Progetto Arrow
PbF giocato su www.ilnucleo.org
Autori: Gabryk, Mandible, Pkrcel, Salkaner
Prologo
Nel suo modesto studio appena illuminato dalla bianca luce di una lampada da scrivania, un piccolo
uomo dalla fronte stempiata e con un banale paio d'occhiali dalla montatura argentea, è assorto
nell'osservare lo schermo di un computer portatile. Le sue dita scorrono veloci sulla tastiera, mentre
sugli occhiali si scorge il riflesso delle innumerevoli linee di codice che vengono rapidamente
introdotte nel sistema. Se non fosse per il rumore della pioggia battente sulla piattaforma metallica
delle scale antincendio, nella stanza regnerebbe un silenzio quasi irreale.
L'ultimo tasto viene premuto e sul monitor comincia a prendere forma un complesso grafico
tridimensionale. Il piccolo uomo si distende sulla sedia allargando le braccia e stirandosi le dita;
osserva i risultati ottenuti con soddisfazione e quasi abbozza un sorriso mentre con una smorfia
trattiene uno sbadiglio. Poi, una voce dal tono profondo risuona nella stanza e la figura avvolta
nell'ombra di un uomo robusto vestito di un lungo impermeabile varca la soglia. "Buonasera, signor
Blake", dice, "come procedono le sue ricerche..."
New Bedfort, Distretto Residenziale Martin's
12 Marzo 2002 - Ore 7.35
Le prime luci di un'umida giornata di fine inverno cominciavano ad illuminare gli edifici di uno dei
più noti quartieri residenziali di New Bedfort; il temporale notturno aveva lasciato il posto ad una
lieve pioggia mattutina, che avvolgeva con una sorta di cappa il paesaggio urbano.
Quando gli agenti Bosley, Lin e Wallet scendono dalla macchina di servizio vedono tre auto della
polizia locale parcheggiate nei pressi dell'edificio numero 13 del complesso; evidentemente, quel
numero non doveva essere particolarmente fortunato, specie per il povero Edward Blake,
assassinato nel cuore della notte per motivi ancora ignoti. La zona era già stata transennata ed il
furgone del coroner era giunto sul posto da pochi minuti; i lampeggianti delle autopattuglie
rilucevano silenziosi, mentre una piccola folla di curiosi veniva tenuta a bada da un piccolo gruppo
di agenti in divisa.
L'agente Lin aveva ancora fra le mani il fascicolo del caso, consegnatogli circa un'ora e mezzo fa
dal direttore del Dipartimento Federale di Boston, con la raccomandazione di mantenere riservate
tutte le informazioni dell'inchiesta. Secondo il rapporto, Edward Blake stava lavorando da circa tre
anni per la O.S.I.R. Corporation, un Istituto Privato di Biotecnologie in parte finanziato dal governo
degli Stati Uniti; era stato proprio il suo coinvolgimento in "affari di stato" che aveva portato il caso
del suo omicidio all'attenzione dei federali, che hanno prontamente interrotto le indagini avviate dal
dipartimento di polizia di New Bedfort. Tutto quello che restava da fare, ora, era capire cosa era
avvenuto nell'appartamento di Blake durante la notte.
L'agente Lin si avvicina ai suoi colleghi ed esclama a voce bassa: "Sebbene il caso ora sia in mano
nostra, dimostriamoci concilianti con la polizia locale, potremmo ottenere da loro qualche
informazione utile."
Poi si guarda intorno, identificando rapidamente il tenente della polizia, ritto rigidamente in piedi
vicino all'ingresso della casa e intento a osservarli con una espressione imperscrutabile.
"Che ne dite se ci dividiamo i compiti per accelerare la raccolta di informazioni?", domanda ancora.
"Io potrei parlare con il detective della polizia qui presente, uno di voi può sentire il coroner e l'altro
dare un'occhiata al luogo del delitto". "D'accordo Luke, al coroner ci parlo io..." è la breve risposta
alla domanda dell'agente Lin da parte di Andy.
L'agente Wallet si avvia con passo deciso verso l'edificio, seguito dai suoi due colleghi; dopo
essersi fatti strada fra la piccola folla di curiosi ed aver mostrato i tesserini agli uomini messi a
controllo del perimetro di sicurezza, si avvicinano all'ingresso con l'intenzione di mettere meglio a
fuoco la situazione. Il furgone del coroner era stato parcheggiato all'interno del perimetro, ma a
bordo era rimasto soltanto l'autista; probabilmente il personale medico si trovava ancora all'interno
dell'appartamento.
Il tenente di polizia è il primo ad avvicinarsi al gruppo; è un uomo di colore, con una corta barba
nera e di corporatura alta e robusta. Non sembrava affatto il classico poliziotto ciambella e
cappuccino saltato fuori da qualche serial televisivo ed il suo sguardo freddo e duro lasciava ben
poco all'immaginazione: era evidente che l'intrusione dei federali in quella che considerava la sua
indagine non gli era andata particolarmente a genio.
"Era ora che arrivaste!", dice con aria seccata il poliziotto, "Ho qui i miei uomini fermi da quasi
un'ora a trattenere una folla di perdigiorno che non ha nulla di meglio da fare che guardare morti
ammazzati!".
"Ci dispiace", dice l'agente Luke nel tentativo di smorzare il fervore dell'uomo, "ma la
comunicazione del caso deve aver girato numerosi tavoli prima di giungere al nostro...".
"I soliti burocrati", dice il poliziotto sbuffando. "Io sono il tenente Andrew Muller e ho diretto le
indagini dalle sei di stamattina; con chi ho il piacere di collaborare?"
"Siamo gli agenti Lin, Wallet e Bosley del Dipartimento Federale di Boston.", risponde Luke con
tono calmo ma deciso. "Spero potrà fornirci utili informazioni riguardo al caso; finora cosa avete
scoperto?".
"Vi prego di seguirmi", risponde l'uomo mentre si avvia verso l'interno dell'edificio, "Credo che
potrete avere un miglior quadro della situazione esaminando voi stessi la scena del crimine..."
Il gruppo si incammina al seguito dell'agente Muller percorrendo un breve corridoio bianco su cui
affacciano le porte di quattro appartamenti; sul fondo, c'è una rampa di scale ed un semplice
ascensore dalla porta in metallo. Vicino al sottoscala, inoltre, c'è un piccolo stanzino con una parete
in vetro che normalmente ospita il custode dello stabile. Giunti alla porta dell'ascensore, il poliziotto
preme il pulsante di chiamata e dice: "L'omicidio si è svolto al quinto piano e pare che la prima ad
accorgersi dell'accaduto sia stata la portinaia. Non abbiamo trovato tracce di effrazione al nostro
arrivo e, secondo la descrizione dataci dalla donna, la porta era socchiusa quando si è trovata a
passare accanto all'appartamento."
"Interessante”, risponde Andy. “Dovremmo farci una chiacchierata con la custode. Intanto che
saliamo, qualche notizia dal coroner?". Una breve pausa carica di silenzio, mentre la porta
dell'ascensore si apre scivolando lentamente nella parete. "Sà… non ci avete ancora detto com'è
morto il signor Blake..."
Un pò di scetticismo si fa strada nella mente di Andy: i modi del tenete sono bruschi e tende a dire
meno del necessario ogni volta che parla. Inoltre, l'omicidio è avvenuto nel cuore della notte e solo
la portinaia si accorge di una porta socchiusa. Che si trattasse di un lavoro su commissione?
Mentre il gruppo sta per entrare nell'ascensore, una voce femminile risuona dall'ingresso
dell'edificio: "Scusatemi... agenti Wallet e Bosley...".
I due si voltano e vedono una alta donna bionda che si avvicina verso di loro mentre in lontananza
un taxi bianco riparte verso il centro della città; era l'agente Ingrid Lindkvist. Per quanto ne
sapessero, l'agente Lindkvist era partita per l'Europa Centrale circa tre mesi addietro per seguire un
caso di interesse internazionale; evidentemente, il capo le aveva già trovato una nuova collocazione
senza neppure concedergli le meritate ferie.
La donna si avvicina con passo fermo e spedito al gruppo. "Buongiorno e scusate il ritardo" dice a
tutti con un sorriso di scusa. Anche se gli occhi sono solo parzialmente velati, ai suoi colleghi basta
un'occhiata per capire che l'agente Lindkvist non è nel suo stato migliore.
Esamina il gruppo, e vedendo il tenente di polizia, tende la mano in modo cordiale quanto freddo.
"Ingrid Lindkvist", dice semplicemente. "State andando sul luogo dell'omicidio, presumo.",
aggiunge quasi con tono vagamente interrogativo.
"Esattamente agente Linquist; levataccia anche per lei, vero?" dice con voce stranamente calda
Andy. Ancora una volta il direttore dimostrava la sua insensibilità verso il lato umano delle persone
che da sempre lo contraddistingue. Ingrid era tornata a breve da una lunghissima trasferta, e già era
nuovamente in servizio, alle prime luci di una mattina tutt'altro che piacevole.
"Benvenuta, Lindkvist. Sono contento di averti fra noi! Il capo ti ha lasciato almeno fare un po' di
ferie?", domanda cordialmente Luke alla sua collega, dimostrando un certo entusiasmo. "Per quanto
riguarda questo caso, il tenente Muller ci stava giusto per raccontare i dettagli sull'omicidio".
"Suppongo che la qui presente signora sia una vostra collega", dice il tenente Muller, per poi
proseguire in tono leggermente ironico, "Mi auguro che non abbia problemi con le scene forti... non
vorrei dover calmare una seconda crisi isterica dopo quella di stamattina!".
Ingrid, mentre entra nell'ascensore, annuisce con un sorriso forzato ad Andy, mentre alla domanda
di Luke risponde con un sarcastico "Certo: tutto il viaggio di ritorno!". Alla battuta di Muller, lo
gratifica con un'occhiata fulminante "Grazie, tenente, apprezzo molto la sua premura, ma non credo
ce ne sarà bisogno", risponde in un tono che non promette nulla di buono. Meccanicamente estrae
un pacchetto di sigarette dalla borsetta, mentre un "Dra't helvete" appena mormorato completa la
frase. Si ferma, come se avesse realizzato che sia il momento sbagliato, e altrettanto
meccanicamente riposa il pacchetto da dove era venuto, mentre con lo sguardo cerca di evitare
quello del tenente.
L'ascensore si avvia verso il quinto piano e, nell'attesa, il poliziotto si decide a fornire qualche altra
breve informazione agli agenti: "Attualmente il cadavere è all'esame del coroner, ma credo ci sia
ben poco da scoprire: l'uomo è stato stroncato da una pallottola tiratagli al volto a breve distanza,
presumibilmente con una pistola 9mm munita di silenziatore. Nessuno dei vicini sembra essersi
accorto di nulla e, se la portinaia non avesse avuto l'abitudine di dedicarsi alla pulizia dei corridoi
dello stabile alle sei del mattino, probabilmente quel poveraccio sarebbe ancora li ad aspettare il
nostro arrivo..."
La porta dell'ascensore si apre; finalmente il quinto piano. Un uomo in divisa è fermo all'ingresso
dell'appartamento della vittima, mentre sul fondo del corridoio, vicino ad un finestrone aperto, un
membro dell’equipe medica assiste una donna di mezza età; probabilmente si trattava proprio della
portinaia. Andy non si fa pregare ed in maniera abbastanza sbrigativa dice: "Bene, tenete, mi
perdonerà se vi lascio chiacchierare tra di voi, vorrei scambiare due parole con il medico legale..."
ed entrando nell'appartamento si mette alla ricerca di quest'ultimo.
New Bedfort, Appartamento di Edward Blake
12 Marzo 2002 - Ore 7.50
L'appartamento della vittima era un semplice bilocale arredato in modo modesto. L'ingresso si
apriva in un breve corridoio su cui si affacciavano due porte; la prima, posta direttamente innanzi
all'entrata, portava al bagno, mentre la seconda, sulla destra, conduceva in un piccolo salotto con
divano letto. Dal salotto, altre due porte conducevano una nel vano cucina e l'altra nello studio,
luogo in cui era stato assassinato l'uomo. Ormai dei poliziotti nessuno era rimasto nell'appartamento
e soltanto il coroner, insieme con un assistente, stava ancora esaminando il corpo dell'uomo e
prelevando campioni dal luogo.
Quando i quattro federali fanno il loro ingresso notano che tutto è apparentemente in ordine;
sembrava non fosse stato spostato nulla e mancavano completamente segni di colluttazione o di
tentato furto. Anche la serratura della porta d'ingresso non presentava segni di forzatura, e le
finestre che davano al salotto ed allo studio erano entrambe chiuse dall'interno. Il cadavere di
Edward Blake giaceva riverso sulla poltroncina dello studio; la testa, perforata da un proiettile, era
accasciata su di una spalla, mentre le braccia pendevano senza vita lungo i fianchi dello schienale.
Sul tavolo, davanti al corpo del ricercatore, c'era il suo portatile che, benchè acceso, non proiettava
alcuna immagine sullo schermo.
Luke è subito attratto dal portatile. Domanda al tenente se può dargli un'occhiata e, dietro risposta
affermativa, prova a vedere se lo schermo nero è dovuto al fatto che il computer sia entrato in standby; allo stesso tempo, chiede se sia possibile parlare con la portinaia. Intendeva farle alcune
domande sulle abitudini di Blake e sugli ospiti che era solito ricevere nel suo appartamento, oltre a
farsi segnalare persone che potevano avergli i avevano fatto visita di recente.
L'agente Wallet, invece, si avvicina al coroner, il quale si allontana dal cadavere e si volta a
guardarlo per pochi attimi. "Suppongo lei sia del Dipartimento Federale.", dice con tono freddo e
distaccato. "Mi chiamo Alan Duval e sono il medico legale del Dipartimento di Polizia di New
Bedfort. Se vuole può esaminare il corpo senza problemi; ormai abbiamo completato i reperti
fotografici e la marcatura delle tracce di sangue, quindi non ci resta che portarlo all'obitorio per
l'autopsia... Anche se reputo che in questo caso sia quantomeno superflua".
"E' tutto così chiaro dottore?” risponde l’agente, “Mi conforta saperlo, ma mi raccomando di non
tralasciare alcuna ipotesi nell'eseguire l'autopsia...". Il tono di Andy è abbastanza freddo, in tutta
riposta al tono distaccato del medico legale. "Comunque, io sono l'agente speciale Andy Wallet del
dipartimento federale di Boston; ho solo un paio di curiosità a questo punto. Vorrei sapere da che
distanza pensa sia stato sparato il colpo, e se la vittima è stata presa di sorpresa o si è trovata il suo
assassino di fronte." Tali elementi gli apparivano già importanti ad una prima occhiata; visto che
mancavano tracce di effrazione o colluttazione, la vittima poteva aver aperto al suo assassino ed
averlo accompagnato nello studio, luogo in cui sarebbe poi l’avrebbe ucciso. Ma se il colpo fosse
stato esploso da una distanza di qualche metro, le cose potrebbero anche cambiare. Poi aggiunge:
"Ah… da quanto tempo è morto, a occhio e croce?".
Il coroner fissa con sguardo gelido Andy per pochi attimi, poi risponde alla sua domanda: "Dalle
macchie di sangue e dalle tracce di polvere da sparo direi che il colpo è stato sparato da meno di un
metro, forse dall'altro capo della scrivania. Ad un primo esame sommario, direi che è morto da
meno di sei ore." Poi, indicando un segno tracciato con il gesso non lontano da un piede della
scrivania, dice: "Lì è dove abbiamo trovato il bossolo del proiettile; l'arma doveva essere una
9mm."
Ingrid, intanto, osserva la scrivania e la piccola libreria a muro posta di fronte alla finestra; anche lei
nota che qualcosa è stato prelevato dal lettore CD del portatile ed, inoltre, ha la sensazione che ci sia
qualcosa che non quadra in uno degli scaffali della libreria. Il ricercatore le dava l'impressione di un
tipo molto ordinato ma, nonostante ciò, alcuni volumi erano stati posti senza il classico ordine dato
dalla numeratura delle copertine.
Alla richiesta di Luke, prima che questi tocchi il computer, lo ferma posandogli una mano sulla
spalla. "Aspetta un momento..." dice, quindi si rivolge a Muller, "Tenente, sono già state rilevate
eventuali impronte su questo computer?"
Udendo la domanda posta da Ingrid, l'assistente del coroner dice: "Non preoccupatevi, abbiamo già
prelevato le impronte dalla tastiera". L'agente Lin, ha cosi il via libera per esaminare il portatile ma,
con sua grande meraviglia si accorge che questo non è in stand-by: semplicemente è acceso, ma non
risponde ad alcun comando da tastiera. Prova a riavviarlo, ma senza alcun risultato; sembrava ci
fosse qualche forma di guasto a livello hardware che ne impedisce il corretto funzionamento.
Mentre lo esamina, poi, nota che il portello laterale del lettore CD è aperto; probabilmente qualcuno
doveva aver prelevato un disco dal suo interno senza assicurarsi di averlo chiuso correttamente.
Non ancora sicuro sul come comportarsi, decide di lasciarlo lì e portarlo via una volta terminata
l'indagine sul luogo del delitto; e passa ad osservare lo scaffale della libreria ed, insieme ad Ingrid,
esamina i libri presenti, cercando di capire di cosa parlino e che cosa possa mancare.
La libreria conteneva diversi testi scientifici, trattanti in larga parte di genetica e fisiologia umana;
erano presenti anche alcune riviste di settore e qualche soprammobile di scarso valore. Salvo un
lieve disordine riscontrato dall'agente Lindkvist, sembrava non mancare nulla; l'ipotesi più
probabile era che qualcuno avesse frugato piuttosto frettolosamente fra i testi alla ricerca di
qualcosa. Comunque, la donna estrae il proprio PDA e comincia a prendere appunti sui titoli e
sull'ordine dei fascicoli che appaiono spostati. Senza voltarsi chiede ad alta voce: "Immagino che
abbiate già fotografato tutto l'ambiente, vero". Dopo un pò, prende a caso uno degli ultimi fascicoli
che sembrano non spostati, dà una rapida scorsa al suo contenuto, quindi, lo ripone al suo posto. Si
rivolge quindi a Luke, che le è accanto, dicendo: "Hai verificato se quel PC ha un masterizzatore o
un semplice lettore?"
Intanto, mentre Bosley si trattiene all'ingresso con il tenente Muller e gli agenti Lin e Lindkvist
esaminano la libreria, l'agente Wallet completa il suo esame del corpo del malcapitato ricercatore.
Dai vestiti indossati e dalle scarpe sporche di acqua piovana, sembrava proprio che l'uomo si fosse
seduto al computer appena giunto a casa; forse, si era semplicemente limitato a lasciare la giacca
sull'appendiabiti del salotto per poi sedersi al tavolo della sua scrivania. Salvo la brutta ferita che
l'aveva sfigurato, non erano evidenti ne contusioni ne abrasioni di altro tipo sul suo corpo; quasi
certamente, si era trattato di un omicidio a sangue freddo ed il malcapitato non aveva avuto
nemmeno il tempo di reagire.
Andy è ancora preso dalle sue supposizioni quando la voce del coroner risuona alle sue spalle.
"Forse le potranno essere utili questi", dice tendendogli una busta di plastica trasparente contenente
alcuni oggetti, "li abbiamo trovati nelle tasche dei pantaloni ed in quella della camicia". L'agente
mette a fuoco lo sguardo sull'involucro e nota che al suo interno ci sono un mazzo di chiavi, un
tesserino magnetico e due foglietti di carta probabilmente presi da un taccuino. "Grazie doc, in
effetti ci saranno sicuramente utili..." è la risposta di Andy alla fredda gentilezza del dottore. Preso
dalla curiosità, poi, estrae con cura i due foglietti dalla busta di plastica e li esamina: uno reca
semplicemente la parola "Arrowofmars" scritta a penna e sottolineata due o tre volte, mentre
sull'altro c'e' quello che sembra un numero di telefono seguito dalla frase "per P.R. - J.W. Lesley".
"Un numero di telefono?...Bene, appena possibile bisognerà scoprire di chi è", pensa fra se Andy e,
messi a posto i foglietti nell'involucro di plastica, si muove in direzione delle altre stanze della casa,
pensando di cominciare dal bagno, per poi passare alla camera.
Mentre i tre sono presi dalle loro ricerche, l'agente Muller entra nella stanza e, rivolgendosi
all'agente Lin, dice con tono dimesso: "Ho appena parlato con il personale paramedico qui fuori, e
sembra che la signora Kandiwski abbia superato la fase acuta dello shock. Penso possiate
interrogarla senza troppe difficoltà adesso...".
Luke, prima di parlare con la portinaia, risponde a Ingrid: "Si tratta di un comune lettore di CD. Ora
scusami, ma vorrei andare a parlare con la signora Kandiski". Detto questo, si avvia verso la donna.
"Ok, avvisami se vuoi assistenza", risponde distrattamente Ingrid a Luke. Si volta quindi di nuovo
verso la scrivania. Contempla per un lungo momento il cadavere di Blake, quindi dedica di nuovo la
sua attenzione alla scrivania.
"Se c'era un CD..." mormora cominciando a osservare tutto quanto sta sulla scrivania e ad aprirne i
cassetti, in cerca di una custodia, fosse anche una semplice busta, e prendendo appunti su quanto
trova di interessante. Frugando la scrivania trova un anonimo involucro di plastica che, in teoria,
potrebbe aver contenuto il CD scomparso. Negli stessi cassetti, poi, nota la presenza di alcuni
quaderni e di diversi floppy disk accuratamente riposti in appositi contenitori; ciascun contenitore
era stato etichettato con cura e, per la maggioranza, sembrano fare riferimento ai lavori di ricerca di
Blake.
Quando l'avvenente detective comincia ad esaminare il salotto dell'appartamento, l'agente Wallet le
si avvicina. "Avrei trovato questi nell'armadietto del bagno.", dice porgendole alcuni tubetti di
medicinale, "Sembra proprio che la vittima soffrisse molto di stress; per lo più si tratta di
tranquillanti o sonniferi".
Ingrid non può fare altro che confermare l'ipotesi del collega, cosi risponde: "Credo proprio che tu
abbia ragione; si tratta di tranquillanti, ed anche di un tipo molto forte. In genere vengono prescritti
per la cura di gravi stati d'ansia... Comunque, pensavo di passare al setaccio anche questa stanza...".
"Avevo avuto la stessa idea: diamoci da fare!", replica con un cenno d’assenso Andy.
La stanza, si presentava molto semplice ma, allo stesso tempo, ordinata. Un divanoletto era posto
sulla parete dal lato opposto della finestra, mentre l'armadio ed il comodino con il televisore erano
posti ciascuno su una delle pareti laterali, subito a lato delle porte. Su un piccolo comodino a fianco
del divano, c'era il telefono di casa, mentre vicino alla porta che conduce nel corridoio d'ingresso si
trovava un comune attaccapanni su cui erano posati la giacca e l'impermeabile dell'uomo. Un
accurata ispezione del posto avrebbe richiesto poco più di mezz'ora.
Mentre i loro due colleghi esaminano l'appartamento, gli agenti Lin e Bosley, in presenza del
tenente Muller, pongono diverse domande alla signora Kandiwski cercando di ottenere qualche
informazione sulle ore precedenti al delitto e sulle abitudini di Edward Blake. Questa,
sfortunatamente, non aveva visto rientrare il ricercatore, ma ciò lasciava supporre che egli fosse
tornato a casa dopo le nove di sera.
Secondo il parere della donna, Blake era un uomo tranquillo, sempre dedito al suo lavoro; lo vedeva
uscire ogni mattina con la sua valigetta, ma era un tipo di poche parole. Non le sembra avesse molti
ospiti, e quei pochi che aveva lei non li conosceva affatto. Comunque, le era giunta voce che la sera
si recasse in un Night Club del posto chiamato "Black Roses".
"Signora Kandiwski", esordisce Luke, colpito dalla sua ultima affermazione, "Da chi le è giunta
voce delle frequentazioni di locali del signor Blake? C'è qualche inquilino che conosce meglio di lei
le sue abitudini, o che possa fornirci altre informazioni, magari sui suoi visitatori?".
La signora Kandiwski spiega che Blake frequentava dei vecchi compagni di università e che aveva
ottenuto tale informazione durante una cena di cortesia avuta con l'uomo... Aggiunge, inoltre, che
anche i vicini sapevano delle sue frequentazioni notturne, visto che spesso rientrava a casa dopo le
due di sera e che alcuni di loro frequentano lo stesso Night.
L'agente si guarda intorno, osservando quante porte si aprono sul corridoio, adiacenti a quella di
Blake. "Forse potrebbe essere utile interrogare anche i suoi vicini di appartamento", mormora.
Intanto, Ingrid dà una rapida occhiata al divanoletto, in cerca di eventuali oggetti, quindi
tranquillamente vi si siede. Alza la cornetta, preme il tasto del redial e riattacca la cornetta appena
la voce di un uomo risponde all'altro capo. Poi prende ad osservare meticolosamente il comodino,
nella speranza di trovare qualche indizio utile.
Nello stesso momento, Andy si concentra sulla giacca e l'impermeabile del dottor Blake.
Quasi immediatamente nelle sue mani finisce l'agendina personale del malcapitato, dove sono
segnati gli appuntamenti del dottor Blake fino al giorno 20 Marzo, e sfogliandola più attentamente
l'occhio cade su di una scritta: <<15 Marzo 2002 - Ore 21.30 J.W.Lesley al Black Roses>>.
Gli agenti Lindkvist e Wallet escono dall'appartamento e si avvicinano silenziosamente ai propri
compagni. Dalle loro facce non traspare una grande soddisfazione: avevano appena finito di
perlustrare l'intero salotto, ma senza trovare altri indizi utili al caso. Chiunque avesse ucciso Blake
si era mosso senza lasciare tracce che potessero consentirne una facile identificazione, ed ora non si
poteva fare altro che sperare in qualche testimonianza valida.
L'agente Lin, intanto, riceve il consenso del tenente Muller per interrogare gli altri inquilini dello
stabile. Tuttavia, proprio mentre sta per bussare alla porta accanto a quella dell'appartamento di
Blake, nel corridoio risuona il trillo metallico del telefono domestico del ricercatore...
Frederik si prende qualche secondo per riflettere e risponde con voce calma: "Sono io". E' un po'
rischioso fingersi un altro, ma per il momento era l'unica cosa saggia da fare; sicuramente se avesse
detto la verità avrebbe spaventato l'interlocutore, rischiando di perdere la chiamata... spera solo che
l'altro gli creda...
"Ah, sei tu...", dice il misterioso interlocutore con poca convinzione; non sembrava sicuro di parlare
con Edward, ma era probabile che il forte rumore di traffico non gli permettesse un riconoscimento
agevole. "Scusami, ma ho visto che poco fa mi hai chiamato senza rispondere. Se è per quella storia
dell'allarme, pensavo di passare nel primo pomeriggio, sempre ammesso che tu non vada a lavoro.
Se ci sono problemi puoi passare al negozio; io mi sto recando lì...". Detto questo, l'uomo
riaggancia e l'agente Bosley non può fare altro che riferire il breve dialogo appena intercorso ai suoi
colleghi.
"Qualcuno di noi potrebbe restare qui fino al pomeriggio per vedere se il nostro misterioso
interlocutore si fa vivo", esordisce Luke rivolto ai suoi colleghi. "Io, d'altro canto", aggiunge,
"adesso andrei a parlare con gli altri inquilini che conoscevano le abitudini di Blake".
L'agente Wallet è un po' perplesso. "Sono d'accordo Luke, ma noi non abbiamo idea di chi sia
costui e se avvicinandosi a questo complesso d'appartamenti vedesse i sigilli della polizia non so se
si presenterebbe...". Poi, dopo un attimo di silenzio aggiunge: "Credo sarebbe una buona idea
rintracciare immediatamente il numero che ha chiamato; se non sbaglio, Ingrid, tu te lo sei
segnato... giusto?".
Ingrid scuote al testa. "No, non ho avuto modo di segnarlo. In ogni caso avevo già intenzione di
chiedere i tabulati alla società telefonica. Ma non so in che tempi li avremo". Quindi dice a Bosley:
"Potevi almeno chiedere chi era...". Ritorna poi allo studio e recupera i floppy apparentemente più
recenti. "Non so se ci sia altro che io possa fare, qui." asserisce in tono vago.
Frederik si avvicina all'agente Ingrid, indaffarata a cercare per l'appartamento. Il suo volto non
tradisce emozioni di sorta; estrae gli occhiali da sole dal taschino e li indossa lentamente dicendo
"Se avessi chiesto chi era avrebbe capito tutto. Da come parlava dava l'idea di conoscere abbastanza
bene la vittima, sarebbe stato un rischio inutile". Quindi s'incammina verso la porta e, una volta
soglia, aggiunge "Perchè dobbiamo andarlo a cercare? Verrà qui con le sue gambe nel pomeriggio.
Per quanto riguarda i sigilli, beh... magari ci permettono di rimuoverli per il tempo necessario..." e
prosegue all'esterno dell'appartamento, deciso a interrogare il circondario sulle abitudini di Blake.
Mentre gli agenti sono presi dai loro discorsi, due uomini entrano nella stanza con una lettiga e si
recano nello studio. Il coroner, rivolgendosi ad Ingrid, dice: "Se avete finito di esaminare il
cadavere, pensavo di portarlo all'obitorio per l'autopsia. Del resto, io ed i miei colleghi abbiamo
finito il nostro lavoro qui."
"Certo, dottore, faccia pure", risponde Ingrid al coroner dopo aver scambiato un'occhiata d'intesa
coi colleghi. "Per favore, mi informi immediatamente se emergesse qualcosa di particolare."
aggiunge allungando un biglietto da visita. Il coroner comprende, limitandosi a fare un silenzioso
cenno di assenso con il capo. Si rivolge quindi a Wallet. "Per quel che mi riguarda, magari
scambierei due parole con la signora Kandiwski, e poi andrei in ufficio a dare un'occhiata a questa
roba", dice mostrando i floppy.
Andy è pensieroso. "Mhh… Per i tabulati dovremo sicuramente aspettare, ma almeno gli ultimi due
numeri potrei averli subito", pensa fra se; quindi tira fuori il cellulare e chiama il numero dell'agente
di collegamento con le compagnie telefoniche: "Sono l'agente Wallet, matricola AK02554IH. “Ho
bisogno di informazioni sul numero telefonico 555-134211. Voglio l'ultima chiamata uscente e
l'ultima entrante. In aggiunta voglio avere ogni informazione disponibile sui due numeri in
questione, cioè se si tratta di telefoni privati, aziende o cellulari e se esiste un intestatario, anche nel
caso di un cellulare o di un cercapersone. Se si tratta di una cabina telefonica datemi la locazione
precisa". Una voce femminile all'altro capo del telefono risponde in tono quasi meccanico: "Tutto
chiaro agente Wallet; entro un ora le invierò le informazioni richieste sul suo cellulare..."
I quattro agenti lasciano l'appartamento, mentre il corpo di Edward Blake viene portato via sulla
lettiga avvolto in un telo di plastica nero; Lin e Bosley iniziano ad interrogare i vicini, mentre
Lindkvist e Wallet si intrattengono ancora qualche minuto con la signora Kandiwski per porle delle
altre domande.
La donna, alla vista del cadavere portato via dagli uomini del coroner, torna nuovamente tesa, ma
riesce a rispondere ugualmente alle domande postegli dall'agente Lindkvist. "Ero sul pianerottolo al
solito orario in cui mi dedico alle pulizie...", spiega, "...ed ho trovato la porta dell'appartamento
socchiusa. Incuriosita, mi sono è affacciata all'ingresso ed ha chiamato per un paio di volte il
ricercatore, ma senza ottenere alcuna risposta. Ho pensato ad un furto, o qualcosa del genere... ma
poi, quando ho guardato nello studio... non... non...". Si interrompe bruscamente e scoppia in
lacrime, per poi riprendere singhiozzando. "Lui era li, riverso sulla sedia con il volto deturpato...
sporco di sangue... sono corsa fuori... ho chiamato l'ascensore e sono scesa in guardiola... ho
chiamato la polizia... Non ricordo cosa ho detto. Qualcosa tipo <C’è un cadavere> o non so cosa!
Poi sono rimasta li seduta, non so per quanto tempo... non ricordo... vedevo ancora quel sangue...
che orrore!". Ancora una volta la donna scoppia a piangere, ma stavolta non aggiunge altro.
Ingrid posa delicatamente una mano sulla spalla della donna sconvolta. "D'accordo, basta così, non
si preoccupi", dice in tono gentile. Scambia uno sguardo d'intesa con Andy, "La richiameremo se
avremo ancora bisogno di lei. Ora vada a riposarsi un po'". Quindi si rialza e, dopo qualche
secondo, si rivolge di nuovo a Andy: "Qualcuno di voi ha un portatile con sè? Almeno potremo dare
subito un'occhiata...."
"Credo che Luke abbia portato il suo nel bagagliaio...andiamo a prendere le chiavi della
macchina....poi vedremo cosa ci riservano questi floppy.", dice con un freddo sorriso Andy. Era un
pò scettico sui floppy, purtroppo l'aggressore sembra che si sia portato via l'unica cosa di reale
interesse, cioè il CD. Ma è convinto valga la pena non trascurare niente, per ora nessuna pista è
chiara..solo vaghi indizi.
Dopo aver preso le chiavi della macchina, Andy ed Ingrid si recano all'esterno dell'edificio; la folla
di curiosi del mattino si era ormai allontanata, cosi come il furgone del coroner, che da poco era
partito alla volta del dipartimento di polizia. Prelevato il portatile dal bagagliaio, i due si siedono sul
sedile posteriore e cominciano ad esaminare i vari dischetti prelevati dall'appartamento. Con poco
stupore, tuttavia, si accorgono in breve tempo che tutti sono stati resi illeggibili; forse, con un
software adeguato sarebbe stato possibile recuperare qualche informazione utile, ma questo era un
lavoro che poteva essere fatto solo negli uffici federali.
Andy non è particolarmente seccato dall'impossibilità di leggere i vari dischi: "Me lo aspettavo”,
dice rivolgendosi alla collega, “Penso converrai con me che si tratti di una precauzione di Blake; mi
sa che non c'è altra scelta che farli elaborare alla squadra informatica.”
Proprio mentre l'agente completa quest'ultima frase, il suo cellulare squilla per pochi attimi
indicando l'arrivo di un nuovo messaggio; finalmente, erano riusciti a recuperare i numeri di
telefono da lui richiesti. In realtà, come era logico aspettarsi, si trattava di un singolo numero di
telefono: un comune cellulare intestato a nome di un certo Karl Rusvel, residente a New BedFort
nella 18th Aveneu. Andy legge il messaggio ad Ingrid mentre lo scorre e poi dice: "Bene almeno
abbiamo un altro nome...sarebbe utile una descrizione a questo punto...credo sarebbe inutile fare un
salto alla 18esima, poiché se non sbaglio parlava di un negozio.”
L'agente Lindkvist non nasconde il proprio disappunto; per quanto remota fosse la speranza di
trovare qualcosa di utile nei floppy, era pur sempre qualcosa. Nemmeno l'informazione appena
datale sembra riscuoterla più di tanto. Si limita ad un distratto: "Già... tanto vale aspettarlo qui,
ormai", mentre apre al portiera, scende e si appoggia alla vettura nell'accendersi una sigaretta, come
suo solito, mentre cerca di mettere in ordine le idee tra spirali di fumo.
Nel frattempo, gli agenti Lin e Bosley completano il giro degli interrogatori, ottenendo qualche utile
informazione riguardante le abitudini di Blake ed il suo carattere; in particolare, si rivela molto utile
allo scopo un inquilino del terzo piano, tale Justin Timberlane, P.R. del locale Black Roses.
Il quadro di Blake che emerge mettendo insieme le diverse deposizioni è quello di un uomo molto
legato al proprio lavoro e ligio al dovere; per molti versi, aveva un carattere scostante, ma per chi lo
conosceva bene era anche un tipo affidabile ed onesto. Raramente aveva ospiti a casa, visto che
spesso rientrava tardi o restava lontano per diversi giorni; probabilmente, la maggiorparte dei suoi
incontri riguardavano il lavoro o lo studio.
Doveva aver stretto poche amicizie di recente, visto che era ancora legato ai suoi compagni di
università ma, a detta di Justin, forse aveva una donna con cui talvolta si incontrava al Blake Roses;
la donna in questione dovrebbe chiamarsi Eva, essere alta sul metro e settanta, con capelli corti
biondi e fisico longilineo.
Usciti dall’edificio, i due agenti raggiungono i loro colleghi vicino la vettura, mentre stanno ancora
parlando e scambiano con loro le informazioni ottenute. Poi Luke domanda: "Ragazzi, visto che
dobbiamo aspettare qui fino ad oggi pomeriggio, che ne dite di andare in un ristorante qui vicino a
farci un buon pranzetto e intanto fare un riassunto di quanto abbiamo scoperto?".
Nel sentire l'agente Lin, Andy associa le informazioni da lui trovate: l'appuntamento segnato sul
taccuino, il nome e la residenza del tizio che, presumibilmente, ha telefonato. Poi non fa mancare il
suo assenso alla proposta di un pranzo - "per me va più che bene Luke. Direi che ora sarà il caso di
aspettare questo Rusvelt". Anche l’agente Bosley dà il proprio assenso, ed aggiunge "Direi che per
ora abbiamo fatto abbastanza, ci serve un po' di tempo per riorganizzare i dati... e poi a stomaco
vuoto si ragiona male".
New Bedfort, Distretto Residenziale Martin's
12 Marzo 2002 - Ore 12.55
Guardandosi intorno, Ingrid nota le vetrine della sala ristorante di un albergo posto proprio accanto
all'edificio; potrebbe essere il luogo adatto per un pranzo fugace, visto che gli consentirebbe di
tenere comunque d'occhio la scena del crimine nel caso si facesse vivo Rusvelt.
Nel frattempo, anche il tenente Muller scende in strada e parla con alcuni suoi uomini. Poi,
avvicinandosi agli agenti federali, dice: "Mi è parso di capire che state aspettando un potenziale
testimone, quindi cercherò di rendere la presenza dei miei uomini la più discreta possibile. Ho
chiesto soltanto a due di loro di restare di guardia alla porta tenendo abiti borghesi, mentre ho
congedato temporaneamente gli altri; penso che porremo i sigilli in serata". Aggiunge, infine, con
tono stranamente bonario: "Comunque, mi piacerebbe scambiare quattro chiacchiere con voi
riguardo ciò che pensate del caso. Magari le nostre reciproche deduzioni potranno esserci di
giovamento..."
Come soprappensiero e sempre con la sigaretta in mano, Ingrid si rivolge a rispondere al tenente.
"Non è che abbiamo raccolto molto, direi. E' sicuramente presto per fare delle ipotesi sensate.
Dovremo fare qualche indagine sulla vita privata di Blake, e soprattutto su quella professionale..."
conclude con uno sguardo interrogativo. Anche Bosley guarda il tenente; "Prima di tutto aspettiamo
di vedere il nostro testimone, per ora c'è tempo per ipotizzare".
"Capisco", risponde il tenente ad entrambi. Poi, dopo essersi guardato attorno per pochi istanti,
aggiunge: "Io farei un salto al ristorante qui vicino; se non vi dispiace, potremmo mangiare allo
stesso tavolo...".
"Tenente, mi ha tolto le parole di bocca", esclama cordialmente Luke, "Parleremo meglio insieme
davanti a un bel piatto caldo. Andiamo ragazzi?".
I quattro agenti, insieme con il tenente Muller, si recano nella hall dell'albergo; qui chiedono il
menu del giorno ed un tavolo per cinque persone. Il tavolo scelto è posto vicino una vetrina che
affaccia sul vicolo laterale all'edificio di Blake; è infatti possibile vedere sia il portone d'ingresso
che, in lontananza, la base della scala antincendio. Difficilmente l'ingresso di Rusvelt (o di chiunque
altro) sarebbe passato inosservato da quella posizione.
Mentre il gruppo aspetta il pranzo nel ristorante, Ingrid si attarda qualche momento fuori, fumando
una sigaretta e osservando i colleghi al tavolo. Luke, intanto, ordina il suo pranzo, scegliendo tra i
piatti migliori. "Oggi offro io", propone agli altri, iniziando a sgranocchiare nervosamente qualche
grissino in attesa della prima portata.
Poi inizia a parlare con Muller, inizialmente di argomenti spiccioli, poi del caso, presentando gli
indizi recuperati e chiedendo il parere del tenente sugli aspetti oscuri della vicenda. Dal canto suo si
pronuncia fiducioso di riuscire a recuperare qualcosa dai floppy danneggiati: esistono software
capaci di fare miracoli e lo FBI dispone di ottimo personale tecnico qualificato per questo tipo di
operazioni.
Andy partecipa a sua volta, ma con discrezione, al dialogo tra il tenente e Luke. Non è fiducioso
quanto l'agente Lin sul recupero dei dati dai dischetti, e si pronuncia scettico e poco propenso ad
impegnare risorse per questo - "ma d'altro canto non ci dovrò certo impazzire io" è il suo commento
più coinvolgente sulla questione. Un aspetto che però mette in evidenza è che ci sono alcune
persone da incontrare, come Rusvel, Lesley e la fantomatica Eva. Inoltre il P.R. appena incontrato
dai colleghi può essere un ottimo contatto al Black Roses, per il momento le piste da battere sono
diverse.
Il tenente Muller ascolta con attenzione quanto gli viene riferito dagli agenti e, come Andy, sembra
alquanto scettico riguardo la possibilità di recuperare informazioni utili dai dischetti e dal portatile
del ricercatore. Inoltre, si mostra maggiormente interessato ai dettagli riguardanti l'omicidio e la
scena del crimine.
Una delle cameriere dell'albergo comincia a servire al tavolo le pietanze richieste e Luke non tarda
ad accaparrarsi il primo piatto posto sulla tovaglia. Anche Ingrid, che nel frattempo ha terminato la
sua terza sigaretta, torna al tavolo e prende posto.
Mentre la cameriera serve il suo piatto, il tenente di polizia parla rivolto a Ingrid: "Agente
Lindkvist... giusto?.. Se non sbaglio è lei che ha esaminato lo studio di Blake. Mi piacerebbe sapere
che opinione si è fatta dell'omicida; personalmente, non mi sembra si tratti di un tentativo di furto
finito male e manca il tipico disordine lasciato dai topi d'appartamento. Anche se adesso l'indagine è
passata ai federali, mi toccherà ugualmente stendere un rapporto su quanto ho rinvenuto stamattina,
ed avere qualche opinione in più potrebbe tornarmi utile..."
Bosley ha sentito la discussione fra il tenente e l'agente Lindkvist e si permette di intervenire "Ho la
netta sensazione che volessero proprio far fuori Blake per un motivo valido, forse perchè sapeva
qualcosa... era un ricercatore genetico, no? Probabilmente aveva scoperto qualcosa che dava fastidio
a qualcuno oppure di cui qualcuno voleva impadronirsi... d'altronde mancava un cd-rom nello
studio di Blake, giusto?" lascia cadere la frase nel vuoto, aspettando le reazioni, intanto si accomoda
meglio sulla sedia e inizia il suo pranzo senza aggiungere altro.
All'intervento dell'agente Bosley, Andy fa un vago accenno di assenso col capo, per poi aggiungere
"E' sicuro che l'omicida in qualche modo volesse uccidere Blake, non è sicuramente accaduto in una
colluttazione....anzi io sono convinto che Blake avesse paura di eventuali intrusioni, chiamiamole
così. Ma d'altro canto sono anche propenso a credere che la vittima si fosse coscientemente inserita
in un giro losco...lunghe assenze da casa, incontri clandestini in un night club e l'installazione di un
possibile allarme mi fanno pensare che Blake si rendesse conto dei rischi che stava correndo....ma
non ha fatto in tempo a prendere le dovute precuazioni. Penso esistano pochi dubbi riguardo il fatto
che i problemi del professor Blake siano correlati alla sua professione, dalle testimonianze raccolte
è emerso un profilo dedito quasi esclusivamente a quest'ultima. Dobbiamo ora capire se colui cui ha
pestato i piedi è chi il lavoro glielo dava, o invece qualche soggetto esterno."
Un sorriso vagamente sarcastico si dipinge sul volto della Lindkvist, mentre Wallet espone la sua
teoria. "Beh, agente Wallet, io non salterei così alle conclusioni. L'unica pista che mi sento di
escludere con ragionevole certezza è quella della rapina. Per il resto, molte ipotesi restano aperte.
Dovremo farci un quadro più preciso della personalità di Blake, prima di capire in che direzione
guardare."
Muller non sembra particolarmente soddisfatto delle risposte ricevute; forse si aspettava qualche
certezza in più e, di certo, tante supposizioni non avrebbero certo giovato alla stesura del suo
rapporto. Decide, quindi, di dedicarsi interamente alla propria portata, mangiandola avidamente ed
accompagnandola con lunghe sorsate di birra.
Il pranzo è quasi giunto al suo termine quando un furgone con l'insegna della "Rusvelt Electronics"
parcheggia nel vicolo posto proprio innanzi alla vetrata del ristorante. Ne scende un uomo sulla
trentina, con corti capelli ossigenati ed una giacca di pelle chiodata. Possibile che un simile
individuo sia l'uomo con cui Frederik aveva parlato al telefono?
"No! Proprio ora che stava arrivando il dolce!", sbotta Luke, facendo notare agli altri il nuovo
venuto. "Però forse ora avremo le prime risposte", aggiunge alzandosi da tavola per saldare il conto,
ricordando al contempo alla cameriera di incartargli la crostata al fine di poterla consumare più
tardi.
L'agente Wallet non può trattenere un sorriso alle parole di Luke, evidentemente gli anni di
collaborazione bastano a far apprezzare tutte le sfumature di carattere di una persona.
Rimpiange di non conoscere altrettanto bene Ingrid che, a quanto pare, ha un approccio
comprensibilmente differente dal suo. Con calma si alza dal suo posto ed esce dal ristorante, senza
aspettare che Luke saldi il conto.
Frederik si alza velocemente dal tavolo. "Speriamo che il nostro uomo non ci crei problemi..." dice
seguendo i colleghi fuori dal ristorante, "Cosa dobbiamo fare con lui?" chiede indicando l'uomo con
un cenno della testa.
"Abbiamo un motivo per recitare una qualche commedia?", risponde Ingrid al collega mentre si
accende una sigaretta, "E, se si, quale?"
"Direi di no" è l'atona riposta dell'agente Wallet, "Da quello che ci ha detto Frad e da come si è
comportato al telefono, questo Risvell dovrebbe conoscere Blake, però potrebbe essere il caso di
non dire subito che Blake è stato ucciso...."
Mentre gli agenti discutono fra loro sul da farsi, Rusvelt, che non sembra essersi accorto di loro, si
infila a passo svelto nel portone dell'edificio.
Nel frattempo anche Muller si alza dal tavolo, prendendo con se la sua bottiglia di birra non ancora
finita, e avvicinatosi al gruppo dice in tono ironico: "Cosi sarebbe quello il vostro testimone;
scommetto che alla narcotici avranno già la sua scheda personale..."
"Uhm, già. Non è granchè come testimone, ma vedremo di farlo bastare... per adesso." è la risposta
di Bosley alle parole di Muller, "Non diciamogli che il suo conoscente è morto, potrebbe reagire
male. Ehi Wallet che ne dici di inscenare la commedia del poliziotto buono e di quello cattivo?
Ovviamente se dovesse essercene bisogno..." e l'agente si dirige a passo deciso verso il palazzo di
Blake, poi si gira un'ultima volta verso Wallet "Ah! Dimenticavo, a me piace fare il cattivo..."
"Peccato non avere già uno di noi pronto ad aspettarlo nell'appartamento", esclama Luke unendosi
gli altri. "Ad ogni modo, raggiungiamolo subito, magari lasciando qualcuno fuori ad aspettarlo
vicino al furgone casomai cercasse di fuggire". E detto questo, si precipita fuori dal locale insieme
ai suoi colleghi.
"Non credo che fuggirà, ma diamoci comunque una mossa" conferma Ingrid affrettandosi a sua
volta. "Ad ogni modo, intendo esserci, alla chiacchierata".
"D'accordo, ci parlo io con questo Rusvelt...ora muoviamoci. Frederik, con me!" esclama Andy in
risposta all’agente Bosley, e si affretta a raggiungere questo presunto testimone.
"Ho capito, resto io all'uscita del palazzo, anche se mi piacerebbe parlare con Rusvel, penso che voi
saprete fare un ottimo lavoro di 'persuasione'...", commenta l'agente Lin uscendo dal ristorante.
Andy avanza a passo svelto verso l'entrata dell'edificio, seguito a breve da Frederik e da Ingrid,
mentre Luke ed il tenente Muller restano vicini al furgone.
Andy è il primo a giungere nell'atrio del palazzo, ed al suo ingresso Rusvel si trova vicino
all'ascensore in attesa che questo giunga al piano. Era interessante notare come, nonostante il gran
movimento creatosi intorno alla sua venuta, non si fosse ancora accorto di nulla; anzi, mentre
aspetta l'ascensore, oscilla la testa a destra e sinistra canticchiando qualcosa a voce bassa.
Quando Bosley e Andy sono ancora ad una certa distanza da Rusvel Bosley si rivolge al collega
"Aspettiamo di essergli più vicini prima di parlargli... odio quegli idioti dei film che gridano
'Polizia! in alto le mani!' è ovvio che qualunque malvivente scapperebbe... che ne dici di prendere
l'ascensore con lui? Una volta dentro lo stoppiamo e sarà nostro... o dici che potrebbe spaventarsi?
Uhm, forse sarebbe esagerato, oh al diavolo! Parliamogli e facciamola finita..."
Un sorriso ironico si dipinge sul volto freddo di Andy, mentre avvicinandosi a Rusvel dice
all'agente Bosley: "Calma Fred. Sempre la smania di apparire. Questo tizio non ha fatto nulla, ci
avviciniamo e gli facciamo due domande semplici: chi è e perchè si trova qui. Poi ci si apre un
ventaglio di possibilità".
Bosley si volta repentinamente verso il collega strabuzzando gli occhi "Non mi piacciono i
diminutivi, mi chiamo Frederick o Bosley se preferisci, intesi?" dopodichè tira dritto accanto ad
Andy.
Con calma glaciale avanza un passo avanti a Bosley ed osserva Rusvelt; potrebbe indossare delle
cuffie dato l'ondeggiare ritmico della testa. Un tocco sulla spalla "Signore, mi scusi...", intanto che
con una mano mette mano al tesserino dell'FBI.
Ingrid si tiene deliberatamente defilata, un paio di passi più indietro rispetto ai colleghi, dandosi il
più possibile l'aria vagamente incuriosita dalla discussione, come se fosse lì giusto per prendere
quall'ascensore.
Al tocco di Andy, l'uomo si volta ed istintivamente porta la mano all'orecchio sinistro, dove tiene
una piccola radiolina ad auricolare; poi, con fare fra il perplesso ed il preoccupato, accenna una
timida risposta: "Ehm... Desiderano? Se è per una polizza assicurativa, non sono interessato. Ho già
una buona compagnia...".
Le flebili parole del presunto Rusvelt rimbalzano sull'espressione fredda dell'agente Wallet, che
mostra il tesserino aperto con la mano sinistra, vicino al volto, affinché il tizio non abbia dubbi sulla
sua identità. Il gesto è accompagnato da parole dirette, che ammettono scarsa replica "Se permette,
vorrei vedere un suo documento di identità, poi dovrà rispondere ad alcune domande, a cominciare
da perchè si trova qui."
Rusvel quasi sobbalza quando Andy gli mostra il tesserino dello FBI e, dopo aver frugato almeno
tre tasche fra giacca e pantaloni, prende la carta d'identità e la consegna all'agente. Mentre esegue il
gesto, dice in tono confuso: "No... niente... cioè... passavo per un amico. Nulla di grave spero...".
Nel frattempo, l'ascensore giunge al piano e le porte metalliche si aprono lentamente scorrendo
nella parete.
Dopo aver controllato il documento d'identità l'agente Wallet lo restituisce prontamente ed,
all'aprirsi delle porte dell'ascensore, fa un cenno col capo e dice: "Signor Rusvel, sono sicuro che
non le dispiacerà prendere l'ascensore con noi e fare quattro chiacchiere....ci dica, a chi è venuto a
fare visita?" Sale, quindi, sull'ascensore mentre pronuncia queste ultime parole ed aspetta, poi, che
anche Rusvel e Bosley salgano.
Rusvel sale nell'ascensore limitandosi ad annuire alla richiesta dell'agente, mentre Bosley si tiene
alle sue spalle ed entra dopo di lui. L'uomo, con fare impacciato, risponde dopo qualche
tentennamento alla domanda di Andy: "Dovrei salire al quinto piano; avevo preso un appuntamento
con il sig. Blake finito l'orario di lavoro al negozio.". Dopo un momento di riflessione, aggiunge:
"Suppongo non sia un caso che mi abbiate fermato, visto che non vi ho notati mentre entravo nel
palazzo. E forse successo qualcosa? Vi assicuro che la mia fedina penale è più candida del velo di
una sposa..."
Bosley si sfila lentamente gli occhiali per riporli nel taschino "Vogliamo solo farle qualche
domanda e poi la lasceremo in pace, d'accordo? Innanzitutto vorremmo sapere che tipo di rapporto
c'è fra lei e il signor Blake" l'agente assume un'aria leggermente interrogativa continuando a fissare
l'uomo...
"Siamo amici di vecchia data, anche se non ci frequentiamo molto spesso. Ultimamente mi aveva
chiesto il preventivo per un impianto d'allarme, e passavo di qui giusto per definire gli ultimi
dettagli al riguardo." risponde Rusvelt con fare sempre meno convinto. Andy nota che l'uomo
cambia espressione per un attimo mentre ascolta le parole del suo collega.
Bosley annuisce, "Si ricorda qualcosa in particolare che l'ha colpita? Pensi agli ultimi mesi... è
accaduto qualcosa di strano o qualcosa che le ha dato da pensare?"
"Non saprei. Ultimamente era più taciturno del solito ma, in confidenza, mi disse che non si sentiva
sicuro in casa propria; non so se fosse il troppo lavoro o altro, ma mi era parso molto preoccupato.
Inoltre, mi ha contattato con molta insistenza per il sistema d'allarme, chiedendomene uno dei più
sofisticati attualmente in commercio." risponde Rusvelt. Poi, con una certa preoccupazione,
aggiunge: "Gli è forse successo qualcosa?"
Mentre i tre discutono nell'ascensore, Ingrid si avvicina al gruppo e, mostrato il suo tesserino a
Rusvelt, saluta i colleghi. "Continuate pure come se non ci fossi...", aggiunge terminate le
presentazioni.
Andy segue con interesse il dialogo tra l’agente Bosley e Rusvelt, accigliandosi un po' quando nota
che quest'ultimo si sta agitando, ma decide di lasciar continuare Frederik, ritenendo inopportuno
introdursi nella discussione. Proprio mentre sta per schiacciare il pulsante del 5° piano, attende
qualche secondo per permettere ad Ingrid di salire e di presentarsi, per poi avviare la cabina verso
l'alto.
L'ascensore sale lentamente fra il silenzio generale dei quattro; in quel momento sembrava che
Rusvelt pendesse dalle labbra dell'agente Bosley, in attesa di un qualche chiarimento riguardo le
condizioni dell'amico. Quando le porte si aprono sul quinto piano, l'uomo non può fare a meno di
notare la presenza dei due uomini di Muller posti nei pressi della porta dell'appartamento di Blake;
ormai era per lui evidente che qualcosa di grave fosse accaduto.
"Polizia..!?", dice Rusvelt con tono fra lo stupito ed il preoccupato. Poi si rivolge a Frederik ed
aggiungere con fare quasi aggressivo: "Agente! Mi dica cosa è successo ad Edward!"
Bosley capisce che ormai certi giochetti sono inutili; quell'uomo non aveva colpe ed aveva il diritto
di sapere la verità, anche se gli avrebbe fatto male. "E' morto signor Rusvelt.", dice in tono freddo,
"Abbiamo motivo di credere che il suo omicidio c'entri col suo lavoro, ma per adesso non posso
aggiungere altro; siamo ancora in piena indagine."
Rusvelt pare scosso dalla risposta ricevuta ma, senza dire parola, preme il pulsante per il pian
terreno ed, appena l'ascensore inizia a scendere, torna a parlare quasi sotto voce. "Sapevo sarebbe
finita cosi", dice, "C'era troppo di grosso in ballo. Purtroppo non conosco i dettagli, perché Edward
mi ha volutamente tenuto all'oscuro di tutto. So solo che aveva scoperto qualcosa alla O.S.I.R.
Corporation e che intendeva divulgare le informazioni raccolte alla stampa; non ho idea di quanto
lui fosse coinvolto nella faccenda."
Le porte dell'ascensore si aprono sull'ultima frase di Rusvelt e, dopo un momento di silenzio, egli
aggiunge quasi in un sussurro: "Trovate la donna di Edward; lei forse potrà dirvi qualcosa in più."
Frederik ha ancora una domanda e, prima che l'uomo si allontani, chiede: "La sua donna? Uhm... è
quella del Black Roses, vero?".
Voltandosi per l'ultima volta, l’interpellato risponde: "So soltanto che si chiama Eva e che si
frequentavano in un night del posto. Fate attenzione, però: forse anche lei è sulla lista di chi ha
ucciso Ed...". Detto questo, l'uomo lascia l'edificio tornando verso il furgone.
Mentre vede avvicinarsi Rusvelt, l'agente Lin nota l'espressione dura sul suo volto e capisce subito
che doveva aver saputo dell'accaduto. Scambia una rapida occhiata con Muller e poi una seconda
con l'agente Bosley, il quale gli fa cenno di lasciarlo passare: evidentemente, con lui avevano finito.
L'uomo sale sul furgone e, dopo aver dato gas per qualche secondo, riparte allontanandosi dalla
zona seguito dallo sguardo silenzioso di Ingrid, che sembrava aver intuito qualcosa in quel preciso
momento.
Intanto, il cielo stava tornando a coprirsi; forse era in arrivo un nuovo temporale.
New Bedfort, Distretto Residenziale Martin's
12 Marzo 2002 - Ore 14.10
Dopo la partenza di Rusvelt, i quattro agenti si radunano all'ingresso dell'edificio per scambiarsi
qualche opinione e discutere sulla svolta da dare alle indagine. Intanto, il tenente Muller si tiene
momentaneamente in disparte per effettuare una telefonata dal proprio cellulare.
L'agente Lin scruta i suoi colleghi: "Che si fa ora?", esordisce. "Io vorrei tornare in ufficio per
esaminare il portatile ed i dischi, poi la sera potremmo recarci al locale". Quindi si volta nella
direzione in cui è sparito il furgone di Rusvelt ed aggiunge: "Secondo voi dovremmo tenerlo sotto
controllo?".
"Ha avuto una certa fretta di andarsene...", commenta Andy. "Inoltre sembra sappia qualcosa di più
di quanto non volesse mostrarci. Certo era scosso, ma mi ha dato l'impressione che temesse già che
qualcosa del genere potesse capitare a Blake. Io lo farei tenere d'occhio, quantomeno per capire
quanto fosse coinvolto in questa faccenda."
"Come minimo, io gli metterei sotto controllo i telefoni", replica Luke.
"Anche qualcosa in più…", aggiunge Ingrid, "Non mi stupirei più di tanto se il nostro Rusvel si
mettesse ad indagare per i fatti propri. Spero solo non si metta in testa di fare idiozie."
Accendendosi poi una sigaretta con non curanza, dice: "Comunque, io per le indagini scaverei un pò
anche nell'OSIR. La dinamica del delitto è tutto fuorchè normale. Messa così, sembra che Blake sia
stato eliminato perchè sapeva troppe cose, più che per spionaggio industriale... voi che ne pensate?".
"Abbiamo troppe ipotesi e poche prove”, interviene Bosley, “Aspetterei un pò prima di mettere altra
carne al fuoco. Intanto piantoniamo Rusvelt, qualcuno di noi può andare dalla signorina Eva al
Black Roses, sono già due incarichi non da poco". Detto questo, indossa di nuovo gli occhiali che
aveva tolto per parlare con Rusvelt e si stringe nel cappotto di pelle nera.
Luke esclama: "Propongo di tornare in ufficio, tanto il Night non aprirà prima di sera. E poi, sono
ansioso di dare un'occhiata al notebook con i migliori mezzi del nostro laboratorio".
Fa una piccola pausa e poi aggiunge: "Possiamo fare una buona cenetta da qualche parte e recarci
nel locale notturno per proseguire le indagini, oppure andare a mangiare direttamente nello stesso.
Che ne dite?".
"Per me si può anche rientrare", concorda Ingrid. "Quanto al night, avete già idea di che tipo di
locale sia? Voglio dire", aggiunge con un sorriso, "è del tipo in cui la mia presenza si noterebbe
come un faro?"
"Dall'aspetto del PR e da quanto sappiamo di Edward non credo", risponde con qualche perplessità
Luke. "Penso, piuttosto, che si tratti di un comune locale di periferia cittadina; un posto tranquillo in
cui incontrare gente o parlare con gli amici."
"Torniamo in ufficio", asserisce l’agente Bosley. "Avevo intenzione di prendere qualche gingillo
che potrebbe servire, e poi anche se non siamo al Black Roses puntuali per l'orario di apertura fa lo
stesso, anzi attireremmo meno l'attenzione se arrivassimo un po' dopo...", Frederik osserva per un
po' i colleghi e aggiunge rivolto a Luke "Anch'io sono curioso di analizzare il portatile di Blake,
speriamo di cavarci qualcosa da quel maledetto arnese!"
Terminata la telefonata, il tenente Muller si avvicina nuovamente agli agenti. "Allora, se non avete
più bisogno di me e dei miei uomini, io apporrei i sigilli all'appartamento e tornerei in centrale.
Penso che presto riceveremo la visita di qualche giornalista; per ora non abbiamo diramato alcuna
informazione, ma è risaputo che certe notizie corrono..."
"Penso possa andare tenente ma, naturalmente, rimaniamo d'accordo che in caso di novità ci fate un
fischio", replica Andy. Quindi, cambiando discorso, aggiunge: "Frederik ha ragione: è inutile
precipitarsi al Black Roses così presto. Dubito inoltre che lo stesso Blake ci si recasse prima di sera
tardi." Un breve pausa per prendere una delle sigarette che fuma con moderazione, per poi dare la
sua opinione ad Ingrid. "Credo anch'io che questo posto sia normalmente frequentato da donne,
perciò la tua presenza non si dovrebbe notare.", uno strano sorriso si dipinge poi sul volto di Andy.
"O, quantomeno, in un locale come quello non si noterà la cortina fumogena che ti avvolge
costantemente! A proposito: hai un fiammifero?"
Frederik guarda per un attimo i colleghi e se stesso, e poi con fare sarcastico sbotta: "Avete
intenzione di entrare al Black Roses vestiti in questo modo? I nostri abiti sembrano dire: ehi! sono
uno sbirro! Opterei per qualcosa di più casual, non trovate?" poi, rivolgendosi ad Ingrid con un
sorriso sornione, aggiunge: "Come ti sta la minigonna, collega?"
"Ti direi malissimo", risponde Ingrid porgendo una scatola di fiammiferi a Wallet con un sorriso
d'intesa. "Ma sono sicura che ne vorrai una dimostrazione pratica, vero?", conclude sarcastica.
Ricevuto il beneplacito degli agenti, il tenente Muller chiama tre suoi uomini e si avvia nuovamente
all'interno dell'edificio per apporre i sigilli alla scena del crimine; aveva assunto nuovamente un
espressione seria e distaccata, forse per non sfigurare in presenza dei suoi sottoposti.
"Salgo con voi", dice l'agente Lin portandosi rapidamente al suo fianco. "Vorrei eseguire un rapido
rilievo fotografico dell'appartamento e prelevare il portatile della vittima; penso che lo faremo
analizzare dai nostri uomini al dipartimento federale."
"Nessun problema", spiega il tenente. "Se preferisce, posso spedirle per raccomandata le foto
scattate in mattinata dagli agenti della scientifica, cosi potrà osservare la scena cosi come si è
presentata al nostro arrivo. Dovrebbero essere pronte entro questa sera."
"Grazie infinite del suo aiuto, tenente", risponde Luke stringendogli con vigore la mano. "Spero che
la nostra collaborazione ci permetta di risolvere il caso". Poi l'agente federale sale al piano superiore
e cerca di fare del suo meglio per fotografare ed esaminare un'ultima volta la scena del delitto.
***
New Bedfort, Night "Black Roses"
12 Marzo 2002 - Ore 21.10
L'agente Wallet parcheggia l'auto in un'area di sosta ed, insieme con i suoi colleghi, scende dalla
vettura. Il cielo sopra le loro teste era plumbeo ed in lontananza si potevano scorgere dei lampi che
di tanto in tanto solcavano le nubi; era evidente che di li a poco sarebbe scesa una pioggia
torrenziale.
"Allora, Luke: dove sarebbe questo locale?", chiede l'agente rivolgendosi al collega.
"Secondo la carta stradale della città si trova lungo la strada alla nostra destra. Penso non sarà
difficile notarlo.", risponde in tutta calma l'agente Lin. Non poteva vantare una personale
conoscenza dei quartieri di New Bedfort ma, durante il suo rientro al Dipartimento di Boston, aveva
avuto cura di caricare sul proprio palmare la topografia di New Bedfort, includendo la locazione di
tutti i locali della città oltre che delle diverse strade; senza di quella, pensava fra se, avrebbero
impiegato il doppio del tempo ad arrivare sul posto.
"Bene. Allora muoviamoci, prima che inizi a piovere", e la secca risposta di Ingrid, che sembrava
sinceramente preoccupata per le condizioni del tempo e, soprattutto, per il suo vestito da ottocento
dollari.
I quattro agenti si incamminano lungo la strada indicata da Luke, con gli agenti Bosley e Wallet in
testa; il vento soffia con forza sui loro volti e, scorrendo attraverso gli edifici, solleva fogli di
giornale e nubi di polvere. Il quartiere non poteva di certo definirsi una novella Las Vegas, ma
aveva una sua bellezza caratteristica che riportava alla mente le strade delle piccole cittadine
londinesi; non si vedeva molta gente in giro, ma questo era probabilmente imputabile all'imminente
arrivo del temporale.
"Come è andata con quel portatile?", chiede Ingrid rivolta a Luke mentre si stringe nel cappotto del
suo abito.
"Nessuna novità per ora", replica il collega. "L'ho lasciato nelle mani dei nostri esperti
d'informatica. Per ora mi hanno solo spiegato che il sistema è stato danneggiato mediante una forte
scarica elettromagnetica; è inoltre assai probabile che i dischetti che hai trovato nella scrivania di
Blake siano stati danneggiati allo stesso modo."
"Pare proprio che il nostro uomo avesse intenzione di ripulire l'appartamento da ogni possibile
prova", aggiunge seccata l'agente. Poi riprende cambiando argomento: "Piuttosto, il direttore mi ha
passato in ufficio un nuovo fascicolo riguardante Blake; pare che si fosse licenziato dalla O.S.I.R.
circa una settimana fa."
"Sembra che la pista cominci a farsi più chiara...", replica Frederik voltandosi per pochi istanti
verso i due. "Hai scoperto altro, Luke, quando sei entrato per la seconda volta nell'appartamento?"
"Nulla in più di quanto non avessero già trovato Andy ed Ingrid; ma ho come l'impressione che
l'assassino sapesse esattamente dove cercare ciò che gli interessava", risponde l'agente, per poi
aggiungere in tono serio: "Forse la paranoia di Blake era più che fondata..."
Riflettendo sulle ultime parole di Luke, i quattro agenti giungono in vista del Black Roses;
dall'aspetto sembrava un normalissimo Night Club di provincia, frequentato da gruppi di amici e
coppie di fidanzati. Un uomo con indosso un lungo cappotto scuro era intento a fumarsi una
sigaretta fermo all'ingresso del locale; dal cartellino che portava sul vestito e dall'auricolare
all'orecchio destro era evidente che si trattasse di uno degli addetti della sicurezza.
Quando il gruppo si appresta ad entrare nel locale, l'uomo di guardia stende il braccio e, toltasi la
sigaretta di bocca, li scruta attentamente. Adocchiato il calcio dell'automatica che emerge dalla
giacca dell'agente Bosley, commenta poi con tono rude: "Spiacente: ma se volete entrare dovete
posare l'arsenale che vi portate dietro. Non vogliamo problemi in questo locale."
"Cominciamo bene" è il pensiero nella mente di Ingrid mentre con noncuranza si accende la prima
sigaretta della serata, avendo cura di non far notare la rivoltella infilata nella borsetta; forse non è
stata una buona idea portarsi le pistole. Lasciarle in vista, poi!
L’agente Bosley, colpito dall'abilità dell'agente di sicurezza, mormora una mezza imprecazione e
comincia a chiedersi come comportarsi. Si volta, quindi, verso i colleghi ed, avendo cura di non
farsi sentire dall'uomo alle sue spalle, chiede: "Cosa si fa ora? Non possiamo far capire chi siamo
ancor prima di entrare! Se nessuno ha idee migliori, suggerirei di posare le armi in macchina prima
di entrare nel locale".
Luke gli si avvicina e sussurra: "Credo ormai abbia capito che siamo agenti: io propongo di
dichiararci tali e, ad ogni modo, la pistola la porto comunque a meno che lui non se ne accorga".
"Stiamo facendo la figura dei pivelli!", è il pensiero spazientito di Ingrid, che quindi commenta a
voce alta e con tono conciliante, "Frederik, non sei in servizio, e se questo locale ha un buon
servizio d'ordine non credo proprio che subirò un tentativo di stupro all'interno per il quale dovrai
difendermi". Chiude la frase sorridendo ed abbracciando affettuosamente il collega.
Notando il passaparola fra i quattro agenti ed udendo la frase di Ingrid, l'uomo alla porta interviene
rivolgendosi a Frederik: "Se non è un problema, possiamo prendere in custodia la sua pistola fino a
quando non siate uscito dal locale."
L’agente sospira. Lentamente estrae l'arma dalla fondina e la passa all'uomo. "Mi raccomando, ci
tengo molto..." aggiunge con un sorriso per spezzare la tensione. "Va bene, allora possiamo entrare"
dice rivolto agli altri e si accinge a fare il primo passo dentro il locale.
L'uomo prende la pistola dell'agente e la osserva per alcuni secondi. "Potevate dirlo subito che siete
degli agenti governativi", dice con un abbozzo di sorriso mentre tende nuovamente l'arma al suo
legittimo proprietario. "Sapete, prima di lavorare come guardia giurata, ho prestato servizio nella
DEA per quasi 10 anni; poi, dopo un brutto scontro a fuoco in cui rischiai di perdere l'uso di una
gamba, decisi di passare ad un'occupazione più tranquilla. Comunque, ho ancora buona memoria
delle varie armi d'ordinanza e la vostra è praticamente inconfondibile."
L’agente prende nuovamente la sua pistola e la ripone nella fondina prima di rispondere: "Nessun
problema; ma vogliamo restare in incognito per ora, quindi non ne faccia parola con nessuno..."
L'uomo annuisce con un cenno del capo per poi lasciar entrare il gruppo.
Scesa una piccola rampa di scale, gli agenti raggiungono la sala principale del locale; l'ambiente è
illuminato da una luce soffusa ed un paio di cameriere vestite con eleganza si muovono fra i tavoli
servendo poco più di una trentina di ospiti. Sul fondo, su di un piccolo palco rialzato, è in corso
l'esibizione di un giovane pianista blues vestito di un rilucente frac bianco. Ingrid nota senza
difficoltà il banco dei liquori posto sulla destra del palco, in una rientranza della sala, e lo indica ai
suoi colleghi con un cenno della mano; non vedeva nessuno seduto sugli sgabelli ed il barman stava
distrattamente asciugando alcuni bicchieri.
Dopo pochi secondi, una delle cameriere si avvicina al gruppo e, con un sorriso, chiede gentilmente:
"Volete accomodarvi ad uno dei tavoli, signori?".
Quasi ignorando la cameriera e separandosi dal resto del gruppo, Andy si dirige verso il bancone,
prendendo una delle sue sigarette ed accendendola. Arrivato al bar ordina: "Un burbon ed una birra,
per favore". In attesa di essere servito, ruota sullo sgabello appoggiandosi poi al piano del bancone
e comincia ad osservare l'ambiente, le facce ed i movimenti all'interno del locale.
Luke rimane un po' spiazzato dalla reazione del suo collega, quindi sorride alla cameriera: "Be'... io
accetto volentieri. Che ne dite ragazzi? Offro io il primo giro".
Mentre il barman serve il burbon richiesto dall'agente Wallet, gli altri tre membri del gruppo
vengono accompagnati ad uno dei tavoli della sala dalla giovane cameriera.
"Cosa prendete?" chiede in tono allegro la ragazza.
Data una rapida scorsa al menù, l'agente Luke risponde con un ampio sorriso: "Mi porti un
aperitivo, una porzione di roastbeaf ed una fetta di dolce al limore, grazie. Ah... E da bere mi porti
del vino bianco."
"Per me solo il roastbeaf ed una birra", sbotta l’agente Bosley in tono seccato mentre lancia un
occhiata fulminante al collega; erano lì per raccogliere informazioni e non per ingozzarsi!
"Io mi accontento di un'insalata russa con contorno di patate", conclude Ingrid. Si sentiva
decisamente stanca e priva di appetito; non aveva ancora avuto modo di smaltire gli effetti del
viaggio da Londra a Boston e, ripensandoci, sarebbe rimasta volentieri a casa.
Prese le ordinazioni la cameriera annuisce e dice: "Bene, pazientate qualche minuto". Quindi si
allontana con un sorriso.
Mentre attende la cena, Luke si guarda intorno, alla ricerca di una donna che corrisponda alla
descrizione fisica fatta dal vicino di Blake.
"Secondo me", esordisce "Dovremo far vedere una foto del nostro uomo alle cameriere. Se lui
frequentava il locale assiduamente, loro potrebbero darci informazioni non solo sulla donna ma
magari anche sulle altre persone che Blake può avere incontrato qui. Soprattutto negli ultimi
giorni".
L'agente Bosley è pensieroso e si rivolge a Luke senza distogliere lo sguardo dalla clientela del
locale: "Aspetterei ancora un po' prima di fare domande; vediamo se riusciamo a trovare la nostra
donna qui in mezzo." Purtroppo, fino a quel momento, non gli era parso di vedere nessuno
rispondente alla descrizione avuta da Justin, ma sperava che potesse giungere più sul tardi.
"Il buorbon andrebbe sorseggiato con acqua ghiacciata....non con una messicana
d'accompagnamento!" e' il pensiero dell'agente Wallet, che all'angolo opposto del locale osserva
silenziosamente i colleghi che prendono posto e fanno le loro ordinazioni.
Purtroppo non era riuscito ad individuare Eva tra la clientela del locale, ma era pronto a fare un
cenno a Bosley non appena l'avesse vista.
Il minuti scorrono lentamente, ma ne Andy ne Frederik riescono a notare una persona rispondente
alla descrizione avuta da Justin presso l'abitazione della vittima. Neanche il locale sembrava
passarsela bene, comunque: dal loro arrivo, i due agenti avevano notato l'ingresso di appena sei
persone, mentre altre quattro ne erano uscite.
Ormai, le speranze di incontrare la fantomatica Eva cominciavano ad affievolirsi e diverse ipotesi si
facevano strada nella mente degli agenti. Che la donna avesse già saputo della morte di Blake? Che
i due avessero l'abitudine di incontrarsi prima di recarsi al locale? Forse, come supposto da Rusvel,
qualcun'altro era già sulle sue tracce?
"Eccomi a voi!". La voce della cameriera libera l'agente Bosley dalla morsa dei suoi pensieri,
facendolo tornare alla realtà. La osserva per qualche istante mentre serve le bevande ordinatele; poi
il suo sguardo si posa su Luke, quasi a chiedergli di mettere in atto la sua strategia.
"Ehm...", l'agente Lin si schiarisce la voce per attirare l'attenzione della donna, mentre estrae la foto
di Blake dalla tasca interna della giacca.
"Mi scusi, posso farle una domanda?", esclama facendole cenno di avvicinarsi, quindi le mostra il
suo tesserino dell'FBI e la fotografia di Blake chiedendo se avesse visto l'uomo frequentare il locale
negli ultimi tempi, ed eventualmente che cosa sappia di lui.
La cameriera osserva la foto di Blake per alcuni secondi poi, dopo un primo momento di
perplessità, risponde alla domanda dell'agente: "Si... lo ricordo bene; è uno fra i clienti abituali del
nostro locale. Se non sbaglio, era sempre in compagnia di una bionda dalla corporatura esile.
Purtroppo di lui non so nulla ma, se non sbaglio, la donna ha lavorato per alcuni mesi in questo
locale prima che venissi assunta io. Può provare a chiedere al proprietario; forse lui saprà dirle
qualcosa in più."
Luke ripone la foto ed il tesserino e, con un sorriso compiaciuto, replica: "La ringrazio: mi è stata di
grande aiuto. Dove posso incontrare il proprietario?"
"Può trovarlo sul retro del banco del bar, passando da quella porta rossa" dice indicando il luogo
con un dito. Quindi si allontana e torna alle sua mansioni.
Luke senza esitazioni si alza in piedi e lancia uno sguardo d'intesa con i suoi colleghi, quindi si
dirige con passo deciso verso la porta indicata dalla donna.
L’agente Bosley si alza a sua volta e segue Luke fino alla porta rossa, deciso a restare lì nei paraggi
se ci fosse stato bisogno di intervenire per un qualsiasi motivo; con indifferenza, quindi, si siede al
banco accanto all'agente Wallet, che nel frattempo segue le azioni dei due suoi colleghi facendo
finta di nulla e continuando ad osservare eventuali movimenti sospetti nel locale.
Preferiva non entrare nella stanza, temendo che il proprietario, trovandosi innanzi a due uomini che
gli fanno domande, potesse spaventarsi e rifiutarsi di rispondere.
L'agente Lin varca furtivo la porta indicata dalla cameriera evitando lo sguardo del barman, la cui
attenzione viene provvidenzialmente attirata dall'arrivo del suo collega al banco. Lentamente, poi, la
lascia richiudere alle sue spalle, evitando di lasciarla oscillare.
Si ritrova cosi in un breve corridoio in cui aleggiano gli odori provenienti dalla cucina e,
proseguendo di qualche metro, giunge innanzi alla porta della direzione; qui entra annunciandosi
con una tipica frase di circostanza.
"Permesso..."
"Prego?", dice vagamente sorpreso un uomo grassoccio e leggermente pelato posto dietro una
disordinata scrivania in finto mogano. "E lei chi sarebbe...!?"
"Non ha nulla di cui preoccuparsi", risponde l'agente mostrando il distintivo, "Sono l'agente Lin del
Dipartimento Federale di Boston e vorrei farle alcune domande su quella che ritengo sia una sua exdipendente. Non le dice nulla il nome Eva?"
Dopo qualche attimo di perplessità e preoccupazione, l'uomo risponde in modo impacciato:
"Ehm...Si. Avevo una dipendente con quel nome, ma decise di licenziarsi diversi mesi fa. Perchè mi
fa questa domanda?"
Lin afferma: "Quella donna potrebbe sapere qualcosa di molto importante alla soluzione di un caso
al quale sto lavorando. Potrebbe essere così gentile da indicarmi dove posso trovarla?".
"Forse ho ancora il suo fascicolo da qualche parte", risponde l'uomo mentre si solleva dalla
scrivania. "Mi dia solo qualche minuto per trovarlo."
"Nessun problema", risponde l'agente osservandone le mosse.
Intanto, nella sala principale del locale, Andy si fa un'idea di ciò che sta accadendo e decide di
muoversi di conseguenza. Rivolgendosi al barman chiede un'insalata di pollo con condimento
all'italiana e, nell'attesa, comincia a chiedergli qualche informazione.
"Amico, cerco una ragazza...bionda...magrolina. So che viene spesso qui; il suo nome è Eva..." dice
l'agente in tono conciliante, stendendo una banconota sul banco.
Il barman osserva da prima Andy, poi la banconota posta sul banco; quindi la raccoglie quasi con
noncuranza. "Diciamo che la prendo come una mancia", ironizza rivolto all'agente. "L'unica donna
che ricordi corrispondesse a tale descrizione è una delle cameriere che lavoravano in questo locale,
ma non sono sicuro sia quella che cerchiate."
"Me ne parli ugualmente: potrebbe essere proprio lei", insiste Andy.
"Si è licenziata diversi mesi addietro, quando la gestione del locale è passata al figlio del nostro
vecchio datore di lavoro. Penso ci fossero problemi d’incomprensione reciproca, ma non ne sono
sicuro; il motivo esatto non l'ha mai confidato."
"Mi hanno riferito che è stata di recente in questo locale. E' vero?", lo riprende Andy cercando di
farlo parlare di qualcosa che potesse interessagli veramente.
"Si, ma l'avrò vista non meno di una settimana fa", è la secca risposta dell'uomo. "Era in compagnia
di un uomo; un tipo assai introverso a dire il vero. Mi meraviglio che fra loro funzionasse. Ma come
mai nutre tanto interesse nei suoi riguardi?"
L’agente Bosley, che fino a quel momento era stato ad ascoltare la conversazione tra il barista e
Andy, decide di intervenire alla domanda del barista. "Siamo promotori d'immagine, sa... cerchiamo
volti nuovi per lo spettacolo: pubblicità, televisione... questo genere di cose. Avevamo contattato la
signorina Eva per un colloquio e sembrava molto interessata alla faccenda, purtroppo però non si è
mai presentata ed eccoci qui... non possiamo lasciarci sfuggire dalle mani una ragazza che potrebbe
diventare la nuova Schiffer, lei capisce cosa intendo!?". Frederik sforna il sorriso più sincero di cui
sia capace (sperando che Andy stia al gioco e non scoppi a ridere). "Ora mi dica, è importante: sa
dove potremmo trovare la signorina Eva? Che sò, un suo recapito, di un suo amico, dei genitori...
per lei potrebbe esserci un compenso molto maggiore di quello!", dice indicando la banconota data
da Andy. Incrociamo le dita e speriamo che se la beva pensa fra sè.
Il barman, inizialmente distratto, si volta ad osservare con maggior attenzione i due agenti che gli
stanno davanti e, smorzando lo scoppio di una risata, risponde: "Voi sareste dei consulenti
d'immagine?! Penso proprio che dovreste cambiare mestiere, allora. Dubito fortemente che l'Eva
che conosco possa diventare la nuova Schiffer..."
"Ok amico, forse ho un po' esagerato, ma dobbiamo assolutamente rintracciare la signorina! Era in
ballo per un progetto pubblicitario che ora è fermo da mesi per la sua irreperibilità. Non hai idea dei
costi di casting anche solo per stampare un cartellone pubblicitario... in definitiva: se non riusciamo
a trovare Eva perdiamo un bel pò di soldi già investiti e dovremo ricominciare daccapo con ulteriori
spese... si cortese per favore, se sai dove possiamo trovarla diccelo."
Quasi sbuffando, l'uomo risponde: "Ho capito il vostro problema, ma il massimo che posso fare è
darvi il suo numero di cellulare. Per il resto potrete parlare direttamente con lei.". Prende, quindi, un
foglio di carta da un blocknotes posto vicino la cassa del banco e vi copia un numero preso dalla sua
agendina personale; poi, aggiunge consegnando il foglio all'agente: "Il numero dovrebbe essere
questo, ma risale a parecchi mesi fa; non garantisco nulla, quindi..."
Frederik prende il foglietto e lo ripone nel giubbotto, "Grazie, sapevo che avresti capito...",
aggiunge diretto al barman con una strizzata d'occhio. Si dirige, poi, verso il tavolo dei colleghi
seguito a breve da Andy, che porta con se quanto preso al banco.
"Ho ottenuto il numero del cellulare di Eva e credo che per stasera sia il massimo che riusciremo ad
ottenere. Sembra che sia da un pò che non la vedono qui in giro... e non credo che si farà viva
proprio oggi. Direi di aspettare il ritorno di Luke e uscire da qui..."
Come profetiche, alle parole dell’agente Bosley segue l'avvicinarsi dell'agente Luke al tavolo, che
con aria soddisfatta si siede e commenta rivolto ai colleghi: "Ho l'indirizzo della donna ed il suo
recapito telefonico! Il direttore mi ha consegnato una copia del fascicolo di quando lavorava al
locale..."
Osserva, quindi, il roastbeaf che era rimasto sul tavolo aspettando il suo ritorno ed aggiunge: "Direi
che adesso potremmo mangiare! Mica si può lavorare tutto il giorno..."
L'agente mangia avidamente la sua porzione di roastbeef, dopo di che si accomoda meglio sul
divanetto aspettando che anche gli altri finiscano. "Ragazzi...", dice dopo un po', "stavo pensando
ad una cosa... un'idea che mi è venuta: Blake secondo voi possiede un'auto? Perché, se l'avesse,
sarebbe meglio controllarla e finora non ci avevamo pensato...", quindi aspetta che i colleghi dicano
qualcosa in merito. E' soddisfatto della serata; con un buon lavoro di squadra sono riusciti ad
ottenere abbastanza informazioni sul conto di Eva. Ora si tratterà di farle una visita.
"Umh... nemmeno io ci avevo pensato. Chissà perché, Blake mi dava l'idea di una persona che non
avesse l'automobile. E poi, nemmeno il tenente Muller ne aveva parlato di essa", esclama l'agente
Lin. Egli fa una pausa per assaporare una generosa porzione di arrosto, poi prosegue: "Dite che è
troppo tardi per presentarsi a casa di Eva?".
Bosley guarda il suo orologio da polso "Non credo sia tardi e comunque a lei possiamo anche
presentarci come agenti governativi, quindi se è in casa dovrà farci entrare." Si alza, quindi, deciso
ad uscire ed aggiunge: "Prima però vorrei chiamare Muller... se Blake aveva un'auto bisogna che
qualcuno la controlli o faccia la guardia finchè potremo andare ad ispezionarla."
"Aspetta un momento, Frederik!" sbotta Ingrid, che era stata quasi in silenzio fino ad allora. "Non
sarebbe meglio spedirci qualcuno dei nostri, a dare un'occhiata alla macchina?"
Purtroppo non ha tempo per ascoltare la risposta del collega, perché il suo cellulare comincia a
suonare all'interno della borsetta; con un gesto rapido e quasi sbuffando lo estrae e risponde senza
neppure guardare il display.
"Pronto...", dice in tono seccato.
"Agente Lindkvist, sono l'agente Markovich. La chiamo per Rusvelt...", risponde in maniera
formale la voce all'altro capo.
"Rusvelt! Cosa succede? Ci sono novità?", chiede passando ad un tono decisamente più serio. Si era
quasi dimenticata della richiesta di sorveglianza che aveva inoltrato al direttore del dipartimento
ma, a quanto sembrava, le acque non avevano tardato a muoversi.
"Si. E' uscito di casa circa trenta minuti fa a bordo di un furgone da lavoro ed ora si trova in un
quartiere alla periferia ovest di New Bedfort; ha parcheggiato in un viottolo poco frequentato ed è
entrato in quello che penso sia il retro di un negozio d'informatica." Quindi, dopo pochi istanti di
riflessione, aggiunge: "Ha ordini particolari da darci?"
"Grazie Markovich" è la risposta cortese di Ingrid mentre con la mano libera fruga nella borsetta
alla ricerca del PDA. "Restate lì ed avvertitemi quando uscirà. Potete darmi anche indirizzo e nome
del negozio?"
"Siamo in prossimità del numero 12 di Baker Street; l'insegna del negozio è spenta, ma mi sembra
si chiami semplicemente NET." e la coincisa risposta dell'agente alla domanda rivoltagli. "La
chiameremo appena il nostro uomo tornerà a muoversi."
"Buon lavoro ed occhi aperti", risponde brevemente Ingrid prima di chiudere la comunicazione.
Posato il telefono e controllato l'appunto sul PDA, l'agente Lindkvist si rivolge ai colleghi "Magari
non vuol dire nulla, ma il nostro amico Rusvel sembra indaffarato..."
"Che dite? Andiamo a cercare Eva o rimandiamo a domattina?", domanda Luke rivolto ai colleghi.
"Io sono per dividerci" esclama Frederik. "Siamo in 4 e abbiamo 2 compiti da svolgere che non mi
sembrano di chissà quale rischio... io dico 2 da una parte e due dall'altra, ci sentiremo per cellulare
per sapere come è andata o per altre comunicazioni, ok? Io avrei intenzione di andare da Eva se per
voi va bene... chi viene con me?"
Luke si alza prontamente dal tavolo: "Ti accompagno io".
"Potrebbe andare. A questo punto riterrei opportuno un controllo sull'autovettura di Blake, concordo
con Ingrid che sarà il caso di essere presenti al sopralluogo." Con questo breve pensiero, Andy
finisce il cibo, in attesa di una decisione di concerto.
"Però abbiamo un'auto sola", constata l'agente Lin. "A questo punto, suggerisco di andare tutti
insieme da Eva, e lasciare la sorveglianza di Rusvel ai nostri colleghi". Estrae, quindi, da una tasca
il suo fido palmare e consulta lo stradario cittadino. "Siamo fortunati! Casa sua dovrebbe trovarsi a
soli cinque isolati da qui; in un meno di trenta minuti saremo sul posto. Se lo ritenete utile,
potremmo contattarla telefonicamente per avvertirla del nostro arrivo e sapere dove si trova; non
abbiamo nessuna certezza di trovarla in casa". Proseguendo nella ricerca, poi, aggiunge: "Invece,
l'indirizzo dove si trova Rusvel è quasi all'altro capo della città; anche partendo subito,
impiegheremmo quasi un'ora."
"Andiamo da Eva" commenta Bosley senza mezzi termini, "Rusvelt è già sotto controllo..."
"Ok: può andare." Andy mantiene lo stesso tono dell'agente Bosley ne dire ciò. In effetti, forse era il
caso di tornare a fare un sopralluogo a mente fredda all'auto di Blake, quantomeno per assicurasi
che fosse stata controllata e piantonata dagli agenti del tenente Muller in attesa di un controllo da
parte loro o della scientifica.
Quindi aggiunge: "Luke, forse è il caso di chiamare Muller per sapere se Blake possedeva davvero
un'auto e se è stata controllata dalla scientifica...lo chiamo io o ci pensi tu?"
"Lo chiamo io", risponde prontamente il collega mentre prende il cellulare e compone il numero del
Dipartimento di Polizia di New Bedfort.
Dopo le consuete frasi di rito con l'agente addetto allo smistamento delle chiamate, la voce del
tenente Muller risuona annoiata all'altro capo del telefono: "Agente Lin, sono Muller. Dica pure."
"Buonasera tenente. Io ed i miei colleghi volevamo sapere se nei pressi dell'appartamento di Blake
avete trovato anche la sua automobile", risponde l'agente.
"Automobile?", chiede il tenente in tono stupito. "Noi siamo stati chiamati a controllare
l'appartamento e siamo rimasti lì tutto il tempo. Non sapevamo di dover cercare anche l'auto..."
L'espressione di Luke tradisce il suo disappunto; non ne era convinto, ma aveva il forte sospetto che
il tenente volesse giocare allo scarica barile.
"Non importa tenente, ce ne occuperemo noi. Grazie comunque", risponde l'agente interrompendo
la comunicazione. Poi guarda i suoi colleghi: "Non perdiamo altro tempo: andiamo".
L'espressione di Luke incuriosisce l'agente Wallet - "Cosa succede Luke? L'automobile di Blake
non è stata controllata? Se così fosse, è il caso di recarsi al suo appartamento. Nel frattempo,
potremmo cercare i dati della vettura nell'archivio della motorizzazione."
"Possiamo collegarci all'archivio dal mio portatile", risponde Luke. "Ma prima dobbiamo recarci in
macchina."
"Si. Ed una volta avuti i dati della vettura mettiamo sull'allerta Muller; almeno avrà qualcosa a cui
pensare stanotte...", aggiunge con un sorriso sarcastico Andy.
Ormai il piano d'azione era stato delineato e gli agenti decidono di lasciare il locale; Luke si occupa
di pagare il conto mentre i suoi colleghi si avviano all'uscita e, salutandola cortesemente, lascia una
piccola mancia alla cameriera.
In strada stava scendendo un autentico diluvio; dal cielo privo di stelle e coperto da un manto
plumbeo illuminato dalle luci del quartiere cadevano pesanti gocce di pioggia che precipitavano
sull'asfalto formando rivoli tumultuosi.
"Per fortuna ho un ombrello...", commenta Andy. "Aspettatemi qui mentre vado a prendere l'auto."
"Vengo con te.", aggiunge Frederik infilandosi sotto l'ampio ombrello scuro del collega.
Dopo pochi minuti, l'auto degli agenti si ferma all'ingresso del locale, lasciando salire anche Luke
ed Ingrid, che passano sul sedile posteriore. Andy, seduto di fianco a Frederik, sul sedile del
passeggero, si era già messo all'opera con il PC di Luke ed il collegamento satellitare del suo
videofonino per ottenere i dati della vettura di Blake. Sbrigate le necessarie formalità, informa
telefonicamente Muller di mettere in allerta i suoi uomini nel caso la vettura si trovasse in strada.
"Questo dovrebbe metterci una pezza, ragazzi." commenta l'agente completata l'operazione. "Ma
sarà il caso che due di noi si rechino presso l'appartamento a controllare se questa benedetta
automobile è nei paraggi."
L'agente Lin, da far suo, cerca di contattare telefonicamente Eva, usando i due numeri ottenuti dal
direttore del locale e dal barista, ma senza alcun risultato; la donna sembrava non essere in casa ed
il cellulare era spento.
"Dannazione!", sbotta Bosley. "Sapevo che non l'avremmo trovata in casa. A meno che si rifiuti di
rispondere... o non possa".
"Sarà meglio sbrigarsi", aggiunge mentre un sospetto s'insinua nella sua mente. "Non vorrei arrivare
da Eva troppo tardi..."
***
New Bedfort, 16 di Parker Avenue
12 Marzo 2002 - ore 22:20
Nonostante la pioggia battente di quelle ore, Frederick era riuscito a raggiungere l'indirizzo
indicatogli da Luke in poco meno di venti minuti, solcando in velocità le strade semideserte di New
Bedfort e quasi lacerando uno dei pneumatici nell'urto con un cordolo in cemento.
"Eccoci!" è il suo deciso commento appena ferma l'auto nei pressi dell'edificio.
"Ottimo tempo... Frederik!", commenta Andy mentre lascia la maniglia dello sportello e comincia a
sciogliersi la cintura di sicurezza; per pochi attimi, gli era parso di vedere la sua vita scorrergli
davanti come in un film.
Neppure i due colleghi sul sedile posteriore sembravano messi bene: Luke cominciava a pentirsi di
essersi ingozzato con quel dolce al limone ed Ingrid, nonostante la serietà che da sempre l'aveva
contraddistinta sul lavoro, stava riversa su di un fianco tenendosi la fronte con la mano.
L'edificio indicato dal fascicolo si trovava all'altro capo della strada ed aveva l'aspetto di una
palazzina costruita intorno ai primi del dopoguerra. Alta non più di una quindicina di metri,
ospitava solo quattro piani e la sua facciata, di colore giallo ocra, presentava delle eleganti finestre
dalla sommità arcuata. Il portone d'ingresso aveva lo stesso stile delle finestre e mostrava un doppio
battente in legno ed ottone, al quale si poteva accedere dopo aver superato una piccola rampa di
scale in pietra bianca che poggiava direttamente sulla strada.
Gli agenti sono intenti a contemplare la struttura, quando il telefono di Ingrid prende a squillare
nuovamente e lei, rapidamente, lo estrae dalla borsetta e risponde.
"Agente Lindkvist", dice in tono fermo e deciso.
"Agente, sono Markovich.", risponde l'agente di pattuglia all'altro capo. "Il nostro uomo sta
ricominciando a muoversi. E' salito sul furgone e mi è parso proteggesse qualcosa sotto la giacca:
probabilmente una cartelletta o una serie di fascicoli. Lo blocchiamo per una perquisizione o
continuiamo a seguirlo?"
"No. Per ora continuate a seguirlo, grazie", commenta Ingrid riattaccando subito dopo. "Mi chiedo",
si rivolge quindi ai colleghi, "se sia il caso di dare una controllata a Rusvelt, oppure", sorride
sarcasticamente, "continuare a seguirlo e vedere dove ci porta".
"Rusvelt, a parer mio, è invischiato in questa storia più di quanto non volesse farci credere. Io credo
che continuare a seguirlo sia meglio; quantomeno vedremo se ha ancora qualche cosa da
nascondere...", è il laconico commento di Andy, che osservando il palazzo aggiunge in tono
scettico: "E' ora di farsi sentire: andiamo a suonare ad Eva". Sospettando l'assenza della donna, sta
attento a percepire ogni minimo segnale; non si sente di escludere, infatti, che qualcuno possa aver
fatto visita ad Eva prima del loro arrivo.
Bosley tiene ben salda la pistola nella tasca dello spolverino; osserva per qualche istante la strada
deserta ed i palazzi vicini, poi dice rivolto ai suoi colleghi: "C'è un'atmosfera strana nell'aria... e non
mi piace. Occhi aperti!". Ritorna quindi ad osservare la palazzina e muove qualche passo verso di
essa, superando gli altri, e dice: "Vado avanti io. Copritemi!".
Si muove rapidamente, fermandosi per un attimo a lato della scalinata d'ingresso per controllare
movimenti sospetti, fino a raggiungere la porta della palazzina. Il suo timore è che, se qualcuno ha
già fatto visita a Eva, sia ancora in casa e magari li abbia visti arrivare.
Tenendosi sul battente destro, spinge con la mano sinistra il secondo battente, il quale si apre
lentamente con un sordo cigolio. Non c'erano dubbi: qualcuno doveva aver forzato la serratura
d'ingresso, rendendola praticamente inservibile!
Meccanicamente, l'agente porta la mano destra alla fondina, lasciandola scivolare sul calcio della
pistola; il freddo tocco del metallo gli schiariva la mente, lasciando lucido in una situazione che
sembrava stesse per prendere una brutta piega.
L’agente Bosley si ritira lentamente a sinistra della porta, restando attaccato al muro, e con qualche
segno cerca di far capire ai colleghi che in casa c'è qualcuno. Poi chiama Andy con un cenno della
mano e gli indica di mettersi a destra della porta, in modo che, all'occasione, possano coprirsi
vicendevolmente.
Quando il collega si porta in posizione, gli sussurra: "Cosa facciamo adesso? Preghiamo ed
entriamo?". Il pericolo non lo spaventava, tuttavia, non poteva fare a meno di pensare a Selene che
lo stava aspettando a casa.
Andy estrae la pistola e risponde al segnale del collega: "Entro io, con cautela, tu coprimi".
Come sempre freddo, l'agente Wallet si prepara da entrare e prende nella mano libera la torcia.
"Sono pronto Frederik. Vado!", sussurra con un filo di voce, e spostando la luce della torcia al fine
di controllare tutto si introduce nel portone forzato.
Notando la scena all'ingresso, Ingrid scende dall'auto e risale al posto di guida, tornando a guardare
l'entrata. "Ho idea che ci sia qualcosa che non va", dice rivolgendosi a Luke, "Sarà bene tenersi
pronti". Appoggia la borsetta aperta in posizione agevole. Non ama molto i momenti d'azione: è
abituata a lasciare ad altri il divertimento...
Luke esce all'esterno della vettura e perlustra la strada con lo sguardo, scrutando bene le automobili
parcheggiate, alla ricerca di eventuali "pali" di chiunque possa essere ancora dentro la casa di Eva.
Come sospettava, c'era qualcuno li fuori!
Un'auto scura, ferma a circa una ventina di metri, accende improvvisamente il motore ed i fari e
comincia a muoversi nel tentativo di allontanarsi dalla zona.
Frederik, senza rendersi conto di quanto sta accadendo all'esterno, segue Andy all'interno
dell'edificio, restando qualche passo indietro rispetto al collega; tiene la pistola spianata davanti a
sè, pronto a far fuoco in caso di necessità. L'interno dell'edificio sembra tranquillo: una luce al neon
illumina in modo tenue il corridoio d'ingresso che porta agli appartamenti del pian terreno mentre,
sul fondo, una scala di marmo chiaro con andamento spirale conduce verso i piani superiori. Andy
tiene la torcia bassa; forse gli sarebbe servita appena raggiunta la porta della donna.
All'esterno, intanto, Luke ed Ingrid notano entrambi il movimento dell'auto scura, ma non riescono
a distinguere chi la stia guidando. Non c'era tempo per pensare: se non volevano lasciarsela sfuggire
dovevano lanciarsi immediatamente all'inseguimento. L'agente Lin si precipita nell'auto, mentre la
sua collega mette in moto la vettura curandosi di tenere i fari spenti ed il motore al minimo dei giri.
L'auto sospetta comincia ad allontanarsi dalla zona a velocità sostenuta e, prima che svolti in una
traversa laterale, Ingrid comincia a seguirla. "Dubito che non ci abbia notati", dice rivolta al collega
sedutole accanto.
"Lo penso anch'io. E' probabile che ci abbia tenuto d'occhio sin dal nostro arrivo", replica Luke.
Intanto, all'interno dell'edificio, Frederik e Andy controllano le porte degli appartamenti per trovare
quello di Eva; non trovando nulla al pian terreno, salgono le scale fino a raggiungere il corridoio del
piano superiore. Qui notano che una delle porte è parzialmente aperta e sta oscillando lentamente
spinta da una fredda corrente d'aria.
L'agente si avvicina cautamente alla porta semiaperta e con un gesto del braccio indica ad Andy di
stargli dietro. Poi, con la pistola puntata verso l'alto in preparazione all'entrata in scena, si ferma su
un lato della stessa e si tiene pronto ad entrare ad un cenno del collega.
Andy si appoggia all'altro lato della porta, in modo da sbirciare all'interno e capire se
nell'appartamento c'è qualcuno; purtroppo per lui, però, le luci all'interno sono spente e soltanto la
fioca illuminazione proveniente dal corridoio permette di scorgere i contorni di quello che sembra
un piccolo salotto.
Fa quindi cenno a Frederick di aspettare che lui entri e di coprirgli le spalle come accordato
all'ingresso dell'edificio.
Al cenno di assenso del collega, alza una mano e fa roteare un dito, come a volergli dire di tenere
gli occhi aperti anche li intorno. "E strano che non si senta o non si veda nessuno: se qui è
veramente successo qualcosa, mi sa che non troveremo Eva...", è il breve pensiero dell'agente
mentre si prepara a fare irruzione.
La sua attenzione, però, viene improvvisamente rapita dal rumore di un tonfo sordo proveniente
dalla rampa di scale alle loro spalle. Anche Frederik lo sente ed immediatamente si volta e
commenta: "Veniva dai piani superiori! Mi è parso si trattasse di una porta..."
Nel frattempo, la misteriosa auto scura continuava a muoversi seguita dalla vettura degli agenti;
dopo aver curvato sulla strada principale, si era infilata in un viottolo laterale che correva stretto fra
due edifici alti almeno tre piani ciascuno. Procedeva a velocità costante, puntando dritto in
direzione della strada posta sull'altro lato dell'abitato.
"Dannazione: in cosi poco spazio possiamo soltanto tallonarlo", commenta Ingrid senza togliere lo
sguardo dalla strada.
"Non preoccuparti e continua a seguirlo; cerco di prendergli il numero di targa.", risponde
determinato Luke mentre comincia a comporre il numero del distretto di polizia.
"Muller, sono Lin.", dice quasi urlando quando il tenente risponde alla chiamata, "Mi serve subito
appoggio! Stiamo seguendo una BMW scura di grossa cilindrata, targata AL 094 HX. Dovete
bloccarla! C'è di mezzo l'omicidio di Blake! Ci troviamo nei pressi del numero 16 di Park Aveneu:
mandi degli uomini qui!"
"Tieniti!", sibila di colpo Ingrid mentre dà una brusca accelerata, portandosi verso un lato del
vicolo. "Ah... L'abbiamo il modulo per la constatazione amichevole?", aggiunge quasi sorridendo
mentre si lancia verso la fiancata posteriore della vettura che gli stà davanti.
Le auto si scontrano con forza, ma il pilota della vettura scura riesce a mantenere il controllo del
veicolo ed aumenta la velocità nel tentativo di distanziare gl'inseguitori.
"Però! Se la cava bene!", commenta stizzita mentre accelera a sua volta nel tentativo di compiere un
secondo tamponamento. Ma ormai non ne aveva più il tempo.
Le due auto escono lanciate sulla strada principale, fortunatamente deserta in quel momento,
tenendosi entrambe perfettamente in carreggiata.
Ignari di tutto, i due agenti all'interno dell'edificio osservano perplessi la rampa di scale.
"Che si fa adesso?", chiede Frederik rivolto ad Andy mentre una fredda corrente d'aria precede un
secondo tonfo sordo.
"Andiamo a vedere, presto! Ed in guardia!", propone Andy mentre si muove verso le scale.
"Il suono mi sembra quasi metallico...", commenta fra se Frederik tenendosi alle spalle del collega.
"Potrebbe trattarsi della porta per il tetto dell'edificio."
"Chiunque sia, deve sapere che siamo entrati...", replica a sua volta Andy.
Mentre salgono le scale, il rumore si fa sempre più chiaro, accompagnato dal suono della pioggia
battente. Non c'erano dubbi: si trattava proprio dell'attico dell'edificio.
Con un ultimo slancio Andy si affianca alla porta di metallo nero e fa cenno al collega di tenersi
dietro; rapidamente quindi, la apre spingendola via e, cautamente, si affaccia all'esterno.
Il tetto dell'edificio era privo di pavimentazione, coperto da uno strato bituminoso e circondato da
un basso cordolo in muratura. La pioggia e la carenza d'illuminazione non permettevano di avere
una buona visibilità ma, nonostante questo, Andy poteva scorgere una figura che si muoveva sul
tetto del palazzo antistante.
"Diavolo!", dice quasi urlando a Frederik per evitare che la sua voce venga coperta dal rumore del
temporale. "E' passato sull'altro edificio usando il ponteggio d'emergenza!"
L'agente non perde un attimo e, senza pensarci su, si lancia all'inseguimento sui tetti. Prima di
allontanarsi troppo, però, grida in direzione all'agente Wallet: "Torna all'appartamento di Eva!
Penso io al fuggitivo!"
"Non potrei mai lasciare a te tutto il divertimento...", replica sarcastico Andy mentre si lancia a sua
volta sotto la pioggia.
Senza rendersi conto di quanto sta avvenendo sopra le proprie teste, gli agenti Lindkvist e Lin
continuano il loro inseguimento nel tentativo di bloccare la vettura scura che li precede.
"Direi che è molto più abile di te.", dice Luke alla collega riferendosi al suo modo di guidare.
"Credi che possa sfuggirmi!?", risponde indispettita Ingrid.
"Assolutamente...", replica Luke celando un sorriso sarcastico.
Con noncuranza l'agente Lindkvist abbassa il finestrino del passeggero ed in tono assolutamente
neutro aggiunge : "La cintura, Luke".
Quindi, adocchiato il rettilineo libero, tenta con una rapida manovra di affiancare la BMW.
Ma, mentre sta per intraprendere la manovra, intuisce qualcosa: un leggero rallentamento... l'inizio
di un cambio di direzione. Stavolta non poteva sbagliare!
Accelera bruscamente ed, anticipando la manovra dell'altro, gli taglia la strada costringendolo a
stringersi verso il margine della strada; forse era un metodo poco ortodosso per affiancare un'auto,
ma almeno sarebbe riuscita a fermarla. Purtroppo, però, l'asfalto bagnato le gioca un brutto scherzo,
e le due vetture scivolano di lato come saponette in un lavandino unto di grasso, avviandosi un
pericoloso testacoda; ma mentre l'auto degli agenti riesce a fermarsi in tempo, la vettura scura urta
in velocità il bordo del marciapiedi e si ribalta su di un fianco, terminando la sua corsa contro un
lampione con un secco schianto seguito dal rumore di vetro in frantumi.
"Bella mossa, Ingrid!", commenta Luke scuotendo la testa un pò intontito.
La donna si accascia per un attimo sul volante. Poi solleva la testa ed in tono imperioso replica:
"Pochi scherzi. Vediamo in che condizioni è il nostro uomo."
Intanto, continua la corsa sui tetti degli altri due agenti federali, i quali vengono distratti solo per un
attimo dallo schianto proveniente dal basso.
"Cos'è stato quel rumore?", chiede Frederik continuando a correre.
"Direi un incidente stradale. Spero non c'entrino i nostri!", replica Andy tornando col pensiero ai
loro due colleghi rimasti in auto.
Poi, cambiando tono, aggiunge: "Hey! guarda li...". Ma non ha tempo di terminare la frase. Il
fuggitivo si lancia improvvisamente oltre il cordolo di cemento che delimita il perimetro
dell'edificio ed al suo movimento fa subito seguito un cupo rombo metallico.
Gli agenti si affacciano quasi contemporaneamente oltre il bordo e, con aria stupida, vedono l'uomo
scendere rapidamente lungo la scala antincendio. Forse non era il momento per pensare a certe cose,
ma non potevano non fare a meno di elogiare il suo sangue freddo; era riuscito a spiccare un volo di
quasi tre metri senza nessuna esitazione. Ed il bello è che aveva ripreso a correre come se nulla
fosse!
L'agente sorride al collega battendogli una pacca sulla spalla e dice: "OK, collega. Impariamo a
volare...". E dopo una breve rincorsa Bolsey tenta il salto verso la scala antincendio. Con aria seria,
e con maggior cautela, anche Andy scivola oltre il bordo del cornicione, lanciandosi verso il basso.
I due agenti atterrano con l'eleganza di un gatto sull'umida superficie di metallo della scala
antincendio e subito iniziano a scendere con cautela le sue rampe; purtroppo dalla loro posizione
non riescono a vedere il fuggiasco, ma sono certi che è ancora lì con loro.
Rapidamente e puntando l'arma ad ogni angolo, Bosley continua a tenere la testa del gruppo seguito
a breve dal collega, che, invece, volge il più possibile la propria attenzione alla strada sottostante.
"Non può essere già sceso in strada...", commenta fra se Andy. "Eppure, aveva un buon vantaggio
su di noi. Dove diavolo sarà finito!?"
"Speriamo non si sia infilato in qualche appartamento...", replica stizzito Frederik.
Ormai restavano da percorrere solo tre rampe di scale quando Andy si sente improvvisamente
gelare il sangue nelle vene. Come gli era capitato già altre volte quando si trovò a combattere in Sud
America, il suo istinto lo stava avvertendo di una potenziale minaccia, ma non sapeva di cosa si
trattasse. Pochi attimi dopo i suoi sensi sono bombardati da sensazioni confuse: un tonfo metallico,
secco, come di una lamiera che si piega sotto un carico per lei insostenibile, e la voce di Frederik
che urla "Ci sta scappando!". Passi che corrono sull'asfalto bagnato… passi che corrono in fretta.
In una frazione di secondo realizza l'entità del pericolo! Si lancia sul suo collega afferrandolo al
collo con un braccio e lo trascina a terra con se, spingendo entrambi verso la parete dell'edificio. Un
istante dopo l'inferno!
Con un violento boato, come il rombo di un treno lanciato ad una velocità folle che ti passa
fischiando ad un metro dalla faccia, l'intera struttura metallica della scala trema e si scuote,
oscillando pericolosamente in un tripudio di luci e fiamme. Le orecchie assordate dei due agenti
possono a malapena percepire il fragore metallico che segue, mentre l'intera parte terminale della
struttura in ferro precipita verso il basso schiantandosi sull'asfalto.
"Dio mio!...". Questo è tutto ciò che riesce a dire Frederik appena si rende conto di quanto è appena
successo.
"Una carica taglia-ferro!", urla tossendo Andy. "Quel figlio di puttana si era portato del C4!"
Frederik si solleva tremante su di un braccio, con la testa che gli sembra pesante quanto un
macigno, ed osserva sgomento la scena che li circonda. L'altra metà del ripiano metallico su cui si
trovavano si era piegata verso l'alto come un foglio di carta straccia, mentre il ripiano inferiore
giaceva accartocciato sette metri più in basso; se Andy non l'avesse tirato verso la parete
dell'edificio a quest'ora sarebbe anche lui in mezzo a quelle lamiere… e l'idea lo faceva rabbrividire.
***
Boston, Edifici del Dipartimento Federale
13 Marzo 2002 - Ore 9:00
L'uomo se ne stava silenziosamente seduto sulla sedia di plastica della sala degli interrogatori, con
il braccio sinistro stretto al petto da una solida fasciatura e lo sguardo perso ad osservare una parete
bianca. Frederik e Luke lo guardano silenziosi attraverso un vetro a specchio, cercando di capire
cosa possa passargli per la testa; fino a quel momento, infatti, si era chiuso in un ostinato mutismo.
Dopo l'incidente, gli agenti Lin e Lindkvist erano riusciti a tirarlo fuori dal suo veicolo in uno stato
di parziale incoscienza; non aveva riportato ferite gravi, salvo una dolorosa distorsione alla spalla,
ed in breve tempo erano riusciti ad ottenerne la custodia per conto del dipartimento federale. A
Muller, giunto sul posto pochi minuti dopo l'accaduto, era invece toccato l'ingrato compito di
trovare qualche valida scusa per spiegare l'accaduto alla stampa.
Grazie al suo intervento, i giornali di quel mattino avevano completamente trascurato la cattura
dell'uomo e l'esplosione verificatasi nei pressi di Parker Avenue veniva citata in quinta pagina come
"un incidente dovuto ad una fuga di gas". Ovviamente la verità era ben diversa ma, come spesso
accade in certe situazioni, il modo più sicuro per proteggere la popolazione civile è quello di
lasciarla nell'ignoranza.
Frederik ripensa agli eventi di quella notte ed al suo collega rimasto ferito durante l'azione; un
frammento di metallo lo aveva colpito ad una gamba ed, anche se le conseguenze non erano state
gravi, non poteva non sentirsi in colpa per la sua imprudenza. Quando aveva visto l'uomo saltare sul
cassonetto sotto di loro, si era lasciato prendere dal desiderio di catturarlo ed aveva messo da parte
il buon senso; se Andy non fosse intervenuto, a quest'ora ci sarebbe lui in infermeria al suo posto.
Sempre se non gli fosse andata peggio...
I suoi pensieri vengono, però, improvvisamente interrotti dalla voce di Ingrid e dal tocco della sua
mano sulla spalla. "Non preoccuparti, Frederik. Andy sta bene.", dice la donna in tono gentile
mentre si accende una sigaretta. "Sò dalla sua scheda personale che ha passato momenti ben
peggiori di questo; vedrai che fra qualche minuto ce lo ritroveremo a fare domande all'uomo in
nero..."
"Ingrid ha ragione.", aggiunge Luke. "Ci vuole ben altro che dell'esplosivo per mettere al tappeto
quel veterano."
Ma Frederik resta in silenzio, osservando l'uomo nella sala interrogatori. Non era solo il ferimento
di Andy che lo turbava in quel momento; anche lo scoprire che nell'appartamento di Eva non c'era
nulla di utile all'indagine era stato un brutto colpo. Non riusciva ad accettare che dopo tanta fatica, e
dopo aver quasi rischiato la vita, fossero ancora al punto di partenza. Quell'uomo doveva parlare!
I secondi trascorrono nel silenzio, finquando una voce familiare risuona con forza oltre la porta alle
loro spalle: "Io me ne frego degli emendamenti! Ho rischiato la vita per questo caso. Voglio entrare
in quella stanza e fargli sputare fino all'ultima parola di quello che sà!".
La porta si apre ed Andy, zoppicando in modo appena percettibile, si fa strada fra i suoi colleghi.
"Allora!? Siete riusciti a farlo parlare!?"
"Si calmi, agente Wallet!", riecheggia la voce del direttore Mandible alle sue spalle. "Non è il
momento per queste scenate. Esiste una procedura da rispettare: qui non siamo nell'esercito!"
Come intuendo quello che sta accadendo oltre lo specchio, l'uomo nella stanza si volta nella loro
direzione; ma i suoi occhi non tradiscono alcuna emozione.
Frederick osserva con disappunto il direttore, poi posa una mano sulla spalla del collega. "Ero in
pensiero per te; tutto a posto?" gli chiede.
"Non ti preoccupare... solo un paio di punti", risponde sorridendo il collega.
Bosley, pur essendo consapevole di aver agito per il meglio, non riesce a non addossarsi la
responsabilità di quant'è accaduto. Si volta, quindi, a guardare nuovamente il direttore e, lanciando
un'occhiata arcigna all'uomo seduto oltre il vetro, dice: "Credo che il direttore abbia ragione, ma
non devi preoccuparti; con le buone o con le cattive parlerà".
"Suppongo voi due siate dello stesso avviso...", commenta il direttore osservando Andy e Frederik.
"Fintanto che non riusciamo ad identificarlo dobbiamo trattarlo con i guanti di velluto; se è un
agente straniero rischieremmo di instaurare delle difficoltà diplomatiche con il rispettivo paese."
Andy sbuffa voltandosi di spalle; il solito eccesso di prudenza del direttore, pensa fra se. Del resto,
dopo l'incidente con quella spia russa, si era fatto molto più cauto.
"Non si preoccupi: vuol dire che ci andremo piano...", dice osservando il prigioniero.
"Cosa aspettiamo?", domanda deciso Luke. "Andiamo dentro a strizzarlo un po'. So come farlo
parlare".
"Un agente straniero... O magari qualcuno di Langley o di qualche altro dipartimento", è il pensiero
inesprimibile che attraversa rapidamente la mente di Ingrid alle parole del superiore. "Se non vi
dispiace, lascio a voi il primo turno e mi godo lo spettacolo da qui", commenta sedendosi
comodamente.
"Giochiamo al gioco dell'agente cattivo e dell'agente buono?", propone Luke. "Io, visto le mie
attitudini, impersonerei il secondo personaggio. Chi di voi se la sente di far la parte del mastino?
Magari tu Frederik... il suo amico a momenti ti ammazzava, avrai dei motivi per essere arrabbiato
con lui... molto arrabbiato".
L'agente inizia a passeggiare avanti e indietro, pensando ad alta voce: "Tu potresti accusarlo
dell'omicidio di Blake, dire che abbiamo delle prove schiaccianti. Che so... un testimone? Io invece
sarei più accomodante dicendo che potrebbe avere delle chances di sfuggire ad una incriminazione
pesante se ci aiuta a ritrovare Eva o comunque se collabora. Che ne pensate? E' un approccio
tradizionale, ma per ora non mi viene in mente altro".
Frederik guarda Luke e poi si volta di nuovo ad osservare il prigioniero dicendo: "Direi che ho
buoni motivi per essere incazzato con quel cane rognoso! Fai strada Luke, gli caverò le parole a
calci se necessario". Seguendo Luke nella stanza degli interrogatori si volta verso Ingrid e con gesti
e segni cerca di farle capire di distrarre il direttore mentre loro due sono dentro.
Andy osserva i suoi colleghi entrare facendo scrocchiare rumorosamente le dita della mano destra;
in quel momento era troppo nervoso per riuscire a reggergli il gioco, ma se avessero avuto bisogno
di una mano non si sarebbe fatto attendere.
Luke entra per primo e si avvia verso la sedia, seguito a breve da Frederik che si assicura di
chiudere per bene la porta; l'uomo li osserva entrambi con i suoi inespressivi occhi azzurri, senza
dire una parola.
"Allora... Signor...? Com'è che dobbiamo chiamarla? Abel?", chiede Luke mentre si accomoda sulla
sedia. Ma l'uomo non accenna alcuna risposta.
"OK...vada per Abel", aggiunge senza scomporsi l'agente, mentre il suo collega si appoggia a lato
della porta per gustarsi al meglio la scena. "Spero voglia collaborare, perchè questo renderà le cose
molto più semplici per entrambi".
"E risparmierà molta fatica a me...", aggiunge Frederik in tono imperioso.
Ancora una volta l'uomo resta in silenzio, osservando i due agenti. Il suo atteggiamento cominciava
ad innervosire l’agente Bosley, ma Luke con un gesto della mano chiede al collega di concedergli
un ultimo tentativo.
"Vede lei si trova innanzi a due scelte: collaborare con noi, come già sta facendo il suo socio
nell'altra stanza, o passare il resto dei suoi giorni nella più umida cella d'isolamento di cui
disponiamo in questo edificio, fino a quando qualcuno non salterà fuori a chiedere che fine lei abbia
fatto. Ma ho il sospetto che questo non succederà. Vero?"
L'uomo per la prima volta sembra guardare gli agenti, ed in particolare Luke, con un qualche
interesse. "Credo stia prendendo un granchio agente Lin", dice con un tono di voce che, per quanto
dovesse apparirgli ironico, giungeva all'orecchio come un soffio gelido. "Ne io ne il mio presunto
socio potremmo esservi di alcun aiuto."
"Se permette, questo saremo noi a deciderlo", replica secco Luke.
"Si sbaglia ancora una volta agente", risponde l'uomo. "E' il tempo che deciderà per entrambi."
"Non siamo qui per filosofeggiare!", sbotta Frederik avvicinandosi al tavolo. "Ci dica cosa diavolo
ci facevate nell'appartamento di Eva Khent e chi vi ha mandato."
"Lei deve essere l'agente Bosley. E' un piacere conoscerla", replica con un sogghigno. "E suppongo
che dietro quel vetro ci siano anche gli agenti Lindkvist e Wallet. Del resto come perdersi una tale
scena."
Frederik batte nervosamente il pugno sul tavolo e sbotta: "Basta giochetti, ho detto! Come fa a
conoscere i nostri nomi?"
"Si calmi agente; non vorrà mica contraddire il suo direttore", risponde il misterioso individuo. "So
che è un tipo che tiene molto ai regolamenti."
"OK, amico: sembri molto informato sul nostro conto. Più di quanto noi lo siamo sul tuo. Ma questo
non significa che avrai vita facile qui dentro; ti assicuro di no!", Frederik si toglie la giacca e la
ripone su una sedia lì accanto, sciogliendosi leggermente il nodo della cravatta. "Non mi piacciono i
giochetti, soprattutto se non sono IO a condurli! Dicci quello che vogliamo sapere e riuscirai ancora
a camminare quando uscirai da questa stanza...", dice scrocchiando rumorosamente le dita sul finire
della frase.
L'espressione di Ingrid cambia improvvisamente, al sentire le parole del prigioniero. Scambia uno
sguardo nervoso con Andy, quindi studia per un lungo momento l'espressione del direttore. "Il
nostro uomo è troppo ben informato". Rapidamente ripassa mentalmente le persone a cui i quattro si
sono prenetati. Un elenco molto breve. "Chi è al corrente del nostro incarico, direttore?" chiede
infine rivolgendosi al superiore in modo troppo calmo.
"Bella domanda" replica l'uomo. "Dal vostro rapporto di oggi pomeriggio, credo che ormai sappia
di voi l'intero edificio in cui abitaba Blake. Ma questo non giustifica la conoscenza che quell'uomo
ha dei vostri nomi... e del mio, soprattutto." Poi, dopo una breve riflessione, aggiunge: "Non vorrei
crederlo, ma temo ci sia stata una fuga di notizie dal dipartimento!"
Luke sta ancora ponderando le risposte dell'uomo. "Vedo che vuole impressionarci, dimostrando di
conoscerci bene, allora dovrà anche spiegarci da dove viene questa conoscenza", afferma
seccamente l'agente, poi domanda: "Perché mi dice che sarà il tempo a decidere? Si aspetta che
accada qualcosa, o qualcuno intervenga per tirarla fuori di qui?".
Ignorando le domande postegli da Luke, l'uomo guarda dritto negli occhi Frederik e, con tono di
sfida, risponde alle sue minacce: "Dubito di poter uscire da questa gamba sulle mie gambe... anche
perchè ormai non riesco più a muoverle!". Poi, con un sorriso malinconico, aggiunge osservando
distrattamente lo specchio a lato della stanza: "Sapete, anche nella nostra organizzazione esistono
delle regole. Regole molto più rigide delle vostre. Ed una delle prime che ci viene impartita è che
non si può mai fallire una missione..."
Forse allarmato da quella sorta di presagio di morte, Luke osserva con attenzione l'uomo,
percependo nel suo viso dei mal celati spasmi di dolore. Intuendo quanto sta per verificarsi, si volta
di scatto verso lo specchio e grida: "Presto! Chiamate il personale medico! Deve aver assunto del
veleno!"
Il direttore reagisce fulmineo a quella richiesta e, rivolto ad Ingrid, dice: "Cerca di soccorrerlo in
qualche modo; mi occupo io di allertare il personale dell'infermeria!". Quindi si volta e si allontana
dalla sala.
Ingrid ed Andy entrano nella stanza degli interrogatori, dove trovano Luke e Frederik chinati
sull'uomo ora riverso sul pavimento insieme alla sedia a cui era stato ammanettato. "Merda! Ingrid
fa qualcosa, presto! E' in preda alle convulsioni!", urla Frederik rivolto alla collega. La donna si
avvicina e, dando fondo a quanto ricorda dei suoi trascorsi studi medici, cerca di individuare la
causa del male.
"E' inutile che si... impegni... agente", mormora l'uomo ormai moribondo. "Ricordi la regola:...
mai... fallire!". Poi, dopo due colpi di tosse e con la voce ridotta ad un rantolo, aggiunge:
"Avevano... già... preso... le loro... precauzioni!".
Quando Mandible giunge nella sala insieme con il personale medico, è ormai troppo tardi e l'uomo
giace al suolo privo di vita.
Frederick si alza lentamente, senza distogliere lo sguardo dal corpo riverso a terra. "Merda!" è
l'unica esclamazione che riesce a fare. Indossa di nuovo la giacca e si riassetta, riannodando la
cravatta. "Non era quello che speravo di ottenere da lui.", commenta amaramente. "Ma ha
confermato i nostri sospetti: c'è un'organizzazione dietro a questa storia e, se i suoi membri sono
così fanatici da suicidarsi per la causa, dev'essere anche un'organizzazione coi fiocchi!"
"Una organizzazione di fanatici, direi io!", sbotta Luke. "La cosa non mi piace per niente, da questa
gente ti puoi aspettare veramente di tutto". L'agente osserva il cadavere con un'espressione
corrucciata: "Sono curioso di sapere dall'autopsia se si è avvelenato da solo o per mezzo di qualche
dispositivo automatico. Avendo lui parlato di avere poco tempo propendo per la seconda ipotesi
che, fra l'altro, è la più agghiacciante".
"Mi dispiace, ragazzi", si scusa mestamente l'agente Lindkvist. "Non credo ci fosse nulla che avrei
potuto fare". Dopo un attimo di riflessione aggiunge: "Dovrò esaminare al più presto i risultati
dell'autopsia. Non mi stupirei se i nostri due uomini fossero partiti in missione già avvelenati, e con
l'antidoto che li aspettava al ritorno...". Si siede, quindi, stancamente su una seggiola e conclude
scoraggiata: "Ed ora siamo punto a capo".
Mentre gli agenti continuano a muovere ipotesi, il personale medico si procura una lettiga e porta
via il corpo dell'uomo. Il direttore Mandible osserva la scena ed, in tono preoccupato, dice fra se:
"Direi che la situazione sta prendendo una brutta piega."
Andy nota la sua preoccupazione ed in tono stizzito commenta: "Come vede, i regolamenti sono
serviti a ben poco!"
"Beh... a questo punto non posso che concedervi carta bianca!", replica imperioso il superiore.
"Scoprite quanto più potete su questo gruppo di fanatici e le loro implicazioni nel caso Blake! Nel
frattempo, intendo verificare se c'è stata una fuga di notizie dal dipartimento". Detto ciò, si
allontana dalla stanza degli interrogatori per tornare al suo ufficio.
Alle parole del direttore, Frederick non riesce a trattenere un sorriso. Aspetta che questi esca dalla
stanza e poi, rivolto a Wallet, dice: "Carta bianca! Aspettavo questo momento...". Ed il sorriso si fa
quasi sadico. "Purtroppo ha ragione Ingrid", osserva tristemente dopo l'entusiasmo iniziale. "Siamo
punto e a capo! Qualche idea su dove riprendere le indagini?"
"Io avrei pensato a un grezzo programma di azione", propone Luke. "Non tutto è perduto: abbiamo
alcune piste da seguire. Prendiamo qualcosa di caldo e poi incontriamoci in sala riunioni e vi farò
un sunto delle mie idee, poi discutiamo insieme il da farsi".
Dopo essersi rilassati con una pausa caffè, i quattro si ritrovano in una saletta per discutere il da
farsi. "Mettiamo in tavola tutte le carte che possiamo giocarci!", esordisce l'agente Lin mettendo
mano al proprio palmare e richiamando i suoi appunti.
"Vi elenco gli indizi che possiamo seguire.
Punto primo: il foglio con la scritta Arrow of Mars e quello con il numero di telefono con scritto
'per P.R., J.W. Lesley'. Qualcuno di noi potrebbe occuparsi di interrogare colleghi e superiori di
Blake nella ditta per cui lavorava, e contattare la persona a cui fa riferimento questo numero.
Ricordate che abbiamo il tesserino magnetico di Blake e potremmo almeno capire se è quello della
ditta dove lavorava.
Punto secondo: l'agenda degli appuntamenti di Blake. Si potrebbe parlare con le persone indicate
nell'agenda, se rintracciabili.
Punto terzo: il portatile e il CD rinvenuti nella stanza di Blake. Io potrei vedere con il nostro
laboratorio informatico se si può ottenere qualche informazione utile da questi oggetti.
Punto quarto: l'automobile di Blake ed il mazzo di cinque chiavi. Sono sicuramente oggetti da
ispezionare.
Punto quinto: Eva e Rusvel. La prima da ritrovare, chiedendo a vicini, parenti e conoscenti se
l'hanno vista e sanno dove si trova. Il secondo da tenere sotto controllo.
Io mi sono già proposto per seguire il punto terzo. Sono disponibile, se mi avanzerà del tempo, ad
aiutarvi negli altri casi. Che ne pensate di questo piano d'azione? Vi viene in mente altro che
potremmo fare?".
Nonostante il morale basso, Ingrid non può fare a meno di sorridere, nel vedere Luke prendere in
mano la situazione: non si aspettava di meno, date le esperienze passate, ma non era il caso di
pensare alle vecchie indagini, quando di concentrarsi sul fin troppo misterioso caso Blake. Con il
palmare acceso davanti a sè, ascolta attentamente il punto del collega.
"In effetti Eva e Rusvel sono due punti diversi. A proposito di Rusvel, vale la pena informarsi sul
negozio 'NET' di Baker Street. Possibilissimo che non sia nulla d'importante, ma visti i pochi
elementi, direi di non lasciare nulla di intentato.
Quanto al punto uno, in primo luogo vorrei capire chi ha qualche interesse nell'OSIR: anche se il
capo ci ha dato carta bianca, non vorrei che quelli della Difesa o di qualche altro dipartimento
decidessero di mettersi di traverso ", sorride, " o quanto meno, mi piacerebbe saperlo in anticipo"
Luke guarda la sua collega esibendo un sorriso ironico: "Non vorrei sembrare paranoico Ingrid, ma
a mio avviso, la Difesa o qualche altro 'dipartimento' o organizzazione trasversale si è già messa di
traverso".
"Sono d'accordo con Ingrid. Il tizio che per poco non accoppava me e Bosley ha avuto un
addestramento militare, e non mi stupirei di trovare per strada altri individui come quello, o come il
pazzo che si è avvelenato oggi". Uno sbuffo di malcontento accompagna il pensiero di Andy,
infastidito dal dolore alla gamba. "Comunque posso occuparmi di ispezionare la macchina e fare
una chiacchierata con colleghi e capoccia della OSIR... però con discrezione, se mi passate il
termine. In altre parole, voglio uno di noi in veste ufficiale alla OSIR ed uno fuori, a confutare le
deposizioni di chi è stato sentito; non escluderei del marcio già là dentro, e se sono tutti informati
come il nostro amico di oggi, abbiamo poche speranze di passare inosservati."
"Luke, credo sia meglio analizzare per prime le piste che richiederanno di sicuro meno tempo: CD,
auto e portatile, per esempio. Per le altre credo che occorrerà più tempo", commenta Frederik. "Già
che siamo alla centrale possiamo, analizzare CD e portatile, che ne dite? Se facciamo presto
possiamo andare alla ricerca dell'auto anche oggi stesso..."
"Sta bene", commenta laconico Andy. "Come ho già detto, io posso anche fare un salto per trovare
questa stramaledetta automobile; ho bisogno d'aria, oggi!", dice freddamente facendo schioccare le
dita con un gesto repentino.
"Ok. Guardiamo gli indizi che abbiamo qui, poi passiamo alle altre piste", risponde Luke. "Come
già detto, io comincerei con un salto al centro informatico; almeno sapremo se sono riusciti a
scoprire qualcosa di nuovo."
Frederik si avvicina a Luke. "Vengo al centro informatico con te, speriamo di avere buone nuove
dai ragazzi di sotto..."
"Io credo che mi metterò a fare qualche ricerca sulla OSIR e sul Net. Poi magari vi raggiungo al
centro informatico", commenta in modo apparentemente distratto di Ingrid. "Ah, una cosa...", li
richiama quindi con ben altro tono, prima che Andy se ne vada. "Ascoltatemi bene: qualunque
informazione di cui veniamo in possesso NON esce da qui, e per qui intendo questa squadra. Non
voglio nemmeno sentir nominare rapporti, relazioni e simili da presentare a superiori o esterni. E'
chiaro?"
"Quella era proprio l'ultima delle mie preoccupazioni." replica con un sorriso Andy. "L'espressione
carta bianca in questo caso è molto appropriata."
"Sono d'accordo, non mi piace la situazione che si sta creando; soprattutto il fatto che degli estranei
sospetti mi chiamino per nome.”, commenta schiettamente Luke. “Però di Mandible mi fido; ad
ogni modo, cercherei di conciliare la nostra sicurezza con i nostri doveri verso l'agenzia".
Frederik scuote il capo negativamente. "Non sono sicuro di potermi fidare del direttore; almeno non
ancora. Andy per poco ci lasciava le penne per salvarmi e voi due avete rischiato un bel pò
nell'inseguimento. Possiamo fidarci solo di noi quattro, nessuno deve riferire a membri esterni..."
***
Boston, Edifici del Dipartimento Federale
13 Marzo 2002 - Ore 10:00
Gli agenti Lin e Bosley entrano nel reparto informatico, il secondo annunciandosi con un sonoro
"Buongiorno Signori"; era tempo di verificare se quel gruppo di specialisti era davvero all'altezza
della sua fama.
"Allora. Novità con quel portatile e quei dischi?", chiede Luke avvicinandosi al primo addetto che
gli si fà incontro.
"Si. Siamo riusciti a cavarci qualcosa...", replica con distacco l'uomo mentre sorseggia un caffe da
un bicchiere di carta. "Seguitemi e vi farò vedere."
I tre si addentrano nella sala fino a raggiungere una postazione sulla quale, fra un groviglio di fili e
spinotti, era stato adagiato il portatile di Blake.
"Ad occhio è croce, posso dire che hanno fatto un lavoro grezzo ma efficace", commenta
l'impiegato sedendosi davanti al monitor. "Un breve ma intenso campo magnetico e -BANG!-, tutti
i dati presenti sul disco rigido e nelle memorie sono andati a farsi benedire. Ma, ovviamente, non
tutti... altrimenti non saremmo qui a parlarne", aggiunge con un sorriso. "Sono riuscito a recuperare
frammenti di informazioni sparsi qua e là sul disco rigido. Purtroppo, mancano di continuità, ma ho
fatto stampare tutti i frammenti continui aventi una lunghezza superiore ai 1000 caratteri. Forse, con
un pò di lavoro e di fantasia riuscirete a ricavarci qualcosa di utile per le vostre indagini."
"Bene! E dove sono ora?", chiede entusiasta Frederik.
"Eccoli lì.", risponde l'uomo indicando una pila di fogli in corso di stampa. "Penso ormai manchino
solo le ultime pagine."
"Diamine. Saranno almeno un centinaio di pagine", commenta Luke con un tono fra lo stupito ed il
seccato.
"Beh. Per fortuna non è un mio lavoro leggerli!", conclude l'uomo con un sorriso sarcastico.
Nel frattempo, gli agenti Wallet e Lindkvist tornano ai rispettivi uffici; il primo per riposare per
qualche minuto la gamba ancora dolorante, e la seconda per cercare qualche informazione sulla
O.S.I.R. e sul negozio visitato da Rusvelt.
Quando Andy entra nella stanza, trova nel fax alcuni fogli giunti in mattinata; si trattava delle foto
scattate dagli uomini di Muller al loro arrivo all'appartamento di Blake e del referto dell'autopsia
condotta da Duval sul corpo dell'assassinato.
L'agente legge da prima il referto, trovando conferma di alcuni suoi sospetti sul tipo di
organizzazione con cui stavano per confrontarsi. In primo luogo, il proiettile non presentava
rigature ed il calibro era inferiore a quello stimato inizialmente dal coroner; si trattava, infatti, di un
7.63 di probabile produzione europea. In base agli studi balistici, il colpo era stato sparato da una
persona in piedi, alta sul metro e ottanta, mentre Blake era seduto alla scrivania a non più di tre
metri dall'arma. Mancavano altre ferite di rilievo, ma delle tracce di rossetto sul labbro lasciavano
supporre che dovesse essersi incontrato con una donna poco tempo prima dell'omicidio.
Osserva, quindi, le foto scattate nell'appartamento, ma senza notare differenze importanti rispetto a
quanto constatato personalmente sul luogo del crimine.
Ingrid si siede comodamente alla propria scrivania ed avvia il computer nella speranza di trovare
qualche informazioni utile attraverso la rete e l'archivio informatico del dipartimento. Dopo circa un
ora trascorsa a digitare e leggere diverse pagine elettroniche, mette insieme un piccolo sunto delle
informazioni ottenute ed esce per recarsi nell'ufficio degli altri suoi colleghi.
Con passo svelto, l'avvenente donna entra senza bussare nella stanza e trova gli agenti Lin, Wallet e
Bosley intenti a sfogliare distrattamente dei corposi plichi di carta. Ignorando quanto scoperto nella
sezione d'informatica, chiede candidamente: "Cosa fate?"
"Diciamo che ci stiamo erudendo...", commenta sarcastico Luke.
"Già. Qui ce n’è per tutti i gusti; dalla biologia spicciola alla genetica molecolare", aggiunge con un
sospiro Andy.
"Fate un pò vedere...", dice Ingrid tirando di mano ad Andy parte dei fogli. "Si tratta delle ricerche
di Blake, vero."
"Si!", risponde seccamente Frederik. "O meglio: ciò che ne resta. Ma come mai da queste parti; non
dirmi che sentivi la nostra mancanza?"
"No!", risponde altrettanto seccamente la collega. "Ma penso di aver trovato qualcosa di
interessante riguardo la O.S.I.R."
"Beh?!... Racconta allora", replica incuriosito Luke.
"Cercherò di essere breve", dice Ingrid schiarendosi la voce. "Da quanto ho scoperto, il centro
O.S.I.R. è una struttura specializzata in Biotecnologie nata all'inizio degli anni novanta e che,
soltanto nel corso degli ultimi tre anni ha avuto modo di operare su un progetto finanziato
direttamente del governo degli Stati Uniti. Fin qui nulla di nuovo, direte voi. Però, se si osservano le
precedenti attività del centro, si scopre che nessuno dei progetti avviati e mai stato portato a
completamento e due di questi sono stati ufficialmente abbandonati; viene quindi da chiedersi
perchè il governo americano avrebbe dovuto finanziare un centro ricerche di dubbia fama. Ho cosi
confrontato lo staff della O.S.I.R. con quello partecipante al progetto ed ho scoperto che almeno
metà degli studiosi coinvolti hanno una provenienza esterna, incluso il nostro Blake."
"Intendi dire che erano dei mercenari?", chiede innocentemente Andy.
"Qualcosa del genere, direi", risponde la donna. "Probabilmente, doveva trattarsi di un gruppo di
specialisti appositamente scelto dal governo per lo sviluppo del progetto."
"Hai trovato qualcosa riguardo a quel negozio di New Bedfort, invece?", chiede Luke cambiando
discorso.
"Il NET, intendi", risponde Ingrid mentre si accende una sigaretta. "No, nulla di significativo. Solo
un sito web a scopo pubblicitario; tratta vendita ed assistenza di materiale informatico. Non vorrei
che per Rusvelt ci fossimo fatti prendere troppo dalle paranoie; magari si era recato li solo per
lavoro."
Luke ritorna a fissare la sua attenzione al plico di documenti tra le sue mani: "Finiamo di leggere
questo materiale e poi diamoci una mossa: passiamo ad esaminare l'auto di Blake e poi andiamo alla
OSIR. Anche se temo che lì non scopriremo nulla; nella migliore delle ipotesi ci faranno fare un
giretto turistico all'interno, ci racconteranno qualche favoletta e ci congederanno con tanti saluti..."
Torna a concentrarsi, quindi, sul testo, ma si rende conto che per comprenderlo sono richieste delle
nozioni al di là delle sue 'scolastiche' conoscenze di biologia e chimica; decide cosi di passare il
materiale alla sezione scientifica. Solleva la cornetta del telefono e chiama un addetto alle consegne.
"Penso che sia meglio passare questa documentazione ai nostri colleghi del laboratorio di chimica e
biologia, per vedere se riescono ad aiutarci a cavarne qualcosa di utile", commenta rivolto ai suoi
colleghi mentre aspetta l'arrivo dell'impiegato.
"Lasciamene fare una copia, prima", lo interrompe Ingrid trattenendo il plico di fogli. "Può darsi
che riesca a capirci qualcosa anch'io!"
Luke acconsente con un cenno del capo e le consegna i fogli che, rapidamente, comincia a
fotocopiare con la macchina dell'ufficio.
"Visto che con questo materiale non sappiamo cosa farci, che ne dite di dedicarci a qualcosa di
fattibile?", chiede impaziente Andy. "Io sono ancora dell'idea di ritrovare l'auto di Blake; non vorrei
che altri ci mettessero le mani prima del nostro arrivo. Venite con me, vero?"
"Direi che è la cosa più importante al momento... andiamo all'auto di Blake." asserisce Bosley senza
mezzi termini.
New Bedfort, Distretto Residenziale Martin's
13 Marzo 2002 - Ore 12.00
I quattro agenti giungono nuovamente nei pressi dell'appartamento di Blake; stavolta il tempo
sembrava clemente rispetto alla sera appena trascorsa, ed un tiepido sole riscaldava l'aria invernale.
Luke è il primo ad entrare nell'edificio ed, avvicinatosi alla portinaia dello stabile, le chiede con
cortesia dove era solito tenere l'auto il ricercatore. Scopre cosi l'esistenza di un parcheggio
sotterraneo solitamente usato dagli inquilini dello stabile posto proprio sul fondo del vicolo dove, la
giornata scorsa, si era intrattenuto con Muller per controllare il furgone di Rusvelt.
Decide, quindi di recarsi sul posto accompagnato da Frederik ed Andy; solo Ingrid resta in
macchina, assorta nella lettura delle ultime pagine degli appunti di Blake.
Il parco auto dell'edificio era stato ricavato direttamente fra le fondamenta dello stabile e vi si
poteva accedere soltanto attraverso una ripida discesa asfaltata; le vetture venivano lasciate su posti
numerati e contrassegnati da righe gialle, disposti con criterio fra i rudi pilastri di cemento armato.
Chiunque poteva accedere a quella sorta di ampio parcheggio, anche se un braccio meccanico
telecomandato consentiva l'ingresso e l'uscita dei soli veicoli dei residenti.
La vettura del ricercatore era parcheggiata sul proprio posto auto; si trattava di una piccola utilitaria
rossa di fabbricazione tedesca. Gli sportelli erano chiusi a chiave e sui vetri c'era qualche traccia di
pioggia, probabilmente risalente alla sera dell'omicidio.
Andy estrae il mazzo di chiavi ricevuto il giorno prima dal coroner e, trovata la chiave della vettura,
apre uno degli sportelli e comincia a frugare all'interno. In breve tempo, nota nel vano porta oggetti
un telefono cellulare ancora acceso, insieme con un portafogli ed un libretto di circolazione;
l'ipotesi più probabile che gli veniva in mente in quel momento, era che Blake li avesse dimenticati
lì nella fretta di salire nel suo appartamento.
"Blake doveva avere fretta, molta fretta per lasciare qui portafogli e cellulare...", commenta in
poche parole Andy mentre prende il telefono e controlla varie cose, tra cui ultimo numero chiamato,
ultima chiamata ricevuta e la durata dell'ultima di queste due in ordine di tempo. Nota così che
l'ultima chiamata è stata effettuata intorno alle dieci di sera verso un numero che, stranamente, gli
sembrava familiare; invece, l'ultima chiamata ricevuta, risalente alle sei del pomeriggio, era stata
effettuata da Eva Khent.
Luke si avvicina ad Andy e chiede: "Il primo numero è forse quello di Rusvel?". Poi, senza
aspettare risposta, domanda ancora: "E ora che si fa? Andiamo a fare la visita di rito alla OSIR? Da
qui dovremmo impiegarci una mezz'ora o poco più. Magari conosceremo chi altro è implicato in
questo caso ingarbugliato...".
Intanto, seduta comodamente sul sedile di guida, giusto in caso ci dovesse essere un'altro
inseguimento fuori programma, Ingrid cerca di districarsi nel complesso fascicolo riguardante gli
studi di Blake.
"Genetica", mormora a bassa voce. "Questa roba è sicuramente illegale; chissà che santi in paradiso
hanno..." pensa fra sè, mentre, andando avanti a leggere, un certo sospetto comincia aprendere
forma nella sua mente. Un sospetto estremamente preoccupante.
Mentre la donna è immersa nei suoi pensieri, i suoi tre colleghi fanno ritorno alla macchina e si
intrattengono qualche minuto fuori a parlare fra loro.
"Posso dare uno sguardo al portafogli?", chiede Frederik.
"Certo!", risponde Andy tendendogli l'oggetto richiesto. "Al momento sono impegnato con questo
cellulare e non l'ho ancora controllato".
Senza dire una parola, l'agente Bosley fruga fra le pieghe del portafogli, trovandovi qualche
banconota, una carta d'identità e due foto; quest'ultime ritraevano l'uomo in compagnia di una
donna rispondente alla descrizione fornita da Timberlane il giorno prima. "Finalmente hai un volto,
cara Eva...", pensa fra se l'agente mostrando un sorriso di soddisfazione. "Guardate un po’: Eva
Khent!", dice rivolto ai suoi colleghi. Poi, con soddisfazione aggiunge: "Dobbiamo inviarle subito
alla centrale. Bisogna vedere se i ragazzi riescono a fare delle ricerche su di lei; magari possono
dirci qualcosa che ancora ignoriamo. Sarebbe il caso di trovare un fax nei dintorni". Bosley rimane
un attimo in silenzio. "Nell'appartamento di Blake avete notato se c'era un fax?"
"Mi sembra di no", risponde Luke. "Ma ne ho visto uno nel box della Kandiwski."
"Finalmente i pezzi cominciano a combaciare!”, commenta Frederik. “Aspettatemi! Mando le foto
alla centrale e poi ripartiamo". Detto questo, si allontana di corsa diretto alla portineria e, mostrato il
distintivo, dice: "FBI. Ho urgenza di usare il fax, signora". Inoltra, quindi, un fax con le foto ed un
breve messaggio:
Soggetto: Eva Khent. Cercare ogni informazione disponibile sul suo conto. Attendo i
risultati con urgenza nel mio ufficio.
Aspettando il collega, Andy si rivolge a Luke dicendo: "Questo numero di rete fissa… è il numero
che ho trovato su quel foglietto… J.W. Lester, mi pare. Sarà il caso di verificare". Senza aspettare
risposta, l'agente Wallet prende il portatile del collega e, collegatolo al cellulare, effettua una ricerca
negli archivi telefonici per stabilire l’intestatario del numero. "Questo ci fornirà ulteriori
informazioni su questo Lester”, commenta, “Però, comincio a dubitare che si conoscessero. Il
numero non risulta memorizzato insieme al nome… il che è strano".
Dopo pochi minuti di attesa, il risultato che ottiene dalla sua ricerca è quanto meno inatteso. Come
sospettava, Blake non doveva conoscere di persona il suo misterioso contatto; il numero, infatti,
corrispondeva alla sede redazionale di una nota testata giornalistica di Boston.
"Tutto torna: Blake era ad un passo dal divulgare le informazioni, ma è stato fermato. In tempo?
Questa è la domanda cui mi preme rispondere", commenta Andy. "Cerchiamo questo Lesley tra i
redattori del giornale, prima che qualcun'altro lo trovi!"
"Ci stiamo muovendo troppo tardi, temo", sbotta Luke. "Ho la sgradevole sensazione che gli altri
siano sempre un passo più avanti di noi. Ma su, ora niente indugi, muoviamoci! Diamo solo un
colpo di telefono alla redazione del giornale prima di partire".
Quando Frederik si avvicina nuovamente al gruppo nota Luke impegnato al proprio cellulare con in
mano il foglietto ricevuto all’appartamento di Blake; anche Ingrid scende dall'auto per ascoltare
meglio la conversazione.
"Buongiorno: la redazione del Daily Bugle?", chiede Luke formalmente.
"Si. Desidera?", risponde una voce femminile all'altro capo.
"Cercavo un certo Lesley. Lavora da voi giusto?", chiede ancora.
"Si. Attenda in linea; le passo l'interno.", risponde la donna.
Dopo poco meno di un minuto, una voce maschile risponde all'altro capo del telefono. "Pronto!
Parla con Jeff William Lesley!"
"Buongiorno", replica Luke, "Sono l'agente Lin dell'FBI e ho bisogno di parlare con lei con una
certa urgenza. Entro un'ora potrei essere nel suo ufficio, se ha la possibilità di ricevermi.
Ho da proporle un mutuo scambio di informazioni in merito ad un misterioso caso di omicidio, che
ne pensa?".
Mentre attende la risposta, l'agente tranquillizza con un gesto della mano i suoi colleghi: "Gli ho
gettato un'esca. Ovviamente a lui diremo il meno possibile", sussurra a labbra strette. Poi si ferma a
riflettere qualche secondo, pensando se sia o meno il caso di avvisarlo riguardo alle precauzioni da
prendere nel caso di possibili visite inattese.
"Fra poco entro in pausa pranzo, ma se viene qui dopo le 2 mi troverà sicuramente", risponde
schiettamente l'uomo. "Di cosa vuole parlare, se non sono indiscreto?"
“Non posso dirglielo in questa sede. Ci vediamo alle due, grazie", conclude seccamente Lin
chiudendo la comunicazione. Quindi si volta verso i colleghi e con un gran sorriso annuncia: "E nel
frattempo andiamo a fare un buon pranzetto?".
"Per me va bene" risponde Ingrid. "Hai già un'idea di cosa dire a Lesley? Di sicuro non credo sia il
caso di fargli sapere quanto sto per dire a voi…". Fa una breve pausa per poi riprendere con
determinazione: "Questi appunti parlano di cose molto scottanti; cose del tipo giochi col DNA
umano. Se la OSIR sta davvero facendo cose di questo genere, troveremo parecchi ostacoli là
dentro. E mi sta venendo anche un dubbio, ma vorrei aspettare l'autopsia del nostro prigioniero..."
Luke alza le spalle: "Gli chiederei se è stato contattato da un certo Blake e che cosa gli ha detto. Nel
caso Blake si fosse solo procurato il numero di telefono del giornalista, ma non lo avesse contattato
prima di morire, rischiamo di mettergli la pulce nell'orecchio per uno scoop… ma è un rischio che
dobbiamo correre. Ovviamente, starei abbottonato il più possibile su quanto abbiamo scoperto noi
ma, se necessario, qualche boccone per tenerlo attaccato all'amo glielo getterei, specie se si mette a
fare il prezioso. S dovesse chiedere troppo, comunque, lo zittirò seccamente: meno cose sa e più
sarà al sicuro". L'agente resta in silenzio per qualche secondo, poi aggiunge: "Ingrid, sono curioso:
qual è il dubbio che ti è venuto in mente?"
"Lo saprai a tempo debito", risponde con un sorriso la donna.
Boston, Uffici Redazionali del Daily Bugle
13 Marzo 2002 - Ore 14:30
"Sedicesimo piano". La fredda voce elettronica proveniente dall'altoparlante dell'ascensore
annunciava l'arrivo degli agenti al piano in cui avrebbero dovuto trovare l'ufficio di Lesley. Le porte
metalliche si aprirono scorrendo silenziose rivelando una piccola sala quadrangolare in cui ad una
parete si sostituiva un'ampia porta a vetro automatizzata e riportante inciso il logo del Daily Bugle.
Gli agenti Lin e Wallet sono i primi a farsi avanti ed, una volta annunciatisi al videocitofono,
entrano nei corridoi della redazione seguiti dai loro due colleghi.
"Buongiorno", dice Luke rivolto ad una segretaria mentre mostra il proprio tesserino. "Abbiamo un
appuntamento con il signor Lesley. E' già in stanza?"
"Hmm...si.", risponde intimorita la donna. "Guardi... è la terza porta sulla sinistra. Non può
sbagliare."
"La ringrazio...", dice cortesemente l'agente mentre ripone il tesserino. Quindi, rivolto ai suoi
colleghi, chiede: "Qualcuno di voi vuole restare qui?"
"Rimango io se preferisci" dice Andy brevemente mentre comincia a dare un'occhiata in giro nel
trambusto della redazione.
Mentre Andy resta a controllare l'ingresso, gli altri tre agenti si recano verso l'ufficio indicato dalla
segretaria e, giunti alla porta, Luke annuncia il proprio ingresso con due secchi colpi alla superfice
di legno.
"Signor Lesley, siamo del FBI", dice in tono imperioso.
"Entrate pure", rispondono dall'altro capo.
L'ufficio era piuttosto piccolo, ma disponeva di un'ampia vetrata panoramica dalla quale era
possibile osservare la metropoli sottostante; sulla parete destra c'erano diversi armadietti ed una
fotocopiatrice, mentre su quella sinistra un giovane eucalipto e due comode poltroncine. Lesley era
seduto dietro una scrivania in finto mogano, con lo sguardo rivolto allo schermo del proprio
computer ed una sigaretta fumante nella mano sinistra; il suo abbigliamento appariva leggermente
eccentrico e non si poteva fare a meno di notare la sua incredibile magrezza.
"Allora... di cosa volevate parlarmi?", dice l'uomo rivolto agli agenti. "Mi è parso si trattasse di
qualcosa di "Possiamo accomodarci?", domanda cortesemente Luke. Dopo aver ricevuto risposta
affermativa, si siede su una delle poltroncine e si sporge verso il giornalista. "Siamo qui per parlare
di un caso che io ed i miei colleghi stiamo seguendo e per il quale il suo contributo potrebbe essere
utile. In particolare, vorrei sapere se recentemente lei è stato contattato da un uomo di nome Blake".
Frederik fa qualche passo verso le poltroncine, restando in piedi accanto a Luke per lasciar sedere
Ingrid. Con faccia inespressiva presta attenzione al dialogo, per intervenire solo se gli sembra il
caso.
"Immaginavo vi sareste fatti vivi per questo, prima o poi", risponde con aria distratta l'uomo.
"Veniamo subito al punto della questione, quindi. La risposta alla vostra domanda è 'SI'; ho parlato
al telefono con Edward Blake la notte stessa in cui è stato assassinato. L'avevo sentito anche altre
volte in precedenza, ma in tutta sincerità non avevo mai dato troppo credito alla sua storia. Questo
almeno fino a ieri mattina, quando mi è giunta la voce che era stato ucciso e che anche alcuni agenti
dello FBI erano stati visti sulla scena del crimine."
Mentre conclude la frase il suo sguardo si fa incisivo, e punta dritto l'agente Lin. Quindi aggiunge:
"Non ho nessun problema a collaborare con voi, ma la mia curiosità ha bisogno di essere appagata
in qualche modo... magari con uno scambio d'informazioni".
Luke sorride: "Lei si aspetterà che io dica - D'accordo, inizi lei - ma sarebbe troppo prevedibile.
Voglio sorprenderla e soprattutto convincerla che entrambi possiamo guadagnarci se gestiamo la
questione con franchezza". Omette intenzionalmente che, ovviamente, ha dei limiti su quanto può
dire, proprio per far credere a Lesley che non esistano particolari segreti sul caso. Si umetta quindi
le labbra e prosegue: "Comincerò io, dunque. Blake è stato ucciso da un professionista che non ha
lasciato che pochi indizi, tra i quali un biglietto con il vostro numero di telefono. L'altro indizio
utile, il nome e il numero della sua compagna, ci ha portati a scoprire che lei è scomparsa
misteriosamente. Noi temiamo che Blake sia stato ucciso per via del suo lavoro e che la donna
sapesse qualcosa e sia fuggita o, peggio, sia stata eliminata anch'essa. Pensiamo, inoltre, che anche
lei sia stato contattato da Blake e possa confutare le nostre ipotesi. Ma forse sono tutte esagerazioni
e questo è solo un omicidio per motivi passionali".
Ingrid, che salvo le presentazioni di rito non ha proferito parola, scocca un'occhiata in direzione del
collega. Un'occhiata ad uso del giornalista, verso cui torna a guardare con un lieve sorriso.
"Comincia la partita... " è il suo pensiero
Jeff non sembra scomporsi più di tanto alle parole dell'agente e, spegnendo la sigaretta in un
posacenere, congiunge le mani quasi come se volesse pregare ed osserva per qualche istante il
monitor del computer. "Bene; mi fa piacere osservare che non tutte le giacche nere hanno modi di
fare rozzi", è il suo schietto commento.
"Quello che sò, come vi ho detto, l'ho appreso telefonicamente dal defunto signor Blake. In breve,
mi aveva proposto un articolo riguardante alcune sue scoperte sulle attività condotte nel centro
ricerche O.S.I.R. e se ero interessato alla cosa. Era preoccupato che qualcuno lo potesse controllare,
quindi non è mai stato esplicito su ciò che intendeva mostrarmi, ma mi convinse ad incontrarlo in
un locale di New Bedfort fra due giorni, assicurandomi che avrebbe portato con se le prove di un
grosso scandalo riguardante un progetto finanziato da enti governativi. Ovviamente, temo che
quell'appuntamento sia ormai stato annullato!"
"Un vero peccato che lei non sappia dirci altro... a questo punto non abbiamo altre informazioni utili
da scambiarci. Putroppo nemmeno noi sappiamo quali scoperte aveva fatto Blake, e speravamo di
sapere qualcosa di più da questo incontro. Siamo ad un punto morto, credo", risponde Luke.
Poi l'agente si volta a guardare interrogativamente la sua collega, chiedendole silenziosamente se
vuole aggiungere altro.
"Mai essere così pessimisti, Luke" commenta Ingrid sorridendo e accendendo con noncuranza una
sigaretta senza curarsi di chiedere il permesso del giornalista. "Il fatto che nè noi nè il signor Lesley
abbiamo elementi concreti in mano non vuol dire che ce ne staremo fermi. Sono certa che avremo
modo di ricontattarci più avanti; dopotutto, è nell'interesse di entrambi", conclude in tono
vagamente provocatorio osservando la reazione di Lesley.
"In effetti", commenta con un sorriso l'uomo, "in questo momento stavo giusto facendo qualche
personale ricerca sul conto di Edward Blake; sapete, non sarei seduto a questa scrivania se non
avessi le mie speciali fonti d'informazione. Nel caso riuscissi ad avere qualche notizia interessante
su di lui o sulla sua donna sarete i primi a saperlo..."
"Bene, se non c'è altro...", esclama Luke guardando i suoi colleghi, "... per ora avremmo finito.
Penso che la collaborazione sia proficua per entrambi, quindi teniamoci in contatto".
Frederik osserva il giornalista un po' sospettoso, poi, annuisce: "Direi che non c'è altro. Possiamo
andare!". Protende la mano stringendo quella dell'uomo ed, in un tono che può sembrare
minaccioso, aggiunge: "A presto!". Poi si avvicina alla porta per uscire e resta in attesa che i suoi
colleghi lo seguano.
"Sono fiduciosa che ci rivedremo.... e con un umore migliore", si congeda Ingrid tendendo la mano
e lasciando il proprio biglietto da visita.
L'agente Lin fa per lasciare la stanza quando, di colpo, si blocca e torna a voltarsi in direzione del
giornalista, chiedendo con aria perplessa. "Mi scusi, signor Lesley, ma saprebbe dirmi in che altra
occasione ha avuto modo di sentire Blake oltre alla notte del suo omicidio?"
"Perchè questa domanda?", replica dubbioso l'uomo.
"Si limiti a rispondere...", dice l'agente con tono freddo.
"Non ricordo di preciso, ma dovrebbe essere avvenuto almeno tre giorni fa."
"Ne è proprio sicuro?"
"No. Ricevo molte telefonate al giorno e mi riesce difficile ricordarne una in particolare."
"Io credo", si impunta l'agente, "che lei, in realtà, abbia ricevuto un'unica telefonata da Blake; quella
della notte in cui è stato ucciso! Altrimenti, perchè non aveva ancora registrato il numero della
redazione sul cellulare e portava in tasca un semplice pezzo di carta da usare come promemoria. Ma
penso che questa mia ipotesi si rivelerà infondata se chiedessi al mio dipartimento di far controllare
i tabulati telefonici. Dico bene?"
Alle parole dell'agente, l'espressione dell'uomo cambia, divenendo seria e quasi preoccupata.
Estraendo una sigaretta dal taschino della camicia, si stende sullo schienale della propria sedia e
commenta con distacco: "OK! OK! Ho mentito. Ho ricevuto un'unica telefonata da Blake. Che
vuole farci, speravo che se mi fossi dimostrato un buon testimone sareste stati più propensi a
fornirmi qualche utile indizio; del resto, raccogliere notizie è il mio lavoro".
"Ne sono certo", risponde seccamente l'agente. "Ma penso lei saprà che il suo atteggiamento
avrebbe potuto inficiare gli esiti di un'indagine federale, e che questo potrebbe costarle più di
qualche gradino della sua carriera. Ho provato a venirle incontro, a non usare i metodi rudi delle
altre giacche nere, come le chiama lei; ma visto il risultato, direi di cambiare sistema..." conclude
volgendo lo sguardo verso Frederik, il cui volto aveva assunto un espressione corrucciata di quelle
davvero rare a vedersi.
"Non c'è bisogno di prendersela tanto", commenta con fare impacciato Jeff. "Sono sicuro che
possiamo trovare un accordo!"
"Ne sarei lieto", commenta Frederik avvicinandosi alla scrivaria. "Anche perchè è da parecchio che
non leggo i diritti ad un criminale e non vorrei mettere alla prova la mia memoria!"
"Ho capito l'antifona, ma come vi ho detto la mia era solo una tattica; non volevo crearvi
problemi!", riprende Jeff in tono agitato.
"Ci dica quello che sa", riprende Luke. "Ho capito che quell'appuntamento non può averlo fissato
direttamente con Blake durante quella telefonata, visto che un incontro ad una distanza di appena
quattro giorni per un uomo ormai disoccupato non doveva essere difficile da ricordare.
Probabilmente lo avevate stabilito in precedenza con qualcuno a lui vicino e lontano da eventuali
sospetti... forse la sua donna o un suo amico. Quindi, vorrei sapere, cosa le ha detto Blake in quella
telefonata. E mi raccomando, niente giochetti o il mio collega la trascinerà fuori di qui in manette!"
"Ho capito, ho capito", dice in tono ormai disperato il cronista. "E' vero, l'appuntamento era stato
organizzato quasi un mese addietro da un certo Karl; era lui che diceva di tenere i contatti con uno
speciale informatore che mi sarebbe valso lo scoop della mia vita. Poi quella sera mi chiamano in
ufficio, ed il signor Blake parla dall'altro capo della cornetta spiegandomi di non poter venire
all'appuntamento... che ci avrebbe mandato la sua donna insieme con le prove utili alla
pubblicazione dell'articolo. Era incredibilmente agitato; diceva che doveva sparire per un pò dalla
circolazione ed ha accennato ad alcuni affari che doveva ancora portare a termine prima di lasciare
il paese. Ma vi giuro che non so altro".
L'agente Bosley ammutolisce sbigottito non appena ode il nome ed il suo suo pensiero va subito a
Karl Rusvelt. Solleva le sopracciglia sorpreso e china il busto verso il giornalista appoggiandosi alla
scrivania: "Karl... Rusvelt? Le dice niente il nome Rusvelt?"
"Forse... mi sembra si chiamasse cosi! Ma è da diversi giorni che non mi contatta...", risponde
l'uomo.
"Quindi Rusvel è implicato più di quanto sembri..." commenta fra se l’agente.
"Andiamo a trovarlo, allora, e spremiamolo per bene questa volta", propone Luke.
Allontanandosi dalla portata di Lesley, Ingrid controlla sul PDA nome e numero dell'agente di turno
che dovrebbe sorvegliare Rusvel, quindi, uscendo dalla stanza lo chiama. "Jones? Buongiorno, sono
Lindkvist. Tutto bene, lì. Qualche novità? E... soprattuto, dove vi trovate ora?"
"Tutto in regola", risponde l'agente. "Siamo fermi all'esterno dell'abitazione del sospetto in questo
momento, al numero 27 di Abram Street a New Bedfort".
New Bedfort, Abram Street 27
13 Marzo 2002, Ore 16:20
Dopo circa un'ora d'auto, gli agenti federali giungono nei pressi dell'abitazione di Karl Rusvelt e si
avviano verso lo stabile indicatogli dagli agenti di pattuglia. Visto dall'esterno, l'edificio mostrava
evidenti segni di decadimento nonostante l'aspetto complessivamente robusto della sua struttura; in
teoria, date le dimensioni, avrebbe potuto ospitare anche più di una sessantina di nuclei familiari.
Anche il quartiere in cui sorgeva non poteva dirsi il massimo dell'eleganza; le strade erano sporche
e le pareti degli edifici erano ricoperte da diversi strati di vernice spray usata per tracciare graffiti
multicolore.
"Direi di salire...", commenta in tono imperioso Frederik dopo essere rimasto per qualche secondo
in silenzio ad osservare l'ingresso del palazzo.
"Bene! Andiamo allora!", risponde Luke aprendo lo sportello dell'auto. "Non risulta si sia mosso,
vero Ingrid?"
"Si!", risponde la collega mentre scende anch'ella dalla vettura. "Nessuna comunicazione dagli
agenti di pattuglia; è probabile che sia ancora nel suo appartamento".
Andy esordisce in tono vagamente sarcastico: "Ragazzi mi raccomando occhio, già una volta
abbiamo incrociato persone sgradevoli sulla nostra stessa pista....ed oggi non sono propriamente
nella forma giusta per una corsa!"
Luke posa una mano sulla spalla del collega. "Allora questa volta tocca a me e Ingrid", esclama
l'agente, incamminandosi verso l'edificio dopo aver lanciato un'occhiata alla collega, per vedere se è
disposta a seguirlo.
Frederick si avvia verso l'ingresso al palazzo dopo averlo osservato per un po' nel suo complesso,
ma si ferma un momento per capire le intenzioni dei colleghi. "Andiamo a fare questa visita di
cortesia allora; se Rusvel non è già nei guai lo sarà presto..." dice ed, inforcati gli occhiali da sole,
ritorna ad avanzare a passi cadenzati.
"Perchè no?", risponde tranquillamente Ingrid. "Vediamo cosa avrà da dirci stavolta". E segue da
presso il collega, maledicendosi mentalmente per non avere cercato qualche informazioni in più sul
Net.
I quattro agenti giungono all'entrata dell'edificio e, proprio mentre stanno per varcare la soglia,
notano Rusvelt che scende lungo le scale.
"Signor Rusvelt!", dice Frederik in tono serio. "Avremmo bisogno di parlarle".
"Mi sto recando al negozio", risponde concisamente l'uomo. "Ma credo che per voi sarò costretto a
trattenermi. Dico bene?"
"Ha centrato perfettamente la questione...", replica l'agente.
"Bene. Cos'altro posso dirvi che già non vi abbia detto?", chiede l'uomo.
"Ci conduca al suo appartamento per favore..." dice in tono imperioso Frederik, ritenendo
opportuno parlare lontano da occhi indiscreti. "Qui sulla strada non è il caso."
Persuaso dalle parole dell'agente, Rusvelt si volta in direzione delle scale ed accompagna gli agenti
verso il proprio appartamento. Una volta varcata la soglia di casa, rompe il silenzio chiedendo:
"Allora. Novità sul caso?"
Frederik zittisce l'uomo con un movimento secco della mano e lo guarda con occhi severi ed
indagatori: "Niente convenevoli signor Rusvelt; non siete nella posizione di poterveli permettere".
Da un'occhiata al collega come per cercare appoggio, poi prosegue: "Sappiamo per certo che non ci
ha detto tutto sul caso Blake... soprattutto riguardo al suo ruolo! Se avrà l'accortezza di dirci tutto,
ma sta volta proprio tutto quello che sa, probabilmente faremo finta di niente. Se ci costringerà a
fare altre domande sarà peggio. Sta a lei ora!". Bosley incrocia le braccia al petto con espressione
dura, in attesa che Rusvelt parli.
"Calma, Bosley". L'agente Lindkvist trattiene il collega con una mano sulla spalla ed un sorriso
tutt'altro che rassicurante. "Sono certa che il signor Rusvel ieri si è fatto prendere un po'
dall'emozione comprensibile del momento, e che ora sia più che ansioso di collaborare con noi..."
"Non sono certo di capire ciò a cui vi stiate riferendo", risponde con aria perplessa l'uomo. "Mi pare
di avervi detto tutto ciò che sapevo riguardo le intenzioni di Edward sul lavoro svolto alla O.S.I.R."
"In effetti, eravamo interessati al SUO ruolo; in particolare all'appuntamento fissato per conto del
signor Blake con uno dei redattori del Daily Bugle. Le dice niente il nome Jeff William Lesley?".
Replica stizzito Frederik.
"Ah! Intendevate quello. Ma è successo quasi un mese fa...", risponde Rusvelt quasi sollevato. "Non
lo ritenevo un dettaglio cosi rilevante per voi. Comunque, all'epoca Edward mi chiese di trovargli
un contatto all'interno dei mezzi d'informazione, cosi scelsi Lesley, vista la sua fama di cacciatore di
notizie. Però, salvo organizzare per lui l'incontro, non saprei dirvi cosa avrebbe fatto in seguito".
"Mettiamoci comodi, signor Rusvelt" replica Ingrid in tono conciliante. "Sono certa che sarà
opportuno ricostrure da capo tutta la vicenda."
Rusvelt accompagna gli agenti in un piccolo salotto posto subito dopo l'atrio e li fa accomodare su
delle poltrone di velluto viola. La stanza era arredata con dubbio gusto ed il mobilio era
decisamente spartano e limitato allo stretto indispensabile; era evidente che quella fosse la casa di
uno scapolo.
"Allora, cercerò di ricostruire la vicenda...", riprende l'uomo mentre si accomoda su una sedia.
"Ditemi solo da dove volete che incominci."
Luke gli si avvicina ed annuncia: "Partiamo proprio dall'inizio, da come lei e Blake vi siete
conosciuti, sempre che non sia un'amicizia di lunga data".
"In effetti, la storia è piuttosto lunga, ma penso possa riassumersi in poche parole", risponde.
"Frequentavamo la stessa università, anche se in facoltà differenti, e ci siamo conosciuti in
un'organizzazione culturale a sfondo ecologista denominata 'Il Tasso'. Entrambi nutrivamo un
discreto interesse per l'ambiente, ma poi ognuno ha scelto la propria strada, io come semplice
impiantista e lui come ricercatore; comunque, siamo sempre rimasti in buoni rapporti da allora."
"E scommetto che la stessa passione per l'ambiente abbia fatto riflettere Edward su quanto stesse
accadendo dove lui lavorava, e poi lo abbia spinto a contattare lei, con cui aveva questo interesse
comune", intuisce Luke.
"Bhe... credo che il motivo fosse proprio quello", risponde con qualche dubbio Karl. "Poi sapeva
che potevo ancora avere qualche conoscenza fra i reporter giornalistici, visto che all'epoca mi
interessavo di condurre piccole inchieste amatoriali per l'associazione".
"Edward doveva essere alquanto preoccupato... che cosa le ha detto in merito alle sue scoperte?
Cosa è successo dopo che le ha chiesto di procurarle un contatto con un giornalista?".
"Riguardo alle sue scoperte non so più di quanto non vi abbia già detto ieri", risponde l'uomo. "Allo
stesso modo, dopo che sono riuscito a procurargli un incontro con Lesley, ho avuto pochissime
occasioni d'incontro lui e non abbiamo più parlato di quanto stava svolgendo presso il centro di
ricerca. Quando mi contatto per l'impianto d'allarme disse di sentirsi spiato, temeva che qualcuno
controllasse il suo telefono o lo osservasse mentre rincasava. Paranoia o eccesso di stress, secondo i
vicini, ma io sono convinto che quello a cui stava lavorando fosse davvero qualcosa di grosso..."
Frederick inarca un sopracciglio. "Pochissime occasioni d'incontro con lui?", ripete con tono
marcatamente sospettoso. "Ne siete certo signor Rusvel?". Lo squadra attentamente cercando di
notare le reazioni dell'uomo alla sua domanda; non sa il perché ma ha l'impressione che non stia
ancora dicendo la verità.
"Bhe... forse pochissime è un esagerazione, ma i giorni in cui ci incontravamo rappresentavano un
eccezione piuttosto che una regola", risponde Karl. "Talvolta mi chiamava, specie nei giorni
successivi a quelli in cui fissai l'appuntamento, per domandarmi se tutto era in ordine o informarmi
su come andavano le cose alla O.S.I.R. Con il tempo, però, le cose sono cambiate; via via che
diventava più sospettoso, Edward parlava sempre meno di quanto stava facendo ed anche
l'appuntamento sembrava stesse perdendo interesse per lui; arrivammo ad evitare di incontrarci
direttamente, mantenendo solo contatti telefonici."
"Ci dica qualcosa in più sulla OSIR" chiede Ingrid a bruciapelo osservando la reazione di Rusvelt.
"Non ne sò molto a dire il vero", replica lui. "Edward tendeva ad essere molto riservato sui dettagli
del progetto, anche se non me ne spiego il motivo. Aveva fatto diversi accenni riguardanti la
manipolazione genetica, ma senza fornire dettagli... e dal tono in cui ne parlava non doveva essere
qualcosa di bello!"
"Bello?", interviene Luke. "In che senso? Ci dia maggiori dettagli, Blake non può averla coinvolta
senza spiegarle almeno di cosa si trattasse. Non posso crederlo, considerando il vostro comune
interesse per l'ambienta e la natura".
"Come le ho detto, non so nulla di preciso... le mie sono più delle supposizione ricavate dalle poche
informazioni citatemi da Edward", risponde sconfortato. "Sono quasi sicuro che stessero portando
avanti una ricerca sfruttando i risultati del progetto Genoma Umano, ma le esatte finalità mi restano
oscure. Inoltre, in uno dei nostri primi incontri, mi citò con un certo entusiasmo l'esistenza di dati
esterni a quel progetto ma estremamente avanzati sul piano scientifico; persino lui ignorava la fonte
di quelle informazioni, ma supponeva giungessero da studi precedenti condotti da parte dell'equippe
che lavorava al progetto".
"Questa informazione è interessante... ma torniamo al punto. Edward quindi stava lavorando su
modifiche genetiche riguardanti gli esseri umani? E' questo che lo terrorizzava? Insomma, lei non
può non sapere".
"Le assicuro che vorrei sapere per cosa è stato ucciso Edward, ma al momento non so dirle altro",
risponde stizzito Karl. "Tutte le informazioni che aveva acquisito nell'ultimo periodo non me le ha
mai volute confidare; non so se lo facesse per proteggermi o perchè anche lui era troppo invischiato
in quella storia". Si sofferma, quindi, per qualche istante a riflettere, poi aggiunge: "Però una volta
disse una frase che mi lasciò perplesso. Ci eravamo incontrati a casa sua per la questione
dell'allarme e lui, quasi distrattamente ed osservando la finestra del suo studio disse: 'Abbiamo
costruito edifici che sfidano il cielo, macchine che sfidano la gravità, strumenti che sfidano la
morte. Eppure, non siamo altro che scimmie senza pelo. Tutto merito di quel 3% che fa la
differenza fra un uomo ed un animale...'"
Luke ignora la reazione di Rusvelt e cambia argomento: "Conosce Eva, la compagnia di Edward?
Sappiamo che lei avrebbe dovuto consegnare le informazioni al giornalista, ma è sparita dalla
circolazione. Sa darci qualche indicazione su dove trovarla?".
"Come le dissi, non so molto di lei", risponde l'uomo. "L'ho vista su una foto e so che lavorava in
un locale del posto; null'altro. Mi auguro che la sua sparizione sia stata programmata da Edward
prima del trapasso; se come dite, ha ancora con se quelle informazioni, è in serio pericolo di vita".
Luke si volta a guardare i suoi colleghi con una espressione scoraggiata: "Avete altro da chiedere?",
domanda loro con voce piatta, per non far avvertire a Rusvelt la sua frustrazione.
Frederick, che aveva attentamente ascoltato le argomentazioni di Rusvelt, scuote il capo. "Io non ho
altro da chiedere... spero che questa volta sia davvero tutto..." dice mentre osserva Rusvelt con
sguardo indagatore.
Ingrid, che era apparentemente distratta a guardarsi intorno durante l'ultima parte dell'improvvisato
interrogatorio, interviene seccamente mentre Frederick si sta alzando. "In effetti, ci sarebbe ancora
qualcosa...." dice riportando lentamente lo sguardo verso Rusvelt e lasciando deliberatamente
passare qualche secondo ad osservarne la reazione.
"Innanzitutto, mi piacerebbe sapere cosa le ha chiesto Edward l'ultima volta che le ha telefonato o in
cui vi siete visti..." Riprende quindi con una breve pausa: "Sa, trovo piuttosto strano che un uomo
preoccupato al punto di commissionarle un sistema d'allarme, poi lasci tranquillamente aperta la
porta di casa..."
"Porta aperta?", chiede perplesso l'uomo. "Non sono sicuro di capire a cosa si stia riferendo,
agente?"
"La porta di casa del signor Blake è stata trovata aperta, senza segni di forzature", risponde
calmissima Ingrid. "Comunque non ha risposto alla mia domanda, signor Rusvel..."
"Intende la chiamata, giusto? Come dissi, riguardava l'allarme...", comincia a rispondere l'uomo, ma
le sue parole vengono interrotte dallo squillo del cellulare dell'agente.
La donna prende il telefono e risponde seccata: "Pronto?..."
"Agente Lindkvist, sono l'agente Breedman della sorveglianza telefonica", risponde una voce seria e
profonda dall'altro capo. "Volevo dirle che c'è un problema sulla linea che ci avete chiesto di
controllare"
"Solo un attimo...", risponde mentre si allontana verso l'ingresso dell'appartamente. "Cosa è
successo?!"
"Qualcuno è arrivato prima di noi. C'è già un apparato di ricetrasmissione inserito sulla linea...",
risponde piatto l'uomo.
"Skit!", mormora l'agente mentre valuta come comportarsi. "Avete lo strumento davanti a voi?",
chiede.
"Si! E stato piazzato nella centralina telefonica."
L'agente Lindkvist cerca di pensare velocemente; proprio un bel momento per avere quella notizia.
"Cercate di capirci qualcosa lasciandolo attaccato: non staccatelo per ora, e avvisatemi se avete
delle notizie. Se ne piazzate un'altro pensate che i nostri concorrenti possano accorgersene?"
"Il rischio in tal senso è più che trascurabile", è la secca risposta dell'agente Breedman. "Faremo
come richiesto." Terminata la chiamata Ingrid torna a sedersi nella stanza con la mente ancora
affolata di dubbi.
"Risponda, Rusvelt, e senza giri di parole od omissioni", esclama seccamente Luke all'uomo, che è
rimasto ad ascoltare pensieroso la telefonata di Ingrid.
"Certo", risponde Rusvelt. "Come stavo dicendo, riguardava l'installazione dell'allarme a casa sua,
nulla di più o di meno."
La risposta, tuttavia, non convince l'agente, il quale rincara la dose: "Non mi sembra sincero signor
Rusvelt. Sono sicuro che lei ci stia nascondendo qualcosa di importante; tanto per cominciare,
vorrei sapere se e in quale occasione ha dato ad Edward il numero di telefono della redazione del
Daily Bugle, quella dove lavorava Lesley. Non è stato forse proprio in quell'occasione?".
Alle parole di Luke segue un lungo momento di silenzio; quell'aria tranquilla che fino a pochi
minuti prima sembrava aleggiare sul volto di Rusvelt venne improvvisamente meno.
"Capisco... dunque penso di dovervi parlare del nostro ultimo incontro", risponde mestamente
l'uomo. "E' vero! La storia dell'allarme era una montatura... una sorta di parola d'ordine che serviva
a stabilire i periodi dei nostri incontri. Anche se di un allarme avrebbe avuto davvero bisogno il
povero Ed! Le sue paranoie erano pienamente giustificate; c'era davvero qualcuno che spiava le sue
mosse..."
"Bene", esclama con sollievo l'agente, "Ora ci dica tutto quello che sa. Dopotutto, noi siamo dalla
sua parte, non solo vogliamo sapere chi ha ucciso Edward, ma soprattutto dobbiamo sapere il
perché lo ha fatto. Se veramente scoprissimo che c'è qualcosa di sporco dove lavorava Blake ,
faremo una bella pulizia. Se poi si parla di qualcosa di grave come manipolazioni genetiche illegali
sull'uomo, la cosa mi disgusta e preoccupa alquanto".
La frase di Luke è intenzionalmente rivolta a far capire a Rusvelt che loro condividono le sue stesse
preoccupazioni, e che l'unico modo di compiere il volere di Edward è per lui collaborare.
Rusvelt fa per parlare, ma improvvisamente, Luke alza una mano per fermarlo. E' stato folgorato da
una intuizione: cimici. Potrebbero esserci delle cimici nell'appartamento! E loro, come dei dilettanti
allo sbaraglio, non hanno nemmeno controllato.
"Aspetti un momento", esclama l'agente, prendendo un pezzo di carta e facendo leggere i suoi
sospetti a tutti, incluso Rusvelt:
Dobbiamo trovare un posto sicuro per parlare, possono ascoltarci anche con un dispositivo
esterno, come un microfono laser sui vetri!
L'agente si schiaffeggia la fronte alzando gli occhi al cielo, stupito di non averci pensato prima.
Prende la matita di Luke e scrive su un foglietto "Auto?", osservando poi i colleghi con aria
interrogativa. Luke scrive dietro di lui:
Auto=rischio. Cantina? Corridoio? Confessione scritta e invece a voce alta li depistiamo?
Fattibile?
Senza attendere risposta dai colleghi, l'agente dice poi ad alta voce: "Sta prendendo tempo? Deve
raccogliere i pensieri? O ci prende solo in giro, signor Rusvelt?". E conclude lanciando un sorriso
d'intesa all'uomo di fronte a lui, facendogli segno con una mano di dire qualcosa di vago.
Ingrid interviene sulle parole del collega senza dare il tempo a Karl di aprire bocca. "Signor
Rusvelt, che ne dice se l'accompagniamo in negozio, intanto che discutiamo? Tanto sarei venuta
comunque a fare una visita, anche lì; ci sarebbero un paio di cose che vorrei verificare", dice in tono
piuttosto allusivo.
"Si... certo...", risponde l'uomo leggermente perplesso mentre si alza dalla sedia.
Luke si volta a guardare Ingrid, e scuote la testa in un chiaro segno di disapprovazione; l'agente
teme che uscendo all'esterno la vita di Rusvelt (e le informazioni che possiede) siano in pericolo.
Poi, pensando che ormai quel che è stato detto è detto, specie se ci fosse qualcuno all'ascolto,
sbotta: "Allora andiamo Rusvelt, chissà che là non si trovi qualcosa di più interessante dei suoi
balbettamenti".
Gli agenti lasciano l'appartamento insieme con Rusvelt e scendono in strada per prendere l'auto di
servizio. Frederik si siede al posto di guida, mentre Luke e Andy si siedono sul sedile posteriore
tenendo Karl nel mezzo; Ingrid, prima di salire anch'ella, avvisa gli uomini di pattuglia di precederli
al negozio della Rusvelt Elettronics.
Dopo aver percorso circa un chilometro lungo le desolate strade del quartiere, Luke riprende il
dialogo interrotto pochi minuti prima con aria più serena. "Allora, signor Rusvelt, dove eravamo
rimasti?"
Come risvegliato dal sonno, la voce dell'agente fa trasalire l'uomo, il quale risponde quasi confuso:
"No! Stiamo sbagliando tutto! Forse posso fidarmi di voi! Dovete aiutarci! Aiutare me ed Eva!"
Frederik quasi sbanda per la sorpresa, riprendendo però subito il controllo del veicolo, la tentazione
di voltarsi verso Rusvelt è fortissima, ma a stento riesce a trattenersi. "Ho capito bene?", mormora
incredulo quasi domandandolo a sè stesso.
Luke sorride: "Questo è quello che volevo sentire da lei: volevo proprio farle capire che solo con
noi potete avere un po' di sicurezza. Dov'è Eva?".
Andy, un pò seccato, si gira verso Karl e lo afferra per il bavero. "Signor Rusvelt, che sia chiaro una
volta per tutte che stiamo dalla stessa parte, un'altro di questi suoi voltafaccia non sarà tollerato dal
sottoscritto, sono stato chiaro? Con noi sarà al sicuro ma sappia che per proteggerla al meglio lei
deve collaborare!". Riprendendo la calma e allentando la tensione aggiunge: "Non glielo ripeterò
una seconda volta Karl, lei mi sembra abbastanza sveglio da capire certe cose al volo. Non mi
faccia ricredere!"
"Purtroppo non sono sicuro di potervi essere utile in tal senso", replica mesto l'uomo. "Come vi ho
detto, non sò molto di lei, ma Edward disse che avevano affittato un appartamento in periferia per i
loro incontri amorosi... in Donald Avenue se non sbaglio. Potremmo farci un salto; del resto, non è
lontano da qui... quindici minuti al massimo."
"Perchè no?" è la risposta secca di Ingrid, mentre col telefonino manda un messaggio all'agente
Jones, per indicargli di proseguire pure per il negozio e di guardarsi intorno.
Luke invece guarda indietro attraverso il lunotto posteriore: vuole accertarsi che non siano seguiti.
Egli è abbastanza inquieto: sembra che stiano combattendo un nemico invisibile e onnipresente e
non vuole lasciare più niente al caso.
La vettura degli agenti giunge senza imprevisti sulla Donald Avenue; sembrava che nessuno li
avesse seguiti durante il loro tragitto dall'appartamento di Rusvelt e l'aspetto del quartiere in cui si
trovavano lasciava sperare in una serata tranquilla. Frederik ferma l'auto al bordo del marciappiedi
ed osserva silenzioso la strada che corre in linea retta per almeno altri tre isolati, costeggiata da due
file di sottili alberi privi di foglie.
"Ed ora?", chiede Andy rivolto all'uomo sedutogli accanto.
"Bhe... siete voi i detective, no?", risponde questi ironizzando. "Purtroppo non ho altre informazioni
oltre al nome della strada".
Ingrid si slaccia la cintura di sicurezza e si accende una sigaretta; quindi, dopo aver emesso un
denso sbuffo di fumo, interviene in tono calmo: "Sappiamo che l'appartamento era in affitto; non
dovrebbe essere difficile avere informazioni chiedendo nei dintorni."
"Giusta osservazione, collega!", replica Luke con un sorriso. "Non ci resta che stabilire come
muoverci, allora...".
"Chiediamo in un locale pubblico, un bar o ristorante, mostrando la foto di Blake?", suggerisce
Luke. "Oppure, domandiamo sempre nei locali in quali palazzine ci sono appartamenti in affitto.
Forse tra le chiavi di Blake c'è anche quella dell'appartamento".
"Ci stavo giusto pensando Luke", commenta Andy. "Diamo un'occhiata a questo mazzo di chiavi,
magari la chiave giusta è serializzata...."
Andy estrae dalla tasca interna della propria giacca il mazzo di chiavi preso all'appartamento e
comincia ad osservare con cura ogni singola chiave. Era evidente che ciascuna chiave doveva avere
una funzione differente: sia la forma della testa che la filettatura differivano fra l'una e l'altra. Si
sofferma, poi, su una leggermente più voluminosa delle altre, avvedendosi che una delle facce
riporta un numero impresso nel metallo: il 14.
"Forse è questa!", afferma con soddisfazione mostrando la chiave al collega.
"Probabile", risponde questi. "Il modo con cui è stato stampato il numero, inoltre, lascia pensare che
l'appartamento possa trovarsi in un edificio totalmente destinato al fitto di camere..."
"Sono d'accordo! Credo che a questo punto ci basterà dare un'occhiata in giro Luke". Detto questo
l'agente Wallet comincia a perlustrare visivamente la via; non è raro infatti trovare nelle vie di
periferia il cartello Affittasi, sotto ad un'insegna il cui schema di colore ricorda quello delle chiavi
delle camere.
Purtroppo, però, non nota nulla di quanto si aspetta. "I casi sono due: o il posto è molto intimo, o
dobbiamo provare a controllare gli isolati più avanti!", commenta con un sorriso ironico.
"Proviamo al prossimo isolato", dice Frederik mettendo nuovamente in moto la macchina.
La vettura supera altri tre gruppi di edifici ed un piccolo incrocio ed, in prossimità di un quarto
gruppo, la voce di Ingrid risuona nell'abitacolo. "Lì!", dice indicando un massiccio portone in legno
scuro all'ingresso di un elegante palazzetto bianco in stile vecchia Inghilterra.
Inizialmente disorientati, i restanti tre agenti guardano nella direzione indicatagli e, dopo poco,
notano una piccola placca in metallo dorato posta sopra il videocitofono: "Albany Residence - Fitto
Appartamenti"
Frederik ferma la macchina accanto al marciapiede. "Forse ci siamo..." dice scendendo dalla vettura
piuttosto di fretta e aspettando che anche gli altri siano fuori per chiudere le portiere con la chiave.
Nel frattempo osserva la strada intorno a loro, con particolare attenzione alle finestre dei palazzi
adiacenti, da cui qualcuno potrebbe sorvegliarli; quindi, fa qualche passo in direzione dell'edificio.
"A te l'onore Andy...", dice ricordandosi che il collega ha probabilmente le chiavi del portone.
"Calma, ragazzi", esclama improvvisamente Luke. "Se l'appartamento è occupato da Eva, potrebbe
allarmarsi sentendo la porta aprirsi e, se è armata, non vorrei Andy rimediasse una pallottola in
pancia prima di potersi presentare. Facciamo prima suonare il campanello da Rusvel, così da
tranquillizzarla".
"Non credo che Eva di aspetti una sua visita, ma comunque forse hai ragione", asserisce Ingrid,
mentre si guarda intorno fra volute di fumo
"Dunque, direi che è il suo turno, Karl...", commenta ironicamente Andy guardando l'uomo
sedutogli accanto.
"Mi auguro che almeno si ricordi di me...", replica stizzito questi mentre si avvia verso il portone.
Gli agenti si tengono leggermente in disparte mentre Karl bussa al videocitofono. Sia Frederik che
Ingrid, i più vicini all'uomo, notano che sulle targhette non è indicato alcun nome, ma soltanto il
numero degli appartamenti; la numerazione permetteva di intuire che per ogni piano erano presenti
solo quattro appartamenti e che, in realtà, il numero 14 stava ad indicare la quarta porta del primo
piano.
Dopo una breve attesa la spia del videocitofono si accende ed una voce femminile risuona
dall'altoparlante. "Che ci fai qui?!" tuona in un tono chiaramente nervoso.
"Eva... è una questione urgente! Dobbiamo parlare!", risponde agitato l'uomo mentre gli agenti si
tengono fuori dall'occhio della telecamera.
La voce resta in silenzio per un'interminabile manciata di secondi, poi torna a farsi udire, stavolta in
tono quasi rassegnato. "OK... Sali", mentre la serratura del portone si apre con un secco schiocco
metallico.
Un sorriso addolcisce il volto di Ingrid. "Molto bene. Ottimo lavoro, signor Rusvel. Adesso forse
verremo a capo di qualcosa." Rivolgendosi poi ai colleghi dice: "Avete controllato che sia tutto in
ordine qui fuori?"
"Se vuoi, Ingrid, io rimango a fare la posta all'esterno", dice Andy e, dopo una breve pausa,
aggiunge, "Videofonini in silenzioso per ogni evenienza?"
"Bene signori: fin qui il destino ci arride!" Frederik sorride lievemente pronunciando quella frase di
circostanza e fa un cenno col capo indicando l'ingresso mentre estrae il suo videofonino.
"Andiamo... e zittiamo questi affari per il momento!"
Karl è il primo ad avviarsi verso l'interno e, mentre gli altri agenti si affrettano, a seguirlo, l'agente
Wallet torna alla macchina, restando all'esterno per controllare la zona.
Varcata la soglia, i quattro si trovano in un atrio circolare di colore bianco, decorato con alcuni fregi
floreali posti a mezza altezza lungo la parete; quattro porte nere in legno laccato si affacciavano dai
lati della sala mentre, davanti a loro, prendeva il via uno scalone in marmo ocra che si inerpicava a
spirale verso i piani alti. La luce giungeva nella struttura dall'ultimo piano, attraverso un lucernaio a
cupola visibile dal basso nella tromba della scala.
Karl è il primo a muoversi lungo la scalinata, ed in breve raggiunge il pianerottolo del primo piano;
qui bussa alla porta dell'appartamento 14 ed attende con evidente tensione che la donna apra. Dopo
un istante che sembra interminabile, la soglia si apre di pochi centimetri, bloccata da una catena
metallica di sicurezza, ed il volto di Eva si affaccia nello stretto spiraglio.
"Che ci fai qui?", dice stizzita. "E chi sono loro?", aggiunge puntando con lo sguardo gli agenti alle
sue spalle.
Frederik resta in silenzio, osservando la donna con aria seria ma tuttavia rassicurante, ed attende che
sia Rusvelt a fare le dovute presentazioni.
Ingrid sfoggia il sorriso più rassicurante di cui dispone. "Non si preoccupi, signora Khent; non ha
niente da temer da noi. Sono Ingrid Lindkvist e vorremmo proteggerla.. oltre a fare due chiecchere
con lei", dice tendendo la mano sinistra mentre con l'altra armeggia alla ricerca del tesserino.
Anche Karl cerca di rassicurare la donna ed, avanzando con le palme delle mani sollevate, dice:
"Non temere Eva... questi sono amici. Stanno indagando sulla morte di Ed".
"Tu e le tue dannate manie...", risponde con voce acuta la donna. "Edward non sarebbe morto se
non l'avessi spinto ad indagare su quelle voci! Ed ora hai il coraggio di venirmi a proteggere!"
"Non ci sono altre scelte!", risponde secco lui. "Ormai siamo coinvolti in questa storia e dobbiamo
trovare il modo di uscirne... e di uscirne vivi!"
"Non mi fido dei tuoi amici... ne tantomeno di te!", replica la donna preoccupandosi di tenere ben
ferma la porta.
Frederick guarda la donna con un'occhiata gelida di rimprovero, restando fermo nella sua posizione.
"Signorina, se avessimo voluto farle del male l'avremmo gia' fatto, non crede? Non ha nulla da
temere da noi, ma se non e' disposta a farsi aiutare potrebbe trovarsi in seri guai. C'è gente che non
scherza dietro a questa faccenda...", ammutolisce restando con lo sguardo sulla donna, severo ma
non eccessivamente.
La donna richiude la porta senza dire nulla, per poi riaprirla, stavolta senza catena. "Entrate!", dice
con voce flebile, "Ormai non ho altro da perdere..."
Gli agenti si accomodano silenziosamente in casa, osservandosi intorno; l'appartamento è un
semplice bilocale, ma il proprietario ha avuto il buon gusto di arredarlo con mobili d'antiquariato
che ben si sposano con la particolare architettura dell'edificio. Eva gli fa strada, introducendoli in un
salottino posto direttamente sull'ingresso e facendogli cenno di sedersi al tavolo.
Karl si accomoda su una sedia e, senza convenevoli, apre il dialogo. "Eva, ti senti al sicuro qui?
Niente visite inattese o movimenti sospetti nei dintorni?"
"Fino ad ora, tutto in regola...", risponde con distacco la donna. "Spero che tu e questi agenti siate
giunti qui con un valido piano. Lo sai che l'appuntamento è dopo domani..."
"L'appuntamento con il giornalista?", domanda a bruciapelo Luke, che finora era stato in silenzio.
"Vedo che siete ben informati", risponde Eva facendo un cenno d'assenso.
Luke sorride senza allegria: "Se siamo informati noi, si figuri quelli che hanno ucciso Edward. Voi
due siete in serio pericolo, e solo collaborando insieme possiamo evitare che vi capiti qualcosa di
brutto".
L'agente fa una breve pausa, durante la quale si appoggia ad un muro e spazia con lo sguardo. La
sua mente è piena di preoccupazioni, mentre pensa alle prossime mosse: un cecchino nel palazzo di
fronte, una microspia o un microfono laser. Per fortuna, l'unica finestra della stanza si trovava sulla
parete antistante a quella d'ingresso, in una posizione decentrata che avrebbe reso difficile ad un
eventuale osservatore esterno quanto stava accadendo all'interno; ciò, in qualche modo, gli
conferisce una certa sicurezza.
Riprende quindi a parlare: "Sarò franco. Qualcuno vuole eliminarvi perché sapete qualcosa di
importante, che vogliono tenere nascosto. La cosa migliore, è farla sapere a noi e se necessario al
mondo, in modo che il motivo per cui vi vogliono morti non sussista più. Inoltre, potremmo
finalmente smascherare e accusare chi ha ucciso Edward".
"Purtroppo non è così semplice", risponde con tristezza la donna mentre si accomoda anche lei al
tavolo. "E' vero: prima di essere ucciso Edward mi consegnò un disco contenente delle informazioni
riservate sottratte alla O.S.I.R. Corporation. Tuttavia, i documenti in esso presenti sono stati
crittografati con un sistema di parole chiave e neppure lui era ancora venuto a conoscenza del
codice necessario a renderli leggibili; forse, se non fosse stato assassinato, sarebbe riuscito a venirne
a capo". Mentre conclude la frase, le sue mani tremano lievemente ed il suo sguardo si vela di
lacrime; era una donna forte, ma tutta quella storia doveva averla fortemente provata.
"Il nostro laboratorio di informatica e crittografia potrebbe riuscire a decrifrare il CD. Abbiamo
delle persone competenti e degli strumenti sofisticati a disposizione", esclama deciso Luke.
"Signorina, le informazioni di quel CD non devono finire in mani sbagliate, per nulla al mondo!
Sarà più prudente che ce lo consegni, come dice il mio collega: non sarà un problema venire a capo
del codice segreto", ammutolisce, fissando la donna con sguardo deciso. Sicuramente quel CD può
rappresentare una svolta per le indagini, devono averlo.
"Forse le sfugge un dettaglio, agente", risponde polemico Karl che fino a quel momento era rimasto
in silenzio ad ascoltarli parlare. "I dati in nostro possesso sono stati rubati ed è probabile che già ne
esistano diverse copie in mani di persone sbagliate; tutto ciò che possiamo fare è rendere la cosa
pubblica sperando di creare un polverone che costringa le autorità competenti ad interrompere i
progetti della O.S.I.R. Questo, ovviamente, se non ci ammazzano prima!"
Frederick alza gli occhi al cielo, sbuffando nervosamente "Ah, si trattava di QUEL cd!
Dannazione..."
"A dire il vero, ho la sensazione che i nostri assassini siano più preoccupati di nascondere le
informazioni ad occhi indiscreti, come i nostri, che non a mettere le mani sulle informazioni
stesse..." commenta quasi assente l'agente Lindkvist
Luke si appoggia al muro e incrocia le braccia, sconfortato. "Almeno, lei ci sa dire qualcosa di più
su quanto ha scoperto Edward?".
La donna risponde con apparente calma alla domanda dell'agente: "Edward, nonostante la sua
grande esperienza, era stato relegato in un ruolo di secondo piano all'interno del progetto e si stava
occupando dello sviluppo di quello che chiamava un vettore virale. Nonostante il nome
all'apparenza poco rassicurante, mi spiegò che si tratta di un elemento comune per qualsiasi terapia
genica; un virus capace di introdurre un elemento di DNA funzionante in un codice genetico
malato. In effetti, era convinto di lavorare ad un progetto per la cura di alcune forme di malattie
degenerative legate al sistema nervoso, ma col tempo cominciò ricredersi."
Come persa nei ricordi, si sofferma per qualche istante fissando la luce che entra dalla finestra, poi
riprende: "Karl gli aveva messo una pulce nell'orecchio; gli disse che in rete aveva trovato strane
informazioni su quanto si conduceva alla O.S.I.R. e che il progetto fosse sovvenzionato
dall'esercito. Cosi lui cominciò a sottrarre indebitamente alcune informazioni riservate; inizialmente
semplici fascicoli, poi materiale informatico. Il resto della storia penso la conosciate già..."
"Questa chiaccherata non può andare avanti troppo a lungo", commenta Ingrid guardando
l'orologio. "Karl deve recarsi al negozio.. accompagnato da almeno un paio di noi, se non vogliamo
rischiare di farvi sparare addosso tra meno di un'ora. Se per voi va bene, io lo accompagrerei. Un
paio di noi possono continuare la chiaccherata con la signorina Khent".
"Io resterei qui", esclama Luke, poi torna a rivolgersi a Eva: "Signora Khent, cosa ci sa dire dei due
uomini che abbiamo trovato nel suo appartamento? Immagina cosa cercassero?".
"Non so chi siano", risponde scuotendo il capo. "Ma immagino che cercassero il CD. So che
Edward teneva alcune copie dei fascicoli della O.S.I.R. in casa sua ma, visto che non me ne avete
fatto cenno, temo siano già scomparse".
"Stanno cancellando ogni traccia del progetto", commenta con sguardo basso Karl. Poi si volta
verso Ingrid ed aggiunge: "Non credo dovremmo preoccuparci per il mio negozio; li non c'è niente
che possa interessare quegli individui. Poi, finchè restiamo uniti, è meno probabile che ci
attacchino."
"Come fa ad esserne sicuro?", replica l'agente.
"Crede che mi sia bevuto la storia della fuga di gas sui giornali!", risponde deciso lui. "Chiamatemi
paranoico, ma avevo capito quasi subito che c'entrava l'appartamento di Eva e, sapendo che eravate
sulle sue tracce, ho semplicemente fatto due più due. Non ho informazioni certe sul conto di quella
gente, in larga parte sono notizie che girano in rete fra individui reputati di dubbia attendibilità, ma
potrebbe trattarsi di un'agenzia segreta paragovernativa; persone senza scrupoli con potenti agganci
nel mondo militare e politico. Personalmente, ritengo che se siete usciti vivi da un incontro con loro
è solo perchè lo hanno voluto; forse la vostra posizione di agenti governativi vi mette in qualche
modo al sicuro o forse esistono altre motivazioni che al momento mi sfuggono".
"Sciocchezze!" sbotta l'agente agrottando la fronte. "Ne siamo usciti vivi perchè siamo ottimi
agenti! Non crederò a queste fandonie su organizzazioni governative paramilitari; è solo una
matassa piuttosto intricata, ma ne verremo a capo!"
Ingrid resiste alla tentazione di ribattere alle parole del collega, ma poi si rivolge di nuovo a Rusvel
in tono secco: "Credo che non le sia chiara la situazione! Se ci tiene alla buona salute di Eva, ed
anche alla sua, venga con me al negozio. Bosley, mi accompagni tu o chiedo ad Andy?"
Annuisce lentamente, come stordito. "Sisi, vengo io...", risponde in tono mesto; fa quindi cenno a
Karl di seguirli e si avvia in direzione della porta.
L'uomo non replica a quella richiesta, e si limita a seguire l'agente fuori dell'appartamento insieme
con Ingrid, che si tiene alle spalle di entrambi.
Nell'appartamento cala un silenzio imbarazzante rotto dopo pochi minuti dall'ingresso di Andy.
"Sembra che Ingrid e Frederik volessero fare un giro romantico nel quartiere...", annuncia in tono
ironico. "Sono l'agente Wallet... e lei deve essere Eva Khent, giusto?", dice rivolto alla donna, la
quale annuisce con aria seria.
Andy percepisce il disagio della donna e chiede: "Si sente bene signora Khont? Immagino il suo
disagio, ma sono sicuro che i miei colleghi le avranno già detto che con noi è al sicuro". Il suo tono
di voce è molto meno freddo e distaccato del solito, nel cercare di riportare Eva in uno stato d'animo
più rilassato.
"Luke, che cosa avete concluso? E perchè Ingrid e Friderik sono usciti con Kurt?"
"Per ora non ti sei perso molto", risponde l'agente. "La signorina Khent ci spiegava che è in
possesso di un CD sottratto alla O.S.I.R. da Blake ma che, malauguratamente, è protetto da un
sistema di password. Frederik, invece, è andato ad accompagnare Karl al negozio insieme con
Ingrid; almeno, in questo modo, salveremo le apparenze".
"Allora signorina, sarebbe così gentile da darmi il CD? Mentre attendiamo il ritorno dei nostri
colleghi, che ne dice di raccontarci qualcosa di lei, e di come ha conosciuto Edward?".
"Aspettate qui! Vado a prenderlo", risponde la donna mentre si alza dal tavolo per recarsi nella
stanza accanto.
Dopo pochi istanti e nuovamente di ritorno, e posa sul tavolo una borsa in finto cuoio ricamata con
del nylon arancione. La apre senza curarsi delle attenzioni dei due agenti e ne estrae un compact
disk avvolto in un involucro di plastica. "Eccolo!", commenta seccamente. "Se volete provare a
visionarlo, ho un vecchio portatile nell'altra stanza; sinceramente, non ho voglia di parlare oltre di
Ed..."
"Bene: posso provare, ma non credo che con i mezzi che ho qui a disposizione possa fare molto di
più", risponde Luke estraendo il CD dal suo involucro.
"Andiamo di là, dunque!", risponde la donna facendogli strada.
La stanza, in realtà la camera da letto dell'appartamento, è anch'essa arredata con mobilio di aspetto
antiquato e la luce al suo interno filtra da una singola finestra posta di fronte alla porta; accanto alla
finestra, su un tavolo di legno scuro, si trova il portatile al quale, rapidamente, Luke si avvicina.
"Vediamo cosa riusciamo a fare...", commenta fra se mentre accende la macchina e comincia a
digitare sulla tastiera. Dopo poco più di un minuto, sullo schermo appare una schermata in cui si
richiede l'immissione di una parola chiave per proseguire nella lettura del documento.
"Direi che ci siamo", commenta Andy.
"Si! Come ci ha suggerito la signora Khent, è probabile che tutti i documenti di questo compact disk
siano protetti in questo modo".
Luke si sofferma a pensare: "Ho il mio portatile qui con me. Su di esso ho un paio di programmi
semplici ma efficaci di analisi dei file protetti. Ne approfitto anche per fare una copia di sicurezza
del CD". E detto questo, sposta il CD sul proprio computer per analizzarlo e farne due copie: una su
un CD vergine e una sul disco fisso del portatile.
New Bedfort, Kordvan Street
13 Marzo 2002 - Ore 16.40
L'agente Lindkvist accende una sigaretta con non curanza, fissando lo specchietto sul lato dello
sportello, per poi buttare un cerino spento dal finestrino. "Penso che il nostro viaggio potrebbe
movimentarsi", dice con freddezza.
"Ci seguono?", le domanda l'agente Bosley senza perdere d'occhio la strada.
"Penso di si", risponde lei. "Non hanno nemmeno molta fantasia in fatto di automobili".
"E' quell'auto scura, vero?", risponde lui fissando per pochi istanti lo specchietto retrovisore.
"Vedo che non ti sfugge nulla!", risponde sarcastica.
Confuso da quello scambio di battute, Karl fa per voltarsi, ma Frederik lo blocca con tono
perentorio: "Non guardi dietro! Meglio non fargli capire che li abbiamo notati."
"Questi ci ammazzano!", borbotta in tutta risposta l'uomo afflosciandosi sul sedile; per la prima
volta, sembrava aver perso quell'aria sicura e presuntuosa che lo aveva contraddistinto nei loro
precedenti incontri.
"Resti calmo; con noi è al sicuro", risponde rassicurante l'agente, quindi si rivolge alla propria
collega. "Da quanto credi ci stiano seguendo?"
"Non più di cinque minuti", risponde questa. "Non mi è parso di vederli partire quando abbiamo
lasciato l'appartamento".
"Sono peggio delle piattole: non sai mai come ci arrivano, ma puntualmente te le trovi fra le palle!",
sbotta lui irritato.
Ingrid non accenna emozioni al sarcasmo del collega e, con distacco, risponde: "Trova un modo per
seminarli".
Frederik non si lascia pregare e, dopo aver rallentato in modo da far avvicinare a sufficienza gli
inseguitori, si lancia con una brusca accelerazione in uno svincolo laterale, spiazzandoli e
costringendoli a proseguire lungo la strada principale. "Fin troppo facile!", commenta con un
sorriso ironico.
"Sicuri che non li incontreremo ancora?", chiede Karl mentre si volta a guardare attraverso il
lunotto posteriore.
"Difficile a dirsi", risponde l'agente, "Ma per ora siamo al sicuro". Esce quindi sulla strada
principale e punta in direzione del negozio della Rusvelt Electronics.
New Bedfort, Albany Residence
13 Marzo 2002 - Ore 17.10
Ignari di quanto sta accadendo ai loro colleghi, gli agenti Lin e Wallet, continuano ad esaminare i
file segreti della O.S.I.R., cercando di venire a capo del progetto contro cui Blake aveva inutilmente
cercato di battersi.
"Per nostra fortuna, sembra ci siano diversi documenti protetti tutti con la stessa password", spiega
Andy. "Probabilmente, Edward doveva averla scoperta poco prima di essere ucciso ed il sicario
inviatogli non si è accorto di nulla".
"Speriamo sia davvero cosi", replica con distacco Luke mentre scorre con attenzione le pagine di un
documento. Quindi, mentre legge avidamente il file, fa cenno al suo collega di sedersi vicino a lui.
"Andy, credo di aver trovato qualcosa", esclama sottovoce. Poi, parlando piano in modo che Eva
non possa sentire, cerca di riassumere il contenuto del documento: "Stanno studiando un gene che
causa la mutazione dei centri nervosi, una mutazione in grado di scatenare nel soggetto i suoi
peggiori istinti violenti… e pare che abbiano già fatto esperimenti su cavie umane!". Luke si volta
con espressione angosciata verso il Andy: "Siamo capitati su qualcosa di grosso... dobbiamo fare
attenzione con chi parleremo e a chi daremo le prove di quanto abbiamo scoperto".
Quasi ignorando le ultime parole di Luke, l'espressione di Andy si fa improvvisamente tesa e la sua
mano si muove meccanicamente verso la fondina della pistola. "Non hai sentito nulla?", esclama
guardando in direzione della porta. Luke resta in silenzio fissando nella stessa direzione del collega,
ma senza capire il motivo di ciò che sta facendo. Poi sente un schiocco metallico proveniente
dall'altra stanza ed allora realizza: qualcuno aveva appena aperto la porta d'ingresso!
Luke è il primo a prendere in mano le redini della situazione e, allontanatosi dal portatile, estrae la
pistola facendo cenno ad Eva di ripararsi dietro il letto. La donna non pone obiezioni e rapidamente
si ranicchia fra la parete ed i piedi del letto, tenendo la testa bassa e mormorando qualcosa di
incomprensibile.
Anche Andy nel frattempo si muove e, scivolando silenziosamente verso il lato della porta, estrae la
pistola pronto a colpire qualsiasi intruso; al momento non era sicuro di chi stesse per affrontare, ma
in lui albergava la convinzione che non sarebbe stato un incontro piacevole.
La concitazione del momento viene repentinamente interrotta da un tonfo metallico sul pavimento
della stanza accanto, seguito da un sibilo prolungato e dal sollevarsi di un odore pungente.
"Diavolo!", mormora Andy mentre estrae un fazzoletto dalla tasca del soprabito e lo usa per coprirsi
naso e bocca con la mano libera. Per lui non c'erano dubbi: si trattava di gas!
Anche Luke, osservando il comportamento del collega, intuisce quanto si sta verificando e,
nonostante il suo carattere notoriamente ottimista, comincia a nutrire delle serie preoccupazioni
sull'epilogo dell'intera vicenda.
Ma l'agente Lin non si perde d'animo: egli fa cenno al collega di coprirlo, quindi estrae dal proprio
taschino il cellulare e lo lancia ad Eva, dicendole di richiamare l'ultimo numero composto (non ne
era sicuro, ma sperava avrebbe risposto Ingrid all'altro capo). Vorrebbe aprire la finestra per far
uscire il gas o verificare la presenza di una via di fuga, ma poi pensa al CD ancora all'interno del
portatile; egli è ben conscio del valore di quella prova e torna alla scrivania per prelevarlo.
Anche se distratto dal collega, Andy percepisce chiaramente l'avvicinarsi di passi in corsa mentre la
nube di gas maleodorante si infiltra nella stanza. Trattenendo alla meglio il fiato, si lancia oltre la
soglia puntando l'arma nella direzione in cui si aspetta di trovare gli assalitori e, senza pensarci su,
tira tre colpi in rapida successione ma senza alcun risultato apparente. Poi, improvvisamente, una
mano avvolta in un guanto nero emerge dalla grigia foschia che avvolge la stanza, centrando
l'agente in pieno petto con il palmo; in quello stesso istante, Andy sente i suoi muscoli bruciare e
contrarsi violentemente, mentre un cupo crepitio gli risuona nelle orecchie. Intontito dal colpo,
cerca di tirarsi indietro e di puntare nuovamente l'arma verso il suo nemico, ma senza riuscirci;
incapace di coordinare i suoi movimenti, si accascia pesantemente al suolo restando immobile.
Eva osserva l'agente Wallet mentre si affloscia oltre la soglia della stanza ma mantiene il sangue
freddo e, come richiestole, chiama l'ultimo numero di telefono presente sul cellulare attendendo che
qualcuno risponda.
Luke, nel frattempo, si ripara anch'egli dietro il letto e spara tre colpi in direzione della porta con il
solo risultato di mandare in frantumi una vetrinetta del salotto. Angosciato dall'avanzare del gas
verso l'interno della stanza, ed ormai incapace di vedere il corpo del collega, continua a puntare
l'arma nel disperato tentativo di mettere a fuoco il bersaglio.
"Pronto!", la voce di Ingrid risuona con una vibrazione metallica attraverso il cellulare. "Luke, cosa
succede?"
"Aiutateci!", risponde spaventata Eva stringendo l'apparecchio con entrambe le mani. "Qualcuno è
entrato in casa... Uno dei federali è a terra!", aggiunge cominciando a tossire subito dopo.
"HELVETE!"
All'interno dell'abitacolo della vettura, l'agente Lindkvist rimane per un secondo bloccata mentre
decide il da farsi. "Vi raggiungiamo" è tutto quello che riesce da dire alla terrorizzata Eva. Inutile
consigliarle di tentare la fuga: i killer avranno avuto sicuramente un palo ad attenderla. C'era solo da
sperare che Luke ed Andy riuscissero a resistere abbastanza a lungo.
"Bosley! torniamo immediatamente da Eva!", ordina in un tono a lei inusuale che non ammette
replice, smorzando al contempo sul nascere le domande di Rusvelt. Quindi, riprende subito il
telefono "Jones, sono Lindkvist. Raggiungeteci immediatamente al numero 24 di Donald Avenue,
presso l'Albany Residece. E tenetevi pronti ad un eventuale scontro a fuoco..."
"Facci vedere cosa sai fare, Bosley", commenta in tono più naturale tenendosi alla maniglia e, al
contempo frugando nella borsetta per recuperare la pistola. "I nostri amici hanno fatto visita
all'appartamento di Eva"
Frederick frena di colpo, mandando il testacoda l'auto e ripartendo a tutta velocità nuovamente
verso l'appartamento di Eva "Speriamo che resistano un po'..." mormora, preoccupato per la sorte
dei colleghi. La guida spericolata e ad alta velocità è inevitabile, bisogna arrivare là il prima
possibile!
Nel frattempo, Luke ha deciso che deve trovare una via d'uscita. Si alza di scatto e raggiunge la
finestra: con la mano sinistra cerca di aprirla, mentre continua a guardare e puntare la propria arma
nella direzione della porta, pronto a colpire chiunque emergesse dalla coltre di fumo.
E' una mossa disperata, ma egli si rende conto che le sue possibilità d'azione ormai sono ridotte al
minimo.
La maniglia ruota senza difficoltà nell'imposta, sbloccando uno dei battenti e consentendo a Luke di
aprirlo; ma mentre comincia a spostarlo, un'intensa corrente d'aria prende a fluire attraverso la
finestra ed inonda la stanza, facendo turbinare verso l'altro la coltre di gas che aleggia sulla porta.
Cosi, come in una sorta di rivelazione a cavallo fra il surreale ed il più crudo realismo, la figura del
misterioso assalitore di Andy emerge dal denso fumo grigiasto. Luke non aveva mai visto nulla di
simile durante la sua carriera; ciò che gli stava davanti era un uomo alto più di un metro e ottanta,
avvolto in un lungo palandrano nero tirato a lucido e con in volto una sorta di maschera di plastica e
metallo simile a quella usata dalle squadre addette alla quarantena. Nessun lembo di pelle sembrava
essere visibile lungo l'intera figura e su una delle mani, al di sopra di quello che doveva essere un
comune guanto di pelle, portava una sorta di artiglio meccanico di insolita fattura.
Luke rabbrividisce all'inquietante visione, ma reagisce con prontezza e, puntata l'arma, lascia partire
una raffica di tre colpi verso petto dell'uomo; solo uno di questi arriva a segno, però, e senza alcun
effetto apparente. In tutta risposta, l'individuo scatta in avanti tentando di sollevare di peso l'agente,
il quale, fortunosamente riesce a tirarsi verso la parete prima di essere investito da una poderosa
spallata.
Eva assiste alla scena impotente, restando ranicchiata ai piedi del letto e fissando i due mentre si
fronteggiano. L'aspetto e le movenze dalla figura vestita di nero avevano qualcosa di inquietante... e
di quasi inumano!
L'agente cerca di allontanarsi dal proprio aggressore e, nel contempo, spara altri tre colpi; uno di
questi colpisce l'individuo ad un braccio, lasciando una profonda lacerazione sulla manica del suo
lungo soprabito nero e facendogli mormorare qualcosa, ma gli altri due finiscono con il piantarsi
nella parete alle sue spalle senza altro risultato. In tutta risposta, l'uomo si spinge in avanti e
colpisce l'agente in pieno petto usando la mano su cui tiene il misterioso artiglio meccanico; un
chiaro sfrigolio elettrico rimbomba nella stanza, scuotendo il malcapitato e facendolo crollare in
preda a dolorose convulsioni.
Con il volto riverso sul pavimento ed i sensi annebbiati, l'urlo di terrore di Eva risuona nelle
orecchie dell'agente Lin come un eco lontano che accompagna il suo cammino verso l'oblio.
New Bedfort, Albany Residence
13 Marzo 2002 - Ore 17.22
"Luke! Luke! Alzati maledizione!". La voce di Frederik risuona come lontana alle orecchie
dell'agente Lin, eppure, non gli era mai parsa cosi piacevole. Dopo aver incassato il colpo del suo
assalitore era convinto di averci lasciato le penne.
"Che diavolo è successo qui?!", insiste il suo collega mentre lo scuote dal torpore. "Ci sono
pallottole ovunque!"
Luke si solleva lentamente e si guarda intorno: era ancora a casa di Eva. "Come sta Andy? E la
signorina Khent? L'hanno presa loro?", chiede con tono di voce angosciato.
"Non temere, siete tutti salvi!", risponde rassicurante Frederick. "Andy è stato il primo a riprendersi,
mentre Eva l'abbiamo adagiata sul letto ed ora è alle cure di Ingrid".
"Ed il CD? Il mio portatile?", mormora Luke trascurando le proprie condizioni e concentrandosi sul
suo obiettivo primario, quello che ha inseguito per tutta l'indagine e che ora probabilmente gli è
sfuggito dalle mani. Meccanicamente il suo sguardo va alla ricerca della scrivania della camera,
fino a trovarla; su di essa si trovavano ancora i due portatili, cosi come ricordava di averli lasciati
prima dell'inizio della colluttazione con il misterioso intruso. Sollevandosi a fatica sulle gambe, si
porta verso il proprio portatile e lo accende, ma come già accaduto a casa di Blake, la macchina si
rifiuta di rispondere ai comandi, riportando numerosi messaggi d'errore. Tremante di rabbia, apre
quindi il vano del lettore CD, trovandolo vuoto. "Maledizione!", urla battendo il pungo sul tavolo.
"Hanno cancellato tutto!"
L'agente Bosley osserva la stanza con un certo stupore e dice: "E' successo un macello qui
dentro...". Si avvicina, poi, alle spalle di Luke e guarda perplesso il monitor del portatile. "Forse è
ora di fare un salto alla OSIR, che ne dite? Se va avanti così non avremo mai niente di concreto in
mano, continuiamo a fare il tiro alla fune coi nostri amici, ma prima o poi la corda si spezzerà ed a
noi non resterà niente, mentre loro se la spasseranno alla grande..."
"Se la stanno già spassando...", commenta amareggiato il suo compagno. "Se possono permettersi di
lasciarci vivi dopo quanto accaduto, vuol dire che sono quasi intoccabili o si ritengono tali. Ma noi
gli dimostreremo quanto si sbagliano...".
Detto questo, si avvicina al letto e appoggia la sua mano su quella di Eva: "Le chiedo scusa per
quanto accaduto: non sono stato in grado di proteggerla. Spero, ora che hanno preso il CD, che non
vogliano più niente da voi e vi lascino in pace. Ma le prometto che noi proseguiremo le indagini e
faremo giustizia, anche per Edward".
Ingrid annuisce alle parole del collega "mi dispiace Eva, ma se questo può consolarla, per lo meno il
fatto che l'abbiano lasciata viva, indica che probabilmente non temono ciò che lei sa... e quindi non
cercheranno di farle del male in seguito." Attende qualche secondo che Eva si riprenda dallo shock
"C'è qualcos’altro che dovremmo sapere, così la possiamo lasciare in pace?"
"Nulla, credo", risponde lei mettendosi a sedere sul letto. "Ma sono dell'idea che ci sia qualcun'altro
alla O.S.I.R. che ha cercato di ostacolare il progetto e che ha aiutato Edward a mettere insieme le
informazioni di quel CD..."
Frederik inarca un sopracciglio e, voltandosi repentinamente verso Eva, dice: "Qualcun altro?
Signorina, si basa su qualcosa per poterlo affermare? Forse Blake gliene aveva parlato?". La
osserva attentamente, sperando che possa sapere qualcosa in più.
"Nulla di simile", afferma lei. "Tuttavia, anche se era considerato uno dei massimi esperti nel suo
campo, non poteva dirsi altrettanto riguardo alla sua abilità con i computer; salvo usare i
wordprocessor ed alcuni programmi di suo interesse, era quasi un dilettante. Dubito, quindi, che sia
riuscito da solo a recuperare dalla rete dei laboratori dei file riservati ed a metterli su un CD..."
"Buona notizia! Abbiamo ancora qualche possibilità di risolvere questo caso", esclama Luke,
rincuorato. Poi l'agente si volta verso Ingrid e le dice: "Sono sicuro di avere ferito l'aggressore: ci
sono alcune tracce del suo sangue sul pavimento vicino al tappeto. Ti spiacerebbe raccoglierne un
campione con la tua attrezzatura?".
Eva si allontana dal letto e, portando la borsa al petto, si china sulle ginocchia per osservare da
vicino il punto indicatole dal collega. "Si direbbe una buona traccia", mormora fra se ed, indossato
un guanto di lattice ed estratto un piccolo kit monouso per il rilevo, raschia con cura la macchia di
sangue. Completata l'opera, si sofferma a guardare ulteriormente il pavimento, fino a notare un
particolare sfuggito a Luke.
"Hai notato questo?", dice indicandogli qualcosa in un punto ai piedi della finestra.
"Cosa?!", chiede perplesso lui.
"Guarda bene... sembra quasi un batuffolo di polvere... ma riflette la luce come se si trattasse di
metallo!", commenta mentre prepara un nuovo contenitore. In silenzio, preleva il campione,
chiudendolo con cura in un astuccio trasparente, quindi lo mostra ai colleghi.
"Che roba è?!", domanda stupito Andy avvicinando lo sguardo. "Dà l'idea di una maglia ferrata,
come quella usata per lucidare... ma è incredibilmente piccola..."
"Luke... hai detto che l'hai ferito al braccio, giusto?", chiede Eva.
"Certo, è stato dopo che ha tentato di colpirmi la prima volta", risponde secco lui.
"Sul metallo sembra esserci qualche traccia di sangue, quindi deve essere volato via dai suoi
vestiti... Penso di avere un'idea di cosa potrebbe essere, ma ne avrò conferma solo con un accurato
esame di laboratorio", replica lei.
"Capisco... Almeno abbiamo degli elementi per capirci qualcosa in più o, forse, per scoprire che ci
siamo infilati nel classico vespaio. Però, sono molto curioso riguardo questi ultimi indizi", dice
l'agente Wallet con aria più serena di quanto sarebbe normalmente concesso in una situazione del
genere. "Certo è", continua, "che per il momento loro hanno portato una pedina in fondo alla
scacchiera, e sono indubbiamente in vantaggio... ma abbiamo ancora delle mosse a nostra
disposizione".
"A questo punto sono davvero indeciso sulla strada da prendere... questi indizi attirano la mia
attenzione e, d'altro canto, credo che alla OSIR faremmo un grande buco nell'acqua." sospira
sommessamente, assumendo un aria più triste "Avranno già preso le loro contromisure immagino..."
"Non credo nemmeno io che troveremo qualcosa di utile all'OSIR; è molto probabile che siano
dentro fino al collo in questa faccenda", commenta Ingrid. "Ma sarebbe strano se non ci facessimo
nemmeno una visita, non trovi? Se volete ci vado io: tanto non credo proprio che si mettano a
saltarmi addosso là dentro".
"Rusvelt, mi dica una cosa", esclama Luke rivolgendosi all'amico di Blake, anche lui presente sulla
scena dello scontro. "A lei Edward aveva fatto menzione di un collega che lo abbia aiutato?
Potrebbe essere la nostra ultima carta da giocare per avanzare in questa indagine...".
"Nulla del genere", risponde questi con distacco mentre varca la soglia della stanza da letto e si
sofferma a fissare il foro di una pallottola su una delle pareti. "Ancora dell'idea che non si tratti di
un'agenzia segreta paragovernativa?", commenta poi in tono quasi ironico.
Luke reagisce rabbiosamente all'apparente indifferenza dell'uomo e, alzatosi in piedi, lo prende per
il bavero. "Ehi! Abbiamo rischiato di lasciarci la pelle in questo affare, signor Rusvelt! E se lei ci
avesse aiutato da subito, forse lo avremmo già risolto e anche lei ed Eva non avreste corso tanti
rischi".
Gli altri agenti sono stupiti dalla reazione insolita del loro collega: non sanno che egli si è accorto di
qualcosa di strano nell'atteggiamento di Karl, forse un maldestro tentativo di nascondere qualcosa.
"E ora ci dica tutto quello che sa su questo maledetto affare!", aggiunge spingendolo contro la
parete.
"Stia calmo, agente!", sbotta in un sibilo Karl afferrando il braccio di Luke e tentando, senza
successo, di staccarselo di dosso. "Ho notato che siete molto bravi ad attirare guai, ma decisamente
meno a risolverli! Finora ho accettato le vostre condizioni solo in quanto ricoperti d'autorità, ma
comincio a pensare che sia il cervello che vi manca: se fossimo rimasti tutti in questo dannato
appartamento forse non avremmo perso il disco!"
Frederik, che ha passato gli ultimi momenti a rimuginare su quanto è accaduto finora, non resiste
oltre a quelle menzogne e a quei comportamenti da finto duro di Rusvelt; si fa rosso in volto e le
vene del collo gli si gonfiano dalla rabbia mentre si scaglia contro Rusvel togliendoli di dosso Luke.
Contemporaneamente preme l'avambraccio sul collo di Rusvelt con la forza di un animale ed estrae
l'arma silenziata, puntandogliela in mezzo agli occhi. "Ok! Ora sono stufo dei tuoi giochetti! Dicci
tutta la verità... tutta dannazione!", sbotta d'un fiato. Gli occhi sono quelli di una furia mentre fissa
con disprezzo l'uomo e resiste ad ogni suo tentativo di divincolarsi.
L'azione di Lin prima e, soprattutto, quella di Bosley poi, colgono di sorpresa l'agente Lindkvist,
che resta colta alla sprovvista per alcuni secondi, impedendole di fermare per tempo il collega.
Pertanto tutto ciò che riesce a fare è osservare la scena... e la reazione di Rusvelt.
A dispetto della situazione Karl mantiene il sangue freddo ed urlando in faccia all'agente risponde:
"Forza! Spari! Vediamo se almeno cosi riesce a risolvere qualcosa!". I due si fissano negli occhi per
alcuni istanti, entrambi con aria terribilmente seria; poi l'uomo ricomincia a parlare. "Abbassi l'arma
è cerchiamo di ragionare! Non so perchè siate convinti che io sappia dell'altro, ma dopo la prova
che avete dato questo pomeriggio permettete anche a me di avere dei dubbi sul vostro conto..."
Frederik preme ancora il braccio su Rusvelt, guardandolo con occhi da belva ferita e la pistola
tremante in mano. Abbassa poi l'arma, allontanandosi di qualche passo dall'uomo. "A lei è permesso
dubitare di noi, come a noi è permesso dubitare che ci abbia detto ancora tutto...", dice mentre
ripone la pistola nella fondina, rilassando i muscoli del volto in un'espressione più distesa, "Ma
dobbiamo smetterla di recitare, noi avremmo corso meno rischi e avremmo commesso meno errori
se soltanto ci aveste detto tutto dall'inizio, anziché inscenare le vostre stupide commedie da telefilm
di serie B... quindi, avanti! Se sapete dell'altro è il momento di dircelo...". Conclude la frase
osservando sia Rusvelt che Eva.
"E' inutile che guardiate lei", risponde Karl stirandosi la giacca e la camicia. "Dubito che Edward
avesse voluto coinvolgere Eva più del minimo indispensabile."
La donna, sentendosi tirare in ballo, lo fissa quasi con disprezzo ed interviene con rabbia: "Sei stato
tu, vero!? Tu gli hai detto come accedere a quei dati! Tu e la tua dannata mania di salvare il mondo.
Pensi davvero che alla fine ci guadagnerai qualcosa!? Grazie a te, Edward non c'è più! Se non
l'avessi coinvolto in questo affare adesso saremmo ognuno a casa propria a vivere serenamente le
nostre giornate".
Karl non osa rispondere alle affermazioni della donna; in cuor suo non riesce a dargli torto.
All'inizio tutto gli era sembrato facile, ma adesso la situazione gli stava sfuggendo pesantemente di
mano. "E' vero", afferma con un filo di voce. "Sono stato io che l'ho aiutato ad entrare nell'archivio
informatico della O.S.I.R. fornendogli un programma-virus che avrebbe svolto il lavoro per lui;
forse c'è stato anche qualcun'altro che l'ha favorito, ma su questo ho seri dubbi".
Luke riprende subito in mano la situazione: un nuovo piano si sta facendo strada nella sua mente.
Egli si avvicina a Rusvelt e gli parla in tono entusiasta: "Lei è stato molto in gamba. Un
programma-virus di ricerca informazioni, nientemeno! Che ne direbbe di una vera sfida? Secondo
lei è possibile accedere a quei file dall'esterno della OSIR? Lei sarebbe in grado di scrivere un
programma in grado di renderlo possibile?".
"Impossibile!", replica secco lui. "E per due motivi: il primo è che il programma non l'ho sviluppato
io, il secondo è che la rete dei gruppi di ricerca della O.S.I.R. è totalmente isolata dall'esterno.
Soltanto un operatore interno può tentare di accedere all'archivio informatico e deve farlo
necessariamente mediante uno dei terminali della struttura".
Ingrid sembra immersa nei suoi pensieri: c'è qualcosa che non torna in tutto quanto accaduto
nell'ultima ora. Finchè un dubbio, per quanto stupido, le affiora alla mente. "Che ne dice di quella
visita al negozio che abbiamo rinviato per cause di forza maggiore, signor Rusvelt?"
Alla domanda Karl risponde con fare perplesso: "Cosa intende? Il mio negozio?... Se non avete
nulla di meglio da fare possiamo passarci anche adesso; visto l'orario, lo aprirò esclusivamente per
voi."
"Andiamo pure al negozio, intanto discuteremo su cos'altro possiamo fare", risponde Luke. "Mi
aspettavo infatti che per violare gli archivi della OSIR occorresse entrare... che ne pensate?
Potremmo trovare un modo di penetrare all'interno dei laboratori e 'procurarci' quelle
informazioni?".
"Non senza correre grossi rischi", asserisce l'agente Bosley. "Se quelli del governo hanno le mani in
pasta con la O.S.I.R., potrebbero anche fare pressioni sui nostri superiori per toglierci il caso o
sospenderci dal servizio..." dice scuotendo la testa perplesso e sentendosi un minuscolo ingranaggio
di un meccanismo molto complesso e più grande di lui. "Limitiamoci ad andare al negozio per ora,
decideremo lì il da farsi..."
Epilogo
Seduto su una poltrona girevole di cuoio nero, un uomo osserva il sole calare lentamente oltre le
montagne mentre fuma tranquillamente un sigaro dal raffinato aroma. Alle sue spalle, dritto in piedi
come si conviene ad un buon soldato, sta un uomo dalla corporatura robusta ed il viso squadrato con
in mano un plico di carta.
"Allora. Come procedono le operazioni?", chiede il primo senza voltarsi.
"Tutto in regola. Abbiamo avuto conferma che la fuga di notizie è stata arginata con la massima
discrezione possibile", risponde l'altro.
"Bene, questo ci risparmierà diverse seccature. E la sperimentazione?"
"Procede come da programma, ma per ora nessuno dei soggetti ha ancora manifestato la
transgenesi."
"Capisco", risponde l'uomo ruotando la poltrona in direzione del suo interlocutore e spegnendo il
sigaro in un posacenere di granito nero. "Siete sicuri che funzionerà?"
"Lo sa che noi non sbagliamo mai", risponde l'altro abbozzando un sorriso grottesco.
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