e di rifiniture, di livello superiore all'ordinario. A/9 - Castelli, palazzi eminenti Rientrano in questa categoria i castelli ed i palazzi eminenti che per la loro struttura, la ripartizione degli spazi interni e dei volumi edificati non sono comparabili con le Unità tipo delle altre categorie; costituiscono ordinariamente una sola unità immobiliare. E' compatibile con l'attribuzione della categoria A/9 la presenza di altre unità, funzionalmente indipendenti, censibili nelle altre categorie. (Federico Ciaccafava, Tecnici24) Affitti, boom di adesioni alla cedolare secca nell'ultimo anno: la sceglie (quasi) un proprietario su due Quello che non sappiamo, è se pesi di più la convenienza fiscale o l'emersione degli affitti in nero. Di certo, però, i dati delle Finanze sulle ultime dichiarazioni fiscali dimostrano che l'appeal della cedolare secca sugli affitti è cresciuto parecchio. Sono quasi 800mila i proprietari di case che hanno scelto la "tassa piatta" nel 2012, con un aumento del 58% rispetto all'anno precedente. Per l'esattezza, 764.474 contribuenti. Se si considera che in base alle ultime stime ci sono circa 2 milioni di persone fisiche proprietarie di un'abitazione affittata, è facile rendersi conto del grande successo della nuova imposta, introdotta ad aprile del 2011. La convenienza per i privati La possibilità di chiudere i conti con il Fisco pagando il 21% di imposta sostitutiva (19% sui canoni concordati) si è rivelata un vantaggio quasi imperdibile, anche perché la cedolare secca è uno degli ultimi "regali" in un panorama di imposte crescenti sugli immobili, dall'Imu alla Tasi, passando per il taglio delle deduzioni forfettarie Irpef riservate a chi applica la tassazione ordinaria, scattato dal 2013. È vero che la cedolare secca impone al proprietario di rinunciare all'aggiornamento Istat, ma l'inflazione annua a febbraio viaggia allo 0,5% e chi opta per la tassa piatta evita di pagare, oltre all'Irpef, anche le addizionali, l'imposta di registro e il bollo. L'emersione del nero La cedolare è stata introdotta anche per contrastare gli affitti in nero, e non a caso nello stesso decreto che prevedeva la tassa piatta (Dlgs 23/2011, articolo 3) c'era anche la possibilità per gli inquilini di denunciare alle Entrate i proprietari, ottenendo in cambio un canone superscontato. Ora questa chance è stata cancellata dalla Corte costituzionale, ma è difficile dire quanto del successo registrato dalla cedolare secca nel 2012 dipenda dalla registrazione di nuovi affitti - che prima erano in nero - e quanto dipenda invece dall'applicazione dell'imposta sostitutiva ad affitti che in precedenza pagavano la tassazione ordinaria. Ci sono due indizi che fanno pensare a una discreta emersione di affitti irregolari: da un lato, il numero dei nuovi contratti registrati è aumentato (quasi 100mila in più tra il 2012 e il 2011); dall'altro, se si escludono le modifiche normative del 2012, si vede che i redditi di fabbricati sono comunque cresciuti di oltre un miliardo. I conti per lo Stato L'aumento dei redditi di fabbricati dichiarati nel 2012 fa pensare che la crescita della cedolare secca non sia avvenuta a danno delle locazioni soggette a tassazione ordinaria (non del tutto, per lo meno). Questo è un punto importante anche per lo Stato, perché potrebbe voler dire che l'operazione - contrariamente a ciò che pensano in molti - non è stata interamente in perdita per le casse pubbliche. Nel 2012 la cedolare secca ha fruttato 1,2 miliardi: è chiaro che lo Stato ci avrebbe guadagnato di più se avesse applicato la tassazione ordinaria ai 5,9 miliardi di canoni soggetti alla cedolare, ma una parte più o meno grande di questa base imponibile potrebbe essere stata tassata per la prima volta proprio grazie al nuovo regime fiscale. Resta l'incognita - a questo punto - di ciò che potrà accadere adesso che il canone super-scontato per l'inquilino è stato eliminato. FIAIP News24, Numero 9 - aprile 2014 15 Canone libero e concordato La cedolare secca è applicata quasi interamente sui canoni liberi. Basti pensare che l'imposta sui canoni concordati frutta meno di 150 milioni su 1,2 miliardi. Il decreto casa del Governo, però, riduce dal 2014 al 10% l'aliquota della cedolare sugli affitti convenzionati, che era stata già portata al 15% nel 2013. L'effetto di questo sgravio fiscale potrà essere misurato solo tra qualche tempo, ma si tratta di una variabile in più di cui devono tenere conto i proprietari di immobili. Quanto meno, quelli che scelgono di avere le carte in regola nei confronti del Fisco. (Cristiano Dell’Oste, Il Sole 24 ORE – 28 marzo 2014) FIAIP News24, Numero 9 - aprile 2014 16 Legge e prassi (G.U. 31 marzo 2014, n. 75) Immobili PROVVEDIMENTO DELL'AGENZIA DELLE ENTRATE 4 marzo 2014 Attivazione del servizio di consultazione telematica delle banche dati ipotecaria e catastale relativo a beni immobili dei quali il soggetto richiedente risulta titolare, anche in parte, del diritto di proprietà o di altri diritti reali di godimento NOTA Consultabili gratis on line i dati ipotecari e catastali A decorrere dal 31 marzo 2014, le persone fisiche registrate ai servizi telematici Fisconline ed Entratel potranno consultare online, gratuitamente e in esenzione da tributi, le banche dati ipotecaria e catastale relative ai beni immobili dei quali risultano titolari, anche in parte, del diritto di proprietà o di altri diritti reali di godimento. Relativamente alla banca dati catastale, dalla medesima data del 31 marzo 2014, l’accesso gratuito è esteso alle consultazioni richieste presso gli sportelli catastali decentrati (circolare 28 settembre 2012 n. 4/T). Lo ha stabilito il provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate (n. prot. 2014/31224) del 4 marzo 2014, che disciplina le modalità e i tempi di accesso alla procedura telematica di consultazione delle predette banche dati, secondo quanto previsto dall’articolo 6, comma 5quinquies, del Dl 2 marzo 2012 n. 16, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 aprile 2012 n. 44. La fattispecie. La banca dati catastale rappresenta l’archivio dei dati che elencano e descrivono i beni immobili registrati presso l’ex Agenzia del territorio (accorpata, a decorrere dal 1° dicembre 2012, all’Agenzia delle entrate, in virtù dell’articolo 23-quater, comma 1, del Dl 95/2012, convertito, con modificazioni, dalla legge 135/2012). La banca dati ipotecaria (o dei registri immobiliari) costituisce l’anagrafe dei beni immobiliari esistenti sul territorio nazionale. Essa, in estrema sintesi, consente di realizzare la cosiddetta “pubblicità immobiliare”, al fine di rendere pubblica la storia dell’immobile (trascrizioni, iscrizioni, annotazioni, disposizioni giudiziali, successioni e altri eventi che comportano modifica del diritto di proprietà e degli altri diritti reali di godimento a favore o contro determinati soggetti). Il quadro normativo. Il Dl 16/2012 ha introdotto novità riguardanti il trattamento tributario per l’accesso alle predette banche dati e la presentazione degli atti di aggiornamento del catastato edilizio urbano. Particolare rilievo assume il disposto di cui ai commi 5-quater e 5quinquies dell’articolo 6, che introducono la gratuità delle visure catastali e delle ispezioni ipotecarie qualora il soggetto richiedente risulti titolare, anche in parte, del diritto di proprietà o di altri diritti reali di godimento sugli immobili oggetto di consultazione (“visure personali”). Mentre la gratuità delle ispezioni ipotecarie, alle predette condizioni, è divenuta esecutiva già dall’entrata in vigore della legge di conversione del citato Dl (29 aprile 2012), per le visure catastali si è dovuto attendere il 1° ottobre 2012, data in cui ha acquisito efficacia la nuova tabella dei tributi speciali catastali (comma 5-septies dello stesso articolo 6). Per quanto concerne le visure catastali, il requisito soggettivo che dà diritto alla gratuità della visura è correlato alla circostanza che il richiedente il servizio sia iscritto negli atti del catasto e che risulti, dunque, “intestatario catastale” degli immobili oggetto di consultazione. Per le ispezioni ipotecarie la titolarità, anche se non esclusiva, deve risultare da apposita dichiarazione del soggetto interessato, salvo che essa non risulti già dalla visura catastale. Non rientrano nella nozione di titolarità, quale specificamente prevista ai fini dell’agevolazione: – la titolarità di diritti reali di garanzia; FIAIP News24, Numero 9 - aprile 2014 17 – la situazione giuridica del soggetto richiedente connessa a formalità, eseguite a favore dello stesso, concernenti atti che non abbiano effetti di natura traslativa o dichiarativa (circolare n. 4/T, citata). Il provvedimento direttoriale. In attuazione del comma 5-quinquies dell’articolo 6 del citato Dl 16/2012, il provvedimento direttoriale in esame stabilisce le modalità e i tempi di accesso al servizio di consultazione “personale” delle sopra indicate banche dati. In particolare, il provvedimento precisa che l’accesso al servizio di consultazione telematica delle banche dati è consentito, in questa prima fase, soltanto alle persone fisiche registrate ai servizi telematici Entratel e Fisconline. Detti soggetti, mediante l’esibizione del proprio codice fiscale, potranno consultare, relativamente agli atti catastali, gli immobili di cui risultano intestatari e, relativamente ai registri immobiliari, sia le formalità informatizzate in cui essi siano presenti, sia gli immobili di cui i medesimi risultano intestatari negli atti catastali. È gratuito ed esente da tributi anche l’accesso al servizio di consultazione telematica della banca dati catastale effettuato presso gli sportelli catastali decentrati, previa esibizione di un valido documento di identità o di riconoscimento. Per i soggetti diversi dalle persone fisiche, la richiesta deve essere effettuata dal legale rappresentante dell’ente, il quale dovrà: – esibire un valido documento di identità o di riconoscimento; – comprovare la propria qualità di rappresentante, anche mediante apposita dichiarazione sostitutiva. La documentazione esibita dai richiedenti è conservata presso gli sportelli catastali decentrati per consentire all’Agenzia di effettuare le opportune verifiche, anche a campione, sulla spettanza dell’esenzione. (Daniela Amendola, Il Sole 24 ORE – Guida Normativa, 11 marzo 2014) MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE DECRETO 5 febbraio 2014 Costituzione di fondi comuni di investimento immobiliare cui conferire o trasferire immobili di proprietà dello Stato non utilizzati per finalità istituzionali e diritti reali immobiliari, nonche' conferire o trasferire anche l'intero patrimonio immobiliare da reddito dell'Istituto nazionale della previdenza sociale. (G.U. 19 marzo 2014, n. 65) MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE DECRETO 5 febbraio 2014 Costituzione di fondi comuni di investimento immobiliare, cui conferire o trasferire immobili di proprietà dello Stato non utilizzati per finalità istituzionali nonché diritti reali immobiliari, nonché conferire o trasferire anche beni del patrimonio immobiliare non strumentale dell'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro. (G.U. 19 marzo 2014, n. 65) DECRETO-LEGGE 28 marzo 2014, n. 47 Misure urgenti per l'emergenza abitativa, per il mercato delle costruzioni e per Expo 2015 (G.U. 28 marzo 2014, n. 73) NOTA Affitti concordati: cedolare al 10% Piano per il recupero di alloggi Iacp e vendita agli inquilini delle abitazioni popolari In vigore da oggi lo sconto fiscale della cosiddetta cedolare secca - che scende dal 15 al 10% per i proprietari che affittano un alloggio a canone concordato. È questa la novità di impatto più immediato del decreto legge 28 marzo 2014, n. 47, su «Misure urgenti per l'emergenza abitativa, per il mercato delle costruzioni e per Expo 2015». Il provvedimento era stato licenziato dal Consiglio dei ministri il 12 marzo scorso. Giorni spesi per verifiche di costituzionalità (da parte del Quirinale) e di copertura (da parte dell'Economia). A farne le spese, come anticipato sul Sole 24 Ore del 21 marzo scorso, è stato il bonus fiscale sull'acquisto di mobili (si veda anche l'articolo in pagina). L'ulteriore sconto della cedolare secca si tradurrà in un vantaggio aggiuntivo per il proprietario che - come ha calcolato Confedilizia - indicativamente è pari a 720 euro per un reddito di 14.400 euro. Peraltro, lo FIAIP News24, Numero 9 - aprile 2014 18 sgravio si applica sull'anno di imposta 2014 e, dunque, vale dall'1 gennaio. A questo effetto immediato si aggiungono altre misure che spingono la produzione di alloggi in affitto, che richiedono però provvedimenti attuativi. Per incentivare le trasformazioni urbane il Dl prevede una maxi-deduzione dai redditi di impresa pari al 40% dei ricavi da canone di locazione per le aziende che costruiscono o recuperano alloggi da destinare a edilizia sociale. Gli sconti fiscali sono previsti per nuove costruzioni, manutenzioni straordinarie o recupero di alloggi esistenti. Lo sconto vale solo per le imprese (di costruzione o immobiliari) e non per i privati, e vale il 40% di deduzione fiscale su Ires e Irap. Lo sconto si applica - in mancanza di specifici limiti temporali indicati nel Dl anche agli investimenti già realizzati, operazioni che sono già in fase di incasso dei canoni di locazione. Possibili anche varianti iper-semplificate per riconvertire all'edilizia sociale piani urbanistici (o singoli titoli abilitativi) già rilasciati al 31 dicembre 2013. Sono necessarie misure attuative da parte delle Regioni (60 giorni) e del Comune interessato (90 giorni). Il Dl ripropone anche il tema dell'alienazione degli alloggi Iacp, che contribuirà a finanziare un programma di recupero degli alloggi inagibili sempre degli ex Iacp, per quale il decreto stanzia 468 milioni. Di queste risorse, solo 68 milioni sono già in bilancio: andranno a finanziare alloggi per famiglie con sfratto esecutivo. Gli altri 400 milioni arriveranno dal definanziamento (con decreti Mit-Mef) di opere pubbliche incagliate. Ci vorranno però sei mesi per definire e soprattutto - approvare questa lista di immobili da recuperare con decreto InfrastruttureEconomia-Affari regionali e l'intesa in Conferenza unificata. Bisognerà poi definire le procedure per alienare gli alloggi Iacp, da approvare con un Dm Infrastrutture-Economia-Affari regionali, previa intesa in conferenza unificata. Il Dl stanzia 100 milioni aggiuntivi al fondo di sostegno per l'affitto (oltre ai 100 già stanziati) e 226 milioni in più al nuovo fondo per la morosità cosiddetta incolpevole (oltre ai 40 già stanziati). Per la morosità incolpevole c'è una buona notizia: l'atteso regolamento, con il riparto dei primi 20 milioni, dovrebbe ricevere l'intesa nella prossima conferenza unificata del 10 aprile. Per gli inquilini di un alloggio sociale arriva la possibilità di riscattare la casa dopo soli sette anni dall'assegnazione. La norma vale per i nuovi contratti e richiede una norma attuativa. Il Comune di Milano strappa 25 milioni "nettizzati" dal patto di stabilità per l'Expo e deroghe aggiuntive al codice appalti (su sponsorizzazioni e concessioni). Le principali novità INCENTIVI FISCALI Con il canone concordato più sgravi fiscali al proprietario Per i proprietari di abitazioni che affittano gli alloggi a canone concordato il regime della cosiddetta cedolare secca si fa più conveniente perché l'imposizione scende dal 15 al 10% (nulla cambia per i contratti liberi). La misura è valida solo per il triennio 2014-2017. La possibilità viene allargata anche agli alloggi locati da cooperative e organizzazioni senza scopo di lucro BONUS MOBILI Acquisto mobili, resta il tetto al bonus fiscale del 50% Come anticipato da questo giornale (si veda «Il Sole 24 Ore» del 21 marzo scorso), è saltata la possibilità di includere i costi per l'acquisto di mobili ed elettrodomestici nel bonus fiscale del 50% sulle ristrutturazioni in modo svincolato dal costo della ristrutturazione. Resta quindi in vigore il limite introdotto dalla legge di stabilità: il costo dei mobili non può superare quello dei lavori edili AFFITTO A RISCATTO Alloggio sociale, riscatto possibile dopo sette anni A favore dell'inquilino di un alloggio sociale (definizione ampia che include anche le residenze private a destinazione sociale) viene introdotta la possibilità di riscattare l'alloggio sociale dopo soli sette anni dall'assegnazione. Fin dal suo ingresso nell'abitazione, una quota del canone può essere computata come anticipo sull'acquisto (futuro) dell'appartamento RECUPERO CASE IACP Fino a 468 milioni per ristrutturare case popolari Il decreto prevede uno stanziamento fino a 468 milioni per il recupero degli alloggi pubblici inagibili di proprietà di Iacp e aziende casa. I fondi sono subordinati a una ricognizione del FIAIP News24, Numero 9 - aprile 2014 19 patrimonio. Attuazione con un dm Mit-Mef d'intesa con la conferenza unificata. I primi 68 milioni (gli unici finora disponibili) serviranno a ripristinare alloggi per famiglie sotto sfratto RECUPERO URBANO Incentivi alle trasformazioni urbane per alloggi sociali Il provvedimento introduce una deduzione dai redditi di impresa pari al 40% dei ricavi da canone di locazione per le aziende che costruiscono o recuperano alloggi da destinare a edilizia sociale. Forte semplificazione anche per approvare varianti urbanistiche per riconvertire all'edilizia sociale piani urbanistici (o singoli titoli abilitativi) già rilasciati al 31 dicembre 2013 RISORSE ALL'EXPO Fondi extra a Milano in deroga al patto di stabilità Il decreto stanzia un contributo extra di 25 milioni di euro a favore del comune di Milano finalizzato alla realizzazione della manifestazione dell'Expo 2015. Questi fondi vengono esclusi dal patto di stabilità. Il comune meneghino potrà inoltre utilizzare fino alla metà degli introiti delle concessioni edilizie per spese in conto corrente. Concesse nuove deroghe al codice appalti (Massimo Frontera, Il Sole 24 ORE – Norme e Tributi, 29 marzo 2014) FIAIP News24, Numero 9 - aprile 2014 20 Giurisprudenza Immobili A Genova la Commissione tributaria «declassa» le case signorili I giudici fiscali liguri bacchettano il catasto e danno ragione ai contribuenti. Con una serie di sentenze la Commissione tributaria provinciale di Genova è intervenuta in materia di classamento degli immobili, cancellando le categorie A/1 (signorili, senza diritto all'esenzione dall'Imu) che gli uffici si rifiutavano di cambiare. A segnalare le pronunce è l'associazione territoriale di Confedilizia. Tra i principi affermati dalla Ctp Genova (sentenza 57/20/13 del 19.12.12) c'è, per esempio, l'incoerenza delle attuali categorie con lo stato degli immobili per sopravvenute variazioni intervenute dall'epoca censuaria del 1939 alla data odierna. La Ctp ha bocciato l'attribuzione della categoria A/1 perché l'immobile «non è più coerente con lo stato dell'immobile, anche per il decadimento delle caratteristiche iniziali». Infatti aveva perso la portineria mentre l'ascensore ed il riscaldamento erano quelli d'origine, era vicino a un'arteria intensamente trafficata con alto inquinamento acustico ed atmosferico e al posto degli appartamenti borghesi c'erano uffici, laboratori, esercizi pubblici e commerciali in genere. Quindi la vecchia categoria è stata declassata in A/2, in coerenza, dice la Cpt, con quanto dice la Cassazione (sentenza 22557/2008): le caratteristiche possono cambiare nel tempo. Un principio richiamato anche nella sentenza 51/10/13 del 24.09.12 che ha stigmatizzato la carenza di motivazione per generici richiami di estimo, tesi a giustificare l'alta percentuale di categorie A/1 nel genovesato senza considerare le mutate condizioni urbanistiche e di utilizzo: l'appropriata valutazione «deve essere effettuata sulle mutate condizioni sia di contesto urbanistico, sia di "comodità" o "signorilità" considerate in senso evolutivo con le mutate tecnologie ed i nuovi sviluppi scientifici. Ormai ascensore, riscaldamento centrale e doppio bagno sono caratteristiche ricorrenti anche in immobili non signorili. Così come sentenza 37/13/13 del 28.01.2013) non deve essere posta alcuna pregiudiziale alla variazione in diminuzione del classamento dell'immobile (da A/1 ad A/2) perché nel tempo gli elementi che lo caratterizzano possono variare tanto in più quanto in meno. (Saverio Fossati, Il Sole 24 ORE – Norme e Tributi, 21 marzo 2014) CORTE DI CASSAZIONE - Sezione II civile - Sentenza 3 marzo 2014 n. 4934 NOTA Compravendita, la volontà delle parti può desumersi dalla planimetria allegata Nei contratti di compravendita le planimetrie allegate, a cui si faccia un esplicito riferimento, «costituiscono un mezzo fondamentale» per interpretare la volontà delle parti. Lo ha stabilito la Corte di cassazione, con la sentenza 4934/2014, accogliendo il ricorso del proprietario di un immobile che rivendicava anche la proprietà di una scala soggetta ad uso comune con l'immobile confinante. Il giudizio di merito In primo grado ed in appello il ricorrente si era visto dare torto sulla base della presunzione dell'articolo 1117 del Cc sulle parti comuni dell'edificio, mancando un titolo contrario. Negli atti di provenienza, infatti, secondo la Corte di merito, il riferimento era alla "scala comune", mentre ai dati delle mappe catastali «era riconoscibile un mero significato sussidiario». Per la Suprema corte però, oltre al fatto che l'uso del termine "comune" era stato utilizzato in modo "equivoco", la Corte di appello non aveva valorizzato «il dato - in funzione dell'interpretazione dell'effettiva intenzione delle parti contraenti - del riferimento alle FIAIP News24, Numero 9 - aprile 2014 21 risultanze della planimetria alla quale era stato fatto univoco richiamo e che formava parte integrante nel negozio divisionale presupposto». Il valore del richiamo nel testo Infatti, prosegue la Corte, «ancorché sia esatto qualificare le mappe catastali come fonti di valutazione semplicemente sussidiaria, la Corte di merito ha, nella fattispecie, omesso di considerare che la planimetria allegata all'atto notarile divisionale (con l'allegazione del relativo tipo di frazionamento) … formava propriamente parte integrante del predetto atto notarile, ragion per cui non avrebbe potuto essere completamente obliterato in funzione della valutazione, sul piano ermeneutico, del contenuto dell'atto medesimo». I precedenti della Cassazione Da qui il richiamo al precedente (n. 20131/2013) secondo cui «nell'interpretazione dei contratti di compravendita immobiliare, ai fini della determinazione della comune intenzione delle parti circa l'estensione dell'immobile compravenduto, i dati catastali, emergenti dal tipo di frazionamento approvato dai contraenti ed allegato all'atto notarile trascritto, e l'indicazione dei confini risultante dal rogito assurgono al rango di risultanze di pari valore». Mentre in un'altra sentenza si è specificato (Cassazione n. 6764 del 2003) che «le piante planimetriche allegate ai contratti aventi ad oggetto immobili fanno parte integrante della dichiarazione di volontà, quando ad esse i contraenti si siano riferiti nel descrivere il bene, e costituiscono mezzo fondamentale per l'interpretazione del negozio, salvo, poi, al giudice di merito, in caso di non coincidenza tra la descrizione dell'immobile fatta in contratto e la sua rappresentazione grafica contenuta nelle dette planimetrie, il compito di risolvere la "quaestio voluntatis" della maggiore o minore corrispondenza di tali documenti all'intento negoziale ricavato dall'esame complessivo del contratto». L‘indagine sulla volontà La Corte di secondo grado, invece, per un verso, non si è conformata ai richiamati principi e, per l'altro, non ha valorizzato il criterio ermeneutico principale (previsto dall'articolo 1362, comma 1, c.c.) consistente nella necessità di indagare «quale fosse stata l'effettiva intenzione comune dei contraenti a fronte di un'espressione letterale incerta ed ambigua». Infatti, la Corte aveva omesso di spiegare cosa sarebbe accaduto attribuendo all'espressione citata un significato letterale «divergente rispetto all'allegata planimetria ed al frazionamento espressamente menzionati e richiamati nel testo del rogito divisionale». (Il Sole 24 ORE – Guida al Diritto, 4 marzo 2014) Edilizia e urbanistica CONSIGLIO DI STATO, Sezione 6, Sentenza del 10-03-2014, n. 1084 DIRITTO URBANISTICO - EDILIZIA - Art. 23, c. 6 d.P.R. n. 380/2001 - Opere eseguite su immobili compresi nelle zone omogenee A - Scelta tra la riduzione in pristino e la sanzione pecuniaria - Mancata espressione del parere della Soprintendenza Irrilevanza. L'art. 33, comma 4, d.P.R. n. 380/2201, dispone che "Qualora le opere siano state eseguite su immobili, anche se non vincolati, compresi nelle zone omogenee A, di cui al decreto ministeriale 2 aprile 1968, n. 1444, il dirigente o il responsabile dell'ufficio richiede all'amministrazione competente alla tutela dei beni culturali ed ambientali apposito parere vincolante circa la restituzione in pristino o la irrogazione della sanzione pecuniaria di cui al precedente comma. Qualora il parere non venga reso entro novanta giorni dalla richiesta il dirigente o il responsabile provvede autonomamente". Nel caso specifico d'immobili anche non vincolati situati nelle zone omogenee A, oggetto di ristrutturazioni non consentite, il legislatore ha perciò ritenuto che in ordine alla sanzione dev'essere prioritariamente ponderata la scelta tra quella della restituzione in pristino e quella pecuniaria. Quanto alla valutazione della scelta, la mancata espressione del parere da parte della Soprintendenza, per l'inutile decorso del relativo termine,non muta la ratio ispiratrice della norma. FIAIP News24, Numero 9 - aprile 2014 22 NOTA L'abuso edilizio in centro non sempre va demolito L'ente può irrogare sanzioni pecuniarie e deve comunque motivare le scelta Abusi edilizi non sempre demoliti nei centri storici: lo afferma il Consiglio di Stato con la sentenza n. 1084 del 10 marzo 2014 relativa a un intervento a Roma. Il problema è particolarmente sentito in quanto fino ad oggi si è considerata la "riduzione in pristino" (cioè la demolizione dell'abuso) come strumento normale per «riportare lo stato di fatto a quanto previsto per lo sviluppo edilizio del territorio» (Consiglio di Stato, n. 1793 del 27 marzo 2012), tanto più che gli interventi nei i centri storici (zone «A» dei piani urbanistici), sono soggetti al severo parere della Soprintendenza. Di qui l'importanza del caso deciso, che riguarda il mutamento di destinazione d'uso e l'accorpamento di locali interrati, l'ampliamento di tre bocche di lupo, una nuova finestra e una nuova scala di un ristorante. Questi interventi innanzi tutto sono stati qualificati come «ristrutturazione edilizia» e non valutati come interventi singoli. Questa qualificazione rende più grave la sanzione, perché in caso di ristrutturazione con trasformazione dell'organismo edilizio è irrogabile la sanzione demolitoria (che invece per gli abusi singoli minori si può evitare). Secondo il giudice amministrativo, l'insieme delle opere descritte comporta una ristrutturazione in quanto le opere, anche se realizzate singolarmente, sono tali da correlarsi in un palese effetto di pur parziale trasformazione dell'organismo edilizio preesistente. L'autore dell'abuso correrebbe quindi il rischio di una riduzione in pristino. Invece, a suo favore, il Consiglio di Stato ipotizza una via di uscita di carattere generale: si afferma infatti che è sempre necessario scegliere tra sanzione demolitoria e quella pecuniaria, anche se la demolizione è usuale. Per giungere a questa conclusione, il Consiglio di Stato richiama l'articolo 33, comma 4, del testo unico sull'edilizia 380/2001, secondo cui l'ufficio richiede all'amministrazione competente alla tutela dei beni culturali e ambientali apposito parere vincolante circa la restituzione in pristino o la irrogazione della sanzione pecuniaria di cui al precedente comma. Se il parere non viene reso entro 90 giorni dalla richiesta «...qualora le opere siano state eseguite su immobili, anche se non vincolati, compresi nelle zone omogenee A, di cui al decreto ministeriale 2 aprile 1968, n. 1444, il dirigente o il responsabile provvede autonomamente». Esiste quindi una certa elasticità e quindi il legislatore ha ritenuto che in ordine alla sanzione va prioritariamente effettuata una scelta tra la restituzione in pristino e il pagamento di una sanzione pecuniaria (mantenendo i luoghi modificati dall'abuso). Anche quando la Soprintendenza non si pronuncia, quindi, il Comune può procedere, ma l'espressione «autonomamente», riferita alla scelta del Comune, presuppone che l'ente locale possa effettuare una scelta simile a quella che spetta (entro 30 giorni) alla Soprintendenza. Chi compie un abuso, quindi, ha sempre diritto a una scelta motivata, che a sua volta può graduarsi in funzione del peso dell'abuso rispetto alla situazione da tutelare. Si aggiunge quindi un altro tassello al rapporto tra amministrazione che gestisce il territorio (Comune) e Soprintendenza, accentuando l'onere di motivazione quando il soggetto pubblico decide di demolire. Ad esempio, il privato potrebbe proporre opere di mitigazione (come in materia paesaggistica: Tar Brescia 317/208), sfuggendo così a una sanzione demolitoria, di recente nella sua severità giunta anche all'attenzione (senza esito) della Corte di giustizia comunitaria (6 marzo 2013 in causa C-206/13), su una demolizione che il Tar Palermo riteneva eccessivamente punitiva. (Guglielmo Saporito, Il Sole 24 ORE – Norme e Tributi, 18 marzo 2014) TAR PIEMONTE, Sez. 2^ - 11 marzo 2014, n. 417 DIRITTO URBANISTICO – Distanza tra pareti finestrate – Nozione di costruzione – Scale, Terrazze e Corpi avanzati aggettanti - Sporgenze con funzione ornamentale – Estraneità - Mensole, lesene, cornicioni e grondaie. Ai fini dell’applicazione della distanza minima tra pareti finestrate prescritta dall’art. 9 del D.M. n. 1444 del 1968, rientrano nel concetto civilistico di costruzioni le parti dell’edificio, quali scale, terrazze e corpi avanzati aggettanti che, seppure non corrispondano a volumi abitativi coperti, sono destinate ad estendere ed ampliare la consistenza del fabbricato; e che, al contrario, non sono computabili le sporgenze estreme del fabbricato che abbiano funzione FIAIP News24, Numero 9 - aprile 2014 23 meramente ornamentale, di finitura od accessoria di limitata entità, come le mensole, le lesene, i cornicioni, le grondaie e simili (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 30 giugno 2005 n. 3539). (Massima a cura della rivista giuridica Ambiente e Diritto) TAR PIEMONTE, Sez. 1^ - 20 marzo 2014, n.481 DIRITTO URBANSITICO – EDILIZIA – Distanze previste dall’art. 873 c.c. – Ristrutturazione con mutamento di sagoma – Nozione di costruzione agli effetti delle distanze – Rientra. Un’opera che determina un aumento di volumetria incidente sulla sagoma preesistente della copertura del tetto, che, quindi, rientra nella tipologia della ristrutturazione "con mutamento di sagoma", subordinata a permesso di costruire ai sensi dell'art. 10, comma 1, lettera "c" del D.P.R. n. 380/2001, è da considerarsi "costruzione" agli effetti delle distanze previste dall'art. 873 del Codice Civile e dalle norme dei regolamenti integrativi della disciplina codicistica, come tale dovendosi intendere, secondo consolidato indirizzo giurisprudenziale, qualsiasi opera non completamente interrata, avente i caratteri della solidità, stabilità ed immobilizzazione al suolo, anche mediante appoggio o incorporazione o collegamento fisso ad un corpo di fabbrica contestualmente realizzato o preesistente, e ciò indipendentemente dal livello di posa ed elevazione dell'opera stessa, dai suoi caratteri e dalla sua destinazione (Cass. civ. sez. II, 03 gennaio 2013, n. 72; id., sez. II, 22 febbraio 2011, n. 4277; id., sez. II, 4 ottobre 2005 , n. 19350). (Massima a cura della rivista giuridica Ambiente e Diritto) FIAIP News24, Numero 9 - aprile 2014 24 Antincendio Trasferimenti immobiliari Semplificata la tassazione indiretta Pantoni Gioacchino, Sabbatini Claudio, Hercolani Ferrario Michele, Il Sole 24 ORE – La Settimana Fiscale, 5 marzo 2014, n. 9 QUADRO NORMATIVO L'art. 10, D.Lgs. 14.3.2011, n. 23 (decreto sul "Federalismo fiscale"), ha previsto, per i trasferimenti immobiliari, una revisione delle imposte d'atto, raggruppando le diverse aliquote dell'imposta di registro in vigore fino al 2013 nella misura generale del 9%. Al 2% è invece ridotta l'aliquota per i trasferimenti "prima casa". Vengono meno le esenzioni ed agevolazioni. L'art. 1, co. 608-609, L. 27.12.2013, n. 147 (legge di stabilità 2014), ha innalzato al 12% l'aliquota dell'imposta di registro per i trasferimenti di terreni agricoli. Inoltre, ripristina le agevolazioni per la piccola proprietà contadina. L'art. 26, D.L. 12.9.2013, n. 104, conv. con modif. dalla L. 8.11.2013, n. 128, ha previsto che, in caso di imposte di registro proporzionali, le imposte ipocatastali siano dovute nella misura fissa di euro 50 cadauna. I primi commenti sono stati diffusi dal Consiglio nazionale del Notariato (Studio tributario 13.12.2013, n. 1011-2013/T) e dall'Assonime (Circ. 20.1.2014, n. 1). L'Assonime illustra anche il legame fra la nuova tassazione dei trasferimenti immobiliari e la nuova disciplina degli atti di cessione di contratti di locazione aventi ad oggetto immobili strumentali (art. 1, co. 164, L. 147/2013). TRASFERIMENTI IMMOBILIARI - NUOVA TASSAZIONE INDIRETTA: dall'1.1.2014 sono entrate in vigore rilevanti novità in ordine alla fiscalità indiretta dei trasferimenti immobiliari; il riferimento è alle imposte d'atto, cioè di registro, ipotecaria, catastale, di bollo e agli altri tributi accessori. Le novità, realizzate tramite la riscrittura dell'art 1, Tariffa, Parte Prima, D.P.R. 26.4.1986, n. 131 (Atti soggetti a registrazione in termine fisso) - sono "figlie" dell'art. 10, D.Lgs. 14.3.2011, n. 23, già più volte modificato. In sintesi, a seguito degli ultimi interventi normativi, per gli atti di trasferimento immobiliare sono previste solo 3 aliquote (del 2%, 9% e 12%) ai fini dell'imposta di registro, oltre all'applicazione delle imposte ipotecaria e catastale nella misura fissa di e 50 l'una (art. 26, co. 1, D.L. 12.9.2013, n. 104, conv. con modif. dalla L. 8.11.2013, n. 128 ). L'imposta fissa passa da euro 168 ad euro 200 (art. 26, co. 2, D.L. 104/2013). Inoltre, se l'imposta di registro è dovuta nelle misure proporzionali sopra viste, l'imposta è dovuta nella misura minima di euro 1.000 (questa soglia penalizzerà i trasferimenti di beni di minor valore) e non sono dovuti l'imposta di bollo, i tributi speciali catastali e le tasse ipotecarie (questi ultimi applicati nella misura, rispettivamente, di euro 230, euro 35 e euro 65). FIAIP News24, Numero 9 - aprile 2014 25 RATIO: l'Assonime, con la Circ. 20.1.2014, n. 1 ben illustra l'obiettivo principale di questa riforma, che è essenzialmente quello di semplificare la tassazione dei trasferimenti immobiliari, la cui disciplina era caratterizzata da una pluralità di prelievi e, nell'ambito di ciascun prelievo, da un'ampia variabilità di aliquote e regimi agevolativi. La semplificazione consiste sia nelle misure delle imposte d'atto applicabili alle diverse tipologie di trasferimenti sia nel numero di tributi applicabili. TRASFERIMENTI IMMOBILIARI - TASSAZIONE INDIRETTA - NOVITA' Fino al Dall'1.1.2014 31.12.2013 Aliquote Trasferimenti a titolo oneroso dei fabbricati Aliquota 2% proporzionali abitativi, non di lusso, per i soggetti che possono dall'1% al 15% fruire del beneficio "prima casa" (si veda infra la nuova definizione dei requisiti oggettivi) Atti traslativi a titolo oneroso di tutti gli altri Aliquota 9% immobili Trasferimenti di terreni agricoli acquistati da Aliquota 12% soggetti diversi daicoltivatori diretti e imprenditori agricoli professionali iscritti nella gestione previdenziale (art. 1, co. 609, L. 147/2013) A tale scopo, l'imposta di registro è stata concepita alla stregua di un'imposta sostitutiva idonea ad assorbire gli altri tributi che gravano il trasferimento, quali, in particolare, le imposte ipotecaria e catastale, come pure l'imposta di bollo, i tributi speciali catastali e le tasse ipotecarie. La linearità di questa impostazione è stata però incrinata con l'introduzione, ad opera del D.L. 104/2013, delle imposte ipocatastali nella misura fissa di euro 50 ciascuna, per mero motivo di gettito. IMPORTO MINIMO: la disposizione dell'art. 10, co. 2, D.Lgs. 23/2011, laddove fa riferimento all'imposta non inferiore ad euro 1.000, non può essere intesa come facente riferimento all'imposta da corrispondere, bensì all'imposta normativamente dovuta, lasciando così impregiudicata l'applicazione di meccanismi di scomputo quali, ad esempio, il credito d'imposta per l'acquisto della "prima casa". In altri termini, l'intero importo di euro 1.000, cui si giunge per l'applicazione della regola del citato co. 2 dell'art. 10, D.Lgs. 23/2011, può essere corrisposto mediante utilizzo del credito di imposta. Del resto la stessa Agenzia delle Entrate nella C.M. 1.3.2001, n.19/E, e nella C.M. 29.5.2013, n. 18/E, ha evidenziato come con riferimento al credito d'imposta "è opportuno precisare che non si rende applicabile alla fattispecie in esame il disposto dell'art. 41, comma 2, del TUR laddove prescrive "l'ammontare dell'imposta principale non può essere in nessun caso inferiore alla misura fissa indicata nella tariffa"", con la conseguenza cioè che l'importo da versare poteva essere inferiore ad e 168 o pari a zero a seguito dell'intera compensazione del credito con l'imposta di registro da pagare. Conseguentemente, se l'importo dovuto per l'acquisto con le cd. agevolazioni "prima casa" è inferiore ad euro 1.000 e al credito d'imposta per il precedente acquisto agevolato, lo scomputo del predetto credito opererà - come da disposizione di legge - "sull'imposta dovuta" ovverosia avuto riguardo all'imposta nella misura minima di euro 1.000 (e non già alla minor somma precedentemente corrisposta). SOPPRESSIONE di ESENZIONI ed AGEVOLAZIONI: la norma dispone la soppressione di tutte le esenzioni e agevolazioni tributarie, ancorché previste da leggi speciali (art. 10, co. 4, D.Lgs. 23/2011), ad eccezione di quella per la "prima casa" e, forse, per gli immobili all'estero (si veda oltre). Tra le agevolazioni previste da leggi speciali possiamo annoverare quelle per i terreni montani, per i Piani di recupero, per i Piani di edilizia residenziale pubblica e per il compendio unico, il che sta a significare che la generica abrogazione di regimi di favore comporterà un aggravio nei settori che erano ritenuti meritevoli di tutela. FIAIP News24, Numero 9 - aprile 2014 26 Resta salva l'agevolazione in materia di trasferimenti immobiliari a favore della piccola proprietà contadina (Ppc), fatta salva proprio dalla L. 147/2013. Perdono l'agevolazione anche altre fattispecie contemplate dalla norma in vigore per tutto il 2013, come i trasferimenti immobiliari a favore di Onlus (imposta di registro in misura fissa se viene posto in essere il trasferimento a titolo oneroso della proprietà di immobili, a condizione che la Onlus dichiari nell'atto di acquisto l'intenzione di utilizzare direttamente i beni per lo svolgimento della propria attività e che realizzi l'effettivo utilizzo diretto entro 2 anni dall'acquisto, e imposte ipocatastali rispettivamente del 2% e dell'1%; si veda l'art. 22, co. 1, D.Lgs. 460/1997), dello Stato o di enti pubblici territoriali (precedentemente tassati con l'applicazione dell'imposta nella misura fissa di euro 168) e quelli relativi agli immobili compresi in Piani urbani particolareggiati (soggetti ad imposta proporzionale dell' 1%). La cancellazione della Nota 1 dell'art. 1, Tariffa, Parte Prima, D.P.R. 131/1986, comporta anche il venir meno della possibilità di applicare l'aliquota ridotta dell'imposta di registro nella misura dell'8% (anziché del 15%) per gli atti riguardanti il trasferimento di terreni agricoli a favore di imprenditori agricoli a titolo principale, anche se questi, in virtù dell'assimilazione ai coltivatori diretti (art. 2, D.Lgs. 29.3.2004, n. 99), potevano acquistare i terreni con l'aliquota dell'1% (oltre alle imposte ipocatastali in misura fissa). (1) Unica deroga alla soppressione generalizzata dei regimi di favore è stata disposta con una modifica del co. 4 dell'art. 10, D.Lgs. 23/2011 citato, introdotta dalla L. 147/2013, per cui la revisione opera "ad eccezione delle disposizioni di cui all'articolo 2, comma 4-bis, del decretolegge 30 dicembre 2009, n. 194, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2010, n. 25", ossia delle agevolazioni per la proprietà contadina. (2) Avuto invece riguardo ai trasferimenti di altri terreni agricoli e delle relative pertinenze (che non rientrino nell'ambito della disciplina di favore esplicitamente fatta salva), troverà applicazione il terzo periodo del co. 1 dell'art. 1, Tariffa, Parte Prima, D.P.R. 131/1986, così come modificato dalla L. 147/2013, per cui "se il trasferimento ha per oggetto terreni agricoli e relative pertinenze a favore di soggetti diversi dai coltivatori diretti e dagli imprenditori agricoli professionali, iscritti nella relativa gestione previdenziale ed assistenziale: 12 per cento". ESEMPIO n. 1 - TRASFERIMENTO di IMMOBILI SOPPRESSIONE di ESENZIONI ed AGEVOLAZIONI Dal 2014, il trasferimento di un immobile "vincolato" (immobile storico-artistico disciplinato dal D.Lgs. 490/1999), che fino al 31.12.2013 scontava l'imposta di registro del 3% (salvo che si trattasse di "prima casa"), oltre al 3% di imposta ipocatastale, sarà soggetto ad imposta del 9%, oltre ad euro 50 per l'ipotecaria e ad euro 50 per la catastale. Lo stesso trattamento varrà per i fabbricati abitativi delle società di trading immobiliare che si impegnano a trasferire l'immobile entro 3 anni, le quali perdono l'aliquota dell'1%. I trasferimenti di terreni agricoli a soggetti diversi dagli agricoltori, che prima scontavano l'imposta nella misura del 15%, invece, godranno di una imposizione più attenuata (12%) rispetto a quella in vigore fino al 31.12.2013. IMMOBILI SITUATI all'ESTERO: fino al 31.12.2013 era stabilito in maniera inequivocabile che se il trasferimento aveva per oggetto immobili situati all'estero o diritti reali di godimentosi applicava l'imposta in misura fissa di euro 168. La previsione della misura fissa poteva essere ricondotta ad esigenze di sistema sia sul piano sostanziale, quanto alla territorialità, sia sul piano applicativo, quanto alla determinazione della base imponibile. FIAIP News24, Numero 9 - aprile 2014 27 CESSIONE di IMMOBILI ABITATIVI (1) dal 2014 Cedente/oggetto Cessionario Iva Norma/tipologia Registro di fabbricato Fabbricati realizzati dalle imprese costruttrici o che hanno eseguito interventi di recupero (termine della costruzione o lavori ultimati non oltre 5 anni dalla cessione) Fabbricati realizzati dalle imprese costruttrici o che hanno eseguito interventi di recupero (termine della costruzione o lavori ultimati oltre 5 anni dalla cessione), fatti salvi gli alloggi sociali di cui al successivo punto Fabbricati destinati ad alloggi sociali, come definiti dal Decreto del Min. delle Infrastrutture 22.4.2008 (5) Chiunque Imponibile per obbligo Art. 10, co. 633/1972 4% Prima casa (3) euro 200 10% Altre abitazioni 22% Immobili di lusso Ipotecaria + catastale 8-bis, D.P.R. euro 200 + 200 Chiunque Esente ovvero Imponibile su opzione (4) Art. 10, co. 8bis, D.P.R. 633/1972 Esente Misura e 50 + 50 proporzionale (2% se "prima casa" o 9% per altre abitazioni) 4% Prima casa (3) euro 200 euro 200 + 200 10% Altre abitazioni 22% Immobili di lusso Chiunque Esente ovvero Imponibile su opzione (4) Art. 10, bis, D.P.R. 633/1972 Esente Misura euro proporzionale 50 (2% se "prima casa" o 9% per altre abitazioni) 4% Prima casa (3) 200 euro euro 200 10% Altre abitazioni Esente Art. 10, co. 8-bis, 2% se "prima euro D.P.R. 633/1972 casa" 50 9% per altre euro abitazioni 50 co. 850 + 200 + Soggetti diversi dai Chiunque 50 + pre-cedenti (immobiliari di 50 + compravendita, di gestione, altre imprese e altri soggetti Iva) Privato (società Chiunque Fuori Art. 1, D.P.R. 2% se "prima euro 50 + semplici di gestione (2) campo 633/1972 casa" 50 immobiliare, enti 9% per altre euro 50 + non commerciali che abitazioni 50 non effettuino l'operazione in regime d'impresa) (1) Fabbricati abitativi classificati nelle categorie catastali "A" con esclusione della categoria "A/10". (2) Se l'acquirente è un privato le imposte di registro ed ipocatastali si applicano secondo il criterio "prezzo-valore", ossia sono applicate sul valore catastale rivalutato del bene immobile. FIAIP News24, Numero 9 - aprile 2014 28 (3) In caso di mancato trasferimento della residenza entro 18 mesi dall'acquisto, l'acquirente decade dall'agevolazione (aliquota ridotta). Però, nessuna sanzione è dovuta da chi acquista un immobile invocando i benefici previsti per la "prima casa" e, nel termine di 18 mesi, non trasferisce la residenza nel Comune ove è situato l'immobile. Il contribuente, prima della scadenza del suddetto termine, è tenuto a presentare un'apposita istanza all'ufficio presso il quale l'atto è stato registrato, con la quale richiede la riliquidazione dell'imposta assolta in sede di registrazione (R.M. 31.10.2011, n. 105/E) (4) A condizione che nell'atto sia esercitata l'opzione per l'imponibilità. L'imposta si può applicare anche in sede di acconti e in questo caso l'opzione deve essere già manifestata nel preliminare di vendita, se redatto (C.M. 11.7.1996, n. 182). (5) La disposizione che prevede l'imponibilità degli alloggi sociali è stata introdotta in sede di conversione del D.L. 83/2012 con la L. 7.8.2012, n. 134 (pubblicata in G.U. 11.8.2012, n. 187) e, quindi, è entrata in vigore a decorrere dal 12.8.2012. Cedente CESSIONE di IMMOBILI STRUMENTALI dal 2014 Cessionario Iva Norma/aliquota Registro Ipotecaria + catastale (1) 3% + 1% Fabbricati realizzati Chiunque Imponibile 22% (2) Art. 10, euro 200 dalle imprese co. 8-ter, D.P.R. (termine della 633/1972 costruzione non oltre 5 anni dalla cessione) Fabbricati su cui Chiunque Imponibile 10% (3) sono stati eseguiti interventi di recupero (lavori ultimati non oltre 5 anni dalla cessione) Soggetti diversi dai Chiunque Esente Esente 10% (3) pre-cedenti ovvero 22% (immobiliari di imponibile compravendita, di su ge-stione, altre opzione imprese e altri (4) soggetti Iva, incluse le imprese costruttrici o di ristrutturazione che hanno ultimato i lavori da oltre 5 anni) Privato (società Chiunque Fuori Art. 1, D.P.R. 9% e 50 + 50 semplici di gestione campo 633/1972 immobiliare, enti non commerciali che non effettuino l'operazione in regime d'impresa) (1) Le volture catastali e le trascrizioni relative alle cessioni di cui sono parte fondi immobiliari fruiscono delle percentuali ridotte alla metà (1,5% + 0,5%). (2) L'aliquota è del 10% (n. 127-undecies), Tabella A, Parte Terza, D.P.R. 633/1972) nel caso di cessione di fabbricati strumentali facenti parte di edifici "Tupini" (L. 408/1949, che prevede il rispetto di determinate proporzione fra immobili abitativi e immobili commerciali). Per il mantenimento dell'aliquota ridotta occorre far riferimento alla situazione al momento della vendita, non essendo sufficiente il mero rispetto dei requisiti in origine (Cass., 11.2.2003, n. FIAIP News24, Numero 9 - aprile 2014 29 2004). L'aliquota del 10% si applica anche (n. 127-quinquies), Tabella A, Parte Terza, D.P.R. 633/1972) per le cessioni di fabbricati idonei ad ospitare una collettività (scuole, caserme, ospedali, case di cura, ricoveri, collegi, colonie climatiche, asili, orfanotrofi, edifici utilizzati per il perseguimento delle finalità di istruzione, cura, assistenza, beneficenza; vedi R.M. 12.10.2007, n. 291/E). (3) Per le imprese di ripristino si veda il n. 127-quinquiesdecies), Tabella A, Parte Terza, D.P.R. 633/1972, purché l'intervento sia stato completato (C.M. 13.3.2009, n. 8/E). (4) A condizione che nell'atto sia esercitata l'opzione per l'imponibilità. L'imposta si può applicare anche in sede di acconti e in questo caso l'opzione deve essere già manifestata nel preliminare di vendita, se redatto (C.M. 11.7.1996, n. 182). Ad una prima lettura il nuovo art. 1, Tariffa, Parte Prima, D.P.R. 131/1986, sembrerebbe condurre anche per questa ipotesi all'imposizione proporzionale, ma - come osserva lo Studio 13.12.2013, n. 1011/2013/T del Consiglio Nazionale del Notariato - "tale effetto sembra abnorme dal punto di vista sistematico, anche in considerazione della circostanza che - allo stato - non sarebbe neanche prospettabile in via interpretativa un'armonizzazione dell'applicazione della nuova aliquota con regimi fiscali previsti per la tassazione dei beni in Italia, quali ad esempio il cd. prezzo-valore, o l'aliquota ridotta per l'acquisto della cd. prima casa; regimi che sulla base della normativa vigente non sembrerebbero applicabili agli acquisti di immobili situati all'estero". Se fosse corretta l'ipotesi della tassazione proporzionale per il trasferimento a titolo oneroso dei suddetti immobili, l'imposta proporzionale di registro dovrebbe ritenersi dovuta in misura non inferiore ad euro 1.000, mentre per quanto riguarda l''assorbimento degli altri tributi indiretti, di cui al co. 3 del medesimo articolo, lo stesso avrebbe effetti limitatamente all'imposta di bollo. Se, invece, fosse corretta - come si ritiene - l'ipotesi della tassazione in misura fissa, l'imposta si applica nella misura di euro 200 (oltre all'imposta di bollo). "PRIMA CASA": l'aliquota del 2% sarà riservata alle sole case di abitazione, ad eccezione di quelle di categoria A/1 (abitazioni di tipo signorile), A/8 (abitazioni in ville) e A/9 (castelli, palazzi di eminente pregio artistico o storico), laddove esistano le condizioni oggettive e soggettive di cui alla Nota II-bis, ossia aventi i requisiti "prima casa". La medesima disposizione, infatti, ha eliminato le altre Note dell'art. 1 della citata Tariffa, salvo, come detto, quella relativa alle agevolazioni "prima casa". (3) A seguito di tale intervento normativo, la tassazione dei trasferimenti relativi all'abitazione avente i requisiti "prima casa" si riduce dal 3% al 2%, con una diminuzione del carico fiscale sul trasferimento. Si noti che, per l'individuazione dei fabbricati di lusso, fino al 2013 si faceva riferimento - ai fini oggettivi e fermi restando i requisiti soggettivi dell'acquirente - al D.M. 2.8.1969; dal 2014 sono invece considerati di lusso i fabbricati appartenenti alle categorie catastali A/1, A/8 e A/9 (come avviene ai fini Imu). Il testo normativo risulta, però, non coordinato con le regole Iva, le quali, per la classificazione dei fabbricati di lusso - ai fini dell'applicazione sia dell'aliquota 4% per gli immobili "prima casa" (n. 21), Tabella A, Parte Seconda, D.P.R. 26.10.1972, n. 633), sia dell'aliquota 10% per le altre abitazioni non di lusso (ad esempio, fabbricati Tupini; n. 127undecies), Tabella A, Parte Terza, D.P.R. 633/1972) - fa ancora riferimento al D.M. del 1969 e non alla categoria catastale. (4) Inoltre, la riduzione dell'aliquota proporzionale per gli immobili "prima casa" vale ai fini del registro, mentre non è stata prevista un'analoga riduzione nell'ambito Iva (aliquota al 4%), ampliando ulteriormente il divario impositivo tra acquisto immobiliare presso un privato (assoggettato al registro nella misura del 2%) rispetto ad un acquisto effettuato presso un'impresa (che potrebbe essere assoggettato ad Iva con aliquota del 4%). Se ne deduce che le novità in analisi saranno di stimolo ai trasferimenti di abitazioni "non nuove", ossia diverse da quelle cedute dal costruttore o dall'impresa che vi ha eseguito interventi di ristrutturazione. FIAIP News24, Numero 9 - aprile 2014 30 ALTRI EFFETTI delle NOVITA': l'Assonime commenta altri aspetti legati alle novità appena considerate. Ad esempio, viene osservato che il principio di alternatività Iva-registro (art. 40, D.P.R. 131/1986), che opera correttamente per gli immobili abitativi, ha già subito una deroga dal 2006per quelli strumentali (quando furono introdotte le imposte ipocatastali del 3%+1% per questi ultimi). Così, se fino al 2013 le imposte ipocatastali erano dovute a prescindere dal trattamento dell'operazione ai fini Iva (imponibile o esente), dal 2014 esse sono dovute solo se l'operazione èsoggetta ad Iva. Ciò, secondo l'Assonime, appare paradossale, poiché tali imposte - che in base alla regola generale dell'alternatività dovrebbero essere applicate in misura proporzionalesolo se l'operazione non è soggetta ad Iva - sono ora applicate solo nell'ipotesi inversa. La fissazione della misura del 9% per tutti i trasferimenti immobiliari riverbera i propri effetti anche su alcune operazioni societarie, come la cessione di un'azienda o di un ramo di essa. Mentre fino al 2013 l'atto richiedeva il versamento di un'imposta di registro proporzionale, differenziata sulla base delle componenti dell'azienda stessa, calcolata sul valore di cessione alnetto delle passività (0,5% sui crediti, 7% sui fabbricati, 8% sui terreni edificabili, 15% sui terreni agricoli e 3% sugli altri asset incluso l'avviamento) e di imposte ipocatastali(rispettivamente del 2% e dell'1%) sul valore degli immobili trasferiti, dal 2014 la misura è stabilita al 9% per la componente immobiliare presente nel trasferimento, oltre alle imposte ipotecaria e catastale dovute, per ciascuna di esse, nella misura fissa di euro 50. Infine, l'Assonime ricorda che l'art. 1, co. 164, L. 147/2013, ha previsto che gli atti di cessione posti in essere dagli utilizzatori di contratti di locazione finanziaria aventi ad oggetto immobili strumentali scontano l'imposta proporzionale di registro (art. 40, co. 1-bis, D.P.R. 131/1986). La L. 220/2010 (Legge di stabilità 2011) aveva previsto che le imposte di registro,ipotecaria e catastale fossero applicate nella misura ordinaria in occasione dell'acquisto dell'immobile da concedere in leasing e in misura fissa al momento dell'esercizio dell'opzione di riscatto del bene da parte dell'utilizzatore. In assenza di una tassazione del trasferimento del contratto, l'utilizzatore potrebbe trasferire il bene, per il tramite del contratto, senza tassazione. Con la novella legislativa si tassanodetti trasferimenti, che sottendono la dismissione di un immobile, con l'imposta di registro al 4%. La modifica interessa i soli immobili strumentali, anche da costruire, quelli cioè i cui trasferimenti sono normalmente assoggettati alle imposte ipocatastali nella misura complessiva del 4%. Poiché questi tributi non possono essere applicati in sede di cessione del contratto di leasing, in quanto l'operazione non comporta la trascrizione della voltura catastale, la scelta del Legislatore si è orientata nel senso di applicare un'imposta di registro di importo corrispondente a quello delle suddette imposte ipocatastali. Anche in questo caso, è stata derogata la regola dell'alternatività Iva-registro. _____ (1) Restano evidentemente in vigore tutte le agevolazioni tributarie e le esenzioni riferite ad atti non riconducibili all'ambito applicativo dell'art. 10, co. 1, D.Lgs. 23/2011, citato, ovvero non riconducibili ad atti traslativi a titolo oneroso della proprietà di immobili, compresi la rinuncia, i provvedimenti di espropriazione per pubblica utilità e i trasferimenti coattivi. Seguendo la stessa ratio si potrebbe sostenere che tale soppressione riguardi solo le disposizioni di favore che - al pari di quelle contenute nella precedente formulazione dell'art. 1 della Tariffa, abrogate dall'1.1.2014 - stabiliscano una misura ridotta dell'imposta di registro per i trasferimenti immobiliari a titolo oneroso, in deroga all'art. 1 citato (come ricordato il co. 4, art. 10, D.Lgs. 23/2011 testualmente si esprime "in relazione agli atti di cui ai commi 1 e 2", cioè atti di cui all'art. 1 della Tariffa). La soppressione non dovrebbe riguardare, allora, le disposizioni aventi un ambito più ampio, funzionali a particolari "istituti" o al perseguimento di determinati fini o interessi rispetto ai quali il trasferimento di beni non costituisce l'oggetto dei regimi di favore e che potrebbero trovare applicazione anche (ma non solo) rispetto ai trasferimenti immobiliari, a prescindere dalla loro natura onerosa o gratuita. Ad esempio l'esenzione per gli accordi che trovano causa nella separazione o nel divorzio di cui all'art. 19, L. 74/1987, e quella per gli accordi di mediazione di cui all'art. 17, D.Lgs. 28/2010 (e conciliazione giudiziale, conciliazione in fase pre-dibattimentale). (2) Si tratta di terreni agricoli venduti a coltivatori diretti o imprenditori agricoli professionali (Iap), iscritti alla gestione previdenziale (art. 2, co. 4-bis, D.L. 30.12.2009, n. 194, conv. con modif. dalla L. 26.2.2010, n. 25; si veda l'art. 1, co. 419, L. 147/2013), che scontano le imposte fisse di registro e ipotecaria (nella loro nuova misura di euro 200 ciascuna) oltre all'1% di imposta catastale (unico prelievo sostanziale applicabile a questa tipologia di trasferimenti). FIAIP News24, Numero 9 - aprile 2014 31 Immobili Immobili: scattano le sanzioni per i contratti senza APE Le compravendite e gli affitti conclusi senza allegare l’attestato di prestazione energetica sono validi, ma se l’attestato non viene consegnato entro 45 giorni sono puniti con sanzione pecuniaria da € 3.000 a € 18.000 (da € 1.000 a € 4.000 per i contratti di locazione di singole unità immobiliari). Ivan Meo, Angelo Pesce, Il Sole 24 ORE Consulente Immobiliare – 31 marzo 2014 - n. 949 La recente approvazione della legge 9/2014, nota come piano “Destinazione Italia” e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale 43 del 21 febbraio 2014, ha rivisto (all’art. 1, commi 7 e 8) anche le regole in materia di certificazione energetica degli edifici, modificando le nuove norme introdotte con il D.L. 63/2013 sulla necessità di allegare l’attestato di prestazione energetica (APE) agli atti di trasferimento di immobili. Nel dettaglio, il comma 7 è relativo alle condizioni vincolanti per l’allegazione o meno dell’APE ai contratti e alle sanzioni previsto per il mancato rispetto dell’obbligo, mentre il comma 8 si occupa delle norme di tutela per i contratti ( tabella 1 ). Analizziamo il comma 7, che sostituisce i commi 3 e 3- bis dell’art. 6 del D.Lgs. 192/2005 ( Attuazione della direttiva 2002/91/CE relativa al rendimento energetico nell’edilizia ). Ricordiamo che nei contratti di compravendita immobiliare, negli atti di trasferimento di immobili a titolo oneroso e nei nuovi contratti di locazione di edifici o di singole unità immobiliari soggetti a registrazione, è inserita apposita clausola con la quale l’acquirente o il conduttore, dichiarano di aver ricevuto le informazioni e la documentazione, comprensiva dell’attestato, in ordine all’attestazione della prestazione energetica dell’immobile (copia dell’APE deve essere altresì allegata al contratto, tranne che nei casi di locazione di singole unità immobiliari). Relativamente al comma 8, invece, la legge ha previsto per i contratti di vendita, per gli atti di trasferimento di immobili a titolo gratuito e per i nuovi contratti di locazione assoggettabili a nullità per la mancata allegazione dell’APE (quindi per tutti quegli atti a cui è già stata applicata la precedente normativa), una norma a tutela: una sanzione amministrativa in luogo della nullità (purché questa non sia già effettiva con sentenza passata in giudicato) su richiesta di almeno una delle parti o di un suo avente causa. Nella tabella 2 riportiamo i casi esclusi dall’obbligo di allegazione APE. TABELLA 1 Art.1, comma 7, legge 9/2014 Cosa prevede - Per gli atti di trasferimento di immobili a titolo gratuito, non vi sarà più la necessità di valutare la prestazione energetica degli edifici. – Anche per i nuovi contratti di locazione per singole unità immobiliari, non vi sarà più l’obbligo di allegazione dell’APE. - La precedente nullità del contratto, prevista in caso di mancata allegazione dell’APE all’atto di locazione/compravendita, viene sostituita con una sanzione pecuniaria amministrativa. Sanzione – In caso di omessa dichiarazione o allegazione dell’APE, le parti sono soggette in solido e in egual misura alla sanzione pecuniaria amministrativa (da € 3.000 a € 18.000). FIAIP News24, Numero 9 - aprile 2014 32 – Per i contratti di locazione delle singole unità abitative (soggette al solo obbligo di dichiarazione): – la sanzione prevista è da € 1.000 a € 4.000; – la sanzione è ridotta della metà se la durata della locazione ha una durata massima di 3 anni. – Dopo le ultime modifiche emendative, l’omessa dichiarazione o allegazione dell’APE comporta il pagamento della sanzione amministrativa, ma implica comunque l’obbligo di presentare la stessa dichiarazione o copia dell’APE entro i 45 giorni successivi. Art. 1, comma 8, legge 9/2014 Cosa prevede – Su richiesta di almeno una delle parti, una sanzione amministrativa in luogo della nullità contrattuale (ove non già applicata) per tutti quegli atti che diverrebbero tali per la mancata allegazione dell’APE. comma 8-bis comma quater – Dopo emendamento alla Camera si è stabilito che, ai fini del rilascio dell’APE per gli immobili, dovrà tenersi conto del raffrescamento riveniente dalle schermature solari mobili; – dette schermature dovranno garantire una prestazione energetica di classe 2, così come stabilito dalla norma europea EN 14501:2006, o superiore. 8- – dopo emendamento alla Camera si è stabilito che tutti gli annunci di locazione a uso turistico, sono esentati dalla certificazione della prestazione energetica dell’immobile, né tanto meno di quella dell’involucro o della sola unità immobiliare, e neanche di indicare la classe energetica di appartenenza: unica condizione vincolante è che il periodo di locazione dovrà limitarsi a 4 mesi all’anno. TABELLA 2 - APE: i casi di “esclusione oggettiva”. (1) L’obbligo di allegazione, di consegna e di informativa, è escluso nei seguenti casi: (2) – Atti di trasferimento di immobili a titolo gratuito – Nuovi contratti di locazione per singole unità immobiliari – Tutti gli annunci di locazione a uso turistico, della sola unità immobiliare, purché il periodo di locazione non superi i 4 mesi all’anno – Fabbricati isolati con una superficie utile totale inferiore a 50 metri quadrati – Fabbricati industriali e artigianali quando sono riscaldati dallo stesso processo produttivo o utilizzando reflui energetici del processo produttivo non altrimenti utilizzabili – Fabbricati agricoli non residenziali, sprovvisti di impianti di climatizzazione – Edifici in cui non è necessario garantire un confort abitativo (parcheggi, depositi) – Edifici adibiti a luoghi di culto e allo svolgimento di attività religiose – Ruderi (3) – Fabbricati allo “stato grezzo”(3) (immobili venduti nello stato di “scheletro strutturale”, privi di tutte le pareti verticali esterne o di elementi dell’involucro edilizio) – Immobili venduti “al rustico”, privi delle rifiniture e degli impianti tecnologici – Edifici “marginali” che non comportano un consumo energetico in relazione alle loro FIAIP News24, Numero 9 - aprile 2014 33 caratteristiche tipologiche e/o funzionali – Edifici inagibili – Edifici non utilizzabili – Manufatti non riconducibili alla definizione di “edificio” dettata dall’art. 2 lett. a) del D.Lgs. 192/2005 (1) Per una disamina approfondita dei casi di esclusione oggettiva alla luce delle modifiche apportate ai commi 3 e 3-bis dell’art. 6 del D.Lgs. 192/2005 dal D.L. 145/2013 (cosiddetto “Destinazione Italia”) si rinvia a: “La certificazione energetica (dall’attestato di certificazione energetica all’attestato di prestazione energetica)” studio n. 657-2013/C approvato dall’Area Scientifica – studi pubblicistici 19.9.2013 (estensore G. Rizzi), par. 5. Il decreto “Destinazione Italia”: le novità in materia di certificazione energetica. Lo studio è consultabile sul sito www.notariato.it. (2) Ai sensi delle attuali previsioni di legge e/o delle Linee guida nazionali per la certificazione energetica. (3) Così come dichiarato espressamente nell’atto notarile. Breve cronistoria l D.L. 63 del 4 giugno 2013 (in G.U. 130 del 5 giugno 2013), di recepimento definitivo della dir. n. 2010/31/UE sulla prestazione energetica degli edifici, rivedeva la normativa sulla certificazione energetica. Sulla base di questo decreto, la procedura relativa all’attestazione di prestazione energetica da allegare agli atti di compravendita o locazione, veniva rivisitata. Nel dettaglio, nei casi di vendita o di nuova locazione di un immobile (o di una singola unità immobiliare), il proprietario doveva presentare l’attestato di prestazione energetica (APE) all’acquirente o locatario sin dall’inizio delle trattative di vendita/locazione e rilasciarlo a procedura ultimata; inoltre, per gli edifici sottoposti a ristrutturazioni pesanti o in fase di costruzione, l’APE avrebbe dovuto riportare la prestazione energetica futura dell’immobile, che sarebbe poi divenuta definitiva alla conclusione dei lavori. Anche per le sanzioni, il decreto aveva previsto multe da € 3.000 a € 18.000 in caso di vendita e da € 300 a € 1.800 in caso di locazione, per il mancato rilascio dell’attestato. Le sanzioni erano previste anche nel caso di omessa indicazione dei parametri energetici nell’annuncio di compravendita o locazione (da € 500 a € 3.000), e nel caso di false o con conformi dichiarazioni da parte dei tecnici abilitati al rilascio dell’attestato (da € 700 a € 4.200). Il D.L. 63/2013 veniva convertito, con modificazioni, nella legge 90/2013: quest’ultima, infatti, prevedeva la nullità dei contratti di vendita degli immobili e dei nuovi contratti di locazione laddove fossero privi di APE; in particolare, l’art. 6 citava testualmente: «L’attestato di prestazione energetica deve essere allegato al contratto di vendita, agli atti di trasferimento di immobili a titolo gratuito o ai nuovi contratti di locazione, pena la nullità degli stessi contratti». Con l’approvazione del Consiglio dei Ministri, il 23 dicembre 2013, del cosiddetto decreto “Destinazione Italia”, si introduceva una variante al D.L. 63/2013 (quindi alla legge 90/2013): la variante prevedeva una sanzione amministrativa in luogo della nullità contrattuale per la mancanza di APE in allegato. Secondo quanto previsto, all’atto di acquisto o affitto di un immobile, il soggetto interessato avrebbe dovuto dichiarare di aver ricevuto informazioni e documentazione circa l’APE con una clausola ad hoc che veniva inserita nei contratti di compravendita o di locazione. Lo stesso APE doveva essere allegato al rogito e in qualsiasi atto di trasferimento a titolo oneroso dell’immobile, così come ai contratti di affitto (escluse le locazioni di singole unità immobiliari). Il decreto legge inoltre, prevedeva anche una sorta di sanatoria per le compravendite e le locazioni già effettuate, per le quali fosse stata già accertata e sanzionata la violazione degli obblighi APE con la definizione della nullità dell’atto. Se la nullità non fosse già passata in giudicato, dietro richiesta di almeno una delle due parti poteva essere sostituita dalle nuove sanzioni che avrebbero di fatto cancellato l’ipotesi di nullità dell’atto. Infine, con il D.L. 151 del 30 dicembre 2013 (cosiddetto “Milleproroghe”) si era nuovamente intervenuti sull’APE: in particolare, al comma 5 dell’art. 2, si affermava che nelle operazioni FIAIP News24, Numero 9 - aprile 2014 34 immobiliari l’attestato di prestazione energetica poteva essere acquisito successivamente agli atti di trasferimento e non si applicava quanto disposto dal comma 3- bis dell’art. 6 del D.Lgs. 192/2005 (poi modificato dal D.L. 63/2013). FIAIP News24, Numero 9 - aprile 2014 35 Immobili Per le caldaie nuovi libretti da giugno Silvio Rezzonico, Maria Chiara Voci, Il Sole 24 ORE – Norme e Tributi, 31 marzo 2014 Un unico libretto, composto da più schede modulabili a seconda delle caratteristiche dell'impianto. Quattro tipologie di rapporto di efficienza energetica, studiate per mettere a fuoco e mappare le prestazioni non solo delle tradizionali caldaie, ma anche dei sistemi di condizionamento, di teleriscaldamento e di cogenerazione. A partire dal 1° giugno "cambiano pelle" i documenti che certificano l'efficienza degli impianti installati in casa, in ufficio o in azienda. E diventano obbligatori anche per i dispositivi di climatizzazione estiva. Il libretto di impianto deve essere presente per tutti gli apparecchi mentre il rapporto è obbligatorio solo per i sistemi soggetti a verifiche periodiche, cioè di riscaldamento con potenza maggiore di 10 kw e di condizionamento di potenza maggiore di 12 kw. A loro volta, le verifiche scattano, ogni qual volta s'intervenga sull'impianto modificandone l'efficienza o per disposizione di legge, con una tempistica diversa a seconda della tipologia e potenza dell'impianto (Dpr 74/2013). Ad esempio, per le caldaie a gas o metano normalmente installate in una singola unità immobiliare s'interviene ogni quattro anni, mentre si scende a due per gli impianti condominiali, se superiori ai 100 kWw Salvo diverse indicazioni regionali. I nuovi modelli di libretto e di rapporto sono introdotti dal decreto del 10 febbraio 2014 e sono il risultato di un approfondimento di un gruppo di lavoro coordinato dal Cti, il Comitato termotecnico italiano. In particolare, nel definire i documenti si è tenuto conto dei progressi tecnologici e della presenza sempre più diffusa, accanto alle caldaie e ai condizionatori "tradizionali", di nuovi sistemi, come le pompe di calore geotermiche, i cogeneratori, il teleriscaldamento o i dispositivi alimentati da fonte rinnovabile (solare, biomasse, etc). Rispetto all'edizione precedente, il nuovo libretto non si fonda più su due modelli (uno riferito alle centrali e l'altro al singolo impianto), ma su di un modello unico, personalizzabile, costituito da tante schede, usate e assemblate in funzione degli apparecchi e delle componenti dell'impianto. I modelli di rapporto di controllo di efficienza energetica sono, invece, quattro: il principale è per gli impianti di riscaldamento con generatore a fiamma e combustione; poi per il condizionament, il teleriscaldamento e gli impianti di co-trigenerazione. Il libretto (che è la carta d'identità dell'apparato) viene compilato per la prima volta dall'installatore, all'atto della messa in funzione e aggiornato dal responsabile dell'impianto o dal manutentore. Con l'entrata in vigore, dal 1° giugno, del nuovo libretto, il responsabile (che nei piccoli impianti è l'utente stesso mentre in condominio può essere l'amministratore o la ditta abilitata da questi delegata) dovrà scaricare il nuovo modello di libretto dai modelli già disponibili sul sito del ministero Sviluppo economico e trascrivere sulla prima pagina di questo i dati identificativi dell'impianto così da consegnarlo, all'atto del controllo, al manutentore per l'aggiornamento. Il rapporto di efficienza, invece, viene compilato direttamente dal manutentore, che ha anche il compito di trasmetterlo, preferibilmente in via telematica, all'ente locale che tiene aggiornato il catasto. Nel documento è indicato il risultato dei controlli, che devono essere conformi a quanto previsto dalle norme Uni o ai limiti indicati dal Dpr 74/2013. In caso contrario, il rapporto risulterà negativo e l'impianto sarà da sostituire. Incaricati dei controlli sono gli enti locali che ricevono il report delle verifiche e che, da parte loro, organizzano campagne ispettive a campione. Le sanzioni dipendono dal Dlgs 192/2005 o da eventuali disposizioni delle Regioni. Si va da 500 ai 3mila euro a carico di proprietario, conduttore, amministratore di condominio o terzo FIAIP News24, Numero 9 - aprile 2014 36 responsabile. Da mille ai 6mila euro per l'operatore incaricato che non provvede a redigere e sottoscrivere il rapporto di controllo tecnico. Le tappe L'OBBLIGO Il libretto d'impianto e i rapporti di controllo per l'efficienza energetica cambiano pelle e diventano documenti obbligatori per tutte le tipologie d'impianto, compresi i condizionatori fino ad oggi esonerati per una mancanza, da parte dell'Italia, nel recepimento delle direttive europee sull'efficienza dell'edilizia LE SCADENZE L'obbligo di utilizzare i nuovi modelli scatta dal 1° giugno prossimo. Per gli impianti già dotati di vecchio libretto, questo dovrà essere rinnovato dal 1° giugno, trasferendo i dati del vecchio libretto sul nuovo modello. I rapporti saranno compilati secondo i nuovi modelli via via che scatteranno i termini di legge per le manutenzioni periodiche I MODELLI Il libretto diventa unico (non più distinto in centrale ed impianto), personalizzabile, costituito da tante schede assemblate in funzione delle componenti del sistema a cui si riferisce. I rapporti sono, invece, quattro, relativi a: caldaie con o senza produzione di acqua calda sanitaria, condizionamento, teleriscaldamento e cogenerazione I SOGGETTI Il libretto dovrà essere sostituito con il nuovo modello a cura di chi ha la responsabilità dell'impianto (l'utente, in caso di apparati per singole unità immobiliari; l'amministratore o terzo responsabile per gli altri impianti). Il rapporto di controllo sarà invece compilato dal manutentore o da chi effettua interventi I SISTEMI Il libretto è obbligatorio per tutti gli impianti e va compilato per la prima volta all'atto dell'installazione. Il rapporto deve invece essere redatto solo per i sistemi soggetti a verifiche periodiche, cioè quelli di riscaldamento con potenza maggiore di 10 kw e di condizionamento di potenza maggiore di 12 kw LE SANZIONI I nuovi documenti potranno essere scaricati dal sito del Ministero sviluppo economico e lo sono già da quello della «Gazzetta». La multa va da 500 ai 3mila euro per il proprietario, conduttore, amministratore di condominio o terzo responsabile che non ottemperino ai propri obblighi. Da mille ai 6mila euro per l'operatore che non redige il rapporto di controllo Obblighi e controlli estesi anche ai condizionatori Con l'arrivo dei nuovi modelli di libretto e di rapporto, scattano dal 1° giugno obblighi (prima assenti) per chi ha in casa o in ufficio un sistema di condizionamento. Esattamente come per le caldaie, anche per i condizionatori è necessario compilare il libretto dell'impianto e – laddove la potenza sia maggiore di 12 kW – diventa obbligatorio anche sottoporre l'apparato agli opportuni controlli. Accertandosi che, nel tempo, i consumi non siano cresciuti troppo rispetto all'iniziale rendimento. È questa la grande novità introdotta con il decreto del 10 febbraio 2014 e, prima ancora, con l'atto da cui il decreto discende, cioè il Dpr 74/2013, in vigore dal 12 giugno dello scorso anno. FIAIP News24, Numero 9 - aprile 2014 37 Gli obblighi Ue Ora si può affermare che l'Italia si è messa al passo con i tempi in materia di verifiche per l'efficienza energetica degli impianti e ha sanato la sua posizione di irregolarità. Il nostro Paese, infatti, era incorso in una procedura di infrazione da parte dell'Unione europea proprio perché, fino a ieri, il Dlgs 192/2005, il testo che regola le prescrizioni per abbattere i consumi degli edifici, nonostante l'enorme bagaglio di rettifiche e integrazioni degli ultimi dieci anni, non aveva mai contemplato norme relative alle ispezioni sugli impianti di raffrescamento, al fine di contenerne i consumi. Una situazione che era in aperta contraddizione rispetto a quanto prescritto dalla direttiva europea 2002/31/Ue, nel frattempo, a sua volta, già rinnovata nei contenuti e sostituita dalla direttiva 2010/31/Ue. Il Dpr 74/2013, in realtà, non basta – da solo – a chiudere il capitolo dell'allineamento fra la legislazione italiana e quella europea. Tuttavia, l'atto sostituisce il vecchio Dpr 412/93 e riordina la materia delle verifiche sugli impianti termici, mettendoci in regola nei confronti della direttiva 2002/31/Ue e introducendo elementi di novità che ci consentiranno di recuperare il tempo perduto nel momento in cui, il nostro Paese, con la completa riscrittura del Dlgs 192/2005, recepirà formalmente la direttiva 2010/31/Ue. Gli adempimenti Gli adempimenti introdotti per gli impianti di climatizzazione estiva ricalcano quelli per il riscaldamento. Innanzitutto sarà necessario produrre un libretto, che mappa la vita dall'apparato dalla fase di installazione in poi e dovrà contenere i successivi rapporti di efficienza, ogni volta che sarà sottoposto a un controllo. Come previsto dall'allegato A del Dpr 72/2013, per gli impianti con apparati standard e una potenza fra i 12 kW e i 100 kW, l'obbligo di ispezione scatta ogni quattro anni. Tenendo ben presente che non è possibile imboccare scorciatoie: anche nel caso di un unico sistema per il caldo e il freddo, con generatori diversi, le ispezioni dovranno essere effettuate in momenti distinti. Se i valori dei parametri che caratterizzano l'efficienza energetica risultano inferiori fino al 15% rispetto a quelli misurati in fase di collaudo o primo avviamento (riportati sul libretto di impianto), i sistemi devono essere riportate alla situazione iniziale, con una tolleranza del 5% (articolo 8, comma 9 Dpr 74/2013). È bene infine ricordare che la normativa dei controlli per l'aria condizionata s'incrocia con quella del cosiddetto "patentino per i frigoristi" e con la verifica dei gas impiegati per il raffreddamento. LA PAROLA CHIAVE Libretto d'impianto Il libretto è la "cartella clinica" dell'impianto, lo segue dalla prima accensione a fine servizio e successiva demolizione, registra tutte le modifiche, sostituzioni di apparecchi e componenti, interventi di manutenzione e di controllo, valori di rendimento nel corso della sua vita utile, cambi di proprietà. Il rapporto di efficienza energetica è il verbale dei controlli che, con la periodicità prevista dal Dpr 74/2013 in funzione della potenza e tipologia dell'impianto, l'utente deve far effettuare a proprie spese da un manutentore abilitato a termini di legge (un pò come la revisione periodica dell'auto). FIAIP News24, Numero 9 - aprile 2014 38 Immobili Ristrutturazione più libera nella forma o riuso urbano? Una recente sentenza del TAR Piemonte – Torino ha ritenuto non dovuti gli oneri di urbanizzazione primaria e secondaria per gli interventi realizzati mediante demolizione e ricostruzione mantenendo la stessa volumetria e la stessa destinazione d’uso dell’edificio preesistente, a nulla rilevando la modifica di sagoma e prospetti. Mantini Pierluigi, Panetta Chiara, Il Sole 24 ORE – Consulente Immobiliare, 15 marzo 2014, n. 948 Con sent. n. 1346 del 13 dicembre 2013, il TAR Piemonte ha dichiarato illegittimo e, per l’effetto, annullato il provvedimento con cui il comune ha determinato il contributo di costruzione, nella parte relativa agli oneri di urbanizzazione, relativamente a un intervento di ristrutturazione mediante demolizione e ricostruzione, senza alcuna modifica dei parametri e del carico urbanistico. I giudici torinesi, aderendo all’orientamento prevalente, rilevano che il contributo per oneri di urbanizzazione costituisce un corrispettivo di diritto pubblico previsto dal legislatore a titolo di partecipazione ai costi delle opere di urbanizzazione, ossia un contributo speciale che ha la propria causa giuridica nelle maggiori spese che l’Amministrazione pubblica deve accollarsi in dipendenza della costruzione dell’edificio e del connesso utilizzo, da parte dei detentori del bene, dei servizi e degli spazi circostanti. La pronuncia, peraltro di una chiarezza dirompente, dichiara la non esigibilità di oneri di urbanizzazione nel caso di un intervento di ristrutturazione edilizia che modifichi la sagoma e i prospetti, ritenendo tali parametri “inconferenti” ai fini del carico urbanistico. Tale conclusione si fonda sul principio, consolidato in giurisprudenza, secondo cui, in caso di ristrutturazione edilizia, il pagamento degli oneri di urbanizzazione è dovuto solo nel caso in cui l’intervento abbia determinato un aumento del carico urbanistico (si veda in tal senso, da ultimo, lo stesso TAR Piemonte, Sez. II, sent. n. 1009, del 16 settembre 2013). La questione, dunque, ruota chiaramente intorno alle problematiche della corretta individuazione della nozione e dei parametri che incidono sul carico urbanistico provocandone un incremento. Secondo una definizione formulata dai giudici di legittimità e accolta dalla giurisdizione amministrativa, l’incremento del carico urbanistico «…e` l’effetto che viene prodotto dall’insediamento primario come domanda di strutture e opere collettive, in dipendenza del numero delle persone insediate su di un determinato territorio. Si tratta di un concetto, non definito dalla vigente legislazione, ma che e` in concreto preso in considerazione in vari istituti del diritto urbanistico, tra i quali: a. gli standard urbanistici di cui al D.M. 1444 del 2 aprile 1968, che richiedono l’inclusione, nella formazione degli strumenti urbanistici, di dotazioni minime di spazi pubblici per abitante a seconda delle varie zone; b. la sottoposizione a concessione e, quindi, a contributo sia di urbanizzazione che sul costo di produzione, delle superfici utili degli edifici, in quanto comportino la costituzione di nuovi vani capaci di produrre nuovo insediamento; c. il parallelo esonero da contributo di quelle opere che non comportano nuovo insediamento, come le opere di urbanizzazione o le opere soggette ad autorizzazione». (Cass., Sez. Unite, sent. n. 12878, del 20 marzo 2003). Si tratta, pertanto, di una nozione che va valutata con riferimento all’aspetto strutturale e funzionale dell’opera ed è rilevabile anche nel caso di una concreta alterazione dell’originaria consistenza sostanziale di un manufatto in relazione alla volumetria, alla destinazione o all’effettiva utilizzazione, tale da determinare un mutamento dell’insieme delle esigenze urbanistiche valutate in sede di pianificazione, con particolare riferimento agli standard fissati dal D.M. 1444 del 2 aprile 1968. FIAIP News24, Numero 9 - aprile 2014 39 Fatte, dunque, le opportune, seppur minime, precisazioni, si ritiene che nel caso di specie il TAR adito correttamente ritenga, con riferimento a un intervento di ristrutturazione edilizia con variazione di sagoma e prospetti, non esigibili gli oneri d’urbanizzazione, qualora l’intervento non comporti variazioni della volumetria e della destinazione d’uso. In effetti, se così non fosse, dovrebbe ritenersi che ogni intervento edilizio che riqualifica un immobile vetusto, cambiandone la “forma” ovvero realizzando nuove finestre, sia soggetto al pagamento di oneri di urbanizzazione che, a questo punto, dovrebbero essere qualificati come un’imposta e non come un contributo dovuto in ragione dei costi sostenuti dall’amministrazione per la realizzazione delle opere di urbanizzazione primarie e secondarie. Si tratta soltanto di un primo passo verso la riduzione del consumo di suolo e il rafforzamento delle politiche di riuso e recupero dell’esistente dismesso o sottoutilizzato. Invero da più parti, complice la preoccupazione generata dalla crisi economica oltre che la necessità di contenere il consumo del suolo, si invoca l’abbattimento dei freni e degli oneri ingiustificati per il riuso urbano che genera valore e sviluppa l’economia e il lavoro. (1) L’inscindibile legame tra oneri di urbanizzazione e consumo di suolo Occorre rilevare che, nel decennio scorso, numerosi interventi legislativi hanno rafforzato le interdipendenze tra oneri di urbanizzazione, o più in generale governo del territorio, e finanza dei comuni. Infatti, gli oneri di urbanizzazione, concepiti come contributo alla realizzazione di infrastrutture e di servizi, connessi al carico insediativo, sono stati destituiti della loro originaria funzione. Al fine di meglio comprendere la questione sottesa, giova ricordare che la legge 10/1977, all’art. 12, stabiliva la destinazione dei proventi derivanti dal contributo di costruzione alla realizzazione di opere di urbanizzazione primaria e secondaria nonché in attrezzature collettive al servizio del funzionamento. L’eliminazione di tale vincolo, a seguito dell’emanazione del D.P.R. 380/2001, ha fornito la base giuridica alla previsione, introdotta per la prima volta nella Finanziaria 2005, che permette di utilizzare le entrate derivanti dalle concessioni per la copertura delle spese di natura corrente quali rimborso di quota capitale finanziamento mutui e prestiti, rimborso di prestiti obbligazionari, rimborso di quota capitale di debiti pluriennali. D’altronde un maggiore grado di libertà nell’utilizzo degli oneri di urbanizzazione unitamente alla riduzione dei trasferimenti finanziari statali e di altre forme di entrata ha alterato il bilancio degli enti locali, rendendo appetibile la risorsa oneri per il riequilibrio di bilancio. In particolare, la relazione tra destinazione d’uso dei suoli e finanza dei comuni è stata resa più incisiva anche a causa dell’abolizione dell’ICI e della riduzione del gettito IRPEF. Per tale via la scelta operata da molti comuni di utilizzare l’edilizia per sostenere le finanze locali ha rappresentato una delle concause più evidenti del consumo di suolo negli ultimi anni. La promozione di interventi per la rigenerazione urbana Il dibattito si sta spostando progressivamente dalla semplice denuncia del fenomeno verso la valutazione di approcci e di politiche capaci di affrontare efficacemente il processo di urbanizzazione dei suoli agricoli e naturali. La riduzione del consumo di suolo e il rafforzamento delle politiche di riuso e recupero dell’esistente dismesso o sottoutilizzato, peraltro alla base di tutte le proposte legislative che si sono succedute nel tempo, può essere perseguita solo se si riducono le spinte della rendita urbana. Come dimostrano le esperienze degli altri Paesi, in primis la Germania, nonché la recente approvazione del disegno di legge, la possibilità di invertire la prassi dissipativa della risorsa territoriale è subordinata alla messa in campo di una strategia, sia in ambito nazionale che in ambito regionale, che preveda strumenti fiscali, regolativi e incentivanti e sanzionatori modulabili in relazione alla quantità di suolo urbanizzato, al fine di rendere meno conveniente il consumo di suoli liberi. Occorre, infatti, in parallelo, cambiare le forme di intervento urbanistico ed edilizio in modo da spostare vantaggi e obiettivi verso la rigenerazione urbana e ridurre l’espansione edilizia. Occorre favorire gli interventi di trasformazione delle aree degradate dentro la città, ossia le situazioni di edifici e aree in parte dismesse e in parte con complessi edilizi da ripensare, demolire e ricostruire, densificare, per creare dei quartieri finalmente degni di questo nome FIAIP News24, Numero 9 - aprile 2014 40 con spazi pubblici ospitali, ricchi di attività e identità e per questo sicuri. Si tratta di una strategia d’azione combinata, il contenimento del consumo di suolo e la rigenerazione urbana, praticata con successo in molte nazioni europee. Questo tipo di interventi è oggi difficilissimo da realizzare in Italia per la complessità delle procedure, la proprietà frammentata, e i costi degli interventi. Come affermato, il contenimento del consumo del suolo, non può che passare per politiche attive atte a incentivare il riuso e il recupero di edificazioni esistenti (ristrutturazione urbanistica e sostituzione edilizia); la differenza dei costi reali tra nuova costruzione e interventi di sostituzione edilizia in contesti già urbanizzati è estremamente rilevante, atteso che i contesti industriali sono per lo più soggetti a necessari interventi di messa in sicurezza e bonifica, spesso insostenibili senza politiche di incentivazione e sostegno. Tuttavia, i governi locali possono cercare di modificare la domanda di suoli edificabili, oltre che attraverso una più attenta valutazione delle politiche di sviluppo locale e dei loro impatti edificatori, agendo sulla leva fiscale, per ottenere la modificazione delle preferenze insediative degli investitori. La stessa recente rivisitazione in aumento degli oneri operata da gran parte dei comuni mantiene una scarsa incidenza degli stessi rispetto al costo finale degli immobili: se, per il bene casa, si confronta per esempio l’incidenza degli oneri di urbanizzazione, versati nella prima edificazione e negli interventi di ristrutturazione, in rapporto al peso delle mediazioni immobiliari che accompagnano i passaggi di proprietà nella vita dell’immobile e delle spese effettive di infrastrutturazione e di manutenzione sostenute nel tempo. Nel recente disegno di legge, al fine di favorire un migliore uso del suolo, uno dei punti cruciali è quello di ristabilire l’originaria funzione degli oneri di urbanizzazione, che negli ultimi anni potevano essere utilizzati fino al 75% per le spese correnti dei comuni, prevedendo che siano vincolati alla esclusiva realizzazione di opere di urbanizzazione primaria e secondaria, eliminando l’esigenza di un cambiamento del ciclo edilizio che sposti l’attenzione sulla rigenerazione dei tessuti urbani, sulla riqualificazione energetica e antisismica del patrimonio edilizio esistente. Invero, la riforma della fiscalità locale costituisce il nodo strategico del sopracitato disegno di legge: si tassano gli interventi che consumano suolo, incrementando gli oneri di costruzione di costruzione, costituiti dagli oneri di urbanizzazione e contributo sul costo di costruzione, in modo significativo e vincolando le risorse rese disponibili per finanziare gli interventi di riuso e riqualificazione dell’esistente, compresi i costi delle bonifiche, o all’acquisizione di aree destinate al verde. La proposta Oggi è fondamentale che la normativa nazionale definisca chiaramente gli obiettivi di qualità e sostenibilità urbanistica in termini di prestazioni energetiche, di uso e consumo delle risorse naturali, di accessibilità sul trasporto pubblico, pedonale e ciclabile. Al fine di raggiungere tali obiettivi, appare necessaria una politica fiscale indirizzata non soltanto ad avviare politiche di utilizzazione e rinaturalizzazione ecologica ma anche per sostenere strategie politiche di riqualificazione e recupero delle aree dismesse sottoutilizzate. Per tale via occorre prevedere, quali interventi a sostegno dei processi di rigenerazione urbana, vantaggi fiscali (per esempio, riduzione aliquota IMU, riduzione costo di costruzione e imposte di registro) e di procedure di attuazione semplificate nonché condizioni più favorevoli di accesso al credito nonché, laddove sostenibili, incentivi di natura volumetrica. Attualmente molti comuni, applicano ingenti oneri di urbanizzazione per interventi di cambio di destinazione d’uso, senza alcuna motivazione determinata dalla realizzazione di opere a carico pubblico. Come abbiamo già avuto modo di evidenziare, si tratta di un prelievo che dovrebbe avere natura fiscale (secondo il canone della progressività ex art. 53 Cost.), a cui non corrisponde un’adeguata controprestazione e che ha invece l’effetto di frenare moltissimo il riuso, aumentandone in modo ingiustificato i costi e le complessità burocratiche. Dunque la prima misura necessaria per una concreta politica di semplificazione e di rigenerazione urbana, consiste nell’abbattimento dei freni e degli oneri ingiustificati per il riuso urbano che, di per sé, genera valore e sviluppa l’economia e il lavoro. FIAIP News24, Numero 9 - aprile 2014 41 Tra le dieci proposte le proposte che il Consiglio nazionale degli architetti, pianificatori, paesaggisti e conservatori ha consegnato al Ministro delle infrastrutture, in tema di semplificazione, riuso del patrimonio edilizio esistente e per promuovere lo snellimento amministrativo in materia di urbanistica, edilizia e ambiente, vi è quella di aggiungere all’art. 17 del D.P.R. 380 del 6 giugno 2001, il seguente capoverso: «Non sono dovuti il costo di costruzione né gli oneri di urbanizzazione, al fine di favorire il riuso e la semplificazione amministrativa per gli interventi di mutamento di destinazione d’uso senza opere o con opere interne, anche se determinano aumento di superficie senza modifica della sagoma e dei volumi, a condizione che non sia dimostrato dal comune, entro 30 giorni, un rilevante aggravamento dell’impatto urbanistico. Gli interventi di riuso e di ristrutturazione edilizia non comportano adeguamento degli standard urbanistici. Per favorire il riuso gli interventi di edilizia sostitutiva corrispondono costo di costruzione e oneri di urbanizzazione, se dovuti, ridotti della metà». Si tratta di una svolta necessaria per limitare i danni derivanti dal consumo di suolo e per far ripartire l’edilizia. ----(1) Si veda in tal senso la relazione al XXVIII Congresso dell’Istituto Nazionale di Urbanistica del prof. Pierluigi Mantini dal titolo “Rigenerazione urbana, resilienza, re/evolution. Profili giuridici”, in . FIAIP News24, Numero 9 - aprile 2014 42 Immobili Ape: la multa non esenta dall’obbligo di allegazione Mauro Leo, Il Sole 24 ORE – Guida al Diritto, 8 marzo 2014, n. 11 La documentazione della prestazione energetica degli edifici in occasione del loro trasferimento non ha subito variazioni a seguito della conversione in legge del Dl 23 dicembre 2013 n. 145 (“Destinazione Italia”). Disposizioni per la riduzione dei costi gravanti sulle tariffe elettriche, per gli indirizzi strategici dell’energia geotermica, in materia di certificazione energetica degli edifici e di condominio, e per lo sviluppo di tecnologie di maggior tutela ambientale (Dl 145/2013, articolo 1) - La disciplina dell’allegazione dell’Attestazione di Prestazione Energetica (Ape) agli atti traslativi, infatti, ha conservato l’assetto (ormai definitivo) che il decreto legge 145/2013 le aveva impresso dal 24 dicembre 2013 con la modifica del Dlgs 19 agosto 2005 n. 192. Resta confermato, in particolare, che l’obbligo di allegazione di tale attestato è previsto solo per gli atti traslativi a titolo oneroso e non invece per quelli a titolo gratuito e che la sanzione comminabile per la violazione di tale obbligo, non è più la nullità dell’atto ma una sanzione amministrativa pecuniaria da euro 3.000 a euro 18.000. Anche il perimetro applicativo del Dlgs 192/2005, quanto agli immobili soggetti alla disciplina, resta indenne dal processo di conversione del decreto Destinazione Italia, così come in origine delineato dalle Linee Guida Nazionali (Dm Mise 26 giugno 2009) e dai criteri interpretativi successivamente consolidati. Gli immobili non assoggettati alla disciplina - Gli immobili non assoggettati alla disciplina continuano quindi a essere: i fabbricati isolati con una superficie utile totale inferiore a 50 metri quadrati (articolo 3, comma 3, lettera d) del Dlgs 192/2005); i fabbricati industriali e artigianali quando gli ambienti sono riscaldati per esigenze del processo produttivo o utilizzando reflui energetici del processo produttivo non altrimenti utilizzabili (articolo 3, comma 3, lettera b), del Dlgs 192/2005); i fabbricati agricoli non residenziali sprovvisti di impianti di climatizzazione (articolo 3, comma 3, lettera c) del Dlgs 192/2005); i box, le cantine, le autorimesse, i parcheggi multipiano, i depositi, le strutture stagionali a protezione degli impianti sportivi (articolo 3, comma 3, lettera e), del Dlgs 192/2005); gli edifici in cui non è necessario garantire un confort abitativo (paragrafo 2 Linee Guida Nazionali per la certificazione energetica); gli edifici adibiti a luoghi di culto e allo svolgimento di attività religiose (articolo 3, comma 3, lettera f) del Dlgs 192/2005); i ruderi e i fabbricati “al grezzo” (paragrafo 2 Linee Guida Nazionali per la certificazione energetica). Va anche segnalato che la disciplina in questione è stata conservata tale e quale non solo sotto il profilo letterale ma anche strutturale, poiché l’enunciato dell’articolo 6 del Dlgs 192/2005 risulta ora costituito dal solo comma 3. La legge n. 9 del 2014 ha infatti inserito in sede di conversione del Dl 145/2013, il comma 7ter che ha eliminato l’ambiguo riferimento al comma 3-bis del Dlgs 192/2005 che era stato introdotto nel Dl 63/2013, dal comma 139 dell’articolo unico della legge 27 dicembre 2013 n. 147 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - c.d. Legge di stabilità, in “Gazzetta Ufficiale” del 27 dicembre 2013 n. 302, S.O.). L’articolo 1, comma 139, lettera a) della legge di Stabilità, infatti, non modificava direttamente il Dlgs 192/2005 contenente la disciplina sulla certificazione energetica, ma interveniva sul decreto legge 4 giugno 2013 n. 63 (convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2013 n. 90) il quale, a sua volta, aveva modificato il Dlgs 192/2005 inserendovi il comma 3-bis, che era del seguente tenore: «l’attestato di prestazione energetica deve essere allegato al FIAIP News24, Numero 9 - aprile 2014 43 contratto di vendita, agli atti di trasferimento di immobili a titolo gratuito o ai nuovi contratti di locazione, pena la nullità degli stessi contratti». La legge di stabilità, quindi, anteponendo con le modalità sopra richiamate al comma 3bis dell’articolo 6 del Dlgs 192/2005, l’espressione «A decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto di adeguamento di cui al comma 12», creava non pochi problemi interpretativi con il Dl 145/2013. Il dubbio era sostanzialmente legato a un possibile effetto ripristinatorio del comma 3-bis da parte della legge di stabilità che l’aveva richiamato per modificarlo, dopo che il decreto Destinazione Italia, poche ore prima, l’aveva abrogato a far data dal 24 dicembre 2013. L’attuale configurazione normativa - L’assetto definitivo della normativa fondamentale in materia di prestazione energetica degli edifici, consente a questo punto di riassumere i passaggi salienti che hanno portato all’attuale configurazione della disciplina sull’allegazione agli atti traslativi della certificazione energetica, compreso il recente complesso intreccio normativo sopra richiamato. Sempre tenendo presente, è il caso di aggiungere, che ilcorpus normativo sulla prestazione energetica risulta composto oltre che dal Dlgs 192/2005, anche dai seguenti provvedimenti: Dl 63/2013, Dlgs 29 dicembre 2006 n. 311, Dlgs 30 maggio 2008 n. 115, Dpr 2 aprile 2009 n. 59, Dm Mise 26 giugno 2009, Dlgs 3 marzo 2011 n. 28, Dm Mise 22 novembre 2012. 1) La soppressione dell’obbligo di allegare agli atti traslativi di edifici l’attestato di certificazione energetica - a pena di nullità - era stata introdotta dall’articolo 35, comma 2-bis, del Dl 25 giugno 2008 n. 112, convertito dalla legge 6 agosto 2008 n. 133. Fino a quel momento l’obbligo di allegazione, per i soli atti traslativi a titolo oneroso, era contenuto nel comma 3 dell’articolo 6 del Dlgs 192/2005 che consentiva l’allegazione dell’originale o di copia autenticata dell’Ace. 2) La legge 90/2013 di conversione del Dl 63/2013, ha reintrodotto l’obbligo di allegazione dell’Ape (che fino a quel momento era denominato come Attestato di Certificazione Energetica), inserendo nell’articolo 6 del Dlgs 192/2005 un comma 3-bis, in base al quale «l’attestato di prestazione energetica deve essere allegato al contratto di vendita, agli atti di trasferimento di immobili a titolo gratuito o ai nuovi contratti di locazione, pena la nullità degli stessi contratti». Il perimetro di applicazione dell’obbligo di allegazione veniva esteso quindi anche agli atti traslativi a titolo gratuito e si ripristinava la sanzione della nullità. 3) Con il Dl Destinazione Italia 145/2013 - entrato in vigore il 24 dicembre 2013 - il legislatore è nuovamente intervenuto (articolo 1, commi 7 e 8) sulla disciplina dell’allegazione dell’Ape, sostituendo i commi 3 e 3-bis dell’articolo 6 del decreto legislativo 192/2005, con un unico (nuovo) comma 3. Viene modificato il regime sanzionatorio per la violazione dell’obbligo di allegazione - in luogo della nullità dell’atto si introduce una sanzione amministrativa - e chiarito quali sono gli atti che ricadono nel perimetro applicativo del nuovo comma 3 dell’articolo 6 del Dlgs 192/2005. Oltre alla compravendita si prevede che tale attestato debba essere allegato agli «atti di trasferimento a titolo oneroso» (es: permuta, datio in solutum, transazione, conferimento di beni in società, assegnazione di alloggi ai soci di cooperative, vendita di eredità, cessione di azienda). Vengono invece sottratti dall’obbligo di allegazione gli atti a titolo gratuito, e quindi la donazione o le liberalità donative nonché ogni altro negozio nel quale - anche senza spirito di liberalità - vi sia trasferimento di immobile senza corrispettivo a favore dell’alienante. Per gli atti a titolo gratuito, quindi, deve essere tenuto presente che l’obbligo di allegazione dell’Ape è stato in vigore dal 6 giugno 2013 (quando fu introdotto dal Dl 63/2013, poi convertito dalla legge 90/2013) fino al 23 dicembre 2013 (data di entrata in vigore del decreto Destinazione Italia). Nel caso in cui a tali atti non sia stato allegato l’Ape, è possibile ricorrere al meccanismo di “sanatoria” della nullità (che come detto era la sanzione prevista prima dell’introduzione della sanzione amministrativa). Occorre ricordare infatti che è stato confermato dalla legge di conversione del decreto 145/2013, il comma 8 dell’articolo 1 del decreto 145/2013, il quale prevede la possibilità, su richiesta di almeno una delle parti o di un suo avente causa, di richiedere l’applicazione della sanzione amministrativa in luogo della nullità (sanzione, questa, prevista dal 4 agosto al 23 dicembre 2013) per le violazioni all’obbligo di allegazione previsto dal previgente comma 3-bis, purché la nullità del contratto non sia stata dichiarata con sentenza passata in giudicato. FIAIP News24, Numero 9 - aprile 2014 44 Contratti di locazione - Quanto ai contratti di locazione il legislatore, pur ribadendo che la disciplina si applica ai soli “nuovi contratti” (restandone escluse pertanto tutte le vicende che hanno a oggetto la cessione del contratto originario o la successione nelle posizioni contrattuali), ha notevolmente ridotto la portata dell’obbligo di allegazione dell’Ape, escludendolo per quelli che hanno a oggetto singole unità immobiliari e mantenendolo solo per le locazioni di interi edifici. Per i contratti di locazione di singole unità immobiliari resta fermo l’obbligo di inserire nel contratto - pena l’applicazione della sanzione amministrativa - la dichiarazione del conduttore di aver ricevuto dal locatore le informazioni circa la prestazione energetica dell’edificio e il documento Ape. Successivamente è entrata in vigore (il 1° gennaio 2014) la legge di Stabilità che “di riflesso” ha cambiato l’articolo 6, comma 3-bis, del Dlgs 192/2005. Si è verificata infatti una modifica indiretta di questo provvedimento poiché la letteraa) comma 139 della legge di Stabilità ha modificato l’articolo 6, comma 1, del Dl 63/2013 che a sua volta modificava - richiamandolo - il suddetto comma 3-bis al quale veniva anteposta l’espressione «A decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto di adeguamento di cui al comma 12». In sostanza il richiamo del comma 3-bis (abrogato dal decreto Destinazione Italia) con l’obiettivo di modificarlo, ha ingenerato in taluni interpreti il dubbio circa una possibile riviviscenza della norma contenente il precetto sull’obbligo di allegazione. Tale dubbio, peraltro, sembrava destinato a farsi sempre più concreto nel momento in cui anche il decreto legge 30 dicembre 2013 n. 151 (“milleproroghe”) - in vigore dal 31 dicembre 2013 - richiamava (articolo 2, comma 5) il suddetto comma 3-bis in materia di dismissioni di immobili del patrimonio pubblico, disponendo che «l’attestato di prestazione energetica di cui all’articolo 6 del decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192, può essere acquisito successivamente agli atti di trasferimento e non si applica la disposizione di cui al comma 3bis del medesimo articolo». Per la verità già fin dai primi commenti a caldo della legge di stabilità veniva escluso che al semplice richiamo della norma abrogata in un successivo provvedimento normativo, potesse attribuirsi una portata ripristinatoria. E ciò soprattutto sulla scorta di quella giurisprudenza costituzionale che ha sempre escluso quell’effetto «in via generale e automatica», potendosi ammettere, se del caso, solo in modo espresso e in ipotesi tipiche e circoscritte (Corte costituzionale, sentenza n. 13 del 24 gennaio 2012). Il difetto di coordinamento - La legge di conversione 9/2014 non ha invece corretto il difetto di coordinamento che si segnalava già in occasione dell’emanazione del decreto Destinazione Italia, tra il nuovo comma 3 dell’articolo 6 del Dlgs 192/2005 che disciplina l’obbligo di allegazione, e il comma 2 che regola invece il distinto - ma contiguo - obbligo di dotazione dell’Ape. A questo proposito si ricorda come dalla normativa in materia di certificazione energetica discendono quattro distinti obblighi, di cui tener conto nel caso di trasferimento di fabbricati energeticamente rilevanti (ossia come sopra ricordato, di fabbricati che non siano esclusi dal campo di applicazione di detta normativa ai sensi dell’articolo 3 del Dlgs 192/2005 o del paragrafo 2 delle Linee Guida nazionali per la Certificazione Energetica) e precisamente: l’obbligo di dotazione (che può prescindere dal trasferimento dell’immobile, come nel caso di edificio nuovi, di edifici soggetti a «ristrutturazioni importanti» o di edifici pubblici); l’obbligo di allegazione (che è stato reintrodotto dalla legge 4 agosto 2013 n. 90, in sede di conversione del Dl 4 giugno 2013 n. 63, che ha previsto, inoltre, in caso di sua violazione, la sanzione della nullità); l’obbligo di consegna dell’attestato energetico (il cui adempimento va documentato con l’inserimento in atto di apposita clausola con la quale l’acquirente o il conduttore dichiarano di aver ricevuto la documentazione, comprensiva dell’attestato, in ordine all’attestazione di prestazione energetica degli edifici); l’obbligo di informativa (il cui adempimento va documentato con l’inserimento in atto di apposita clausola con la quale l’acquirente o il conduttore dichiarano di aver ricevuto le informazioni in ordine all’attestazione di prestazione energetica degli edifici). FIAIP News24, Numero 9 - aprile 2014 45 L’obbligo di dotazione, oltre che a essere previsto per tutti gli edifici (a eccezione di quelli che ne sono espressamente esclusi) fin dalla loro costruzione, o «ristrutturazione importante» (articolo 6, comma 1) ovvero destinati all’apertura al pubblico da parte della pubblica amministrazione (articolo 6 commi 6, 7 e 9), è stabilito anche per gli immobili venduti o trasferiti a titolo gratuito, nonché per gli edifici o le unità immobiliari oggetto di nuova locazione, anche se «l’edificio o l’unità non ne sia già dotato» (articolo 6, comma 2). In questo caso l’obbligo di dotare il fabbricato dell’Ape riguarda gli edifici preesistenti, e cioè realizzati prima del Dlgs 192/2005, per i quali l’allineamento ai nuovi edifici, sotto il profilo della verifica del rendimento energetico, non avviene subito ma man mano che vengono trasferiti. Ebbene la circostanza che la legge di conversione del decreto Destinazione Italia, abbia modificato il solo comma 3 e non anche il comma 2 dell’articolo 6 del Dlgs 192/2005, la cui formulazione resta pertanto quella originaria, ha comportato che mentre gli atti di trasferimento a titolo gratuito vengono esclusi dall’obbligo di “allegazione” dell’Ape (pur continuando a essere assoggettati all’obbligo di “dotazione), gli atti di trasferimento a titolo oneroso ora inclusi nell’obbligo di allegazione continuano a essere non menzionati quanto all’obbligo di dotazione. Il difetto di coordinamento, in ogni caso, appare superabile in sede di stipulazione poiché mentre riguardo agli atti a titolo oneroso, il mancato richiamo all’obbligo dotazione dell’Ape in capo al venditore, viene assorbito dalla produzione dell’attestato in sede di stipulazione per l’allegazione, per gli atti a titolo gratuito l’assolvimento dell’obbligo di dotazione da parte del venditore - mancando un pedissequo obbligo di allegazione - può essere oggetto di apposita previsione contrattuale finalizzata essenzialmente a informare la parte acquirente sulla prestazione energetica dell’immobile. Sanzione amministrativa - Quanto alla sanzione amministrativa, nel nuovo comma 3 il legislatore non introduce sostanziali novità, a eccezione della previsione in base alla quale, il pagamento della sanzione non esenta comunque dall’obbligo di presentare la dichiarazione (proveniente dall’acquirente o dal conduttore relativa alla circostanza di aver ricevuto le informazioni e la documentazione, comprensiva dell’attestato, in ordine all’attestazione della prestazione energetica dell’edificio) o la copia dell’attestato di prestazione energetica entro quarantacinque giorni. Tale sanzione grava sulle parti in solido e in parti uguali e l’accertamento e la contestazione sono svolte dalla Guardia di finanza o dall’Agenzia delle entrate al momento della registrazione di uno dei contratti di cui allo stesso comma, con coinvolgimento del prefetto - a cui viene inoltrato rapporto - nella parte finale del procedimento di accertamento. FIAIP News24, Numero 9 - aprile 2014 46 Casi pratici Immobili PAGA L'IMU IL TITOLARE DEL DIRITTO DI ABITAZIONE D. Mi viene chiesto dal Comune il pagamento dell'Imu sulla mia quota della casa paterna, che possiedo per successione legittima di mio padre, insieme con mia madre (coniuge superstite con diritto di abitazione ai sensi dell'articolo 540 del Codice civile), mia sorella nubile (e residente nella medesima abitazione), e mio fratello, che, come me, è coniugato e residente in un'altra abitazione, con i requisiti "prima casa".Secondo me, non dovrei pagare nulla, in quanto l'unico soggetto passivo è mia madre, titolare del diritto di abitazione; ma il Comune sostiene che la residenza di mia sorella in quella stessa abitazione comporta il mio obbligo al pagamento per la quota di mia proprietà come seconda casa .Chi ha ragione? ---R. L’articolo 540 del Codice civile riconosce al coniuge superstite, oltre agli eventuali diritti successori per successione legittima o testamentaria e il suo intangibile diritto a una quota di riserva quale legittimario, anche uno specifico diritto reale di abitazione sulla casa coniugale, che gli viene riconosciuto automaticamente. Dal punto di vista fiscale, tale previsione ha come conseguenza la possibilità di fruire di tutti i benefici fiscali previsti per l'abitazione principale, dichiarandone il possesso al 100 per cento. Il legittimato passivo d’imposta - sia sul reddito che sul patrimonio - è unicamente il titolare del diritto reale di abitazione. La richiesta del Comune, come descritta dal lettore, è quindi da ritenere non fondata, a condizione che si siano eseguite correttamente le formalità catastali prescritte a seguito della successione. Per considerare infondata la richiesta del Comune, il lettore deve quindi verificare che sia stato regolarmente trascritto in Catasto il diritto di abitazione in favore del coniuge superstite. Pur essendo un diritto operante ex lege, esso necessita comunque di una formalizzazione, che di norma avviene, appunto, attraverso le trascrizioni catastali effettuate in occasione della successione.Laddove ciò non sia avvenuto, si consiglia un riallineamento delle risultanze catastali: nel frattempo, è comunque possibile attestare la sussistenza del diritto di abitazione (e quindi la non imponibilità a carico degli altri coeredi) attraverso la dichiarazione Imu. (Alberto Bonino e Gianni Marchetti, Il Sole 24 ORE – L’Esperto Risponde, 17 marzo 2014) FOTOVOLTAICO, BONUS MOBILI SOLO PER CASE AUTONOME D. A giugno 2013 ho fatto installare, a servizio dell'appartamento dove abito, un impianto fotovoltaico. Con la prossima dichiarazione dei redditi, beneficerò della detrazione Irpef del 50 per cento. Volevo sapere, se questo intervento mi dà anche diritto al bonus mobili. ---R. L’articolo 1, comma 139, della legge 147/2013 ha prorogato al 31 dicembre 2014 la detrazione Irpef del 50 per cento (fino a un importo massimo di spesa di 10.000 euro, da ripartire in 10 quote annuali di pari importo) per l’acquisto dei mobili finalizzati all’arredo dell’abitazione oggetto di ristrutturazione, e che fruisce della detrazione del 50% per gli interventi edili (articolo 16-bis del Tuir, Dpr 917/1986). La circolare 29/E/2013 conferma che l’agevolazione è riconosciuta solo in favore di coloro che fruiscono della detrazione Irpef "potenziata" del 50% per le ristrutturazioni edilizie (per gli interventi di manutenzione straordinaria, restauro e ristrutturazione, mentre gli interventi di manutenzione ordinaria sono agevolati solo per opere eseguite sulle parti comuni condominiali). Nella circolare viene poi evidenziato che, nell’ipotesi di interventi su parti comuni condominiali, il bonus arredi compete solo per le spese sostenute per l’arredo di tali parti comuni (per esempio, la casa del portiere) e non anche per l’arredo delle singole unità immobiliari (per fruire del bonus arredi sull’interno dell’appartamento, occorre eseguire interventi edili all’interno della abitazione).Tutto ciò premesso, la detrazione per lavori edilizi si applica anche per gli impianti fotovoltaici (risoluzione 22 aprile 2013, n. 2/E); tuttavia, tali impianti in genere insistono sulle parti FIAIP News24, Numero 9 - aprile 2014 47 comuni (sono esterni all’abitazione) e non consentono l’accesso ai benefici per l’acquisto dei mobili che sono diretti ad arredare l’interno dell’abitazione. L’unico caso in cui ciò è possibile riguarda l’ipotesi di intervento eseguito su abitazione monofamiliare. In tal caso, trattandosi di manutenzione straordinaria su una struttura monofamiliare, l’installazione dell’impianto fotovoltaico consente l’accesso al bonus mobili per arredare l’abitazione, ma non anche nell’ipotesi di pannelli fotovoltaici installati nel condominio. (Marco Zandonà, Il sole 24 ORE – L’Esperto Risponde, 24 marzo 2014) ACQUISTO ENTRO IL 2014 PER LAVORI FINITI NEL 2013 D. La circolare 29/E del 18 settembre 2013 specifica che, per fruire del bonus mobili, i lavori di manutenzione straordinaria devo essere terminati da un lasso di tempo sufficientemente contenuto. Posso fruire del bonus mobili sull'acquisto, a febbraio 2014, di elettrodomestici in classe A+, destinati all'immobile oggetto dell'intervento edilizio, per il quale è stata comunicata la chiusura dei lavori in Comune in data 3 dicembre 2013? ---R. L’articolo 16, comma 2, del Dl 63/2013, convertito nella legge 90/2013, e la successiva proroga al 31 dicembre 2014 (prevista dall’articolo 1, comma 139, della legge 147/2013) estendono la detrazione Irpef per il recupero edilizio anche alle spese sostenute, dal 6 giugno al 31 dicembre 2014, per l’acquisto dei mobili finalizzati all’arredo dell’abitazione oggetto di ristrutturazione, compresi i grandi elettrodomestici dotati di etichetta energetica, di classe non inferiore alla A+ (A per i forni), nella misura "potenziata" del 50 per cento, fino a un importo massimo di spesa di 10.000 euro, da ripartire in 10 quote annuali di pari importo. La circolare 29/E/2013 conferma che l’agevolazione è riconosciuta solo in favore di coloro che fruiscono della detrazione Irpef del 50% per le ristrutturazioni edilizie, applicabile per le spese sostenute dal 26 giugno 2012 fino al 31 dicembre 2014. Per quanto riguarda, poi, il momento di inizio degli interventi edilizi che costituiscono il presupposto per fruire anche della detrazione per i mobili, la circolare 29/E/2013 specifica che si deve trattare di lavori le cui spese sono sostenute dal 26 giugno 2012 e agevolate con la detrazione Irpef potenziata al 50 per cento. Tale circostanza, a parere dell’Agenzia, è rappresentativa di «lavori in corso di esecuzione, ovvero terminati da un lasso di tempo sufficientemente contenuto», e consente di presumere che l’acquisto dei mobili ed elettrodomestici sia diretto al completamento dell’arredo dell’immobile oggetto degli interventi di recupero.In sostanza, per fruire del bonus mobili, è necessario che i lavori edili siano iniziati non prima del 26 giugno 2012, a prescindere dalla data di ultimazione, mentre non è previsto che i mopbili debbano essere acquistati in un lasso tremporale predeterminato. L’unico limite è che l’acquisto deve avvenire entro il 31 dicembre 2014. Pertanto, se i lavori edili sono stati ultimati a dicembre 2013, per l’acquisto dei mobili a febbraio 2014 si ha diritto alla detrazione. (Marco Zandonà, Il sole 24 ORE – L’Esperto Risponde, 24 marzo 2014) IL LOCATORE CHE SUBENTRA PUÒ «RILEVARE» LA CEDOLARE D. In una locazione abitativa, il locatore subentrante può optare per la cedolare secca, senza bisogno di attivare un nuovo contratto? ---R. In linea di principio la risposta è affermativa. Infatti, con la circolare 20/E del 4 giugno 2012, l’agenzia delle Entrate ha precisato, tra l’altro, che l’opzione per la cedolare secca esercitata dal dante causa, in caso di trasferimento (mortis causa o per atto tra vivi) di un immobile locato, cessa di avere efficacia con il trasferimento stesso con riferimento all’Irpef, mentre continua ad avere effetto fino al termine dell’annualità contrattuale per le imposte di registro e di bollo (punto 5).Inoltre, questo trasferimento comporta in linea generale la successione o il subentro nella titolarità del contratto di locazione senza soluzione dello stesso, giacché la legge tutela la posizione del conduttore nelle locazioni ad uso abitativo. Non sussistendo – conclude la stessa Agenzia – l’obbligo di stipulare un nuovo contratto di locazione, il nuovo locatore potrà optare per la cedolare secca mediante presentazione del modello RLI, entro il termine ordinario di 30 giorni, decorrente dalla data del subentro, dopo avere spedito a ciascun conduttore la comunicazione della scelta con lettera raccomandata (agenzia delle Entrate, circolare 26/E del 1° giugno 2011, paragrafo 2.3). (Antonio Piccolo, Il Sole 24 ORE – L’Esperto Risponde, 17 marzo 2014 FIAIP News24, Numero 9 - aprile 2014 48 CERTIFICAZIONE ENERGETICA, I CONTROLLI AGLI ENTI D. In materia di certificazione energetica degli immobili, l'articolo 15 del Dlgs 192/2005 prevede specifiche sanzioni ai soggetti coinvolti. Tuttavia, nel caso di offerte di vendita e locazione, non indica quali autorità sono preposte alla vigilanza e all'applicazione di sanzioni ai soggetti inadempienti. A chi spetta tale vigilanza? ---R. Secondo una interpretazione coerente dell’articolo 15 del Dlgs 192/2005 - cioè rispettosa dell’articolo 12 delle preleggi al Codice civile - le sanzioni previste dai commi 9 e 10 (del citato articolo 15) devono essere applicate, in assenza di una puntuale previsione legislativa, dagli enti locali (cioè dai Comuni), dalle Regioni o dalle Province autonome, competenti anche per i relativi controlli.A nostro giudizio, nulla autorizza – allo stato – l’applicazione in via analogica del rinnovato articolo 6, comma 3, del Dlgs 192/2005, per il quale, «in caso di omessa dichiarazione o allegazione, se dovuta, le parti sono soggette al pagamento, in solido e in parti uguali, della sanzione amministrativa pecuniaria da euro 3.000 a euro 18.000; la sanzione è da euro 1.000 a euro 4.000 per i contratti di locazione di singole unità immobiliari e, se la durata della locazione non eccede i tre anni, essa è ridotta alla metà... l'accertamento e la contestazione della violazione sono svolti dalla Guardia di Finanza o, all'atto della registrazione di uno dei contratti previsti dal presente comma, dall'agenzia delle Entrate, ai fini dell'ulteriore corso del procedimento sanzionatorio ai sensi dell'articolo 17 della legge 24 novembre 1981, n. 689». La disposizione è infatti speciale e tipica e si riferisce esclusivamente al comma tre dell’articolo 6 del citato Dlgs 192/2005. (Matteo Rezzonico, Il Sole 24 ORE – L’Esperto Risponde, 17 marzo 2014) LA SECONDA CASA CON STUFE A LEGNA PUÒ EVITARE L'APE D. Stanco di pagare Ici, Imu e ora anche la Tasi, ho deciso di mettere in vendita una casa di campagna che possiedo da più di trent'anni. È un'abitazione rurale in pietra e mattoni, in buono stato, ma senza impianto di riscaldamento propriamente detto: di fatto, l'ambiente viene scaldato con una stufa a legna, una stufa a pellets e due camini a muro. Devo predisporre comunque la certificazione energetica? E, se sì, devo inserirla già negli annunci di vendita? Un amico geometra mi ha detto che in questi casi se ne può fare a meno, ma so che la normativa è cambiata di recente. ---R. L'obbligo di dotare l'immobile dell'attestato di prestazione energetica (Ape) trova ragione solo quando a questo dev'essere assicurato un particolare comfort abitativo, che si realizza attraverso l'impiego di sistemi tecnici di climatizzazione, sia invernale che estiva. Ne sono esclusi, pertanto, tutti quegli edifici che non comportano consumi energetici, o i cui consumi sono del tutto irrilevanti in ragione delle loro caratteristiche o destinazioni d'uso. Sulla base di tale principio generale, si può dire che l'abitazione rurale fornita di solo riscaldamento a legna, e quindi priva di un diverso impianto, non dev'essere dotata dell'Ape, cui, di conseguenza, non bisognerà fare riferimento in eventuali annunci di vendita e nelle trattative venditore-acquirente. Esclusione dall'obbligo L'articolo 3 del Dlgs 192/2005 prevede i casi in cui viene meno l'obbligo di dotare di Ape l'immobile. Vanno poi aggiunti i casi in cui l'esclusione deriva dalla interpretazione sistematica della normativa vigente. Sono in primo luogo esclusi i beni soggetti a vincolo paesaggistico o culturale che, qualora dovessero rispettare le prescrizioni in esso contenute, andrebbero a subire un'alterazione sostanziale dell'aspetto estetico-architettonico, con particolare riferimento ai profili storici, artistici e paesaggistici: il giudizio spetta all'autorità competente al rilascio dell'autorizzazione (articolo 3, comma 3, lettera a). L'esclusione è prevista, poi, per i fabbricati isolati con una superficie utile totale inferiore a 50 metri quadrati (articolo 3, comma 3, lettera d), nonché per quelli industriali e artigianali con ambienti riscaldati solo per esigenze del processo produttivo (articolo 3, comma 3, lettera b) o, pur nel silenzio della legge, per quelli non riscaldati in conseguenza del l'uso cui sono destinati e, quindi, privi di impianti di qualsiasi genere. FIAIP News24, Numero 9 - aprile 2014 49 Ci sono poi i fabbricati agricoli non residenziali (articolo 3, comma 3, lettera c), anch'essi sforniti di impianti termici – si pensi a una stalla, a un fienile, a un deposito per attrezzi agricoli – nonché le unità immobiliari il cui utilizzo standard non prevede neppure l'installazione e l'impiego di sistemi tecnici di climatizzazione (articolo 3, comma 3, lettera e). È, quest'ultima, una categoria di immobili previsti in via residuale, in quanto non ricompresi in tipologie elencate in un'altra norma (vale a dire nell'articolo 3 del Dpr 412/1993, che invece include abitazioni adibite a residenza con carattere continuativo, seconde case, uffici, collegi, conventi, case di pena, caserme, alberghi, ospedali, cliniche eccetera). Di conseguenza, non necessitano del l'Ape i box auto, i posti auto coperti, le cantine, le autorimesse, i parcheggi multipiano, i depositi e le strutture stagionali a protezione degli impianti sportivi, sempre sulla base della loro tipica destinazione, e, in genere, gli altri immobili ad essi equiparabili, in cui non è necessario garantire un comfort abitativo. Seguono i cosiddetti ruderi, cioè quelle costruzioni non abitabili o agibili e, comunque, di fatto non utilizzabili a causa di dissesti statici, di fatiscenza o inesistenza di elementi strutturali e impiantistici, oppure delle principali finiture ordinariamente presenti nella categoria catastale in cui l'immobile è censito o censibile. In condominio L'Ape va escluso, infine, per le parti comuni condominiali indicate nell'articolo 1117, n. 1, del Codice civile, in quanto non possono essere ceduti autonomamente perché oggetto di comunione "vincolata", caratterizzata, da un lato, da un vincolo di obbligo di destinazione a servizio dell'intero condominio (che può essere semmai disatteso con una maggioranza più che qualificata, ex articolo 1117-ter del Codice civile) e, dall'altro, dal vincolo di indivisibilità in base all'articolo 1119 del Codice civile. Un'esclusione espressa non sussiste, invece, per quei beni condominiali, quale l'alloggio del portiere, di cui è venuta meno la destinazione a servizio del condominio, e per i quali viene decisa la vendita da parte di tutti i condomini. In ogni caso, condizione per l'esclusione dall'obbligo dell'attestato di prestazione energetica è che lo status del bene immobile venga espressamente dichiarato nell'atto notarile di trasferimento della proprietà. Tale onere grava sulla parte alienante, che si assume tutte le responsabilità connesse a tale dichiarazione: nulla le impedisce, peraltro, di avvalersi di una relazione descrittiva redatta da un tecnico abilitato, da allegare all'atto notarile. (Augusto Cirla, Il Sole 24 ORE – L’Esperto Risponde, 31 marzo 2014) Locazioni SÌ ALL'AFFITTO IN CONTANTI SOTTO I MILLE EURO D. Sono proprietario di un appartamento affittato con contratto a canone libero 4+4. L'inquilino era abituato a pagarmi ogni mensilità in contanti, pari a 350 euro, spese incluse. Siccome non è mai stato particolarmente puntuale, il 21 gennaio scorso si è presentato per pagarmi il canone di gennaio; pur sapendo della normativa che impone il pagamento con mezzi tracciabili, ho ritenuto comunque di accettare l'importo, per non rischiare ulteriori ritardi e non fidandomi di un assegno. Mi pare di aver capito che l'obbligo dei mezzi tracciabili è ora abolito. Posso riscuotere in contanti l'affitto di febbraio, a oggi non ancora pagato? Rischio qualcosa per l'incasso di gennaio? ---R. Il canone di locazione di febbraio – ma il chiarimento vale anche per quello di gennaio e per tutti quelli successivi – potrà essere riscosso in contanti se il relativo importo è inferiore a 1.000 euro. Per le medesime ragioni, il comportamento tenuto in occasione del pagamento del canone relativo al mese precedente è regolare. I dubbi del lettore sono legittimi e trovano la loro origine in una disposizione contenuta nella legge di Stabilità del 2014 (legge 147 del 2013). In particolare, l'articolo 1, comma 50, dispone che: «In deroga a quanto stabilito dal comma 1, i pagamenti riguardanti canoni di locazione di unità abitative, fatta eccezione per quelli di alloggi di edilizia residenziale pubblica, sono corrisposti obbligatoriamente, quale ne sia l'importo, in forme e modalità che escludano l'uso del contante e ne assicurino la tracciabilità ...». La disposizione citata è stata inclusa nell'articolo 12 della cosiddetta «manovra Monti» (Dl 201/2011), che ha ridotto il limite previsto dalla disciplina dell'antiriciclaggio per effettuare il trasferimento di denaro contante tra soggetti diversi portandolo da 2.500 a 1.000 euro. Per FIAIP News24, Numero 9 - aprile 2014 50 effetto della nuova disposizione, sembrava che il legislatore avesse inteso impedire l'uso del denaro contante (indipendentemente dall'importo) in relazione ai pagamenti dei canoni di locazione delle abitazioni. Inoltre, l'eventuale violazione (l'uso del contante) sembrava dovesse essere sanzionata con l'applicazione di una sanzione amministrativa compresa tra l'1 e il 40 per cento, con un minimo di 3.000 euro (le medesime sanzioni previste dalla normativa in materia di antiriciclaggio). Questa interpretazione è stata smentita dal ministero dell'Economia e delle finanze che con la nota protocollo DT 10492 del 5 febbraio 2014 ha precisato che è possibile ancora oggi effettuare il pagamento dei canoni di locazione degli immobili ad uso abitativo senza utilizzare strumenti in grado di assicurare la tracciabilità (assegno bancario non trasferibile, assegno circolare non trasferibile, bonifico eccetera). Il limite L'unico vincolo è rappresentato dalle disposizioni in materia di antiriciclaggio, quindi l'uso del contante è precluso qualora la somma di denaro trasferita sia di importo pari o superiore a 1.000 euro (articolo 49 del Dlgs 231/2007). Resta però il problema di stabilire la portata (il significato) della nuova norma contenuta nella legge di stabilità che può essere individuata facendo riferimento ancora una volta alla nota ministeriale. Secondo l'interpretazione fornita dal ministero dell'Economia, la disposizione intende assicurare la "tracciabilità" del denaro contante che viene utilizzato (solitamente) nelle transazioni che intercorrono tra il locatore ed il conduttore. Tale esigenza può risultare soddisfatta, secondo lo stesso Ministero, fornendo una semplice prova documentale comunque formata, purché chiara, cioè idonea ad attestare senza equivoci l'avvenuto pagamento in contanti del canone di locazione. La ricevuta Una semplice ricevuta dovrebbe essere idonea allo scopo in modo da evitare l'irrogazione delle sanzioni previste dalla norma. In ogni caso, ha precisato il Ministero, non è comunque applicabile la sanzione amministrativa compresa dall'1 al 40 per cento della somma trasferita in contanti. Infatti, tale penalità è applicabile solo qualora sia violato il limite di 999,99 euro previsto ai fini dell'antiriciclaggio. Se le parti non forniranno la prova dell'avvenuto pagamento in contanti si perderà esclusivamente il diritto a beneficiare delle detrazioni e agevolazioni previste dalla legge. Le regole IL LIMITE DI TRACCIABILITÀ Il caso Il contratto di locazione a uso abitativo che ho stipulato dall'inizio dell'anno prevede un canone annuale di 6.000 euro, con il pagamento mensile di 500 euro. Solitamente effettuo il pagamento in contanti: vorrei sapere se questo modo di operare è corretto, oppure se, sia io come inquilino, che il proprietario dell'immobile, rischiamo qualche sanzione La soluzione La risposta è positiva. Il ministero dell'Economia ha chiarito che è possibile pagare il canone di locazione in contanti. Devono essere osservate le disposizioni in tema di antiriciclaggio che vietano i trasferimenti di denaro (in contante) per importi pari o superiori a 1.000 euro. Il limite deve essere verificato avendo riguardo alla singola somma (il singolo canone di locazione) e non all'importo annuale. IL RILASCIO DELLA RICEVUTA Il caso Il mio inquilino paga il canone di locazione dell'abitazione affittata, pari a 300 euro mensili, in contanti, da diversi anni. Ora, da qualche tempo, mi chiede con insistenza la ricevuta, sostenendo che si tratta di una prova del pagamento e della tracciabilità della somma che mi viene versata. È legittima la richiesta? La soluzione La risposta è positiva. La ricevuta rappresenta un documento idoneo, per entrambe le parti, a dimostrare che il pagamento è stato effettuato. Inoltre, il ministero dell'Economia ha chiarito che la ricevuta assicura la tracciabilità del denaro contante obbligatoria ai sensi dell'articolo 1, comma 50 della legge n. 147/2013 (Nicola Forte, Il Sole 24 ORE – L’Esperto Risponde, 10 marzo 2014) FIAIP News24, Numero 9 - aprile 2014 51 LA LOCAZIONE CON PATTO DI FUTURA VENDITA D. Vorrei sapere come devo registrare in bilancio una fattura che riporta in descrizione «contratto di locazione per un immobile strumentale a riscatto».Il prezzo pattuito viene ripartito con pagamenti mensili per 10 anni, ma la fattura del costo totale dell'immobile viene emessa subito con il totale dell'importo.Devo imputarla a cespite anche se il rogito avverrà scaduti i 10 anni? Effettuo l'ammortamento annuale? ---R. Dal quesito del lettore pare di capire che la fattispecie a cui si fa riferimento è quella di un contratto di locazione con patto di futura vendita.Con il contratto di locazione con patto di futura vendita, locatore e conduttore stabiliscono che, al termine della locazione, l’immobile che ne costituisce l’oggetto passi di proprietà del conduttore, con il prezzo della vendita coperto integralmente dai canoni fino allora regolarmente corrisposti o, a seconda di come le parti si erano accordate, con il versamento di un ulteriore importo da parte del conduttore. Il vantaggio di questo tipo di contratto, per il conduttore, è di poter fruire dell’immobile pagando un canone non a fondo perduto, come avviene nella locazione pura e semplice, ma a sconto del prezzo al quale il bene verrà acquistato in proprietà al termine della locazione; prezzo che viene fissato all’inizio del rapporto, mettendo così l’acquirente al riparo da possibili rincari. La natura giuridica della locazione con patto di futura vendita è, per la giurisprudenza (Cassazione 23 marzo 1992, n. 3587) quella di un contratto atipico, risultante dalla fusione delle cause di due contratti tipici: la vendita e la locazione.Parte della dottrina (e in questo senso conferma la circolare 28E/2011) ritiene che il contratto di locazione con patto di futura vendita sia in realtà una duplicità di contratti distinti; altre posizioni classificano il contratto come una vendita con riserva di proprietà altre ancora come locazione simulata. In ogni caso, sia ai fini Iva sia ai fini delle imposte dirette, la cessione si considera comunque effettuata al momento della stipula della locazione (articolo 2, Dpr 633/72 e articolo 109, Tuir, risoluzione 3382008 e circolare 28E/2011) e non in quella di successiva formazione dell’atto di trasferimento. L’interpretazione del contratto diventa rilevante nel caso di inadempimento rispetto all’obbligo di acquisto. Sposando la tesi, che appare preferibile, che lo vede come un duplice rapporto (di locazione e di compravendita successiva), la conseguenza dell’inadempimento sarebbe la risoluzione dell’impegno alla futura compravendita, lasciando in essere il contratto di locazione, quanto meno per il periodo intercorso. In tale caso, contabilmente e fiscalmente si avrebbe una riclassificazione degli importi pattuiti e già introitati come acconto prezzo, quali canoni di locazione e una sopravvenienza passiva per l’eventuale differenza quale maggior importo sino al corrispettivo pattuitoAi fini Iva si verificherà un’emissione di nota di accredito per risoluzione di contratto ai sensi dell’articolo 26, Dpr 633/1972.Le scritture contabili relative sono le seguenti:al momento della stipula del contratto (in base alla risoluzione 338/2008):Cliente c/ crediti vendita immobileADiversiImmobile (valore netto Fondo ammortamento)Plusvalenza.Al momento dell’incasso dei singoli canoni di locazione:bancaaAcconti conto futura venditaAl momento della risoluzione per inadempimento:ImmobileAClienti c/crediti (per risoluzione futura vendita)Sopravvenienza passiva (per plusvalenza non realizzata).Acconti conto futura venditaASopravvenienza attiva (per canoni locazione pregressa) (Cristina Odorizzi, Il Sole 24 ORE – L’Esperto Risponde, 10 marzo 2014) FIAIP News24, Numero 9 - aprile 2014 52