24 — all’opera
Haydn e l’opera:
«La vera costanza»
senzialmente comiche e una precisa distinzione fra ruoli seri, buffi e di «mezzo carattere» che implicava una diversificazione di livelli stilistici ben superiore che nell’opera seria.
Negli anni che Haydn trascorse al servizio dei prìncipi
Esterházy (quasi metà della vita, dal 1761 al 1790), e in misura crescente dal 1776, gli allestimenti operistici furono di
gran lunga il nucleo di maggior impegno della sua attività di
Kapellmeister. Nei primi anni gli allestimenti a Esterháza
erano stati saltuari, ma nel 1776, forse per reazione ai priviledi Andrea Lanza
gi che a Vienna l’imperatore Giuseppe II andava accordando nel nuovo Teatro Nazionale ai drammi tedeschi di paroon una di quelle semplificazioni a cui talvolta ricorla, il principe Nikolaus decise di dar vita a regolari stagioni
re la storia della musica per tenere insieme fatti dispadi opera italiana, da tenersi fra la primavera e l’autunno nel
rati, si narra che Haydn rinunciò a un’avviata carrieteatro del castello, già inaugurato nel 1768 (con Lo speziale di
ra teatrale quando si accorse dell’inarrivabile superiorità di
Haydn) e in seguito, dopo l’incendio che lo distrusse dalle
Mozart in questo campo. Lo suggerisce una lettera famosa,
fondamenta nel 1779, ricostruito con maggiore sfarzo e rianota soltanto dalla biografia mozartiana di Niemetschek, in
perto nel 1781 (con La fedeltà premiata, appositamente compocui Haydn nel 1787, declinando l’invito a fornire un Singspiel
sta). Fu anche costituita una vera compagnia stabile di canper il teatro di Praga, scriveva che «dinanzi agli inimitabili
tanti, in buona parte italiani, in grado di competere con i
lavori di Mozart praticamente nessuno può osare mostrarpiù rinomati teatri europei. Di questa impresa ambiziosa, e
si». Il buon «papà» Haydn insomma, onesto e generoso coquasi colossale per quella che in fondo era una piccola corte
me sempre. Ma le ragioni che nella tarda maturità indussero
di provincia, al centro della campagna unghereHaydn a puntare quasi esclusivamente sulla musise, Haydn fu il fido interprete e direttore. Per
ca strumentale, con una scelta destinata a faanni assistette il principe nel selezionare,
re epoca, furono probabilmente più comadattare e portare in scena un enorme
plesse, e avevano assai poco a che fare
repertorio operistico che con il temcon la qualità drammatica della sua
po incluse la maggiore produzione
musica o con la sua padronanza del
di Anfossi, di Paisiello, di Cimarolinguaggio operistico. Come per
sa, di Gazzaniga, Sarti, Salieri e
ogni compositore austriaco del
di altri contemporanei. Nella sotempo, l’elaborazione musicala stagione del 1783 Haydn diresle di testi scenici ebbe un ruolo
se a Esterháza ben 105 rapprefondamentale nella formazione
sentazioni di dieci opere diverse,
del giovane Haydn sin dai primi
fra cui nove della Fedeltà premiata
anni viennesi quando, congedae diciannove dell’Orlando paladino
to per limiti di età dal coro dei
di sua composizione. A fronte di
pueri cantores del duomo di Santo
tanto attivismo, che, occorre ricorStefano, si mise a bottega del buon
darlo, comportava altresì la prepaPorpora, personaggio tanto intratJoseph Haydn
razione dei cantanti, le prove e la fortabile quanto prodigo di consigli.
ritratto da Thomas Hardy
nitura di arie alternative, la composiAl teatro appartenne la sua prima af1792
zione di opere proprie rappresentò in fonfermazione pubblica, il perduto Singspiel
do un impegno marginale, seppure spesso riDer neue krumme Teufel («il nuovo diavolo zopchiesto. Il catalogo, nondimeno, è di tutto rispetpo»), composto verso il 1757 per la compagnia coto e complessivamente, fra drammi e commedie per musica
mica di Kurz Bernardon al Teatro di Porta Carinzia. Ma su
e feste teatrali, Haydn compose per Esterháza, fra il 1761 e
quel versante la Vienna degli anni cinquanta e sessanta del
il 1783, sedici opere italiane, di cui undici sopravvivono anSettecento gli offriva ben altri stimoli. Sul fronte dell’opera
noverando autentici capolavori di genere, come L’incontro imseria italiana, accanto agli ampi drammi per musica metastaprovviso, Il mondo della luna, La vera costanza, l’Armida, e i già cisiani dalle sontuose arie di sortita «col da capo», già si avvertati La fedeltà premiata e l’Orlando paladino. Si aggiunse inoltre
tiva il vento di cambiamento delle opere di Gluck preannununa mezza dozzina di operine tedesche per il teatro di macianti la riforma: l’Innocenza giustificata del 1755, di pregnante
rionette (perlopiù perdute) e, a partire dagli anni settanta, un
spettacolarità francese, o Le cinesi del 1754 dalla colorita scritnumero imprecisato di musiche di scena per i drammi di patura orchestrale, nonché nel 1761 l’Armida di Durazzo e Trarola (molti di Shakespeare, allora in piena riscoperta nei paeetta. Un genere particolarmente diffuso erano le «feste teasi tedeschi), alcune delle quali, come è ormai assodato, ventrali», esemplate sul modello del Re pastore di Giuseppe Bonnero rielaborate nelle sinfonie.
no la cui soave cantabilità di derivazione galuppiana Haydn
Nonostante le stagioni di Esterháza ambissero a un respiebbe certamente modo di apprezzare nel 1751. Ma la princiro internazionale e l’esperienza accumulata facesse di Haydn
pale novità fu l’arrivo, agli inizi degli anni sessanta, dell’opeuno dei massimi conoscitori d’opera in Europa, la sua attivira buffa di tipo goldoniano che in breve tempo soppiantò nel
tà in questo campo rimase essenzialmente una routine legagusto viennese il modello sino allora dominante dell’opéra-cota agli apparati di corte e confinata nel microcosmo protetmique ed esercitò la maggiore influenza sulle opere di Haydn.
to del palazzo: artigianato altissimo, senza dubbio, ma semDi impianto formale non dissimile dai drammi metastasiani,
pre finalizzato ad assecondare la sconfinata ambizione di un
l’opera buffa goldoniana si distingueva soprattutto per l’imprincipe che, ormai lontani i giorni gloriosi delle guerre coi
portanza dei vivaci pezzi d’assieme in fine d’atto (ne saranturchi che gli avevano dato il rango, ricercava ora il prestigio
no influenzati anche i finali dei Quartetti haydniani op.33),
nel trasformare la sua piccola corte in uno specchio aggiorl’introduzione di personaggi seriosi all’interno di trame es-
A Treviso l’allestimento
di Elio De Capitani
all’opera
C
all’opera — 25
composto per la stagione 1778/1779, offre un buon esempio dell’aggiornamento della corte Esterházy alle mode operistiche del tempo. Il libretto, di Francesco Puttini, è il medesimo, con qualche aggiustamento, già posto in musica da
Pasquale Anfossi nell’opera omonima andata in scena a Roma nel 1776 e di nuovo a Vienna nel 1777, alla quale Haydn
rende omaggio nell’Atto II con l’aria «Ah non m’inganno
è Orfeo», sul tema della fanciulla di bassi natali la cui virtù alla fine trionfa: ennesima filiazione del popolare romanzo di Samuel Richardson Pamela, or Virtue Rewarded, pubblicato nel 1740 e reso celebre a teatro da La buona figliola di
Goldoni e Piccinni del 1760 (anche La finta giardiniera di Mozart, del 1775, attinge alla stessa fonte). La gamma espressiva è quella mutevole e variegata propria delle commedie
sentimentali e di mezzo carattere, oscillante fra toni elevati e toni bassi, fra comicità e dramma, fra tenere effusioni e sottintesi arguti: certamente uno dei registri prediletti da Haydn, sempre affascinato dalla volubilità semantica
della grammatica e della sintassi del linguaggio musicale.
La trama è, nella sua farraginosità, troppo complicata perché se ne possa qui dare un pur
vago riassunto. Un antefatto: il
matrimonio segreto fra Rosina,
la protagonista, figlia di un pescatore, e il Conte Enrico, che
presto l’aveva abbandonata insieme al pargolo neonato. L’ouverture porta immediatamente in medias res, vale a dire a una
movimentata scena di tempesta, con sei dei sette personaggi
in scena. Da questo momento,
motori dell’azione sono, da un
lato, gli intrighi della Baronessa
Irene, che medita di allontanare definitivamente il nipote Enrico da Rosina, dando sposo a
quest’ultima lo sciocco Villotto,
essendo lei stessa concupita dal
Marchese Ernesto. Dall’altro,
l’instabilità emotiva del Conte
Enrico, continuamente indeciJacques-Louis David, Gli amori di Paride ed Elena, 1788
so fra l’attrazione per Rosina e
il desiderio di liberarsene (l’aria
dell’Atto I «Ohimè che smania
orribile! Mi perdo, mi confondo» è una perfetta rappresentache mal si concilia col ritratto bonario e un po’ naif che l’Otzione musicale del carattere morale dell’indecisione e dell’intocento ne volle tramandare. Ma anche quando era un comcoerenza). Completano il cast dei comprimari la vispa e tenepositore ormai celebre, nessuna delle sue opere ebbe una cirra Lisetta, cameriera della Baronessa, e il vispo e sanguigno
colazione fuori della solita cerchia. Troppo abituato alla viMasino, fratello di Rosina. In tutto sette personaggi, vocalta ben regolata della corte Esterházy, mal sopportava gli inmente un po’ uniformi come spesso accade nelle opere settrighi e la capricciosa volubilità del mondo teatrale: come aptecentesche: tre soprani, tre tenori, un basso buffo (Villotpare dalla sua replica stizzita («Io so bene che cosa ho scritto
to). Su tutti domina, moralmente non meno che vocalmene per chi») alla pretesa di cambiare la distribuzione dei ruoli
te, Rosina, l’eroina della vicenda, su cui si concentra l’elevocali nella Vera costanza per una rappresentazione nel 1779 al
mento aulico e sentimentale dell’opeteatro della corte di Vienna, che infatra, dalla nobile aria «Non s’innalza» ai
ti non ebbe luogo. E neppure si curò
soavi accenti del duetto «Con un tedi far rappresentare la sua ultima opeTreviso – Teatro Comunale
nero sospiro» (Atto I), dalla disperata
20 novembre, ore 17.00
ra, Orfeo ovvero L’anima del filosofo, scritta
21, 23 novembre, ore 20.45
esplosione in fa minore «Dove fuggo,
nel 1791 per Londra su incarico di Sa22 novembre, ore 20.45
over m’ascondo» sino all’aria di rasselomon e mai andata in scena per il falgnazione «Care spiagge, selve, addio»
limento dell’impresario Gallini.
La vera costanza di Franz Joseph Haydn
Impregnato della cultura del sen- libretto
di Francesco Puttini e Pietro Travaglia (Atto II). Il lieto fine al terz’Atto, con
tradizionale duetto d’amore («Rositimento e della sensiblerie in voga nelmaestro concertatore e direttore
na, vezzosina») e coro conclusivo in
la seconda metà del XVIII secolo, il
Jesús López Cobos/José Antonio Montaño
lode della virtù e della costanza. ◼
«dramma giocoso» La vera costanza,
regia Elio De Capitani
all’opera
natissimo di quanto di meglio passasse sulle scene europee.
Sul fronte operistico, dunque, la corte degli Esterházy fu, più
che un centro d’irradiamento, una vetrina fedele dell’esistente, meno interessata a rinnovare i canoni di genere quanto
ad assimilarli nella loro collaudata compiutezza. Appunto in
questo, per tornare alla questione iniziale, le opere teatrali di
Haydn differirono da quelle strumentali: nel fatto di essere
essenzialmente lavori intra moenia, laddove già negli anni settanta del Settecento le sue sinfonie e quartetti potevano avvantaggiarsi di forme più o meno autorizzate di circolazione
esterna, a contatto col libero mercato, da cui trarre nuovi stimoli e tensioni sperimentali. Quando nel decennio successivo cominciò ad affrancarsi dalla tutela degli Esterházy, fu
dunque naturale che Haydn vedesse non già nei vecchi meccanismi dell’opera ma nelle nuove forme della musica orchestrale e da camera il terreno più propizio per la sua affermazione: non solo perché la sua impronta originale vi era già riconosciuta, ma anche perché le possibilità di sperimentazione vi erano molto più ampie; dando prova, in questo, di una
consapevolezza della portata innovativa della propria musica
26 — all’opera
«Il trovatore»
secondo Denis Krief
Il capolavoro verdiano
di scena a Bassano di Arianna Silvestrini
all’opera
V
Oltre che a Padova e a Rovigo, l’opera andrà in scena a Bassano, una città che è stata terra di battaglie. Anche per questa
ragione mi sembrava giusto fare una riflessione intorno all’essenza della guerra. Per il manifesto, infatti, ho scelto l’immagine di un quadro di Fattori, l’immagine di un soldato risorgimentale colpito a morte che rappresenta gli italiani caduti per l’Italia.
Il mio sogno sarebbe accostare questo spettacolo a una rappresentazione di Intolleranza di Luigi Nono, perché nella dinamica descritta da Nono dell’italiano del Sud che viene al
Nord ritroviamo la stessa dinamica di un italiano contro un
altro italiano. Ed è così che solitamente la gente vive la politica, come l’uno contro l’altro. Il Trovatore è un’opera molto
simbolica, non naturalistica né veristica; è un’opera unica dove tutto avviene a una velocità estrema e in cui le catastrofi
si risolvono in soluzioni musicali geniali. È un’opera di grande attualità, in cui ritrovare la nostra forza e la nostra storia.
Lo spettacolo si inserisce nell’ambito del progetto LI.VE ed
enerdì 20 novembre andrà in scena a Bassano del
Grappa Il trovatore di Verdi per la regia di Denis Krief, il
quale ci parla del suo nuovo allestimento, prodotto nell’ambito
della rassegna LI.VE (lirica veneto) e sostenuto dalla Regione.
«Non ha senso, per me, fare cose già sperimentate, pertanto questo allestimento sarà assolutamente nuovo. Nella costruzione della messinscena sono partito dall’analisi del testo
e di ciò che più mi ha colpito di quest’opera straordinaria. La
storia del Trovatore è fondamentalmente la storia di un
fratricidio. Un fratello uccide l’altro fratello: è il principio della guerra civile. Nel
Trovatore ritroviamo un tema
molto antico e presente nella
Bibbia, nella mitologia greca
e romana, quello dello scontro tra fratelli e della spartizione della città in due entità.
Qui si scontrano due fazioni, una capeggiata dal Conte di Luna e l’altra dal Trovatore, che si ammazzano tra
loro. Quello che ho cercato di analizzare è come si arriva alla guerra civile e qual
è l’insegnamento di questo
capolavoro.
La cosa curiosa è che Verdi
esordisce con queste opere,
che mettono in scena appunto uno scontro molto violento, subito dopo le lotte risorgimentali. È un momento
Il trovatore,
in cui gli ideali sulla giovane
bozzetto di Ludwig Zuckermandel-Basserman
Italia si scontrano con conper il Teatro Municipale di Münster, 1936
flitti e prese di posizione di
diverse fazioni. Verdi era un
po’ disgustato da questa siè meraviglioso come queste tre città, grazie alla bravura dei
tuazione. In effetti, penso che la guerra civile sia la cosa più
loro dirigenti culturali, abbiano unito le forze per produrre
orribile a cui si possa assistere. Ed è proprio una guerra senun’opera bellissima e per dare vita a una vera collaborazione.
za pietà anche quella che si fanno Manrico e il Conte, una
Tra l’altro questa è un’ottima occasione, per me, per approguerra in cui la madre terra riceve il sangue di due fratelli e
fondire la conoscenza del Veneto, in particolare incontrando
non piange. Una madre terra crudele, quindi, e infatti Azucegli studenti delle scuole e confrontandomi con loro. È quello
na, in conclusione, dirà «o madre, sei vendicata». È una terra
che, una volta, si chiamava azione culturale, ben diversa dalsenza pietà che vuole la morte dei suoi figli. È una cosa atrole operazioni di intrattenimento molto in voga oggi. Il pubce. E per cosa lottano questi uomini? Lottano per una donblico deve sapere che non viene a teatro per vedere dei vestina che rappresenta un ideale, come potrebbe essere l’Italia. E
ti, ma per pensare. All’opera sono nate delle vere rivoluzioni
questa donna, Leonora, che sembra essere fuori del mondo,
culturali. Penso ora al Trovatore di Visconti che provocò adsceglierà e amerà Manrico, il debole. Sceglie il poeta contro
dirittura l’indignazione del pubblico della Fenice il quale rela razionalità dello speculatore. Anche se Il Trovatore si presta
agì lanciando i manifesti dello spettacolo sul
a un’interpretazione marxista, non ho voluto
palco. L’allestimento per LI.VE sarà nuovo e
mettere in scena – come forse avrei fatto qualBassano del Grappa
cercherà di spingere il pubblico a pensare». ◼
che anno fa – la lotta tra classi sociali, bensì il
Palabassano
dolore e la sofferenza dello scontro tra fratelli.
20, 22 novembre, ore 20.30
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All`Opera - Euterpe Venezia