POSTE ITALIANE S.P.A. - SPED. IN ABB. POST. D.L. 353/2003 (CONV. IN L. 27.02.2004, N.46) ART.1, COMMA 1, DCB ROMA GIOVEDÌ 18 LUGLIO 2013 ANNO XI • N°140 € 1,00 ADDIO CERAMI Ha scritto i film di Benigni e Amelio. Ma è il rapporto con Pasolini, l’ex insegnante, che ha A PAGINA 3 segnato la sua letteratura ■ ■ RIFORME LA CRISI KAZAKA DOMANI AL SENATO LE MOZIONI DI SFIDUCIA, IL PREMIER CI SARÀ Renzi vuole la premiership? Dica quale sistema vuole EDITORIALE Governo in crisi no, indebolito sì STEFANO MENICHINI CLAUDIO PETRUCCIOLI I L a crisi in cui si trova l’Italia può essere affrontata e superata facendo conto su partiti che riacquistino rapidamente consenso, capacità di governo e di decisione (ipotesi alla base della maggioranza attuale, cui si affida il governo Letta come si era affidato il governo Monti)? Ovvero è necessaria in tempi brevissimi una riforma costituzionale che sposti decisamente nelle mani degli elettori il potere di investire maggioranze e governi? SEGUE A PAGINA 4 ■ ■ PRIMARIE Attenti agli albi, possono scoraggiare l’affluenza MARIO LAVIA A pparentemente, Guglielmo Epifani dice una cosa lapalissiana: «Alle primarie del Pd non devono votare elettori di altri partiti». In realtà le cose sono più complicate e davvero senza polemiche la questione merita di essere affrontata perché il Pd su questo punto rischia di rendersi la vita difficile con discussioni bizantine su regole inutilmente complicate. E dunque di commettere un errore. SEGUE A PAGINA 4 ■ ■ LAVORO Non solo flessibilità ma politica attiva TIZIANO TREU I l decreto lavoro ha cominciato il suo iter al senato che si dovrà concludere prima dell’estate. L’avvio è facilitato dall’esito positivo dell’incontro del ministro Giovannini con le parti sociali. Lo confermano le dichiarazioni dei presidenti delle commissioni lavoro del senato, Maurizio Sacconi e della camera Cesare Damiano, che convengono nell’apprezzare il percorso indicato dal ministro da qui a settembre finalizzato ad un accordo con le parti. SEGUE A PAGINA 5 Lo scudo di Letta per Alfano, boccone amaro per Pd e Renzi Il Pdl resiste al pressing sul ministro degli interni, i democratici non possono aderire alla sfiducia. Il sindaco di Firenze si sfoga contro i berlusconiani e gli avversari interni FRANCESCO LO SARDO «N on vedo nubi all’orizzonte, il paese sa quali sono le sue responsabilità e necessità per l’economia e per la crescita»», diceva ieri da Londra Enrico Letta. «Non vedo nessun problema con il mio partito né con Renzi, sono tranquillissimo». Il presidente del consiglio, che parla di «ripresa impossibile senza stabilità politica», sfoggia un aplomb fuori dal comune nel giorno della bufera nel Pd sull’affaire Ablyazov e della valanga dem, da Renzi a Bindi, da Cuperlo a Finocchiaro, che chiede le dimissioni da ministro dell’interno di Angelino Alfano (anche se in serata Epifani ha frenato). La tensione sale in vista del voto di venerdì a palazzo Madama sulle mozioni di sfiducia al ministro di M5S e Sel. «Venerdì sarò al senato e parlerò», ha annunciato Letta, che sarà accanto al titolare del Viminale, suo vicepremier. Ma quel che dirà Letta non sarà così diverso da quanto ha già affermato: «Ho letto attentamente la relazione del capo della polizia Pansa, da cui emerge la totale estraneità del ministro Alfano. Ho chiesto fin dall’inizio la total disclosure su questa vicenda. È tutto pubblico, è tutto chiaro». Il Pdl, da Berlusconi che affida il suo «Alfano non si tocca» al Corriere della Sera, a Schifani e Brunetta, fa quadrato attorno al ministro-segretario del partito. Oggi, nella riunione dei senatori Pd, i tredici renziani, ma non solo loro, chiederanno le dimissioni di Alfano «oggettivamente indifendibile: un passo indietro serve a restituire al governo la necessaria credibilità». Accusa il Pdl: Renzi attacca Alfano ma vuol far cadere Letta. Ma anche dal Pd volano strali: «Renzi non tiri troppo la corda». Replica il sindaco di Firenze: «Indegno scaricare tutto sulla polizia. Non voglio far cadere il governo. Comunque se cade Letta non si va a votare». «Per la polizia il caso è chiu- SCELTE DEM S R Rivolta per chiedere la testa d del ministro ma Epifani fr A PAGINA 2 frena so», dice intanto Pansa. Prima del primo giugno «i ministri non sapevano dell’espulsione della Shalabayeva e della figlia» e «Procaccini non ha mai detto che Alfano era stato informato dell’espulsione. Era informato delle ricerche del latitante, non dell’espulsione: non sapendolo lui, non poteva riferire al ministro». Oggi cerimonia del Ventaglio al Quirinale. C’è attesa per quel che dirà Napolitano. In senato ciascuno voti come vuole, ma è improbabile che il Colle smentisca il capo della polizia e il governo. @francelosardo ■ ■ IL VIAGGIO A RIO ■ ■ LIGRESTI & C ■ ■ ROBIN Effetto Francesco sulla Gmg La maledizione Alitalia e la fine dei “patrioti” Larghe MARIA GALLUZZO A GIOVANNI COCCONI E ppuntamento a Rio de Janeiro. La lunga trasvolata per partecipare alla ventottesima Giornata mondiale della gioventù che, sul fronte della tenuta fisica, tanto preoccupava Benedetto XVI si trasforma nel primo viaggio internazionale di papa Francesco. ra il 5 dicembre del 2008 quando Silvio Berlusconi li invitò a cena a Villa Madama per ringraziarli uno a uno. «Siete dei patrioti ma avete fatto un affare» si sentirono dire Ligresti, Tronchetti Provera, Riva, Bellavista Caltagirone, Angelucci. SEGUE A PAGINA 4 SEGUE A PAGINA 2 Per essere delle larghe intese, ci si sta un po’ troppo stretti. l momento nero del governo Letta inizia fattualmente nei giorni del rapimento di stato di Alma e Alua Shalabayeva. Ma il punto di svolta politico si colloca più avanti, nella prima settimana di luglio, ed è quando comincia a diffondersi la convinzione che il governo possa reggere molto più del previsto e del prevedibile. Almeno fino al 2015, per via del semestre di presidenza italiano della Ue. Qualcuno aggiunge l’Expo, e si arriva addirittura al 2016. Fra tanti errori altrui, questa è stata l’imprudenza del presidente del consiglio. Strana, visti il carattere e la cultura. Far capire al proprio partito che la fine delle larghe intese potrebbe essere remota. E dire a Matteo Renzi che il suo appuntamento col destino è rinviato a un futuro indefinito e lontano. In queste ore Letta paga il prezzo di questa ambizione di durata. Comprensibile, vista l’agenda delle emergenze nazionali. Eccessiva, in rapporto alla solidità del quadro politico. Come ha scritto ieri sera lo stesso Renzi, non sta scattando la tagliola crisi-elezioni anticipate. Infatti. È solo in corso un’operazione di ridimensionamento del governo e del premier. L’attacco di Renzi su Alfano può finire solo bene per il sindaco. Accantonando l’ipotesi della caduta del governo (e sapendo c’è ancora da fare la riforma elettorale), Renzi vince anche solo intestandosi la battaglia contro le vergogne del Viminale: se arriva a far saltare Alfano, si impone come capo del partito (che è tutto su questa linea) ben prima del congresso; se non ci riesce (perché alla fine Letta ed Epifani non percorrono fino in fondo questa strada, o ne vengono impediti), Renzi comunque ha cancellato l’unico fattore negativo che gli rimaneva appiccicato: quello del frequentatore di Arcore. La nemesi, contro chi gli dava del cripto-berlusconiano, è completa. Le carte per uscire dall’impasse le ha comunque ancora Letta. Ieri a Londra non ha solo sottolineato «l’estraneità di Alfano» dalla vicenda kazaka. Ha anche stressato molto il valore prioritario e soverchiante della stabilità politica, indispensabile all’Italia per darsi qualche chance nel mondo. Un messaggio per il “destabilizzante” Renzi? Forse. Forse però sull’altare della stabilità politica ci sono sacrifici che possono essere chiesti, o imposti, anche ad altri. Per esempio, a chi avrebbe davvero tutto da perdere da una crisi di governo. Per esempio, a Berlusconi. @smenichini Chiuso in redazione alle 20,30 giovedì 18 luglio 2013 2 < N E W S A N A L Y S I S > PD Il partito in rivolta chiede la testa di Alfano. E Renzi va ancora all’attacco LORENZO BIONDI S tavolta la spaccatura è seria. Matteo Renzi da un lato, Enrico Letta (con l’ombra del Quirinale) dall’altro. E il partito ormai compatto – pur con una serie di sfumature – nel chiedere le dimissioni di Alfano dalla poltrona degli Interni. Fino alla tarda mattinata di ieri, tutto si era svolto secondo un copione consueto. Fuoco di sbarramento dai ranghi del Pd contro l’attivismo del sindaco di Firenze. Emanuele Fiano lancia un monito al sindaco: «Se qualcuno si rende responsabile della caduta di un governo, gli italiani non perdonano». Giuseppe Civati spiega senza giri di parole che, se il governo è a rischio, è colpa in primo luogo della «sfida Renzi-Letta». Ma nel corso della giornata le voci che chiedono un «passo indietro» di Alfano si moltiplicano. Ci sono i “soliti” senatori renziani. Poi però la sorpresa. Interviene Gianni Cuperlo, candidato alla segreteria di un’ampia fetta della “sinistra” del partito: da Alfano «servirebbe un atto di responsabilità», cioè – si legge tra le righe – dimissioni “spontanee” prima di un voto del parlamento. Alcuni segnali da quell’area del Pd erano partiti già nei giorni scorsi, quando Matteo Orfini aveva spiegato via Twitter di condividere la richiesta di dimissioni sostenuta da Repubblica. Ma l’uscita di Cuperlo segnala che si è raggiunto un consenso più ampio. La conferma arriva qualche ora più tardi. Anna Finocchiaro si unisce alla richiesta di un «gesto di responsabilità» da parte di Alfano, aggiungendo che questo «rafforzerebbe il governo». Non quindi uno showdown parlamentare, col Pd che vota la sfiducia, ma una decisione unilaterale del ministro, che potrebbe anche restare vicepremier. Fonti vicine alla segreteria dem hanno fatto sapere che lo stesso Guglielmo Epifani avrebbe detto a Dario Franceschini, ministro per i rapporti col parlamento, che – in ogni caso – la relazione di Alfano di martedì «non può bastare». E il premier che ne pensa? Ieri, da Londra, ha ribadito che «dalla relazione di Alessandro Pansa emerge l’estraneità di Alfano» all’arresto di Alma Shalabayeva. Ma «con Renzi nessun problema», ha assicurato. Lo stesso sindaco, in una eNews inviata ieri sera, giura di non aver «nessun interesse a far cadere Letta». Poi però ci va giù duro: «Penso a quella bambina e mi vengono i brividi». Di fronte allo scaricabarile dei politici «io sto con le forze dell’ordine». E ancora, durissimo contro il partito: «Se molti dirigenti del Pd non vogliono che mi candidi, va bene. Se preferiscono perdere le elezioni pur di mantenere una poltrona, va bene. Ma ci facciano la cortesia di non strumentalizzare una vicenda di cui come italiano mi vergogno». Oggi alle 15 Epifani incontra i senatori dem, in vista della relazione di Letta domani a Palazzo Madama. Se Alfano si dimettesse sua sponte, toglierebbe le castagne dal fuoco al Pd. Ma se questo non accadesse, lo scontro interno è destinato a farsi ancora più aspro. @lorbiondi LA MISSIONE IN INGHILTERRA Il premier a Londra si sforza di non vedere le nubi, ma Astana non lo molla PAOLO CAMPO I l premier beve, una, due volte, come a prendere il tempo giusto, mentre crepitano come schioppi le domande dei giornalisti alla ambasciata italiana a Londra. Appena finito l’incontro con il leader laburista, “Edward Miliband”, come lo definisce vezzosamente il sito di Palazzo Chigi, ma la curiosità dei cronisti, nel giorno più lungo di Enrico Letta, non è per il futuro dei progressisti europei. Mentre le polemiche sulla ricostruzione della vicenda kazaka presentata in parlamento da Angelino Alfano non si placano, il presidente del consiglio sa che l’unico modo per portare a casa la giornata è quello di «stare nella scatola», conferenza stampa dove il caso kazako a malasecondo l’insegnamento degli spin doctor amepena si affaccia, un no comment, tanto i croniricani. Fiducia in Alfano, annuncio che sarà in sti inglesi sono interessati solo ai riaula per la mozione di sfiducia, sottosvolti del conflitto di interessi di uno lineatura dei colloqui avuti a Londra, stretto collaboratore di Cameron con le interviste con la Cnn, il tour nelle Incontri Big Tobacco. A ognuno il suo Alfaredazioni dell’Economist e del Financial no. Times, stop, non una parola di più. Tan- con Cameron La delegazione scivola di appunto che, quando alla fine arriva una do- e Miliband, tamento in appuntamento, tra Dowmanda sugli investimenti esteri, il soning street, il Center for European Respiro di sollievo arriva fino a Roma, giornali form, uno dei think tank più prestigiodove la nottata non sembra passare. e business si, dove lo accoglie Bill Emmott; c’è Nella Capitale si lavora per sminaspazio anche per un taglio di nastro re la grana Alfano, in un triangolo di- community nella nuova sede del Consolato italiasegnato da Nazareno, palazzo Graziono a Farringdon street. li e parlamento. Parallelamente nella Ma quando Letta insiste che tutti gli interCity il premier incontra il suo omologo David locutori gli hanno solo parlato di «stabilità», Cameron, strette di mano e sorrisi, poi una della importanza che il quadro italiano tenga, come nascondersi che la eco delle prese di posizione dei renziani o delle parole di Berlusconi per blindare il delfino arrivino a Londra amplificate, altro che attutite. Il premier deve dare fondo a tutta la sua professionalità, sul caso kazako abbiamo perseguito una politica di «full disclosure», non vedo nubi all’orizzonte, in un esercizio, tra l’equilibrio e l’equilibrismo. Marcato stretto dall’angelo custode, il portavoce Gianmarco Trevisi, l’orecchio a quello che succede a Roma, finiscono sullo sfondo i temi europei, così cari. Almeno in trasferta, il tiki-taka di Letta addormenta il gioco, ma domani il ritorno, se Alfano non lascia prima, si gioca in casa. E non è un vantaggio. LA CABINA DI REGIA Saccomanni prova a sciogliere i nodi Imu e Iva. La maggioranza alla prova RAFFAELLA CASCIOLI L a cabina di regia tra governo e maggioranza che si riunirà oggi per affrontare i nodi dell’Imu, dell’Iva e del lavoro non potrà non tener conto né dell’aggravarsi del clima economico né del peggioramento di quello politico. E così se ieri da Londra – dove ha concluso la due giorni di incontri con il premier Cameron, il leader del partito laburista Miliband e la comunità finanziaria – il presidente del consiglio Enrico Letta ha sottolineato come dall’estero si chieda solo la stabilità per poter investire in Italia, non c’è dubbio che da oggi occorrerà raddoppiare gli sforzi per la crescita e la disoccupazione. Con Giovannini impegnato a Mosca per la riunione dei ministri del lavoro del G20, oggi sul tavolo di governo e maggioranza convocato dal ministro Franceschini finiranno le ipotesi messe a punto sull’Imu dal ministero del tesoro, che si presenta al tavolo con un ricco dossier di proposte, ma anche il piano per un nuovo rinvio dell’Iva a fine anno e i tagli alla spesa pubblica. Da un lato, occorrerà sciogliere il nodo tutto politico se procedere con la cancellazione dell’Imu sulla prima casa o affrontare, invece, un innalzamento della soglia di esenzione a 600 euro sulla prima casa che di fatto consenti- rebbe all’80% dei proprietari di non pagare l’imposta o, ancora, optare per l’introduzione di una service tax in cui comprendere anche la Tares: sul piatto una differente copertura che va dai 4 ai 2 miliardi di euro. C’è poi il rinvio dell’Iva che con ogni probabilità finirà nella legge di stabilità e che potrebbe essere coperto con tagli della spending review per 1 miliardo. Infine il nodo del lavoro con la necessità di ridurre il cuneo fiscale e, nel contempo, rifinanziare la cassa integrazione in deroga. Ieri, intanto, l’aula del senato ha convertito definitivamente con un’ampia maggioranza (245 sì, appena 3 no e 16 astenuti) il provvedimento sulla sospensione dell’Imu al 16 settembre e sul rifinanziamento della cassa integrazione. Tuttavia, a preoccupare è il continuo deterioramento della situazione economica con Bankitalia che ieri ha rivisto al ribasso il dato sul Pil italiano destinato quest’anno a diminuire dell’1,9%, Nel bollettino economico di Via Nazionale di fatto si raddoppiano le stime della contrazione del Pil rispetto alle previsioni di gennaio. Per la banca centrale sulla ripresa italiana gravano notevoli incertezze legate sia alle prospettive internazionali (e dunque all’export) sia alla liquidità delle imprese e all’offerta di credito, oltre che all’incognita dello spread. Se a questo si aggiunge un clima politico tutt’altro che disteso sia intorno al governo che tra Pd e Pdl si capirà come, nonostante la tentazione di archiviare quello di oggi come un incontro interlocutorio, ci sia la necessità di trovare un’intesa di massima sui dossier più scottanti. @raffacascioli ••• LIGRESTI & C ••• La maledizione Alitalia e la fine dei “patrioti” SEGUE DALLA PRIMA GIOVANNI COCCONI M ai avrebbero immaginato, cinque anni dopo, di ritrovarsi tutti nei guai. Certo, è solo una coincidenza. Ma i fatti di ieri – l’arresto della famiglia Ligresti e la condanna di Tronchetti Provera – non solo confermano la maledizione Alitalia ma sanciscono la caduta anche simbolica di una cordata di imprenditori che aveva stretto un patto non scritto con la politica: favori in cambio di protezioni. Già, la maledizione Alitalia. Il richiamo all’italianità della compagna di bandiera servì al Cavaliere per lanciare la campagna elettorale per palazzo Chigi nel 2008. Pochi mesi dopo, con la regia della Banca Intesa di Corrado Passera, la parte sana dell’azienda veniva smembrata e venduta ai “patrioti” amici, mentre la bad company veniva caricata sulle spalle dei cittadini, con il regalo di sette anni di cassa integrazione che gridano ancora vendetta. Oggi Alitalia si trova di nuovo sull’orlo del fallimento, si torna a parlare di salvataggio pubblico, i soci della Compagnia aerea italiana sono in fuga e la stessa AirFrance, colpita dalla crisi, sembra aver voglia di volare via. Non solo. Con poche eccezioni, molti dei protagonisti di quell’operazione sono travolti da scandali, inchieste, sequestri, condanne. Basti pensare al brutto affare dell’Ilva della famiglia Riva o a Francesco Bellavista Caltagirone, il patron dell’Acqua Marcia, arrestato per frode fiscale, al quale sono stati sequestrati beni per 145 milioni. Il signore dei pedaggi autostradali Marcellino Gavio non c’è più mentre la holding della famiglia Angelucci nella sanità, la San Raffaele spa, è sotto processo per truffa ai danni della regione Lazio. Anche per il gruppo Marcegaglia, coinvolto nell’operazione Alitalia solo con una piccola quota dello 0,88 per cento, non sono mancati i guai giudiziari. Ieri, poi, il clamoroso arresto di tutta la famiglia Ligresti, con le accuse di falso in bilancio e aggiotaggio: sono fi- nite in carcere le figlie Giulia Maria e Jonella e tre top manager, mentre il patron di Fonsai, Salvatore, 81 anni, è finito agli arresti domiciliari. Per gli inquirenti il figlio Paolo, ufficialmente latitante, era pronto a scappare all’estero. Ma la notizia forse più clamorosa del giorno è la condanna per ricettazione del numero uno di Pirelli ed ex presidente Telecom Tronchetti Un gruppo di Provera nel processo sul caso Kroll, uno dei tanti imprenditori filoni della vicenda dei dossier illegali fabbricati che aveva da Giuliano Tavaroli quando era a capo della security del colosso delle telecomunicazioni. stretto un patto I “patrioti” di Alitalia, per fortuna, non esaunon scritto con riscono tutto il capitalismo italiano. Però, certo, ne rappresentano un esemplare storicamente no- la politica to, che parla di mercato, frequenta il salotto buono ma ama flirtare con il Palazzo per presidiare meglio settori protetti come le autostrade, la sanità o le telecomunicazioni. Capitani poco coraggiosi. @GiovanniCocconi primo piano 3 giovedì 18 luglio 2013 L’ultimo figlio di Pier Paolo STEFANO CIAVATTA Letteratura e cinema I n una Roma sempre pronta al disprezzo caciarone del “chi sei? non sei nessuno” Vincenzo Cerami è stato prima di tutto l’ex alunno tredicenne del professor Pier Paolo Pasolini all’istituto privato “Francesco Petrarca” di Ciampino. Nei primi anni cinquanta il poeta 29enne insegnava latino, storia e geografia, con «una camicia tutta sdrucita e la cravatta che era uno straccetto lacero». Cerami era un bambinone «timido cronico» ma con quel professore ci giocava a pallone. Anni prima aveva rischiato di morire per difterite, era rimasto cieco per un anno. Nei progetti del padre, maresciallo d’aeronautica, era destinato all’accademia Non ha vinto miliare. Invece divenne premi letterari, l’esordiente di successo del 1976, autore del romanzo non lascia borghese piccolo piccolo eredi. Il ricordo Un (Garzanti), un bestseller di Cordelli e portato al cinema da Alberto Sordi e che per deMinore cenni segnò la fama dello scrittore, diventato in seguito drammaturgo e sceneggiatore candidato all’Oscar. Poi nella maturità divenne anche l’autore di un fortunato libretto Consigli a un giovane scrittore (Einaudi Stile Libero, 1996), spaziando tra narrativa, cinema, teatro e radio, trovandosi a proprio agio nel ruolo del maestro. Benigni, per cui scrisse Il piccolo diavolo, Ha scritto i film di Benigni e Amelio. Ma è il rapporto con il suo ex insegnante che ha segnato la scrittura di Vincenzo Cerami, morto ieri a 72 anni Il mostro e La vita è bella, lo descriveva con una fisiognomica stralunata: «Di media statura, belloccio, bulimico, capace di entrare in casa e mangiarsi un rotolo di Scottex senza salutare, zuppo di una cattiveria che si sdipana solo a guardarlo negli occhi, timido fino a mimetizzarsi con la tappezzeria, molto erotico quando balla il rock, vive e dorme anch’ egli con la luna in un sogno diurno che dura da sempre». Ma Cerami era diverso: aveva il volto largo e bonario di Stracci de La Ricotta e la presenza forte del centurione, mascellone e occhi piccoli, voce perentoria, un romano solido da busto di marmo nelle gallerie dei musei Vaticani, dove i teppisti beffardi dei busti del Gianicolo e Pincio non arrivano a scalfire i nasi. RICORDO FRANCESCO MAESANO Lo Strega Siti: «N «Grazie a lui ho capito chi era Pasolini» on sono adatto a queste cose. L’ho saputo adesso...». Ieri pomeriggio Walter Siti, premio Strega nuovo di zecca, custode dell’opera pasoliniana per i Meridiani, non aveva molta voglia di condividere i primi ricordi che, dopo la scomparsa di Vincenzo Cerami, hanno preso a zampillargli nella memoria. Poi il narratore ha avuto il sopravvento e la storia di quel primo incontro, oltre trent’anni fa, ha preso la forma di un pomeriggio lontano dedicato alla lettura pubblica delle Ceneri di Gramsci: «Era il 1980, io e Cerami avevamo fat- Negli anni ‘90 in tv durante Babele di Augias, per il concorso “Un rigo, una frase appena” lesse da un foglietto, in equilibrio precario sullo sgabello, il suo breve racconto, con grande mestiere, “una porta che sbatte, una donna che se ne va”. Per Franco Cordelli, raggiunto telefonicamente da Europa, «era un artigiano, e non per voler essere riduttivi, rimasto però autore di un solo libro di successo». Della fabbrica di Cerami esistono eredi romani? «Non credo, aveva ereditato un mondo già antico di per sè, quello pasoliniano, si potrebbe dire, esagerando in senso filologico, che Siti con il Contagio gli ha rubato la scena. Del resto aveva percorso tante vie, ultimamente era apparso come un eccellente critico cinematografico sul Sole24ore». L’artigiano Cerami aveva trovato a Roma una palestra molto importante, la redazione del Messaggero, da lì nacque Fattacci (Einaudi, 1997): «E’ il libro più facile di Vincenzo- ricorda Renato Minore a Europa- più spietato, andava oltre il sottoproletariato di Pasolini illuminato da una forma quasi religiosa di vivere. In Cerami diventa tutto spietato, è il mondo della piccola e media borghesia. Fece il praticantato al Messaggero che aveva già 40 anni. Lui era una tastiera umana eclettica e incessante, al giornale si trovò dentro una macchina di concretezza, di stimolo immediato che poi era il suo talento naturale. È stato anche un grande performer, non ha mai vinto un premio letterario. Forse avere una tastiera molto ampia di scritture non ha giovato allo scrittore che pure ha scritto bei libri come i racconti de L’ipocrita e il romanzo storico La Lepre». to amicizia tramite Graziella Chiarcossi (cugina di Pier Paolo Pasolini e moglie di Cerami ndr). Sapevo della sua amicizia con lui, del loro lavoro insieme già da Uccellacci, uccellini. Da allora in poi, durante tutte le mie visite a Roma per lavorare su Pasolini, mi sono sempre sentito protetto da quella persona estremamente accogliente, capace di affetto, prodigo di calore famigliare». Cerami era il medio, l’interposta persona del rapporto tra Siti e il poeta. «Era riuscito a fargli leggere il suo primo “Con lui mi sono sempre sentito protetto, era capace di affetto” Minore aggiunge: «Un borghese piccolo piccolo era stato presentato da Pasolini e da Calvino che aveva scritto eccezionalmente la quarta di copertina. Ma poi il secondo libro Amorose presenze aveva spiazzato tutti per eccesso. Siti ha avuto una parabola letteraria più concentrata, Cerami veniva da lontano. Aveva una grande voglia di contaminarsi, di sfuggire e si è ugualmente realizzato, andando persino in Giappone per frequentare scuole di scrittura televisiva». Ricordi di scuola Una foto di Vincenzo Cerami, a sinistra, con Pier Paolo Pasolini a Roma romanzo prima che morisse e parlargli era un modo per sapere qualcosa del Pasolini più privato, per sentirlo in qualche modo più vicino. Siamo rimasti in contatto per anni. Gli facevo leggere le mie prime cose da scrittore, era un’amicizia a cui tenevo. In seguito, col passare del tempo, con lo scorrere della vita, il rapporto si è un po’ dissolto. Abbiamo cominciato a vederci sempre meno ma tutte le volte era molto affettuoso con me». Qualche giorno prima che Siti vincesse lo Strega, il 4 luglio scorso, c’era stata l’ultima telefonata. «Avevo sentito sua figlia e da lei avevo saputo che Vincenzo era ammalato da tempo. Non volevo chiamarlo. Era molto riservato. Sapevo che non voleva pettegolezzi o chiacchiere» racconta Siti. «Poi è stata lei a spingermi a comportarmi nel modo più normale possibile». Ma la finale dello Strega alle porte, che pochi giorni dopo Siti avrebbe stravinto, è rimasta fuori da quell’ultimo dialogo. «Aveva la voce affaticata e, francamente, di tutto avevo voglia di parlare meno che di premi letterari. Come stai? Gli ho chiesto. Sto lottando, mi ha risposto». @unodelosBuendia giovedì 18 luglio 2013 lettere e commenti 4 FEDERICO ORLANDO RISPONDE Cara Europa, da marchigiano e da elettore di centro (sinistra) gravato dai pesi di tutte le famiglie non ricche, vorrei pregare la nostra Laura Boldrini, che in poco tempo ha mostrato tutta l’autorevolezza di cui è dotata, di non aggiungere, coi suoi No alle trasmissioni Rai di Miss Italia, tornate “un problema” come ai tempi di Pio XII, altra carne ai problemi reali; tanto più che di “pelle” vera, maschile e femminile, splendida di sole e salsedine, ne vediamo a volontà sulle nostre spiagge marchigiane e ci fa evadere per un po’ dalle angustie quotidiane. Prima gli F35, poi i rifugiati kazaky, poi lo ius soli (da solo?), infine oranghi leghisti o terroristi No Tav, ora “culi e tette” di Miss Italia. Ma quando ci occuperemo delle cose che ci toccano? Tra le quali anche la pedagogia della differenza tra estetica e cattivo gusto, purché fatta di idee e non di fogli d’ordine della signora Tarantola. Ennio Danese, Urbino Per favore, Boldrini, non metta altra carne a cuocere C aro Danese, mi scusi se ho fatto passare qualche giorno prima di rispondere, il tema francamente non è all’ordine del giorno del paese, salvo per la Tarantola e qualche altro gerarca Rai in odor di sacrestia. Forse non avrei neanche risposto se non avessi visto “dilagare” una polemica di molti artisti leggeri col presidente della camera; e, soprattutto, non fossi stato colpito dalla fotografia a tutta pagina di una campionessa polacca di tennis, Agnesa Radwanska, 24 anni, nel suo splendore di Venere rinascimentale, e per questo espulsa dal gruppo cattolico polacco di cui era ambasciatrice nel mondo. Come vede, basta poco ad accendere il fiammifero e il pagliaio. La Polonia è stata sempre terra illiberale di fanatismi e di progrom antiebraici. (A parte le pagine di gloria militare che ogni Tamerlano, Cesare, Pilsudski o Carlo Magno scrive per la sua parte e che da sole non fanno la cultura di un popolo o di un epoca). Anche nei nostri giornali ieri c’era la “caccia alla donna”, con foto di star e cantanti che hanno “fatto soldi” alla corte di tiranni orientali, come quelli – per dire – coi quali noi facciamo soldi scambiando carne umana (mamme, figlie) contro petrolio. Dico queste cose perché una persona di superiore intelligenza come la Boldrini vi dedichi un pensiero ulteriore, contemperando gli sdegni accumulati a ragione nella sua vita con le previsioni possibili di ogni nuovo divieto. Per esempio, riflettendo sulla pagina di Repubblica “al bello assoluto” nella storia della pittura, la Venere di Urbino di Tiziano, che offre integra la sua luce e i suoi probabili pensieri; o sui tanti capolavori dipinti dai geni per re, imperatori, duci, duchi, imperatrici, mercanti, satrapi e altri acquirenti che tagliavano teste e accendevano roghi. È la tragica “commedia” della vita, e conviene non pretendere di razionalizzare tutto. Si può però distillare con moderazione nuove leggi e le proposte di cambiamento, in modo che la società, se convinta, possa tenere il passo e non si predisponga al rigetto. Certo, caro direttore Bernabé, ogni televisione dev’essere pedagogica. Ma, diceva il pedagogo Valitutti, a lei ben noto, purché faccia pedagogia con la cultura, non coi fideismi. Altrimenti siamo punto e a capo col fascismo, in tonaca, in orbace o in colbacco. ••• COSTITUZIONE ••• Renzi vuole la premiership? Dica quale sistema vuole SEGUE DALLA PRIMA CLAUDIO PETRUCCIOLI V ale a dire, una riforma necessariamente di carattere complessivo perché deve ridefinire ambiti e relazioni fra tutti i poteri dello Stato (compreso ovviamente quello giudiziario)? Questa è la domanda strategica che oggi dovrebbe essere al centro di qualunque dibattito, di qualunque scelta, di qualunque decisione; comprese quelle che investiranno il congresso del Pd (ma non diversamente si presentano le cose sulla destra). Da quel che si vede, non c’è da essere ottimisti; di tante cose si parla e si vuole parlare ma non di questo. Come se non fosse proprio qui la scelta che oggi definisce tanto l’identità quanto la funzione nazionale e la proiezione nel futuro di una forza politica; la scelta decisiva con la quale si deve misurare una leadership. Una onesta e attenta riflessione sulla storia fornisce elementi univoci e chiarificatori. Prendiamo Togliatti. Dopo il ritorno in Italia il capo del Pci fece una scelta fondamentale: unità contro tedeschi e fascisti, liberazione nazionale, rinvio a dopo della “questione monarchica”. Avviò la costruzione di una inedita forza politica: il “partito di tipo nuovo”. Ma chiuse poi il cerchio partecipando da protagonista alla definizione dell’assetto costituzionale avendo in mente idee precise per la regolamentazione della Repubblica. Senza quest’ultimo elemento, anche gli altri due sarebbero restati aleatori, confusi, non sarebbe stato possibile dare loro respiro e prospettiva. Tanto per dirne una, non sarebbe stato possibile costruire nei fatti un partito come il Pci se non ci fosse stata quella Costituzione. Non basta? Andiamo in Francia: De Gaulle, quando – chiamato da partiti esausti e dimissionari, come quelli italiani di oggi – varò la V Repubblica non definì solo una nuova costituzione, creò anche le condizioni per una generale riforma delle forze politiche. Che, infatti, avvenne; sia pure nel corso di anni, perché cambiare e innovare i partiti non è una cosa che si fa dall’oggi al domani. La sinistra riuscì – con Mitterrand – a completare la propria trasformazione inno- vatrice quando la saldò con una chiara scelta di carattere istituzionale, cioècon la convinta accettazione del quadro della V Repubblica entro il quale si collocò, attivò la competizione, e vinse. La definizione delle forze politiche, della loro identità, e la messa a punto degli assetti costituzionali, del funzionamento delle istituzioni, sono ambiti diversi, ma inscindibilmente connessi. Non si può pensare e realizzare un partito senza sapere in quali istituzioni opererà, e perché si vuole che siano quelle e non altre. La perplessa impotenza che si registra oggi sul fronte della “identità del Pd” non è altro che l’altra faccia dell’ottuso rifiuto a considerare l’esigenza e l’urgenza di una riforma istituzionale e costituzionale. Mario Tronti (l’Unità del 16 luglio) coglie il problema; ma si illude di poterlo risolvere arroccandosi nel conservatorismo costituzionale e di poter – così facendo – ricostituire un “moderno principe” sul modello del Pci, per affermare l’agognato, novecentesco, “primato della politica”. In vista del congresso del Pd, fino ad oggi si è discusso di regole e norme statutarie, con rife- rimento particolare alla questione se il segretario del partito debba essere automaticamente anche candidato alla presidenza del consiglio, come lo statuto stabilisce. L’esperienza dell’ultimo anno dovrebbe indurre a ridimensionare largamente questa questione. Sarebbe, invece, un incomprensibile assurdo se chi si candida a dirigere il Pd e/o a guidare un governo che sul Pd sia incardinato, si sottraesse oggi alla necessità di esporre una posizione precisa sui temi istituzionali e della riforma costituzionale. Un silenzio o una vaghezza sull’argomento renderebbe di per sé inadeguata qualunque candidatura alla leadership tanto del partito quanto del governo; per la semplice ragione che non affrontando questa questione non si risolve in Italia il problema della governabilità; e senza una adeguata governabilità anche qualunque programma economico e sociale è destinato a restare lettera morta. Prima ancora di dire come si vuole governare l’Italia è oggi necessario dire come si intende creare le condizioni per cui l’Italia possa essere governata. ••• PRIMARIE PD ••• Attenti agli “albi”, possono scoraggiare l’affluenza MARIO LAVIA N ella commissione per le regole si sta discutendo sulla proposta di istituire un “albo degli aderenti”: qualcosa in più dei semplici iscritti ma qualcosa di meno dell’apertura, in via teorica, a chi vuole votare. Il problema –si dice –sarebbe quello di evitare “infiltrazioni” di truppe cammellate per esempio della destra che potrebbero alterare il risultato. Qualche fenomeno di questo tipo in passato c’è stato (una volta in forme gravi tanto da imporre l’annullamento delle primarie per il candidato sindaco di Napoli) ma per lo più “annegato” dalla marea di votanti veri, e quindi in sostanza ininfluente. Caso mai bisognerebbe vigilare dall’interno del Pd perché nessun capo o capetto organizzi proprie “truppe” – se n’è avuta qualche dimostrazione recente a Roma – ma questo è un altro discorso. Il punto saliente sembra un altro. Se, una volta votato, si INFORMAZIONI E tratta di firmare con nome e cognome per consentire la formazione di un enorme database, nulla quaestio: si è fatto così anche nel 2007 e nel 2009. Altra cosa è che si pretenda dagli elettori di “aderire” – prima o il giorno stesso del voto – al partito. Questo finirebbe per costituire una sorta di rigidità burocratica. Faccio alcuni esempi. Mettiamo che il giovane Mario Rossi, di vaghe simpatie di sinistra, che non ha mai messo piede in un circolo del Pd, e che anzi ha in odio tutto ciò che allude alle forme tradizionali della politica, ma che tuttavia vorrebbe un rinnovamento, e che insomma – poniamo – è rimasto colpito dalla novità di Pippo Civati, e che se Civati diventasse segretario quel Pd voterebbe convintamente, cosa che mai farebbe se vincessero altri: che si fa, lo si manda via dal gazebo? Mettiamo che il non più giovane Carlo Bianchi, negoziante, di antica militanza comunista, una vita passata fra riunioni in sezione, manifestazioni, comizi, manifesti e letture di testi più o ANALISI www.europaquotidiano.it ISSN 1722-2052 Registrazione Tribunale di Roma 664/2002 del 28/11/02 meno sacri, voglia riprendere l’impegno politico – in questi anni via via venuto meno – ma solo a condizione che il Partito democratico, facciamola breve, si sposti a sinistra e si dia un segretario che incarni la nuova li- nea, altrimenti nisba: che si fa con Carlo, lo mandiamo via dal gazebo? Mettiamo che Paola, 64 anni, si è stufata di un partito che non supera mai il fatidico 30 per cento e pensa che bisogna andare di là a prendersi i voti e che insomma Matteo Renzi pare la scelta giusta altrimenti lascerà perdere con questo partito: che facciamo, la respingiamo, Paola? Mettiamo che Andrea, appena laureato e ovviamente senza AZIENDA SERVIZI ALLA PERSONA E ALLA FAMIGLIA E-mail: [email protected] A.S.P. e F. AZIENDA SERVIZI ALLA PERSONA E ALLA FAMIGLIA ESTRATTO BANDO DI GARA CIG: 5180778141 A.S.P.eF. ha indetto appalto per l'affidamento della fornitura di derrate alimentari occorrenti al Servizio Alberghiero di Ristorazione di ASPeF – P.le Michelangelo n. 1 - Mantova, mediante procedura aperta. L'aggiudicazione verrà effettuata secondo il criterio dell'offerta più bassa ai sensi dell'art. 82 del D.Lgs. n. 163/2006 e smi. L'importo dell'appalto è fissato in Euro 788.010,44 Iva esclusa. Sono ammesse soltanto offerte in ribasso. Le domande di partecipazione dovranno pervenire entro le ore 12:00 del giorno 12/8/2013 alla Direzione Generale di ASPeF con sede in Mantova – Piazzale Michelangelo, 1. – Il Bando integrale è stato inviato alla G.U.C.E. in data 13 Giugno 2013. Tutti i documenti relativi alla procedura sono ritirabili dal lunedì al venerdì nelle ore 9:00 – 12:00 presso l'Azienda, gli stessi sono disponibili sul sito web www.aspefmantova.it alla sezione albo dell'ente. Mantova, lì 15 Giugno 2013 F.TO Dott.ssa Graziella Eugenia Ascari (Direttore Generale) 107LICA SEGUE DALLA PRIMA lavoro, che alle ultime elezioni ha votato Grillo e alle comunali di Roma non ha votato proprio, che però scorge in Cuperlo un possibile leader colto, di sinistra e moderno, e che se vince Renzi non voterà mai più: che si fa, diciamo ad Andrea di non venire al gazebo? E si potrebbe continuare all’infinito. Per dire una cosa semplice, questa sì lapalissiana: una bella porzione degli elettori delle primarie, quando vota, ancora non sa se aderirà al Pd, e in che forma e con quale grado di intensità. Attende di vedere chi vince e come il vincitore si muoverà. E magari poi “aderirà” a tale iniziativa ma non a talaltra, condividerà quel pezzetto di strada ma non un altro. Per cui, dare l’impressione di voler ingabbiare un’adesione nelle maglie di un “albo” è controproducente, rischia di restringere la partecipazione erigendo un ostacolo fastidioso perché antistorico. Le primarie o sono open o non sono. Funziona così, nell’anno di grazia 2013. @mariolavia Direttore responsabile Stefano Menichini Condirettore Federico Orlando Vicedirettori Giovanni Cocconi Mario Lavia Filippo Sensi EDIZIONI DLM EUROPA Srl Distribuzione Prestampa Abbonamenti con socio unico Sede legale via di Ripetta, 142 00186 – Roma SEDI 2003 SRL Via D.A.Azuni,9 – Roma Direzione tel. 06-50917341 Telefono e fax : 06-30363998 333-4222055 COMPUTIME Srl – via Caserta, 1 – Roma Segreteria di redazione Consiglieri Annuale Italia 180,00 euro Sostenitore 1000,00 euro Simpatizzante 500,00 euro Semestrale Italia 100,00 euro Trimestrale Italia 55,00 euro Estero (Europa) posta aerea 433,00 euro ● Versamento in c/c postale n. 39783097 ● Bonifico bancario: Allianz Bank Financial Advisor Spa Coordinate Bancarie Internazionali (IBAN) ITO5W0358903200301570239605 [email protected] Redazione e Amministrazione via di Ripetta, 142 – 00186 Roma Tel 06 684331 – Fax 06 6843341/40 Consiglio di amministrazione Presidente V.Presidente Amm. delegato Mario Cavallaro Lorenzo Ciorba Francesco Sanna Domenico Tudini Enzo Bianco Arnaldo Sciarelli Andrea Piana Pubblicità: A. Manzoni & C. S.p.A. Via Nervesa, 21 20139 Milano Tel. 02/57494801 Stampa LITOSUD Srl via Carlo Pesenti, 130 Roma Responsabile del trattamento dati D.Lgs 196/2003 Stefano Menichini Organo dell’Associazione Politica Democrazia è Libertà La Margherita in liquidazione «La testata fruisce dei contributi statali diretti di cui alla Legge 7 agosto 1990 n.250» < D A L L A 5 P R I M A > • • • L AV O R O • • • ••• IL VIAGGIO A RIO ••• Non solo flessibilità ma politica attiva contratti a termine e in genere della flessibilità in entrata. Il riferimento all’Expo anTIZIANO TREU drà definito con realismo e non può essere troppo generico. Si può ipotizzare non tanto un accordo na questione da sempre critica riguardettagliato, quanto un parere a maglie larda, come è noto, il tema della flessibighe, per non irrigidire le soluzioni. A tal filità in entrata nel mercato del lavoro collene potranno essere utili le indicazioni degli gato all’Expo 2015, in particolare relativaaccordi che già si stanno facendo in sede mente all’utilizzo dei contratti a termine. locale. Il decreto attuale già riconosce alla Inoltre non è opportuno concentrare contrattazione collettiva anche aziendale l’attenzione solo sulle causali, che sono il pieni poteri di stipulare contratti a termine tema più controverso. Per evitare abusi del senza causale. Il che aumenta non di poco contratto a termine senza causale, sarebbe il grado di flessibilità nell’entrata del merutile prevedere tetti massimi al suo utilizcato del lavoro. È una soluzione utile sozo: ad esempio 10%, elevabile dai prattutto se usata bene in situacontratti collettivi. zioni eccezionali, come l’Expo Un accordo cornice può esse2015. Andrebbe peraltro precisa- Quanto re opportuno per dare linee guida to che non basta un contratto prevede il comuni al fine di evitare soluzioni aziendale comunque stipulato, ma deve trattarsi di contratti decreto è utile frammentate e casuali. Ma occorre che venga concluso effettivaconclusi secondo il principio di se usato bene mente senza indugi e con vera maggioranza, quale definito convergenza di obiettivi fra le dal’accordo interconfederale del in situazioni parti. 31 maggio 2013. E non sembra come l’Expo Il tema della flessibilità in encongruo ritenere necessaria trata e del contratto a termine è l’unanimità dei consensi come importante, ma non può essere potrebbe sembrare dalla lettera esclusivo. Non dimentichiamo che l’urgendella norma. Anche il potere di modificare za principale oggi è sostenere l’occupaziogli intervalli fra contratti a termine è ricone specie giovanile e che per questo non nosciuto dall’art. 7, comma 1, lettera c, alla basta la flessibilità, ma occorrono strucontrattazione aziendale. menti ulteriori di politica attiva. L’andamento di questa sperimentazioIl ministro ha infatti proposto alle parti ne contrattuale potrà dare indicazioni su di approfondire altri punti: a cominciare come l’ampliamento della flessibilità condal rilancio dell’apprendistato, anche in seguente all’uso dei contratti a termine forme brevi e semplificate, e dal rafforzaacausali influisce sull’occupazione. mento degli incentivi alle imprese che staPer questo è importante che si rafforzibilizzano i lavoratori a termine, ad esempio no gli incentivi alla utilizzazione di questi con la restituzione di una quota maggiore contratti. Il ministro ha sollecitato le parti dell’attuale del contributo aggiuntivo prealla ricerca di un avviso comune che prefivisto per il contratto a termine. guri l’ambito e le modalità di ricorso ai SEGUE DALLA PRIMA U giovedì 18 luglio 2013 Ma l’impegno cui sono chiamate le parti sociali e le istituzioni pubbliche, dello Stato e delle Regioni, nelle prossime settimane è ancora più vasto. Dovremmo sempre ricordare che l’efficacia di queste norme, come di tutta la legislazione del lavoro, dipende molto dal contesto economico e dalle misure che il governo potrà prendere per rilanciare la crescita. A cominciare dalla riduzione del peso fiscale sul lavoro e sulle imprese, che tutti, le parti sociali e i partiti maggiori, ritengono indispensabile. Più nello specifico è decisiva la strumentazione dei servizi necessari a sostenere in modo attivo l’occupazione. Questo vale anzitutto per il progetto “garanzia giovani” annunciato nel decreto lavoro e da attivare dall’inizio del prossimo anno. Le migliori esperienze europee della youth guarantee mostrano che il loro successo dipende non solo dagli incentivi economici alle imprese che assumono giovani, ma dalla capacità degli operatori di politica attiva, pubblici e privati, di prendersi in carico i giovani. Ciò significa offrire loro il sostegno personalizzato di cui hanno bisogno per inserirsi nel mercato del lavoro; che può comprendere il rafforzamento delle loro competenze, percorsi di orientamento e di stage, sostegni all’avvio di attività autonome, offerte di lavoro dipendente, anche in apprendistato, fino a forme di lavoro volontario e di servizio sociale. La debolezza dei servizi di politica attiva è un punto dolente di tutta la nostra esperienza. È urgente porvi rimedio con una unità di intenti di tutte le istituzioni e gli operatori del mercato del lavoro, se si vuole dare efficacia alle promesse del decreto lavoro e ai giovani una risposta da troppo tempo attesa. Effetto Francesco sulla Gmg SEGUE DALLA PRIMA MARIA GALLUZZO U n viaggio apostolico ereditato, non scelto, che curiosamente porta il papa venuto quasi dalla fine del mondo proprio nel suo continente, con un passaggio di testimone molto simile a quello che era capitato anche a Benedetto XVI, la cui prima meta era stata la Germania, a Colonia, per la Gmg decisa dal suo predecessore Giovanni Paolo II. Un papa sulle orme del precedente, un passaggio che si ripete rafforzando l’idea che non ci sia cesura tra i pontificati. Per papa Francesco c’era dunque di base un programma già imbastito. Che tuttavia – come ha spiegato ieri il portavoce vaticano padre Federico Lombardi illustrandone i dettagli – «si è intensificato e arricchito di ulteriori elementi con il cambio di pontificato». E ora tutto porta l’impronta di papa Francesco. In terra brasiliana si muoverà con la stessa jeep che usa sempre a piazza san Pietro e l’evento di popolo che lo aspetta è di quelli che predilige. Anche in questa partenza si scorge un tocco di riforma, che stavolta riguarda l’incontro con i giornalisti sul volo papale. Bergoglio andrà in mezzo a loro, li saluterà tutti, ma non ci sarà l’abituale conferenza stampa preconfezionata, con le domande consegnate prima della partenza a padre Lombardi. Memore di quanto accadeva a Benedetto XVI – ricordiamo, tra tutte, le polemiche scatu- rite da una domanda posta sul volo papale verso il Camerun a proposito dell’uso del preservativo – probabilmente papa Bergoglio vuole evitare che il significato di questo viaggio possa essere inquinato da altre dinamiche comunicative. Preferisce che i giornalisti si concentrino sulla Gmg, sul racconto di quanto accadrà dal 22 al 29 luglio nella città brasiliana. E data l’intensità degli incontri e delle scenografie mozzafiato previste ci sarà solo l’imbarazzo della scelta. Le nuove tappe inserite – il pellegrinaggio ad Aparecida, la visita alla piccola favela Varginha, all’ospedale e l’incontro con il comitato di coordinamento del Celam (Consiglio episcopale latinoamericano) – hanno tutta la cifra di questo papa. Al santuario mariano, ad esempio, il pontefice è molto legato sia per devozione personale, sia perché – come ha ricordato padre Lombardi – qui si svolse nel 2007 l’assemblea dell’episcopato latinoamericano che ha prodotto il documento di Aparecida «la cui redazione è stata guidata proprio dall’allora cardinale Bergoglio». Un testo che esprime molto bene gli orizzonti missionari della Chiesa contemporanea e che il papa consegna sempre, come buona lettura, ai presidenti dell’America Latina che gli fanno visita. A Rio ci saranno migliaia e migliaia di giovani. Ma anche un migliaio di vescovi. Insomma una sorta di concilio oltreoceano. Ed è facile prevedere che sarà una emozionante festa di fede, di popolo e di gioventù. @galluzzo_m