OLTRE
Il giornale dello spazio privato del SE'
Quadrimestrale di psicologia, psicoterapia, psicoanalisi, ipnosi, sessuologia, neuropsicologia.
Num. 16 - Maggio / Agosto 2010 - Registrazione al Tribunale Ordinario di Torino n. 5856
del 06/04/2005 - Dirett. responsabile: Dott. Ugo Langella - Psicologo, Psicoterapeuta Iscritto all'Ordine degli Psicologi ed all'Albo degli Psicoterapeuti, Posizione 01/246 al
17/07/1989 - Str. S. Maria 13 - 10098 RIVOLI (To) - Tel. 0119586167 - [email protected]
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SOMMARIO - 1 Il contenimento dell’onnipotenza - 11 Per un contenimento
dell’onnipotenza narcisistica - 12 Il curriculum di Ugo Langella.
IL CONTENIMENTO DELL’ONNIPOTENZA
INTRODUZIONE - Nelle pagine di OLTRE, ricorre spesso la parola ONNIPOTENZA.
Al fine di evitare ogni possibile confusione ed anche lunghi e dispersivi distinguo, diciamo
subito che per ONNIPOTENZA si intende quel particolare stato mentale che caratterizza
uno studente, che seduto davanti ad un testo da studiare è convinto che gli basti una
semplice ed affrettata lettura per essere pronto a sostenere un’interrogazione ed ottenere il
massimo dei voti, o l’illusione di un atleta improvvisato che pensa di vincere una medaglia
olimpica allenandosi qualche ora, o la convinzione di un meccanico principiante di riuscire
a riparare un automezzo senza conoscere le caratteristiche della marca e del modello
semplicemente per aver visto un giorno qualcuno farlo, o la certezza da parte di un
individuo di riuscire a parlare con uno straniero solo perché conosce qualche vocabolo della
sua lingua, etc. Mentre in un bambino questi comportamenti ed altri simili ci fanno
sorridere, in un adulto ci portano invece a dire: “Si crede ONNIPOTENTE!”
Quindi: ci serviamo della parola ONNIPOTENZA per descrivere lo stato mentale di
un individuo il quale, pur non essendo anagraficamente bambino, nell’affrontare la
realtà si comporta come lui per il quale pensare di fare significa riuscire a fare davvero,
naturalmente in totale assenza o inadeguata presenza di preparazione, mezzi,
strumenti, nel più breve tempo possibile ed al minimo sforzo, anzi: senza alcuno
sforzo. Tuttavia l’ONNIPOTENZA è anche un qualcosa di più ed un qualcosa di
diverso: uno stato mentale che pervade l’individuo e lo astrae dalla realtà, in una sorta
di ebbrezza di presunta superiorità a tutto e tutti. E’ alla base dell’illusione,
dell’euforia, della maniacalità, della prepotenza, della distruttività, dell’aggressività,
del sadismo, dell’intolleranza della dipendenza, etc. E’ ovviamente contrapposta al
senso di realtà ed alla sensazione di impotenza. Non si accompagna al lutto, alla
depressione, alla frustrazione, ai veri affetti, etc.
LE POSSIBILI ORIGINI DELL’ONNIPOTENZA COME STATO MENTALE Sino a circa il 1500 d.C., ad eccezione di alcuni seguaci di Pitagora nell’antichità, si
pensava che la terra fosse ferma ed il sole le girasse attorno, teoria detta del geocentrismo
tolemaico. Nel 1543 le affermazioni dell’astronomo polacco Copernico misero seriamente
in dubbio tale teoria, dando inizio alla rivoluzione copernicana, anche se fu soltanto Galileo
Galilei che, intorno al 1630, diede la definitiva spallata al geocentrismo tolemaico,
dimostrando quello che oggi nessuno osa più mettere in dubbio.
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E’ noto che la principale avversaria della rivoluzione copernicana fu la Chiesa cattolica,
poiché vedeva nelle nuove teorie un sovvertimento delle tradizioni. Solo la psicoanalisi può
giustificare quell’atteggiamento oltranzista che attraverso il processo a Galileo Galilei tentò
di fermare la diffusione di questa nuova visuale, anche se giustificare non significa certo
condividere. Lo scopo della psicoanalisi, è quello di capire cosa accade nella mente
umana traendo spunto da ogni sua produzione, comprese le religioni e quindi anche le
loro sacre scritture, considerati un tempo punti di partenza delle ipotesi scientifiche quali
espressioni - attraverso il meccanismo della proiezione - dei simbolismi di cui l’IO si è
servito nel corso della sua evoluzione attraverso i millenni. Viste le cose da questa
prospettiva. la teoria tolemaica poteva avere un senso ed essere più che convincente poiché
psicologicamente descrive la visuale del feto dall’interno dell’utero, cioè il suo sentirsi al
centro dell’universo che sembra muoversi intorno a lui ed in sua funzione. Senza respirare e
nè mangiare, il feto trae ossigeno e nutrimento dal sangue della madre; può stare sempre a
letto e non esserci mai; galleggiare, orinare senza alcun controllo e altro. Senza servirsi del
linguaggio verbale, solo muovendosi o non facendolo può comunicare alla madre le sue
sensazioni di benessere e di malessere, ed il suo massimo piacere è costituito dal sentirsi
protetto ed alla temperatura ideale. Così, giorno dopo giorno si forma e rafforza in lui quel
modo di sentirsi che la psicoanalisi definisce ONNIPOTENZA.
La nascita infrangerà tale convinzione precipitandolo nell’opposto - l’IMPOTENZA ma l’ONNIPOTENZA verrà ripristinata anche se solo in parte attraverso la negazione della
realtà costituita dal sonno continuo delle prime settimane di vita extrauterina e dagli effetti
che il pianto e le urla avranno sul “mondo” esterno, poichè gli consentiranno di ottenere in
modo presunto onnipotente i soddisfacimenti di cui ha bisogno in termini di assistenza,
nutrimento, pulizia. Tale convinzione è però destinata a spegnersi nell’arco di qualche anno
ma raramente del tutto. Infatti, in una qualche parte della nostra mente continua a
persistere la convinzione di essere ancora più o meno al centro dell’universo, ed i
disturbi mentali nascono dal non voler riconoscere che non è più così, e soprattutto dal
non riuscire a sopportarlo, dando in escandescenze se qualcuno ci disillude o cadendo
in depressione quando ci accorgiamo che è vero. Spesso questa dinamica è chiamata:
rifiuto di crescere.
Irriducibilmente restio se non incapace a disfarsene, l’essere umano ha messo al
sicuro l’ONNIPOTENZA proiettandola in una dimensione a lui esterna idealizzata insieme al proprio SE’ - a cui ha dato il nome di DIO, corredandola di un ambiente
collocato in un posto indefinito come quello dove sentivamo di essere quando eravamo
nella pancia della mamma chiamato, con il senno del poi, PARADISO. Qui
l’ONNIPOTENZA regna incontrastata riproducendo - eterno ed a sua volta idealizzato - il
paradiso perduto con la nascita. Con la crescita, la realtà tollera questa schizofrenia solo
nelle religioni come valvola di sfogo, mentre nella vita ordinaria non consente nemmeno di
trastullarsi con essa, per cui il solo parlarne è considerato un delirio: “Sei pazzo!”. Tale
reazione causa un’intensa frustrazione in chi la subisce ed una conseguente esplosione di
aggressività per i motivi che dopo vedremo, ma sono ancora il meno anche se molte violente
contrapposizioni fra genitori e figli, coniugi, datori di lavoro e dipendenti, insegnanti e
alunni etc, nascono proprio a causa della disapprovazione e dei divieti degli uni verso
desideri e/o comportamenti degli altri. Il peggio è che se i secondi, soprattutto se figli, non
si rendono conto dell’ONNIPOTENZA insita in molte loro richieste, si rovinano il futuro da
soli. Infatti, sino a quando sono i genitori che comandano, e ciò molto spesso significa solo
tenere la “cassa”, saranno loro a vedere i “sorci verdi” come si suol dire, ma quando
diverranno indipendenti incominceranno davvero i guai, poiché la realtà pone delle barriere
invalicabili contro l’ONNIPOTENZA di singoli e gruppi: o questa viene spontaneamente
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drasticamente ridotta, o prima o dopo ci si rompono le corna. Non sono solo le Leggi, i
regolamenti e le normative ad essere restrittivi: lo è ancora di più la “concorrenza di
mercato” sia in senso reale che figurato, per cui non ci sono alternative: o l’individuo
ridimensiona la sua ONNIPOTENZA adattandosi alla possibilità reale dell’ambiente di
soddisfarla, sottomettendosi e/o scendendo a compromessi, anche in amore, o si preclude
tutte le strade che la realtà gli presenta, o più semplicemente viene emarginato, ed è inutile
che poi accusi qualcun altro delle sue disgrazie.
IL SUBSTRATO INCONSCIO DELL’ONNIPOTENZA - Ma quanto sinora scritto
non basta. Occorre chiarire cosa si nasconde sotto l’ONNIPOTENZA. Rifacendoci ai
concetti freudiani di pulsioni di vita e pulsioni di morte, dopo un alternarsi di pro e di contro
non possiamo non arrivare a concludere che l’ONNIPOTENZA contenuta è espressione
delle PULSIONI DI VITA, mentre l’ONNIPOTENZA incontrollata diventa espressione
delle pulsioni di morte, e che i due estremi coincidono come la chiusura di un cerchio.
Nella pedagogia psicoanalitica si consigliano i genitori a soddisfare ogni richiesta del
bambino nel corso del suo primo anno di vita, giustificando il fatto che il frustrarlo,
cioè il frustrare la sua ONNIPOTENZA, gli causerebbe un grave danno, non essendo
lui in grado di sopportarne la depressione a causa del sentirsi completamente esposto e
disarmato alle pulsioni di morte che finirebbero per prendere il sopravvento. La
risposta aggressiva del neonato, come del bambino, come dell’adulto che accampano
pretese di ONNIPOTENZA respinte, nasce proprio da lì. Solo che quanto deve essere
concesso al bambino sino a circa dodici mesi di età (cioè tutto), dovrebbe essere
g-r-a-d-u-a-l-m-e-n-t-e ridotto oltre tale età, e sempre più robustamente contenuto con il
passare del tempo, sino a quando l’individuo stesso sia diventato in grado di autoimporsi il
contenimento. Solo allora potrebbe essere definito adulto. Se ci si ragiona sopra, ci si
rende facilmente conto che a tutte le età la frustrazione dell’ONNIPOTENZA appare
spaventosamente intollerabile e proprio per tale motivo capace di mobilitare una
gigantesca aggressività autodifensiva ritenuta dal soggetto del tutto legittima, proprio
poiché tale frustrazione rafforza la convinzione inconscia che il CONTENIMENTO
dell’ONNIPOTENZA apra la strada alle pulsioni di morte. (Joan Riviere) Il che
equivale a dire, che effettivamente l’ONNIPOTENZA costituisce una solida barriera alle
pulsioni di morte quando l’IO non è ancora in grado di reagire con le sue sole forze, ma che
se i genitori non sapranno costruire delle s-o-l-i-d-e premesse affettive e relazionali
(occorre d-i-a-l-o-g-a-r-e e non semplicemente imporre!) che consentano g-r-a-d-u-al-m-e-n-t-e di pretendere nel figlio l’abbattimento di quella barriera, cioè
l’accettazione del CONTENIMENTO dell’ONNIPOTENZA, essa finirebbe per
soffocarlo impedendogli di crescere, o per esporlo al rischio di una morte prematura.
Laddove possibile sarebbe preferibile che, oltre a contenere la propria
ONNIPOTENZA, fossero i padri a contenere l’ONNIPOTENZA dei figli più che le
madri, alle quali dovrebbe essere invece affidato il compito di sostenerli affettivamente
nella sopportazione della frustrazione provocata dal contenimento. Il contrario crea
confusione, aumenta la componente di odio dell’ambivalenza verso la madre e nelle
femmine disturba l’identificazione con lei. Qualora necessario, occorrerebbe che il
padre contenga anche l’ONNIPOTENZA della madre nello svolgimento delle sue
funzioni anziché contribuire a delegarle a terze persone quale che sia il motivo, e che
lei accetti con gratitudine questo contenimento, meglio se addolcito dalla condivisione
da parte di lui delle angosce depressive derivanti dalle fatiche dell’accudimento.
Certo, per i padri è antipatico dover contenere l’ONNIPOTENZA dei figli, e si
preferirebbe che fossero loro ad imparare a farlo da soli, ma nessuno più del padre ha
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il dovere e lo strumento per riuscirci: l’affetto e la stima del figlio, sempre che sia
riuscito a guadagnarseli.
Circa il rischio di una morte prematura accennata prima, alla luce della teoria delle pulsioni
di Freud sembra una contraddizione, ma Freud è convincente quando, in: “Al di là del
principio del piacere”, scrive a questo proposito: “Non dobbiamo piu’ contare sulla
misteriosa tendenza dell’organismo ad affermarsi contro tutto e contro tutti. Essa si
riduce al fatto che l’organismo vuole morire solo alla propria maniera… Si determina
così il paradosso che l’organismo vivente si oppone con estrema energia a eventi (pericoli)
che potrebbero aiutarlo a raggiungere più in fretta lo scopo della sua vita [cioè la
dissoluzione nella morte]”. (Vol. 9 - Pag. 225 / Pag. 65 del tascabile). (Per una maggior
comprensione dell’argomento si veda OLTRE 12 a pag. 1 in “Pulsioni di vita & Pulsioni di
morte”.) Il che equivale a dire che i figli, pur resistendo al contenimento
dell’ONNIPOTENZA con sbuffi, recriminazioni e scenate, sono grati ai genitori, agli
insegnanti ed agli adulti che per il loro bene all’occorrenza si impongono con fermezza.
E’ bene precisare che per alcuni bambini un anno di permissività totale prima di iniziare
un g-r-a-d-u-a-l-e CONTENIMENTO dell’ONNIPOTENZA basta, mentre per altri ci
vorrebbe un tempo più lungo, ed in questa permissività totale rientra in primo luogo la
presenza continua della madre e la gratificazione consentita dal capezzolo. Molte richieste
assurde delle età successive da parte del figlio ai genitori (ed alla società) costituiscono
indirette pretese di risarcimento proprio in tal senso. Ma quand’anche soddisfatte esse sono
destinate a non sortire alcun effetto, sia poichè ottenute spesso attraverso una qualche
minaccia, e sia poichè l’interessato non è cosciente nè di cosa sta effettivamente chiedendo e
né perché. Non dimentichiamo quanto abbiamo scritto prima, e cioè che un precoce
CONTENIMENTO dell’ONNIPOTENZA disarma il bambino davanti alle pulsioni di
morte, attivandogli in tal modo una grande angoscia di morte con la quale dovrà
probabilmente poi fare i conti per tutta la vita! (P. Heimann) Come pensare, allora, che non
gli venga voglia di punire i genitori (e la società), o almeno chiedere di essere risarcito?
Non è possibile a livello teorico definire entro quanto tempo un bambino sia in grado di
sopportare la frustrazione della sua ONNIPOTENZA senza traumi eccessivi: dipende da
diversi fattori uno dei quali, particolarmente, sembra assoluto, ed è costituito dalla sua salute
fisica e psichica. Se una di queste è critica, si ha motivo di ritenere che le angosce di morte
conseguenti alla pressione delle pulsioni di morte non consentano un ulteriore sovraccarico.
Fortunatamente vi è una variabile determinante: l’amore materno. Per tutti i bambini,
ma soprattutto per quelli di cui abbiamo parlato, l’intensità dell’amore materno nei primi
anni di vita ha il potere di renderli più forti sia fisicamente che psicologicamente,
compensando in tal modo la frustrazione prodotta dal contenimento dell’onnipotenza che
comunque a volte è difficile riuscire ad evitare di infliggere brutalmente. Anche i genitori
hanno un limite! Purchè ci si preoccupi di ricuperare il rapporto appena possibile.
Il bambino non digerisce volentieri nessuna frustrazione (se è per questo, nemmeno
l’adulto!), ma può riuscire a farlo facendo leva su sè stesso usando come fulcro l’amore
ricevuto dalla madre, o più tardi dalla sua donna se ha la fortuna di trovarne una capace di
amarlo davvero tanto. Ovvio che, mutati mutandis, la cosa riguarda anche le bambine. Per
quanto il complesso edipico possa complicare la crescita, non vi sono dubbi che un vero ed
autentico amore genitoriale ne mitighi gli effetti. (M. Klein) Spesso, invece, gli si attribuisce
una maggiore responsabilità di quanta davvero ne abbia rispetto all’amore genitoriale. Italo
Svevo in: “La coscienza di Zeno” fa dire a sua moglie: “Noi che abbiamo fatto i bambini
dobbiamo anche [imparare a] subirli.”
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E’ necessario fare ancora qualche esempio che chiarisca meglio il concetto precedente in
cui si affermava che ...rifacendoci ai concetti freudiani di pulsioni di vita e pulsioni di
morte... non possiamo non arrivare a concludere che l’ONNIPOTENZA contenuta è
espressione delle PULSIONI DI VITA in quanto costruttiva, mentre l’ONNIPOTENZA
incontrollata diventa espressione delle PULSIONI DI MORTE in quanto distruttiva. E’
abbastanza noto che per far funzionare le centrali idroelettriche l’acqua debba essere
convogliata a monte nelle condotte, cioè in quei grossi tubi che la ingabbiano, e qui fatta
scendere a valle per far girare le turbine con la forza della caduta. Questo è un esempio di
come l’ONNIPOTENZA contenuta sia espressione di PULSIONI DI VITA. Laddove,
invece, lo stesso corso d’acqua sia lasciato a sé stesso, è assai probabile che nel corso delle
piogge autunnali o primaverili l’eventuale esondazione dovuta ad un’incapacità del letto di
contenere l’aumentata quantità delle acque, si traduca in un danno per uomini e cose.
L’ONNIPOTENZA che contenuta diventa espressione delle pulsioni di vita, incontrollata lo
diventa di quelle di morte. Il lanciafiamme, arma molto usata dai nazisti, all’aperto era
altamente distruttiva. Nella caldaia costituisce il cuore dell’impianto di riscaldamento. Non
ci si deve stupire, quindi, se da sempre l’umanità abbia cercato in tutti i modi di contenere
l’ONNIPOTENZA degli individui sia per il bene della collettività che del singolo. A tal
proposito va detto che se un’incontrollata espansione dell’ONNIPOTENZA di singoli o
gruppi è devastante, non lo è meno un eccesso di contenimento, come si può vedere a
livello sociale da ciò che accade sotto regimi e dittature, ma non meno e spesso ancora
peggio a livello individuale come autoimposizione per il raggiungimento di obbiettivi e la
soddisfazione di ambizioni. Ma, è bene ripeterlo: se il CONTENIMENTO
dell’ONNIPOTENZA individuale è un bene per la società, lo è anche per la realizzazione e
la soddisfazione del singolo. Non si può prescindere da esso, purché in ragionevole misura
senza mai smarrire il senso della vita, salvo ritornare ai tempi della giungla.
IL CONTENIMENTO DELL’ONNIPOTENZA COME SCOPO E PIACERE
DELL’ESISTENZA - Se mi si chiedesse cosa individualmente potrebbe costituire lo scopo
ed il piacere dell’esistenza, non esiterei a rispondere che esso è racchiuso in una sola
affermazione: riuscire a contenere ragionevolmente l’ONNIPOTENZA allo scopo di
acquisire nuove abilità e approfondire quelle che si posseggono. Sino alla morte. Va
detto, che è il riuscirci che ci fa sentire adulti, e che l’autostima cresce proprio in
rapporto al raggiungimento e mantenimento di questa capacità di contenimento. Il
segreto però, consiste nel lasciare periodicamente libera l’ONNIPOTENZA come sotto
descritto.
ECCESSI DI CONTENIMENTO DELL’ONNIPOTENZA - Nelle centrali
idroelettriche, per evitare che i laghi artificiali contengano quantità d’acqua in eccesso
periodicamente vengono aperte le paratie, in modo da lasciarla defluire a valle. Non farlo,
non impedisce che l’eccesso non tracimi, quindi conviene pilotarlo. Come dovrebbe fare
allora, il singolo individuo, per evitare il tracimare degli eccessi di
contenimento dell’ONNIPOTENZA? Aprire periodicamente le sue
paratie. Ognuno ha i suoi modi insindacabili per farlo, purché non
facciano del male a qualcuno, nè direttamente o indirettamente al
soggetto stesso. Qualora non le aprisse mai, corre elevati rischi di
ammalarsi, poiché i casi sono solo due: o non conteniamo la nostra
ONNIPOTENZA, con tutti i rischi e le insoddisfazioni che ne derivano, o la conteniamo ma
periodicamente apriamo le paratie, e più la conteniamo, operazione necessaria per
raggiungere determinati obbiettivi, e più grande e frequente dovrebbe essere l’apertura
della paratie. (Parentesi - Che cosa differenzia il SUPER-IO normale, dal SUPER-IO
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RIGIDO? Quest’ultimo non vorrebbe mai che aprissimo le paratie!)
Sento il bisogno di essere ancora più preciso: dato per scontato il CONTENIMENTO
dell’ONNIPOTENZA nel lavoro, dato per scontato il CONTENIMENTO
dell’ONNIPOTENZA nel divertimento per rendere anch’esso professionale come è giusto
che sia per essere davvero soddisfacente, occorre darsi uno spazio di tempo in cui ci
lasciamo andare del tutto limitando allo stretto indispensabile il CONTENIMENTO
dell’ONNIPOTENZA, cioè lasciamo uscire dalla gabbia la belva che si è formata in noi cioè l’ONNIPOTENZA resa aggressiva dal contenimento - e la lasciamo scorazzare nel
prato (recintato) antistante, prima che spacchi le sbarre, esca e ci divori, anche se sappiamo
che poi il rimetterla dentro non sarà facile e creerà angoscia di morte e depressione, come
accade alla domenica sera ed alla fine delle feste e delle vacanze. L’operazione dovrebbe
diventare più facile se ci prometteremo sinceramente di liberarla nuovamente al più presto,
ed essa si fiderà di noi se avrà la certezza che le vogliamo bene e che la riteniamo
fondamentale per la nostra voglia di vivere. E’ l’atteggiamento che i genitori dovrebbero
avere verso i figli, sui quali in genere proiettano la belva che c’è in loro stessi.
Quindi: contenere l’ONNIPOTENZA e aprire periodicamente le paratie; ma sia
l’una cosa che l’altra devono essere conseguenza della regia del nostro IO, come un
vigile urbano sull’incrocio. (Usare la testa! La testa! La testa!) Cosa assolutamente non
possiamo consentirci è il diventare schiavi della nostra ONNIPOTENZA. Al contrario,
essa dovrebbe essere sempre sotto il nostro controllo sia quando la conteniamo che
quando la liberiamo, a qualsiasi età. Tanto moriremo ugualmente, ma assai
probabilmente ci manterremo più sani, e moriremo più tardi e più lucidi. Il
CONTENIMENTO dell’ONNIPOTENZA non deve mai andare in pensione! No al
cervello-polenta! Tuttavia, anche l’eccessivo, totale e/o ininterrotto CONTENIMENTO
dell’ONNIPOTENZA attraverso quello che abbiamo definito ingabbiamento, è
dannoso in quanto avviene a spese di sistemi, organi ed apparati del nostro corpo, in primo
luogo quello cardiovascolare, con patologie di media e grande gravità. Può essere
responsabile di problemi sessuali, sia nel maschio (impotenza, eiaculazione precoce) che
nella femmina (vaginismo e frigidità), mentre a livello psicologico a risentirne sono in
primo luogo la spontaneità, la flessibilità relazionale e l’interscambio emozionale.
Qui è bene inserire dei distinguo non indifferenti. Spesso la causa di questo eccessivo,
totale ed ininterrotto ingabbiamento dell’ONNIPOTENZA (che ha indubbiamente un che di
sado-masochistico) è l’eccessiva ambizione, fors’anche dovuta al desiderio di lasciare nella
Storia una qualche traccia di sè per compensare l’angoscia di morte e dell’oblio. Ma
altrettanto spesso nei soggetti fortemente ansiosi l’ingabbiamento diventa indispensabile per
portare avanti una vita anche solo normale, mantenendo un lavoro ed una famiglia, e con
essi la possibilità di fare un mutuo per comperare la casa ed allevare i figli in modo onesto e
decoroso. Vi è anche l’elevata possibilità che l’autocontenimento molto rigido possa essere
la conseguenza del timore di deludere un genitore o ambedue. Altre volte, invece,
l’ingabbiamento sembrerebbe indispensabile ad un individuo per autocostringersi a tenere
per tutta l’esistenza un elevato tenore di vita, al fine di non decadere a livello d’immagine
nella donna conquistata o di innalzarsi, sempre a livello di immagine, agli occhi della
collettività. Nella maggioranza delle situazioni sopra descritte, quali che siano, sembra che
l’ingabbiamento dell’ONNIPOTENZA abbia la funzione di contrastare l’ABULIA, il vero
problema di fondo.
Abbiamo accennato sopra alle possibili conseguenze dell’ingabbiamento. Merita qui
riflettere sul fatto che esso, se eccessivo ed ininterrotto, avviene in primo luogo a spese dei
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neurotrasmettitori. Il morbo di Parkinson probabilmente ne è la conseguenza più evidente,
anche se sicuramente non la sola e nè la più grave. In esso, ai tempi di Freud chiamato
“morbo saltellante”, pare evidenziarsi bene la stonatura fra i movimenti che il malato
vorrebbe fare e quelli che realmente fa, come se nel suo corpo-gabbia di fantoccio svuotato
fosse imprigionato un orso che si muove per conto suo, materializzazione
dell’ONNIPOTENZA eccessivamente contenuta di cui ormai l’individuo ha esaurito la
capacità fisiologica di tenerla stabilmente sotto controllo. Nei casi di cui sono venuto a
conoscenza, sembra che nella fase avanzata della malattia il soggetto tema realmente che
“l’orso scappi” sotto forma di comportamenti incontrollati nei confronti di chi gli sta vicino.
Allo scopo di invitare i parenti a vigilare, potrebbe anche arrivare ad autoaccusarsi a torto
circa azioni e/o fantasie in tal senso nel passato. A mio avviso, il soggetto potrebbe decidere
di morire allorchè senta di non essere più in grado di proteggere le persone amate, cioè
quando teme che la belva stia davvero per scappare dalla gabbia. Mi sono dilungato a
descrivere questa patologia poichè, se le mie ipotesi sono corrette, ritengo che intervenendo
al suo esordio essa possa essere trattata psicoterapeuticamente con un ragionevole successo.
LA NECESSITA’ DI CONTENERE L’ONNIPOTENZA PER... - Ma riprendiamo il
nostro discorso circa la necessità di contenere l’ONNIPOTENZA ed i vantaggi che possono
derivarne. Per poter guidare un’automobile occorre prendere la patente. Per ottenerla
occorre studiare il codice della strada, un minimo di teoria circa il funzionamento del
mezzo, ed imparare ad eseguire una serie di operazioni che consentano, partiti da un punto
di arrivare ad un altro, tenendo conto di tutti i fattori esterni umani e non. La motivazione
alla guida, cioè all’autonomia motoria, è spesso talmente forte che individui che non amano
leggere, non amano riflettere se non a livello primordiale, detestano l’uso coordinato e
finalizzato dei sensi e la previsione dei comportamenti propri e altrui, riescono ad imporsi
un ancorché temporaneo CONTENIMENTO dell’ONNIPOTENZA per acquisire quel
minimo di abilità che consenta loro di superare quei benedetti esami di teoria e di guida.
Che poi ci riescano come sarebbe necessario per non costituire un pericolo per gli altri e per
sé stessi è da vedere, ma a parte che comunque l’uso del mezzo migliora con l’esercizio,
non si può negare che comunque facciano uno sforzo che se davvero non avessero una forte
motivazione non farebbero, e che molto spesso non fanno né come cittadini, né come
lavoratori e né come genitori e forse non lo ripeteranno mai più. Sforzo per che cosa? Per
contenere l’ONNIPOTENZA, cioè accettare la dipendenza e la sottomissione: andando in
un’autoscuola a chiedere cosa fare per conseguire la patente, in un pubblico ufficio a
chiedere il rilascio della documentazione da presentare alla Motorizzazione; partecipando
alle lezioni di teoria; allenandosi a rispondere ai quiz circa la medesima e sostenerne
l’esame; sottostando all’istruttore per imparare a condurre il mezzo ed infine contenendosi
ancora di più in sede d’esame di guida per non rimanere bocciati.
Il che significa, che teoricamente TUTTI saremmo in grado di raggiungere qualunque
obbiettivo laddove effettuassimo un CONTENIMENTO della nostra ONNIPOTENZA
adeguato alla complessità del compito, sottoponendoci allo studio ed alla pratica quanto
necessario e per il tempo necessario sino a raggiungere il risultato desiderato. Nella lettura
di un quotidiano, di un periodico, di un’opera letteraria, e ancor più di un manuale,
contenere la propria ONNIPOTENZA significa in primo luogo essere convinti che non basti
far scorrere gli occhi sulle righe di stampa magari pensando ad altro, ma occorra sforzarsi di
approfondire tale comprensione andando alla conquista mentale del suo contenuto, e se del
caso, tradurlo in un comportamento coerente teso al raggiungimento di determinati
obbiettivi quali l’apprendimento, il mantenimento di esso e la possibilità di richiamo, ad
esempio annotando i concetti chiave, il cosiddetto prendere appunti. Ma, a seconda della
complessità della materia, tutto questo può arrivare a richiedere un grande dispendio di
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energie mentali e quindi costituire una fatica.
Ci sono persone che se si trovano fra le mani un binocolo (con una sola c), cioè quel
dispositivo ottico bioculare per vedere lontano, dopo pochi secondi che lo hanno accostato
agli occhi e puntato in una qualche direzione affermano di non vedere niente, e lo
abbandonano. Altri, raggiunto lo stesso negativo risultato, se lo girano fra le mani per
osservarlo, manovrando la rotella che si trova in posizione centrale. Non sapendo però a
cosa serve né come funziona, riprovando a puntare e vedendo che non è cambiato nulla,
lasciano perdere. Molti meno, invece, per far funzionare quell’oggetto si sforzano di trovare
una strategia, incominciando ad osservare un punto ravvicinato, quindi provando a ruotare
la rotella in un senso o nell’altro per vederne l’effetto, cioè migliorare o peggiorare la messa
a fuoco; poi puntare più lontano e fare la stessa operazione, andando infine alla ricerca del
punto che ci si è prefissi di osservare mettendo simultaneamente le lenti a fuoco. Di per sé si
tratta di operazioni banali che molti imparano a fare da soli, ma che altri non riescono ad
eseguire neppure se gliele spieghi. Dove sta il problema? Non si costringono a riflettere ed a
provare, cioè non contengono nemmeno un pò la loro ONNIPOTENZA. Probabilmente non
sono o non sono più o non sono mai stati abituati a farlo. Pretendono di vedere subito
perfettamente un oggetto lontano con un binocolo fuori fuoco, senza cercare di capire come
farlo funzionare, e quello che è peggio, senza neppure ascoltare qualcuno che eventualmente
si sia preso la briga di istruirli.
Sino a che si tratta di cose meno importanti, l’individuo può anche rinunciarvi, ma vi sono
situazioni, come ad esempio l’evoluzione tecnologica, che o vengono accettate in modo
sottomesso costringendosi a capirne le caratteristiche, o portano all’emarginazione ed alla
dipendenza dagli altri. Purtroppo in questo caso le vittime sono i meno giovani se hanno
sempre evitato il CONTENIMENTO dell’ONNIPOTENZA a livello mentale, detto più
semplicemente: sforzo mentale, poiché rischiano di essere crescentemente tagliati fuori sino
ad arrivare a desiderare presto la morte a causa della invalidità sociale a cui sanno di andare
incontro, e tutto questo perché? Perché nel corso della vita, nell’uso della tecnologia hanno
contenuto l’ONNIPOTENZA solo lo stretto indispensabile o poco di più, limitandosi ad
esempio a fare lo sforzo per capire qual’era il pulsante del telecomando che accendeva e
spegneva la televisione e come fare a cambiare i canali principali, incazzandosi contro
qualcuno che pigiava altri tasti, poiché se poi non rimetteva le cose a posto lui o lei non
sarebbe stato in grado di farlo e doveva chiamare aiuto. E dire che forse quando i loro figli
erano in età scolare, li punivano quando gli insegnanti li accusavamo di essere pigri!
Tutto questo avviene poiché l’ONNIPOTENZA è impaziente: vuole TUTTO, SUBITO
ed al MINIMO SFORZO, anzi: senza alcuno sforzo, nemmeno per sopportare
l’angoscia dell’attesa, se no rinuncia all’obiettivo. Ma ciò non sempre è possibile, e la
conseguenza sul piano organico è l’IPERTENSIONE ARTERIOSA, destinata ad
abbassarsi solo quando esso è stato raggiunto, oppure qualcuno si è sostituito
all’interessato, oppure il problema è caduto da solo, esattamente come può succedere ad
un bambino. La pressione arteriosa si alza nel momento in cui l’individuo dovrebbe
contenere la sua ONNIPOTENZA per non subire un danno o per conseguire un
vantaggio, ma non sa se ci riuscirà, e del resto non vuole chiedere aiuto ma neppure
rinunciare agli eventuali vantaggi, temendo la ricaduta delle conseguenze su di sè o su
altri con tutto il seguito di sensi di colpa e conflitti interni, e l’aggiunta di eventuali litigi
con i parenti più prossimi.
Eppure, meno male che c’è l’ONNIPOTENZA, in quanto espressione delle pulsioni
di vita. Possiamo senz’altro affermare che sino a quando c’è lei c’è vita. Bisogna solo
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imparare a contenerla, dirigerla e dosarla. Quando si compera un qualsiasi apparecchio
di cui non si conosce l’uso e non si ha a disposizione nessuno che ce lo spieghi, diventa
spesso utile o indispensabile ricorrere al libretto di istruzioni. In tal caso avviene che: 1 o si
leggono con calma tutte le parole di tutte le righe di esso sforzandosi di capire cosa
vogliono dire, andando eventualmente a cercare sul dizionario il significato di alcune,
dando un senso al tutto eventualmente servendosi dei disegni o delle tabelle inclusi, cioè si
contiene l’ONNIPOTENZA provando e riprovando sino a che basta; 2 o si ritorna dove
l’acquisto è stato fatto protestando perché l’apparecchio è guasto o per l’assenza di una
funzione pagata, semplicemente per non essere riusciti ad attivarla; 3 oppure si utilizzano
solo le funzioni più accessibili, privandosi di altre che hanno contribuito ad
accrescere il costo del prodotto ma che non verranno tuttavia mai utilizzate. Tanto valeva
allora comperare qualcosa di molto più semplice e meno costoso, o privarsene del tutto! Il
fatto è che oggi la tecnologia si fa sempre più complessa!
E’ statisticamente provato che l’acquirente di apparecchi elettronici quali fotocamere,
videocamere, cellulari, computer e altro, sfrutta una bassissima percentuale delle
potenzialità offerte dal prodotto. Il resto gli rimane oscuro, spingendo spesso l’individuo,
insoddisfatto, a comperare un modello successivo poichè ritenuto dotato di funzioni che già
il vecchio possedeva ma che sono rimaste ignorate semplicemente per non esservi mai stata
la pazienza di esplorarle. Per farlo sarebbe stato necessario uno sforzo mentale, cioè un
CONTENIMENO dell’ONNIPOTENZA anche solo nel leggere a fondo il libretto delle
istruzioni, oppure il provare con pazienza per vedere cosa avrebbe potuto succedere
pigiando questo o quel tasto. E’ l’IMPAZIENZA frutto dell’ONNIPOTENZA che paralizza
il cervello - come si vede molto chiaramente nei bambini - spingendo spesso a fare guai
talvolta irreparabili pretendendo poi la riparazione in garanzia, quando sotto sotto si è ben
consapevoli di non averne alcun diritto ma si vogliono evitare il conflitto interno ed i
sensi di colpa.
Allo stesso modo, il leggere in fretta un’opera letteraria per vedere subito come va a
finire, impedisce di cogliere sfumature, descrizioni, ragionamenti che talvolta costituiscono
il vero valore dell’opera, mentre la trama ne è solo il supporto secondario. In questi casi il
risultato che spesso si ottiene è l’avversione per la lettura. La stessa cosa succede a chi
mangia in fretta: non sente i sapori del cibo, e non ci sarebbe da stupirsi se due ore dopo non
solo non sapesse dire cosa ha mangiato, ma neppure se ha mangiato, ed il nutrirsi finirebbe
per costituire un peso da sopportare per vivere! Ci sono individui che continuano a leggere
anche se ogni cinque parole ne perdono una o più poiché non sanno cosa vogliono dire, e
neppure vanno a vedere sul dizionario (“Che cos’è il dizionario?!”), poiché anch’esso
richiede il CONTENIMENTO dell’ONNIPOTENZA nel girare le pagine seguendo l’ordine
alfabetico delle parole - “Ma viene prima la u o la v?” - “Vai a vedere, no?” - sino a
soffermarsi su quella interessata, sforzandosi poi di cercare di capire quale dei numerosi
significati riportati sia il più pertinente nella lettura in questione. Ovvio che la lettura poco
alla volta viene accantonata, e si finisce per preferire il lavoro manuale anzichè l’impegno
intellettuale ed i passatempi passivi come la televisione anzichè quelli attivi e
potenzialmente creativi, diventando videodipendenti anche nel modo di pensare.
Un esempio che può aiutarci ancora meglio a riconoscere le difficoltà di
CONTENIMENTO dell’ONNIPOTENZA se ne abbiamo, ce lo fornisce il computer. Il
computer è una macchina stupida, che accetta solo ciò che corrisponde esattamente al
programma che in quel momento sta utilizzando. Purtroppo però ha un brutto difetto che
rende la vita difficile alle persone onnipotenti: non tollera alcun errore. Nella vita capita che
facciamo molte cose così, così, ma vanno bene ugualmente anche se non sono fatte secondo
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la regola dell’arte, come si dice. A volte non succede nulla, a volte succede qualcosa tempo
dopo. Insomma: la vita è abbastanza elastica. Il computer, no. Non tollera l’elasticità, e fa
impazzire gli onnipotenti, i quali se ne sentono respinti. Poi, in forza di usarlo si finisce tutti
per imparare a raggiungere quel certo scopo, ma basta un qualche imprevisto che si va nel
pallone, ed ogni nuova applicazione riapre la tortura. Perché questo? Perché l’impazienza
non ci consente di esplorarlo con calma pigiando tutti i tasti, le combinazioni fra i tasti,
oppure tutte le iconette, i disegni, le sottolineature che lo schermo ci presenta per vedere
cosa succede, eventualmente memorizzando il risultato ottenuto e provando a ricrearlo.
Nella vita l’onnipotente è convinto che prima o dopo la montagna vada verso di lui. Il
computer, invece, rimane impassibile, e non si muove di una virgola per aiutarci: aspetta
che gli diamo il comando giusto. E starebbe così per ore, giorni, mesi, anni, magari
prendendo fuoco per il surriscaldamento. Nessun genitore riesce ad essere così contenitivo!
La principale delle variabili che determinano nei giovani la scelta di un orientamento
professionale rispetto ad un altro, si nasconde proprio dietro alla capacità o incapacità di
contenere la propria ONNIPOTENZA. Spesso quello che si sceglie non è quello che si
vorrebbe fare, poichè quello che si vorrebbe fare richiederebbe un CONTENIMENTO
dell’ONNIPOTENZA attraverso percorsi di studio e di addestramento che scoraggiano
l’individuo non abituato allo sforzo mentale e/o manuale, facendogli quindi preferire attività
più libere, cioè meno contenitive ma proprio per questo più diffuse e quindi meno retribuite
e meno soddisfacenti. La differenza fra lavori mentali o manuali elementari e lavori che
richiedono elevate abilità di tipo mentale o manuale sta tutta qui. Se l’ONNIPOTENZA di
molti di questi giovani fosse stata contenuta dai genitori, dagli insegnanti e dalla società,
anche a costo di farsi il sangue “gramo”, come diceva mia madre, con la crescita un numero
molto maggiore di loro sarebbe riuscito a contenere la propria ONNIPOTENZA, a tutto
vantaggio non solo proprio in termini di guadagno e di autostima, ma anche della società.
I PROBLEMI DI CONTENIMENTO DELL’ONNIPOTENZA NELL’ANZIANO Il CONTENIMENTO dell’ONNIPOTENZA diventa drammatico nell’anziano. Dopo anni
di lavoro portato avanti e sopportato grazie alla spinta del SUPER-IO, l’individuo che va in
pensione, subito prova un gran senso di liberazione. Ma il fatto è che non avendo mai
imparato a contenere l’ONNIPOTENZA attraverso l’IO, poco alla volta questa, a lungo
repressa, riemerge e gli si impone in modo strisciante e subdolo poichè tutto gli è
diventato faticoso. L’attività mentale che già prima mal tollerata era subita per via del
lavoro, poco alla volta viene abbandonata del tutto per lo stesso motivo che la rendeva mal
tollerata: lo sforzo, ed in virtù di quanto descritto prima circa la pressione arteriosa, questa è
destinata a salire poiché l’IO incomincia gradualmente a perdere il controllo sulla realtà e
questo gli crea angoscia poiché si sta disabituando ad imporsi come avveniva quando non
era ancora in pensione. I percorsi della mente che prima erano liberi dalle erbacce
poichè frequentemente battuti, cominciano a ricoprirsi di vegetazione sino poco a poco
a diventare impraticabili, e poi non si vede neppure più dove passavano....
E’ inutile e dannoso credere che il CONTENIMENTO dell’ONNIPOTENZA a livello
mentale e quello a livello manuale e motorio si equivalgano. Quest’ultimi non potranno
mai nè sostituire e men che meno compensare l’altro, poichè se è vero che l’attività
manuale richiede comunque l’uso del cervello, ciò avviene solo in minima parte e solo
limitatamente ad alcune aree. Sono tutte ugualmente necessarie! Bisogna assolutamente,
invece, anche se non si è più lavoratori nel senso stretto del termine, contenere
l’ONNIPOTENZA poiche tende a favorire la fuga dallo sforzo a livello: dell’attenzione,
della presenza, della vigilanza, delle aree spaziali e spazio-temporali, linguistiche, logicomatematiche, mnestiche (memoria a breve e lungo termine), della coordinazione neuro10
sensoriale, della socializzazione, etc: Nessuna funzione mentale va trascurata! Certo tale
CONTENIMENTO costa fatica e richiede impegno, ed il pensionato si illude di poterne
fare a meno perchè ha già dato! Probabilmente, “spinto a calci in culo” dal senso del dovere
non si era mai realmente convinto della necessità di imporsi da solo un ragionevole
contenimento dell’ONNIPOTENZA, o soprattutto si era illuso che le acquisizioni raggiunte
non sarebbero mai più decadute. Invece, il decadimento mentale, che diventa ben presto
decadimento fisico che stravolge persino la fisionomia - per eccesso di rilassamento incomincia un secondo dopo il pensionamento!
PER UN CONTENIMENTO DELL’ONNIPOTENZA NARCISISTICA
Esiste un’altra forma di onnipotenza: l’ONNIPOTENZA NARCISISTICA (H.
Rosenfeld - Pag. 72). Contrariamente all’onnipotenza per così dire di base, essa non
sembra avere alcun possesso da conquistare - che comunque è solo un mezzo - se non
esaltare o difendere in ogni modo e ad oltranza l’immagine narcisistica dell’individuo
che la esprime. Spesso le due forme di ONNIPOTENZA sono combinate, e la distinzione
fra l’una e l’altra è solo questione di sfumature.
Appartengono a questa categoria coloro che non sopportano di essere contraddetti;
che pretendono di avere sempre ragione e che l’ultima parola sia sempre la loro in
quanto, considerandosi onnipotenti, reputano gli altri un po’ cretini e sicuramente
mentalmente a loro inferiori, rifiutando in tal modo ogni forma di contenimento
dell’onnipotenza su presupposti per l’appunto: narcisistici. In essa l’INVIDIA per gli
altri gioca un ruolo determinante, e la principale funzione dell’ONNIPOTENZA
NARCISISTICA è evitare che affiori. Si tratta di individui che mascherano il loro
modo di essere cercando di raggiungere il potere sotto la copertura della religione, di
organizzazioni più o meno segrete criminali e non, di ideologie, partiti politici, attività
professionali, tifoserie sportive, associazioni varie, dominanti, o facendo di tutto con
parole e comportamenti spesso spregiudicati e talvolta illegali affinché lo diventino,
pur di arrivare ad affermare la loro personale supremazia. E’ un comportamento che
possiamo trovare anche nei rapporti fra genitori e figli dall’una e dall’altra parte e nei
rapporti di coppia, ed è etichettabile come un disturbo del carattere. E’
potenzialmente omicida se ostacolato, e probabilmente costituisce la principale piaga
dell’umanità di ieri e di oggi! Guai a credersi indenni dall’ONNIPOTENZA
NARCISISTICA! Prima di puntare al raggiungimento di qualsiasi obbiettivo, dovremmo
chiederci se sia essa ad esserne l’ispiratrice!
Vi sono persone che - non fidandosi del tutto di loro stesse - non assumono un incarico
che tuttavia vorrebbero, ma non sopportano nemmeno che lo ricoprano altri cercando in tutti
i modi di impedirlo, ritenendosi in tal caso in diritto di non riconoscerli nella nuova
funzione tanto più se ad un livello superiore alla loro, denigrandoli. C’è chi nel fare le cose
“si sforza di fare tutto” cioè di non fare errori e non tralasciare nulla, per evitare ogni forma
di dipendenza da un supervisore esterno. Quale sofferenza, però, e quale conflitto interno
nello scoprire che tuttavia non è bastato poiché qualcuno ha ugualmente evidenziato errori!
ONNIPOTENZA NARCISISTICA! Anche il vittimismo può esserne espressione, in quanto
l’autoaccusarsi ferma la presunta onnipotenza altrui, esalta la propria e può disarmare
l’accusatore.
Vi è poi una classificazione che raggruppa quegli individui che possono diventare
travolgentemente aggressivi (per angoscia) se non si sentono ascoltati e obbediti per filo e
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per segno, al punto da essere definiti caratteriali o borderline. Questo avviene poichè,
contrariamente all’apparenza, l’intensità della loro turbolenza è conseguenza del non
sentire capito il loro “amore”. Chi ha a che fare con un soggetto di questo tipo,
generalmente non si rende conto che a suo modo è un buono, molto oppresso dalle sue
angosce, che espelle sulle persone che gli stanno vicino.
L’ONNIPOTENZA NARCISITICA costituisce la premessa di quella che H. Kohut
chiama RABBIA NARCISISTICA (pag. 142), cioè quell’esplosione di rabbia
incontrollabile che può avere l’onnipotente narcisistico quando non si sente capito. (H.
Rosenfeld - pag. 33). Può accadere, infatti, che pur con un carattere come il suo a volte
abbia ragione, ma essendo le persone con le quali ha a che fare abituate a non prenderlo
troppo sul serio proprio a causa della sua onnipotenza, il sentirsi frainteso (cioè non preso
sul serio anche quando non esprime un atteggiamento onnipotente narcisistico) si traduce in
un’insopportabile sensazione di impotenza e vittimismo, destinata a suscitare in lui con la
massima intensità quelle pulsioni distruttive ed autodistruttive alla base dei suoi abituali
comportamenti di cui lui stesso ha paura, e che affronta proprio con le sue fantasie di
onnipotenza.
Bibliografia essenziale di questo numero - Freud Sigmund - Opere – Boringhieri
- Heimann Paula - Bambini e non più bambini - Borla - 1992
- Klein Melanie - Scritti 1921/1958 - Boringhieri 1981
- Klein Melanie / Joan Riviere – Amore odio e riparazione – Astrolabio 1969
- H. Kohut - La ricerca del sè - Boringhieri 1982
- Rosenfeld Herbert - Attenzione e interpretazione - Boringhieri 1989
- Rubin Emanuel & John L. Farber - Patologia sistem. e generale - Mc Graw Hill 1991
Sul prossimo numero:
Il contenimento dell’ABULIA.
IL CURRICULUM DI UGO LANGELLA
Ugo Langella e' nato ad Alba (Cuneo) il 25/6/1943. A Torino dal 1964, nell'estate
1994 ha trasferito studio e abitazione all'attuale indirizzo. Laureato in Pedagogia a Torino
nel 1971, nel 79 si e' laureato in Psicologia a Padova. In analisi personale dal 1975 al 1981
a Milano dalla Dott. Myriam Fusini Doddoli della Societa' Psicoanalitica Italiana, negli
anni 78 e 79 ha partecipato ai suoi gruppi di formazione e supervisione, quest'ultima
continuata a Torino nel 79 con il Dott. Flegenheimer e dall'80 all'82 con il Dott. Levi,
analisti della Societa' Psicoanalitica Italiana. Nel 1989 ha conseguito l'attestato di ipnotista
presso il Centro Italiano di Ipnosi Clinica Sperimentale C.I.I.C.S. del Prof. Franco
Granone. E' iscritto all'Ordine degli Psicologi (posizione 01/246 - al 17/07/1989, data di
prima costituzione) ed all'Albo degli Psicoterapeuti.
Se vuoi ricevere i precedenti o i futuri numeri di "OLTRE" per e-mail,
naturalmente gratuitamente, scrivi a: [email protected] Puoi trovare tutti i
numeri di “OLTRE” su internet, all’indirizzo: http://www. oltrepsy.it/
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OLTRE 16 - Maggio Agosto 2010