MILANO ALBUM il Giornale Venerdì 20 marzo 2009 L’INTERVISTA ∫ NATASHA KORSAKOVA FELTRINELLI «Vivo in Germania ma il mio mito è sempre Uto Ughi» La giovane violinista russa ospite della Verdi è anche testimonial della «maison» Biagiotti Piera Anna Franini dal vivo Con la brava e bella Natasha Korsakova, così graziosa che la maison Biagiotti l’ha voluta come testimonial, si tocca quota sei. Nel senso che è da sei generazioniche i Korsakovsono violinisti. Un albero genealogico musicalissimo il cui ramo più pregiato corrisponde al nome di Nikolaj Rimskij Korsakov: sì, proprio il celebrecompositorerusso,collegadiMusorgskij, autorefraletante cose di Shéhérazade e di una pagina come il Volo del Calabrone. Natasha Korsakova, stasera e domenica all’Auditorium Cariplo, è cresciuta a Mosca, in un nido musicale con pochi pari. E’ figlia e allieva del celebre Andrej e nipotediBoris.Mammaèlapianista greco-russa Yolanta Miroshnikova. Peranniha fattoduo consuamadre. Poi? «Mi sono trasferita in Germania e lei, dopo la morte di mio padre, hatroncatoconlacarrieraconcertistica. E comunque a un certo puntohadecisodistare ilpiùvicino possibile al secondo marito, Antonio Caprarica, quindi s’è trasferita a Londra, poi a Roma». Comesi sonoconosciutii suoigenitori? «A un concerto all’ambasciata italiana di Mosca». Caprarica è direttore di Radio “ “ “ Radio e Tv Per la classica in Italia più spazio che altrove Mosca Manco da undici anni ma un giorno ci tornerò Moda Sono molto attratta dal «fashion» in generale Uno e dei giornali radio Rai, ha una lunga permanenza in tv. Discutete del fatto che le emittenti Rai trascurano la classica? «Capisco la naturale tendenza a lamentarsi, ma in Italia, le tv e radiodiStatooffronospazimaggiori rispetto a quanto accade in altri Paesi. Io non mi lamenterei. E comunque non conosco nei dettagli la situazione italiana, vivendo a Bonn». Però l’italiano è assai fluente. «Visito spesso i miei genitori a Roma, lavoro con artisti e società concertistiche italiane». Hasuonato purein Quirinale alla presenza di Giorgio Napolitano. «In quell’occasione ho incontrato Uto Ughi. I miei genitori lo avevanoinvitato senza dirminulla,e perfortuna,altrimentiimmagino quanto sarei stata nervosa. Finitoilconcerto,luivenneasalutarmi in camerino, e da quel gior- FIGLIA D’ARTE Padre di Natasha è il grande Nikolaj Korsakov DOPPIO APPUNTAMENTO All’Auditorium Cariplo col maestro Juanjo Mena sul podio Natasha Korsakova è a Milano stasera (ore 20) e domenica (ore 16) nell’Auditorium Cariplo, con l’Orchestra Sinfonica Verdi, interprete del Secondo Concerto per violino e orchestra op. 61 del polacco Karol Szymanowski. Appuntamenti che poi chiudono, sempre con il direttore Juanjo Mena sul podio, con l’Ottava Sinfonia di Anton Bruckner. Juanjo Mena, spagnolo, è direttore principale ospite del- l’Orchestra Filarmonica di Bergen dal luglio 2008. Lavora assiduamente anche in Italia considerato che è primo direttore ospite del Teatro Carlo Felice dei Genova dal 2007. Ha diretto le principali orchestre iberiche, dall’Orchestra Nazionale della Spagna, alle Orchestre di Valencia, Malaga e Barcellona. PAF nosiamodiventati amici. Hosuonato anche per il suo Festival Omaggio a Roma». Parla di amicizia. Si dice che Ughiabbia unbeltemperamentino... «Iolo trovo molto solare. Certo, quando discutiamo di musica, nonsemprecondividiamolestesse opinioni. Ughi era il mio idolo ancor prima di incontrarlo. Mio padre mi aveva portato dall’Italia un suo disco: avevo sette anni e fui subito colpita dal suo stile interpretativo». Altri violinisti di suo gradimento? «Fra gli italiani Giovanni Angeleri: adoro il suo Paganini, e Massimo Quarta. In assoluto, direi Viktoria Mullova, proviene dalla stessa scuola di mio padre, cioè da Leonid Kogan». Curiosità.Frale seilingue checonosce, spunta il danese. Perché? «Un mio fidanzato era danese. Decisi di agevolarlo imparando la sua lingua». Ora? «Sto in Germania da tredici anni e il fidanzato è tedesco: anziché imparare una nuova lingua, sono passata alla fase successiva, quella di perfezionamento». Torna a Mosca di tanto in tanto? «Non vi metto piede da undici anni. I miei amici dicono che è completamente cambiata. La cosa mi incuriosisce, e sono certa che prima o poi ci andrò». Com’è nato l’incontro con Biagiotti? «Sono molto attratta dalla moda in generale; nel corso di una sfilata a Milano ho conosciuto Lavinia Biagiotti che mi ha proposto di fare da testimonial. Mi piace la linea di questa maison, la gamma è varia, proprio come i miei gusti musicali». Si veste rispecchiando il tema del concerto? «No, però l’idea è buona». Cosa indosserebbe in omaggio a Bach? «Abiti sobri. Diciamo minimal». Skiantos, il rock demenziale si fa esistenziale Luca Testoni Il rock declinato al demenziale l'hanno inventato loro. I bolognesi Skiantos.Gli autori diceleberrimi inni alternativi quali «Mi piaccion le sbarbine» o «Mamma sono un ribelle». «Attenzione: il demenziale è da intendersicomeesercizioesistenziale che mette l'ironia, il surreale e, se vogliamo, anche la comicità al serviziodellacriticasociale.Solocosìpossiamo esporre concetti importanti con la leggerezza dell'umorismo. Un po' come fa Woody Allen, genio comico indiscusso e nostro punto di riferimento, che attua una forma di re- sistenza alle tragedie e alle fatiche dellavitaconlacomicità»,precisaRoberto «Freak» Antoni, 54 anni, lo scapigliato capobanda nonché co-fon- CONCERTO Stasera al Live club di Trezzo d’Adda la band divertirà con i brani dell’ultimo disco datore, ma anche scrittore e maestro pensatore figlio del movimento del 1977. «Niente a che vedere - punzecchia - con quelli che hanno sempre fatto Elio e Le StorieTese (storie tese, peraltro, deriva da un dialogo contenuto nell'album degli Skiantos «MONOtono»). Hanno iniziato a suonare 15 anni dopo dinoi e per di più il loro intendere il demenziale è l'esatto opposto del nostro. Noi abbiamo sempre cercato di evitare la goliardia e le barzellette da bar, mentre loro - per altro ottimi musicisti - con le battute facili hanno fatto successo». Da 34 anni in pista, gli Skiantos suoneranno stasera al Live Club di Trezzosull'Adda (ore23,ingresso 10 euro)sullasciadelnuovodisco,ilprimo dopo cinque anni di silenzio. «Il titolo dell'album, "Dio ci deve delle spiegazioni", parla chiaro. Con queste nuove canzoni ci poniamo tutta una serie di domande esistenziali ALBUM Il nuovo lavoro si intitola «Dio ci deve delle spiegazioni» fa riflettere sul senso della vita che non hanno risposta. Che senso ha vivere con gli esseri umani che si castiganoe si complicanola vita reciprocamente e di continuo? Perché 34 ANNI IN PISTA I bolognesi Skiantos, sulla scena da 34 anni, hanno inventato il rock demenziale. Celeberrimi i refrein «Mi piaccion le sbarbine» o «Mamma sono un ribelle». Stasera si esibiranno dal palco del Live Club di Trezzo sull’Adda (ore 23, ingresso 10 euro) presentando l’ultimo disco, dopo cinque anni di silenzio, dal titolo «Dio ci deve delle spiegazioni» 53 questotempolimitato?»,spiegaAntoni. «Diciamola tutta: la vita può esserebella,mailpiùdellevolteècomplicata, pesante, faticosa, stressante e piena di problemi che si moltiplicano come batteri di fronte ai quali non ci si può fare niente. Magari avessimo un libretto delle istruzioni, con tanto di spiegazioni esistenziali, ma invecenonneabbiamoecosìdobbiamoarrangiarciconl'esperienza,errore e dopo errore». All'umano non resta che piangersi addosso. Oppure sdrammatizzare il tragico a suon di ironia. Ed è questa la via adottata dai bolognesiche,musicalmenteparlando,dasempresipongonoametàstrada fra il cabaret e il teatro off, il trash, la canzonetta popolare e la provocazione tout court, il rock e il punk. A proposito di punk gli Skiantos non rinnegano le proprie radici: «Se si va oltre il nichilismo e a certi atteggiamenti autodistruttivi, il punk è stato molto utile e ha regalato una sana "smaliziatura" verso i tanti miti della societàoccidentale.Diròdipiù:lacritica feroce alla cultura occidentale e alcapitalismoconsumistarimanevalida. Si cantava che non c'era futuro per i proletari e i sottoproletari. E in questa società chiusa, feroce e competitiva è ancora così», argomenta Antoni. Che se la prende anche con certi storiografi revisionisti contemporanei:«Èoradifarlafinitadiidentificare il movimento studentesco del 1977 solo con gli anni di piombo e le P38. In quel periodo ci sono stati anche gli indiani metropolitani e un'infinità digiovaniche si sonospesi nella creatività. Dal fumetto al teatro e alla musica». Il ritorno degli Stadio con «Diluvio universale» Gabriele Brambilla Il pop-rock all'italiana, innanzitutto. Ma anche la dance rock americana. Senza dimenticare il blues d'autore made in Italy. E' un venerdì ricco di appuntamenti. Su tutti spicca il nome dei mitici Stadio, ospiti alla Feltrinelli di piazza Piemonte dalle ore 18.30 (info 02-433541). La storica band guidata da Gaetano Curreri coglierà l'occasione per presentare il suo nuovo lavoro discografico, Diluvio universale: «Un album dall'identitàprecisa,unacaratterizzazionechefinalmente, dopo mille fatiche, siamo riusciti a esprimere».Cosìilcantanteeleader del gruppo emiliano lo definì qualche mese fa al Giornale, anticipandoconrigorosotempismo che sarebbe uscito a inizio anno:detto,fatto.GliStadiohanno appena avviato il loro tour primaverile. Il 5 aprile toccheranno anche Milano. Sempre nelpomeriggio,dalle17alRicordi Mediastore, in Galleria VittorioEmanuele, siesibirannoiMetrostation, band che interessa tutt'altra generazione. I teenager li amano e il loro singolo, Shake it, ha fatto il boom. Il loro è un rock molto vicino alla dance music in salsa americana. E' anche il giorno del blues, con almeno un paio di appuntamenti interessanti. Al Blueshouse Club (dalle 22.30, info 02-30912202) gli appassionati del genere potranno ascoltare gli inediti dei Mr. Banana Band. Del buon blues, intervallato anche da rock e country, lo si può gustareanche alle Scimmie (dalle 22, info 02-89402874) con le cover degli scatenati Rubbermeckin. Infine al Le Trottoir di piazza XXIV maggio (dalle 22, info 02-8378166), con i Pulp Project, band che renderà onore alle colonne sonore dei film di Tarantino,reinterpretateinchiave dance, per divertirsi e ballare un po’. ✤ Nonsoloscala Elsa Airoldi Quartetto di Tokyo Omaggio ad Haydn ed è subito bis Fil rouge del classicismo Haydn ne organizza le forme. Raggiunge esiti tanto perfetti da rendere inimmaginabile un dopo. Non a caso nelle composizionitarde,comeinostriquartetti op.76, l'inventiva scalpita. Sa che si stanno spalancando le porte dell'anarchia romantica. Nel bicentenario della morte la Società del Quartetto celebra Haydn con il glorioso Quartetto di Tokyo. Della vecchia formazione è rimasto solo la viola Kazuhide Isomura, seguito poi dalviolinoKikueiIkeda.Conloro il primo violino Martin Beaver e il cello Clive Greensmith. Sebbene proprio Haydn sancisca, con lo stile colloquiale degli strumenti, la loro parità, il primo violino ha in mano il gioco. La voce del complesso è un po'menoorientalee piùchiaroscurale. Gli ospiti e i loro Stradivari mostano varietà, dinamismo psicologico, ricerca del suono. Tante le sorprese. Presenteinnuceloscherzobeethoveniano. Ma anche Mozart, un amico con il quale Haydn faceva musica. Non manca, nel n.3 , l'esposizione del tema dell'inno nazionale austriaco (Haydn) poi variato. Interiorità e personalità seducono il pubblico. Ancora un Haydn come bis.