ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA
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20 settembre 2007
Responsabile :
Claudio Rao (tel. 06/32.21.805 – e-mail:[email protected])
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ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA
SOMMARIO
Pag. 3 ASTENSIONI FORENSI: Schiarita sugli scioperi forensi (il sole 24 ore)
Pag. 4 ASTENSIONI FORENSI: Scioperi, prove di intesa legali e authority (italia oggi)
Pag. 5 ASTENSIONI FORENSI: Giustizia: concluso confronto avvocatura e garante
scioperi (agi)
Pag. 6 ASTENSIONI FORENSI: Avvocati: Oua, lavoreremo a nuova proposta su regole
astensioni (adnkronos)
Pag. 7 ASTENSIONI FORENSI: Tregua Avvocati e Garante per gli scioperi
(mondo professionisti)
Pag. 8 CASSA FORENSE: Pensioni, tre mosse per la riforma (italia oggi)
Pag. 9 CASSA FORENSE: L'1/10 scade il termine per il Modello 5 (italia oggi)
Pag.10 PROFESSIONI: Riforma con il freno tirato (italia oggi)
Pag.11 PROFESSIONI: Direttive Qualifiche Colap in pressing (italia oggi)
Pag.12 TEMPI GIUSTIZIA: Troppe liti e tempi lunghi - Così si soffoca la giustizia
(il sole 24 ore)
Pag.13 MAGISTRATI: Stop ai giudici che scrivono troppo (italia oggi)
Pag.14 ANTIRICICLAGGIO: Antiriciclaggio verso il restyling (italia oggi)
Pag.15 EUROPA: Espropriazione ingiusta, Italia ko (italia oggi)
Pag.16 TRIBUNALI: I Tribunali minori e i luoghi comuni della loro inefficienza
di Domenico Benedetti Valentini - Vicepresidente della I commissione affari
costituzionali della camera dei deputati e coordinatore dell'intergruppo
parlamentare per i tribunali minori (italia oggi)
Pag.17 UFFICI GIUDIZIARI: Prenota il tuo certificato (italia oggi)
Pag.18 UFFICI GIUDIZIARI: Trieste, in cd-rom il calendario giudiziario (italia oggi)
Pag.19 GIUDICI DI PACE: A via Arenula un incontro al buio
di Francesco Cersosimo - Presidente Associazione Nazionale Giudici di Pace
(italia oggi)
Pag.21 GIUDICI DI PACE: La delibera (italia oggi)
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IL SOLE 24 ORE
Giustizia. Apertura della Commissione di garanzia dopo il confrontò con le associazioni legali
Schiarita sugli scioperi forensi
Entro pochi giorni la proposta di autoregolarnentazione
Schiarita sugli scioperi degli avvocati. L’incontro di ieri pomeriggio tra una delegazione delle principali
organizzazioni di categoria e la Commissione di garanzia sugli scioperi nei pubblici servizi, che alla
vigilia sembrava avrebbe visto il formalizzarsi della rottura, ha lasciato invece spazio ad aperture e
passi avanti. Tanto che Michelina Grillo, presidente dell’Oua, ha sottolineato che «il confronto è
stato molto proficuo, ci sono state delle aperture ma soprattutto si è preso atto della fondatezza
delle nostre osservazioni>. Alla luce dell’incontro, al quale hanno partecipato l’Oua, l’unione camere
penali l’unione camere civili, l’Associazione nazionale forense e l’Associazione italiana giovani
avvocati, l’avvocatura preparerà un’ulteriore versione del codice di autoregolamentazione che dovrebbe
essere pronta entro 7-10 giorni al massimo. Una possibilità, quest’ultima, che era stata esclusa
esplicitamente ancora martedì, quando, con un documento di fuoco, le organizzazioni forensi avevano
contestato la sordità della Commissione al riconoscimento della specificità degli scioperi degli avvocati
e avevano individuato cinque punti che, nella versione del provvedimento messa a punto dalla
Commissione, erano del tutto «inaccettabili». «Nella riunione— ricorda Grillo — su tutti questi
punti abbiamo registrato la massima disponibilità della Commissione». L’obiettivo è comunque
quello di chiudere entro la fine dell’anno la partita, mettendo nelle mani dell’avvocatura un nuovo
quadro di riferimento per le astensioni dalle udienze che hanno costellato una buona parte dell’anno
scorso, quando più forti e radicali si sono fatte le proteste dei legali nei confronti del decreto Bersani.
La Commissione di garanzia, che già nel 2006 aveva provveduto a multare i promotori di uno degli
scioperi perché poco rispettosi delle regole sui termini di preavviso, aveva poi presentato a inizio 2007
una proposta di modifica della regolamentazione delle astensioni che, da subito, aveva incontrato le
perplessità del mondo forense. Perplessità che si erano concentrate sulla mancata considerazione della
specificità delle proteste dell’avvocatura, indirizzate, si sosteneva, non tanto a rivendicazioni
corporative quanto al rafforzamento di diritti costituzionali come quello di difesa. La Commissione,
però, aveva manifestato disponibilità a un confronto e ad accettare osservazioni e suggerimenti.
Apertura che però era stata considerata solo “di facciata” dagli avvocati quando, a ridosso dell’estate,
disattendendo le indicazioni nel frattempo ricevute, era stata presentata una nuova proposta della
Commissione ancora gravemente insufficiente sul fronte del temperamento tra diritto dei cittadini alla
difesa e diritto dell’avvocatura a disertare le udienze, sulla immodificabilità della decisione di
scioperare nei cinque giorni precedenti la data prescelta, sulle astensioni-civetta proclamate da
un’organizzazione per bloccare i diritti di tutte le altre. Tutti punti sui quali, a sorpresa, però ieri
l’accordo è sembrato di nuovo a portata di mano. Giovanni Negri
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ITALIA OGGI
Scioperi, prove di intesa legali e authority
Accordo quasi raggiunto tra l'avvocatura italiana e la Commissione di garanzia dell'attuazione della
legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali sul codice di autoregolamentazione sull'astensione
lavorativa. L'avevano chiamata «una proposta di regolamentazione di carattere statalistico/autoritario»
quella formulata dalla Commissione di garanzia ma ora gli avvocati italiani abbassano i toni della
polemica. Merito dell'incontro di ieri che sembra aver messo pace tra le parti dopo il muro contro muro
alzato dagli avvocati che rivendicano il carattere di specificità delle loro astensioni che invece la
contestata proposta della Commissione riconduce nelle fattispecie dell'articolo 2 bis della legge 146
così come rivisto con legge del 2000. Lo fanno con un documento unitario nel quale esprimono il loro
disagio a conferma, si legge, della «predisposizione punitiva nei confronti della categoria». «È evidente
- scriveva Michelina Grillo - che non si riesce a inquadrare la specificità delle astensioni forensi e
si riconduce il tutto nell'alveo delle iniziative sindacali di protesta, per queste ragioni dopo mesi di
trattative e richieste di modifica, ci ritroviamo al punto di partenza». Minacciano anche il peggio
se non verranno ascoltati: «Ci auguriamo che l'incontro possa riportare il confronto sui giusti
binari, altrimenti non avremo altra scelta che lanciare una forte iniziativa giudiziaria e politica».
E invece il peggio non succederà stando all'inattesa conciliazione di ieri che ha visto entrambe la
Commissione convergere sui punti di criticità evidenziati dalle delegazioni forensi. L'attenzione è
andata su di un testo che smonta punto per punto quel che non va nella proposta della commissione: il
concetto di «contemperamento con i diritti costituzionalmente garantiti rifiutando aprioristicamente la
prospettazione contenuta nel testo dell'avvocatura che specificava la peculiarità dell'astensione forense
ma riconosceva il diritto dei cittadini alle prestazioni indispensabili e il diritto di difesa». E ancora:
«L'insensata necessità in caso di revoca dell'astensione di rispettare il preavviso di cinque giorni, la
formulazione ambigua di un articolo che in caso di sciopero ravvicinato da parte di diversi organismi
forensi, apre la strada a possibili e provocatorie astensioni civetta o a illegittime e vessatorie limitazioni
del diritto di astensione. Chiudono il cerchio «la formulazione ambigua della disposizione che
consente che consente l'astensione laddove sia prevista la presenza del difensore con il risultato di
impedire lo sciopero nelle udienze penali in camera di consiglio e - sostiene l'Oua - l'introduzione
sistematica nella proposta di regolamentazione del concetto di legittimo impedimento suscettibile
delle ben note interpretazioni restrittive e ignoto a settori giuridici diversi da quello penale». Ma
a fine giornata, Michelina Grillo dichiara a ItaliaOggi di trattarsi di scogli superabili: «Abbiamo
registrato un'inattesa quanto gradita apertura da parte della commissione a rimodulare tutti i
punti da noi presentati dalle astensioni civetta dove la questione sarà rimessa alla Commissione di
garanzia alla questione della presenza del difensore. Si tratta solo di affinare la terminologia e
dato che la vicenda è partita da una nostra proposta, provvederemo nel giro di dieci giorni a
formulare una nostra seconda proposta di regolamentazione». E conciliante è lo stesso presidente
della Commissione di garanzia per l'attuazione della legge sullo sciopero, Antonio Martone: «Abbiamo
fatto un notevole passo avanti nella reciproca comprensione. Verremo incontro alle proposte degli
avvocati - rileva - che hanno problemi condivisibili come quello delle astensioni civetta o della
disposizione che consente l'astensione laddove sia prevista l'astensione del difensore. Si tratta di
rivedere la terminologia, dal canto mio, posso dire che porterò le loro richieste in Commissione».
Infine, si lascia scappare un auspicio: «Intanto vediamo di recuperare il valore di un codice di
autoregolamentazione che venga da loro e che riesca finalmente a soddisfare il quadro normativo
vigente. Me lo auguro sinceramente, per il bene della giustizia italiana; abbiamo quello dei magistrati e
ora attendiamo anche quello degli avvocati». (riproduzione riservata) Marzia Paolucci
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ADNKRONOS
Giustizia: concluso confronto avvocatura e garante scioperi
Roma, 19 set. (Adnkronos) - Si e' concluso il confronto tra le varie associazioni dell'Avvocatura e
il garante per gli scioperi. Michelina Grillo, presidente dell'organismo unitario dell'Avvocatura
sottolinea che "il confronto e' stato molto proficuo, ci sono state delle aperture ma soprattutto si
e' preso atto della fondatezza delle nostre osservazioni". Alla luce dell'incontro di oggi al quale
hanno partecipato l'Oua e altre associazioni forensi come l'Unione camere penali italiane,
l'Unione camere civili, l'Associazione nazionale forense e l'Associazione italiana giovani avvocati,
l'Avvocatura predisporra' un'ulteriore versione del codice di autoregolementazione.
''Considerato l'esito della riunione -conclude la Grillo- ci auguriamo che possa essere condiviso
dalla commissione, cosi' da mettere la parola fine a questa lunga vicenda".
(Mrg/Ct/Adnkronos)
19-SET-07 18:49
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AGI
Avvocati: Oua, lavoreremo a nuova proposta su regole astensioni
(AGI) - Roma, 19 set. - Un confronto "molto proficuo", con alcune "aperture da parte della
Commissione". Cosi' Michelina Grillo, presidente dell'Organismo unitario dell'Avvocatura
definisce l'incontro avuto oggi, assieme alle associazioni forensi Aiga, Anf, Ucci e Ucpi, con la
Commissione di garanzia di attuazione della legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali.
"Soprattutto - aggiunge Grillo - si e' preso atto della fondatezza delle nostre osservazioni"
relative alla proposta di regolamentazione delle astensioni forensi. Alla luce dell'incontro di oggi,
dunque, l'Avvocatura annuncia che predisporra' un'ulteriore versione del codice di
autoregolamentazione: "considerato l'esito della riunione odierna - conclude il presidente Oua ci auguriamo che possa essere condiviso dalla Commissione, cosi' da mettere la parola fine a
questa lunga vicenda". (AGI)
Red/Oll
191910 SET 07
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MONDO PROFESSIONISTI
Tregua Avvocati e Garante per gli scioperi
Confronto positivo, l’avvocatura invierà un’ulteriore proposta
È tregua armata tra l'Oua, le Associazioni Forensi (Aiga, Anf, Ucci, Ucpi) e Antonio Martone,
presidente della Commissione di Garanzia di attuazione della legge sullo sciopero nei servizi
pubblici essenziali. Alla luce dell’incontro di oggi, al quale hanno partecipato l’Oua e
l’avvocatura predisporrà un’ulteriore versione del codice di autoregolamentazione. Soddisfatta
Michelina Grillo, presidente Oua: «Il confronto – ha detto a MP- è stato molto proficuo, ci sono
state delle aperture da parte della Commissione, ma soprattutto si è preso atto della fondatezza
delle nostre osservazioni. Visto l’esito della riunione odierna ci auguriamo che possa essere
condivisa dalla Commissione, così da mettere la parola fine a questa lunga vicenda».
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ITALIA OGGI
Parla Paolo Rosa, eletto venerdì alla presidenza della Cassa forense: entro fine anno la decisione
Pensioni, tre mosse per la riforma
Allo studio o aumento dell'età pensionabile o contributivo
Una riforma previdenziale per tutte le generazioni. «Perché ciascuno dovrà fare uno sforzo per puntare
a un sistema equilibrato», avverte Paolo Rosa, il nuovo presidente della Cassa di previdenza forense. La
elezione per sostituire Riccardo Scocozza, venuto a mancare in luglio, è avvenuta venerdì scorso ed è
stata faticosa. Ci sono volute cinque votazioni, ma alla fine Rosa (già presidente vicario) l'ha spuntata
con 44 voti su 80. Due le cordate contrapposte: quella capitanata dallo stesso presidente, che ha
convogliato il squadra di Scocozza e quella capitanata da Vittorio Mormando. Più l'outsider Federico
Bucci, che in prima votazione ha contato su 15 voti. Alla quarta votazione, però, il vento è spirato a
favore di Rosa che ha ottenuto 39 voti, cresciuti a 44 (tre in più rispetto alla necessaria e sufficiente
maggioranza) in quella successiva. Per i numeri soliti della Cassa forense si tratta di una buona
investitura. Rosa è già al lavoro, nel segno della continuità con quanto avviato dal suo predecessore. Il
primo punto all'ordine del giorno dell'agenda previdenziale è la riforma delle pensioni. La gestione
precedente, affidata a Maurizio de Tilla, ha già approvato una riforma parametrica che in parte è stata
bocciata dal ministero del welfare e sull'aumento del contributivo integrativo dal 2 al 4% si è avviata
una causa davanti al Tar Lazio.
Ora presso la Cassa sono al lavoro tre gruppi di lavoro, che stanno approfondendo opzioni diverse. La
prima prevede un passaggio al contributivo «graduale» e «solidale» spiega Rosa; il secondo gruppo
studia come «rimpolpare» la riforma già attuata, di tipo parametrico su un sistema retributivo,
insistendo sull'aumento del contributo integrativo, aumentando l'età pensionabile a 67-68 anni con un
meccanismo di penalizzazioni e bonus e un ritocco dei coefficienti di trasformazione per ridurre la
pensione finale e quindi «agire anche sulla leva delle uscite»; la terza opzione è, in realtà, integrativa di
ciascuna delle altre due perché prevederebbe una primo pilastro bis: una sorta di sistema contributivo
obbligatorio che configurerebbe una sorta di autogestione per l'avvocato. Ma non c'è ipotesi di
intervento che prescinda dall'aumento del contributo integrativo dal 2 al 4%, misura peraltro avversata
dai giovani legali dell'Aiga.
Secondo il presidente, i tempi di una scelta sono vicini. «Entro fine anno si dovranno chiudere i lavori
dei tre gruppi», annuncia. Intanto se ne parlerà nel comitato dei delegati del 28 settembre. ma un
messaggio sta al cuore al presidente: «Insieme si potrà fare tutto. Dobbiamo individuare una soluzione
equilibrata che non penalizzi nessuna generazione. E nel contempo chiederemo sforzi a tutti, anche a
chi è già pensionato, che magari sarà chiamato a pagare un contributo di solidarietà più alto». Il 28 è
una data importante anche per un secondo motivo: si dovrà eleggere il nuovo componente del consiglio
d'amministrazione che rappresenterà l'ago della bilancia per la nuova presidenza. (riproduzione
riservata) Claudia Morelli
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ITALIA OGGI
L'1/10 scade il termine per il Modello 5
Il prossimo 1° ottobre viene a scadere il termine per l'invio alla Cassa forense della comunicazione
obbligatoria del reddito professionale e del volume d'affari Iva prodotti nel 2006 (Mod. 5/2007) da
parte di tutti gli iscritti negli albi di avvocato, anche se non iscritti alla Cassa. L'invio va fatto a mezzo
raccomandata semplice, utilizzando gli appositi moduli (mod. 5/2007) inviati dalla Cassa nello scorso
mese di luglio, ovvero disponibili presso i consigli dell'Ordine. Sul sito internet della Cassa forense
(www.cassaforense.it) è disponibile una apposita funzione che consente di procedere ad una
compilazione assistita del Mod. 5/2007. Il servizio può essere utilizzato anche per l'invio telematico
previa apposizione di firma digitale da parte del professionista ovvero da soggetti da lui delegati, in
possesso dei requisiti previsti dalla apposita normativa fiscale (tributaristi, dottori commercialisti,
ecc.).Gli avvocati esercenti la professione in associazione debbono inviare, oltre al Mod. 5 individuale,
anche il cosiddetto Mod. 5/bis, relativo alla studio associato. Nell'occasione è prevista un'apertura
straordinaria dell'Ufficio Informazioni (tel. 06.36 20 52 22 – fax 06.32 32 339) anche in orario
pomeridiano (14.30-17.00), per fornire la massima assistenza possibile agli oltre 180 mila iscritti.
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ITALIA OGGI
Siliquini (An), Vietti (Udc), Laurini (Fi): basta annunci, serve la proposta Riforma con il freno tirato
Riforma con il freno tirato
L'opposizione chiede un testo su cui discutere
Basta parole. Serve un testo ufficiale per cominciare a discutere sui pilastri della riforma delle
professioni. Maria Grazia Siliquini (An) e Giancarlo Laurini (Forza Italia) hanno chiesto ieri, alla
commissione giustizia, la relazione scritta sui principi generali indicati dai relatori Pierluigi Mantini e
Giuseppe Chicchi nel corso del comitato ristretto riunitosi il 18 settembre. Un passaggio ritenuto
indispensabile anche da Michele Vietti (Udc) «perché la riforma si gioca sulle sfumature». Insomma,
l'opposizione fa quadrato contro i due parlamentari di maggioranza e chiede di passare ai fatti dopo
«l'ennesimo annuncio» relativo al restyling del disegno di legge governativo, quest'ultimo approvato
quasi un anno fa. In casa dei professionisti, poi, non è certo l'ottimismo a regnare. Il Cup (ordini)
continua la raccolta firme su un testo di iniziativa popolare. Colap e Assoprofessioni (associazioni)
hanno più di qualche perplessità sull'iter legislativo,
L'opposizione. La prima a replicare alle affermazioni dei due relatori di maggioranza (si veda
ItaliaOggi di ieri) circa i contenuti del nuovo testo base che Mantini e Chicchi hanno annunciato più
volte nelle ultime settimane è stata Maria Grazia Siliquini, responsabile del dipartimento delle
professioni di Alleanza nazionale. Che a ItaliaOggi ha spiegato: «Concluse le audizioni, è
indispensabile e opportuno che i relatori, a seguito della loro relazione sui principi esposti solo
oralmente, prendano atto delle singole posizioni politiche prima di elaborare il testo da presentare in
commissione». Necessario quindi mettere nero su bianco i cardini del futuro provvedimento,
«indispensabile per poter aprire e intervenire nel dibattito che si terrà la prossima settimana». Il
confronto della prossima settimana, infatti, secondo l'esponente di An, «consentirà all'opposizione di far
conoscere con precisione i punti fermi e i paletti che intende porre come inderogabili nell'affrontare la
riforma delle professioni». D'accordo con l'ex sottosegretario all'università Giancarlo Laurini. Il
parlamentare di Forza Italia, autore di una proposta di legge che dovrebbe entrare nell'annunciato testo
unificato, ammette che «il governo in tema di riforma delle professioni ha fatto diverse aperture, ma
bisogna verificarle. Perché», argomenta Laurini, «ogni categoria ha le sue specificità che vanno
rispettate. Allora, prima vediamo un testo, prima cominciamo a lavorare concretamente». E Michele
Vietti dell'Udc aggiunge: «Che serve la riforma siamo tutti d'accordo ormai da anni, ma per dare il
nostro contributo vogliamo vedere i dettagli. Tutto si gioca su sfumature che aspettiamo di conoscere».
I professionisti. Solo l'altro ieri Raffaele Sirica, presidente del Comitato unitario delle professioni, ha
annunciato a Milano i dati circa la raccolta delle firme per il progetto di legge di iniziativa popolare: 19
mila adesioni solo nel Nord Italia (si veda ItaliaOggi di ieri). Il tutto all'indomani dell'appello di
Mantini ad Agrigento di sospendere la raccolta delle firme. «La politica non decide», spiega Giuseppe
Lupoi del Colap (espressione di una parte delle associazioni), «e di questo siamo sconfortati. Bisogna
avere il coraggio in certe scelte, invece la riforma sembra una tela di Penelope, quindi sempre
inconclusa». Giorgio Berloffa, numero uno di Assoprofessioni, comincia a perdere il suo ottimismo:
«Con il ridimensionamento delle deleghe l'iter legislativo non potrà che rallentare». In casa dei
tributaristi, l'Ancot non nasconde la sua «amarezza per le lungaggini che riguardano il riconoscimento
delle associazioni». E mentre la Lapet scende in campo per dire «no a nuove riserve», l'Int con una
lettera chiede a Pierluigi Bersani di andare avanti con le liberalizzazioni. Ignazio Marino
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ITALIA OGGI
Direttive Qualifiche Colap in pressing
Le associazioni tornano alla carica sulla direttiva qualifiche. Con una proposta di emendamento del
decreto legislativo di recepimento che allarghi i criteri di ammissibilità delle associazioni alla stesura
delle piattaforme comuni. In particolare, il Colap, il Coordinamento guidato da Giuseppe Lupoi, ha
inviato una lettera ai membri delle commissioni parlamentari che stanno passando al vaglio il dlgs di
recepimento della direttiva 2005/36/Ce, approvato dal Consiglio dei ministri a fine luglio, per chiedere
una modifica all'articolo 25 dello schema. Che, dall'altro ieri, è all'ordine del giorno dei lavori della
Commissione giustizia del Senato ma non ha ancora trovato spazio nella discussione parlamentare. La
norma, in sostanza, prevede la consultazione degli ordini professionali e delle associazioni di categoria
rappresentative a livello nazionale. E, più in dettaglio, il comma 3 indica, tra i criteri di ammissione
delle associazioni “solo due delle tre forme previste dal codice civile per la pubblicità del contratto”.
“La nostra richiesta”, prosegue la lettera, “è di inserire anche la forma della registrazione presso
l'Ufficio del registro, prevista dal codice civile (art. 2702), tra i criteri di ammissibilità delle
associazioni”. “In questo modo”, conclude la missiva inviata dal Colap, “molte associazioni, che
possiedono tutti gli altri requisiti previsti dal decreto e sono, quindi, potenzialmente in grado di fornire
un utile contributo allo sviluppo delle piattaforme comuni, non verrebbero escluse dai tavoli di
consultazione”. Gabriele Ventura
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IL SOLE 24 ORE
Riforme. Dossier del Centro studi Confindustria: terzultimi nel recupero crediti
Troppe liti e tempi lunghi - Così si soffoca la giustizia
«Contenzioso in progressiva crescita, puntare sugli arbitrati»
Italia, terra di litiganti. Dove chi ha torto, spesso finisce con l’aver ragione facendo leva sulla cronica
lentezza dei processi. E più i tempi si allungano, più aumenta il numero dei litiganti. E più aumenta il
numero dei litiganti, più si allungano i tempi dei processi. Una «spirale perversa», che alimenta
l’inefficienza del nostro sistema giudiziario e che ha gravissime ripercussioni sullo sviluppo economico
del Paese. L’inefficienza impedisce la nascita e la crescita delle nostre imprese e spiega in parte il
«nanismo» dell’imprenditoria italiana nel panorama internazionale. Ma rappresenta anche un serio
ostacolo agli investimenti stranieri. Insomma, è una palla al piede della competitività. Basti solo
pensare che, stando ai dati della Banca mondiale (Doing Business 2006), su LU Paesi l’Italia è
terzultima (seguita da India e Guatemala) nella classifica dei tempi necessari per il recupero di un
credito: 1210 giorni, con un costo pari a quasi il 18% del valore del credito vantato; 331 in Francia
(costo 11,8%), in Germania (costo 10,5%), 515 in Spagna (costo 15,7%). A mettere il dito sulla piaga
della lentezza della giustizia italiana è il Centro studi di Confindustria, in una dettagliata analisi da cui
emerge che una delle cause principali va ricercata nelle «dimensioni eccessive» della domanda di
giustizia: nel 2004, ricorsi in Tribunale sono stati 6159 per 100 mila abitanti, a fronte dei 3.783 della
Germania, dei 2.862 della Francia e dei 1.926 della Spagna. E la tendenza è a«un progressivo aumento
del contenzioso. Lo studio ricorda che l’Italia — nel 2004 — risultava «in linea» con gli altri Paesi
quanto a spesa, retribuzione dei magistrati e dotazioni organiche di giudici e personale amministrativo.
Tuttavia, a parità di risorse finanziarie e umane, il rendimento del nostro servizio giustizia è il peggiore.
Dai dati Istat del 2005 risulta che occorrono5 anni per una causa civile (1°e 2° grado) e quasi 9 per una
procedura fallimentare. Tra le cause della cronica lentezza dei processi, gioca ‘un ruolo fondamentale la
«mole di lavoro» che grava sui giudici, in particolare, «l’eccesso di domanda»: nel 2004 sono stati più
di 4,1 milioni i procedimenti civili sopravvenuti, che si sono aggiunti al circa 3,5 milioni pendenti. E in
un anno se ne smaltisce solo il 43%. Occorre dunque contrastare questo ricorso smisurato al giudice,
dettato spesso da motivi non nobili ma «opportunistici»: «intimidatori, dilatori e strategici». “Fare
causa” conviene, anche perché, sulle eventuali somme contestate, gli interessi legali applicati sono
inferiori a quelli di mercato, «a tutto vantaggio della parte in torto, che si avvantaggia dell’eccessiva
durata dei processi»; così come se ne avvantaggiano gli avvocati, poiché i loro onorari dipendono anche
dalla durata della causa. 11 che «influisce» sulle strategie difensive, che tendono a prolungare il
giudizio e a evitare transazioni. Tant’è che, per migliorare l’efficienza della giustizia, Confindustria
propone di «fissare per legge l’onorario degli avvocati» e di «ridurre il numero delle udienze». Ma
anche di creare Tribunali medio- grandi, «attraverso un progetto di razionalizzazione della distribuzione
territoriale degli uffici giudiziari e di accorpamento delle molteplici sedi giudiziarie». Fondamentale,
infine, favorire una maggiore diffusione di strumenti di giustizia alternativa, come arbitrati e
conciliazione, che nel 2006 sono stati utilizzati solo dal 13w0 delle imprese italiane. Donatella Stasio
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ITALIA OGGI
Negli emendamenti al ddl Mastella sulle intercettazioni il senato bacchetta i magistrati che debordano
Stop ai giudici che scrivono troppo
Illecito disciplinare se nella motivazione si fa riferimento a terzi
Non solo regole chiare, quando non paletti, per chiedere l'autorizzazione al parlamento per utilizzare le
intercettazioni in cui figura un parlamentare, ma anche sanzione disciplinare per il magistrato che dice più di
quello che deve nella motivazione dei suoi provvedimenti riferendo di circostanze riguardanti terzi estranei o non
rispetta le nuove norme in materia di trascrizione delle intercettazioni. Maggiore pubblicità per gli atti di
indagine, pubblicabili se le parti ne hanno avuto conoscenza e riduzione delle sanzioni a carico dei giornalisti. Si
snodano su questi grandi temi gli emendamenti presentati in commissione giustizia del senato al disegno di legge
sulle intercettazioni. Ma sulle proposte di modifica della legge Boato sulle intercettazioni indirette (anticipate da
ItaliaOggi del 18 settembre), arrivano i primi distinguo dopo la denuncia della intenzione di mettere i paletti ai
giudici ed evitare altri casi Forleo-D'Alema-Fassino. Chiarimenti arrivano proprio da parte del relatore, l'ex pm
veneziano Felice Casson, che non ha digerito la denuncia dell'intenzione di mettere paletti ai giudici. «Il mio
emendamento e quello di Manzione (illustrati nel box in pagina, ndr) hanno natura diversa ed esprimono due tesi
ugualmente sostenute in dottrina», spiega dicendo che per quanto lo riguarda non ha espresso una posizione al
riguardo se non i dubbi di costituzionalità riferiti all'articolo 6 della legge Boato (140/2003). Da una parte per
Manzione l'autorizzazione è concessa «se la camera competente ritiene che l'utilizzazione delle conversazioni
non è suscettibile di interferire con l'esercizio delle funzioni parlamentari». Casson scrive invece che
«l'autorizzazione viene negata qualora appaia evidente la volontà di interferire con l'esercizio delle funzioni
parlamentari» e ritiene anche che, una volta data, essa è data per sempre anche se l'utilizzazione delle stesse
intercettazioni provoca l'iscrizione nel registro di altri indagati. Quanto alla specificazione del contenuto che
deve avere la richiesta, Casson parla di una esplicitazione di regole già esistenti. Ma è anche vero che, se si fosse
ritenuto che queste ultime bastano, non si sarebbe sentita l'esigenza di intervenire. Proprio ora poi, che ancora
tiene banco la richiesta del gip di Milano Clementina Forleo di utilizzare le intercettazioni tra Consorte e
D'Alema e Fassino. Decisamente più esplicito Manzione, che in commissione giustizia ha spiegato che il suo
emendamento è stato dettato dalle necessità «di offrire adeguate garanzie anche a soggetti terzi coinvolti nelle
indagini al fine di evitare il sostanziale aggiramento della normativa a tutela della funzione parlamentare»,
giustificando il tutto «con le recenti vicende giudiziarie dalle quali emergono chiaramente i rischi di
degenerazione del sistema». Casson, dal canto suo, punta anche a integrare la legge Mastella sull'ordinamento
giudiziario nella parte relativa agli illeciti disciplinari. Da una parte, l'azione disciplinare potrà essere promossa
per l'inserimento nella motivazione di un provvedimento di circostanze relative a fatti personali a terzi estranei
che non rilevano a fini processuali e che ledono l'onore o la riservatezza. Stessa evenienza in caso di mancato
rispetto delle nuove regole in materia di trascrizione delle intercettazioni. Per esempio quella che vieta la
trascrizione delle parti di conversazioni riguardanti fatti e circostanze estranee alle indagini e che dispone che il
giudice deve omettere i nomi dei soggetti estranei; oppure quella che prevede gli stessi obblighi in capo al
pubblico ministero. L'azione disciplinare può scattare anche per mancata osservanza degli articoli della ddl
sull'istituzione e mantenimento dell'archivio riservato delle intercettazioni. Poi ci sono gli emendamenti che
riguardano il cuore del provvedimento. A partire da quelli sul segreto di indagine. Il centro-sinistra punta a
rendere meno rigidi i vincoli di pubblicazione degli atti non segreti, che cadono quando ne ha avuto cognizione il
difensore della parte. Buone notizie per i giornalisti. L'intenzione del senato è quella di ridurre le sanzioni
amministrative e comunque di abbassare le pene reclusive previste nel testo della camera. (riproduzione
riservata) Claudia Morelli
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Iniziato ieri in commissione alla camera l'esame del dlgs di recepimento della terza direttiva
Antiriciclaggio verso il restyling
Multe a chi non chiude i libretti di deposito oltre 5 mila
Correzioni in arrivo per l'antiriciclaggio. Sarà introdotta una sanzione per la mancata chiusura dei
libretti di deposito. Una sanzione che, secondo quelli che potrebbero diventare emendamenti del
governo, allo schema di decreto legislativo di recepimento della terza direttiva, consisterebbe in una
pena amministrativa pecuniaria, dal 10 al 20%, del saldo del libretto al portatore. Il libretto, infatti,
secondo le nuove regole del dlgs, che ieri è stato incardinato all'esame della commissione finanze e
giustizia della camera (oggi inizierà il suo iter anche in commissione bilancio del senato), non potrà
avere un saldo superiore a 5 mila euro. Quelli con un saldo pari o superiore a questa somma, all'entrata
in vigore del decreto, dovranno essere estinti o ridotti alla soglia dei 5 mila entro il 30 giugno 2008. Ma
anche per questo termine ci potranno essere novità in arrivo. I tecnici di via XX Settembre hanno
preparato un dossier con le proposte di modifiche al recepimento della terza direttiva, in cui la scadenza
è spostata al 31 dicembre 2009. Ieri, dunque, è iniziato il lavoro delle commissioni finanze e giustizia
della camera per arrivare a elaborare i prescritti pareri. «Per il momento», spiega Francesco Tolotti,
relatore del provvedimento per la commissione finanze, «abbiamo presentato una relazione di
esposizione dei contenuti del provvedimento, la discussione vera e propria entrerà nel vivo la settimana
prossima. Ai fini del dibattito riteniamo poi che sarà utile tenere brevi audizioni e per questo sentiremo
martedì prossimo i soggetti coinvolti dall'applicazione delle nuove regole, ordini professionali e
fiduciarie». Notai, avvocati, dottori commercialisti e consulenti del lavoro saranno ascoltati quindi sugli
adempimenti che li riguardano. La commissione, poi, sta valutando quali potranno essere le
osservazioni che confluiranno nel parere finale. «Abbiamo ricevuto delle richieste di modifiche dai
casino per recepire il testo della direttiva al posto di quello attualmente approvato dal decreto
legislativo», dice Tolotti. La questione concerne gli obblighi di identificazione dei clienti. La normativa
italiana è infatti più restrittiva di quanto indicato dal testo della terza direttiva. Ma le ipotesi di modifica
alle disposizioni antiriciclaggio sono al vaglio anche dei tecnici del ministero, per diventare poi
emendamenti del governo. Ieri è intervenuto al dibattito Mario Lettieri, sottosegretario all'economia e
presidente della commissione incaricata di scrivere il Testo unico in tema di antiriciclaggio: «Il governo
sarà attento ai suggerimenti della commissione e io stesso presenterò delle correzioni soprattutto per
puntualizzare meglio gli aspetti delle sanzioni». Al vaglio della commissione Testo unico
antiriciclaggio, dunque, ci sono alcuni aspetti della disciplina approvata in prima lettura dal consiglio
dei ministri lo scorso 27 luglio. In particolare per l'estinzione dei libretti al portatore di importo
superiore a 5 mila euro o per ricondurre sotto tale soglia il loro saldo la commissione propone lo
spostamento del termine nel dlgs (30 giugno 2008) a un nuovo termine, il 31 dicembre 2009. Questo
slittamento, si legge in una nota che ItaliaOggi è in grado di anticipare, si rende opportuno in
considerazione dell'esperienza maturata con la normativa dei libretti con saldo superiore a 12.500 euro.
In quel caso, infatti, il termine individuato si dimostrò breve. Legata a questa modifica, quella illustrata
ieri dal sottosegretario Lettieri, che aggiunge all'articolo sulle sanzioni una sanzione pecuniaria
amministrativa proprio per chi non adempie alla chiusura dei libretti al portatore. Cristina Bartelli
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ITALIA OGGI
I dati nella relazione sullo stato di esecuzione delle sentenze della Corte europea dei diritti dell'uomo
Espropriazione ingiusta, Italia ko
Condanne per oltre 126 mln. Più che per il processo iniquo
Le sentenze di condanna della Corte europea dei diritti dell'uomo a carico dell'Italia nel 2006 hanno riguardato
nella maggior parte casi di violazioni o comportamenti illeciti posti in essere da autorità pubbliche locali
(regioni, province, comuni e altri enti), in materia di espropriazioni. Oltre la metà delle violazioni sono state
commesse in regioni del Sud e un terzo del totale nella sola Campania. Dopo le espropriazioni, tra le tipologie di
violazioni più commesse un'alta percentuale ha riguardato quelle relative alla ragionevole durata dei processi, al
diritto a un equo processo e alla lesione del diritto di proprietà privata. È quanto emerge dalla relazione sullo
stato di esecuzione delle pronunce della Corte europea dei diritti dell'uomo nei confronti dello stato italiano,
redatta per dare attuazione alla legge n. 12/2006 e comunicata alla presidenza del senato. Più volte la Corte ha
bacchettato l'Italia per l'eccessiva lunghezza dei processi: nella relazione si legge che per quanto riguarda il
processo civile, sul piano legislativo occorre rivedere quegli aspetti della disciplina processuale che costituiscono
inutili complicazioni, che incidono sulla celerità del processo e creano dissidi interpretativi. Tra le ricette ad hoc
da seguire per migliorare il difficile quadro italiano, contemperare gli interessi di soggetti processuali e della
difesa tecnica con l'interesse primario della risoluzione dei conflitti in tempi ragionevoli, come il cittadino si
attende, dotare il giudice, terzo e garante delle parti, di maggiori poteri discrezionali per indirizzare il processo
verso binari che ne assicurino il leale svolgimento, e una progressiva implementazione del processo civile
telematico. Sul fronte penale, invece, si è rilevato che le contestazioni in termini di ragionevole durata del
processo, sia da parte della Corte europea sia dalle Corti d'appello in sede di rimedio Pinto (legge n. 89/2001, che
prescrive il termine di quattro mesi per l'emissione della decisione del giudice adito per l'equo indennizzo), sono
state molto limitate e comunque non superiori a quelle di altri paesi europei. Nella relazione si sottolinea come
alla luce dei primi sei anni di esperienza applicativa venga avvertita l'esigenza di intervenire in senso correttivo
sull'impianto attuale della legge Pinto. Perché è «un rimedio», si legge, «che impostato su una logica puramente
risarcitoria, non migliora il problema strutturale delle lungaggini processuali, e soprattutto determina un impegno
finanziario dello stato crescente».
Occorrerebbe quindi «riformare la legge, con adeguati meccanismi acceleratori, una ricalibratura dei limiti
oggettivi e aggiustamenti che possano renderla un rimedio serio che riduca possibili abusi». Ma la situazione
italiana in termini di ricorsi dinanzi alla Corte europea non è la peggiore rispetto ad altri stati europei: dalla
relazione, infatti, emerge che a fronte di una complessiva pendenza di 95.750 ricorsi dinanzi alla Corte europea
dei diritti dell'uomo al 1° maggio 2007, il numero delle pratiche pendenti che interessavano l'Italia erano 3.500,
pari al 3,7% del totale. Un dato che dimostra che il contenzioso italiano non presentava livelli deteriori rispetto
ad altri paesi rientranti nella giurisdizione Cedu. Pendenze percentuali più elevate si sono invece registrate a
carico di altri sette stati (in ordine decrescente): Russia, Romania, Turchia, Ucraina, Polonia, Francia, Germania.
Ma se si allarga il quadro d'indagine a un periodo più ampio, dal '98 al 2006, si nota che il dato del contenzioso
italiano si attestava su posizioni più alte rispetto ad altri paesi, come dimostra sia il numero di ricorsi proposti
contro il nostro stato (oltre 24 mila, di cui solo 1.600 dichiarati ammissibili) sia delle sentenze di merito (circa
1.300), sia di regolamenti amichevoli (324). Inoltre, un dato preoccupante emerge dai riscontri relativi alle
procedure di supervisione sull'esecuzione delle sentenze, rimessa al Comitato dei ministri del Consiglio
d'Europa: sul totale di 5.688 casi iscritti attualmente nell'agenda delle pendenze del Comitato dei ministri, ben
2.612, circa il 46%, riguardano l'Italia. Infine, sul fronte del diritto per l'imputato a un equo processo, si
evidenzia come quasi tutti gli stati, membri del Consiglio d'Europa, si siano muniti in sede legislativa o
applicativa giurisprudenziale, di strumenti idonei a far ottenere un riesame all'imputato colpito da una
dichiarazione di colpevolezza viziata secondo i giudici di Strasburgo. (riproduzione riservata) Valentina
Marsella
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L'intervento
I Tribunali minori e i luoghi comuni della loro inefficienza
di Domenico Benedetti Valentini - Vicepresidente della I commissione affari costituzionali della
camera dei deputati e coordinatore dell'intergruppo parlamentare per i tribunali minori
Questo paese indebitato deve far cadere vigorosamente i tagli sugli enti politico-amministrativi (con
concentrazione di regioni, soppressione di province, unioni spontanee e incentivate di comuni) e livelli derivati,
che sono tantissimi, non sui poli erogatori di servizi civili fondamentali (tribunali, ospedali, scuole, aziende
trasporti e via dicendo). I tribunali così detti minori, cioè non insediati in capoluoghi o con organico sul minimo,
non solo non sono, per il fatto di esistere, responsabili del disfunzionamento di quelli medio-grandi, ma
complessivamente, quando non vengono mutilati di organico, sono gli unici nei quali ancora si riesce ad
amministrare giustizia civile e penale. Meno tribunali dunque? Anzi, se mai di più, a misura di comunità, visibili,
accessibili, controllabili e, non parlo a caso, da controllare, giudice per giudice. Ma non è solo questione di
organizzazione giudiziaria. I tribunali circondariali sono lì da decenni perché identificano circondari di città che,
sebbene non capoluoghi metropolitani, sono poli storico-culturali-territoriali dei quali va promosso il rilancio,
non la declassificazione. Qual è il modello d'insediamento antropico che vogliamo? Pochi grandi agglomerati
sovraccarichi di ingovernabili servizi e congestioni di ogni sorta che devono poi essere rincorse a costi altissimi,
e intanto sempre più città storiche, private di tribunale, ospedale, scuole e quant'altro, degradanti a periferie senza
vita autonoma, senza terreno e opportunità professionali, senza agibilità di servizi prossimali, e dunque non più
che amene mete turistiche di evasivi fine settimana? Siamo in molti a volere esattamente il contrario: difendiamo
città e territori, prima ancora che tribunali. I tribunali minori non fanno spendere di più: dati comparati credibili
dicono che costano quanto e se mai meno degli altri. E comunque i loro costi sono di valore civile strategico.
Razionalizzare? A proporre rozzamente la soppressione delle realtà più piccole, ogni cretino è buono. Se
ciascuna amministrazione fa così per proprio conto, di qui a poco a Caltagirone o Spoleto o Sanremo o Sulmona
o Voghera o Mondovì o Castrovillari o Sciacca o Tolmezzo (butto là illustri esempi che mi vengono a caso e non
faccio torto agli altri) non resteranno più aperti neanche i gabinetti pubblici! Ci sono ben altri modi possibili.
Scorporare territori e popolazione dai tribunali più grandi e aggregarli, anche a prescindere da confini
amministrativi spesso obsoleti, a quelli finitimi che possono ricevere carichi in più, con un virtuoso effettoriequilibrio. Circuitare i magistrati operanti, la cui mobilità è possibilissima e preferibile a quella di operatori e
cittadini o alla delocalizzazione delle istituzioni.
Del resto, le applicazioni, le tabelle infradistrettuali e i magistrati distrettuali possono già essere utilizzati a
questo scopo. E altri ancora, sui quali siamo aperti al dibattito, confidando che anche le opposizioni a queste
ipotesi siano bollate come conservatorismi particolaristici... Né si inventino esasperate invocazioni di
superspecializzazioni infinite o norme di ipergarantismo che hanno ridotto il processo a un giuoco perverso
avvitato su se stesso, per esigere, a vuoto, dimensioni industriali della giustizia. Nell'epoca dell'informatica, i
tribunali e i magistrati delle sedi minori possiedono potenzialmente le materie e possono anche meglio dare
rapide risposte, mentre monitoraggio e censure reali devono stigmatizzare i torpidi e gli incapaci nelle grandi
come nelle piccole sedi.
Concludendo, abbiamo raccolto la sfida culturale, ma anche tecnica, e valorizziamo i servizi giudiziari e
professionali diffusi, contro l'egoismo accentratorio dei capoluoghi o quello delle comodità personali di molti
magistrati o degli interessi oligopolistici dei maggiori studi insediati nei centri più grandi. Siamo portatori aperti
di una filosofia democratica, non ci intimidisce la scontata giaculatoria sulle «resistenze campanilistiche» che
impedirebbero le riforme: le riforme vere potenziano le comunità, non le cancellano. (riproduzione riservata)
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ITALIA OGGI
Il test è stato superato: ora la informatizzazione sarà completa in 15 giorni
Prenota il tuo certificato
A Varese le cancellerie forniranno atti via web
Chiedere on-line a un tribunale un atto di accettazione o di rinuncia all'eredità, un atto notorio di
nascita, residenza o successione testamentaria con la certezza di riuscire ad averlo in tre giorni. A
Varese si può. «Il servizio è pronto per partire: abbiamo ultimato i test e contiamo di renderlo operativo
in 15 giorni al massimo», informa Emilio Curtò, presidente del tribunale di Varese.
Come anticipato da Italia Oggi nel giugno scorso, è arrivato anche questo momento per il tribunale
varesino che grazie alla continua implementazione del sito nato nel 2005, fa dell'informatizzazione una
delle condizioni imprescindibili per la riduzione dei tempi di cancellerie e uffici giudiziari. Il sistema
che è stato testato in questi giorni proprio sul certificato più complesso, la successione testamentaria,
prevede la prenotazione on line di una decina tra atti notori, rinunce e accettazioni di eredità nel civile e
permessi di colloquio con il detenuto nel penale. Tutto per un risparmio di tempo di circa 30 giorni.
«Ne compileremo, stima il magistrato, circa 700 all'anno per un tempo medio di circa un mese per i più
impegnativi atti notori che finora hanno obbligato le cancellerie a trascrivere sotto dettatura più dati
anagrafici e generalità dei testimoni». Cancellerie più libere, dunque, che così potranno essere
maggiormente utilizzate per l'attività giudiziaria collegata al processo. Nella modulistica degli atti
notori, previste le fattispecie di successione ereditaria testamentaria e successione ereditaria legittima,
nascita, cittadinanza e residenza, libertà di stato per matrimonio, dati anagrafici per immigrazione e atto
di notorietà generico. Seguono la rinuncia all'eredità, in proprio e per conto di incapace, l'accettazione
dell'eredità con beneficio d'inventario, l'esecuzione testamentaria di eredità e i permessi di colloquio
con il detenuto.
Ed ecco come funziona il sistema ideato dal magistrato con il suo staff e realizzato dallo studio
informatico Di Clemente di Torino: cliccando su servizi on-line nell'apposita sezione del sito
www.tribunale.varese.it, l'utente sceglie dalla lista il certificato che cerca e compila una maschera
informatica di richiesta con tutti i sui dati in formato word e pdf. La risposta arriva entro tre giorni
trascorsi i quali, l'interessato riceverà per e-mail l'avviso di presentarsi in Cancelleria per ritirarlo. E se
il progetto andrà avanti, potrebbe trasformarsi in un protocollo di intesa fra tribunale, provincia e
comuni interessati che consenta a una quindicina di comuni pilota di relazionarsi con il tribunale
attraverso chioschi informatici attrezzati all'uso. Un'iniziativa che concorre oggi con altre per
l'assegnazione dei finanziamenti stanziati dal Fondo sociale europeo nell'ambito dell'iniziativa
recentemente sponsorizzata dal ministero della giustizia. «Con il sito presenteremo anche la nostra carta
dei servizi utile al cittadino per saperne di più e orientarsi tra i nostri servizi a cominciare dalla stessa
certificazione on line». In cantiere c'è anche un libro divulgativo sul tribunale di Varese: «In
distribuzione presso le biblioteche comunali e le sedi istituzionali dove i cittadini potranno consultarlo,
sarà la versione cartacea dei contenuti del sito», dice Curtò. (riproduzione riservata) Marzia Paolucci
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Trieste, in cd-rom il calendario giudiziario
Recapiti di magistrati, avvocati, notai e cancellieri di tutti i tribunali della regione, e- mail e ubicazione
degli uffici giudiziari.
È tutto nel nuovo calendario giudiziario su cd rom lanciato dalla Corte d'appello di Trieste. «È la prima
realizzazione concreta di quel protocollo d'intesa sottoscritto dal presidente della Regione con il
ministero della giustizia nel 2006», ricorda Renato Romano, dirigente della Corte d'appello triestina.
Un accordo interistituzionale che prevede il comando di 20 impiegati regionali a supporto dei tribunali
regionali e altre forme di collaborazione nell'ambito dello sviluppo formativo e tecnologico di cui
l'agenda di servizi su cd-rom è proprio il primo esempio.
Il funzionamento del dischetto prevede l'uso di un motore di ricerca che trova per l'utente i recapiti del
magistrato, avvocato, notaio o cancelliere di riferimento.
Attualmente, conferma il dirigente, è già in pronta consultazione in tutte le sedi giudiziarie e
istituzionali interessate: «L'abbiamo distribuito in 600 copie ai 34 uffici giudiziari della regione alle
altri Corti d'appello d'Italia, ai consigli degli ordini degli avvocati e a quelli notarili, alle maggiori sedi
istituzionali d'Italia e ai dipartimenti del ministero della giustizia». Marzia Paolucci
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Dopo mesi di silenzio e di cattive iniziative appuntamento al ministero. Ma dall'8 al 13/10 si sciopera
A via Arenula un incontro al buio
Il ministro ha convocato i gdp ma non si conosce l'argomento
di Francesco Cersosimo - Presidente Associazione Nazionale Giudici di Pace
Dopo mesi di rinvio in rinvio finalmente il 17 u.s. arriva la convocazione del capo di gabinetto del
ministro Clemente Mastella. «Oggetto: magistratura onoraria. In relazione all'argomento le Ss.Ll. sono
invitate a partecipare alla riunione fissata per il giorno 26 settembre p.v. alle ore 15:00 presso il mio
ufficio».
Tutto qui? Ci chiediamo quale proposta arriverà. Facciamo un passo indietro per gli «smembar». Il 2529 giugno u.s. i gdp, in presenza di un disegno di legge governativo vessatorio e penalizzante, rotte le
trattative, si sono astenuti dalle udienze. La partecipazione , per la prima volta nella storia della
categoria, è stata elevatissima, con
punte del 100% in alcune sedi. Fatto inusuale nel pubblico impiego, che ha sorpreso tanti.
Successivamente abbiamo incontrato forze politiche, parlamentari, sindacali, l'organismo unitario
dell'avvocatura, associazioni dei consumatori. Siamo stati ricevuti ufficialmente dalla presidenza del
consiglio e in contraddittorio con i rappresentanti del ministero di giustizia abbiamo espresso le nostre
ragioni. Dalla forza espressa in modo compatto dalla categoria e da tutta questa attività messa in campo,
il ministero ha tratto la convinzione che il dlgs sullo status non avrebbe avuto vita facile in parlamento.
Attualmente è da considerarsi obsoleto, anche se formalmente non è stato ancora ritirato. Abbiamo
chiarito in ogni sede che presupposto di ogni riforma debba essere la cessazione della precarietà e
l'acquisizione di modelli di previdenza e assistenza, che in uno stato moderno sono garantiti a tutti
lavoratori. Nello status proposto il ministero retrocedeva la permanenza nell'incarico a otto anni
(anziché agli attuali 12 anni ) con uno stop and go di quattro-sei mesi, senza sicurezza del rinnovo, e
successivo trasferimento, con conseguente inizio di attività a zero procedimenti, stipendi da fame e
spese enormi. Bella prospettiva. E ancora. Fatto gravissimo, inaccettabile e pericoloso: i gdp sarebbero
stati eterodiretti dai magistrati di carriera, che in numero di 186 avrebbero tralasciato il proprio lavoro
per dirigere e controllare i gdp, riducendo questi a una funzione ancillare, simile ai giudici onorari di
tribunale e ai viceprocuratori onorari. Motivo dichiarato nella relazione, leggere per credere, una forma
di risparmio dell'indennità dei coordinatori (risibili, nel massimo euro 361,52 lordi a fronte di uno
stipendio di magistrato di tribunale ben più cospicuo, detto senza polemica).
Ovviamente il motivo vero era il primo ed è stato ben compreso da tutti i gdp e dai nostri interlocutori.
A distanza di tre mesi il ministero prende atto e ci convoca non per discutere di tutto ciò e riprendere
una concertazione, bensì su un oggetto «magistratura onoraria». Siamo perplessi. Il 18 luglio u.s. ha
ricevuto, auspice un parlamentare dell'Udeur, una delegazione di got, vpo e malauguratamente gdp, ai
quali avrebbe preannunciato l'incontro di settembre per la «magistratura onoraria».
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Dal che la nostra perplessità. Un ennesimo incontro al buio. Invece attendiamo risposte precise e
concreti atti legislativi che vadano in direzione delle nostre aspettative. ItaliaOggi la settimana scorsa
ha anticipato un tema: assegnare ai giudici onorari una parte dell'arretrato della magistratura di carriera.
Aspettiamo le proposte e come sempre valuteremo con responsabilità, che ci viene dalla
consapevolezza di essere leali alle istituzioni per cui abbiamo prestato giuramento. A tal fine abbiamo
convocato a Roma per il 27 p.v. un esecutivo della nostra associazione. È chiaro che ogni aumento di
lavoro che ci dovesse pervenire non potrà prescindere dalla soluzione del nodo previdenza e
permanenza nell'incarico sino al raggiungimento dell'età simile ai magistrati di carriera, cui noi gdp
siamo molto affini. Giova ripeterlo, avendo una giurisdizione propria, un riconoscimento in
costituzione e infine una sezione distaccata in consiglio giudiziario, auspice questo stesso governo.
Su questi due punti e sullo stallo delle trattative il 26 e il 27 settembre dalle ore 14 in poi ci
convochiamo a Roma avanti la sede della camera dei deputati per la manifestazione «I giudici di pace
incontrano i cittadini».
Nel contempo il direttivo dell'Angdp, d'intesa con l'Unagipa, ha proclamato un'astensione dalle udienze
nei giorni 8-12 ottobre con estensione a novembre qualora ancora non pervengano risposte da parte del
governo, che mettano fine allo sfruttamento dei gdp, con stipendi a cottimo e ferie non pagate neanche
con la miserrima indennità mensile (euro 249,63 lorde), buoni ieri per giudicare sulle espulsioni degli
extra comunitari e domani per farsi carico degli arretrati dei tribunali, ma immeritevoli di programmare
il futuro e privi di assistenza e previdenza.
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La delibera
DIRETTIVO ASSOCIAZIONE NAZIONALE GIUDICI DI PACE
RIMINI 14-15 SETTEMBRE 2007
ORDINE DEL GIORNO
Il Direttivo Nazionale e la Giunta Esecutiva, riuniti a Rimini nei giorni 14-15 settembre 2007
SENTITA
la relazione del presidente Cersosimo la approva;
dopo ampia e approfondita discussione decidono di continuare a dare attuazione ai deliberati
dell'Associazione espressi nell'Assemblea di Napoli del 20-21 Aprile u.s.;
in particolare nello specifico decidono di manifestare il 26 settembre p.v. a Roma avanti il Parlamento;
ribadiscono, senza proposte governative, che ritardano da mesi, in grado di accogliere le istanze dei gdp
più volte avanzate in tutte le sedi,
di PROCLAMARE
UN'ASTENSIONE DALLE UDIENZE NEI MESI DI OTTOBRE E NOVEMBRE P.V.;
DANNO MANDATO
all'esecutivo di valutare gli incontri con il governo e di sospendere l'astensione alla luce di proposte
reali e concrete che dovessero manifestarsi.
Rimini 15/9/2007
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Rassegna stampa - Ordine degli Avvocati di Trani