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NO.23/2013
BEATA VERGINE
MARIA ADDOLORATA
DDOLO
SOMMARIO:
PREGHIERA
SALUTO PRESIDENTE ALC
“VI RACCOMANDO I MIEI AMATI POVERI”
PERCHÉ NON VENGA RESA VANA LA CROCE DI CRISTO
LA SPIRITUALITÁ DEL “SERVO ”
LA VERGINE, MADRE DELLA CARITÀ, NEL CAMMINO DI
FEDE DI MADDALENA
IDA ZANOLINI: TESTIMONE DEL CONCILIO
ESERCIZI SPIRITUALI LUGLIO 2013 MOCCONE – ITALIA
SPAZIO FORMATIVO
PREGHIERA XVI° CAPITOLO GENERALE DELLE MADRI
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Pagina 2, St.Maddalena
Pagina 2, Adele Cremonesi
Pagina 4, Marisa Gini
Pagina 9, M. Elda Pollonara
Pagina 10, Equipè ALC Internazionale, Italia
Pagina 15, Don Giuseppe Laiti
Pagina 17, Marisa Gini
Pagina 21, Ada,Lidia,Ketty,M.Daniela- MariaPia.
Pagina 23, Equipè ALC Internazionale, Italia.
Pagina 24, Madri Canossiani
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NO.23/2013
GESÙ, CROCIFISSO E RISORTO,
È IL NOSTRO BENE PIÙ GRANDE.
EGLI, CHE SULL A CROCE DI TUTTO
FU SPOGLIATO, ECCETTO CHE DEL
SUO AMORE, CI INVITA
A L ASCIARCI GUIDARE IN OGNI
NOSTRA SCELTA E IN OGNI NOSTRO
SERVIZIO, DAL SUO SPIRITO DI
DOLCEZZA E DI CARITÀ: SPIRITO
AMABILISSIMO, GENEROSISSIMO,
PAZIENTISSIMO.
S. MADDALENA DI CANOSSA
A GESU’ CROCIFISSO CON MARIA
ADDOLORATA
Questo è il titolo di un libretto che ho trovato
in un armadio nella casa delle Madri
Canossiane di via Tagliamento a Milano, in
Italia. Non c’è la data di stampa, essendo un
piccolo manoscritto; certamente è stato
scritto dopo il Concilio Vaticano II, perché
riporta qualche riferimento ai documenti
conciliari.
L’autore o l’autrice (non è indicato nemmeno
quello!) si propone di dare “un piccolo aiuto
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alle Canossiane per vivere la loro spiritualità
mariana”.
Questo libretto dà alcuni suggerimenti
preziosi, che mi piace condividere con tutti i
laici e le laiche canossiane della nostra
Associazione nel mondo, in occasione della
festa di Maria Addolorata che la Chiesa
celebra il 15 settembre.
Nella nostra preghiera quotidiana forse la
contemplazione dei dolori di Maria si limita a
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pochissimi minuti al giorno, per una devota
ma brevissima Commemorazione.
Anche il nostro Statuto al n. 7, ci ricorda che
“Maddalena di Canossa propone al Laico
Canossiano la recita quotidiana di sette Ave
Maria come momento di comunione”.
Infatti, nel Piano dell’Istituzione delle
Terziarie del 17 novembre 1823, Maddalena
scrive:
“Ogni giorno reciteranno sette Ave in onore
dell’Addolorato Cuore di Maria per ottenere
una santa vita, una buona morte e la
conversione dei peccatori…”.
L’autore del libretto che ho tra le mani
propone di rendere più efficace la
distribuzione nella settimana, anziché nella
giornata, del ricordo dei dolori di Maria. In
questo
modo
la
contemplazione dà luce e
calore a tutta la giornata del
laico canossiano!
Mi ha molto colpito questo
modo
di
vivere
quotidianamente la nostra
devozione alla Madonna
Addolorata, e così mi sono
messa anch’io a scrivere
delle brevi riflessioni su ogni
dolore di Maria.
Ogni giorno della settimana
così recito le sette Ave
Maria come momento di
comunione
con
tutta
l’Associazione e la Famiglia
Canossiana, e mi impegno a
gettare dei semi che
potranno fiorire nel passare
del tempo e degli anni,
andando incontro a colui che desideriamo
amare con tutto noi stessi nelle ore del
giorno: A GESU’ CROCIFISSO PER MARIA
ADDOLORATA.
Il Signore ci viene a cercare, senza stancarsi
mai. Noi gli consegniamo ogni giorno la
nostra vita, così com’è. Solo Lui ridona vigore
e sapore alle ore del giorno.
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NO.23/2013
Accompagnati da Maria Addolorata, il Signore
ci aiuta a rileggere e a ricomprendere il
nostro lavoro e il nostro servizio. La preghiera
del mattino, con la meditazione del dolore di
Maria, permette al nostro spirito di non
lasciarsi prendere dalla preoccupazione e
dall’ansia; davanti al Signore non dobbiamo
dimostrare nulla, perché Lui è giusto e
generoso, ci insegna a leggere anche il bello
dei giorni trascorsi che ci hanno condotto qui
e ci regala di nuovo il gusto e il senso della
bellezza delle cose che facciamo ogni giorno.
A tutti voi carissimi laici faccio una semplice
proposta: provate a scrivere delle vostre
riflessioni su ogni dolore di Maria, da laici e
da laici canossiani.
Che cosa significa per me contemplare un
momento doloroso della
vita di Maria, la sua
accettazione
totale,
l’esemplarità della sua
condotta? Come arricchisce
la mia vita di moglie,
marito,
genitore,
educatore? Che cosa porta
di nuovo, oggi, nel mio
lavoro, nelle mie relazioni?
La devozione vera porta
all’azione, non è solo
contemplazione estatica. E’
pratica.
Porta a imitare le virtù di
Maria.
Questo
è
il
fondamento della nostra
devozione verso la Madre
di Gesù. Se accoglierete
questo invito, mi impegno
a raccogliere le vostre
meditazioni sui dolori di Maria Addolorata, a
raccoglierle per ogni giorno della settimana e
a farne dono a tutti nel prossimo Congresso
del 2016. Aspetto i vostri scritti al mio
indirizzo mail: [email protected]
Maria, Madre di Gesù sotto la croce, prega
per tutti noi.
Adele Cremonesi
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NO.23/2013
“VI RACCOMANDO I MIEI AMATI
POVERI”
“Vi raccomando quanto mai posso i miei amati
poveri; cercate per carità che tutti vadano un
giorno a godere il Signore, e questo con le vostre
sante istruzioni, orazioni, carità e fatiche, dirette
sempre però dall'obbedienza alle vostre
Superiore”.
Questa è l’espressione che ha ispirato il
tema dell’ultimo Congresso Internazionale della
Famiglia Laicale Canossiana; è una
frase presa dal testamento spirituale
di S. Maddalena. Grande è la
speranza che Maddalena nutriva per
i poveri. La sua santità personale
brilla in maniera singolare proprio
nell'evangelizzazione dei poveri. In
questa lettera di commiato, scritta
pochi mesi prima di morire, S.
Maddalena mette in risalto l'amore
per i poveri indicando che la sua
grande missione consiste nel
promuovere la persona umana nella
sua completezza. Ella dona tutta la
vita, perché un giorno anche i poveri
possano godere il Signore ed essere
nella gioia per sempre. Non si
occupa soltanto della promozione umana, ma
promuovendo, evangelizza. Infatti la chiave per
spiegare tutta la sua vita, consacrata al Signore,
alla Chiesa e all’uomo, sta nella fede in “Dio
solo”, sta nell’amore totale a Gesù, amato e
contemplato nella sua Incarnazione, Vita,
Passione, Morte e Risurrezione.
È proprio a causa dell’amore per Cristo che
Maddalena suscita fiducia nel cuore dei poveri,
che si sono sentiti amati da lei senza
dissimulazioni, interessi, inganni, superficialità. I
poveri intuivano l'autenticità da cui veniva il bene
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che Maddalena voleva loro. L’hanno sentita nel
cuore prima di comprendere il suo aiuto, il suo
agire, le sue decisioni a loro favore. Ella, docile
all’azione dello Spirito, annuncia il Vangelo e lo
vive, incarnandolo nel quotidiano sincero dono di
sé. Anche nei momenti più difficili, quando
semina nelle lacrime, Maddalena trasmette la
gioia dell’evangelizzare. Quando è in gioco la
salvezza
delle
anime,
la
fede
della
evangelizzatrice sprigiona energie
nuove, creative, dinamiche.
Il suo carisma è universale.
Cerchiamo di soffermarci un breve
momento sulla comprensione della
parola carisma.Il carisma è il dono
dello Spirito Santo dato al popolo
di Dio per vivere in modo concreto
e specifico il Vangelo, per il bene
della Chiesa. Ogni cristiano riceve
questo dono. Ogni carisma
autentico porta con sé una certa
carica di genuina novità e di
operosa intraprendenza nella vita
spirituale della Chiesa.
Nel mistero della Chiesa l'unità in
Cristo comporta una mutua comunione di vita tra
i membri. Infatti
"Dio volle santificare e salvare gli uomini non
individualmente e senza legame tra loro, ma volle
costituirli in popolo" (LG 9). La stessa presenza
vivificante dello Spirito Santo (cf LG 7) costruisce
in Cristo l’unità di “un solo corpo, in cui gli uni
sono membri degli altri" (Rm 12,5).
I cristiani sono chiamati, in virtù del
Battesimo, a divenire santi. Che cosa significa
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diventare santi oggi? Santo non significa senza
peccato.
Anche nel cuore del santo trovano posto
la zizzania e il buon grano, ma il santo si dedica a
coltivare, custodire, far fiorire le spighe del bene.
Santità è per noi, come per Pietro, rinnovare la
scelta per Cristo. “Pietro, mi ami tu, adesso?”. “Sì,
tu lo sai, un po’ di bene te lo voglio!”. Santità è
rinnovare la passione per Dio e per i poveri.
Siamo sante, perché amiamo. Siamo sante,
perché Dio ha riversato la sua grazia, cioè la sua
vita in noi.
Amate, per sempre. Paolo scrive: “Chi ci separerà
… ? (Rom 8,38)”. E segue un elenco di sette cose
che
non
possono
separarci. E poi di nuovo:
“Nulla mai ci separerà
dall’amore di Dio”. E
segue un secondo elenco
di dieci cose.
Siamo
sante
se
comprendiamo l’invito:
“Rimanete in me e io in
voi!” (Gv.15,4), “in Gesù”,
”con Gesù” e “per Gesù”.
“Come Gesù”: ciò non
significa in modo identico a Lui. Occorre tenere
conto delle mutate condizioni storiche e
individuali, ma soprattutto del fatto che non
siamo come Gesù. Questo diventare come Gesù
nell’oggi significa essere memorie creative di Lui,
mantenendo le caratteristiche personali. Il
carisma diventa così un modo specifico di vivere il
Vangelo, di sottolineare con la nostra vita alcuni
aspetti di Gesù. L’amore che ci lega a Gesù ci
porta a essere in comunione con Dio e tra noi.
Come fare della Chiesa una casa e una scuola di
comunione?
Troviamo la risposta nella Novo Millennio
Ineunte di Giovanni Paolo II.
Il Papa presenta questa spiritualità: “come
principio educativo in tutti i luoghi dove si plasma
l'uomo e il cristiano, dove si educano i ministri
dell'altare, i consacrati, gli operatori pastorali,
dove si costruiscono le famiglie e le comunità” (n.
43). I rapporti reciproci all'interno della Chiesa
sono di fatto il risultato della formazione ricevuta
sia dal clero sia dai consacrati e dai laici.
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Alcuni come i fondatori di Congregazioni religiose
o dei Movimenti ecclesiali hanno ricevuto oltre ai
carismi personali anche il carisma per fondare
opere ecclesiali specifiche, realizzate con altre
persone e nella stessa comunione del medesimo
Spirito.
Anche i movimenti ecclesiali, come
l’Associazione dei Laici Canossiani, sono il segno
luminoso della bellezza di Cristo e della Chiesa,
Sua Sposa, dono dello Spirito alla Chiesa e alle
Congregazioni religiose. Trasmettere il carisma,
farlo respirare nel mondo è un obbligo morale.
Così si esprimeva il Padre Generale dei nostri
Padri Canossiani, P. Giorgio Valente, nell’incontro
di Verona del 5 Maggio
2012.
Il carisma di Maddalena,
Fondatrice, è il dono dello
Spirito Santo dato per il
bene di tutta la Chiesa.
Ella “si propone di tradurre
in pratica il Vangelo”, fonda
“l’Opera”, cioè l’Istituto
Canossiano,
quale
espressione di Chiesa. Da
quando Maddalena è stata
proclamata santa dal Beato Giovanni Paolo II,
nell’ottobre del 1988, tutta la Chiesa ha
riconosciuto il suo carisma e la sua santità è
stata riconosciuta da tutti i cristiani.
Tutti i laici possono, se lo desiderano,
ricevere il suo carisma, vivendo realmente e
fedelmente, oggi, nello spirito di Gesù Crocifisso
e Risorto, sperimentando la gioia del Più Grande
Amore e crescendo nella santità per il bene di
tutti gli uomini e le donne del mondo.
“Soprattutto fate conoscere Gesù, perché venga
amato, dal momento che non è amato, perché
non è conosciuto”. Queste parole portano in sé
l’originalità e la creatività dello Spirito Santo che
ci invita a scegliere uno stile di vita
generosissimo, amabilissimo, pazientissimo.
Accogliamo con fede il dono carismatico di S.
Maddalena, sperimentandone la sua luce nella
Liturgia Eucaristica e nella Parola di Dio.
Accendiamo la carità.
Il segreto dell’accoglienza del carisma è di trovare
lunghi tempi di silenzio al fine di diventare capaci
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di leggere nella mente di Dio, di leggere il suo
proposito, il suo disegno su di noi, sulla storia.
Non basta accogliere il carisma; esso va
vissuto, va seminato, va diffuso, va fatto
conoscere, va testimoniato.
Una
dimensione
del
carisma
canossiano, come sappiamo, è l’attenzione e
l’aiuto ai poveri.
Maddalena rivolgeva sempre il suo sguardo
su Dio e teneva d’occhio le vicende della
povera gente.
Teneva ben fisso lo sguardo d’amore su Gesù
Crocifisso e cercava di essere memoria di Lui.
Con il Crocifisso ben impresso nel cuore,
viveva con umiltà, inventando sempre nuove
modalità e forme di apostolato.
Nel Documento di Aparecida dei Vescovi
dell’America Latina, vengono indicate la
Famiglia, la Persona e la Vita come questioni
di particolare rilevanza nel nostro tempo. “La
Famiglia è uno dei tesori più importanti dei
popoli latino-americani e
patrimonio
dell’umanità intera”.
Proviamo ad immaginare come S.
Maddalena di Canossa abbia parlato ai suoi
amati poveri.
Una famiglia normale: si vogliono bene, ma
non sempre vanno d’accordo.
Tutti in casa danno una mano, non sono
senza difetti, ma il bene è più grande.
I genitori si preoccupano dell’educazione dei
figli, danno loro la possibilità di studiare,
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anche se i sacrifici non mancano.
Un giorno parlarono a Maddalena:
“Parlaci della famiglia, di come possiamo
aiutare quelle più povere”.
Così rispose Maddalena:
“Fin da bambina ho sperimentato che la
famiglia è un valore prezioso e molto grande.
L’esperienza della morte di mio padre,
quando avevo cinque anni, e l’abbandono
della mamma a sette anni hanno segnato in
me una ferita profonda. La mia vicenda
personale mi ha aiutato ad essere
comprensiva e buona, dolce e generosa.
Crescendo con l’aiuto di amiche e amici ma
soprattutto con le mie Compagne, le Figlie
della Carità, ci siamo fortemente impegnate
per la formazione e per l’educazione alla fede
di tanti giovani.
Quante famiglie soffrono per la
mancanza di rispetto, di riconoscimento
dell’altro. Quanta noncuranza di chi ci è
vicino,
quanta
trascuratezza
nei
comportamenti. Quanta strumentalizzazione
del corpo, quanti abusi e violenze.
Anche voi famiglie normali potete collaborare
per le più povere, testimoniando un amore
rispettoso,
riconoscendo
nelle
azioni
quotidiane la dignità e la grandezza della
persona, di tutte le persone. Potete essere
persone di pace. Impegnatevi a far conoscere
il Vangelo, a viverlo, a tradurlo nelle azioni
quotidiane.
Un povero uomo
sommessa le disse:
qualsiasi
con
voce
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Parlami, Maddalena, perché non venga meno
la mia fede e le angustie della vita non
producano in me pensieri disperati.
Maddalena così parlò:
“Non oso pensare che sia spenta la speranza,
perché la miseria distrugge e rende il povero
sempre più povero.
Un giorno ho lasciato il mio palazzo e,
camminando tra i poveri della contrada S.
Zeno, ho letto negli occhi di molti
l’umiliazione della miseria, la rabbia per
l’ingiustizia subita, una nascosta invocazione
d’aiuto.
Ho sentito l’odore acre della povertà, ho visto
lo squallore di certe case. Mi ha stretto il
cuore il silenzio dignitoso di chi non sa
chiedere aiuto e ha bisogno di tutto.
Allora ho sognato un “grande Disegno,” ho
domandato a Dio una nuova Opera e non ho
ritenuto esagerato
che ogni mio bene
fosse impiegato per i
poveri”.
“Guai allo sperpero
scandaloso e al lusso
sfrenato sotto gli
occhi dell’affamato”.
“Guai
all’avidità
insaziabile
che
manda alla rovina”.
E tu che cerchi
lavoro, tu che sei in
trepidazione per l’incertezza dell’oggi, non
lasciarti cadere le braccia, non rassegnarti a
un’attesa passiva, non renderti insensibile
alla povertà degli altri e l’ingiustizia subita
non ti renda ingiusto.
Una donna povera così domandò:
“Porto in me un grosso peso. Sul mio volto c’è
amarezza e delusione. Sono costretta a
provvedere da sola ai miei figli. Dimmi una
parola di consolazione”.
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E Maddalena così le parlò:
“Non pensare che Dio ti abbia abbandonato.
Non pensare che Dio sia stanco dei tuoi
lamenti, della tua amarezza. Molte volte il
peso della famiglia ricade per buona parte su
una donna. Sei costretta a svolgere un doppio
lavoro, che è ancora più impegnativo se devi
accudire bene ai tuoi figli.
Puoi avanzare nella tua dignità femminile se ti
preoccupi di dare loro un’educazione. Senti
rivolta anche a te le parole dell’Angelo alla
Vergine Madre: “Non temere Maria, perché
hai trovato grazia presso Dio”.
Maria ricordava spesso queste parole.
Ritornava spesso ad esse nel segreto del suo
cuore. Quando sulla via della croce incontrò il
Figlio, mentre portava la croce, umanamente
parlando, si sarà chiesta, come potevano
compiersi le parole dell’Angelo. Ora vede che
la sua vita si sta
compiendo
come
parola della croce.
Perché ella è Madre,
soffre profondamente,
tuttavia rinnova il Suo
SÍ a Dio e comprende
che Gesù sta portando
anche la croce della
Madre. Ella è la Madre
Addolorata”.
Preghiamola con le
stesse parole del Beato
Giovanni Paolo II:
“O Maria, tu che hai percorso la via della
croce insieme al Figlio,
straziata dal dolore nel tuo cuore di Madre,
ma sempre memore del suo Fiat (SÍ)
e intimamente fiduciosa che Colui, a cui nulla
è impossibile, avrebbe compiuto le sue
promesse,
impetra per noi e per le future generazioni la
grazia dell’abbandono all’amore di Dio.
Fa’ che di fronte alla sofferenza, al rifiuto, alla
prova, anche se prolungata ed aspra,
non dubitiamo mai del suo amore.
A Gesù, Tuo Figlio, onore e gloria nei secoli.
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Amen!”
Una ragazza confusa ed inquieta, che
stenta a colmare il suo vuoto d’affetto si fece
avanti.
“Provo disgusto per gli altri. Sanno solo
approfittarsi di me. Non mi considerano. La
mia bellezza mi fa solo apparire e tutti gli
svaghi diventano presto noia mortale. Mi
vado domandando cosa voglio fare della mia
vita. Non è possibile che sia sempre così
vuota. Chi può darmi gioia?”.
Maddalena con tono appassionato ed
estremamente
dolce
così le disse:
“Anch’io ho provato per
breve tempo a lasciarmi
attrarre
dalla
vita
mondana, ma ho capito
che non sarei mai stata
felice. La tua domanda
di senso sulla vita
approda alla risposta di dono sincero di te
all’altro. Guardati intorno, esci dal tuo guscio
e vedi quanti ti chiedono di essere davvero
amati e benvoluti da te. Riscopri la bellezza
delle relazioni, dell’amicizia, della solidarietà
con chi ha bisogno del tuo aiuto. Sperimenta
una solidarietà femminile che superi le
difficoltà della lotta quotidiana. Metti da
parte il tuo individualismo e quando incontri
un ragazzo ricorda che il matrimonio è una
forma tutta speciale di amicizia personale:
l’amicizia è dialogo, stima, rispetto e lealtà”.
Nel libro “La donna eterna”, Gertrud von le
Fort scrive che la caratteristica della missione
della donna sia il velo che essa lo porti o no.
La scrittrice pensava alla donna come al
canale dei grandi misteri del cristianesimo nel
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mondo: la nascita di Cristo, l'annuncio della
Pasqua, la discesa dello Spirito Santo che
“mostra l'uomo nell'atteggiamento femminile
di chi riceve” e che è la “cellula primogenita
della Chiesa”.
Il femminile innerva tutta la creazione,
come viene bene espresso in “La donna
eterna”. E a buona ragione allora
Bonaventura Tecchi poté parlare di un "velo"
che si stende su tutta l'opera dell'autrice
tedesca: caratteristica e compito della donna
è di conservare un velo, qualcosa di
misterioso, non solo nel suo corpo, ma anche
nella
sua
anima,
nell'abbandono e nella
dedizione, nell'amore
totale, come accadde a
Maria
quando
pronunciò il suo Si.
Maria, la donna per
eccellenza,
da
Maddalena
tanto
amata, e che è stata celebrata negli splendidi
versi:
“Rallegrati, Vergine Maria, figlia della mia
terra, sorella dell'anima mia,
rallegrati, gioia della mia gioia.
Sono come un vagabondo nella notte, ma tu
sei un tetto sotto il firmamento.
Sono una coppa assetata, ma tu sei il mare
aperto del Signore.
Rallegrati, Vergine Maria, ala della mia terra,
corona dell'anima mia;
rallegrati, gioia della mia gioia: felici coloro
che ti proclamano felice!”.
Marisa Gini
Missionarie Secolari di S Maddalena di
Canossa
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PERCHÉ NON
VENGA RESA
VANA
L A CROCE DI
CRISTO …
Si metta sotto gli occhi delle Sorelle
il Santo Crocifisso
richiamando alla loro riflessione ciò che Egli patì
sulla croce con invincibile pazienza,
mansuetudine e dolcezza.
S. Maddalena di Canossa
Il cammino che la Fondatrice percorse
nella contemplazione di Cristo Crocifisso non
è
quello di una persona isolata, ma il cammino
di una guida.
Cristo è la Vita che genera figli e figlie
al Padre, è la Verità che illumina i figli e le
figlie di Dio ed è Lui stesso la Via.
Maddalena segue Cristo che va al
Padre e lo segue, attratta per particolare
divina ispirazione, nell’ultimo periodo della
sua vita, quello che va dal Cenacolo al
Calvario.
Non lo incontra a Betlemme, a
Nazareth, al Giordano, nel deserto, lungo il
lago di Galilea, a Cana o tra le folle osannanti
di Gerusalemme, ma lungo la via della Croce.
Lo segue accanto alla Vergine
Addolorata lungo la strada che porta al
Calvario.
È un dono carismatico proprio di
un’anima-guida, capace di trascinare dietro di
sé migliaia di donne che, come lei, sentono di
aver ricevuto dal Signore lo stesso carisma.
“A tutte la Sorelle (e ai Laici
Canossiani), dice Maddalena, si pone sotto gli
occhi il santo Crocifisso” (R. D. p. 130).
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Contemplare Gesù a Betlemme, a
Nazareth, sul Tabor è cosa piacevole, ma
contemplarlo inchiodato sulla Croce e volerlo
seguire in tale cammino d’amore è vocazione
che richiede fortezza, generosità e spesso
eroismo.
L’amore di Cristo in Croce supera
infinitamente il suo patire.
Egli patisce da uomo, ma ama da Dio.
La calamita potente di Maddalena non
è la sofferenza di Cristo, ma l’amore che fa
accettare “con in vincibile pazienza,
mansuetudine e dolcezza” (R.D. p. 130) il
dolore fisico, morale e spirituale che
accompagna la morte di croce.
Ogni Figlia e Figlio della Carità, ogni
Laica Canossiana e Laico Canossiano,
contemplando il Crocifisso, sono chiamati a
considerare e a riflettere su queste
disposizioni interiori di Cristo per imparare da
Lui a vivere tali disposizioni nel quotidiano
della vita.
“Comportatevi con ogni umiltà,
mansuetudine e pazienza” (Ef 4,2) esorta S.
Paolo, “perché non venga resa vana la Croce
di Cristo” (1 Cor 1,17).
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Si rende vana la Croce di Cristo quando
si vive con sentimenti assecondati di gelosia,
di invidia, di odio, di desiderio di
rivendicazione, di vendetta, di tradimento alla
maniera di Giuda, quando ci si lava le mani di
fronte al giudizio negativo
o alla condanna di un
innocente alla maniera di
Pilato, quando si deride la
fede del credente in Cristo
alla maniera di Erode,
quando si gioca di
compromessi alla maniera
dei farisei, quando si fugge
dal coraggio di una aperta testimonianza alla
maniera dei Dodici.
Tutto questo rende vana la Croce di
Cristo.
Maddalena ci vuole sotto la Croce
come Giovanni, come Maria, come loro forti
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nella prova, come loro pazienti, come loro
amanti.
“… vi esorto per la dolcezza e la
mansuetudine di Cristo” (2 Cor 10,1) dice
Maddalena con Paolo, ad essere forti e
irremovibile nella fede (cf 1
Cor 15,58), mantenendo
“senza vacillare la professione
della nostra speranza” (Eb
10,21), ma soprattutto “state
radicati e fondati nella carità”
per
poter
comprendere
sempre meglio “con tutti i
santi quale sia l’ampiezza, la
lunghezza, l’altezza e la profondità, e
conoscere l’amore di Cristo che sorpassa ogni
conoscenza, perché siate ricolmi di tutta la
pienezza di Dio” (Ef 3,17-19).
M. Elda Pollonara
LA SPIRITUALITÁ DEL “SERVO ”
Questo è un tema che non è stato
troppo sviluppato da noi nei tempi recenti.
Merita, quindi, maggior attenzione da parte
nostra.
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È interessante guardare il dizionario e
vedere quale significato la società dà alle
parole: servire, servizio, servo. Di frequente la
parola ‘servizio’ è considerata positivamente
ADDOLORATA 2013 ALC NEWSLETTER
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come per esempio servizio sociale. ‘Servire’
ha un significato ambiguo, mentre ‘servo’ ha
connotazioni negative, esempio ‘schiavo’. Il
modo con cui intendiamo usare queste parole
non è lo stesso come nell’uso corrente.
Il dizionario parla di servire, servo,
servizio ... come funzioni, non come identità.
Le persone sono disponibili a servire, ma non
essere servi. Il dizionario non fa alcun
accenno alla motivazione che sottende al
servizio. La motivazione provocherà una
differenza. Posso servire, ma per il mio
proprio vantaggio. In greco, la parola servo
s’avvicina, nel significato, alla parola diacono:
uno che distribuisce i beni comuni.
Siamo veramente sicuri del significato
biblico e spirituale di questi termini? Sarebbe
interessante vedere se nella Bibbia l’idea del
servo evidenzia di più la funzione o la
condizione di essere servo
e anche la relazione che si
stabilisce fra il servo e colui
che è servito. La relazione
è ciò che lega la
motivazione
all’azione.
Servire il povero o
l’ammalato non è lo stesso
che essere il servo del
povero o dell’ammalato.
Il primo sottolinea il
beneficiario, il secondo è
più impegnativo, perché
indica colui che si dedica
all’altro
indipendentemente
del
suo bisogno. L’importanza
è sul ‘servo’ non ‘sul povero’.
IL SERVO/SERVIZIO ha 4 elementi:
1 la funzione (verso se stessi o verso gli altri)
2 la condizione di essere servo
3 la motivazione del servizio
4 la qualità/modalità della relazione tra colui
che serve e colui che è servito.
La nostra competenza influisce sulla
nostra funzione. L’identità non ha niente a
che fare con la competenza. Così il passaggio
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dal ‘servizio’ a ‘servo’ proviene dalla nostra
motivazione e non dalla nostra competenza.
Essere ‘servo’, ‘servire’ – dona qualcosa a me,
alla mia identità. Siamo chiamati ad essere
‘servi’ per identità. In greco ‘servire’ è
‘credere’. Il passaggio dalla ‘funzione’
all’‘identità’ non è spontaneo. Sono coinvolte
le mie motivazioni.
Perché servo? Se le mie motivazioni sono
giuste, allora servire non dovrebbe
disturbarmi. Dovrebbe farmi sentire a mio
agio.
Il servo è spesso considerato come opposto a
libertà. Accettare liberamente di essere servo
richiede forti motivazioni di fede.
Teologicamente, Cristo è il modello
del servizio. Soltanto in senso spirituale
essere ‘servo’ è accettato in modo positivo.
Dal
punto
antropologico
di
vista
Antropologicamente,
cioè solo secondo natura, il
concetto del servire non è
considerato facilmente, a
meno che sia sostenuto da
una fede e spiritualità.
Guidata solo dalla natura, la
persona umana non si
sente inclinata a servire
nessuno se non se stessa.
La
maturità
sottolinea il grado di
capacità di servizio. Dio ci
incoraggia e ci stimola a
servire. ‘Sono venuto per servire e non per
essere servito’. Qualcuno di noi può
veramente dire che lo scopo della sua vita è
quello di essere servo …? Servo degli
altri …? Tutto dipende da ciò che
comprendiamo circa l’‘essere servo’.
Tutti gli esseri umani entrano nel
mondo con molte possibilità. Alcune di esse
saranno sviluppate e diventeranno delle
abilità/capacità. Il processo educativo aiuta a
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scoprire le possibilità/potenzialità di ogni
bambino per aiutarlo a sviluppare almeno
alcune di esse … perché le nostre possibilità
sono sorprendentemente più di quelle che
possiamo coltivare e sviluppare in una vita.
Per mezzo dell’educazione una persona porta
a maturazione i suoi talenti così che possono
essere usati e tradotti in azione. I talenti
possono essere utili per se stessi e/o per gli
altri.
Ho le mie energie e possibilità. Sono
capace di fare le cose. Uso queste capacità
per me stesso o per gli altri.
Ora segue il prossimo passo nella
formazione. Siamo a livello di motivazioni.
Sono consapevole delle mie capacità. Imparo
ora a decidere come e per chi usarle. Sono
motivato a usare i miei doni, talenti, capacità
solo a mio vantaggio o sono mosso a usarli
per il bene degli altri? Li posso usare per
rafforzare la mia importanza, ruolo, potere,
denaro … o per la mia gratificazione e
realizzazione personale, cercando di essere
un gradino sopra gli altri nella scala sociale. Li
posso anche usare per esercitare potere sugli
altri, rendendoli dipendenti da me. Posso
rifiutare di usarli per il bene degli altri. Le mie
possibilità, ora diventate capacità, possono
donarmi ricchezza, possesso, conforto,
influenza, potere, posizione, promozione,
titoli, onori, privilegi … anche un senso di
soddisfazione e realizzazione personale.
L’aspetto del “servo” non avviene
automaticamente,
culturalmente
e
antropologicamente. In società non capita di
usare naturalmente le proprie possibilità al
servizio degli altri. Qualcuno lo può fare se ha
qualche vantaggio nel medesimo tempo …
essere medico, insegnante, infermiere … C’è il
servizio, ma per un’affermazione personale,
guadagnare per vivere o per un salario più
alto …
‘Servire’? – significa crescere fino al
punto di essere capaci di usare i propri talenti
e capacità per il bene degli altri. Si richiede
una spiritualità profonda per scoprire che col
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servire gli altri si cresce come persona. È
importante chiedersi: Qual è la mia
motivazione nel servire gli altri? Raramente
chiediamo a un adulto quali siano le sue
motivazioni nel servizio. Quindi, prestare un
‘servizio’ o ‘servire’, automaticamente non fa
‘servo’. Sto solo servendo i miei interessi
molto abilmente o inconsciamente.
Siamo quasi sempre a livello
competitivo – cercando di essere alla pari o al
di sopra degli altri. Solo a livello spirituale una
persona vorrebbe “prendere l’ultimo posto”.
Ogni cultura propone una strategia di
sopravvivenza – come riuscire a vivere in un
mondo che sempre vuole di più. Così imparo
io pure a impossessarsi e afferrare. La mia
motivazione è di soddisfare i bisogni reali
degli altri o i miei bisogni ingannevoli? Il
compimento del proprio dovere non è
sempre orientato verso il bene degli altri. Di
frequente è la possibilità di esercitare potere
sugli altri, renderli nostri dipendenti. Un
politico è disposto a fare dei servizi, a servire,
ma non è disponibile ad essere ‘servo’.
Proveniamo
da
un
ambiente
di
emancipazione – una situazione di “servo”,
anche se ci piace chiamarla con altri nomi più
gloriosi – liberazione, libertà, uguaglianza,
fraternità, indipendenza … Abbiamo una
paura innata di essere manipolati da altri, da
quelli che serviamo. Così abbiamo paura di
servire – di metterci ‘sotto’ l’altro. Soltanto se
qualcuno mi dà un esempio di essere servo,
sarei capace di seguire ed essere pronto a
servire.
Tutto ciò per mostrare quanto sia
complesso questo tema. Non è solo
questione di buona volontà. Richiede un
cambiamento radicale di mentalità. Quando
Paolo chiamò se stesso il ‘servo’ di Gesù, che
cosa voleva dire? Che cosa lo fece desiderare
di essere servo di Gesù?
Che cos’è il volontariato? – è
veramente mettersi al servizio degli altri e
rinunciare al proprio vantaggio? Ci possono
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essere molte altre motivazioni ulteriori che
invalidano lo scopo reale del servizio. Per
questo motivo occorre valutare le nostre
motivazioni ed essere trasparenti in ciò che
facciamo.
Il servizio gratuito è un concetto
evangelico. Nella nostra società si nota poco
servizio concreto e troppo interesse
personale; per questo la nostra società è
malata e questo comporta delle conseguenze
culturali ed economiche.
Dove troviamo il concetto di servizio
nella Bibbia? Nel mezzo: da una parte sta
l’amore di Dio e dall’altra la miseria
dell’uomo. Il servizio è il modo con cui Dio
mostra il Suo amore all’umanità caduta e
bisognosa. Quando diciamo che il servizio è
“abbassare” se stessi, lo consideriamo dal
punto di vista sociologico. Dal punto di vista
teologico e biblico, il servizio rende nobili,
non umilia. È vivere l’amore per gli altri e
rinunciare per qualsiasi cosa.
Una delle difficoltà è l’idea di salire una
scala, facendo carriera. L’altra è il nostro
contesto storico. La filosofia orientale aveva
una dimensione verticale: abbandonare la
realtà storica e salire verso una spiritualità
che fugge dalla realtà terrena e dal presente.
Occorre colmare le lacune della storia che
vede il “servizio” soltanto dal punto di vista
pratico. Come rimediare a questi difetti della
nostra storia? Occorre ricordare che il servizio
non è come salire una scala, ma servizio
concreto di una persona verso l’altra. Questo
richiede una mentalità, una modalità e delle
attitudini per il servizio. Per tradurre l’identità
o lo stato d’essere in vita concreta, si parla di
uno stile o modalità o attitudini che rendono i
nostri ideali di servizio e l’essere servo, delle
realtà concrete, visibili, vissute, dedite … dal
regno dei concetti si passa a quello della vita.
L’ideale dell’identità personale deve
ancorarsi con altri fattori: per esempio, le mie
passioni e emozioni, i valori culturali, le mie
esperienze vissute e i modelli di servizio
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incontrati nella vita e come mi hanno
influenzato …
Il servizio richiede la maturità di una
persona, capace di vivere gratuitamente per
gli altri. C’è una certa soddisfazione coinvolta
nel servizio, una gioia, un senso di
realizzazione personale.
Ruoli
diversi
richiedono
capacità/talenti diversi. Anche nella Chiesa ci
sono diversi gradi: Vescovo,
Sacerdote,
Diacono. La Chiesa ha assunto il linguaggio
della società, ma la filosofia su cui si basa è
differente. Non è questione di gradi di
importanza, ma di responsabilità.
I segni esterni dovrebbero riflettere
questa realtà. Se invece, i nostri segni
mostrano l’opposto, come possiamo parlare
di autorità come servizio?
La maturità ci guida ad un senso di
donazione gratuita e di servizio. La storia e la
società vanno in direzione opposta, perché le
persone cercano di far carriera nella loro vita.
Queste sono salvate dalla distruzione proprio
da persone capaci di dare se stesse senza
alcun interesse personale. Quando una
persona rimane troppo a lungo in un ruolo,
può sentire che non può farne a meno.
L’identificazione con il ruolo significa la
perdita del senso della propria identità reale.
Qualche difficoltà interferisce, perché sono
coinvolti una certa gratificazione, un senso di
realizzazione personale e utilità. Ma
dobbiamo cercare di andare oltre ed essere
capaci di vivere senza gratificazioni. Una
triplice raccomandazione:
1. Non importi sugli altri (non procurare croci
per gli altri)
2. Non procurare croci inutili neppure per te
stesso
3. Quando la vita lo richiede, permetti a te
stesso di vivere con amore, con coscienza
trasparente.
Il concetto socio-culturale del “servo”
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Il “servizio” è considerato un “lavoro”, che
uno decide di fare per una rimunerazione o
per un senso di gratificazione o per una
realizzazione personale. I servizi sono pagati
secondo la loro gerarchia nella scala sociale.
Alcuni di essi sono stimati e apprezzati più di
altri e anche pagati con un salario più alto.
Altri sono giudicati “umili” o “bassi”.
In una delle sue massime, Karl Marx
affermava che, siccome tutti i lavori servono
al bene comune della società, tutti i lavoratori
dovrebbero ricevere lo stesso salario. Ancora,
siccome ogni lavoratore lavora per sostenere
la famiglia, dovrebbe essere pagato secondo il
numero dei familiari. Questo assioma, lodevole
in se stesso, non regge in un ambiente
capitalista. Anche nei circoli comunisti c’erano
alcuni più uguali di altri.
Quando si considera il “servo”, spesso si
vede una persona sempre agli ordini di un’altra.
Lo si fa per il salario per cui si è pagati. Se si è
pagati meglio altrove, ci si muove in quel luogo.
Un certo affetto e lealtà può crescere nel
tempo, ma il servizio che è richiesto può non
essere
svolto
“per
amore”, per coloro che
si serve. È più un “devo”
che un “voglio” o “mi
piace” lavorare.
Inoltre il perché
faccio questo servizio
può essere “per amore”,
per la mia famiglia, che
dipende da me per le sue
necessità.
Allora
è
l’amore per la mia
famiglia che mi sostiene
nel lavoro. E mi sosterrà
pure quando il lavoro è
tedioso o sottopagato o
anche pericoloso.
Così si presentano
due situazioni:
- Mentre lavoro servo,
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ma non necessariamente perché amo quello
che faccio o coloro per i quali lavoro.
La mia attitudine può essere fare il minimo,
per trovare poi posizioni che paghino meglio,
più facili, più apprezzate in società, per
avvertire un senso più grande di
realizzazione personale …
Il mio servizio è centrato su di me, sul mio
vantaggio o di quelli per i quali lavoro, perché
poi sostengano i miei interessi personali.
- Ma mentre lavoro, posso anche ricordare la
mia famiglia e i loro bisogni. Questo mi apre
verso gli altri, ponendo le loro necessità
prima del mio benessere, sopportando
sofferenze e anche insulti per amor loro. C’è
maggior gratuità in questo secondo caso. Un
padre e una madre di famiglia servono con
amore tutti i membri della famiglia. Questo
tipo di servizio è segno di maturità, di
capacità di donare se stessi per amore
dell’altro.
La spiritualità del servo è fondata su
questo genere di amore. La persona amata è
Dio e il cerchio si estende
e include tutte le persone
non solo gli amici …
finché uno sarà tutto in
tutti … amando e
servendo tutti con il
cuore di Dio. È un amore
aperto,
gratuito,
incondizionato ….
“Se amate quelli
che vi amano, quale
merito ne avete? Non
fanno così anche i
pagani? Ma Io vi dico,
amate i vostri nemici e
pregate per coloro che vi
perseguitano …” (cf. Mt
5,43-47).
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LA VERGINE, MADRE DELLA
CARITÀ, NEL CAMMINO DI FEDE DI
MADDALENA
Nella memoria spirituale di
Maddalena, in quello spazio
interiore nel quale ciascuno
raccoglie la sua storia e
custodisce la sua identità,
dove confluiscono presenze
che ci hanno risvegliato e
guidato, consolato e attratto,
Maria è un affettuoso ricordo
dell’infanzia, legato a quella
prima presentazione della fede che ogni
fanciullo del tempo soleva ricevere, è cordiale
condivisione d’una devozione largamente
diffusa nel popolo cristiano, è personalissima
comunione che illumina la dimensione
ecclesiale del carisma ricevuto dal Signore.
Così Maddalena annota nelle sue
memorie intorno al 1806, mentre tra molte
difficoltà cercava di dare volto concreto
all’opera che il Signore le
affidava:
“Fu
precisamente allora che
presi ad onorare la
Vergine santissima sotto
il titolo di ’Addolorata’,
della Madonna infatti
ero sempre stata fin da
bambina amantissima e
devotissima”.
Nell’infanzia
di
Maddalena
c’è
indubbiamente, come hanno notato i
biografi, una ferita, uno spazio vuoto, che può
farci meglio comprendere quel “fin da
bambina amantissima e devotissima”: all’età
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di sette anni, già orfana di
padre, Maddalena rimase
anche priva della presenza
della mamma, donna Maria
Teresa
Szluha,
per
il
passaggio di questa a
seconde
nozze
con
il
Marchese
Zenetti
di
Mantova.
La “cara mamma”
In quel vuoto d’affetto Maddalena,
intuitivamente ma intensamente, incominciò
ad accogliere la Madre donata dal Signore a
tutti i discepoli. Una eco della profondità di
questa prima accoglienza sembra di poterla
trovare in un ricordo delle Memorie risalenti
intorno al 1824. “Recandosi da Bergamo a
Milano, piena di preoccupazioni per una
controversia riguardante la casa di S. Michele
alla Chiusa, Maddalena
sostò al Santuario di
Caravaggio
e
’tanto
oppressa … piansi circa
un’ora, sempre dinanzi a
Maria, chiamandola fra le
lacrime con il nome di
mamma!’ … e a poco a
poco mi misi nel cuore di
Maria” (Memorie XIV, n.
46-54).
Si osservi come in
un momento di grande fatica l’invocazione a
Maria si formula spontaneamente nel
linguaggio della immediatezza infantile:
“Mamma!”.
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Difficile non vedervi il riemergere,
certo ormai lungamente maturato e
approfondito lungo gli anni, di quella
confidenza acquisita nella prima infanzia:
“intorno a quanto mi nottifica degli affetti
amorosi che sperimenta, del ricorso che fa a
Maria ne’ suoi bisogni, non vi è, la mia figlia,
che motivo di maggiormente attaccarsi a sì
gran Madre, nutrire nel cuore sentimenti di
riconoscenza e di
divozioni verso di Lei.
Appoggi pure a Maria
ancor l’affare della sua
vocazione …” (Don
Libera, Lettera 8).
La
“Vergine
Addolorata”
Forse un corso
di esercizi del 1795,
più probabilmente la
cordiale adesione a un
movimento di pietà
popolare verso la
Vergine
Addolorata
che
si
andava
accentuando negli anni 1795-96, (in più
luoghi d’Italia, anche a Verona, immagini
della Vergine furono viste lacrimare), in
concomitanza con i gravi disagi provocati
dalla
situazione
politica,
orientarono
Maddalena verso Maria ai piedi della croce.
Difficoltà di famiglia che in quegli stessi anni
sembravano rendere più difficile il cammino
della sua vocazione, poterono sollecitarla
ulteriormente in questa direzione.
La spontanea confidenza dell’infanzia
maturò nella pazienza e nella fortezza che la
Madre Addolorata ai piedi della Croce tanto
bene le rappresentava. Anche in questo Don
Libera la guida saggiamente proteggendola da
eventuali eccessi del sentimento e
indicandole la sobrietà della fede. “Ella
desidera d’essere parte della consolazione di
vedere con i suoi propri occhi i prodigi che
opera Maria Santissima. Bene, la mia figlia,
se ciò piace al Signore, sia fatto. Per altro ella
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continui la sua fiducia in Maria, che può
essere più meritoria nel solo appoggio della
fede” (Don Libera, Lettera 8, n. 41).
La “Madre della Carità”
Quando finalmente il carisma che il Signore le
destinava si fece chiaro nel suo cuore e poté
iniziare a prendere forma nella sua opera,
allora Maria fu per Maddalena la “Madre
della carità”, costituita tale ai piedi della
Croce.
Se il carisma di
Maddalena è riverbero,
suscitato dallo Spirito,
della Carità del Signore
che “sulla croce di
tutto
fu spogliato
tranne che del suo
amore”, se a tale
carisma Maddalena si
sente chiamata a dare
forma
di
una
istituzione ecclesiale,
era nella logica della
fede che lo trovasse
del tutto espresso in
quella
forma
ecclesiale
personale
perfettamente compiuta che è Maria.
È ormai situandosi “nel cuore di
Maria”, Madre della Carità, che Maddalena
discerne le vie dell’opera che il Signore le
affida e che maternamente accompagna i
passi delle prime Sorelle che il Signore le
dona: “decisi anche questa volta di mettermi
a servire Dio veramente e di cercare Lui solo,
e mi misi nel cuore di Maria”.
In Maria come Madre della Carità,
Madre delle Misericordie, Maddalena vede il
modo ecclesiale inarrivabile di vivere il
carisma che le era affidato. La “cara mamma”
dell’infanzia, l’”Addolorata” degli anni faticosi
e sofferti della sua ricerca giovanile, le si
rivelò in tutta la sua profondità come “Madre
della Carità”. E fu la Madre della sua opera.
Don Giuseppe Laiti
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IDA ZANOLINI: TESTIMONE DEL
CONCILIO
“Voi siete il sale della terra,
voi siete la luce del mondo”
Vangelo secondo Matteo (Mt 5,13-16)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Voi siete il sale della terra; ma se il sale
perdesse il sapore, con che cosa lo si potrà
render salato? A null'altro serve che ad
essere gettato via e calpestato dagli uomini.
Voi siete la luce del mondo; non può restare
nascosta una città collocata sopra un monte,
né si accende una lucerna per metterla sotto
il moggio, ma sopra il lucerniere, perché
faccia luce a tutti quelli che sono nella casa.
Così risplenda la vostra luce davanti agli
uomini, perché vedano le vostre opere buone
e rendano gloria al vostro Padre che è nei
cieli».
La Luce e il sale
Le immagini evangeliche della luce e del sale
ben si addicono a Ida Zanolini, nata a Brescia
il 21 marzo 1895; l’arco
della sua vita, segnato
dalla consacrazione a
Dio vissuta nel mondo, si
conclude sulla terra il 9
Settembre 1985.
L’immagine evangelica
della luce è molto cara a
Ida.
Nella lettera circolare
della Quaresima 1957,
scrive alle Collaboratrici:
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“Portiamo luce: il mondo è nelle tenebre,
perché non conosce Dio. Sia uno dei nostri
impegni più cari e più sacri il dedicarci
all’insegnamento del Catechismo sia ai piccoli
che agli adulti. Prepariamoci bene, studiamo
l’ambiente e i soggetti, non disdegniamo
l’aiuto di buoni libri. (vedi anche: ‘Le verità
del catechismo reso chiaro ai fanciulli’ della
Rev. Madre Orsolina Grillo), chiediamo
consigli, ma soprattutto riempiamoci di Dio.
Solo così il nostro insegnamento sarà
proficuo”.
Diventiamo sale, daremo sapore alla vita.
“Aggiorniamoci
sui
problemi
sociali.
Interessiamoci alle nuove leggi. Saremo
capaci e preparate nell’accostare la gente.
Ricordiamo che un po’ di cultura sociale è
indispensabile anche a noi e serve ad
illuminare e a aiutare gli
altri. Dove è possibile
potremo tenere anche
corsi di cultura socialepolitica
con
grande
vantaggio di molti”.
Come possiamo intuire,
c’è in Ida il desiderio di
un’autentica promozione
del laicato, che faccia
uscire il laico allo
scoperto e lo apra alla
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vita sociale, nella quale deve essere sale e
luce. A Ida sta a cuore la società, il “mondo”,
e pertanto approfondisce ancora in tempi
pre-conciliari la posizione del laico nella
Chiesa e il rapporto Chiesa-mondo.
In ogni scritto della Zanolini, in modo diretto
o indiretto, c’è il richiamo, a volte anche
forte, alle Collaboratrici, perché la loro vita
sia veramente sale che dà sapore, affinché
portino il Vangelo al mondo.
Scrive nella lettera della Pasqua del 27 marzo
1952: ”Un punto del nostro Regolamento
dice: le Collaboratrici devono, nel limite delle
loro possibilità, abbracciare ogni forma di
bene, avere larghezza di vedute, carità
grande, cuore spalancato come quello della
Fondatrice,
senza
grettezze,
senza
meschinità,
senza giudizi severi, senza invidie, senza
gelosie, pettegolezzi. Lo commenta S.
Maddalena con alcuni suoi ‘pensieri’:
‘Ricordate, ella dice, che se voleste vivere
senza la carità non fareste frutto nei prossimi
e non guadagnereste nessun frutto davanti a
Dio … La carità deve essere la pupilla degli
occhi vostri. Cercate innanzitutto l’unione e la
carità e io (Maddalena) vi assisterò dal
Paradiso’”.
Inizia il Concilio
Negli anni sessanta (1962-65) irrompe nella
vita della Chiesa e nel mondo il Concilio
Ecumenico Vaticano II, voluto dal Beato
Giovanni XXIII, ma condotto e
portato a compimento da Paolo VI.
Benedetto XVI, nel discorso ai preti
di Roma del 13 Febbraio 2013,
diceva a proposito del Concilio:
“Eravamo pieni di speranza, di
entusiasmo, e anche di volontà di
fare la nostra parte per questa
cosa”.
Ida coglie la grande novità che il
Concilio porterà alla chiesa nei
suoi rapporti con il mondo. Prega,
informa le Collaboratrici, le
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aggiorna sui Documenti Conciliari riguardanti
i laici e invita a studiarli.
Sulla scia dell’insegnamento di Montini, Ida si
prepara
a
presentare
“le
dottrine
meravigliose che si riferiscono nella Chiesa di
Dio ai laici”.
Paolo VI si propone di rendere la Chiesa
sempre più idonea ad annunziare il Vangelo
all'umanità del XX secolo, apre la Chiesa al
dialogo col mondo. Ida si sente coinvolta in
prima persona e la sua azione è viva, fervida,
acuta, autentica.
È chiaro per lei che l’origine della missione
della Chiesa è in Cristo. L’impegno
nell’apostolato consiste nel portare Cristo agli
uomini. Certamente Ida avrà assistito alla
cerimonia di apertura del Concilio, trasmessa
dalla TV. Nel discorso di apertura del
Concilio, l’11 Ottobre 1962, Giovanni XXIII
sviluppò nella Gaudet Mater Ecclesia, un
discorso programmatico e di ampio respiro,
da tutti riconosciuto come la “magna charta”
del Vaticano II. Nell’atto in cui il Papa dichiarò
senza mezzi termini di dissentire dai “profeti
di sventura”, che leggevano in chiave di
pervertimento il progresso moderno,
spronava la Chiesa a guardare con occhi nuovi
l’evolversi della vicenda umana, fino a
prospettare una lettura provvidenziale della
presenza di Dio nella storia di oggi.
Ida non è ai margini di questo nuovo
scenario, ma si lascia attrarre e vuole
coinvolgere le Collaboratrici, perché si aprano
alla comprensione dei “segni dei
tempi moderni” con equilibrio e
saggezza. Un soffio di primavera,
il sentore di un umanesimo
nuovo, la convinzione che
qualcosa di grande, di non
ritorno al passato animavano la
Chiesa, erano vivi in tutti coloro
che hanno vissuto in quegli anni.
La Zanolini, impegnata in tutta la
sua vita nell’educare, si dona
all’apostolato come esigenza di
favorire
nei
laici
la
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consapevolezza della loro dignità.
Ida è attiva e comunicativa di questo nuovo
clima che va a fondare il nuovo umanesimo
cristiano e a sostenere l’universale missione
della Chiesa nel mondo per tutti gli uomini. Si
va così delineando un nuovo modo di portare
Cristo agli uomini. “L'impegno di annunziare
il Vangelo agli uomini del nostro tempo
animati dalla speranza, ma, parimente,
spesso travagliati dalla paura e dall'angoscia,
è senza alcun dubbio un servizio reso non
solo alla comunità cristiana, ma anche a tutta
l'umanità” (E.N. 1).
Una delle luci che il Concilio proietta sulla
Chiesa
è
la
vocazione
stessa
a
quell’espansione di fede e di vitalità cristiana,
a quella effusione della pienezza interiore,
che l’inserzione del cristiano nel Corpo
Mistico di Cristo porta con sé. La vocazione è
chiamata a quell’amore per il Regno di Dio, a
quella testimonianza religiosa e morale che
oltrepassa la singola individualità.
La vocazione cristiana è espressione di
quel bisogno di comunicare ad altri il tesoro
di verità e di grazia che la Chiesa possiede.
Anche il laico, a qualsiasi condizione
appartenga, è chiamato a questa coscienza, a
questa attività. Bisognerà insistere su questo
principio, perché da questo in grande parte
scaturisce
quel
rinnovamento,
quel
progresso, che il Concilio ha voluto portare
alla Chiesa.
“L’apostolato non è solo un fatto esteriore o
sociologico; è un’esigenza spirituale interiore
che trae la sua ragion d’essere dal mistero
stesso della Chiesa, a cui il cristiano
appartiene. Ma come
quest’esigenza
si
esprime e si realizza?
Dicevamo, altra volta,
sulle tracce del Concilio,
in
due
forme
fondamentali:
individuale
l’una,
associativa l’altra.” (cf
Apostolicam
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Actuositatem., n. 15 ss.).
Per alcuni l’apostolato associato sembra una
rete ingombrante senza spontaneità, né
genialità; per altri si riduce a un fatto
organizzativo. Si perdono di vista i fini
essenziali dell’apostolato stesso, che Ida
aveva ben chiari e che in questo contesto ho
cercato di sottolineare, sia pur brevemente.
Ma “L’uomo, ricorda il Concilio, è per natura
sua sociale” (ib., n. 18 ). Ma ciò che più conta
per noi è il fatto che “l’apostolato associato,
sempre il Concilio che parla, corrisponde
felicemente alle esigenze umane e cristiane
dei fedeli, e al tempo stesso si mostra come
segno della comunione e dell’unità della
Chiesa in Cristo, il Quale disse: “Dove sono
due o tre riuniti nel nome mio, Io sono in
mezzo a loro”
(Mt. 18, 20).
Anche la Zanolini ha lavorato per anni interi
per
l’apostolato
associato.
Vedeva
nell’Associazione una famiglia varia e in
cammino verso Dio. Era convinta che
l’apostolato associato sia di grande
importanza, perché si diffonde nelle
comunità e fa del bene a tutti. Esso è stata la
modalità che ha perseguito per anni per
rendere sempre più bello il frutto del
Concilio.
“Il mondo attende il passaggio dei santi. Siate
contemplativi delle strade, voi laici, che non
siete chiamati a farvi claustrali. Siate
contemplativi delle strade, pregando con il
cuore nel trambusto delle occupazioni, del
lavoro, anche nel frastuono della folla,
sempre con l’unione intima
con Dio, col pensiero a Lui
per ottenere a voi e a tutti
la salvezza”.
In questo compito Ida ha
dedicato molte lettere,
interventi;
ha
scritto
Regolamenti,
ma
soprattutto
ha
testimoniato. Ella è passata
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in mezzo a noi e anche oggi cammina con noi
con inviti incoraggianti e coerenti. Aspiriamo
alla santità: occorre guardare in alto alla
vetta, illuminata dal Sole.
Solo in tal modo la vita acquista luce, trova un
senso. Chi vive il Vangelo ha trovato pienezza,
ha dato la più preziosa finalità alla sua vita.
Ella è cosciente che molti laici sono come
luce, sale, come lievito nascosto nella pasta.
C’è nella Chiesa molta tiepidezza ed
opposizione alla Chiesa stessa. Occorre
fortezza e fede per essere apostoli, si tratta di
virtù che scaturiscono dalla preghiera.
Il segreto del testimone sta nella
contemplazione di Dio.
Un duplice rapporto viene a crearsi tra Cristo
e il cristiano e tra
questi e le sorelle e i
fratelli di fede. Il
Concilio
ci
ha
richiamato
alla
vocazione originaria
della santità fonte
dell’unità.
“Dio volle costituire
un Popolo che lo
riconoscesse nella
verità e fedelmente
lo
servisse.
Possiamo dire che
questa
unità
caratterizza
i
movimenti spirituali e collettivi? Molti per
fortuna, sì”.
Vivere nello spirito della stessa Madre è
possibile se ci si lascia guidare dallo Spirito
Santo. È Lui l’Amore che unisce. Scriveva la
Madre Generale, Madre Antonietta Monzoni
alle Provinciali: “Sentiamo come un largo
respiro nel pensiero che le nostre opere
saranno affiancate da gran numero di anime
generose. Oggi, più che mai, urge questa
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preziosa collaborazione per estendere più
vasta e più fruttuosa la rete di apostolato ad
ogni classe di persone e specialmente a
quelle più lontane da Dio”.
Ida era convinta della preziosità di costruire
ponti di unità nella Chiesa, con le Madri e
nella società con la sua professione e
l’impegno politico. La sua vocazione è stata
quella di essere lievito evangelico di unità con
le Madri Canossiane e di umiltà verso gli altri
che ricevevano da lei amore e aiuto.
“Siate lievito, ma senza che nessuno sappia
chi siete, siate lievito, non massa,”
raccomandava alle Collaboratrici. Questa è
una bella sintesi di una vita cristiana vera.
La vocazione cristiana
è dono da donare,
soprattutto in tempi
difficili, ma colmi di
fermenti di bene
grande, di speranza,
come sono anche i
nostri. La missione,
dunque, qualunque
essa
sia,
è
innanzitutto
un
servizio a Cristo e alla
sua Chiesa per la
gloria di Dio.
L’Associazione offre i
mezzi per realizzare
questo dono-servizio, affinché possiamo
rileggere la nostra vita dinanzi a Dio e rendere
grazie per l’appartenenza spirituale all’Istituto
Canossiano.
Santa Maddalena di Canossa e le nostre sante
Protettrici ci aiutino sempre.
Marisa Gini
Missionarie Secolari di S. Maddalena di Canossa
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NO.23/2013
ESERCIZI SPIRITUALI
LAICI CANOSSIANI
18-22 LUGLIO MOCCONE 2013
Quest’anno andiamo a condividere gli Esercizi Spirituali con i Laici del Sud Italia. Chi vuole venire? Dopo
tanto progettare, prevedere tutte le tappe del lungo viaggio, finalmente l’aereo decolla da Bologna
direzione Lamezia Terme con a bordo tre Laiche e una Madre: il sogno era diventato realtà!
Così siamo approdate a Moccone, verde paesino della Sila, con nella valigia tanta attesa di incontrare e
condividere la nostra fede e la nostra passione per il carisma canossiano.
La calorosa accoglienza delle Madri e degli amici del Sud ci ha aperto il cuore; la parola calda e sapiente di
padre Antonio Papa ha guidato la rilettura del nostro vissuto.
“ Questa esperienza è calata profondamente in tutto il mio essere, ha gettato luce nei pensieri, è diventata
sorgente di approfondimento della mia fede, ha allargato orizzonti, ha donato speranza in uno stile di fede
non più inconscia ma consapevole e consegnata.
Sono stati tre giorni di provocazione e revisione, una vera chiave di lettura della vita di fede
nell’abbandono fiducioso al mio DIO che parla al cuore anche attraverso chiamate inattese a volte
sconvolgenti, come fece con i nostri Padri della fede.
Posso dire che in questa mia terra piena di sassi Dio ha liberato un angolino dove ha messo un piccolo
seme, ora chiede di averne cura, testimoniando con la vita semplice di ogni giorno l’immenso DONO di una
FEDE aperta all’iniziativa di DIO CHE SI RIVELA.
Il clima, che ha caratterizzato queste giornate è stato di grandissima partecipazione di Laici provenienti da
diverse parti d’Italia, vissuto nella gioia, nella condivisione e nella fraternità. Insieme abbiamo trovato
speranza attraverso le parole di padre Antonio che ci ha trasmesso uno stile di fede che è fiducia nella
presenza reale di Dio che guida ogni passo nel nostro cammino di vita. Per questa esperienza meravigliosa
dal profondo del cuore dico il mio GRAZIE!”
Questi giorni di condivisione ci confermano l’importanza di mettersi in cammino per incontrarsi: un volto è
molto di più che una parola, una parola è molto di più di un messaggio digitale. Incontrarsi dissipa timori e
pregiudizi e rilancia la fiducia che i fili di comunione che ci uniscono sono più profondi di tante
incomprensioni e relazioni burocratiche.
Il carisma canossiano nella forma laicale è vivo in tutte le regioni della nostra bella Italia e il coraggio di
iniziative come quella che abbiamo vissuto accende il fuoco della carità che ci deve caratterizzare per
servire i prossimi che ci sono affidati.
Il ritorno in treno ci ha permesso di sperimentare la fatica di un viaggio che i nostri amici del Sud spesso
mettono in conto per incontrare noi. A quando il prossimo appuntamento?
( Ada, Lidia, Ketty, M. Daniela )
La nostra cara S. Maddalena tanto raccomandava alla Laiche la pratica degli Esercizi Spirituali.
Per chiunque vive la sua spiritualità è prioritario mettere in calendario un tempo da dedicare alla
preghiera, alla riflessione, ad una verifica personale, ma anche ad un confronto che consolida il legame
per chi condivide il carisma canossiano. Dal 17 al 22 luglio a Moccone ci sono stati gli esercizi spirituali,
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tema la fede difficile. Ci siamo incontrati in tanti, provenienti da Mantova, Roma, Foggia, Fasano, Reggio
Calabria, Rogliano e la Sicilia con più gruppi. Erano con noi oltre che Madri, anche due Padri Canossiani.
Solo per tanta ricchezza e varietà di partecipanti, si può supporre quanto sia stato speciale vivere una
simile esperienza.
Padre Antonio Papa è stato il relatore guida delle giornate, con uno stile semplice e pacato. Rifacendosi
anche a numerosi aneddoti su alcune esperienze personali, ha reso piacevoli e coinvolgenti le riflessioni .
Abbiamo viaggiato nella fede di Abramo e Sara, Mosè, Anna, gli apostoli e i primi cristiani.
Il loro è stato un percorso difficile nel quale non era mai del tutto chiaro quale fosse il progetto di Dio nella
loro vita. Hanno creduto contro ogni avversità a ciò che era invisibile; spesso sono stati accompagnati dalla
sconfitta o dalla fatica o dal non senso di tutto, ma non hanno mai perso la bussola.
Poi ancora alcuni scritti di Maddalena ci hanno ricordato quante prove, quanto buio fitto, hanno
accompagnato la nostra Santa prima che diventasse tale!
La sua presenza nella nostra fede è un incoraggiamento ad affrontare l'impotenza dei nostri limiti e le
avversità esterne, servendoci delle coordinate che ci ha lasciato come preziosa eredità.
Il percorso di riflessioni non poteva che terminare con la fede di Maria, tanto forte da prendere in
consegna da suo Figlio Crocifisso, tutto l'AMORE PIU GRANDE per donarlo a noi, Chiesa.
La proposta finale, a conclusione di tutto, è stata quella di riavvolgere come un gomitolo tutti gli eventi
della nostra vita sul filo della fede, perché anche la nostra è una storia di amore in cammino.
Intanto in clima di raccoglimento e di preghiera, le strade di tutti si sono intrecciate e con condivisione e
ascolto reciproco, abbiamo scritto la storia di ciascuno come un'unica grande storia fatta di fede cercata,
sofferta, sperata.
Ho portato a casa sorrisi e lacrime di volti cari e nel cuore avrò sempre quel pane spezzato tra le pietre e i
fiori che abbiamo presentato all'Altare come la nostra fatica di credere.
Ringrazio tutti con affetto, Maria Pia.
SPAZIO
FORMATIVO
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SPAZIO FORMATIVO
ANNO DELLA FEDE
Per il prossimo 2 ottobre 2013, 25° Anniversario della canonizzazione di S. Maddalena di Canossa,
proponiamo un gesto canossiano per l’Anno della Fede, come un momento forte della nostra
Associazione. Invitiamo tutti i gruppi nel mondo a preparare un momento celebrativo entro il 24
novembre 2013, data di conclusione dell’Anno della Fede. L’ECI si incontrerà il 22 settembre e vi
comunicherà una semplice proposta.
LIBRO DI PREGHIERE ALC
Ricordiamo – come da circolare n.13/maggio 2012 – di farci avere i vostri contributi sul libro di
preghiere, da diverse parti richiesto.
SCHEDA CARISMATICA
In comunione con la Famiglia Laicale Canossiana è stato deciso di istituire,
in ambito formativo, il mese carismatico con cadenza annuale. Si tratta
del mese di settembre nel quale la formazione verterà su un aspetto
legato particolarmente alla vita di Maddalena. Quest’anno abbiamo
pensato di sottolineare alcuni tratti peculiari della fede di Maddalena
prendendo spunto dalla relazione di Padre Gianluigi Andolfo, tenuta
a Verona in occasione della Giornata Vocazionale 2013,
accostandola, poi, ad alcuni passaggi della recente Enciclica Lumen
Fidei di Papa Francesco.
XVI° CAPITOLO GENERALE DELLE MADRI CANOSSIANE
Dal 24 aprile al 24 maggio 2014, si svolgerà il XVI° Capitolo Generale delle Madri Canossiane, Roma. Siamo
tutti invitati a unirci alla preparazione di questo importante momento con la preghiera:
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PREGHIERA PER IL CAPITOLO GENERALE
DELLE
FIGLIE DELLA CARITÀ, SERVE DEI POVERI
24 APRILE - 24 MAGGIO 2014
Maria, Madre della Carità sotto la Croce,
Modello di fede e d’umile amore,
a Te ci rivolgiamo con fiducia.
Ti chiediamo di intercedere una costante docilità allo Spirito
e fedeltà dinamica al carisma della carità
per le nostre Madri Canossiane.
Fa’ che possano riscoprire profondamente la propria identità
di Figlie della Carità, Serve dei Poveri,
e lo sappiano testimoniare a tutti i fratelli e le sorelle,
come espressione del “Più Grande Amore”.
Ti chiediamo, inoltre, di renderle disponibili
ad accogliere e attuare con gratitudine
le sfide di una vita canossiana rinnovata.
Maria, Madre della Carità sotto la Croce,
prega per tutti noi.
Amen.
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