Le poesie di Paola Cannas
Vi racconto una storia: una signora di ottantaquattro anni, che già da molto tempo mi
domandava senza troppa insistenza se volessi dare un’occhiata alla sue poesie, un giorno mi
chiese con più convinzione di leggerne almeno una, così, solo per farle un favore, e se poi non mi
fosse piaciuta non mi avrebbe mai più scocciato. Eravamo a pranzo in un bel ristorante, al mare,
in estate. Lessi la prima poesia, e rimasi di sasso: era bellissima, semplice e profonda, e il ritmo
delle parole dava forza ai significati e alle emozioni. Insomma una vera poesia. Lessi le altre.
Avevano la stessa forza e la stessa delicatezza, erano sincere, senza virtuosismi. Era il tipo di
poesia che avrei sempre voluto scrivere, anzi che avevo provato a scrivere, con risultati pessimi.
E adesso scoprivo che mia mamma non era solo mia mamma, ma era una poetessa sconosciuta, e
che dal dopoguerra in poi aveva scritto sì e no una poesia all’anno, su foglietti e quaderni, senza
nessuna pretesa, tenendo le sue parole in un cassetto... Finché sulla via del tramonto aveva sentito
il desiderio di farmi leggere i suoi versi, affrontando il rischio con la preoccupazione che il “figlio
scrittore” sorridesse di tale puerilità, e che magari con imbarazzo facesse un gran giro di parole
per non dirle la verità. Anche io ero pronto a questa eventualità, e certamente mi avrebbe fatto
male ferirla, dirle che in realtà i suoi scritti non erano poesia (quante ne leggo che altro non sono
se non raccontini con molti capoversi). Non sarei mai stato capace di fingere, di lusingarla solo
per farla contenta. Non riesco a mentire, nel campo della scrittura. Nemmeno a mia mamma. E
invece scoprii che mi sbagliavo, che mi ero sempre sbagliato. Quel giorno decisi di copiare tutte le
sue poesie e di mandarle a un editore, senza dire che erano di mia mamma. Così feci, e la risposta
dell’editore arrivò in pochi giorni: aveva apprezzato molto le poesie, e le avrebbe senz’altro
pubblicate. Lo dissi a mia mamma, e lei sorrise: “A me bastava che piacessero a te...” Quando le
spiegai che non le stavo “regalando” il libro pagando una tipografia per stamparlo, ma che era un
vero editore a pubblicarlo, lei mi disse: “Non vorrai mica dirmi che sono piaciute anche a lui...”
Aggiunsi che avrebbe addirittura ricevuto dei diritti d’autore, e lei mi guardò di traverso: “Non
voglio soldi, darò tutto in beneficenza.” All’inizio non volevo che si sapesse che Paola Cannas era
mia mamma, per lasciare che il suo libro camminasse con le proprie gambe. Ma poi, dopo questa
sua decisione, ho pensato che per dare più forza alla sua volontà potevo invece incuriosire i lettori
dicendo appunto che lei è mia mamma. È uscito anche un bellissimo articolo di Gabriele Ametrano
sul Corriere Fiorentino, che aveva intervistato mia mamma al telefono alla fine di febbraio, mentre
lei era in un centro di riabilitazione. Adesso che mia mamma non c’è più (se n’è andata il 17 marzo)
mi sento in missione per promuovere il libro. Ho scelto un’associazione di amici, di cui mi fido
completamente, che opera in Bangladesh, e così le poesie di Paola Cannas verranno trasformate
in “bambini che sanno leggere e scrivere”. L’associazione si chiama Filo di Juta, www.filodijuta.it,
e se volete potete destinare a loro anche il 5 per mille: per esprimere la tua scelta a favore di
Filodijuta basta mettere una firma nell’apposito riquadro della dichiarazione dei redditi
“Sostegno delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale” e indicare nello spazio sottostante
il codice fiscale di Filodijuta: 92131060342.
Marco Vichi
Nelle pagine che seguono troverete una serie di commenti – uno assai illustre - sulle poesie
di mia mamma: una parte sono il frutto dell’acuta ironia di un’amica, che ha avuto l’intuizione di
proporre il libro ai clienti della lavanderia dove lavora, per poi interrogarli e raccoglierne le
sensazioni. Gli altri invece sono la voce diretta di alcuni lettori che hanno sentito il desiderio di
scrivermi.
Il libro, invece, potete trovarlo in libreria, ordinarlo sul sito dell’editore (www.felicieditore.it)
o sulle principali librerie on line.
Per qualsiasi informazione o commento scrivetemi all’indirizzo [email protected]
La grande poesia accarezza o scortica. A volte entrambe le cose. Grande poesia quella
di Paola Cannas. Non ho dubbi ne temo a dirlo. È stata una sorpresa potente uscita dal mite
nascondiglio. Mi ha carezzato, dopo tanti anni, al posto di mia mamma. Che non ho avuto.
Ha scorticato la mia boria con la poesia "vanità". Un grazie a Paola Cannas, donna e madre.
Tutta da scoprire. Maggiormente da conoscere ora che non c'è più.
Mauro Corona
Eva e i dialoghi della lavanderia
È andata così, niente di che. Ho messo il libro sul mio bancone - il bancone di una lavanderia,
badate bene - una mattina che pioveva forte.
Si ha bisogno di colore quando piove. O meglio, io ne ho bisogno.
La mia intenzione era di dire a tutti di comprarlo, che i soldi ricavati dalla vendita sarebbero
andati in beneficenza e anche che si trattava di un bellissimo libro di poesie.
Un libro molto tenero. Intimo e semplice. Coraggioso. Incoraggiante.
Poi credo che il desiderio che ho sempre avuto di lavorare in libreria mi abbia un po’ preso la
mano e mi son ritrovata a distribuire ai miei clienti campioni gratuiti di “Respiri e sospiri”, come
fosse una crema di bellezza o un profumo.
Era buffo. Divertentissimo. Non mi riusciva di smettere.
Credendo che a Marco potesse far piacere sentire quelle voci di sconosciuti che parlavano del
libro della sua mamma - alcuni di sfuggita, altri con trasporto, qualcuno addirittura sulle difensive
- ho cominciato a trascrivere i dialoghi per poi spedirglieli.
Ci lavoravo nella pausa pranzo. Sgranocchiavo qualcosa al bar e poi via ticchettare sulla
tastiera.
In palestra, quelle del Pilates dell’una, mi davano per dispersa!
Sarebbe stato utile stenografare, prendere appunti durante le conversazioni e non perdere
nulla di ciò che veniva detto, ma sarebbe stato ridicolo. E poi, comunque, io non lo so fare.
Così mi sono arrangiata scribacchiando di nascosto delle “parole gancio” sul retro di vecchi
scontrini. Parole, frecce, asterischi, raspaticci e geroglifici che potessero farmi ricordare più tardi,
una volta davanti alla tastiera del computer, come era andato il discorso. Un po’ una faticaccia, lo
ammetto, ma mi sembrava doveroso riportare le cose come venivano dette.
O almeno il più fedelmente possibile.
Ho giocato a questo gioco da marzo fino alle ferie, dapprima lasciando che fosse la curiosità
nei confronti di “un libro di poesie in lavanderia” a creare le situazioni. Poi invitando le persone a
“pescare” poesie aprendo il libro a caso.
Approfittavo dei momenti di calma – lo dico, così non mi licenziano – o dei frangenti in cui
sentivo che ai clienti faceva piacere fermarsi ancora qualche minuto a fare due chiacchiere.
A volte ho insistito, non lo nego, per far in modo che la gente aprisse il libro, ma l’ho fatto solo
con coloro con cui avevo più confidenza.
A volte ho pensato che le poesie scegliessero da chi farsi leggere. È strambo, lo so, ma che
volete farci, io son così.
A volte ho usato Paola Cannas per intrattenere dei bambini, perché il feeling con loro è
ballerino e quando mi girano intorno vado nel panico.
Non dovrei dire che entrare in contatto con le persone è una bella sorpresa, un dono. Non
dovrei dirlo perché si presume che chi fa il mio mestiere lo sappia benissimo.
Saperlo benissimo a volte porta a scordarlo.
Perciò lo dico: quando qualcuno si rivela è sempre una gran bella sorpresa.
Eva
Tommaso il Bordellista.
Tommaso, uno zitellone in pensione. Simpatico, casinista e anche Bordellista, ma non lo
sapevo.
- Che sta leggendo di bello?
- Poesie
- Poesie?... Di chi?
- Si chiama Paola Cannas.
- Posso vedere?
- Certo. Posso chiederle un favore?
- Certo!
- Chiuda gli occhi e apra il libro a caso.
- Perché?
- Per pescare una poesia.
- Va bene… Proprio perché è lei!...
- Grazie. Che poesia ha trovato?
- “Quinto compleanno”…. Buffa! Parla di un bambino… No, anzi, parla un bambino.
- Mi dica che le piace!
- Si… Mi ricordo che io non dormivo mai la notte prima del mio compleanno. E nemmeno
quando partivamo per il mare.
- Conosce Marco Vichi?
- Come no! Quello che scrive Bordelli!
- Bravo, vero?
- Bravo lui, belli gli anni sessanta. Lei non lo può sapere perché non c’era, ma erano anni belli.
- Era la sua mamma, questa poetessa.
- Una famiglia di scrittori!
- Ci sono delle pagine bellissime lì dentro. E poi il ricavato delle vendite andrà in beneficenza.
- Beneficenza a chi?
- In Bangladesh, per l’istruzione dei bambini.
- Io sono sempre scettico in questi casi…
- Fossi in lei a questo giro rischierei. Altrimenti si perderebbe delle poesie bellissime.
- Sa che anch’io da giovane scrivevo poesie?
- Davvero?
- Anzi, le farò leggere qualcosa!…
- Volentieri!... Però prima compra il libro. Promesso?
To be continued…
Elga e Maria.
Elga e Maria, stanno insieme da trent’anni e sono come Sandra Mondaini e Raimondo
Vianello.
Elga: E questo?
Maria: E questo, e questo! A casa mia si chiama libro! Ma che devi sempre toccare tutto?
E: Che palle! Che giornatina! Perché non ti vai a prendere un bombolone alla crema?
M: Perché non ci vai te?
E (a me): Dimmi, bella… Che libro è?
Io: Poesie.
M (a me): Ciccia, ora fa finta d’intendersi anche di poesia!… Sta’ a vedere!
E: Guarda che io me ne intendo per davvero! Non come te che l’ultima che hai letto avevi sei
anni e l’hai dovuta imparare a memoria per la sera di Natale!
M: Ma senti questa!… La laureata! La dottora! Ha fatto ragioneria a pedate nel culo!
Io: Ora ve ne pesco una a caso e vediamo che succede. “Frammento”. Questa è meravigliosa.
Leggi, Elga!…
E: “Perché pettinarmi i capelli…”
M: Sposta il testone!... Fai leggere anche me!
Così Elga le ha fatto spazio e le ha regalato una pacca sul culo. Sono legatissime, le guardo con
sana invidia.
Io: Che ne dite?
E: Una donna innamorata. Senza dubbio.
M: Molto tenera.
E: Ma si può scrivere “grembiale”?... O è “grembiule”?
M: Come previsto!... Arriva la dottora!
Io: Dai, ditemi se vi piace! Dovrete comprare il libro perché il ricavato va in beneficenza! Ve
ne leggo una io?
M (a me): Vai, bellina!
Io: Vi leggo “Stelle”, è brevissima, è bellissima... Se poi non comprate il libro mi fate incazzare.
M (a me): Guarda, se alla dottora gli piace se ne comprano due, uno a testa.
E (a me): Leggila bene, non come Maria la sera di Natale…
M: Mi stai sulle palle!
E: Sapessi te!
Gli ho letto la poesia, ho fatto del mio meglio. Son rimaste finalmente zitte.
M: Una gran lezione d’umiltà.
E: Si. E di quella buona.
Io: Quindi lo comprate…
Sonia allegra, il ciel l’aiuta.
Sonia è formosa esagerata. Capelli corvini dalla piega improbabile. Vistosa, sorridente,
gentile. Per una diagnosi errata ha quasi perso la vita, perciò ora la ama rumorosamente, come
fosse sempre in crociera. Il tipo di donna che fa baldoria nei centri commerciali durante i saldi
comprando tutta roba inutile, mentre sbraita “Carpe diem!... Carpe diem!”. Non so se mi spiego.
- Guarda qui che onda! Avrei proprio voglia di mare!… “Respiri e sospiri”…
- Sono poesie, apri pure.
- Poesie? Per carità! A scuola erano la mia tortura! Non c’ho mai capito nulla!
- Queste si capiscono, te l’assicuro. E sono anche belle.
- Di chi sono?... Paola Cannas… Non la conosco.
- Vuoi che te ne legga una?
- Dipende… Ce n’è una un po’ allegra o sono tutte per piangere?
- Vediamo un po’… Allegra…. Questa! La margherita. Vado?
- Vai!
Glie l’ho letta stando attenta a fare del mio meglio, come sempre.
- Che ne dici?
- Pare scritta da una bambina.
- Allora te ne intendi! Questa è stata scritta da una bambina di nove anni.
- Cioè, non ho capito, questa Paola Cannas ha nove anni?
Marianna dall’anima rosa.
Marianna ha passato la vita in casa ad accudire familiari malati. Ora, a quasi sessant’anni, ha
trovato il primo lavoro della sua vita: Baby-sitter. Le prime settimane le ha spese tutte in lacrime
perché si sentiva inadeguata al mondo fuori da casa sua. Una donna molto dolce, sfiorita prima
del tempo, pallida e un po’ trasognata.
- Ti piace leggere, vedo. Cos’è?
- Sono poesie.
- A te lo posso anche dire, io ho sempre letto tantissimo. Però solo romanzi d’amore… Libri
rosa!…
- E che c’è di male?
- In casa mi prendevano in giro tutti. Io sono un po’ permalosa e allora foderavo i libri per
coprire il titolo.
- E invece cosa leggeva di bello chi ti prendeva in giro?
- Boh! Forse niente. La mia ex nuora mi chiamava Liala. Mi guardava un po’ dall’alto in basso,
secondo me.
- Perché eri un tipo romantico?
- No, no! Gli sembravo una donnetta triste che non capiva nulla, casomai.
- Ti piacciono le poesie?
- Si. Posso? Non ti voglio perdere i foglietti.
- Che vuoi che sia se cade un foglietto. Perché non ne scegli una e mi dici che ne pensi?
- A caso?
- Ma si!... A caso!
- “Istantanea”…
- Cavoli! Questa si che è la tua!
- Perché?
- Leggi, leggi. Poi mi dici.
- Mi piace!... Lui me lo immagino come Sean Connery da giovane.
- E Lei?
- La Bardot… Anche quella accanto è bella. “Bianco sorriso nella grigia sera”… Un’ala d’angelo.
- Sono tutte belle…
- Come si chiama?... Paola Cannas… Non lo so, mi sembra di capirla questa donna…
- Ti va di leggere cosa dice di lei suo figlio?
- Suo figlio?
- Marco Vichi, a te lo posso anche dire, lo scrittore assoluto.
- Non lo conosco.
- Ti scrivo il suo sito… Ce l’hai internet?
- Certo! Ci guardo le previsioni del tempo per stendere i panni.
- Perfetto. Vai sul suo sito. C’è scritto com’è nato il libro e a chi andranno i proventi delle
vendite.
- A chi andranno?
- A dei bambini in Bangladesh. Per la loro istruzione.
- Non so neanche dov’è di preciso il Bangladesh!... Ma lui che libri scrive?
- Neri.
- Neri?
- Ma forse anche un po’rosa. Molto scuro, però…
Donatella, ballerina punto e virgola.
Donatella è la mia ballerina claudicante. Io la adoro, Marco. Ha classe e grazia e dolcezza.
E acume.
Ricordi? Di te disse che non fai il cascamorto con chi legge. Ti era piaciuto parecchio quel
complimento lì.
Vorrei chiederle di mostrarmi le foto di quando ballava, ma non trovo mai il coraggio, per
quella storia del ricordare il tempo felice nella miseria.
- Dona, di che umore sei?
- Variabile, come il tempo.
- Se ti leggo una poesia corta, corta?
- Tua?
- Macché mia!
- E di chi?
- Ti fidi di me?
- No.
- Allora vado… Il titolo è “Marzo”. “In una strada presso casa mia...”
- Com’è la parte delle dita?... Rileggi un po’…
- Aspetta. Si, da qui. “Ma quando Marzo viene Un albero fiorisce presso il muro e con pietose
dita, lieve accarezza le remote piaghe…”
- Commovente.
- Ti piace?
- Si, è placida. Chi l’ha scritta? Avvicina, non ci leggo!... Paola Cannas. Una donna. Naturale!
- Perché naturale?
- Perché le donne conoscono la dedizione. La sua sta tutta lì fra le righe, non te ne sei
accorta?... Probabilmente nei mesi in cui l’albero è spoglio ci pensa lei ad accarezzare quel muro
con le dita.
- Sai chi è questa signora?
- Come faccio a saperlo?
- Sei scoglionata oggi!... Ma te lo dirò lo stesso. È la mamma di Marco Vichi.
- Davvero?... Furfante!... Ecco da chi ha preso tutto quel talentaccio che si ritrova!
- Ne vuoi pescare una?
- Pescare?
- Apri a caso e leggi.
- Non ho gli occhiali.
- Allora tu apri a caso e io leggo.
- Non è facile! Con tutti ‘sti foglietti!… Ecco!... Cos’è uscito?
- “Essere altrove”. Ti piacerà. “Calura abbaglia la città…”
- Allora? Di questa che dici?
- Non lo so… La prima era più tenera, questa è diversa, è più…
- Jazz!
- Forse.
- Devi comprare il libro, Dona.
- Devo?
- Si. E poi, quando l’hai letto, mi devi dire che ne pensi.
- Devo.
- Si.
- Perché?
- Per diversi motivi.
Quindi è tornata sventolando il libro. Non sono riuscita parlarle. C’era altra gente in negozio
e Donatella non poteva aspettare.
Così mi ha fatto Marcel Marceau, infischiandosene se qualcuno la guardava strano.
Ha inarcato le sopracciglia e incavato le guance, così da fare la bocca a cuoricino.
Poi ha incrociato le mani sul cuore e agganciando tra loro i pollici ha mimato - credo - una
colomba in volo e le ha mandato un bacio.
La sua recensione mimata alle poesie della tua mamma.
Se seguiranno parole te le scriverò.
E poi è tornato Tommaso.
E poi è tornato Tommaso, lo zitello in pensione che legge Bordelli. Aveva pescato “Quinto
compleanno”, ricordi?
Tommaso arriva sempre il venerdì alle undici - potrei rimetterci l’orologio, se lo portassi vestito dei suoi colorini e profumatissimo. È il suo stile.
Aveva le mani dietro la schiena quando è entrato. “Dio delle commesse, fai che non abbia
portato fiori, pasticcini, caffè o qualunque altro genere di conforto!”.
E il Dio delle commesse mi ha castigata.
Tommaso aveva il quaderno delle sue poesie, quelle che scriveva da giovane, ispirato – per
sua stessa ammissione – solo dalla caccia alle sottane.
D’annunzio, Leopardi, Petrarca e Alighieri potrebbero accusarlo di plagio.
A parte questo sono convinta che alle malcapitate quelle poesie facessero un certo effetto.
Aspettava tamburellando e dondolandosi che io mi sperticassi di complimenti.
- Deve aver fatto una strage di femmine.
- Ero bello da giovane, cosa crede?... Dicevano che somigliavo a Mastroianni!
- Un Mastroianni e un poeta!
- Si, si!… Ma le poesie funzionavano perché io ero bello. Mi ci mettessi ora a recapitare lettere
d’amore alle donne, mi farebbero ingoiare il foglio.
- Ma no!...
- Ma si!...
- L’ha letto poi il libro della mamma di Vichi?
- Si. E m’ha messo addosso una gran tristezza.
- Solo tristezza?!
- No. Non tristezza. Nostalgia. Nostalgia è la parola più giusta. Alla tristezza gli si può
scappare, ma la nostalgia, quando t’ha preso, non te ne liberi più.
- Non dica così, mi fa sentire in colpa.
- Macché in colpa! Guardi ero talmente abbacchiato, ma talmente abbacchiato che ho
telefonato ad una mia amica di Montecatini e le ho chiesto di passare il fine settimana a
Viareggio!… Due giorni da favola!
- E quindi alla fine se ne è liberato della nostalgia!…
- Fosse così facile!...
- E lei ci riprovi!... Magari, se si applica ogni fine settimana, non so, potrebbe tirarsene fuori
diciamo per settembre.
Bartolomeo il barbaro
Bartolomeo aveva pescato “Pasqua di sangue”. Era rimasto un po’ incupito. Non credevo
avrebbe cercato il libro, invece…
Conobbi Bartolomeo e mi parve fin da subito cosi “vichiano” che non potevo non
descrivertelo. Corsi a raccontartelo così:
Se Bordelli dovesse tornare a vivere in città può affittare casa sua a Bartolomeo; è una garanzia.
Marco, lo farei finire nelle tue grinfie volentieri, se solo potessi.
Questo e quello che so di lui.
Bartolomeo scende giù dal colle il giorno di mercato, e poi il sabato per fare la spesa delle cose
che ha scordato in settimana.
Lo fa con la sua AMI 8 azzurra (te la ricordi?) in perfette condizioni e lucidissima.
Non la cambierebbe per niente al mondo.
Non mi voglio addentrare con lui su cosa metta nel serbatoio per farla camminare; è
pericolosissimo manifestare curiosità nei confronti della sua macchina. Può andare avanti ore
cantando le lodi di quello scaldabagno.
Bartolomeo è un uomo pericoloso. Ha la patente con le marche da bollo e non possiede il
bancomat, ragiona in lire e sono anni che non va a votare, ma senza malanimo e senza polemica,
non ci va e basta.
Tutte cose per le quali si rischia la gogna.
Io, quando lo vedo, mi sento fiduciosa. Ottimista.
Poi è molto avanti. Recuperava tutto il possibile già prima che qualche genio divulgasse la
parola “riciclaggio”.
Vive da solo: è un misantropo, burbero, accigliato lettore di ZAGOR e TEX.
Però apre la porta alle signore per farle passare. E se dice loro buongiorno, piega il testone e il
busto in avanti e accenna a battere i tacchi. Parla un italiano che mi piace, corretto, anche ricercato
e un po’ desueto, ma senza affettazione. Dice “Ciò nondimeno”; mi fa impazzire e mi ha contagiato!
Gli piace guardare le donne; lo fa in maniera molto discreta, a volte divertita. Credo che apprezzi
le mediterranee formose e non sia attratto da quelle troppo magre. O troppo bionde.
Quando è in attesa del suo turno canticchia e fischietta. Il repertorio è di tre pezzi: “C’est si bon”,
“Reginella” e “Buonasera Dottore”.
Non so quanti anni abbia Bartolomeo. Forse una settantina. Non è facile da stimare, ha l’aria
sempre un po’ infagottata e il testone sale e pepe spettinato. Si fa la barba se ne ha voglia.
Chissà come starebbe rasato e con una cravatta! Meglio lasciar perdere le cravatte, potrebbe
soffocare.
Sarebbe una perfetta versione di un Bordelli attempato.
Anche se è un tipo ruvidissimo mi sta simpatico da morire. Gli sto simpatica da morire.
Riuscirò prima o poi a chiamarlo Barty e farmi rispondere?
Se mi risponde m’innamoro.
Poi, nel frattempo, siamo passati dal “lei” al “tu”. Però a chiamarlo Barty non mi sono ancora
azzardata.
- Che non hai ancora smesso di far pescare le poesie?
- Che ti sembro il tipo che smette?
- Per carità!... La testa ce l’hai dura!.. Io non ti vorrei per casa nemmeno in fotografia!
- Non conta!.... Quello che pensano gli orsi grigi come te, qui a valle non conta un cavolo!
- Infatti io qui non ci starei neanche morto…
- Stai attento a non farti sentire! I replicanti son parecchio permalosi… Tu l’hai letto vero?
- Cosa?
- Il libro di poesie. Era un ordine.
- Sissignora!...
- E?...
- E?...
- Uffa!… Ti è piaciuto?
- Si. Davvero tanto. Mi ridici “uffa”?
- No. Quale ti è piaciuta di più?
- Fammi pensare… Mi siedo un attimo. Quella sulla rosa dei deserti, forse. Fa venire voglia di
andarsene via lontano. Anche quelle che parlano di mare, è un mare fuori stagione, come piace a
me.
- Si, va bene, ora però mi dici quale ti è piaciuta per davvero…
- “Gli amici”. E’ la più bella di tutte, è pesante e dice la verità. Io quella sensazione di vuoto
intorno la conosco, ormai. Ci ho litigato e poi ci son venuto a patti. Tu invece non ci sei ancora
passata e la puoi capire fino a un certo punto. Ti aspetta qualcosa di spaventoso, mi dispiace per
te…
Il mitico e la poesia di Paola Cannas.
Il mitico di solito sghignazza, più che ridere. Ha una faccia da schiaffi che nei polizieschi gli
darebbero sempre la parte del cattivo senza scrupoli.
Invece è una persona buona, il fatto che abbia sempre quest’aria allegra e strafottente
inganna.
Non capita spesso di vederlo assorto, colpito da qualcosa. Paola Cannas l’ha colpito.
- Apro?
- Vai!
- Che festa è?...
- C’è bisogno di una festa?
- Toh! Un libro!... La tua fantasia nei regali fa schifo!
- Leggilo, mi raccomando, è bello davvero.
- Comincio subito, signora maestra… Oh, “La vita non è nulla senza l’amicizia”… mi devi dire
qualcosa?
Gli ho alzato il medio. Qualunque altra effusione lo avrebbe imbarazzato.
Alcuni giorni dopo…
- Ma poi le hai lette o no le poesie?
- Si. Bevute, a essere precisi, anche le virgole.
- Belle vero?...
- Io mi son ritrovato a pensare a casa. Gli telefono poco ai miei, mi son sentito una merda. E
te che mi ci hai fatto rimuginare mi sei stata sulle palle!
- Come se l’avessi fatto di proposito!… Qual è che ti fa pensare a casa?
- “Semplicità”. Fanculo a te e a tutta la poesia… Sembra la foto di mia nonna. Quando l’andavo
a trovare era sempre seduta al solito posto, fra il focolare e la finestra.
- È una poesia che piace tanto anche a me.
- E quella sulla Sardegna che finisce con la roccia che fa sentire le voci!… Anche quella
Diobono!
- Di “Stelle” che ti pare?
- Aspetta… Non mi viene in mente qual è.
- Cercala. Rileggila. Cortissima ma c’è tutta, è densa.
- Son tutte dense, è una drittona ‘sta Paola. Ma chi è?...
- Non te lo dico. Vai sul sito di Marco Vichi. Te lo fai dire da lui.
- … E “Notte di gelo”, Diobono!... Ti sembra di stare davvero fuori al freddo, escluso da ogni
cosa…
Grande Marisa!
Marisa diventerà una delle più grandi ammiratrici di Paola Cannas, me lo sento.
Non so quanti anni abbia, però son tanti. È incazzata nera coi suoi perche vogliono che smetta
di guidare.
- E lo sai perché io non dovrei guidare secondo i signorini?... Eh? Lo sai?... Perché guido a
lumaca! Allora senti: a me la patente me l’hanno rinnovata perché io ci vedo e ci sento benissimo
e i riflessi son buoni. Siccome la benzina me la pago da me, e spesso - spesso! - la pago anche a
loro, io guido piano quanto mi comoda!...
- Ha ragione.
- Lo so anche da me che ho ragione.
Marisa un po’ sorda effettivamente è diventata. E anche la vista va così così.
Oggi non trovava lo scontrino per ritirare i capi.
- Accidenti ai fogli nei portafogli!...
- Lasci stare, vedo tutto io da qui!….
- No! Ma guarda dove l’avevo messo!.... Dentro l’appunto per cercare il libro.
E mi mostra una pagina a quadretti con due scarabocchi a biro. Sopra c’è scritto LUCA e sotto
PUGLIA. E accanto a PUGLIA il mio scontrino spillato.
- Che libro?
- Un libro che hanno pubblicizzato in televisione, è di uno scrittore che si chiama Luca, ma
non ho sentito bene il cognome. Ed è pugliese. E ha due peperoncini in copertina…. Il titolo non
me lo ricordo….
- Ho capito qual è!... L’ho sentita anch’io quell’intervista. Credo racconti di un matrimonio e
di una storia d’amore che dura una vita….
- Brava!... Quello!... Io leggo tanto, sai!... Mi piacciono gli scrittori nuovi, sono curiosa di natura.
- Le piace la poesia?
- No, la poesia no. Io non la capisco la poesia, mi ci devo concentrare!… E non avendo tanti
giorni davanti, perché lo so che è così, preferisco ascoltare solo chi parla chiaro. Io il tempo da
perdere coi giri di discorsi non ce l’ho più.
- Ma provi a leggere questo!… Questa è poesia chiara. Limpida. Questa si capisce. Anzi si
capisce talmente bene da fare male.
- Come l’hai conciato?... Non sembra più neanche un libro!...
- Lo so, è un po’ vissuto.
- Un po’ che?...
- Vissuto!...
- Come me!... (e mi ha schiantato una risata delle sue). Scrivimi il titolo accanto a questo!...
Grandino, grazie, sennò non ci leggo!
Mentre le scrivevo il titolo le dicevo di te scrittore e della tua mamma poetessa. E che una
volta lette le poesie avrebbe potuto spedirti un commento via mail. Era conquistatissima,
soprattutto dal fatto di poterti scrivere.
- … Solo che quel coso lì io non lo so nemmeno accendere.
- Magari se si fa aiutare!...
- Nonono!... Da chi?... Dai principini?... Per farmi prendere in giro tutto l’anno?!... Perfino la
donna delle pulizie mi ride alle spalle!....
- Allora torni da me dopo che l’avrà letto, se le va!.. Lei detta, io scrivo. Mandiamo il suo
commento da qui.
- Ecco! Così si potrebbe anche fare!… E dici che sono belle?
- Vuole che ne leggiamo una?
- No, preferisco le sorprese!… Basta che siano belle!
- Giuro!... Belle e resistenti!
- Come resistenti?
- Resistenti, persistenti, indelebili, incancellabili, non se lo leverà più di torno!
- Come queste macchie che non vanno via.
- Uguale. Le resterà l’anima macchiata di Paola Cannas.
- L’anima macchiata!… Hai quasi fatto una poesia parlando di poesie!
Mi son bloccata e l’ho guardata come quando prendo la mira. Ridacchiava, la iena.
- Marisa, secondo me lei è una gran drittona!
- Cara mia!... Se non ero una dritta ero del gatto!
To be continued…
Sandrino pastafrolla
Si chiama Alejandro, ma Sandrino pastafrolla gli sta bene come soprannome.
Assomiglia un po’ a Zio Fester e fa il pasticcere. Fa il bravo pasticcere.
La sua pastafrolla e le sue mini bavaresi sono da sfilarsi i nervi e usarli per tendere i panni.
Io lo dico sempre, la pastafrolla sta ai dolci come le fondamenta stanno a una casa; la
pastafrolla deve essere impeccabile. La sua lo è.
Perciò stirare la casacca bianca a doppi bottoni di Sandrino pastafrolla lo considero un onore.
Tutta candida e inamidata col logo della pasticceria sul taschino e il colletto alla coreana. Che
stile!
Sandrino soffre di sciatica e cammina storto. In genere gli piace essere compatito, prendere
due coccole.
- Zoppichi forte, oggi!
- Zitta, zitta, zitta!… C’ho un dolore che mi va da qui a qui. La mia giacca?
- Celo!
- Che trovi anche il tempo di leggere?
- Hai presente quant’è lunga la mia pausa pranzo?
- Già. Vero. Che libro è?
- Poesie.
- Non ci credo!… Una lavandaia acculturata!
- Lavanderina, prego!...
Ha aperto il libro. Poi, come fanno gli idioti, si è appoggiato una mano sul cuore, ha fatto
l’espressione ispirata tipo cantante di liscio e ha cominciato a leggere con enfasi da macchietta.
Cretino.
- “Per poco ti vidi: il tempo che impiega una rosa a sfiorire”…
Pausa interessata. Ha riguardato la copertina e ha avvicinato il libro agli occhi.
- “Era il mese di Aprile, incerto tra pioggia e sereno”…
E già aveva cambiato tono.
- “Andando per i Campi Elisi, spirava vento dal Nord”…
Ha inarcato le sopracciglia e piegato la testa come a dire “Però!”
- “E in alto quel cielo, che si apre e si chiude a scenario su te, prima donna.”… È bella!
- Toh!... Un pasticcere acculturato!
La sua stupidera ha cozzato contro la giada compatta della poesia su Parigi. E ha vinto Parigi.
E ha vinto Paola Cannas.
- Non credevo!...
- Cosa non credevi?
- Che mi piacesse una poesia.
- Compratelo. Leggilo la notte mentre mi fai i cornetti, ti verranno più soffici.
- Mi vengono già soffici.
- Te compralo e leggilo! Non si sa mai.
Non te l’ho saputo scrivere bene, me ne accorgo. Ma è stato emozionante vedere Sandrino che
s’arrendeva al bello di “Due giorni a Parigi”.
Marisa to Marco.
Ho Marisa qui davanti. Sta cercando il foglio in borsa, mi detterà una lettera per te. Fai
succedere delle cose tu che è roba da matti...
Caro Signor Vichi,
le scrivo dopo aver letto le poesie di sua madre per dirle che mi sono piaciute tanto.
Quella che si intitola “Gli amici” mi ha molto colpito perché sono pensieri che vengono spesso
anche a me, vista la mia età.
Però mi sono piaciute anche le poesie che parlano d’amore: chi ha visto passare tanti anni ha
visto passare anche tanto amore, però l’amore non s’impara mai e forse si leggono volentieri poesie
d’amore nella speranza che ci insegnino a viverlo.
Io sono una persona curiosa e anche fumina, inoltre ho troppi anni e poco tempo da perdere in
cose inutili e finte, quindi stia tranquillo che quello che le scrivo è la verità.
Sua madre mi ha catturata ed è stata accanto a me in salotto anche dopo che ho chiuso il libro
e non ero più da sola sul divano.
Io penso che leggere quelle poesie mi darà sempre la sensazione di essere in compagnia di
un’amica e di poter appoggiare due tazzine sul tavolino, invece di una sola.
Un caro saluto
Marisa
Il Nicola rampante.
Il vecchio rampante anni ottanta m’ha visto al tavolino fuori da bar col caffè shakerato e il
libro di Paola Cannas. Così, tanto per fare una cosa diversa dal solito, ha attaccato discorso con
l’alibi del libro. E io gli ho cucito un bottone che la prossima volta ci pensa! “Ma non dirmi! È del
libro che vuoi parlare? Siediti, siediti, vedrai che t’accontento!”.
- Diamoci del tu.
- Va bene, diamoci del tu.
- Perché dovrei comprarlo?
- Perché è bello!
- La bellezza è soggettiva.
- Lo so. Ma questo libro è bello di una bellezza che cambia ad ogni pagina, tipo un campionario.
Son convinta che il bello, li dentro, prima o dopo ce lo trovano tutti.
- Sei una venditrice nata.
- Grazie. DNA. Vengo da una famiglia di commercianti.
- Allora ecco spiegato.
- Un mio zio diceva sempre che se sei nato da un gatto devi per forza mangiare il topo.
- Questa è bellissima!
- Lo so, zio Mario è un tipo forte!
- Non ho capito se è o era…
- È. Ma non parla più molto. Ha qualche annetto, è diventato taciturno. Mi sembra deluso.
- Da che?
- Dalle cose. Lo vedo spaesato, avvilito. Scuote la testa e dice “Io qui non mi ci ritrovo più”.
- Non ha torto.
- No, non ha torto
- Quanti anni ha?
- Va per i cento.
- Però!...
- DNA!... Guarda, questo mi fa pensare a lui tutte le volte: “non c’è mai chi su di lui lo sguardo
posi”. Credo che il problema di quell’uomo lì siamo noi. Noi che gli giriamo intorno come trottole,
sempre occupatissimi da altro. Prendi me: lo penso spesso, zio Mario, gli sono affezionata. Ma non
è che riesca a mettergli allegria. Non so come parlargli, me ne accorgo, è frustrante, così gli
chiacchiero del più e del meno. Non è mica bello!
- C’è anche di peggio!…
- Ci sarà di peggio di sicuro, però è triste ‘sta cosa. Credi che lui, anche se ha cent’anni, non
voglia essere felice e gratificato? Che non voglia trascorrere il tempo in compagnia di gente
piacevole e divertente?
- Sei severa la tua parte, lo sai?
- C’ho fatto caso. L’indifferenza è una cosa insidiosa. S’annida e si nasconde ovunque. Si
camuffa al punto che a volte riesci a scambiarla persino per interessamento e premura. Tutti si
preoccupano per lui. Se ne preoccupano ma non se ne occupano. Non so se ho reso l’idea… Leggi
un po’ qui…
- “I vivi ormai più non ti stanno accanto e non ti fanno compagnia”… Ho capito! Allora è stato
il libro a farti fare tutta quest’autocritica.
- No no! Era una cosa che pensavo anche prima di leggerlo. Avevo il negativo della foto. Ora è
sviluppata e stampata. Hai presente?
- Si. È calzante come esempio. Lo leggerò anch’io prima o poi. Torno su a lavorare, è stato un
piacere!…
- Non ci credo, comunque grazie della bugia.
Poesie al telefono
- L’ho letto.
- Piaciuto?
- Di più!
- E quindi?
- Cosa?
- Vorrei i dettagli!
- Che dettagli?
- Oggesù!... Quale ti è piaciuta di più, per esempio.
- Quella che piace anche a te, del muro vecchio…
- “Marzo”.
- Si… Poi quella degli escursionisti…
- E poi?
- Ma non so, son tutte belle!... Particolari!
- Particolari non dice nulla.
- Non saprei. Originali, ecco.
- “Particolari” e “originali” son quasi sinonimi.
- Perché fai il martello?
- Diciamo che sono impegnata in un sondaggio. Dimmi: “Stelle” ti è piaciuta?
- Non ricordo qual è…. Cazzo! Sai tutti i titoli?
- No, non tutti. Comunque è quella che dice “Mi ero scordata di essere niente”… Quella ti
dovrebbe colpire tipo gancio.
- A me in particolare?
- A tutti.
- Senti, non mi piace parlare di poesia con te.
- Sei l’unico al mondo, ma i gusti son gusti. E perché non ti piace?
- Sei dispotica, sei nazista, mi fai sentire uno scemo!…
- Ma il libro ti è piaciuto, ho capito bene?...
- Si, te l’ho detto.
- Allora tranquillo, non sei uno scemo!
- Grazie.
- Prego.
- Scusa, una domanda…
- Dimmi.
- Sei vicina al ciclo?
- Si.
- Ecco, appunto, mi pareva!…
Sor Vanghetti
- “Sguardo di amore”. Perché non c’è l’apostrofo?.... Mi sarebbe suonato meglio con
l’apostrofo.
- Licenza poetica. O magari si riferisce al Dio, quello con l’arco e le frecce.
- Ma allora solo l’iniziale andava maiuscola!
- Sor Vanghetti si lasci un po’ andare!... Son poesie!... Non può leggerle cosi, deve far conto di
prendere un gavettone, deve cadere in un’imboscata! Non so se mi spiego.
- No, non ti spieghi.
- Vediamo un po’…. Come andare sui calcinculo a occhi chiusi!
- Ma che dici?....
- O in discesa senza freni.
- Meglio un gavettone!
- Bene!... Andata per il gavettone. La legge ora la poesia, si o no?
- Vediamo allora… “Tornavamo in silenzio verso casa, la sera estiva, tiepida, violetta”…. Tiepida
e violetta sono proprio due parole adatte per descrivere una sera d’estate…. “accarezzava i monti
e le pinete, rossi bagliori, fuggendo da occidente incendiavano i rami….”
- Allora?.... La vedo pensieroso. Spari!
- Allora questo è un incontro vero, sai?... Secondo me non è inventato, è successo.
- Credo anch’io. Ma lo davo per scontato, in realtà.
- Una volta incontrai una ragazza sul traghetto per il Giglio. Clara! Madonna quanto tempo
che non ci pensavo più!... Assomigliava un po’ a Ava Gardner, portava una camicetta bianca con i
jabot. Mi sembrava sempre sul punto di esplodere quella camicetta!... Era davvero una bella
donna. Ci eravamo guardati a lungo, dapprima nascondendoci, poi sempre più sfacciatamente. Sai,
io avevo venticinque anni e diverse ragazze qua e là, ma una donna che sosteneva così lo sguardo
di un uomo non l’avevo mai incontrata.
Le feci un cenno con la testa. Chapeau, se avessi avuto il cappello. Lei sorrise. Era un sorriso
che diceva “Ma si! La vita è così breve!... non resta altro da fare che afferrare le cose al volo!”. Mi
avvicinai e cominciammo a parlare. Io a quel tempo ero rappresentante e passavo in rassegna
bugigattolo per vendere il più possibile. Dovevo farmi un nome - e poi me lo son fatto! - perciò
anche i miei giorni di ferie diventavano giorni di lavoro. Lei era milanese e la Toscana non l’aveva
mai vista. Così passammo una settimana insieme. Eravamo consapevoli che tutto sarebbe finito lì,
ma stranamente questo non ci portava tristezza, ci siamo divertiti. Lei è stata la prima donna vera
che ho avuto. Aveva dieci anni più di me e non si faceva tutti i problemi delle ragazzette di paese
che incontravo qui. Non sai con quanta tenerezza la ricordo!
- Però era tanto che non le capitava di pensare a lei….
- Davvero tanto.
- Allora non lo dirà più che i libri di poesia non servono a niente!
- Io non ho mai detto una cosa del genere!
- No, infatti. Ha detto: “Che lo compro a fare un libro di poesie!... a me non mi serve davvero!”
- Ma che te registri sempre tutto?
- Se vuole le ridico come ha esordito la prima volta che ha messo piede qui dentro.
- No grazie, sono a posto così.
- Allora lo compra il libro?... Chissà quante altre fiamme le farà tornare alla mente!
- Tanto mi restano giusto i ricordi, ormai!
- Via, non lo dica!…
- Fidati. Se lo dico è perché lo so. O vuoi che ti racconti dettagliatamente della mia prostata?
- No grazie, sono a posto così.
Parenti una volta tanto non serpenti.
- Qualcuno s’è dimenticato il libro sul bancone.
- No, è mio. Vive qui. La tradizione della casa vorrebbe che lo aprissi a caso per vedere che
poesia ti tocca.
- Senti, senti!… Poesia!
- È divertente! Cioè secondo me le persone si divertono. Almeno quelli che non si fanno troppi
problemi coi libri così.
- È di quelli arzigogolati o è facile?
- Si mette in mostra sul banco e si fa sfogliare da tutti. Decisamente un libro facile!
- Effettivamente!... Posso?
- È tutto tuo!
- A caso?
- Come vuoi.
- A caso, allora!... C’è una selva di foglietti.
- Lo so, prima o poi li toglierò.
- “Il richiamo”.
- Ma guarda un po’…
- Cioè?
- Nulla. È bellissima.
- …“Sommesso tra le rocce il vento chiama”… Mi ricorda qualcosa, ma non saprei che cosa… “i
figli di quest’isola son parchi di parole; ma profondo, pieno di anfratti è il cuore “… Parla della
Sardegna di sicuro.
- Visto? Te l’ho detto, è un libro facile.
- Sai, io son diffidente, perché spesso, ti sarà capitato anche a te, nelle poesie non ci si capisce
un’acca.
- Verissimo. Questa signora qui invece ha il dono della limpidezza.
- Ne voglio un’altra!
- Non dire così, mi fai arrossire il libro.
- I libri facili non arrossiscono.
- Che ne sai?! Magari con te è timido e ci vuole andare piano perché crede sia amore vero.
- Si, dicono tutti cosi!... Quando stanno per squagliarsela!
- Come? Ci si mettono anche i libri adesso?
- Libro-o! È maschio!
- No, questo è femmina.
- Maschio!
- Fidati, è femmina!... Stiamo facendo una panzanella di chiacchiere! Leggi!...
- Mi è capitata “Libeccio”.
- Maddài!... È quella che mi metto sempre ultimamente.
- Ah si?...E con che sandali la porti?
- Indovina.
- Dieci con plateau.
- Otto senza, leggi!
- Non a voce alta, però.
- Come vuoi.
- Bella. Qui dove dice “lo sgretolio dell’onda sulla ghiaia”, lo senti come suona?
- Come lo sgretolio che si sente sulla ghiaia.
- Onomatopeico.
- Che bello che sei passata di qui, cugina!
- Che brava questa…. Paola Cannas! Bella poesia. Bellissima. Secondo me è un addio.
- Potrebbe essere.
- Un bacio d’addio.
- Possibile. Non ti pare forte leggere le poesie così?
- Più che altro qui dentro non se l’aspetta nessuno di trovarci un libro. Voglio dire, un libro in
libreria chi lo noterebbe? Invece qui…
- Il principio de “La mucca viola”.
- Che?
- “La mucca viola”. Anche quello è un bel libro. Parla di strategie, di marketing, di quella roba
lì. Ma è un bel libro. E dice che lo stupore di vedere le mucche al pascolo dura pochi secondi, dopo
i quali son solo bestie a toppe su un prato. Certo, se pascolasse una mucca viola, però, la si
noterebbe senz’altro e ci stupirebbe. Le cose devono stare dove non te le aspetti per essere notate.
Siamo assuefatti a tutto, ormai.
- Ho capito. Il fascino dell’inconsueto. Ma quanto leggi, cugina!?
- Sempre troppo poco, cugina!... C’è un fatto. Ora questo libro di poesie te lo compri.
- Per forza? E perché?
- Ci se entrata dentro, come fai a non leggerlo tutto?! Sarebbe come se il principe azzurro,
dopo aver infilato la scarpetta a Cenerentola, fosse andato al bar a vedere la partita sul maxi
schermo.
- Sei frollata nel cervello. Però, non so perché, è un bel paragone.
Confessioni di una bionda, confessioni di una bruna.
Siamo state amiche d’infanzia, vicine di casa, compagne di classe e di giochi.
Non so immaginare due persone più diverse di noi due. Corporatura, colori, modi di fare.
Due vite completamente differenti. Eppure, come vedrete, Paola Cannas amalgama, fonde,
manteca…
- In genere la gente chiude gli occhi e apre il libro, ma si potrebbe anche cambiare sistema.
- Cioè?
- Chiudi gli occhi e fai scorrere l’indice sull’indice, come si faceva con l’atlante di Antonio.
- Già!... Che tempi!... Che gioco idiota!
- Non era idiota!... Usare tutte le cose di tuo fratello mentre lui non c’era ci dava il brivido del
proibito. E piaceva più a te che a me.
- Lascia stare. Ancora mi rinfaccia il modellino della Ferrari!
- Gli hai mai detto di provare a dimenticarlo, diciamo con una donna?
- Ha più donne che capelli in capo, ma ad ogni pranzo di famiglia viene fuori la Ferrari. È un
caso disperato.
- I traumi dell’adolescenza, si sa.
- Dai, allora! Che ci faccio con questo libro?
- Pesca una poesia e vediamo che ti tocca…
- Mi sarebbe finito il dito su “Frammento” e un po’ su “Traversando la pianura padana”. Pagine
27 e 28.
- Allora ne leggi due al prezzo di una.
- “Nei tuoi occhi c’è il mare, verde a volte, di un azzurro intenso quando a mezzogiorno spira il
maestrale.”
- Dì’ la tua…
- Non è che sia un’esperta di poesie… Mi sembra romantica… Forse parla degli occhi di
qualcuno a cui vuole bene, o è innamorata di un uomo con gli occhi azzurri… Senti io mi devo
togliere un gran peso.
- Oggesù!
- Da ragazzina ti invidiavo gli occhi. Ma tanto!
- Tutto qui?... Io avrei ucciso per i tuoi boccoli biondi, giuro. Imploravo che non mi tagliassero
più i capelli. C’è voluta l’insegnante di danza per convincerli a tenermi i capelli lunghi. Pensa un
po’!
- Ma io ti avrei infilzato dalla rabbia che mi facevi! Avevi i capelli scuri e gli occhi chiari, e
quando ti abbronzavi si vedevano da lontano. Io ero sempre bianca come una mozzarella e con
queste cavolo di lentiggini. Mi spellavo il naso a forza di succo di limone per farle sparire… Potevo
almeno avere gli occhi azzurri come tutte le altre bionde?... No. Marroni!
- Che scema!... Io avrei voluto le tue gambe, in pantaloncini stavi benissimo!…
- Questi due cotechini?... Proprio te!... Sei sempre stata secca come un chiodo!
- Zitta!... Ero uguale spiccicata a Olivia di Braccio di Ferro!
- Eri la campionessa di elastico!... Saltavi come una molla!
- Per saltare saltavo, non c’è dubbio. Mentre te, calmissima, facevi strage di cuori. E di quei
ragazzini non ne restava in piedi nemmeno uno.
- Ma no! Figurati!
- Si, invece. Una zuppa di cuoricini sanguinolenti!... Michele!... Maurizio!... Davide!... E poi
quello di Roma che in estate veniva dai nonni.
- Andrea!
- Andrea! Lui era proprio malato grave! Lo riducevi uno straccio. Ogni estate era peggio!
- Ma sono io che ho lo scoop, cara mia! Non indovinerai mai chi aveva una cotta per te, invece!
Mai!
- Braccio di ferro?
- Il mio fratellone…. Quello scemo!
- Dai!... Non ci credo!
- Non ti sei mai accorta di nulla?
- No.
- Gli è passata forse un mesetto fa. Se sa che te l’ho detto mi scuoia!
- Ma piantala!....
- Io la pianto ma era perso. Perso!
- Vabbè! Nella prossima vita cederò al corteggiamento di Antonio.
- Almeno avrà una fidanzata decente!
- Grazie! O forse sarà una catastrofe.
- Perché?
- Boh! A volte decenza e catastrofe son facce della stessa medaglia.
- Non ti seguo.
- Pensieri strampalati. Dai, leggiti l’altra!
- “Ho guardato nel cielo della sera, mentre i campi l’autunno scolorava,”…
- Che ne pensi di questa?
- Ti sembrerà stupido, mi fa pensare alle mie bambine… A una sera che eravamo in macchina
tutti e quattro. Io mi son girata verso i sedili posteriori e loro dormivano. Ho sentito un’angoscia!...
Ho avuto una paura!
- Di che?
- Di non essere all’altezza.
- Credo di afferrare... Per differenza, diciamo, ma ti capisco.
- E mi è venuto spontaneo desiderare per loro una protezione più elevata, più colta, più adatta
di me. Qualcuno che le coprisse davvero con un’ala enorme per sistemare le cose dove io non
arrivo. Un angelo custode, ecco, un’intelligenza superiore. Per fugare le ombre, come dice qui, “le
ombre della notte”.
- Senti, io di come si fa la mamma non me ne intendo, ma credo che le persone più intelligenti
siano quelle che hanno dubbi. E paure.
- Dici?... Ma loro due hanno bisogno di certezze, di una guida. Coi dubbi e le paure ottieni poco,
sai?
- Coi dubbi ottieni di domandarti cos’è meglio per loro, fai un passettino alla volta. Chi va
molto spedito in genere picchia delle gran bronciate in terra!
- Sarà!... Non sai quanto sono stata male quella sera. E il giorno dopo!
- Di’ un po’… Te la ricordi quella bambina che abitava nella casa sulla curva?
- Si. Il nome no.
- Nemmeno io. Aveva un musino a topino, era timidissima, non parlava, non si muoveva, per
giocare doveva prendere coraggio, aveva paura di tutto e di tutti. Era così o no?
- Eccome!... Ogni due per tre frignava!
- Appunto. La mamma?... Te la ricordi la sua mamma?... Era un donnone con la fronte bassa e
tutta la via la prendeva per il culo perché ogni discorso che cominciava lo cominciava dicendo
“Non per vantarmi, ma io non sbaglio mai!”. Secondo i tuoi calcoli quella ragazzetta doveva avere
come guida la madre perfetta, eppure era impaurita fissa, un’imbranata totale!…. Non puoi dire
che quel mostro di donna infondesse sicurezza, o fosse utile. Casomai il contrario.
- Se la metti così!…
- Forse non la so mettere che così. Forse son la meno adatta a trattare l’argomento…
- Non direi!...
- Boh! Lo sai quant’è facile fare il finocchio col culo di un altro! Dai che abbiamo divagato
parecchio! Dimmi allora!... Queste poesie?....
- Mah! Il libro è piccino, ma se da ogni pagina vien fuori un’ora di chiacchiere!… Comunque
son belle. Per quello che posso capire io, son belle.
- Vedrai, vedrai! Te compralo e vedrai. Diventerà una droga. Gli fai una copertina con un
foglio A4 e ci scrivi sopra “Manuale in versi della mamma perfettibile”. E poi lo cacci in borsa per
dépannage.
- Perfetta no?
- Perfetta è una noia. E ti verrebbe subito la fronte bassa.
- Mi mancherebbe giusto quella!...
Capatosta.
Capatosta! Ho risentito quest’espressione dopo tanto tempo, quando quel vostro amico me
l’ha venduta come complimento.
L’ho girata appena ho potuto, perché dalle mie parti c’era un ciuchino - spassosissimo
quadrupede, per carità! - che si chiamava così e il mio ego ne soffriva immensamente.
Così ho battezzato capatosta un cliente recentemente acquisito. Ha una matassa rasta in capo
e studia da avvocato. Lo chiamo capatosta perché dice che diventerà un avvocatone senza bisogno
di tagliarsi i capelli e senza espatriare. E perché per studiare s’arrabatta e fa ogni genere di lavoro
che gli capita a tiro. Dalle onoranze funebri alla pizza. È determinato. Nido di rondine in testa o
meno, lui farà carriera. Me lo sento.
Il mio giovin cliente aveva un problema: scegliere un regalo di compleanno per la ragazza che
gli piace.
Capita che anche i più tosti affoghino in un bicchier d’acqua. Trattandosi di roba di donne è
anche capibile.
Coraggio, spremetevi le meningi!... Cosa avrò mai consigliato ad un uomo destinato al
successo?
- Mi serve una dritta!
- Spara!
- Ho il compleanno di un’amica, mi ha invitato alla cena che ha organizzato. Che gli regalo?
- La conosci bene?... Ha qualche passione in particolare?
- Non la conosco benissimo. Suonava il piano… So che le piace correre… Ha un cane.
- Andiamo per esclusione. Un no deciso per abbigliamento e affini, profumeria e bijoux. Niente
oggettistica tipo cornice portafoto buffa o gadget colorato inutile.
- Hai cassato tutti i negozi del centro.
- Naaa!… Son rimasti fuori quelli di mutande coi fiocchi. Ma le mutande le scarterei. Studia o
lavora?
- Studia e lavora.
- Una capatosta come te!... Siete rari come i quadrifogli, bambini miei!
- Lei è più capatosta di me, però!... Vedessi che tipo!...
- Studia per?
- Dentista. Farà la dentista. Sogna medici senza frontiere. Vuol curare le zanne a tutto il
mondo. È una di classe. Però grintosa, non la porta in punta di forchetta, non so se mi spiego.
- Di’ un po’…
- Eh!...
- Hai mica una cotta?
- Mah!... Sai, è un bel tipo davvero! Colpisce.
- Si o no?
- Che palle! Si vede così tanto?...
- No, non si vede per niente! Basta che non ne parli e nessuno se ne accorge. Idea! Compra dei
biglietti per un concerto e portala fuori!
- E se mi rimbalza?
- Come ti rimbalza!?... Ma lei che segnali ti lancia? Che capti quando gli giri intorno?
- Boh!... Senza offesa, le donne sono strane a volte. Lei mi pare, non so, distratta dalle cose che
ha per la testa.
- Nessuna offesa. Se è distratta allora rimane un solo regalo possibile. Questo!
- Un libro?
- Poesie. Fatte a forma di libro, d’accordo, ma son poesie.
- Non lo so. Dici?
- Dico. Tieni, apri a pagina 43.
- “Vanità. Un tremulo filo di erba, un ricciolo d’oro di bimbo, la piuma di un bianco colombo…”
- Avvocato?...
- Cazzuta come poesia, severa. Bella.
- Io la sento anche ironica, forse un po’ amara. Ma è una linguaccia, in fondo. Un marameo,
uno sfottò.
- E secondo te va bene?
- Se lei è davvero come dici, è il suo libro.
- Metti il caso non gli piaccia leggere poesie.
- Queste le piaceranno. Hanno un valore aggiunto.
- Cioè?
- Te lo dico dopo. Leggi. Questa è la mia preferita. Scommetto che le somiglia anche un po’.
- “La vidi sul metrò con gli occhi da gazzella, una ragazza dolce, una ragazza snella…..”
- Ti sei convinto?
- Belle son belle! Almeno queste due!... E anche la copertina è bella. E secondo te va bene
davvero?
- E dai! La tua diffidenza mi sconvolge!... Altroché se va bene!... Scrivigli un biglietto e mettici
il riferimento a questo sito qui, è importante. Le piacerà, le strapiacerà!
- Un sito?... che sito?
- Il valore aggiunto. È scritto qui. Indaga, avvocato, indaga. Visitalo, leggi con attenzione e poi
mi dici. O devo fare tutto io!?
- Vabbè. Io indago. Casomai un piano B?
- Una crema solare.
- Dai!... Come una crema solare?
- Visto? È troppo meglio il libro!
Presto, Messer Vichi, ci saranno due giovani capatosta innamorati di Paola Cannas. Me lo
sento.
Cocorito detto Coco, come Chanel.
Prima di Pranzo. (Battibecco e turpiloquio per introdurvi i soggetti)
- Che libro è?
- Poesia da banco!
- Sempre la solita!
- In che senso?
- Con le tue rispostine!
- … Alle tue domandine!
- Le mie domandine sono normali.
- Anche le mie rispostine!
- No davvero!
- Invece si.
- Perché allora poesia da banco?
- Perché non serve la ricetta!
- Ci son libri per cui serve la ricetta?
- Quelli che leggi te, caro. Serve un buon farmaco contro l’orchite per finirli.
- Chissà quelli che leggi te!
- Io leggo cose bellissime, geniali, cose da me.
- Sei pesante. Supponente. Solo perché per caso t’hanno regalato un libro di poesie ti senti
subito sticazzi.
- E parecchio. E me lo son comprato. È un punto di forza, sai?… Avere un idea talmente
brillante da far inacidire un anarco-visagista-gay-isterico come te!
- Che idea?
- Tenere un libro di poesie sul bancone, sciocchina!... Ti sarebbe piaciuto pensarci per primo,
invece…
- E cosa te ne fai lì sul bancone?
- Somministrazione di sostanze legali, caro il mio Gil Cagné!
- Non ti reggo!
- Lo so. Ma siccome oggi pago io, verrai a pranzo con me e sarai carinissimo. Vero?
- Sei truccata da schifo.
- Ho lanciato in aria il fard e me lo son fatto cadere in faccia in ordine sparso per farti dispetto.
- Hai le doppie punte.
- Sei calvo.
- Il tuo gloss è di un colore volgarissimo.
- È per mandarti affanculo meglio, cappuccetto rosso!
Dopo pranzo.
Ve la faccio breve, Messer Vichi. Al rientro dal pranzo Coco mi voleva truccare. Voleva farmi
gli smokey eyes. Sono gli occhi nerissimi che vanno di moda adesso. Ma ho detto no. Avrei finito
per somigliare a Rosa, quando, dopo secoli di snervanti preparativi, la fate uscire di casa al braccio
di Bordelli e dite di lei che ha gli occhi tumefatti di trucco. Credo sia ne “La forza del destino”. O
forse era “Morte a Firenze”?
Ho proposto, In luogo del trucco pesante, di prendere caffè e macarons farciti in pasticceria e
di starcene lì, nel negozio ancora chiuso, come due Marie Antoniette, a leggere le poesie di vostra
madre.
Perciò, in posa plastica e con i macarons farciti, ecco finalmente la poesia.
- Tieni. Apri il libro a caso e leggi.
- Io?
- Dai, non essere timido!
- Non così. Voglio scegliere il titolo che mi piace di più!…
- Come preferisci.
- “Notte di gelo”. Non so perché, ma mi piace.
- Vedrai!
- Cosa?
- Vedrai!
Ha letto la poesia mordendosi l’interno di una guancia, come fa quando è pensieroso.
- Esprimiti…
- È triste. Di una tristezza assoluta.
- Il mitico giurava di sentire anche freddo…
- Il freddo è il meno. Sembra un sabato sera dei miei, di quando ero giovane. Quelli passati in
compagnia dei finocchi clandestini più grandi di me che avevano solide esistenze da etero. Lo sai
che una volta mi sono innamorato di un tizio così e lo volevo redimere? Speravo avrebbe lasciato
la sua vita finta per stare con me. Sbagliato! Ci appartavamo in macchina di notte. E basta. La mia
vita con lui era quella. Almeno non m’avesse illuso!… Ho perso tre anni dietro a quello stronzo che
prometteva, prometteva e poi non aveva mai il coraggio di uscire allo scoperto.
- Sarà stata dura.
- Ti dico direttamente come finì, così ti fai un’idea del tipo. Una domenica mattina lo incontrai
in pasticceria, era con tutta la famigliola tirata a lucido. Io invece ero insieme a Grazia, la mia amica
di Torino. Ci trovammo vicini alla cassa, io e lui, e così gli dissi ciao. Solo ciao. Poi mi girai a parlare
con la mia amica. Non volevo mica fare casino o metterlo in imbarazzo, io gli volevo bene davvero.
Quando ci incontrammo di nuovo, il sabato successivo, era arrabbiato forte. Mi portò nel solito
boschetto. Litigammo e forse un po’ esagerai con le parole. Gesummio! Mi massacrò di botte.
- Perché gli avevi detto ciao la domenica prima?...
- Aspetta, non è tutto. A un certo punto tirò fuori uno sfollagente dalla bauliera e con quello
minacciò di farmi cose terribili. Cose da serial killer omofobo, torturatore di finocchi. Non farmi
scendere in dettagli, ti prego. Piangevo a dirotto più per la rabbia di sentirmi dire quelle cose che
per il dolore delle botte. Mi diceva di chetarmi, di non frignare e mi prese per il collo. Che paura!
Gli diedi un calcio nelle palle e scappai sdrucito e sanguinante. Eravamo sotto Natale, era un
freddo becco, il mio giubbotto era rimasto in macchina dello stronzo, mi si congelava perfino il
sangue dal naso.
- Coco, mi dispiace!…
- La vita dei giovani finocchi più o meno è sempre questa. Vedi? È qui che mi ha fatto
rabbrividire, quando fa: “La brezza notturna sfiorava il mio viso con mano di gelo. Io non volevo. Il
mio amore morire, così. In una notte di gelo. Io non volevo”… Mi ricordo che singhiozzavo di rabbia
e umiliazione, proprio come un finocchio da commedia. Uguale. E pensavo non è possibile non è
possibile, mentre correvo per tornare alla mia macchina. Tutta a piedi me la son fatta per colpa di
quel fottuto stronzo! Lo vedi il segno qui sotto il mento?... Sembra una virgola.
- Te l’ha lasciato lui?
- Col Rolex, però. È di quelle cicatrici da sfoggiare a Forte dei Marmi.
- Scemo!
- Comunque è bravissima questa poetessa. Immediata e cruda. O forse sono crudi solo i miei
ricordi che si sovrappongono a quello che ha scritto lei.
- L’hai più rivisto?
- Certo!... In rosticceria, alla stazione, al supermercato!… E tutte le volte che posso gli dico ciao
per fargli paura. Un po’ d’inferno a me e un po’ a lui, come due bravi innamorati.
Un veterinario.
CRUSCHELLO & TORMENTO
Filippo non ha sorriso un granché, magari è colpa mia che non ci so fare coi ragazzini.
È serio.
Composto.
Curioso.
Intelligentissimo, secondo me.
Però anche tanto triste. È un peccato essere tristi a otto anni.
Ha riso un po’ mentre guardava le fotografie degli animali su internet. Farà davvero il
veterinario.
Forse diventerà uno di quelli a cui vanno più a genio le bestie dei cristiani.
Mi è stato simpatico da subito, è un deciso. Capelli a spazzola e ginocchio sbucciato.
- Mamma ha detto che posso stare qui….
- Davvero? E chi è la tua mamma?
- Laura. Si sta facendo i capelli.
- Qui di fronte?
- Si. Ma io non ci voglio stare lì.
- Perché?
- Mi vengono gli starnuti.
- Forse è un posto un po’ troppo profumato per te. Sei allergico?
- Boh!... Mi vengono sempre gli starnuti.
- Vediamo un po’ se mi torna in mente chi è questa mamma che si chiama Laura…
- È bionda. Deve venire qui dopo per prendere i vestiti per partire per il mare…
- Ho capito! Ci sono!... Capito chi è!
- Ha detto che posso stare qui.
- Per me va bene. Come ti chiami?
- Filippo.
- È un bel nome… Ha un bel significato, vuol dire che sei amante dei cavalli.
- No. Gli iguana. Mi piacciono tutti i rettili. Vorrei che mi comprassero un iguana. Ho un pesce
rosso ma muore sempre.
- Io invece, guarda caso, ho proprio due cavalli. E un cane. Ma vorrei una scimmietta.
- Io farò il veterinario che salva la vita ai rettili.
- Quanti anni hai?
- Otto.
- Ti piacciono le poesie?
- Insomma…
- Dentro questo libro ce n’è una che parla di due caprette, la vuoi leggere?
- Boh!
- Poi mi dici se ti piace o no.
- Boh!... Va bene. Tutta questa?
- Si, tutta questa. Non è lunghissima.
- Com’ è fatta una capretta tibetana?
- Leggi. Mentre leggi ti cerco la foto su internet…
- Ho finito.
- Gira qui dietro, vieni a vedere le foto che ho trovato….
- Queste qui nel prato!…
- Son bianche e nere come quelle della poesia, vero? A proposito, come ti è sembrata?
- Ci sono due parole che non so.
- Questo è un bel problema. Quali?
- Cru… cruschello e tormento.
- Il cruschello si usa per nutrire gli animali. Hai presente il grano no?... Col grano si fa la farina,
ma non si usa tutto il chicco. Quello che non diventa farina diventa crusca. All’incirca è così. Se
però vuoi più dettagli bisogna prendere informazioni precise. Tormento. Poniamo che stamattina
hai fatto il compito in classe e non sai se è andato bene o è andato male e ci pensi di continuo. Quel
dubbio lì è un dubbio che ti tormenta. Non so se son riuscita a spiegarmi….
- Un po’.
- Menomale!
- Tibetane che vuol dire?
- Che vengono dal Tibet, dall’Asia. Ma la poesia ti è piaciuta?
- Si. Anche quella accanto.
- Hai letto il cinesino! Bravo!... È carina!
- Si. Solo che se quello lì è un cinese vero, i capelli devono essere veri. Se sono attaccati al
cappello è solo uno mascherato da cinese.
- Hai ragionissima, non ci avevo pensato.
Paola Cannas sul biglietto.
Eliana mi ha portato a lavare il suo tailleur blu, è invitata ad un matrimonio. Suo zio
settantenne si sposa con una signora che ha conosciuto al corso d’inglese. Eliana dice che non è
un matrimonio di quelli che a volte si vedono in giro, uno di comodo, per farsi compagnia se le
cose si mettono male, ma un grande amore.
- Dovresti vederli! Occhi negli occhi, mano nella mano. Uno spettacolo. E quanto ridono! Io
me l’ero persino scordato che un uomo può anche farti ridere!
- L’amore, Eli, l’amore!... O forse c’è di più, forse sono amici.
- Son complici, hanno mille progetti, vogliono viaggiare.
- Esattamente come dovrebbe essere. Che gli hai regalato?
- Un altro corso d’inglese. Così passano al livello “intermediate”.
- Sei fusa.
- A proposito di gente fusa… Mi volevo consultare con te su cosa scrivergli nel biglietto
d’auguri. Non voglio essere banale, è il mio zio preferito.
- Per una volta potresti mancare alla regola della segretezza e usare una cosa scritta da te.
- C’ho pensato. Ma io non ho niente di adatto al momento e poi non so se mi va. Invece quel
libriccino che m’hai fatto comprare… Quello ha qualcosa di adatto di sicuro. C’era amore
dappertutto e c’era quella poesia che ti piaceva tanto…
- Tante di quelle poesie mi piacciono tanto!
- Si ma quella dell’albero che accarezza il muro… Non era tra le tue preferite?
- “Marzo”. Si, è una delle più belle, secondo me.
- Appunto. Che ne dici?... Mi sembra appropriata a due innamorati, no?
- Non so, Eli. Non li conosco gli sposi. Secondo te possono apprezzarla e trovarla bella?
- Credo di si. In fondo son due persone che hanno avuto le loro batoste in passato… È che ora,
all’improvviso, è arrivata questa primavera che ha portato gioia a tutti e due… Sai, l’idea di una
vita tutta nuova, dell’albero fiorito…
- Che “con pietose dita, lieve accarezza le remote piaghe”. È vero, è indicata.
- Ma guarda che brava scolara!.... L’hai imparata a memoria?
- Leggi e rileggi qualcosa ti rimane appiccicato per forza.
- Senti, io ho deciso!... Secondo me è quella giusta.
- Magari aggiungi qualcosa di scherzoso, anche.
- Gli scriverò che il muro scalcinato rappresenta il mio vecchio zio testone. “Sei più duro dei
muri!”… È tutta la vita che se lo sente dire!
L’imbonitrice.
(Auto sfottò)
Con calma, gente mia, che non c’è fretta!
È questa la più buona dell’essenze,
lo dice già da sé la scienza tutta,
non ha collaterali né avvertenze.
Vi offro oggi un cibo portentoso,
la panacea di tutti i vostri mali,
può rendere assolato un dì piovoso
e usato come ombrello non ha eguali.
Vi vado ad elencare sua prestanza,
in modo che voi siate persuasi:
può accendere la luce in una stanza,
può far sbocciare fiori dentro ai vasi,
sa far brillar gli argenti della zia,
e rende invero bianchi i vostri denti,
può farvi vincere alla lotteria,
e ti fa udire ben se non ci senti,
gli riesce far di lana gran matasse,
e gli spaghetti cuoce al punto giusto,
può far sembrare alte quelle basse,
e farle fidanzare con un fusto.
Credete pure a me che l’ho provato!
Tre dosi al dì saranno sufficienti,
anche il telegiornal l’ha mentovato
intra i “risolvitutto” più possenti.
Esiste un solo ed unico formato:
la bella confezione blu oltremare,
il suo sapor delizierà il palato,
l’antica foga vi saprà ridare.
“Mi dica, quanto è grande il misurino?”
“Lo trovo anche in pasticche o sol sciroppo?”
“Ce n’è aromatizzato al mandarino?”
“Io ne vorrei sei litri! O forse è troppo?”
Comprendo allor che vi ho davver confusi!
Ma no!... C’è un qui pro quo! Per cortesia!
È si un medicinal per tutti gli usi,
ma è Paola Cannas, fatto di poesia.
Eva
I commenti dei lettori
Ciao Marco,
continuo a pensare che tutta la storia delle poesie di tua madre sia meravigliosa. Il fatto che
le sue parole abbiano risonanza nei cuori di altri è davvero commovente come hai scritto. Io tengo
il libro sempre in borsa ormai! E lo sto condividendo un po'.
Vorrei raccontarti un episodio avvenuto proprio questa mattina.
Ero in treno verso Roma insieme ad una coppia di amici che viaggia spesso con me. Di solito
chiacchieriamo e ridiamo per tutto il viaggio. Oggi invece ho tirato fuori un libro da leggere e la
mia amica ha detto:
"Vedi Ornella, legge tanto. Ma come ci riesci? Io sul treno dormo o parlo con qualcuno e la
sera non riesco a leggere più di due righe."
E io: "Ah, oggi poi ho più di un libro, ho anche questo" e tiro fuori Respiri e sospiri.
Il mio amico viene attratto dalla copertina che gli ricorda la grande onda di Hokusai!
"Sono poesie... io con le poesie non ci faccio tanto" fa la mia amica
"Dai, leggine una" dice lui. Apro a caso e leggiamo Giugno.
"Bella, è semplice, la capisco. Giugno ci piace!"
"Ne leggiamo un'altra allora! Dai vi leggo la prima, il titolo è Gli Amici" azzardo a dire visto
che ormai mi sembrano interessati.
"Sì sì, leggiamola insieme Fabio" dice Manuela. La leggono insieme sussurrando le parole,
lentamente, quasi masticandole per comprenderle. Alla parola "morti" una lunga pausa, come di
sorpresa, come se non si aspettassero quel finale. Poi la chiusura e uno sguardo d'intesa tra loro
che intuiscono ciascuno i pensieri dell'altro.
"È bella, è vera" e cala un po' di malinconia, è inevitabile pensare a chi non c'è più.
Segue Notte di gelo.
"Ma come fa? Lo vedi, con delle parole così semplici ha scritto una poesia bellissima. Hai letto
fino in fondo Fabio? Finisce nell'altra pagina! Io non sarei mai capace di scrivere così! "
"Ma chi è l'autore?" chiede Fabio e gli mostro di nuovo la copertina
"Paola Cannas... Non la conosco"
E così, racconto loro la storia del libro, ne rimangono incantati.
E così, leggendo le poesie di Paola Cannas una mattina di Febbraio, su un treno locale per
Roma, arriviamo a destinazione leggeri e sereni pronti per una giornata di lavoro.
Ornella
***
Caro Marco,
le poesie di tua mamma sono una sorpresa. Dopo aver letto e ascoltato Gli amici (senza dubbio
tra le più belle), sono andata avanti stupita di trovarne altre della stessa intensità. Potrei dire
valore, pur non essendo in grado di giudicare una poesia, perché mi hanno colpito. Ed è questo
che conta per me, al di là delle valutazioni tecniche. Ci sono alcuni passaggi bellissimi. “Sogni nati
al mattino/a sera morti “(L'albero tagliato), “mi ero scordata di essere niente”(Stelle), “solitudine
che è come una preghiera” (Deserto), l'ultima parte de La rosa dei deserti... e la capacità di fissare
le mille sfaccettature di un istante (Sguardo d'amore), raccontare il mondo che va avanti sempre
e comunque (Notte di gelo, Autunno in toscana), la forza e la tenerezza dell'albero di marzo, il
richiamo viscerale della Sardegna, l'allegria delle poesie per i suoi bambini e la curiosità di lei,
bambina. Non so come spiegare... ma è strano, no?, che una mamma possa coltivare dentro di sé
un universo come questo, vivere emozioni profondissime senza che nessuno intorno a lei si
accorga, e trasferirle, conservarle con semplicità, e modestia, in un taccuino. Forse i poeti sono
proprio così, o forse lei appartiene a quella generazione che non nascerà mai più, ma che continua
a esistere per noi fortunati che l'abbiamo conosciuta, e a farci da guida.
Baci
Alberta
***
Caro Marco,
in questi giorni sono stata fuori, rientro oggi e stavo iniziando a scriverti le impressioni
ricevute dalla lettura delle poesie di tua mamma, quando ho letto sul tuo sito le parole con le quali
hai dato la notizia della sua scomparsa. Forse ti farà piacere lo stesso sapere che ho apprezzato
nei suoi versi la sensibilità del suo animo, il suo stile chiaro e la profondità dei sentimenti, espressi
a volte con immagini veramente toccanti, ma anche le poesie dedicate ai suoi figli, frammenti di
vita familiare, che danno bene il senso profondo della maternità e dell’intenso amore che ha avuto
per la famiglia. Una donna di grande sensibilità. Mi dispiace molto Marco… cosa dire… che per lei
terra sit levis.
Ti abbraccio,
Angela
***
Prima ti dico la mia, poi leggo l'articolo.
Vedrai che questa mail ti piacerà poco. Sarà di certo troppo lunga per i tuoi gusti. Troppi
aggettivi e troppa invadenza. Ho letto e riletto le poesie di tua madre. Sono belle, sono nude, sono
struccate e non so decidere quale mi piace di più.
A libro chiuso e occhi chiusi mi lancerei su Semplicità, Vanità e La ragazza del metrò. Ma amo
Stelle, Conosci te stesso e Chi sono? Però sono dichiarazioni labili perché il libro è già tutto
tempestato di post it, come succede ai tuoi, e forse domani avrò cambiato poesie preferite.
Quasi ogni pagina ha un intarsio acutissimo e profondo. Vero. Nato da un grande spirito
d’osservazione.
Credo che le poesie non offrano mai un valido nascondiglio, anzi. Chi legge viene spesso
spogliato di tutti i fronzoli e chi scrive si rivela anche se non vuole. L’ho sempre pensato pur non
essendo una grande esperta.
Perciò senza il tuo permesso mi sono fatta un’idea di come fosse la tua mamma. E senza
permesso te lo dico. Ho l’idea che fosse diretta e allegra. Limpida, direi. Il tipo che fa le cose con
naturalezza e convinzione. Una leonessa. Leggermente scomoda, come tutte le donne intelligenti
e impegnative.
Il suo libro lo tengo sul bancone, se non ti spiace, accanto al porta scotch. Così com’è, carico
di bigliettini gialli che spuntano dalle pagine. Lo faccio perché mi chiedano che libro è.
La pagina su di te è fantastica. Tu, sempre in giro a dire alle persone che devono pubblicare
ciò che hanno scritto. Troppo forte. E – non m’interessa la tua versione dei fatti – ho deciso che
quello con le giornate che ricordano marzo e la marmellata spiaccicata ovunque sei tu.
Bello che lei sia stata accostata a Rodari, lieve e tenace, sognante e ottimista come le favole al
telefono.
Io che sono una pazza visionaria penso le sue poesie come disegni di Folon.
Adesso leggo l'articolo. Sei un tipo in gamba. Magari proprio grazie a lei.
Eva
***
Ciao Marco,
non metterò mai insieme due versi in tutta la mia vita, ma questi mi appartengono.
Credo di averli "scritti" e pensati centinaia di volte, solo che, non avrei mai saputo accostare
in questo modo le "parole".
"Tanto tempo che non vedevo le stelle.
Mi ero scordata di essere niente..."
Questa sono io, ora, dipinta con due pennellate.
E non solo. Mi sono ritrovata nei gesti quotidiani fatti con gioia o con fatica.
Posso ricomporre pezzi di me attraverso certi versi, passaggi.
Anche mio figlio di 15 anni ha divorato il libro di tua mamma, fa la prima liceo linguistico e
scrive molto meglio di me. A cena stasera mi ha detto di aver già vissuto incontri fortuiti, di un
attimo, che gli hanno lasciato un segno, ma non se ne era mai reso conto. Doni inaspettati. Ma
come "dirlo"?
Che bellezza: di voce in voce, di verso in verso, di filo in filo. Qualsiasi cosa bella che crei
un'occasione per fermarsi è preziosa.
La sua preferita è Semplicità, mi è sembrato strano per un quindicenne. Per lui "la calza già
avviata" è un progetto di vita portato a compimento. Mi è piaciuta la sua interpretazione.
E così stasera eravamo davanti a un focolare...
Alessandra
***
Ciao Marco,
voglio dirti che ho comprato il libro di poesie della tua mamma e che ho passato il pomeriggio
di pioggia della domenica a leggerlo. Quello che dici è vero, le sue poesie colpiscono per la
semplicità e la profondità nello stesso tempo. A volte, sembra che guardi il mondo con gli occhi
incantati di un pittore naif e il verso è fresco, a volte il verso è forte ma pur sempre misurato e
anche le emozioni più profonde sono sempre espresse in modo pacato, come sa farlo solo chi ha
avuto la grazia di accettare la vita ed il suo evolversi con serena saggezza e purezza di cuore.
Purtroppo la quotidianità e il ruolo che una mamma ricopre nella famiglia impediscono ai figli di
vederla come un essere umano, con sentimenti, emozioni, anche debolezze proprie; la mamma è
il perno intorno al quale gira il nostro mondo di bambini, e noi ci lasciamo spingere come su di
una giostra. Guardiamo il cavallo avanti a noi e non badiamo alla mano che ci sostiene da dietro,
perché sappiamo che è lì, pronta a prenderci se rischiamo di cadere. Noi conosciamo lei come
un’entità, una presenza sicura e non vediamo che è anche una persona speciale...
Mia nuora ha perso la mamma da poco ed è rimasta colpita dalla poesia Gli amici. L'ha
stampata e ritagliata e l'ha messa nella cornice con la foto della mamma che tiene vicino al letto.
Mi confortano le sue parole – ha detto –. Lei ha saputo esternare con semplicità quelle che sono le
mie speranze...
Conosci te stesso e La rosa dei deserti sono tra quelle poesie che mi hanno toccato in
particolare, ma tutte hanno una loro impronta, versi in cui la poesia si fa veramente poesia o
l'emozione di un sentimento si offre a chi legge, pudico nel dolore e leggero nella gioia.
Grazie per avermi segnalato questo libro, Marco. E auguri
Un caro saluto e buon lavoro
Sandra
***
Caro Marco,
ho da poco scoperto che l'autrice del libro di poesie Respiri e sospiri, è sua madre. Non sono
mai stata un'amante della poesia, tranne in alcuni casi. Ho letto quella di sua madre, pubblicata
sul suo sito, in un momento particolarmente doloroso. La bellezza di quei versi mi avevano
suscitato un dolore ancora più acuto. Ogni tanto vado a rileggerli, proprio come fa la lingua
quando continua a battere sul dente che duole.
Maria Dorina
***
Caro Marco,
non ti nascondo che mi accosto sempre con diffidenza a un libro di poesie. Ce ne sono troppi
che non sono altro che un'accozzaglia di parole senza significato. Non è il caso di Respiri e sospiri.
Sono poesie, come dici tu, bellissime, in cui mi sono spesso ritrovato. Nelle immagini del mare,
che io, da buon livornese (anche se nato in Piemonte) amo come tua mamma amava, come nei
sentimenti di amore profondo per gli uomini e per il creato che prorompe dalle sue parole. Non
te lo dico per piaggeria, ma di rado ho letto poesie così vere e così chiare, così piacevoli a leggere
e rileggere.
Piercarlo
***
Di certo ero già predisposta ma non nego che mi sono commossa leggendo la pagina del tuo
sito. La storia del libro è una storia d'Amore. Sei molto tenero come m’immagino che tua mamma
lo fosse, dalle cose che so e che leggo doveva essere una donna molto delicata, la immagino come
discreta, forse un po' timida (come a volte puoi sembrarlo tu) e magari un po' schiva eppure dolce.
Dalle poesie emerge la sua dolcezza e anche la sua malinconia. Chissà perché spesso i due
sentimenti vanno a braccetto. È molto bella e in poche righe hai dato tante sfumature del vostro
legame, dell'affetto e della fatica che forse provi ora che non c'è. Hai scelto una strada generosa
per dare senso al tutto, al ricordo che hai di lei e al gesto altruista con cui lei lascia la sua impronta
fra noi umani in terra.
Sara
***
Ciao Marco,
grazie per avermi indicato il sito dove ho letto tutte le belle cose che scrivi di tua madre. A
vederla in fotografia doveva essere... una ragazzina con gli occhi attenti e curiosi e una donna forte
e generosa. Ho anche ascoltato la poesia e mi è piaciuta tantissimo... appena possibile compro il
libro e così leggerò anche le altre che saranno profonde e commoventi senza dubbio come Gli
amici...ma forse anche di più!!!
Anna Maria
***
Ciao,
ho letto le poesie di tua Mamma: sono belle; la cosa che mi colpisce è la semplicità, l'efficacia
e l'immediatezza con cui riesce a fotografare e trasmettere le sue emozioni / pensieri / stati
d'animo.
Roberto
***
Marco,
Respiri e sospiri ha rappresentato, per me, una presa di coscienza, un'esperienza così intima
e profonda da risultare quasi imbarazzante. Dentro questi versi non c'è alcun luogo per
nascondersi, c'è posto solo per la pura essenza delle cose. Cogliere l'emozione, l'energia che
scaturisce da un istante, trattenerla su un foglio ed essere capaci di trasmetterla ad altri con poche
e semplici parole. Io non so molto di poesia ma i versi di Gli amici, Notte di gelo, Speranze,
Sardegna, Il richiamo e soprattutto Chi sono? scavalcano muri, abbattono difese e arrivano là dove
non sempre vorremmo arrivare. Non le chiedo, e mai mi permetterei di farlo, cosa ha provato
quando le ha lette per la prima volta, ma penso che se fossi stata al suo posto ne sarei rimasta
profondamente colpita.
Sandra
***
Grazie Marco del bel regalo che mi ha fatto. La poesia di tua madre è forte, profonda e vera.
Mi ha ricordato Caproni, con la poesia Preghiera dedicata alla madre e altre sue composizioni. Nei
versi di tua madre c'è qualcosa di tagliente che ti entra dentro in verticale, e ho avuto
l'impressione che avesse capito tutto, il mistero che abbiamo attorno, e guardasse a tutto questo
non più con gli occhi del corpo ma con quelli dell'anima. Tua madre ti resterà sempre vicina, anche
se impalpabile. Uscito dal corpo, il nostro spirito acquista libertà e autonomia.
Vincenzo
***
Cara signora Paola,
io non l’ho mai conosciuta, se non attraverso le parole di Marco, suo figlio. A volte si provano
delle simpatie istintive per delle persone che non vedremo mai in vita nostra. Non credo che il
contatto fisico sia indispensabile, per avvertire la dolcezza e la sensibilità di un individuo. Non ha
importanza se, a questa persona, noi non stringeremo mai la mano e non potremo guardarla negli
occhi. La vicinanza, la sintonia, l’affinità sono sensazioni di difficile e facilissima definizione,
perché partono dal cuore. Che una persona sia buona, altruista, tenera, lo si può capire al volo,
senza tanti fronzoli e giri di parole.
Per questa simpatia spontanea che è scaturita nei suoi confronti d’istinto, senza bisogno di
presentazioni, volevo dirle che ho apprezzato tantissimo le sue poesie, raccolte in quel bellissimo
libretto pubblicato di recente, Respiri e sospiri, che ho trovato “pieno di stelle”, perché, appena
leggevo una sua lirica, vedevo accendersi una nuova stella, piena di vita e amore, amore per la
vita, amore per il prossimo, amore per la natura.
Solo materialmente lei se n’è andata e il suo corpo mortale si è allontanato da questo mondo,
ma di lei rimane tutto sulla terra, nel cuore di chi l’ha amata, nel soffio del vento, nel raggio del
sole e in questa pioggia che oggi cade inclemente. Piange anche il cielo, signora Paola, perché lei
in cielo è salita e da lassù sorride e continuerà ad amare chi le ha voluto bene.
Mi perdoni se mi sono permessa di rivolgerle queste parole con tono confidenziale e
affettuoso, ma non potevo non dedicare poche parole sincere a chi ha amato tanto le parole.
Un abbraccio a lei, che vola lassù leggera in una nuvola di profumo…
Con tanta stima
Maria
***
Ciao Marco,
se mi posso permettere vorrei salutare la tua mamma con dei versi che ho pensato nel
momento stesso in cui ho saputo della sua scomparsa, e quando, attraverso l'articolo sotto la
copertina, ho capito chi fosse l'autrice di quelle semplici e profondissime parole.
"Il colore del mare nutre la speranza e affama il dolore, così come la rosa perde petali ma non
il colore. Osserva il tuo viso, vagante, alla ricerca di un perché, sei tu che muovi i passi dentro di
te. Non andare oltre, non scavare fino in fondo, sì, è il sorriso di una mamma che tiene il mondo."
Antonello
***
Ho trascorso questo pomeriggio di sole con le poesie di tua mamma... Mi hai fatto il regalo più
bello... Le parole penetrano il cuore! Avrei tanto voluto conoscerla... Grazie Marco
Giuseppe
***
Caro Marco,
la poesia introduttiva che mandi sulla pagina del sito mi stringe il cuore e mi ricorda gli occhi
del mio babbo. Cerco di non pensarci per non stare male, ma spesso questi ricordi tornano e a
volte è anche per una poesia. È bellissima.
E adesso la cosa più bella e speciale, Respiri e sospiri. Che dirti? Tante cose vorrei dirti, a costo
anche di sembrare sdolcinata... Sarà perché la primissima poesia che avevo letto già mi aveva ben
predisposto, ma ho trovato queste poesie meravigliose. Meravigliose perché fanno scoprire una
persona così bella, semplicemente bella. Peccato che non siano state pubblicate prima, le
avrebbero dato tanta soddisfazione. Sicuramente avrei avuto voglia di conoscerla, ma ho la
presunzione di conoscerla in maniera particolare, perché con le sue parole, i suoi pensieri, è come
averla conosciuta.... dentro. Mi hanno lasciato davvero senza parole e ti dico che io non sono una
lettrice di poesie. Per me sono come dei quadri astratti, ne capisco sempre poche, queste invece
sono vere e sono di una bella persona. Non mi viene altro aggettivo, bella dentro nel senso più
vero del termine. Spero che ce ne siano ancora, è un modo per stare con lei.
Gina
***
Ho appreso da poco della morte della tua mamma. Ti faccio le mie condoglianze. Che bella la
sua poesia che hai messo sul sito. Mi ha colpito la sua storia, forse perché anch'io ne scrivo da
quando ero bambino e continuo a riempire i miei cassetti.
Andrea
***
Gentile Marco, quale onore leggere le poesie della Sua mamma. Le ho assorbite, lette e rilette
a voce alta ...che fortuna aver avuto l'amore di tanta "anima"! Ci si trovano gli angoli segreti
dell'animo femminile che vola e vibra facendo condividere al lettore le emozioni più pure. Gli
amici è intrisa di malinconia... serena accettazione della fine della vita che si è amata tanto... un
messaggio che è il passare "un testimone" prezioso! Grazie
Dora
***
Salve Marco, sono una tua lettrice. Ho letto il libro di poesie di sua madre e alcune di esse
sembra che parlino di me, toccano le corde dell'anima.
Gabriella
***
Ti confido che, in un momento non facilissimo come questo per me, tengo sempre vicino il
libro di tua madre. È diventato una sorta di feticcio. Mi dico: Guarda quante cose belle e pure ci
sono...
Sai mi domandano spesso come faccio a vivere in un modo così diverso dal mio. Come faccio
a stare in mezzo a piccoli politici e burocrati che non aspirano ad altro che ha cercare intrallazzi.
Ci vivo perché ci sono spesso dei raggi di sole, come le poesie di tua madre, che illuminano tutto
questo grigiore. Il bello ha sempre un potere lenitivo.
Enrico
***
Caro Marco, ho letto le poesie di tua madre. È una poesia onesta, dove la trama etico-religiosa
dà ispirazione. E poi quella generosità umanissima espressa con pudore, e quello sguardo sulle
cose e gli eventi che coglie con forza "cum-passione".
Un omaggio dovuto.
Gaetano
***
Caro Marco, è finalmente arrivata la raccolta di poesie di tua madre, le ho lette: tessere di un
prezioso mosaico. Grazie al cuore inestimabile della tua mamma che le ha generate, grazie alla tua
sensibilità che le ha accolte e condivise.
Francesca
***
Caro Marco,
sono belle le poesie di tua mamma. Le stavo leggendo con un amico gran lettore, e volevo
dirtelo. È proprio un regalo che vi siete reciprocamente fatti, immagino quanto sia importante per
te.
Laura
***
Ciao Marco,
la storia della pubblicazione di Respiri e Sospiri è bellissima ed è stata una vera sorpresa.
Questo piccolo libro mi è piaciuto molto, ho letto e riletto Gli amici, Preghiera per te, Il pastore, Le
caprette tibetane... le poesie della tua mamma fanno respirare aria fresca e pulita, hanno la grazia
(rara) della limpidezza e della semplicità, parlano con voce schietta e sincera al cuore di tutti. Ti
scrivo per augurare tanto successo alla tua missione e perché voglio dirti che hai ricevuto un
regalo prezioso, un piccolo tesoro che con il tempo aumenta di valore e, condiviso con generosità,
diventa ancora più grande. Un caro saluto
Donatella
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Ciao Marco,
avere assistito ieri pomeriggio alla lettura delle poesie della tua mamma mi ha fatto nascere
il desiderio di scriverti ciò che ho provato io nel leggerle. Non lo avevo fatto fino ad ora per una
sorta di pudore, perché Io so di non sapere nulla di poesia, però una cosa la posso dire: quando
ho Iniziato a leggere Respiri e sospiri non ho potuto smettere finché non sono arrivata alla fine.
Era tanto il pathos che mi suscitava, era forte il desiderio di conoscere quanto ancora aveva da
esprimere quella donna sarda a me sconosciuta, con parole semplici e cariche di sentimento.
Parole che mi hanno fatto bene, che mi hanno tranquillizzato, anche da angosce che non sapevo
di avere. Da allora tengo il libretto sul comodino, e di tanto in tanto mi concedo il lusso di leggere
una poesia a caso (tanto sono tutte belle!) Tra di esse, comunque, quelle che rileggo con più
piacere sono: Sardegna e Il richiamo, perché io in quella terra meravigliosa, aspra e selvaggia, ho
trascorso la mia adolescenza, e dai quei luoghi non mi sono mai allontanata del tutto… Non
occorre esserci fisicamente, in un posto: esistono i luoghi della mente, e quelli sono luoghi di
elezione. Nel leggere quelle due poesie mi è venuta in mente una parola tedesca che non ha
equivalenti in italiano. Quella parola è Sehnsucht… che in italiano si potrebbe tradurre con
“nostalgia di qualcosa che non si è mai visto”.
Paola
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Caro Vichi,
le scrivo dopo aver letto le poesie di sua madre per dirle che mi sono piaciute tanto. Quella
che si intitola Gli amici mi ha molto colpito perché sono pensieri che vengono spesso anche a me,
vista la mia età. Però mi sono piaciute anche le poesie che parlano d’amore: chi ha visto passare
tanti anni ha visto passare anche tanto amore, però l’amore non s’impara mai e forse si leggono
volentieri poesie d’amore nella speranza che ci insegnino a viverlo. Io sono una persona curiosa e
anche fumina, inoltre ho troppi anni e poco tempo da perdere in cose inutili e finte, quindi stia
tranquillo che quello che le scrivo è la verità. Sua madre mi ha catturata ed è stata accanto a me
in salotto anche dopo che ho chiuso il libro e non ero più da sola sul divano. Io penso che leggere
quelle poesie mi darà sempre la sensazione di essere in compagnia di un’amica e di poter
appoggiare due tazzine sul tavolino, invece di una sola.
Un caro saluto.
Marisa
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Ciao Marco,
ti scrivo due righe sul libro di tua madre. Quando ho visto tua madre, quel giorno di marzo,
mi è sembrata un angelo, con quel bel vestito di cui mi parlasti, aveva un non so che di buono
gioviale... non la conoscevo di persona, ma mi dà conferma di ciò alcuni versi contenuti nelle sue
poesie. Io credo che un poeta sia prima di tutto una persona che sa ascoltare in maniera profonda,
intensa, e lo sappia fare al di là di un "tutto" che a volte ci distrae, riesce a carpire quella magia
che la maggior parte degli esseri umani tralasciano e non riescono a percepire... Quindi la
sensibilità spiccata vince in ogni caso. Questo libro di tua madre contiene testi che catturano il
lettore per le emozioni che suscitano e per come tua madre riesce a mettere su carta tali emozioni,
creando magia. Ho sentito mie in maniera particolare, oltre a Gli amici che avevo già apprezzato a
suo tempo, Notte di gelo:" Il mio amore morire, così . In una notte di gelo ...E io non volevo.";
Speranze: "Sotto la dura scorza che l'invidia del tempo fabbricò trema la linfa di rinata pianta.";
Stelle: "Mi ero scordata di essere niente Dio celava il Suo volto tra la nebbia delle ore."
L'animo sensibile che racchiude prima di tutto gli affetti in questo caso: Gli amici, L'amore, la
Speranza, Dio: il ciclo vitale che ripercorre i nostri giorni. Interessante l'ordine a ritroso, non so
se deciso da lei o da te. Siete partiti con le poesie più recenti (se non erro) per poi tornare all'età
della fanciullezza. Tua madre sapeva ascoltare con una sensibilità particolare che a pochi è data.
Claudia
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“Non altro cercano i miei occhi
per fugare le ombre della notte,
non più che il battito soave
di un’ala d’angelo, leggera,
bianco sorriso nella grigia sera.”
(Traversando la Pianura Padana – Paola Cannas)
Non conosco la poesia. Tra le cose che leggo, è l’ultimo dei generi letterari che mi capitano tra
le mani. Ma c’è una cosa che conosco bene, al di là della letteratura. Sto parlando delle emozioni.
Il piccolo libro di Paola Cannas, mamma di Marco Vichi, è un concentrato di dolcezza e arte. Poesie
scritte senza pretese e con una semplicità disarmante. Piccoli soffi di vita che Vichi stesso avrebbe
voluto scrivere. Ma, come lui stesso sostiene, mentre la sua vena è puramente narrativa, nella
madre ha trovato invece “una poetessa sconosciuta”. Sono molte le frasi che mi hanno colpita,
molte quelle che mi hanno fatto riflettere. Oltre alla citazione che ho voluto inserire all’inizio del
post – per me la più bella – , ve ne voglio riportare altre qui sotto:
“Dolce è la compagnia di chi non ha più fretta” (p. 5)
“[...] ove nel fondo giace rovesciata, la tazza del tuo pianto” (p. 12)
“Mi ero scordata di essere niente” (p. 13)
“Più scruti nel fondo te stessa, e più si fa buio il mistero” (p. 16)
“[...] avidamente bevo quel silenzio” (p. 36)
E leggendo questo piccolo libretto di esistenza, ci si ritrova catapultati nei frammenti ingialliti
di un’artista senza pretese, una donna che ha scritto per il puro piacere di farlo e senza mai sentirsi
una scrittrice. Credo che la forza di queste poesie stia proprio in questo. La semplicità che questa
poetessa ha impresso con l’inchiostro scrivendo versi memorabili:
“Poche cose, ma nulla in fondo manca.
Se pensi, puoi contarle sulle dita
quelle che servono a fare una vita.”
(p. 38)
Perché è proprio quando si “sa di non sapere” che nascono le opere più belle. Grazie Paola.
Giulia
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Caspita Marco,
io non sono una gran lettrice di poesie, ho comprato questo libro perché l'ha scritto tua
mamma e ho letto che tu l'hai apprezzato, naturalmente anche perché i diritti vengono dati
all'associazione, per i bimbi in Bangladesh.
In passato mi ha colpita qualche poesia di Bukowski, qualcuna di Shakespeare e di Goethe me
le ricordo a memoria, tanto son belle, e poi amo gli haiku zen, ma finisce lí.
La prima nel libro di tua mamma s'intitola Gli Amici e mi ha commossa. Ed a seguire una più
profonda dell'altra, Marco, sono bellissime! Grazie per avermi fatto conoscere Paola Cannas, me
la vedo, umile e serenamente semplice e amorevole, una Donna che ha amato e apprezzato e
accettato la vita sottovoce, così me la vedo.
Sono contenta di poterla leggere, grazie Marco.
Patti
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Detto questo… l’unica cosa che vi resta da fare è comprare il libro. Un caro
saluto a tutti.
Marco Vichi
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Le poesie di Paola Cannas