Freud
L’archeologo della mente
Freud (1856-1939)
 Nasce a Freiberg in Moravia nel 1856
 Si laurea in medicina a Vienna nel 1881
 Muore a Londra nel 1939
Inizi
 Nel 1885 Freud era uno sconosciuto che lavorava come medico
presso l’ospedale medico di Vienna e si occupava di patologie di
origine neurologica come l’isteria ed altri disturbi mentali. Aveva
scelto di occuparsi delle malattie psichiche poichè solo pochi
medici se ne occupavano e si guadagnava bene.
 All’epoca la medicina era terribilmente arretrata nella cura di
queste malattie. Si usavano metodi crudeli come la segregazione
o l’incatenazione. Ai quei tempi i medici sostenevano che l’isteria
e le nevrosi fossero causate da danni al sistema nervoso o da
lesioni al cervello. Freud condivideva inizialmente questa visione
fin quando non andò a Parigi nel 1885 per approfondire i suoi
studi e conobbe Jean Martin Charcot.
L’Ipnosi
 Charcot stava sperimentando un nuovo metodo di cura
dell’isteria mediante l’ipnosi.
 I pazienti affetti da isteria sottoposti ad ipnosi non
manifestavano durante il trattamento i sintomi del loro
disturbo differentemente da quelli affetti da epilessia che
non obbedivano all’induzione ipnotica.
 Questa esperienza segnò Freud il quale decise di
dedicare la sua vita allo studio della Psiche umana.
 Gli esperimenti di Charcot su pazienti sottoposti all’ipnosi
rivelarono il legame tra alcune malattie e la mente.
Grazie agli esperimenti di Charcot Freud comprese che le
nevrosi potevano avere una natura psichica non solo
organica.
Crisi della ipnosi
 Charcot era convinto che nei recessi della mente ci fossero dei
pensieri, delle convinzioni che si manifestavano fisicamente nei
sintomi dell’isteria. Questa malattia non aveva solo cause fisiche ma
mentali. Il medico francese sosteneva che ci fosse una parte
nascosta della mente una sorta di seconda mente che verrà
rielaborata da Freud e trasformata nel concetto di inconscio.
 Nel 1886 tornato da Parigi Freud aprì uno studio privato a Vienna
con risultati molto modesti.
 Freud cercò di utilizzare il metodo appreso da Charcot ma l’ipnosi
nella cura dell’isteria diede risultati scadenti. L’ipnosi come le altre
tecniche allora in uso (magnetoterapia, elettroterapia,cure termali)
non dava risultati soddisfacenti.
 L'ipnotismo svela delle forze e fa intravedere un mondo nel quale Freud
immette le sue sonde intellettuali. “quale poteva essere la ragione - si
chiede Freud - per la quale i pazienti avevano dimenticato tanti fatti della
loro vita interiore ed esteriore e potevano invece ricordarli, quando si
applicava loro la tecnica sopra descritta?”
 L'osservazione dei malati trattati dava una risposta a siffatto interrogativo:
“Tutte le cose dimenticate avevano avuto, per un qualche motivo, un
carattere penoso per il soggetto, in quanto erano state considerate
temibili, dolorose, vergognose per le aspirazioni della sua personalità”. E
“per rendere di nuovo cosciente ciò che era stato dimenticato, era
necessario vincere nel paziente una resistenza mediante una continua
opera di esortazione e di incoraggiamento”. Più tardi, Freud si accorgerà
che tale resistenza dovrà essere vinta diversamente (attraverso la tecnica
della “associazione libera”), ma intanto era sorta la teoria della rimozione.
In ogni essere umano operano tendenze, forze o pulsioni che spesso
entrano in conflitto.
 La nevrosi si ha quando l'Io cosciente blocca l'impulso e ad esso nega
l'accesso “alla coscienza e alla scarica diretta”: una resistenza “rimuove”
l'impulso nella parte “inconscia” della psiche.
La rievocazione
 L’ipnosi poteva solo far emergere alla coscienza gli eventi traumatici,
di cui la paziente non era consapevole, ma non portava mai alla
guarigione del disturbo che al risveglio dalla situazione ipnotica si
ripresentava identico.
 Fu l’esperienza clinica di un suo collega, J. Breuer, che fece fare
grandi passi in avanti a Freud.
 Breuer gli raccontò il caso di una sua paziente curata con un metodo
inusuale la rievocazione degli eventi traumatici. La paziente affetta da
isteria manifestava contratture, paralisi, problemi di vista e di
linguaggio.
 Breuer iniziò a vederla quotidianamente per farsi descrivere i sintomi
e si rese conto di un fatto straordinario: quando la paziente parlava
dell’origine di un sintomo il sintomo stesso scompariva è dunque il
paziente che deve rievocare liberamente il proprio vissuto.
Metodo Catartico
 Questa scoperta sarà la base di tutta la psicoterapia.
Freud iniziò ad utilizzare il metodo della rievocazione
chiamato catartico.
 Parlava con i pazienti dei loro sintomi cercando di capire
quando e come erano nati. Attraverso la sua esperienza
clinica si rese conto che l’isteria nei suoi pazienti era nata
durante l’infanzia in corrispondenza di traumi connessi
alla sfera sessuale.
 Il sesso era il fattore scatenante sia in luogo di traumi
sessuali che di fantasie sessuali infantili represse o
vissute in modo colpevole. (complesso di Edipo e
transfert)
Transfert
 Inizialmente Freud si è reso conto che le
pazienti sviluppavano un profondo legame
affettivo quasi amoroso nei suoi riguardi.
 Freud teorizzò che questo tipo di legame non
era altro che la proiezione sul terapeuta dei
sentimenti che i pazienti nutrivano verso i loro
genitori. Nacque così il concetto di transfert.
Il Trauma
 Dal greco “ferita”, “lacerazione”, nella teoria
psicanalitica elaborata da Freud si riferisce
all’intensità di un evento a cui il soggetto non
è in grado di rispondere in modo adeguato.
Trauma definito da Freud
 “ L’espressione “traumatico” non ha altro
senso se non questo, economico. Con essa
noi designiamo un’esperienza che nei limiti di
un breve lasso di tempo apporta alla vita
psichica un incremento di stimoli talmente
forte che la sua che la sua liquidazione o
elaborazione nel modo usuale non riesce,
donde è giocoforza che ne discendano
disturbi permanenti nell’economia energetica
della psiche” (1915-1917)
LA PRIMA TOPICA.
 La psiche è dunque una realtà complessa
che viene divisa da Freud in un primo tempo
in tre zone o luoghi che definiscono la prima
topica (dal greco topoi, luoghi) descritta nel
cap. 7° della Interpretazione dei sogni. Essi
sono il conscio, il preconscio e l’inconscio.
CONSCIO
CENSURA
INCONSCIO
RIMOSSO
CONSCIO – INCONSCIO- CENSURA
 L'uomo ha una serie di pensieri, emozioni, desideri di
cui è consapevole: è questa la parte manifesta della
psiche che Freud chiama conscio.
 L'inconscio è la realtà abissale primaria, sede delle
pulsioni primitive e dei desideri istintuali per i quali
la coscienza rimarrebbe profondamente turbata.
 Alla parte della psiche che reprime tali contenuti
nell'inconscio e non li fa venire a galla, risparmiando
così alla coscienza dei grandi turbamenti, Freud dà il
nome di censura.
La Rimozione
 La rimozione (è quel meccanismo psichico che rimuove
cioè allontana dalla coscienza le nostre esperienze e i
nostri pensieri, soprattutto se sono spiacevoli; è dunque
in pratica un meccanismo di difesa), e che possono
tornare consci solo con grande sforzo e con tecniche
analitiche apposite.
 Si badi : allontanare dalla coscienza non vuol dire però
annullare del tutto il ricordo delle esperienze
traumatiche, ed è qui che possono sorgere problemi; se
vi è stata un’esperienza traumatica, essa può infatti,
prima o poi, "tornare a galla", ed in modi più o meno
spiacevoli (ad es. nel caso dell’isteria i sintomi somatici
della malattia sono appunto ciò che è stato rimosso).
Lapsus freudiano
 Sono quegli errori apparentemente involontari
che si compiono nel parlare, nel comporre uno
scritto o nel comportamento. Sono causati
dall’inconscio che li usa per esprimersi
superando la censura della coscienza vigile.
L’autoanalisi
 Il 3 Ottobre 1896 il padre di Freud muore. Da
questo momento di estrema sofferenza Freud
decise di affrontare tutti i suoi conflitti interiori
irrisolti incominciando un viaggio nella psiche che
segnerà la storia della psichiatria.
 Per la prima volta un essere umano cerca di
penetrare le sue barriere interiori e le sue
resistenze per approdare nell’inconscio, la faccia
buia della psiche, un viaggio nei meandri
reconditi dell’essere umano per svelarne i segreti
più dolorosi.
Libere associazioni
 Freud definiva i sogni “la via regia che
portava all’inconscio”. Sviluppò una tecnica
per percorre questa via: la libera
associazione. Regola fondamentale di questo
metodo era l’assoluta sincerità nessuna
forma di censura.
Il metodo psicanalitico
 Il m. p. è una cura mediante le parole (talking cure), che analizza i sogni e
usa il metodo delle libere associazioni.
 Questo metodo consiste nel mettere il paziente in uno stato di rilassamento
(da qui il divano su cui l’analizzando si sdraia) in modo che egli possa
abbandonarsi al corso dei propri pensieri che vengono espressi ad alta voce.
L’analizzando è invitato a dire tutto quello che gli passa per la testa, senza
nessuno scrupolo di ordine religioso, morale, sociale, e senza omettere nulla,
neppure quello che può sembrargli irrilevante, ridicolo o sgradevole.

Lo scopo è appunto quello di eliminare il più possibile quelle resistenze,
quelle selezioni più o meno volontarie dei propri pensieri che sono messe in
atto dal "paziente". Accade però che il fluire delle parole abbia a volte un
blocco improvviso : è qui che si avverte che c’è qualcosa che non va, che è
stato probabilmente rimosso, cioè tenuto lontano dalla coscienza per evitare
le sofferenze del ricordo. Compito dell’analisi è ricostruire ciò che non va e
scoprirne le cause per poi riequilibrare le forze psichiche in conflitto. Con
questo metodo, la persona non è più il destinatario passivo della terapia
(come nella medicina comune in cui il medico dice e il paziente ascolta e
segue i suoi consigli) ma diventa essa stessa colei che si "cura", colui che
vuole "guarire".
L’analisi dei sogni
 Sigmund Freud arriva a elaborare le proprie tesi a partire dalla sua
esperienza di medico neurologo; come riferisce ne L'interpretazione
dei sogni, tra i soggetti affetti da nevrosi o anche sani da lui
esaminati, molti avevano sogni ricorrenti di morte dei parenti.
All'interno della casistica dei sogni di morte dei genitori, era poi
evidente che essi tendevano a sognare la morte del genitore del
medesimo sesso.
 Partendo dalla regola secondo la quale il sogno non rappresenta i
desideri del momento in cui si vive, bensì desideri provati in epoche
passate, Freud arriva a sostenere che in generale ogni bambino è
portato, nei primi cinque anni di vita, ad essere attratto da genitore
di sesso opposto e a percepire come rivale ostile quello del
medesimo sesso, fino a desiderarne la morte.
Il sogno
 Il sogno è un lavoro di spostamento e
simbolizzazione che trasforma i contenuti
consci in immagini accettabili per evitare che
una funzione di conservazione primaria come
il sonno venga interrotta continuamente da
immagini sconvolgenti.
CONTENUTO LATENTE E SOGNI
 Di notte, a differenza di quanto avviene durante il giorno,
la censura non blocca del tutto il passaggio dei contenuti
dell'inconscio verso il conscio; non li reprime totalmente
ma neppure li lascia passare così come essi sono.
 La censura deforma il desiderio inconscio (contenuto
latente) presentandolo sotto un altro aspetto meno
perturbante per la coscienza (contenuto manifesto, ossia il
racconto che la persona fa del proprio sogno).
 Il sogno diventa quindi l'appagamento (mascherato) di
un desiderio (represso, rimosso). E il metodo usato da
Freud per interpretarlo (cioè per passare dal contenuto
manifesto al suo contenuto latente) comprende il ricorso a
libere associazioni, simboli e sogni tipici.
Le cinque regole
 Le cinque regole sono : la condensazione (cioè la
tendenza ad esprimere in un unico elemento più
elementi collegati tra loro); lo spostamento (che
consiste nel trasferimento di interesse da una
rappresentazione ad un’altra); la drammatizzazione o
alterazione di situazioni; la rappresentazione per
opposto, in cui un elemento può significare il suo
opposto; la simbolizzazione, in cui un elemento sta al
posto di un altro. Tenendo dunque conto di tute queste
regole, l’analisi può arrivare a decifrare il sogno, e ciò è
particolarmente utile nel caso di "pazienti" nevrotici.
LA SECONDA TOPICA
 Nell’opera L’Io e l’Es del 1923, Freud individua tre
istanze dell’apparato psichico che non chiama più
conscio, preconscio e inconscio come aveva fatto nella
prima topica, ma Io, Es e Super Io. Attenzione : non
corrispondono alle tre componenti della prima topica!
 Freud riprende il termine Es, pronome neutro nella lingua
tedesca, da un libro di Georg Groddeck, il quale scrisse
appunto un’opera intitolata Il libro dell’Es(1923), per
indicare il "serbatoio" dell’energia psichica, l’insieme delle
espressioni dinamiche inconsce delle pulsioni, le quali
sono in parte ereditarie ed innate e in parte rimosse e
acquisite.
ES
SUPER–IO
IO
 L'apparato psichico è composto dall'Es (o Id), dall'Ego e dal Super-Ego.
L'Es (in tedesco “Es” è il pronome neutro dimostrativo ed equivale all'“Id”
latino; Freud prese questo termine da Georg Groddeck) è l'insieme degli
impulsi inconsci della libido; è la sorgente di un'energia biologico-sessuale;
è l'inconscio amorale ed egoistico. L'Ego è la facciata” dell'Es; è il
rappresentante conscio dell'Es; la punta consapevole di quell'iceberg che è
appunto l'Es. Il Super-Ego si forma verso il quinto anno di età e differenzia
(per grado e non per natura) l'uomo dall'animale; è la sede della coscienza
morale e del senso di colpa. Il Super- Ego nasce come interiorizzazione
dell'autorità familiare e si sviluppa successivamente come interiorizzazione
di altre autorità, come interiorizzazione di ideali, di valori, modi di
comportamento proposti dalla società attraverso la sostituzione dell'autorità
dei genitori con quella di “educatori, insegnanti e modelli ideali”. Il SuperEgo “paterno” diventa un Super-Ego “sociale”. L'Ego, dunque, si trova a
commerciare tra l'Es e il Super-Ego, tra le pulsioni dell'Es, aggressive ed
egoiste - che tendono ad una soddisfazione irrefrenabile e totale - e le
proibizioni del Super-Ego che impone tutte le restrizioni e le limitazioni della
morale e della “civiltà”. In altri termini, l'individuo è sotto la spinta originaria
di una energia biologico-sessuale. Ma queste forze istintive sono regolate
da due principi: quello del piacere e quello di realtà.
ES
 L’Es è retto dal principio del piacere, mentre l’Io è
retto dal principio di realtà e deve mediare tra le
richieste pressanti dell’Es e quelle altrettanto
pressanti del Super Io (che è la coscienza
morale, la quale si forma in seguito
all’educazione e all’ambiente in cui si vive, e
nasce al termine del complesso edipico.).

Super-IO
 Il Super Io fa le funzioni del giudice e del censore nei
confronti dell’Io (nell’Io, la percezione inconscia delle
critiche del Super Io si esprime nel senso di colpa).
Dice Freud, "spinto così dall’Es, stretto dal Super Io,
respinto dalla realtà, l’Io lotta per venire a capo del
suo compito economico di stabilire l’armonia tra
le forze e gli impulsi che agiscono in lui e su di
lui; e noi comprendiamo perché tanto spesso non ci
è possibile reprimere l’esclamazione : la vita non è
facile!" (cfr. Introduzione alla psicoanalisi, 31^
lezione).
Principio del piacere e di realtà
 Per il principio del piacere, la libido tende a trovare un
soddisfacimento immediato e totale. Su questa strada, però,
essa trova quel censore che è il principio di realtà che
costringe le pulsioni egoistiche, aggressive ed autodistruttive ad
incanalarsi per altre vie, le vie della produzione artistica, della
scienza, e così via: le vie della civiltà.
 Tuttavia, davanti alle repressioni del principio di realtà, l'istinto
non desiste e non si dà affatto per vinto e cerca altri sbocchi per
il suo soddisfacimento. E allora, se non riesce a “sublimarsi” in
opere d'arte, risultati scientifici, realizzazioni tecnologiche,
educative o umanitarie, e se, d'altra parte, gli ostacoli che
incontra sono massicci e impermeabili a qualsiasi deviazione
sostitutiva, la spinta dell'istinto si trasforma in volontà di
distruzione e di autodistruzione.
La Libido
 Freud riconduce la vita dell'uomo ad una originaria libido, cioè ad
una energia connessa principalmente al desiderio sessuale:
 “analoga alla fame in generale, la libido designa la forza con la
quale si manifesta l'istinto sessuale, come la fame designa la forza
con la quale si manifesta l'istinto di assorbimento del nutrimento”.
Ma mentre desideri come la fame o la sete non sono “peccaminosi”
e non vengono rimossi, le pulsioni sessuali vengono rimosse, per
poi riapparire nei sogni e nelle nevrosi. “La prima scoperta alla quale
ci conduce la psicoanalisi è che, regolarmente, i sintomi morbosi
sono legati alla vita amorosa del malato; questa scoperta (...) ci
obbliga a considerare i disturbi della vita sessuale come una delle
cause più importante della malattia.” I malati non si accorgono di
questo, ma ciò accade perché “essi portano un pesante mantello di
menzogne per coprirsi, come se ci fosse cattivo tempo nel mondo
della sessualità”.
Teoria della sessualità
 La Teoria della sessualità afferma quindi che tutti i
bambini passano attraverso una fase di amore di
odio verso i genitori.
 Questo insieme di pulsioni infantili prese il nome di
complesso di Edipo dalla omonima tragedia di
Sofocle.
 Freud: “il destino di Edipo ci commuove perché
potrebbe essere il nostro forse è proprio il destino di
tutti orientare i primi desideri sessuali verso la madre
e sviluppare sentimenti di odio e rivalità nei confronti
del padre. I nostri sogni ci convincono che le cose
stanno così”
Totem e tabù

Si potrebbe pensare che tale ostilità derivi dal
desiderio, da parte del maschio, di raggiungere il
prestigio detenuto dal padre in una società
fondamentalmente patrilineare, e, da parte della
femmina, di raggiungere l'indipendenza sessuale che
invece le viene negata dalla madre.
 In realtà il periodo in cui il bambino soffre del
complesso di Edipo, che lo porta alle reazioni
descritte sopra, deve essere collocato nella prima
infanzia e non nell'adolescenza per poter essere
rilevante nella strutturazione della personalità
individuale
Pasto totemico
 Il divieto (tabù) di cacciare l’animale sacro (totem)
viene infranto nel corso di una festività annuale.
 Questo rituale sarebbe il riflesso di un parricidio
primordiale che viene rimesso in scena
simbolicamente nella cerimonia per superare un
senso di colpa originario.
 La tragedia sarebbe una cerimonia di tipo totemico in
questo senso evidenzierebbe il suo carattere
catartico sia individuale che collettivo.
EDIPO (IL MITO):

Edipo, figlio di Laio e di Gioacasta, viene abbandonato lattante perché un oracolo ha
predetto al padre che il figlio non ancora nato sarebbe divenuto il suo assassino.
Edipo viene salvato e cresce come figlio di re a Corinto, finché, incerto della propria
origine a causa di un ubriaco che lo chiama “bastardo”, interroga egli stesso
l’oracolo e ne ottiene il consiglio di restare lontano dalla patria, perché sarebbe
costretto a divenire l’assassino del padre e lo sposo della madre così non fa ritorno a
Corinto. Sulla strada che lo porta lontano dalla presunta patria, incontra il re Laio e lo
uccide nel corso di una repentina lite. Giunge a Tebe dove risolve gli enigmi della
Sfinge che sbarra la via: per ringraziamento i Tebani lo eleggono re e gli offrono in
dono la mano di Gioacasta. Per lungo tempo regna pacifico e onorato, genera con la
madre a lui sconosciuta due figli e due figlie, finché scoppia una pestilenza che
induce ancora una volta i Tebani a consultare l’oracolo. La tragedia scritta da
Sofocle prende l'avvio da tale circostanza. I messi portano il responso che la
pestilenza avrà fine quando l’uccisore di Laio sarà espulso dal paese. Trovato
l’assassino in Edipo, egli si acceca e abbandona la patria.

L’Edipo re è una "tragedia del fato“, il suo effetto tragico si basa sul contrasto fra il
supremo volere degli dei e i vani sforzi dell’uomo minacciato dalla sciagura: lo
spettatore, profondamente colpito, dovrebbe apprendere dalla tragedia la
rassegnazione al volere delle divinità.
La leggenda di Edipo

Come altri suoi contemporanei, Freud rigetta l'interpretazione degli ellenisti corrente
nel suo tempo secondo la quale L’Edipo re può essere interpretata solo come una
"tragedia del destino". Egli ritiene che il successo della tragedia risieda soprattutto
nella sua "materia", cioè nella vicenda di Edipo stessa. Infatti, se si accetta,
seguendo la tesi di Freud, che nei primi anni di vita tutti hanno desiderato
unirsi con la madre e uccidere il padre (o viceversa, nel caso delle femmine),
è ovvio che la tragedia non fa che mettere in atto, sulla scena, i desideri
infantili di ogni persona umana.

Sarebbe proprio per questo, secondo lo psicanalista, che il mito di Edipo è ancora
capace di commuovere, mentre le tragedie moderne del destino non riescono più a
farlo. Per usare le parole di Freud:
Il suo destino (quello di Edipo) ci colpisce solo perché avrebbe potuto
essere il nostro, perché l'oracolo ha fatto a noi, come a lui, la stessa
maledizione prima della nostra nascita.(...) Re Edipo ci mostra
semplicemente la soddisfazione dei nostri desideri infantili. La
presunzione dello psicanalista sta forse nell'aver identificato come
universale la commozione suscitata dal dramma e nell'aver trovato nella
speciale materia di esso l'unica, universale "molla" che genera l'effetto
tragico.
IL PROBLEMA DEI COMPLESSI:
 Complesso è il termine psicoanalitico che indica un insieme strutturato e
attivo di rappresentazioni, pensieri e ricordi in parte o del tutto inconsci e
dotati di una forte valenza affettiva.
 I complessi si formano al tempo delle prime esperienze interpersonali del
bambino e interferiscono poi su tutta la vita psichica dell’adulto. In
contrapposizione all’uso generico invalso nella volgarizzazione della
psicoanalisi e all’uso mitologico proprio della psicologia junghiana, Freud
usa tale termine per concettualizzazioni altamente specifiche (per
esempio il complesso nucleare delle nevrosi, il complesso di
castrazione).
 Il problema dei complessi fu proprio anche di Freud; egli stesso
sperimentò questo problema nel rapporto con suo padre. Un sabato
stava passeggiando per Freiberg; era ben vestito e portava un berretto di
pelliccia nuovo. Ad una svolta, si trovò davanti un uomo che gli buttò il
berretto nel fango gridandogli: "Giù dal marciapiede, ebreo!".
Raccontando l'episodio al figlio, il piccolo Sigmund incalzò: "E tu cosa hai
fatto?". Con calma, il padre rispose: "Sono sceso dal marciapiede e ho
raccolto il berretto". Questo episodio mostra il pericolo insito nello
smarrire modelli di riferimento e nell'affermarsi di sintomi propri dei
"ragazzi senza padre" che trovano la loro espressione nei complessi.
Complesso di Edipo
 "Due sono i fattori responsabili di tale complessità: il carattere triangolare
della situazione edipica e la bisessualità costituzionale dell'individuo. Il
caso più semplice si struttura, per il bambino di sesso maschile, nel modo
seguente: egli sviluppa assai precocemente un investimento oggettuale
per la madre, investimento che prende origine dal seno materno e
prefigura il modello di una scelta oggettuale del tipo "per appoggio";
del padre il maschietto si impossessa mediante identificazione.
 Le due relazioni per un certo periodo procedono parallelamente, fino a
quando, per il rafforzarsi dei desideri sessuali riferiti alla madre e per
la constatazione che il padre costituisce un impedimento alla loro
realizzazione, si genera il complesso edipico.
 L'identificazione col padre assume ora una coloritura ostile, si orienta verso
il desiderio di toglierlo di mezzo per sostituirsi a lui presso la madre. Da
questo momento in poi il comportamento verso il padre è ambivalente;
sembra quasi che l'ambivalenza, già contenuta nell'identificazione fin da
principio, si faccia manifesta. L'impostazione ambivalente verso il padre e
l'aspirazione oggettuale esclusivamente affettuosa riferita alla madre
costituiscono per il maschietto il contenuto del complesso edipico nella sua
forma semplice e positiva" (1922, p. 494).
Mito e psicoanalisi
 "La Wirksamkeit del mito, la sua realtà" - continua Hillman -
"consistono precisamente nel potere che gli è proprio di conquistare
ed influenzare la nostra vita psichica". I Greci lo sapevano molto
bene, per questo non conobbero una psicologia del profondo ed una
psicopatologia. La psicologia mostra, infatti, i miti in vesti moderne,
mentre i miti mostrano la nostra psicologia in vesti antiche. Il primo a
riconoscere questa verità fondatrice per la moderna psicologia del
profondo fu Sigmund Freud. Il primo a riconoscere le implicazioni
racchiuse nel riconoscimento da parte di Freud del rapporto fra mito e
psiche, fra mondo antico e psicologia moderna, fu Carl Gustav Jung.
SIBOLI E LIBIDO
Prendiamo il passo tratto dalle pagine di apertura dell'opera di Yung I simboli
della libido:
 Chiunque sia riuscito a leggere l'Interpretazione dei sogni di Freud (...) e con
animo pacato e libero da pregiudizi ha potuto subire la suggestione di una
materia così particolare, sarà stato di certo profondamente scosso dal passo
di Freud, là dove egli rammenta che alla base di quel poderoso tema
drammatico dell'antichità che è la leggenda di Edipo, vi è un conflitto
psicologico individuale, cioè una fantasia incestuosa. (...) Eravamo ancora in
preda alla confusione che emana dall'infinita variabilità dell'anima individuale,
quando tutt'a un tratto la semplice grandiosità della tragedia di Edipo, fiaccola
del teatro greco destinata a non più spegnersi, si dischiuse al nostro sguardo.
L'ampliarsi dei nostri orizzonti assomiglia ad una rivelazione. (...) Ma se
seguiamo il cammino tracciato da Freud (...) l'abisso che divide la nostra
epoca dall'antichità viene a essere colmato e ci avvediamo allora con stupore
che Edipo vive ancora. (...) In tal modo, ai fini della comprensione dello spirito
antico si apre una via mai esistita prima d'ora. (...) Passando per le
infrastrutture celate della nostra anima, giungiamo a far nostro in tutta la sua
vitalità il senso della civiltà antica e a prendere possesso di una solida base
per comprenderne oggettivamente le correnti. Questa è almeno la speranza
che attingiamo dalla riscoperta dell'immortalità del problema di Edipo
(C.G. Jung, Opere, vol. 5, pp.17-19, ed. Boringhieri, Torino 1969-1988).
La repressione e la tragedia
 Essendo generalmente il pubblico teatrale composto da
persone adulte, nessuna di esse, a meno di essere
affetta da nevrosi, soffrirà del complesso di Edipo.
 La tragedia non rivela dunque un desiderio presente, ma
uno passato, ed è tanto più capace di suscitare
commozione quanto più tale desiderio è stato rimosso
dall'inconscio.
 La tragedia agisce in modo simile alla psicanalisi,
costringendo ciascuno a porsi dinanzi a ciò che si
era misconosciuto perché contrario alla morale.
Le parole di Freud:

Amore per l'uno, odio per l'altro dei genitori, fanno parte di quella riserva inalienabile di
impulsi psichici che si forma nella vita psichica infantile. A sostegno di questa
conoscenza, l'antichità ci ha tramandato un materiale leggendario, la cui energica e
universale efficacia riesce comprensibile soltanto ammettendo un'analoga validità
generale delle promesse anzidette, tratte dalla psicologia infantile. Intendo la leggenda
del re Edipo e l'omonima tragedia di Sofocle.
(S. Freud, Opere, vol. 3, pp. 242-244, qui e di seguito ed. Boringhieri, Torino 1967-1980).


Dopo aver passato brevemente in rassegna il mithos continua:
Ora, l'azione della tragedia non consiste in altro che nella rivelazione gradualmente
approfondita e ritardata ad arte - paragonabile al lavoro di una psicoanalisi - che Edipo
stesso è l'assassino di Laio...


Il legame tra arte e psicanalisi è riaffermato da Freud dopo qualche riga:
Portando alla luce nella sua analisi la colpa di Edipo, il poeta ci costringe a prender
conoscenza del nostro intimo, nel quale quegli impulsi, anche se repressi, sono pur
sempre presenti.


E Freud continua:
Se il re Edipo riesce a scuotere l'uomo moderno non meno dei greci suoi contemporanei,
la spiegazione può trovarsi soltanto nel fatto che (...) deve esistere nel nostro intimo una
voce pronta a riconoscere la forza coattiva del destino di Edipo. (...) Il suo destino ci
commuove soltanto perchè sarebbe potuto diventare anche il nostro, perchè prima della
nostra nascita l'oracolo ha decretato il medesimo destino per me e per lui.
La resistenza: Edipo e Tiresia

Lo scontro tra l'indovino e il tiranno è caratterizzato dall'impudenza del sovrano nel sopravvalutare
la sua capacità intellettiva e nel diminuire le virtù divine del vate: Com'è che ai tempi in cui la cagna
imperversava con i suoi indovinelli, tu non pronunciasti la parola che salvasse i tuoi concittadini? E
sì che non toccava al primo venuto svelare l'enigma: occorreva quell'arte profetica che tu non
dimostrasti di avere appreso né dagli uccelli né da un dio. E invece io, Edipo, io che nulla sapevo,
appena giunto ammutolii la Sfinge con la forza della mia intelligenza, senza nulla aver appreso dal
volo degli uccelli. (Ibid., vv. 391-403)
[...] sei cieco negli occhi, nelle orecchie e nella mente. (Ibid., vv. 370-71)
Ti nutri di una notte senza fine: non puoi proprio nuocere né a me né a nessun altro, che veda la luce
del sole. (Ibid., vv. 374-75)

Colmo della paradossalità di Edipo è proprio il rivolgere a Tiresia offese sulla sua condizione di non
vedente e, parallelamente, di non sapiente, illuso (peccando di hybris) che fosse sufficiente
l'intelligenza umana a sondare l'abisso dell'essere senza veli delle cose, dell'identità personale:
«[...] io, quell'Edipo illustre che tutti conoscono» (Ibid., v. 8) esclama all'inizio della tragedia.

Edipo manifesta a più riprese la volontà di varcare la soglia proibita al mortale, la conoscenza
diretta delle cause, utilizzando spesso la metafora della luce: [...] chiunque di voi sappia chi uccise
Laio, figlio di Labdaco, riveli a me ogni cosa [panta = tutta la verità].(Ibid., vv. 224-226) Ormai è
giunto il momento di fare piena luce su tutto. (Ibid., v. 1050) Tutto è chiaro. (Ibid., v. 774) Devo
sapere chiaramente. (Ibid., 1065) Si sprigionino tutti i mali del mondo, ma io voglio conoscere la
mia origine. (Ibid., 1077) Tutto è ormai chiaro. (Ibid., 1182)
Luci ed ombre
 Hillman sostiene che la cecità è il prerequisito del metodo edipico della
psicologia del profondo, giacchè è con essa che si inaugura la ricerca di sè.
Si cammina al buio, incapaci di vedere cosa fare, che strada prendere,
come a un crocevia. Ci sono vari modi di essere ciechi: quello di Edipo, i
cui occhi sono aperti, ma non gli consentono di vedere, e quello di
Tiresia che ha gli occhi chiusi, ma è un veggente. Eppure sono ciechi
entrambi. Il linguaggio di luce, visione, occhi pervade tutta la tragedia.
 L'accecamento di Edipo alla fine è in ogni caso l'esito del suo metodo di
procedere (seguire le tracce, interrogare, cercare la verità su se stessi). Il
"conosci te stesso" equivale qui alla cecità, quando seguendo il metodo
edipico, finalmente vengo a sapere chi sono il risultato è l'accecamento, la
cecità.
 Ciò che Tiresia chiama "la maledizione della madre e del padre, che da ogni
parte colpendoti (...), col suo terribile piede ti scaccerà infine da questo
paese; e se ora vedi bene tra poco vedrai le tenebre" (vv. 416-419), è il
risultato del tentativo da parte di Edipo di vedere per via di interrogazione e
di interpretazione. Ciò che si scopre discende dal modo in cui si scopre.
 Scoprire chi siamo sconfigge l'inconsapevolezza incestuosa e
l'analista fa da guida con i suoi occhi più grandi, più penetranti, gli
occhi di Tiresia. L'analisi mira ad aprire quelli del paziente, in modo
di vedere la vita più chiaramente, come un campo di proiezioni
inconsapevoli.
 Il risultato finale, secondo Hillman, è la tragedia, giacchè lo sforzo
eroico di vedere, a cui l'io si sottopone, è il sintomo stesso che tenta
di vedere, e un sintomo non può vedere se stesso. La tragedia della
Grecia diviene la tragedia della psicoanalisi.
 Come dice Freud:
"Ogni membro dell'uditorio è stato una volta un tale Edipo, in germe e in
fantasia, e da questa realizzazione di un sogno trasferito nella realtà
ognuno si ritrae con errore".
Da Edipo ad Amleto
 Lo studio della sessualità infantile porta Freud ad uno dei punti centrali
della sua teoria, all'idea cioè di complesso di Edipo. Scrive Freud: “Il
bimbo concentra sulla persona della madre i suoi desideri sessuali e
concepisce impulsi ostili contro il padre, considerato come un rivale.
Questa è anche, "mutatis mutandis", l'attitudine della bambina. I
sentimenti che si formano durante questi rapporti non sono solo positivi,
cioè affabili e pieni di tenerezza, ma anche negativi, cioè ostili. Si forma
un “complesso” (vale a dire un insieme di idee e di ricordi legati a
sentimenti molto intensi) che è certamente condannato ad una rapida
rimozione. “Ma - fa presente Freud - nel mondo dell'inconscio esso
esercita ancora una attività importante e duratura. Possiamo, supporre
che esso costituisca, con le sue implicazioni, il complesso centrale di
ogni nevrosi, e noi ci aspettiamo di trovarlo non meno attivo negli altri
compi della vita psichica.” Nella tragedia greca, Edipo, Figlio del re di
Tebe, uccide suo padre e prende in moglie la propria madre. Questo
mito, dice Freud, “è una manifestazione poco modificata del desiderio
infantile contro il quale si alza più tardi, per scacciarlo, la barriera
dell'incesto”.
 Georg Brandes su Shakespeare la notizia che il
dramma è stato composto immediatamente dopo la
morte del padre di Shakespeare (1601), quindi in
pieno lutto, nella reviviscenza - ci è lecito supporre delle sensazioni infantili di fronte al padre. È noto
anche che il figlio di Shakespeare, morto giovane,
aveva nome Hamnet (identico a Hamlet).»
 (S. Freud, L’interpretazione dei sogni, traduzione
italiana di E. Fachinelli e H. Trettl, Milano 1973)
 «Mi è balenata l’idea che la stessa cosa possa essere
alla base dell’Amleto. Non penso a un’intenzione
deliberata di Shakespeare, ma ritengo piuttosto che un
avvenimento reale abbia spinto il poeta a tale
rappresentazione, mentre il suo inconscio capiva
l’inconscio dell’eroe. Come giustifica l’isterico Amleto la
frase: “Così la coscienza ci rende tutti codardi” e la sua
esitazione a vendicare il padre uccidendo lo zio,
quando lui stesso non si fa alcuno scrupolo nel
mandare a morte i suoi cortigiani e non esita un istante
a uccidere Laerte?» (S. Freud, Epistolari. Lettere a
W. Fliess. 1887-1904, Torino 1986).
 In fondo al dramma di Amleto, di Shakespeare,
“si ritrova la stessa idea di un complesso
incestuoso, ma meglio mascherato”.
Nell'impossibilità di soddisfare il suo desiderio, il
bimbo si assoggetta a quel competitore, il
genitore di cui è geloso, e costui diviene il suo
padrone interiore. E con l'interiorizzazione di un
censore interno la crisi edipica passa, ma intanto
si è instaurato il Super-Ego, e con esso la morale.
 "Lo stesso argomento dell'Edipo Re è di base ad un'altra grande opera
tragica, l'Amleto di Shakespeare. L'assoluta diversità della vita psichica
di due periodi culturali tanto distanti fra loro, così come il continuo
progredire della rimozione nella vita affettiva dell'uomo, si palesano
però nella diversa trattazione di uno stesso tema. Nell'Edipo l'infantile
fantasia di desiderio su cui l'opera si accentra viene evidenziata e
portata a compimento come nel sogno; nell'Amleto resta rimossa e la
sua presenza ci è rivelata unicamente, come avviene in una nevrosi,
dagli effetti inibitori che ne sono la conseguenza. L'effetto profondo
prodotto dall'Amleto non esclude il fatto che si possa ignorare del tutto
la personalità dell'eroe del dramma, che è costruito sulla sua riluttanza
a compiere il gesto di vendetta assegnatogli; l'opera non ci dice quale
sia il motivo di questa esitazione, né i più disparati tentativi di
interpretazione hanno potuto indicarcelo". (da: L'Interpretazione dei
Sogni)
 La misteriosa “coscienza” di Amleto potrebbe dunque
spiegarsi con il senso di colpa, dovuto all’inaccettabile
desiderio di uccidere il padre per poter possedere
la madre, ed i suoi scrupoli sarebbero riconducibili alla
consapevolezza di non essere un uomo migliore di
colui che ha avvelenato il Re. Da questo punto di vista,
il destino del Principe di morire avvelenato, nello stesso
modo in cui è stato ucciso il padre, può essere
interpretato come una forma estrema di autopunizione.
Ricordiamo, inoltre, la morte della madre che bevendo
dalla coppa avvelenata saluta serena scusandosi.
Sacrificio e colpa, i segreti dell’anima diventano un
peso insostenibile che necessita una soluzione o
catarsi.
Amleto: perché esita?
 La finzione drammatica dimostra che Amleto non deve affatto
apparirci come una persona incapace di agire in generale. Lo
vediamo agire due volte, la prima in un improvviso trasporto
emotivo, quando uccide colui che sta origliando dietro il tendaggio,
una seconda volta in modo premeditato, quasi perfido, quando con
tutta la spregiudicatezza del principe rinascimentale manda i due
cortigiani alla morte a lui stesso destinata.
 Che cosa dunque lo inibisce nell’adempimento del compito che lo
spettro di suo padre gli ha assegnato? Appare qui di nuovo chiara la
spiegazione: la particolare natura di questo compito. Amleto può
tutto, tranne compiere la vendetta sull’uomo che ha eliminato suo
padre prendendone il posto presso sua madre, l’uomo che gli
mostra attuati i suoi desideri infantili rimossi. Il ribrezzo che
dovrebbe spingerlo alla vendetta è sostituito in lui da autorimproveri,
scrupoli di coscienza, i quali gli rinfacciano letteralmente che egli
stesso non è migliore del peccatore che dovrebbe punire
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