POSTE ITALIANE S.P.A. - SPED. IN ABB. POST. D.L. 353/2003 (CONV. IN L. 27.02.2004, N.46)
ART.1, COMMA 1, DCB ROMA
GIOVEDÌ 18 LUGLIO 2013
ANNO XI • N°140 € 1,00
ADDIO CERAMI
Ha scritto i film di Benigni e Amelio. Ma è il
rapporto con Pasolini, l’ex insegnante, che ha
A PAGINA 3
segnato la sua letteratura
■ ■ RIFORME
LA CRISI KAZAKA
DOMANI AL SENATO LE MOZIONI DI SFIDUCIA, IL PREMIER CI SARÀ
Renzi vuole la
premiership?
Dica quale
sistema vuole
EDITORIALE
Governo
in crisi no,
indebolito sì
STEFANO
MENICHINI
CLAUDIO
PETRUCCIOLI
I
L
a crisi in cui si trova l’Italia può
essere affrontata e superata
facendo conto su partiti che riacquistino rapidamente consenso,
capacità di governo e di decisione
(ipotesi alla base della maggioranza attuale, cui si affida il governo
Letta come si era affidato il governo Monti)? Ovvero è necessaria in
tempi brevissimi una riforma costituzionale che sposti decisamente
nelle mani degli elettori il potere di
investire maggioranze e governi?
SEGUE A PAGINA 4
■ ■ PRIMARIE
Attenti agli
albi, possono
scoraggiare
l’affluenza
MARIO
LAVIA
A
pparentemente, Guglielmo
Epifani dice una cosa lapalissiana: «Alle primarie del Pd
non devono votare elettori di altri partiti». In realtà le cose sono
più complicate e davvero senza
polemiche la questione merita di
essere affrontata perché il Pd su
questo punto rischia di rendersi
la vita difficile con discussioni
bizantine su regole inutilmente
complicate. E dunque di commettere un errore.
SEGUE A PAGINA 4
■ ■ LAVORO
Non solo
flessibilità
ma politica
attiva
TIZIANO
TREU
I
l decreto lavoro ha cominciato il
suo iter al senato che si dovrà concludere prima dell’estate. L’avvio è
facilitato dall’esito positivo dell’incontro del ministro Giovannini con
le parti sociali. Lo confermano le
dichiarazioni dei presidenti delle
commissioni lavoro del senato, Maurizio Sacconi e della camera Cesare
Damiano, che convengono nell’apprezzare il percorso indicato dal ministro da qui a settembre finalizzato
ad un accordo con le parti.
SEGUE A PAGINA 5
Lo scudo di Letta per Alfano,
boccone amaro per Pd e Renzi
Il Pdl resiste al pressing sul ministro degli interni, i democratici non possono aderire
alla sfiducia. Il sindaco di Firenze si sfoga contro i berlusconiani e gli avversari interni
FRANCESCO
LO SARDO
«N
on vedo nubi all’orizzonte, il
paese sa quali sono le sue responsabilità e necessità per l’economia e per la crescita»», diceva ieri da
Londra Enrico Letta. «Non vedo nessun problema con il mio partito né
con Renzi, sono tranquillissimo». Il
presidente del consiglio, che parla di
«ripresa impossibile senza stabilità
politica», sfoggia un aplomb fuori dal
comune nel giorno della bufera nel Pd
sull’affaire Ablyazov e della valanga
dem, da Renzi a Bindi, da Cuperlo a
Finocchiaro, che chiede le dimissioni
da ministro dell’interno di Angelino
Alfano (anche se in serata Epifani ha
frenato). La tensione sale in vista del
voto di venerdì a palazzo Madama
sulle mozioni di sfiducia al ministro
di M5S e Sel. «Venerdì sarò al senato
e parlerò», ha annunciato Letta, che
sarà accanto al titolare del Viminale,
suo vicepremier. Ma quel che dirà
Letta non sarà così diverso da quanto ha già affermato: «Ho letto attentamente la relazione del capo della
polizia Pansa, da cui emerge la totale
estraneità del ministro Alfano. Ho
chiesto fin dall’inizio la total disclosure su questa vicenda. È tutto pubblico,
è tutto chiaro». Il Pdl, da Berlusconi
che affida il suo «Alfano non si tocca»
al Corriere della Sera, a Schifani e Brunetta, fa quadrato attorno al ministro-segretario del partito. Oggi,
nella riunione dei senatori Pd, i tredici renziani, ma non solo loro, chiederanno le dimissioni di Alfano «oggettivamente indifendibile: un passo
indietro serve a restituire al governo
la necessaria credibilità». Accusa il
Pdl: Renzi attacca Alfano ma vuol far
cadere Letta. Ma anche dal Pd volano
strali: «Renzi non tiri troppo la corda». Replica il sindaco di Firenze:
«Indegno scaricare tutto sulla polizia. Non voglio far cadere il governo.
Comunque se cade Letta non si va a
votare». «Per la polizia il caso è chiu-
SCELTE DEM
S
R
Rivolta per chiedere la testa
d
del ministro ma Epifani
fr
A PAGINA 2
frena
so», dice intanto Pansa. Prima del
primo giugno «i ministri non sapevano dell’espulsione della Shalabayeva
e della figlia» e «Procaccini non ha
mai detto che Alfano era stato informato dell’espulsione. Era informato
delle ricerche del latitante, non
dell’espulsione: non sapendolo lui,
non poteva riferire al ministro». Oggi
cerimonia del Ventaglio al Quirinale.
C’è attesa per quel che dirà Napolitano. In senato ciascuno voti come
vuole, ma è improbabile che il Colle
smentisca il capo della polizia e il governo.
@francelosardo
■ ■ IL VIAGGIO A RIO
■ ■ LIGRESTI & C
■ ■ ROBIN
Effetto
Francesco
sulla Gmg
La maledizione
Alitalia e la fine
dei “patrioti”
Larghe
MARIA
GALLUZZO
A
GIOVANNI
COCCONI
E
ppuntamento a Rio de Janeiro. La lunga trasvolata per
partecipare alla ventottesima
Giornata mondiale della gioventù
che, sul fronte della tenuta fisica,
tanto preoccupava Benedetto XVI
si trasforma nel primo viaggio internazionale di papa Francesco.
ra il 5 dicembre del 2008
quando Silvio Berlusconi li invitò a cena a Villa Madama per
ringraziarli uno a uno. «Siete dei
patrioti ma avete fatto un affare»
si sentirono dire Ligresti, Tronchetti Provera, Riva, Bellavista
Caltagirone, Angelucci.
SEGUE A PAGINA 4
SEGUE A PAGINA 2
Per essere delle larghe intese, ci
si sta un po’ troppo stretti.
l momento nero del governo
Letta inizia fattualmente nei
giorni del rapimento di stato di Alma e Alua Shalabayeva. Ma il punto di svolta politico si colloca più
avanti, nella prima settimana di
luglio, ed è quando comincia a diffondersi la convinzione che il governo possa reggere molto più del
previsto e del prevedibile. Almeno
fino al 2015, per via del semestre di
presidenza italiano della Ue. Qualcuno aggiunge l’Expo, e si arriva
addirittura al 2016.
Fra tanti errori altrui, questa è
stata l’imprudenza del presidente
del consiglio. Strana, visti il carattere e la cultura. Far capire al proprio partito che la fine delle larghe
intese potrebbe essere remota. E
dire a Matteo Renzi che il suo appuntamento col destino è rinviato
a un futuro indefinito e lontano.
In queste ore Letta paga il
prezzo di questa ambizione di durata. Comprensibile, vista l’agenda
delle emergenze nazionali. Eccessiva, in rapporto alla solidità del
quadro politico.
Come ha scritto ieri sera lo
stesso Renzi, non sta scattando la
tagliola crisi-elezioni anticipate.
Infatti. È solo in corso un’operazione di ridimensionamento del governo e del premier.
L’attacco di Renzi su Alfano
può finire solo bene per il sindaco.
Accantonando l’ipotesi della caduta del governo (e sapendo c’è ancora da fare la riforma elettorale),
Renzi vince anche solo intestandosi la battaglia contro le vergogne
del Viminale: se arriva a far saltare
Alfano, si impone come capo del
partito (che è tutto su questa linea)
ben prima del congresso; se non ci
riesce (perché alla fine Letta ed
Epifani non percorrono fino in fondo questa strada, o ne vengono impediti), Renzi comunque ha cancellato l’unico fattore negativo che
gli rimaneva appiccicato: quello
del frequentatore di Arcore. La nemesi, contro chi gli dava del cripto-berlusconiano, è completa.
Le carte per uscire dall’impasse
le ha comunque ancora Letta. Ieri
a Londra non ha solo sottolineato
«l’estraneità di Alfano» dalla vicenda kazaka. Ha anche stressato
molto il valore prioritario e soverchiante della stabilità politica, indispensabile all’Italia per darsi
qualche chance nel mondo.
Un messaggio per il “destabilizzante” Renzi? Forse.
Forse però sull’altare della stabilità politica ci sono sacrifici che
possono essere chiesti, o imposti,
anche ad altri. Per esempio, a chi
avrebbe davvero tutto da perdere
da una crisi di governo. Per esempio, a Berlusconi.
@smenichini
Chiuso in redazione alle 20,30
giovedì
18 luglio
2013
2
< N E W S
A N A L Y S I S >
PD
Il partito in rivolta chiede la testa di Alfano. E Renzi va ancora all’attacco
LORENZO
BIONDI
S
tavolta la spaccatura è seria. Matteo
Renzi da un lato, Enrico Letta (con
l’ombra del Quirinale) dall’altro. E il partito ormai compatto – pur con una serie
di sfumature – nel chiedere le dimissioni
di Alfano dalla poltrona degli Interni.
Fino alla tarda mattinata di ieri, tutto si era svolto secondo un copione consueto. Fuoco di sbarramento dai ranghi
del Pd contro l’attivismo del sindaco di
Firenze. Emanuele Fiano lancia un monito al sindaco: «Se qualcuno si rende
responsabile della caduta di un governo,
gli italiani non perdonano». Giuseppe
Civati spiega senza giri di parole che, se
il governo è a rischio, è colpa in primo
luogo della «sfida Renzi-Letta».
Ma nel corso della giornata le voci che
chiedono un «passo indietro» di Alfano
si moltiplicano. Ci sono i “soliti” senatori renziani. Poi però la sorpresa. Interviene Gianni Cuperlo, candidato alla segreteria di un’ampia fetta della “sinistra” del
partito: da Alfano «servirebbe un atto di
responsabilità», cioè – si legge tra le righe
– dimissioni “spontanee” prima di un
voto del parlamento.
Alcuni segnali da quell’area del Pd
erano partiti già nei giorni scorsi, quando
Matteo Orfini aveva spiegato via Twitter
di condividere la richiesta di dimissioni
sostenuta da Repubblica. Ma l’uscita di
Cuperlo segnala che si è raggiunto un
consenso più ampio. La conferma arriva
qualche ora più tardi. Anna Finocchiaro
si unisce alla richiesta di un «gesto di
responsabilità» da parte di Alfano, aggiungendo che questo «rafforzerebbe il
governo». Non quindi uno showdown parlamentare, col Pd che vota la sfiducia, ma
una decisione unilaterale del ministro,
che potrebbe anche restare vicepremier.
Fonti vicine alla segreteria dem hanno
fatto sapere che lo stesso Guglielmo Epifani avrebbe detto a Dario Franceschini,
ministro per i rapporti col parlamento,
che – in ogni caso – la relazione di Alfano
di martedì «non può bastare».
E il premier che ne pensa? Ieri, da
Londra, ha ribadito che «dalla relazione
di Alessandro Pansa emerge l’estraneità
di Alfano» all’arresto di Alma Shalabayeva. Ma «con Renzi nessun problema»,
ha assicurato. Lo stesso sindaco, in una
eNews inviata ieri sera, giura di non aver
«nessun interesse a far cadere Letta». Poi
però ci va giù duro: «Penso a quella bambina e mi vengono i brividi». Di fronte
allo scaricabarile dei politici «io sto con
le forze dell’ordine». E ancora, durissimo
contro il partito: «Se molti dirigenti del
Pd non vogliono che mi candidi, va bene.
Se preferiscono perdere le elezioni pur di
mantenere una poltrona, va bene. Ma ci
facciano la cortesia di non strumentalizzare una vicenda di cui come italiano mi
vergogno».
Oggi alle 15 Epifani incontra i senatori dem, in vista della relazione di Letta
domani a Palazzo Madama. Se Alfano si
dimettesse sua sponte, toglierebbe le castagne dal fuoco al Pd. Ma se questo non
accadesse, lo scontro interno è destinato
a farsi ancora più aspro.
@lorbiondi
LA MISSIONE IN INGHILTERRA
Il premier a Londra si sforza di non vedere le nubi, ma Astana non lo molla
PAOLO
CAMPO
I
l premier beve, una, due volte, come a prendere il tempo giusto, mentre crepitano come
schioppi le domande dei giornalisti alla ambasciata italiana a Londra. Appena finito l’incontro con il leader laburista, “Edward Miliband”,
come lo definisce vezzosamente il sito di Palazzo Chigi, ma la curiosità dei cronisti, nel giorno
più lungo di Enrico Letta, non è per il futuro dei
progressisti europei.
Mentre le polemiche sulla ricostruzione della vicenda kazaka presentata in parlamento da
Angelino Alfano non si placano, il presidente del
consiglio sa che l’unico modo per portare a casa
la giornata è quello di «stare nella scatola»,
conferenza stampa dove il caso kazako a malasecondo l’insegnamento degli spin doctor amepena si affaccia, un no comment, tanto i croniricani. Fiducia in Alfano, annuncio che sarà in
sti inglesi sono interessati solo ai riaula per la mozione di sfiducia, sottosvolti del conflitto di interessi di uno
lineatura dei colloqui avuti a Londra,
stretto collaboratore di Cameron con
le interviste con la Cnn, il tour nelle Incontri
Big Tobacco. A ognuno il suo Alfaredazioni dell’Economist e del Financial
no.
Times, stop, non una parola di più. Tan- con Cameron
La delegazione scivola di appunto che, quando alla fine arriva una do- e Miliband,
tamento in appuntamento, tra Dowmanda sugli investimenti esteri, il soning street, il Center for European Respiro di sollievo arriva fino a Roma, giornali
form, uno dei think tank più prestigiodove la nottata non sembra passare.
e business
si, dove lo accoglie Bill Emmott; c’è
Nella Capitale si lavora per sminaspazio anche per un taglio di nastro
re la grana Alfano, in un triangolo di- community
nella nuova sede del Consolato italiasegnato da Nazareno, palazzo Graziono a Farringdon street.
li e parlamento. Parallelamente nella
Ma quando Letta insiste che tutti gli interCity il premier incontra il suo omologo David
locutori gli hanno solo parlato di «stabilità»,
Cameron, strette di mano e sorrisi, poi una
della importanza che il quadro italiano tenga,
come nascondersi che la eco delle prese di posizione dei renziani o delle parole di Berlusconi
per blindare il delfino arrivino a Londra amplificate, altro che attutite.
Il premier deve dare fondo a tutta la sua
professionalità, sul caso kazako abbiamo perseguito una politica di «full disclosure», non vedo
nubi all’orizzonte, in un esercizio, tra l’equilibrio
e l’equilibrismo.
Marcato stretto dall’angelo custode, il portavoce Gianmarco Trevisi, l’orecchio a quello
che succede a Roma, finiscono sullo sfondo i
temi europei, così cari. Almeno in trasferta, il
tiki-taka di Letta addormenta il gioco, ma domani il ritorno, se Alfano non lascia prima, si
gioca in casa. E non è un vantaggio.
LA CABINA DI REGIA
Saccomanni prova a sciogliere i nodi Imu e Iva. La maggioranza alla prova
RAFFAELLA
CASCIOLI
L
a cabina di regia tra governo e maggioranza che si riunirà oggi per affrontare i nodi dell’Imu, dell’Iva e del
lavoro non potrà non tener conto né
dell’aggravarsi del clima economico né
del peggioramento di quello politico.
E così se ieri da Londra – dove ha
concluso la due giorni di incontri con il
premier Cameron, il leader del partito
laburista Miliband e la comunità finanziaria – il presidente del consiglio Enrico Letta ha sottolineato come
dall’estero si chieda solo la stabilità per
poter investire in Italia, non c’è dubbio
che da oggi occorrerà raddoppiare gli
sforzi per la crescita e la disoccupazione. Con Giovannini impegnato a Mosca
per la riunione dei ministri del lavoro
del G20, oggi sul tavolo di governo e
maggioranza convocato dal ministro
Franceschini finiranno le ipotesi messe
a punto sull’Imu dal ministero del tesoro, che si presenta al tavolo con un ricco dossier di proposte, ma anche il
piano per un nuovo rinvio dell’Iva a fine
anno e i tagli alla spesa pubblica.
Da un lato, occorrerà sciogliere il
nodo tutto politico se procedere con la
cancellazione dell’Imu sulla prima casa
o affrontare, invece, un innalzamento
della soglia di esenzione a 600 euro
sulla prima casa che di fatto consenti-
rebbe all’80% dei proprietari di non
pagare l’imposta o, ancora, optare per
l’introduzione di una service tax in cui
comprendere anche la Tares: sul piatto
una differente copertura che va dai 4 ai
2 miliardi di euro. C’è poi il rinvio
dell’Iva che con ogni probabilità finirà
nella legge di stabilità e che potrebbe
essere coperto con tagli della spending
review per 1 miliardo. Infine il nodo del
lavoro con la necessità di ridurre il cuneo fiscale e, nel contempo, rifinanziare la cassa integrazione in deroga. Ieri,
intanto, l’aula del senato ha convertito
definitivamente con un’ampia maggioranza (245 sì, appena 3 no e 16 astenuti) il provvedimento sulla sospensione
dell’Imu al 16 settembre e sul rifinanziamento della cassa integrazione.
Tuttavia, a preoccupare è il continuo deterioramento della situazione
economica con Bankitalia che ieri ha
rivisto al ribasso il dato sul Pil italiano
destinato quest’anno a diminuire
dell’1,9%, Nel bollettino economico di
Via Nazionale di fatto si raddoppiano
le stime della contrazione del Pil rispetto alle previsioni di gennaio. Per la banca centrale sulla ripresa italiana gravano notevoli incertezze legate sia alle
prospettive internazionali (e dunque
all’export) sia alla liquidità delle imprese e all’offerta di credito, oltre che all’incognita dello spread.
Se a questo si aggiunge un clima
politico tutt’altro che disteso sia intorno al governo che tra Pd e Pdl si capirà
come, nonostante la tentazione di archiviare quello di oggi come un incontro
interlocutorio, ci sia la necessità di trovare un’intesa di massima sui dossier
più scottanti.
@raffacascioli
••• LIGRESTI & C •••
La maledizione Alitalia e la fine dei “patrioti”
SEGUE DALLA PRIMA
GIOVANNI
COCCONI
M
ai avrebbero immaginato, cinque anni dopo, di ritrovarsi tutti nei guai. Certo, è solo una coincidenza.
Ma i fatti di ieri – l’arresto della famiglia Ligresti e la condanna di Tronchetti Provera – non solo confermano la
maledizione Alitalia ma sanciscono la caduta anche simbolica di una cordata di imprenditori che aveva stretto un
patto non scritto con la politica: favori in cambio di protezioni.
Già, la maledizione Alitalia. Il richiamo all’italianità
della compagna di bandiera servì al Cavaliere per lanciare
la campagna elettorale per palazzo Chigi nel 2008. Pochi
mesi dopo, con la regia della Banca Intesa di Corrado Passera, la parte sana dell’azienda veniva smembrata e venduta ai “patrioti” amici, mentre la bad company veniva caricata sulle spalle dei cittadini, con il regalo di sette anni di
cassa integrazione che gridano ancora vendetta. Oggi Alitalia si trova di nuovo sull’orlo del fallimento, si torna a
parlare di salvataggio pubblico, i soci della Compagnia aerea italiana sono in fuga e la stessa AirFrance, colpita dalla
crisi, sembra aver voglia di volare via.
Non solo. Con poche eccezioni, molti dei protagonisti
di quell’operazione sono travolti da scandali, inchieste, sequestri, condanne. Basti pensare al brutto affare dell’Ilva
della famiglia Riva o a Francesco Bellavista Caltagirone, il
patron dell’Acqua Marcia, arrestato per frode fiscale, al
quale sono stati sequestrati beni per 145 milioni. Il signore
dei pedaggi autostradali Marcellino Gavio non c’è più
mentre la holding della famiglia Angelucci nella sanità, la
San Raffaele spa, è sotto processo per truffa ai danni della
regione Lazio. Anche per il gruppo Marcegaglia, coinvolto
nell’operazione Alitalia solo con una piccola quota dello
0,88 per cento, non sono mancati i guai giudiziari.
Ieri, poi, il clamoroso arresto di tutta la famiglia Ligresti, con le accuse di falso in bilancio e aggiotaggio: sono fi-
nite in carcere le figlie Giulia Maria e Jonella e tre top manager, mentre il patron di Fonsai, Salvatore, 81 anni, è finito agli arresti domiciliari. Per gli inquirenti il figlio Paolo,
ufficialmente latitante, era pronto a scappare
all’estero. Ma la notizia forse più clamorosa del
giorno è la condanna per ricettazione del numero
uno di Pirelli ed ex presidente Telecom Tronchetti Un gruppo di
Provera nel processo sul caso Kroll, uno dei tanti
imprenditori
filoni della vicenda dei dossier illegali fabbricati
che aveva
da Giuliano Tavaroli quando era a capo della security del colosso delle telecomunicazioni.
stretto un patto
I “patrioti” di Alitalia, per fortuna, non esaunon scritto con
riscono tutto il capitalismo italiano. Però, certo,
ne rappresentano un esemplare storicamente no- la politica
to, che parla di mercato, frequenta il salotto buono ma ama flirtare con il Palazzo per presidiare
meglio settori protetti come le autostrade, la sanità o le telecomunicazioni. Capitani poco coraggiosi.
@GiovanniCocconi
primo piano 3
giovedì
18 luglio
2013
L’ultimo
figlio
di Pier
Paolo
STEFANO
CIAVATTA
Letteratura e cinema
I
n una Roma sempre pronta al disprezzo
caciarone del “chi sei? non sei nessuno” Vincenzo Cerami è stato prima di tutto l’ex alunno tredicenne
del professor Pier Paolo Pasolini
all’istituto privato “Francesco Petrarca” di Ciampino. Nei primi anni cinquanta il poeta 29enne insegnava latino, storia e geografia, con «una
camicia tutta sdrucita e la cravatta che era
uno straccetto lacero». Cerami era un bambinone «timido cronico» ma con quel professore ci giocava a pallone. Anni prima aveva
rischiato di morire per difterite, era rimasto
cieco per un anno.
Nei progetti del padre,
maresciallo d’aeronautica,
era destinato all’accademia
Non ha vinto
miliare. Invece divenne
premi letterari, l’esordiente di successo del
1976, autore del romanzo
non lascia
borghese piccolo piccolo
eredi. Il ricordo Un
(Garzanti), un bestseller
di Cordelli e
portato al cinema da Alberto Sordi e che per deMinore
cenni segnò la fama dello
scrittore, diventato in seguito drammaturgo e sceneggiatore candidato all’Oscar. Poi nella maturità divenne anche l’autore di un fortunato
libretto Consigli a un giovane scrittore (Einaudi Stile Libero, 1996), spaziando tra narrativa, cinema, teatro e radio, trovandosi a proprio agio nel ruolo del maestro.
Benigni, per cui scrisse Il piccolo diavolo,
Ha scritto i film di
Benigni e Amelio. Ma
è il rapporto con il suo
ex insegnante che ha
segnato la scrittura
di Vincenzo Cerami,
morto ieri a 72 anni
Il mostro e La vita è bella, lo descriveva con una
fisiognomica stralunata: «Di media statura,
belloccio, bulimico, capace di entrare in casa
e mangiarsi un rotolo di Scottex senza salutare, zuppo di una cattiveria che si sdipana
solo a guardarlo negli occhi, timido fino a
mimetizzarsi con la tappezzeria, molto erotico quando balla il rock, vive e dorme anch’
egli con la luna in un sogno diurno che dura
da sempre».
Ma Cerami era diverso: aveva il volto largo
e bonario di Stracci de La Ricotta e la presenza forte del centurione, mascellone e occhi
piccoli, voce perentoria, un romano solido da
busto di marmo nelle gallerie dei musei Vaticani, dove i teppisti beffardi dei busti del
Gianicolo e Pincio non arrivano a scalfire i
nasi.
RICORDO
FRANCESCO
MAESANO
Lo Strega Siti:
«N
«Grazie a lui
ho capito chi era
Pasolini»
on sono adatto a queste cose.
L’ho saputo adesso...». Ieri pomeriggio Walter Siti, premio Strega
nuovo di zecca, custode dell’opera pasoliniana per i Meridiani, non aveva
molta voglia di condividere i primi ricordi che, dopo la scomparsa di Vincenzo Cerami, hanno preso a zampillargli nella memoria.
Poi il narratore ha avuto il sopravvento e la storia di quel primo incontro,
oltre trent’anni fa, ha preso la forma di
un pomeriggio lontano dedicato alla
lettura pubblica delle Ceneri di Gramsci:
«Era il 1980, io e Cerami avevamo fat-
Negli anni ‘90 in tv durante Babele di Augias, per il concorso “Un rigo, una frase appena” lesse da un foglietto, in equilibrio precario sullo sgabello, il suo breve racconto, con
grande mestiere, “una porta che sbatte, una
donna che se ne va”. Per Franco Cordelli,
raggiunto telefonicamente da Europa, «era un
artigiano, e non per voler essere riduttivi,
rimasto però autore di un solo libro di successo».
Della fabbrica di Cerami esistono eredi
romani? «Non credo, aveva ereditato un mondo già antico di per sè, quello pasoliniano, si
potrebbe dire, esagerando in senso filologico,
che Siti con il Contagio gli ha rubato la scena.
Del resto aveva percorso tante vie, ultimamente era apparso come un eccellente critico
cinematografico sul Sole24ore».
L’artigiano Cerami aveva trovato a Roma
una palestra molto importante, la redazione
del Messaggero, da lì nacque Fattacci (Einaudi,
1997): «E’ il libro più facile di Vincenzo- ricorda Renato Minore a Europa- più spietato,
andava oltre il sottoproletariato di Pasolini
illuminato da una forma quasi religiosa di
vivere. In Cerami diventa tutto spietato, è il
mondo della piccola e media borghesia. Fece
il praticantato al Messaggero che aveva già 40
anni. Lui era una tastiera umana eclettica e
incessante, al giornale si trovò dentro una
macchina di concretezza, di stimolo immediato che poi era il suo talento naturale. È stato
anche un grande performer, non ha mai vinto
un premio letterario. Forse avere una tastiera molto ampia di scritture non ha giovato
allo scrittore che pure ha scritto bei libri come i racconti de L’ipocrita e il romanzo storico La Lepre».
to amicizia tramite Graziella
Chiarcossi (cugina di Pier Paolo Pasolini e moglie di Cerami
ndr). Sapevo della sua amicizia con lui, del loro lavoro insieme già da Uccellacci, uccellini. Da allora in poi, durante
tutte le mie visite a Roma per
lavorare su Pasolini, mi sono
sempre sentito protetto da
quella persona estremamente
accogliente, capace di affetto,
prodigo di calore famigliare».
Cerami era il medio, l’interposta persona del rapporto
tra Siti e il poeta. «Era riuscito a fargli leggere il suo primo
“Con lui mi
sono sempre
sentito
protetto, era
capace
di affetto”
Minore aggiunge: «Un borghese piccolo piccolo era stato presentato da Pasolini e da Calvino che aveva scritto eccezionalmente la
quarta di copertina. Ma poi il secondo libro
Amorose presenze aveva spiazzato tutti per eccesso. Siti ha avuto una parabola letteraria
più concentrata, Cerami veniva da lontano.
Aveva una grande voglia di contaminarsi, di
sfuggire e si è ugualmente realizzato, andando persino in Giappone per frequentare scuole di scrittura televisiva».
Ricordi di scuola Una foto di Vincenzo Cerami, a
sinistra, con Pier Paolo Pasolini a Roma
romanzo prima che morisse e
parlargli era un modo per sapere qualcosa del Pasolini più
privato, per sentirlo in qualche modo più vicino. Siamo
rimasti in contatto per anni.
Gli facevo leggere le mie prime cose da scrittore, era
un’amicizia a cui tenevo. In
seguito, col passare del tempo, con lo scorrere della vita,
il rapporto si è un po’ dissolto. Abbiamo cominciato a vederci sempre meno ma tutte
le volte era molto affettuoso
con me».
Qualche giorno prima che
Siti vincesse lo Strega, il 4
luglio scorso, c’era stata l’ultima telefonata. «Avevo sentito sua figlia e da
lei avevo saputo che Vincenzo era ammalato da tempo. Non volevo chiamarlo. Era molto riservato. Sapevo che non
voleva pettegolezzi o chiacchiere» racconta Siti. «Poi è stata lei a spingermi
a comportarmi nel modo più normale
possibile». Ma la finale dello Strega
alle porte, che pochi giorni dopo Siti
avrebbe stravinto, è rimasta fuori da
quell’ultimo dialogo.
«Aveva la voce affaticata e, francamente, di tutto avevo voglia di parlare
meno che di premi letterari. Come stai?
Gli ho chiesto. Sto lottando, mi ha risposto».
@unodelosBuendia
giovedì
18 luglio
2013
lettere e commenti 4
FEDERICO
ORLANDO
RISPONDE
Cara Europa, da marchigiano e da elettore di centro (sinistra)
gravato dai pesi di tutte le famiglie non ricche, vorrei pregare la nostra
Laura Boldrini, che in poco tempo ha mostrato tutta l’autorevolezza
di cui è dotata, di non aggiungere, coi suoi No alle trasmissioni Rai
di Miss Italia, tornate “un problema” come ai tempi di Pio XII, altra
carne ai problemi reali; tanto più che di “pelle” vera, maschile e
femminile, splendida di sole e salsedine, ne vediamo a volontà sulle
nostre spiagge marchigiane e ci fa evadere per un po’ dalle angustie
quotidiane. Prima gli F35, poi i rifugiati kazaky, poi lo ius soli (da
solo?), infine oranghi leghisti o terroristi No Tav, ora “culi e tette” di
Miss Italia. Ma quando ci occuperemo delle cose che ci toccano? Tra
le quali anche la pedagogia della differenza tra estetica e cattivo
gusto, purché fatta di idee e non di fogli d’ordine della signora Tarantola.
Ennio Danese, Urbino
Per favore, Boldrini, non metta altra carne a cuocere
C
aro Danese, mi scusi se ho fatto passare qualche
giorno prima di rispondere, il tema francamente
non è all’ordine del giorno del paese, salvo per la
Tarantola e qualche altro gerarca Rai in odor di sacrestia.
Forse non avrei neanche risposto se non avessi
visto “dilagare” una polemica di molti artisti leggeri
col presidente della camera; e, soprattutto, non fossi
stato colpito dalla fotografia a tutta pagina di una
campionessa polacca di tennis, Agnesa Radwanska,
24 anni, nel suo splendore di Venere rinascimentale,
e per questo espulsa dal gruppo cattolico polacco di
cui era ambasciatrice nel mondo. Come vede, basta
poco ad accendere il fiammifero e il pagliaio. La
Polonia è stata sempre terra illiberale di fanatismi e
di progrom antiebraici. (A parte le pagine di gloria
militare che ogni Tamerlano, Cesare, Pilsudski o
Carlo Magno scrive per la sua parte e che da sole non
fanno la cultura di un popolo o di un epoca). Anche
nei nostri giornali ieri c’era la “caccia alla donna”,
con foto di star e cantanti che hanno “fatto soldi”
alla corte di tiranni orientali, come quelli – per dire
– coi quali noi facciamo soldi scambiando carne
umana (mamme, figlie) contro petrolio. Dico queste
cose perché una persona di superiore intelligenza
come la Boldrini vi dedichi un pensiero ulteriore,
contemperando gli sdegni accumulati a ragione nella
sua vita con le previsioni possibili di ogni nuovo divieto. Per esempio, riflettendo sulla pagina di Repubblica “al bello assoluto” nella storia della pittura, la
Venere di Urbino di Tiziano, che offre integra la sua
luce e i suoi probabili pensieri; o sui tanti capolavori
dipinti dai geni per re, imperatori, duci, duchi, imperatrici, mercanti, satrapi e altri acquirenti che
tagliavano teste e accendevano roghi. È la tragica
“commedia” della vita, e conviene non pretendere di
razionalizzare tutto. Si può però distillare con moderazione nuove leggi e le proposte di cambiamento, in
modo che la società, se convinta, possa tenere il passo e non si predisponga al rigetto. Certo, caro direttore Bernabé, ogni televisione dev’essere pedagogica.
Ma, diceva il pedagogo Valitutti, a lei ben noto, purché faccia pedagogia con la cultura, non coi fideismi.
Altrimenti siamo punto e a capo col fascismo, in tonaca, in orbace o in colbacco.
••• COSTITUZIONE •••
Renzi vuole la premiership? Dica quale sistema vuole
SEGUE DALLA PRIMA
CLAUDIO
PETRUCCIOLI
V
ale a dire, una riforma necessariamente di
carattere complessivo perché deve ridefinire ambiti e relazioni fra tutti i poteri dello Stato
(compreso ovviamente quello giudiziario)?
Questa è la domanda strategica che oggi dovrebbe essere al centro di qualunque dibattito,
di qualunque scelta, di qualunque decisione;
comprese quelle che investiranno il congresso
del Pd (ma non diversamente si presentano le
cose sulla destra). Da quel che si vede, non c’è
da essere ottimisti; di tante cose si parla e si
vuole parlare ma non di questo. Come se non
fosse proprio qui la scelta che oggi definisce tanto l’identità quanto la funzione nazionale e la
proiezione nel futuro di una forza politica; la
scelta decisiva con la quale si deve misurare una
leadership.
Una onesta e attenta riflessione sulla storia
fornisce elementi univoci e chiarificatori. Prendiamo Togliatti. Dopo il ritorno in Italia il capo
del Pci fece una scelta fondamentale: unità contro tedeschi e fascisti, liberazione nazionale, rinvio a dopo della “questione monarchica”. Avviò
la costruzione di una inedita forza politica: il
“partito di tipo nuovo”. Ma chiuse poi il cerchio
partecipando da protagonista alla definizione
dell’assetto costituzionale avendo in mente idee
precise per la regolamentazione della Repubblica. Senza quest’ultimo elemento, anche gli altri
due sarebbero restati aleatori, confusi, non sarebbe stato possibile dare loro respiro e prospettiva. Tanto per dirne una, non sarebbe stato
possibile costruire nei fatti un partito come il Pci
se non ci fosse stata quella Costituzione.
Non basta? Andiamo in Francia: De Gaulle,
quando – chiamato da partiti esausti e dimissionari, come quelli italiani di oggi – varò la V
Repubblica non definì solo una nuova costituzione, creò anche le condizioni per una generale
riforma delle forze politiche. Che, infatti, avvenne; sia pure nel corso di anni, perché cambiare e
innovare i partiti non è una cosa che si fa dall’oggi al domani. La sinistra riuscì – con Mitterrand
– a completare la propria trasformazione inno-
vatrice quando la saldò con una chiara scelta di
carattere istituzionale, cioècon la convinta accettazione del quadro della V Repubblica entro
il quale si collocò, attivò la competizione, e vinse. La definizione delle forze politiche, della loro
identità, e la messa a punto degli assetti costituzionali, del funzionamento delle istituzioni, sono ambiti diversi, ma inscindibilmente connessi.
Non si può pensare e realizzare un partito senza
sapere in quali istituzioni opererà, e perché si
vuole che siano quelle e non altre.
La perplessa impotenza che si registra oggi
sul fronte della “identità del Pd” non è altro che
l’altra faccia dell’ottuso rifiuto a considerare
l’esigenza e l’urgenza di una riforma istituzionale e costituzionale. Mario Tronti (l’Unità del 16
luglio) coglie il problema; ma si illude di poterlo
risolvere arroccandosi nel conservatorismo costituzionale e di poter – così facendo – ricostituire un “moderno principe” sul modello del Pci,
per affermare l’agognato, novecentesco, “primato della politica”.
In vista del congresso del Pd, fino ad oggi si
è discusso di regole e norme statutarie, con rife-
rimento particolare alla questione se il segretario del partito debba essere automaticamente
anche candidato alla presidenza del consiglio,
come lo statuto stabilisce. L’esperienza dell’ultimo anno dovrebbe indurre a ridimensionare largamente questa questione.
Sarebbe, invece, un incomprensibile assurdo
se chi si candida a dirigere il Pd e/o a guidare un
governo che sul Pd sia incardinato, si sottraesse
oggi alla necessità di esporre una posizione precisa sui temi istituzionali e della riforma costituzionale.
Un silenzio o una vaghezza sull’argomento
renderebbe di per sé inadeguata qualunque candidatura alla leadership tanto del partito quanto
del governo; per la semplice ragione che non affrontando questa questione non si risolve in Italia il problema della governabilità; e senza una
adeguata governabilità anche qualunque programma economico e sociale è destinato a restare lettera morta. Prima ancora di dire come si
vuole governare l’Italia è oggi necessario dire
come si intende creare le condizioni per cui
l’Italia possa essere governata.
••• PRIMARIE PD •••
Attenti agli “albi”, possono scoraggiare l’affluenza
MARIO
LAVIA
N
ella commissione per le regole si sta discutendo sulla
proposta di istituire un “albo degli aderenti”: qualcosa in più dei
semplici iscritti ma qualcosa di
meno dell’apertura, in via teorica, a chi vuole votare.
Il problema –si dice –sarebbe quello di evitare “infiltrazioni” di truppe cammellate per
esempio della destra che potrebbero alterare il risultato. Qualche
fenomeno di questo tipo in passato c’è stato (una volta in forme
gravi tanto da imporre l’annullamento delle primarie per il candidato sindaco di Napoli) ma per
lo più “annegato” dalla marea di
votanti veri, e quindi in sostanza
ininfluente. Caso mai bisognerebbe vigilare dall’interno del Pd
perché nessun capo o capetto
organizzi proprie “truppe” – se
n’è avuta qualche dimostrazione
recente a Roma – ma questo è
un altro discorso.
Il punto saliente sembra un
altro. Se, una volta votato, si
INFORMAZIONI
E
tratta di firmare con nome e cognome per consentire la formazione di un enorme database,
nulla quaestio: si è fatto così anche nel 2007 e nel 2009. Altra
cosa è che si pretenda dagli elettori di “aderire” – prima o il
giorno stesso del voto – al partito. Questo finirebbe per costituire una sorta di rigidità burocratica. Faccio alcuni esempi.
Mettiamo che il giovane Mario Rossi, di vaghe simpatie di
sinistra, che non ha mai messo
piede in un circolo del Pd, e che
anzi ha in odio tutto ciò che allude alle forme tradizionali della
politica, ma che tuttavia vorrebbe un rinnovamento, e che insomma – poniamo – è rimasto
colpito dalla novità di Pippo Civati, e che se Civati diventasse
segretario quel Pd voterebbe
convintamente, cosa che mai farebbe se vincessero altri: che si
fa, lo si manda via dal gazebo?
Mettiamo che il non più giovane Carlo Bianchi, negoziante,
di antica militanza comunista,
una vita passata fra riunioni in
sezione, manifestazioni, comizi,
manifesti e letture di testi più o
ANALISI
www.europaquotidiano.it
ISSN 1722-2052
Registrazione
Tribunale di Roma
664/2002 del 28/11/02
meno sacri, voglia riprendere
l’impegno politico – in questi
anni via via venuto meno – ma
solo a condizione che il Partito
democratico, facciamola breve,
si sposti a sinistra e si dia un segretario che incarni la nuova li-
nea, altrimenti nisba: che si fa
con Carlo, lo mandiamo via dal
gazebo?
Mettiamo che Paola, 64 anni,
si è stufata di un partito che non
supera mai il fatidico 30 per cento e pensa che bisogna andare di
là a prendersi i voti e che insomma Matteo Renzi pare la scelta
giusta altrimenti lascerà perdere
con questo partito: che facciamo, la respingiamo, Paola?
Mettiamo che Andrea, appena laureato e ovviamente senza
AZIENDA SERVIZI
ALLA PERSONA
E ALLA FAMIGLIA
E-mail: [email protected]
A.S.P. e F. AZIENDA SERVIZI ALLA PERSONA
E ALLA FAMIGLIA
ESTRATTO BANDO DI GARA CIG: 5180778141
A.S.P.eF. ha indetto appalto per l'affidamento della
fornitura di derrate alimentari occorrenti al Servizio
Alberghiero di Ristorazione di ASPeF – P.le
Michelangelo n. 1 - Mantova, mediante procedura
aperta. L'aggiudicazione verrà effettuata secondo il
criterio dell'offerta più bassa ai sensi dell'art. 82 del
D.Lgs. n. 163/2006 e smi. L'importo dell'appalto è
fissato in Euro 788.010,44 Iva esclusa. Sono ammesse
soltanto offerte in ribasso.
Le domande di partecipazione dovranno pervenire
entro le ore 12:00 del giorno 12/8/2013 alla Direzione
Generale di ASPeF con sede in Mantova – Piazzale
Michelangelo, 1. – Il Bando integrale è stato inviato alla
G.U.C.E. in data 13 Giugno 2013.
Tutti i documenti relativi alla procedura sono ritirabili
dal lunedì al venerdì nelle ore 9:00 – 12:00 presso
l'Azienda, gli stessi sono disponibili sul sito web
www.aspefmantova.it alla sezione albo dell'ente.
Mantova, lì 15 Giugno 2013
F.TO Dott.ssa Graziella Eugenia Ascari
(Direttore Generale)
107LICA
SEGUE DALLA PRIMA
lavoro, che alle ultime elezioni
ha votato Grillo e alle comunali
di Roma non ha votato proprio,
che però scorge in Cuperlo un
possibile leader colto, di sinistra
e moderno, e che se vince Renzi
non voterà mai più: che si fa, diciamo ad Andrea di non venire al
gazebo?
E si potrebbe continuare
all’infinito. Per dire una cosa
semplice, questa sì lapalissiana:
una bella porzione degli elettori
delle primarie, quando vota, ancora non sa se aderirà al Pd, e in
che forma e con quale grado di
intensità. Attende di vedere chi
vince e come il vincitore si muoverà. E magari poi “aderirà” a
tale iniziativa ma non a talaltra,
condividerà quel pezzetto di
strada ma non un altro. Per cui,
dare l’impressione di voler ingabbiare un’adesione nelle maglie di un “albo” è controproducente, rischia di restringere la
partecipazione erigendo un
ostacolo fastidioso perché antistorico. Le primarie o sono open
o non sono. Funziona così,
nell’anno di grazia 2013.
@mariolavia
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agosto 1990 n.250»
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5
P R I M A >
• • • L AV O R O • • •
••• IL VIAGGIO A RIO •••
Non solo flessibilità ma politica attiva
contratti a termine e in genere della flessibilità in entrata. Il riferimento all’Expo anTIZIANO
TREU
drà definito con realismo e non può essere
troppo generico.
Si può ipotizzare non tanto un accordo
na questione da sempre critica riguardettagliato, quanto un parere a maglie larda, come è noto, il tema della flessibighe, per non irrigidire le soluzioni. A tal filità in entrata nel mercato del lavoro collene potranno essere utili le indicazioni degli
gato all’Expo 2015, in particolare relativaaccordi che già si stanno facendo in sede
mente all’utilizzo dei contratti a termine.
locale.
Il decreto attuale già riconosce alla
Inoltre non è opportuno concentrare
contrattazione collettiva anche aziendale
l’attenzione solo sulle causali, che sono il
pieni poteri di stipulare contratti a termine
tema più controverso. Per evitare abusi del
senza causale. Il che aumenta non di poco
contratto a termine senza causale, sarebbe
il grado di flessibilità nell’entrata del merutile prevedere tetti massimi al suo utilizcato del lavoro. È una soluzione utile sozo: ad esempio 10%, elevabile dai
prattutto se usata bene in situacontratti collettivi.
zioni eccezionali, come l’Expo
Un accordo cornice può esse2015. Andrebbe peraltro precisa- Quanto
re opportuno per dare linee guida
to che non basta un contratto
prevede il
comuni al fine di evitare soluzioni
aziendale comunque stipulato,
ma deve trattarsi di contratti
decreto è utile frammentate e casuali. Ma occorre che venga concluso effettivaconclusi secondo il principio di
se usato bene
mente senza indugi e con vera
maggioranza, quale definito
convergenza di obiettivi fra le
dal’accordo interconfederale del
in situazioni
parti.
31 maggio 2013. E non sembra
come l’Expo
Il tema della flessibilità in encongruo ritenere necessaria
trata e del contratto a termine è
l’unanimità dei consensi come
importante, ma non può essere
potrebbe sembrare dalla lettera
esclusivo. Non dimentichiamo che l’urgendella norma. Anche il potere di modificare
za principale oggi è sostenere l’occupaziogli intervalli fra contratti a termine è ricone specie giovanile e che per questo non
nosciuto dall’art. 7, comma 1, lettera c, alla
basta la flessibilità, ma occorrono strucontrattazione aziendale.
menti ulteriori di politica attiva.
L’andamento di questa sperimentazioIl ministro ha infatti proposto alle parti
ne contrattuale potrà dare indicazioni su
di approfondire altri punti: a cominciare
come l’ampliamento della flessibilità condal rilancio dell’apprendistato, anche in
seguente all’uso dei contratti a termine
forme brevi e semplificate, e dal rafforzaacausali influisce sull’occupazione.
mento degli incentivi alle imprese che staPer questo è importante che si rafforzibilizzano i lavoratori a termine, ad esempio
no gli incentivi alla utilizzazione di questi
con la restituzione di una quota maggiore
contratti. Il ministro ha sollecitato le parti
dell’attuale del contributo aggiuntivo prealla ricerca di un avviso comune che prefivisto per il contratto a termine.
guri l’ambito e le modalità di ricorso ai
SEGUE DALLA PRIMA
U
giovedì
18 luglio
2013
Ma l’impegno cui sono chiamate le
parti sociali e le istituzioni pubbliche, dello
Stato e delle Regioni, nelle prossime settimane è ancora più vasto.
Dovremmo sempre ricordare che l’efficacia di queste norme, come di tutta la legislazione del lavoro, dipende molto dal
contesto economico e dalle misure che il
governo potrà prendere per rilanciare la
crescita. A cominciare dalla riduzione del
peso fiscale sul lavoro e sulle imprese, che
tutti, le parti sociali e i partiti maggiori, ritengono indispensabile.
Più nello specifico è decisiva la strumentazione dei servizi necessari a sostenere in modo attivo l’occupazione. Questo
vale anzitutto per il progetto “garanzia giovani” annunciato nel decreto lavoro e da
attivare dall’inizio del prossimo anno.
Le migliori esperienze europee della
youth guarantee mostrano che il loro successo dipende non solo dagli incentivi economici alle imprese che assumono giovani,
ma dalla capacità degli operatori di politica attiva, pubblici e privati, di prendersi in
carico i giovani. Ciò significa offrire loro il
sostegno personalizzato di cui hanno bisogno per inserirsi nel mercato del lavoro;
che può comprendere il rafforzamento delle loro competenze, percorsi di orientamento e di stage, sostegni all’avvio di attività autonome, offerte di lavoro dipendente, anche in apprendistato, fino a forme di
lavoro volontario e di servizio sociale.
La debolezza dei servizi di politica attiva è un punto dolente di tutta la nostra
esperienza. È urgente porvi rimedio con
una unità di intenti di tutte le istituzioni e
gli operatori del mercato del lavoro, se si
vuole dare efficacia alle promesse del decreto lavoro e ai giovani una risposta da
troppo tempo attesa.
Effetto Francesco sulla Gmg
SEGUE DALLA PRIMA
MARIA
GALLUZZO
U
n viaggio apostolico ereditato,
non scelto, che curiosamente
porta il papa venuto quasi dalla fine
del mondo proprio nel suo continente, con un passaggio di testimone
molto simile a quello che era capitato
anche a Benedetto XVI, la cui prima
meta era stata la Germania, a Colonia, per la Gmg decisa dal suo predecessore Giovanni Paolo II.
Un papa sulle orme del precedente, un passaggio che si ripete rafforzando l’idea che non ci sia cesura tra i
pontificati.
Per papa Francesco c’era dunque
di base un programma già imbastito.
Che tuttavia – come ha spiegato ieri
il portavoce vaticano padre Federico
Lombardi illustrandone i dettagli –
«si è intensificato e arricchito di ulteriori elementi con il cambio di pontificato». E ora tutto porta l’impronta di papa Francesco. In terra brasiliana si muoverà con la stessa jeep
che usa sempre a piazza san Pietro e
l’evento di popolo che lo aspetta è di
quelli che predilige.
Anche in questa partenza si scorge un tocco di riforma, che stavolta
riguarda l’incontro con i giornalisti
sul volo papale. Bergoglio andrà in
mezzo a loro, li saluterà tutti, ma non
ci sarà l’abituale conferenza stampa
preconfezionata, con le domande
consegnate prima della partenza a
padre Lombardi. Memore di quanto
accadeva a Benedetto XVI – ricordiamo, tra tutte, le polemiche scatu-
rite da una domanda posta sul volo
papale verso il Camerun a proposito
dell’uso del preservativo – probabilmente papa Bergoglio vuole evitare
che il significato di questo viaggio
possa essere inquinato da altre dinamiche comunicative. Preferisce che i
giornalisti si concentrino sulla Gmg,
sul racconto di quanto accadrà dal 22
al 29 luglio nella città brasiliana. E
data l’intensità degli incontri e delle
scenografie mozzafiato previste ci sarà solo l’imbarazzo della scelta.
Le nuove tappe inserite – il pellegrinaggio ad Aparecida, la visita alla
piccola favela Varginha, all’ospedale e
l’incontro con il comitato di coordinamento del Celam (Consiglio episcopale latinoamericano) – hanno
tutta la cifra di questo papa. Al santuario mariano, ad esempio, il pontefice è molto legato sia per devozione
personale, sia perché – come ha ricordato padre Lombardi – qui si svolse nel 2007 l’assemblea dell’episcopato latinoamericano che ha prodotto il
documento di Aparecida «la cui redazione è stata guidata proprio
dall’allora cardinale Bergoglio». Un
testo che esprime molto bene gli orizzonti missionari della Chiesa contemporanea e che il papa consegna sempre, come buona lettura, ai presidenti
dell’America Latina che gli fanno visita.
A Rio ci saranno migliaia e migliaia di giovani. Ma anche un migliaio di vescovi. Insomma una sorta di
concilio oltreoceano.
Ed è facile prevedere che sarà una
emozionante festa di fede, di popolo e
di gioventù.
@galluzzo_m
Scarica

Lo scudo di Letta per Alfano, boccone amaro per Pd e Renzi