La pietra del paragone MELODRAMMA GIOCOSO IN 2 ATTI DI LUIGI ROMANELLI Prima rappresentazione: Teatro alla Scala, 26 settembre 1812. Interpreti: MARIA MARCOLINI, CAROLINA ZERBINI, ORSOLA FEI, FILIPPO GALLI, CLAUDIO BONOLDI, ANTONIO PARLAMAGNI, PIETRO VASOLI, PAOLO ROSSIGNOLI. PERSONAGGI LA MARCHESA CLARICE vedova brillante, accorta e di buon cuore, che aspira alla destra del Conte Asdrubale,Contralto LA BARONESSA ASPASIA rivali della medesima, Soprano E non per amore, ma DONNA FULVIA per solo interesse, Mezzosoprano IL CONTE ASDRUBALE, ricco signore, alieno dell'ammogliarsi, non per assoluta avversione al matrimonio, ma per supposta difficoltà di trovare una buona moglie, Basso IL CAVALIER GIOCONDO, poeta, amico del Conte e modesto amante, non corrisposto, della Marchesa Clarice, Tenore MACROBIO, giornalista imperito, presuntuoso e venale, Buffo PACUVIO, poeta ignorante, Buffo FABRIZIO, maestro di casa e confidente del Conte, Basso giardinieri CORO di ospiti del Conte, cacciatori, soldati Molte comparse di diverso carattere L'azione si finge in un popolato e ricco borgo, poco lontano da una delle principali città d Italia, nelle vicinanze del borgo medesimo, e particolarmente in un'amena villeggiatura del Conte Asdrubale ivi situata. [AVVERTENZA] [I versi fra parentesi quadre si omettono nella recita per maggior brevità]. ATTO PRIMO Giardino. SCENA PRIMA Coro misto d'ospiti e di giardinieri del Conte Asdrubale; indi Pacuvio; poi Fabrizio da una parte, la Baronessa Aspasia dall'altra; e finalmente Donna Fulvia. CORO Non v'è del Conte Asdrubale Più saggio cavaliere: Ha sensi e cor magnanimo, È dolce di maniere; E in casa sua risplendono Ricchezza e nobiltà. Le femmine rispetta; Qui con piacer le accoglie; Ma par che poca fretta Si dia di prender moglie; Sia forte nello scegliere La sua difficoltà. PACUVIO (con alcuni fogli di carta spiegati in mano, e in atto di leggere) Attenti; ascoltate: Che rime sono queste! CORO (voltandogli le spalle) Di grazia lasciate... PACUVIO (inseguendoli) Io fingo che Alceste Facendo all'amore, Coll'ombra d'Arbace Ragioni così. CORO (come sopra) Lasciateci in pace. (Più gran seccatore Giammai non s'udì.) PACUVIO (come sopra) "Ombretta sdegnosa Del Missipipì...". CORO (ironicamente) Bellissima cosa! (con somma impazienza) Ma basta fin qui. CORO (volendosi dispensare) Di grazia... PACUVIO (come sopra verso la Baronessa senz'avvedersi di Fulvia, che lo chiama) "Ombretta...". FULVIA Pacuvio... BARONESSA Son sazia... PACUVIO (come sopra verso Fabrizio) "Ombretta...". FULVIA Pacuvio... FABRIZIO (con impazienza) Non posso. BARONESSA Ha il diavolo addosso. FULVIA Ma, caro Pacuvio, Badatemi un po'. PACUVIO Ho in petto un Vesuvio; Frenarmi non so. PACUVIO (veggendo a comparir Fabrizio abbandona gli altri, e va ad incontrarlo con trasporto) Le orecchie, o Fabrizio, Ti vo' imbalsamare. BARONESSA, FABRIZIO e CORO Da questo diluvio Si salvi chi può. FABRIZIO (mostrando molta fretta per liberarsene) Per certo servizio Lasciatemi andare. FABRIZIO (ritirandosi) Per pietà... BARONESSA (da un altra parte chiamandolo) Fabrizio... PACUVIO (rivolgendosi verso di lei) Signora, Qui badi per ora: È Alceste, che parla... (in atto di leggere). BARONESSA Non voglio ascoltarla. PACUVIO (ora verso gli uni, ora verso gli altri) Quest'aria allusiva Eroico-bernesca Cantar sulla piva Dovrà una fantesca Per far delle risa. Gli astanti crepar. BARONESSA, FABRIZIO e CORO È bella e decisa, Non voglio ascoltar. PACUVIO (leggendo) "Ombretta..." FULVIA (contemporaneamente chiamandolo) Pacuvio... 1 PACUVIO (a Fabrizio) "Ombretta...". PACUVIO (alla Baronessa) "Sdegnosa...". BARONESSA Io parto, Se non tacete. PACUVIO (avvedendosi solamente in questo punto di Donna Fulvia) Oh! Donna Fulvia... Appunto Qui giungete a proposito: è uno squarcio Degno d'illustri orecchie. FULVIA Io volentieri L'ascolterò. PACUVIO (alla Baronessa con enfasi accennando Donna Fulvia) Queste son donne! BARONESSA (con sarcasmo) È vero: Si chiama Donna Fulvia. FULVIA (egualmente) È molto meno, Che Baronessa. PACUVIO Classicaonline.com © 2011 In somma, Chi non ama il musaico, o parta o taccia. FABRIZIO (a Donna Fulvia, partendo) Mi consolo con lei. BARONESSA (egualmente) Buon pro vi faccia. SCENA SECONDA Pacuvio e Donna Fulvia. GIOCONDO Vil timore ai versi miei Mai non fece alcun giornale: Ma una bestia come lei, Se mi loda, io ne ho rossor. MACROBIO Stamperò, signor Giocondo. GIOCONDO D'ordinario io non rispondo. PACUVIO Che ignoranza maiuscola! MACROBIO Senza entrar nella materia Potrei metterla in ridicolo. FULVIA Io suppongo Che sia malignità. GIOCONDO Forse allora in aria seria Rintuzzar potrei l'articolo. PACUVIO Peggio per loro! (nell'atto di tornare a spiegare il foglio) Odi, mio bel tesoro... MACROBIO Rintuzzar?... cioè rispondere? MACROBIO (in aria derisoria) Ma stampo e fo paura. GIOCONDO (con fuoco) Hai spalle da bastone. MACROBIO Ho un becco da falcone. GIOCONDO (con molto sdegno) È un vile omai chi tollera La tua temerità. MACROBIO (deridendolo) Non vada tanto in collera, Che insuperbir mi fa. Signor Giocondo, io vedo Ch'ella vuol guerra, e guerra avrà. GIOCONDO Senza dubbio, et toto pondere. GIOCONDO Né guerra Voglio con voi, né pace. FULVIA Non dir così: sai che alla destra aspiro Del Conte. MACROBIO Vale a dir? MACROBIO Il mio giornale... PACUVIO Già; ma non per genio. GIOCONDO Con tutto il peso. GIOCONDO Ha molta fame. FULVIA È ricco. MACROBIO Somma grazia mi farà. MACROBIO I letterari articoli... PACUVIO (sospirando) Purtroppo! ed io GIOCONDO Ma in qual modo ella non sa. GIOCONDO Io non compro all'incanto. MACROBIO Che mel dica. MACROBIO Orsù, parliamo. Di cose allegre. Il Conte È vostro amico. FULVIA Ci vuol pazienza. Avrai A buon conto stipendio, alloggio e tavola, Quando sposa io sarò. PACUVIO Fa sempre onore Alle famiglie un letterato in casa. Ne son persuasa. PACUVIO (tornando a spiegare il foglio) Ascolta dunque... FULVIA Osserva Giocondo con Macrobio. PACUVIO Ah! quel Giocondo Non lo posso soffrir. FULVIA Dunque bisogna Evitarlo. PACUVIO Sibbene: andiam di sopra; Anzi, per far più presto Entriamo in quella camera terrena, Dove ti recitai la prima scena. (Partono). SCENA TERZA Macrobio e il Cavalier Giocondo, che si avanzano altercando insieme. MACROBIO Mille vati al suolo io stendo Con un colpo di giornale: S'ella in zucca ha un po' di sale, Non ricusi il mio favor. GIOCONDO Venga qua. Per sua regola io conosco Una semplice tisana, Che può dirsi il tocca e sana D'ogni sesso e d'ogni età. MACROBIO Io credea tutt'altra cosa Da trattarsi in versi o in prosa; Né la vera in lei conosco Letteraria nobiltà. GIOCONDO Ebben? MACROBIO Dunque saprete A qual di queste vedove la destra Ei porgerà. GIOCONDO Che importa a voi? CORO (senza scaldarsi) Io vo' far quel che mi piace. MACROBIO Saperlo Mi giova. MACROBIO (con fuoco) Patti chiari: o guerra, o pace. GIOCONDO Ed io non cerco mai, né svelo I fatti altrui. GIOCONDO (deridendolo) Più bel pazzo non si dà. MACROBIO La Marchesina, io credo, Trionferà. MACROBIO (come sopra) Guerra vuole, e guerra avrà. GIOCONDO (sospirando di soppiatto) (Pur troppo Lo temo anch'io!) GIOCONDO (con disprezzo) Voi siete un uom da niente. MACROBIO Ma guai se aguzzo il dente. GIOCONDO (cominciando a scaldarsi) Aborto di natura. MACROBIO (osservandolo) (Par che sospiri.) Un colpo Sarebbe questo al vostro cor. GIOCONDO Che dici? Al mio cor? tu deliri. MACROBIO 2 Classicaonline.com © 2011 Eh, via, che serve Farne un mistero? Ella vi piace... GIOCONDO (interrompendolo con sommo impeto) In somma, Vuoi tu finirla, o no? MACROBIO (con affettata commiserazione) Sa il Ciel, se i vostri Non corrisposti affetti io compatisco! GIOCONDO Quando teco questiono, io m'avvilisco. (Partono per bande opposte). SCENA QUARTA La Marchesa Clarice, cui di dentro risponde il Conte Asdrubale ad imitazione dell'eco. CLARICE Quel dirmi, oh dio! non t'amo... CONTE T'amo. (Clarice manifesta la sua sorpresa). CLARICE Pietà di te non sento... CONTE Sento. CLARICE (È il Conte... ah! sì... proviamo Se mi risponde ancor.) È pena tal, ch'io bramo... CONTE Bramo... CLARICE Che alfin m'uccida amor. CONTE Amor. CLARICE Al fiero mio tormento... (Parte). CONTE Dunque rispose? SCENA QUINTA Il Conte Asdrubale solo, osservando se la Marchesa Clarice è partita. CONTE Se di certo io non sapessi Che la donna è ingannatrice, I lamenti di Clarice Mi farebbero pietà. Pietà? Pietà?... spropositi; Dove mi va la testa? Guai, se a pietà mi desta! Son fritto, come va. Ah! non sedurmi, Amore; È giusto il mio rigore: Ah! non fia ver che in femmina Io sogni fedeltà. Di me stupisce ognun, perché, malgrado I sei lustri d'età quasi compiti, Non entro nella classe de' mariti; Tanto più che son ricco. Tanto meno io direi: son le ricchezze Della stima e del genio Tiranne antiche. Allo splendor dell'oro Bello si crede, o d'allettar capace, Quel ch'è brutto in essenza o che non piace. Molte mi dan la caccia, e sopra ogni altra Quelle tre vedovelle: io mi diverto Dalla lor gelosia; ma qual poi d'esse Me solo apprezzi, e non la mia fortuna, Chi lo può indovinar? forse nessuna. (In atto dipartire). SCENA SESTA La Marchesa Clarice e detto. CLARICE (con brio ed aria di semplicità) Conte, udite. CONTE In che posso, Marchesina, ubbidirvi? CLARICE Io saper bramo Se l'eco è maschio o femmina. Ridete? CLARICE E come bene! CONTE Ed ora? CLARICE Ed ora... ed ora. O dorme, o di parlar non ha più voglia, Come accade anche a noi. CONTE Questo alle donne Non accade giammai. CLARICE No? tanto meglio! CONTE Perché? CLARICE (quasi vergognandosi, ma sempre col medesimo brio e semplicità) Per ché vorrei... che l'eco fosse... Che fosse... CONTE Ebben? CLARICE (manifestando rossore come prima) Che fosse maschio... e poi!... E poi... CONTE (facendole coraggio) Via su. CLARICE Che somigliasse a voi. Conte mio, se l'eco avesse Tutto quel che avete voi, Io godrei fra le Contesse La maggior felicità. CONTE Io dell'eco avrei paura, S'ella fosse come voi; Ché la fede è mal sicura Dove regna la beltà. CONTE Mento... CONTE (O finge, o è molto semplice.) Non altro, Che nuda voce ripercossa è l'eco. CLARICE Deh! ceda il tuo rigor. CLARICE Cammina o no? CLARICE Ah! se un altro rispondesse, Come l'eco a me rispose!... CONTE Rigor. CONTE No certo. CONTE Per esempio? CLARICE Eco pietosa... (tendendo l'orecchio) Su queste sponde... (come sopra) (Più non risponde.) Tu sei la sola, Che mi consola Nel mio dolor. Quella che l'eco mi facea, del Conte Era certo la voce: ei con quest'arte Si scoperse abbastanza. "Amo, sento", egli disse, e "bramo amore"; E quel che assai più val, "mento rigore". La Baronessa e Donna Fulvia invano Gareggiano con me, Seppur non c'infinocchia tutte e tre. Questo non crederei. Là fra quei rami, Per meglio assicurarmi Degli andamenti suoi, vado a celarmi. CLARICE Eppur pocanzi Era là. CLARICE Certe cose... Conte mio, non posso più. CONTE La vedeste? CONTE Via, sentiam, via dite su. CLARICE Non lo vidi; Ma l'ascoltai, ma mi rispose... Oh caro! Caro... se fosse femmina, Ne avrei dispetto. CLARICE Mi disse che m'ama. CONTE (Il mio maggior periglio È costei, quando parla.) CLARICE Mi disse che brama... CONTE Ma forse per giuoco. CONTE Spiegatevi. CLARICE (Ei va le cose Ruminando fra sé.) CLARICE Amor Mi disse che sente, 3 Classicaonline.com © 2011 Che mente rigor. BARONESSA Se far potessi al Conte Con questo mezzo un po' di gelosia... Di quel "Missipipì"?... pipi... pipì... Quel mi basta così?... quel contrapposto Fra luccio e triglia non t'incanta? MACROBIO Ma... FULVIA È vero. CLARICE (Che mi creda la fenice Del mio sesso, io non dispero.) BARONESSA Ricca io diverrò; sarai contento. PACUVIO Bizzarria di pensiero, Sorpresa, novità... CONTE (Che sia questa la fenice Del suo sesso, io non lo spero.) MACROBIO Ricca quest'è il miglior d'ogni argomento. (Partono). CLARICE e CONTE (Quel che avvolga nel pensiero, Presto o più tardi io scoprirò.) SCENA OTTAVA Donna Fulvia, indi Pacuvio. CONTE Son prove da niente, Che ingannano un cor. CONTE Vi saluto. CLARICE Addio, Contino. FULVIA Dove mai si cacciò? la rosa al Conte Io vorrei presentar: ma se Pacuvio... Eccolo; ebben? CONTE (Non mi fido.) PACUVIO Già la sestina è fatta; E che sestina! il Conte Le ciglia inarcherà. CLARICE (Ha l'occhio fino.) FULVIA Questa è la rosa. CONTE Ricordatevi che l'eco Ha l'usanza di scherzar. PACUVIO Bella! CLARICE Se l'avessi sempre meco, Mi farebbe giubilar. (Partono). SCENA SETTIMA Macrobio e la Baronessa. MACROBIO Siete pur bella! ed io sarei felice, Se foste anche pietosa. BARONESSA In primo luogo Non so se a me, che sono Vedova d'un Baron, la man convenga D'un giornalista. CONTE Mia padrona. FULVIA Sentiam. PACUVIO No; prima Voglio farvi sentir come ho cambiata L'aria che poco fa vi ho recitata. FULVIA Forse non vi piacea? PACUVIO Quand'è ch'io faccia Cosa che non mi piaccia? FULVIA Perché dunque?... BARONESSA O servente, o marito: anzi, sin d'ora Mio servente sarai. FULVIA (seguendolo) Bravo, bravo, bravissimo! MACROBIO L'offerta accetto. PACUVIO (retrocedendo) Eh... che dici? MACROBIO Capisco; il Conte... BARONESSA Il Conte è ricco E sarebbe al mio caso. MACROBIO Ebben, se mai... BARONESSA Se mai col Conte non facessi niente... CONTE (In favor di Clarice Mi parla il cor; ma consiglier non saggio Egli è sovente. Or si vedrà.) (in atto di attraversare il giardino) FULVIA (al Conte) Serva sua. MACROBIO In ogni modo vi farò il servente. BARONESSA Eppoi... SCENA NONA Il Conte, pensoso, avanzandosi lentamente, e detti. PACUVIO (a Fulvia) Coraggio. PACUVIO Ascoltate Come una lingua patetica e burlesca Parli all'ombra del mago una fantesca. "Ombretta sdegnosa Del Missipipì, Non far la ritrosa, Ma resta un po' qui." "Non posso, non voglio," L'ombretta risponde: "Son triglia di scoglio, Ti basti cosi." E l'altro ripiglia: "Sei luccio, non triglia." Qui nasce un insieme: Chi piange, chi freme. Fantesca - "Sei luccio." Ombretta - "Son triglia." Fantesca - "Ma resta." Ombretta - "Ti basti, Ti basti, t'arresta, Non dirmi così." (In atto di partire). MACROBIO In quanto a questo io credo Di star bene in bilancia: il mio talento... FULVIA (a Pacuvio) Il Conte appunto è qua. 4 PACUVIO (al medesimo) A voi s'inchina Il Pindarico. CONTE (a Pacuvio) Addio. PACUVIO (a Fulvia) (Fuori la rosa.) (Prima al Conte, ch'è in atto dipartire, poi a Fulvia con impazienza) Un momentin... (fuori la rosa.) FULVIA (Aspetta.) PACUVIO (come sopra) (Fuori la rosa, o recito.) FULVIA (Che fretta!) CONTE (Sarà qualcuna delle sue.) FULVIA (vuol presentar la rosa al Conte) Scusate... PACUVIO Zitto per or: voi state Ferma così, di presentarla in atto. CONTE (È un vero ciarlatan, ma sciocco e matto.) PACUVIO Parlo in terza persona. (Mettendosi fra il Conte e Donna Fulvia, che sta in atto di presentar la rosa) "Io v'offro in questa rosa spampanata La mia lacera, stanca e pelagrosa Classicaonline.com © 2011 Alma, che sul finir di sua giornata Dir non saprei se sia gramigna o rosa." Genere petrarchesco. CONTE In quanto a me lo chiamerei grottesco. PACUVIO (prima al Conte, poi a Donna Fulvia) Anche. Or date la rosa. FULVIA Eccola. CONTE Grazie. PACUVIO Agli ultimi due versi. "L'ho raccolta per voi di proprio pugno: E quando? nel maggior caldo di giugno". CONTE Ora siamo in aprile. PACUVIO Non importa. In grazia della rima un cronichismo Di due mesi è permesso: Virgilio somaron facea lo stesso. CONTE Ah, ah, ah... cronichismo... ah, ah... Virgilio... Virgilio somaron... (quanti spropositi!) Ah, ah, ah… PACUVIO (a Fulvia, ch'è restata attonita) Lo vedete? a' versi miei Mai non manca un effetto. CONTE (appoggiandosi ad una pianta) Oh Dio! non posso più. PACUVIO (a Fulvia che si stringe nelle spalle, conducendola via) Non ve l'ho detto? SCENA DECIMA Fabrizio e il Conte. FABRIZIO Eccomi a' vostri cenni. CONTE Orsù, Fabrizio: Per la seconda volta oggi la pietra Del paragone si adoperi; ad effetto Pongasi quel progetto Che immaginai. FABRIZIO Sibbene. CONTE All'africana Mi vestirò. FABRIZIO Da lungo tempo è pronto L'abito nell'armadio. Ho inteso. (con brio) Come? Al Cavalier la critica non piace? CONTE A te poi tocca Il secondar da scaltro... FABRIZIO Già so quel che ho da far; non occorr'altro. (Il Conte parte). SCENA UNDICESIMA Fabrizio solo. FABRIZIO Uomo più singolar del mio padrone Non conobbi finor. Son dodici anni Che ho l'onor di servirlo e sempre ho visto Vaghezza in lui di matrimonio. Intanto A forza di riflettere Che la scelta è difficile; che il genio È sempre incerto; e che il femmineo sesso Osserva men, quando promette assai, Invecchierà senz'ammogliarsi mai. (Parte). Stanze terrene contigue al giardino. SCENA DODICESIMA Giocondo e Clarice, poi Macrobio, indi il Conte. GIOCONDO Perché sì mesta? CLARICE Il mio gemello, il caro Lucindo, ad or ad or mi torna in mente. (Giocondo la sta intanto osservando con meraviglia e passione). (Questo gemel sovente Mi giova nominar: forse partito Io ne trarrò, se ogni altro mezzo è vano.) GIOCONDO Strana, scusate, in voi questa mi sembra Tenerezza fraterna: da fanciulli Vi divideste, e fu per sempre: estinto Da sett'anni il credete... eh Marchesina... Altra... CLARICE (con qualche risentimento) Che dir vorreste? GIOCONDO Altra, io suppongo, Più vicina sorgente ha il vostr'affanno. Il Conte a voi sì caro... Mio rivale ed amico... il sempre incerto Conte... Ah! Clarice... ah! se potessi anch'io Le vostre cure meritar!... (Clarice si mette in serietà). Ma troppo. E voi rispetto e l'amistà. MACROBIO Se avessi Cinquanta teste e cento mani appena (al comparir di Macrobio, Clarice prende un aspetto ilare). Potrei de' concorrenti al mio giornale Appagar le richieste. GIOCONDO Anzi la bramo, e i giornalisti apprezzo, Sensati, imparziali, E non usi a lordar venali fogli D'insulsi motti e di maniere basse: Ma non entra Macrobio in questa classe. CONTE (in aria gioiosa) Che si fa? che si dice? MACROBIO Si discorre Di critica. CONTE Io vorrei che i giornalisti Quando sull'opre altrui sentenza danno Dicessero il perché. GIOCONDO Pochi lo sanno: Per esempio Macrobio... CLARICE (al Cavalier Giocondo ed al Conte) Eppur, signori, Sotto diverso aspetto Quello che fa Macrobio sul giornale Fate voi tutti e due. MACROBIO (a Clarice manifestando piacere della opinione di lei) Brava! ci ho gusto! CLARICE L'usanza di operar senza un perché Non ha Macrobio sol, ma tutti e tre. CONTE Come? GIOCONDO Che dite mai? CLARICE Lo dico, e sono Prontissima a provarlo: Zitto... fate silenzio infin ch'io parlo. CLARICE (al Conte) Voi volete, e non volete: (al Cavalier Giocondo) Voi tacete o sospirate: (a Macrobio) Voi lodate o biasimate: E ciascun senza un perché. CONTE Con le donne, o signorina, Star bisogna molto all'erta Se quest'alma è sempre incerta, Ho pur troppo il mio perché. GIOCONDO Con la sorte, o signorina, Giorno e notte invan m'adiro: E se taccio e se sospiro, Ho pur troppo il mio perché. CONTE Ecco il biglietto Da rimettersi a me per dar principio Alla burletta. GIOCONDO In quanto a me sareste Sempre ozioso. MACROBIO Con la fame, o signorina, Io non posso andar d'accordo: Quando lecco e quando mordo, Ho pur troppo il mio perché. FABRIZIO CLARICE CLARICE 5 Classicaonline.com © 2011 Se ho da dirl' a senso mio, Siete pazzi tutti e tre. GIOCONDO, MACROBIO e CONTE Fra i perché senz'altro il mio È il miglior d'ogni perché. CLARICE, GIOCONDO, MACROBIO e CONTE Ogni cosa, o male o bene, A sua voglia il mondo aggira: Chi lo prende come viene, L'indovina per mia fé. (Comparisce Fabrizio, che consegna il viglietto al Conte; questi l'apre, e leggendolo finge di turbarsi). CONTE (Per compire il gran disegno Mesto in fronte io leggo il foglio: Poi con arte il mio cordoglio Fingerò di mascherar.) CLARICE, GIOCONDO e MACROBIO (ciascun da sé osservando il Conte) Si scolora, è questo un segno Che funesto è a lui quel foglio: Ci sogguarda, e il suo cordoglio Tenta invan di mascherar.) GIOCONDO (al Conte) Perché mai così tremante? CONTE (fingendo una forzata disinvoltura per darla meglio ad intendere) Io già m'altero per niente. CLARICE (al medesimo) Che vuol dir quel tuo sembiante? MACROBIO (al medesimo) Qualche articolo insolente? CONTE (con forza, e poi ricomponendosi) Stelle inique! CLARICE Ah! Conte amato... (come sopra) Qual disastro! GIOCONDO Ah! caro amico CONTE (come sopra) Giusti Dèi! MACROBIO Che cosa è stato? CONTE Non badate a quel che dico Io di voi mi prendo giuoco. CLARICE, GIOCONDO e MACROBIO Non intendo questo giuoco. CONTE Il più bello non si dà. GIOCONDO (Di paura e di sospetto Il mio cor tremando va.) MACROBIO (Lacerar mi sento il petto Dalla mia curiosità.) CONTE (La comparsa del viglietto Al disegno gioverà.) (Dal timor del mio periglio Imbrogliata han già la testa: Or più dubbio non mi resta Di poterli trappolar.) FULVIA Io? no certo: Anzi sono allegrissima. (Vorrebbe Scoprir terreno.) E voi mia cara, siete Di buon umore? BARONESSA Altro che buono! eppoi Mi si conosce in fronte. FULVIA (Che rabbia!) BARONESSA (Freme) CLARICE, GIOCONDO e MACROBIO Ha il terror fra ciglio e ciglio: Incomincia e poi s'arresta: Calma finge e la tempesta Lo costringe a palpitar. (Partono). FULVIA Avete visto il Conte? SCENA TREDICESIMA Pacuvio e Donna Fulvia; indi la Baronessa. FULVIA Sì? che vi disse? PACUVIO Ma che sestina! che sestina! io penso D'esibirla a Macrobio: il suo giornale Concetto acquisterà. FULVIA (in aria dubitativa) Sarà bellissima, Ma... BARONESSA (Oh! qui mi cascò l'asino.) L'ho visto poco fa. BARONESSA Se l'aveste ascoltato! era galante Oltre il costume. FULVIA (Ah maledetto!) Io sempre L'ho trovato così: gentile, ameno... PACUVIO (con impazienza e dispetto) Ma che? MACROBIO (a Pacuvio) Non ho tempo, non posso; e il foglio è pieno: La volete capir? M'inchino a queste Leggiadrissime dame. FULVIA Non capisco Perché il Conte ridea. BARONESSA Io vi cercava Per andare al passeggio. PACUVIO Quando si ride È segno che si gode. Io faccio ridere Quando voglio; e in quest'arte non la cedo Neppure all'inventor della Riseide, Ch'è stimato il miglior dopo l'Eneide. PACUVIO (con enfasi) È una sestina. Da stamparsi, o Macrobio, in carta pegola. BARONESSA (guardando all'intorno senza badare a Pacuvio e a Donna Fulvia) Invan lo cerco... PACUVIO (andandole incontro) Ah! Baronessa, udite.. BARONESSA No; piuttosto mi dite ove Macrobio Trovar potrei. PACUVIO Ne vado in traccia io stesso Per far la sua fortuna. Appunto... adesso... (mettendo fuori l'orologio) Son dieci ore passate: Qui lo conduco subito, aspettate. (Parte in fretta). CLARICE, GIOCONDO, e MACROBIO Il più strambo non si dà. SCENA QUATTORDICESIMA La Baronessa e Donna Fulvia; indi Pacuvio di ritorno con Macrobio. CLARICE (Io ravviso in quell'aspetto Del destin la crudeltà.) BARONESSA Come va, Donna Fulvia? mi sembrate Alquanto malinconica. 6 BARONESSA (ridendo di Pacuvio) Ah, ah, ah... FULVIA (Che pettegola! Di tutto ride.) MACROBIO (a Pacuvio che insiste) È inutile: ho due cento Articoli pro e contra preparati, Che in sei mesi saran già consumati. (Ora ad esso, ora alle altre) Son tanti i virtuosi E di ballo, e di musica, clienti Del mio giornal, che diverrà frappoco L'unico al mondo. Infatti figuratevi D'essere in casa mia. Questo è il mio studio: Qui ricevo; e frattanto Nel cortil, per le scale, in anticamera, Un non so qual, come di mosche o pecchie, Strano ronzio si ascolta: Piano, piano, signori; un po' per volta. Chi è colei che s'avvicina? È una prima ballerina: (finge che la ballerina parli ella stessa) "Sul Teatro di Lugano Gran furor nel Solimano!" (finge di prendere del denaro) Classicaonline.com © 2011 Mille grazie; siamo intesi; Il giornal ne parlerà. D'una prima cantatrice Vien la mamma sola, sola. (Come sopra) "Nel Traiano alla Fenice Gran furor la mia figluola!" (come sopra) Mille grazie; siamo intesi: Il giornal ne parlerà. La Fiammetta col fratello, Altra prima sul cartello. (Come sopra) Mille grazie; siamo intesi: Il giornal ne parlerà. Mala folla già s'accresce; Tutti udir non mi riesce. Virtuosi d'ogni razza, Che ritornano alla piazza, Bassi, musici e tenori, Pappagalli e protettori: Osservate che scompiglio! Che bisbiglio qui si fa! Largo, largo... ecco il Maestro, Il Maestro Don Pelagio: Baci, amplessi... adagio, adagio... Ma chi è mai quest'altro qua? È il Poeta Faccia fresca, Che non sa quel che si pesca. Quante ciarle! Sì, signore, Voi farete un gran furore: Questa musica è divina: Più bel dramma non si dà. Il Poeta con le carte... Il Maestro con la parte... Giusti Dei! che assedio è questo: Chi mi salva per pietà? (Parte con la Baronessa). PACUVIO Trovar saprò ben io Qualch'altro giornalista, che abbia a cuore Il suo guadagno sì, ma più l'onore. (Parte con Fulvia). Povero Conte Orlando! Impazza per mia fé. MACROBIO (avanzandosi) (Bravi! si finga Di non vederli.) GIOCONDO (a Clarice) Il labbro Uso a mentir non ebbi mai. MACROBIO (ad alta voce e fingendo di non aver veduti gli altri due) Fra queste Ombrose amiche piante alla memoria Io mi reco la storia, Vale a dire il famoso Contrabbando amoroso Di Medoro e d'Angelica. GIOCONDO (a Clarice) (Costui Metaforicamente ci canzona.) CLARICE (a Giocondo) (Senz'altro: io partirò.) GIOCONDO (a Clarice) (Siete pur buona! Anzi restar dovete.) CORO Il Conte Asdrubale Dolente e squallido Nella sua camera Si ritirò. Forse il più barbaro Fra tutti gli astri Disastri insoliti Gli minacciò. (Parte). GIOCONDO Perché fuggir? di che temete? CLARICE Io temo D'insuperbir, quando vi ascolto. GIOCONDO Ed io Da così giuste lodi Astenermi non so. CLARICE Se giuste sono, Vel dica il mio rossor. BARONESSA e FULVIA (con affanno; gli altri due retrocedono) Oh caso orribile! Caso incredibile! Il Conte Asdrubale Tutto perdé. CLARICE e GIOCONDO (Con sorpresa) Come? cioè? BARONESSA Guai, se consorte Mi fosse stato! FULVIA Per buona sorte Non mi ha sposato. BARONESSA e FULVIA Oh che disordine! Son fuor di me! MACROBIO (rinforzando la voce e guardando verso il di dentro della scena) Il Conte... CLARICE (intimoriti, credendo che comparisse il Conte Asdrubale) Il Conte? CLARICE e GIOCONDO Via su, con ordine Meglio spiegatevi. BARONESSA e FULVIA (in atto dipartire) Qui torno subito... CLARICE e GIOCONDO (trattenendole) Ma in grazia diteci, Che nuova c'è. GIOCONDO Il Conte? Giardino, come sopra. SCENA QUINDICESIMA Coro di giardinieri, che parte immediatamente. Poi la Marchesa Clarice, che si allontana con modestia dal Cavalier Giocondo; indi Macrobio; finalmente la Baronessa e Donna Fulvia. CLARICE e GIOCONDO (a Macrobio) Angelica e Medoro... Amor di contrabbando... Son cose che sognando Tu vai così fra te. (Macrobio parte; Clarice e Giocondo in atto di partire). MACROBIO (Oh che paura!) Il Conte Orlando... BARONESSA e FULVIA Vado ad intendere Meglio il perché. (Partono). CLARICE (Respiro!) SCENA SEDICESIMA Macrobio di ritorno, indi Pacuvio dal lato opposto a detti, che nell'atto di partire s'incontrano in Macrobio. GIOCONDO (Lode al Ciel!) MACROBIO Va intorno errando: E Angelica e Medoro In barba sua parlan così fra loro. Su queste piante incisi I nostri nomi stanno: Anch'esse apprenderanno D'amore a palpitar. (Macrobio finge di vederli allora per la prima volta). GIOCONDO (a Macrobio scoprendosi) Io so, signor mio caro, Di chi parlar s'intende. CLARICE Il suo discorso è chiaro, Ma sciocco, e non mi offende. MACROBIO (agli altri due sempre con allusione e sarcasmo) Angelica e Medoro, Che vanno amoreggiando... 7 MACROBIO Altro che ridere Su i nostri fatti! È qui Lisimaco Castigamatti; E mostra un vaglia Di sei milioni, Che in Sinigaglia Da un tal Piloni Fu sottoscritto Cent'anni fa. CLARICE e GIOCONDO Di questa favola Capisco poco. PACUVIO (agitatissimo) Non v'è più tavola, Non v'è più cuoco. MACROBIO Il creditore Per farsi onore Classicaonline.com © 2011 Alla sua mensa C'inviterà. CLARICE (interrogando gli altri due) Ma la sua patria?... GIOCONDO La condizione? CLARICE e GIOCONDO Ma d'onde viene? PACUVIO Vien dal Giappone. MACROBIO (a Pacuvio) Voi fate sbaglio, Dal Canadà. PACUVIO Egli è un Turchesco Della Brettagna. MACROBIO Anzi un Tedesco, Nato in Bevagna. CLARICE e GIOCONDO Che pezzi d'asini! Regga chi vuole; Son più i spropositi, Che le parole: Mi fate stomaco Per verità. (Partono in fretta). SCENA DICIASSETTESIMA Detti; poi la Baronessa e Donna Fulvia; indi il Conte Asdrubale travestito con alcuni servi e marinari vestiti nel medesimo costume. Notaio con altri che si fingono gente della Corte di Giustizia, e Fabrizio che simula un'estrema afflizione. PACUVIO (verso i due che son partiti) A me? cospetto! MACROBIO A me? per Bacco! MACROBIO e PACUVIO (rimproverandosi l'un l'altro) Per vostra colpa Soffro uno smacco. PACUVIO So quel che dico. MACROBIO Non sono un cavolo. BARONESSA e FULVIA (in fretta) Ecco l'amico; (agli altri due) Non fate strepito, O tutti al diavolo Ci manderà. MACROBIO e PACUVIO (l'uno all'altro) Chi prenda equivoco, Or si vedrà. CONTE (a Fabrizio) Lui star conta, io star mercanta, Ti star furba, e lui birbanta. BARONESSA, FULVIA, MACROBIO e PACUVIO Dice bene. CONTE (al medesimo) (Oh che canaglia!) (mostrando un foglio logoro dal tempo) Qui star vaglia. PACUVIO (dopo averlo guardato) Sei milioni! BARONESSA, FULVIA e MACROBIO Bagattella! CONTE (a Fabrizio) (Che bricconi!) (al medesimo) Se trovara controvaglia, Mi far vela per Morèa. FABRIZIO (tutto mesto) Non trovara. CONTE Scamonéa tua poltrona resterà. MACROBIO Parla proprio in lingua etrusca. CONTE Mi mangiara molta crusca. MACROBIO Si conosce. CONTE Baccalà. Tambelloni Kaimacacchi. MACROBIO (Che mai dice?) BARONESSA, FULVIA e PACUVIO (Non intendo.) BARONESSA, FULVIA, MACROBIO e PACUVIO Mille grazie. CONTE Sigillara. MACROBIO E i manuscritti? PACUVIO I miei drammi? MACROBIO Le mie prose? CONTE Sigillara. BARONESSA, FULVIA, MACROBIO e PACUVIO In quanto a noi... CONTE Sigillara. BARONESSA, FULVIA, MACROBIO e PACUVIO Oh questo no! FABRIZIO (al Conte sempre con simulata insistenza) Ubbidirò. MACROBIO (al Conte) Mi far critica giornala Che aver fama in ogni loco; Né il potera ritardar. CONTE Manco mala! manco mala! Ti lasciara almen per poco Il buon senso respirar. BARONESSA, FULVIA, MACROBIO e PACUVIO Sigillate pure al Conte Bocca, naso, e che so io; Ma, cospetto! quel ch'è mio Lo dovete rispettar. CONTE Quanti stara, a modo mio Mi volera sigillar. FABRIZIO (Che hanno il cor perverso e rio, Più non v'è da dubitar.) CONTE Baccalà. FABRIZIO (Li canzona come va.) CONTE (a Fabrizio) Non aprira più portona, O tua testa andar pedona. BARONESSA, FULVIA, MACROBIO e PACUVIO (Che vuol dir questa canzona?) CONTE Sequestrara... BARONESSA, FULVIA, MACROBIO e PACUVIO Adagio un po'. CONTE Sigillara... BARONESSA e FULVIA E le mie cose? 8 Cortile interno in casa del Conte. SCENA DICIOTTESIMA Clarice sola; indi il Conte e Giocondo non veduti da lei, come essa non veduta da loro; poi Macrobio e Pacuvio, la Baronessa e Donna Fulvia. CLARICE Non serve a vil politica Chi vanta un cor fedele: Quando la sorte è critica, L'onor non volta vele: Eppoi nessun mi dice, Ch'ella non può cangiar. (Intanto comparisce il Conte nei suoi propri abiti fingendo mestizia, e il Cavalier Giocondo, che di buona fede lo conforta). CONTE (Lasciate un infelice, Classicaonline.com © 2011 Vicino a naufragar.) (fra loro) GIOCONDO (Alla virtù non lice Gli oppressi abbandonar.) CLARICE, CONTE e GIOCONDO (Il Conte e Giocondo fra loro alquanto indietro e Clarice da sé) (Del paragon la pietra Sono i contrari eventi: Nei giorni più ridenti Più dubbia è l'amistà.) MACROBIO e PACUVIO (in aria di scherno) Marchesina... BARONESSA e FULVIA Contessina... (Il Conte e Giocondo osservano in disparte). BARONESSA, FULVIA, MACROBIO e PACUVIO Mi consolo, e a voi mi prostro: Ora il Conte è tutto vostro. CLARICE (con disinvoltura e brio) Tanto meglio! BARONESSA, FULVIA, MACROBIO e PACUVIO (come sopra) Già si sa. GIOCONDO (al Conte) (Li vedete? gli ascoltate?) CONTE (a Giocondo) (Ci vuol flemma.) CLARICE (come sopra) Canzonate. MACROBIO e PACUVIO (come sopra) Che fortuna! CLARICE (come sopra) Io sono in ballo; Bene o mal si ballerà. CONTE (avanzandosi con Giocondo e scoprendosi) Cari amici, or che il destino Mi privò d'ogni sostanza, Qual voi date a me speranza Di soccorso e di favor? (Ciascuno gli fa la sua offerta). MACROBIO Un articolo sul foglio. (con vivacità e dolcezza) La mia man, l'entrata e il cor. (fingendo di svenire) Ah! ch'io manco... ah! dove sono?... MACROBIO e PACUVIO (fra loro guardando il Conte, ed allontanandosi da lui) (Scappa, scappa...) MACROBIO e PACUVIO (volendo sostenerlo) Fra le braccia degli amici. BARONESSA e FULVIA (egualmente) (Oh com'è brutto!) CLARICE e GIOCONDO (respingendoli e sostenendo il Conte) Eh, andate là. GIOCONDO (al Conte) (Osservate.) MACROBIO e PACUVIO (come sopra) (È cosa seria.) CLARICE, CONTE e GIOCONDO (fra loro) (Dove regna la miseria. Tutto è noia e tutto è orror.) BARONESSA, FULVIA, MACROBIO e PACUVIO (Meglio assai nella miseria Si distingue un seccator.) SCENA ULTIMA Fabrizio con un antico foglio in mano, saltando per l’allegrezza; coro d'ospiti e giardinieri del Conte egualmente lieti, e detti. FABRIZIO e CORO Viva, viva! FABRIZIO In un cantone D'un armadio abbandonato, Fra la polve... CONTE (interrompendolo con impazienza) L'hai trovato? FABRIZIO L'ho trovato... (Sorpresa comune). TUTTI Qual chi dorme e in sogno crede Di veder quel che non vede, Se uno strepito improvviso Tronca il sonno, egli è indeciso Nel contrasto delle vere Colle immagini primiere... Fra la calma e la tempesta Corre, vola e poi s'arresta... Tal son io col mio cervello Fra l'incudine e il martello... CLARICE, CONTE, GIOCONDO, FABRIZIO e CORO Sbalordita/o, BARONESSA, FULVIA, MACROBIO e PACUVIO Sbigottita/o CLARICE, CONTE, GIOCONDO, FABRIZIO e CORO Agitata/o, BARONESSA, FULVIA, MACROBIO e PACUVIO Spaventata/o, TUTTI Condannata/o a palpitar. Dal passato e dal presente, Non so come, alternamente... CLARICE, CONTE, GIOCONDO, FABRIZIO e CORO Dalla gioia e dal timore Io mi sento a trasportar. CONTE (come sopra) Il controvaglia? FABRIZIO e CORO Legga, legga. CONTE (abbracciando Fabrizio) Uh! benedetto! BARONESSA, FULVIA, MACROBIO, e PACUVIO Dalla rabbia e dal rossore Io mi sento a lacerar. ATTO SECONDO CLARICE e GIOCONDO (con vera cordialità) Oh che gioia! PACUVIO Una flebile elegia. BARONESSA, FULVIA, MACROBIO e PACUVIO (attorniando il Conte con affettata compiacenza) Oh che diletto! BARONESSA e FULVIA (stringendosi nelle spalle) Non saprei... CLARICE e GIOCONDO (fra loro accennandosi gli altri quattro) (Come cambiano d'aspetto!) GIOCONDO (con franchezza e cordialità) La casa mia. BARONESSA e FULVIA Il mio cor l’avea predetto. . CLARICE BARONESSA e FULVIA (avvicinandosi anch'esse) Poverino! CONTE In momenti sì felici... 9 Cortile interno, come nell'atto primo. SCENA PRIMA La Baronessa, Donna Fulvia e coro d'ospiti del Conte; quindi Macrobio e il Conte da una parte; il Cavalier Giocondo e Pacuvio dall'altra. CORO Lo stranier con le pive nel sacco Per vergogna è partito in gran fretta. BARONESSA e FULVIA Per sua colpa ho sofferto uno smacco, Ma farò la mia giusta vendetta: Forse al Conte, a Clarice, a Giocondo Questo fatto avrà molto a costar. Classicaonline.com © 2011 CORO Via, che serve? son cose del mondo: Non sarebbe che un farsi burlar. MACROBIO (al Conte in atto di scusa) Io del credito in sostanza Già vedea l'incompetenza: Né parlai per insolenza, Ma per voglia di scherzar. CONTE (a Macrobio sorridendo, e in aria di disprezzo) Io già so per vecchia usanza Coltivar l'indifferenza: Ogni scusa in conseguenza Voi potete risparmiar. PACUVIO (a Giocondo, scusandosi) Fu poetica licenza, Non lo feci per baldanza: La drammatica sembianza Mi parea di recitar. GIOCONDO (con sommo disprezzo) Fu solenne impertinenza; Ma non merita importanza: Già vi scusa l'ignoranza Senza starne più a parlar. BARONESSA e FULVIA (ciascuna da sé, la Baronessa osservando Macrobio e Donna Fulvia Pacuvio) (Domandargli perdonanza È una vera sconvenienza: Questa vil testimonianza Io non posso tollerar.) CORO (Sotto l'umile apparenza Pieni son di petulanza: L'uno e l'altro all'occorrenza Tornerebbe a motteggiar.) (Il coro si ritira). GIOCONDO (Eppur ciascun di loro alla sua dama Avea promesso di sfidarci.) CONTE (fra loro sorridendo) (E in vece Si son scusati.) (In somma, Lo volete saper? la scusa è finta: Il duello seguì: la vita in dono Mi domandò con le ginocchia a terra.) FULVIA (a Pacuvio con sorpresa) (Chi?) SCENA SECONDA Macrobio e la Baronessa in atto dipartire, a Donna Fulvia che la trattiene. FULVIA (a voce alta in atto di volerlo palesare) (Anzi...) FULVIA (parlandole all'orecchio) Baronessa, ascoltate. PACUVIO (a Donna Fulvia opponendosi) (No; zitto: giacché per suo decoro Di non farne parola ei m'ha pregato: Ed io gliel'ho promesso, anzi giurato.) BARONESSA Possibile? GIOCONDO (al Conte osservando gli uni e gli altri) (Gran contrasto han fra loro.) CONTE (a Giocondo) (Io co' buffoni Mi diverto.) BARONESSA (a Macrobio) Che intesi Per vostro e mio rossor! Già Donna Fulvia È vendicata, ed io... BARONESSA Or sappi, Che vinto il Cavalier la vita in dono Da Pacuvio impetrò. BARONESSA (a Macrobio) (Ebben?...) MACROBIO (alla Baronessa) (Senz'altro La disfida io farò.) MACROBIO Bu, bu... che bomba! BARONESSA Pacuvio il disse. PACUVIO (a Donna Fulvia) (L'avrei potuto Come un tordo infilzar; ma troppo io sono Tenero per natura e sensuale.) FULVIA (a Pacuvio) (S'è così, son contenta.) PACUVIO (È tal e quale.) BARONESSA (a Macrobio) (Oh bella! Vuoi cimentarlo, e gli domandi scusa?) MACROBIO Il moto giova All'appetito. MACROBIO (alla Baronessa) (Certo.) GIOCONDO I cacciatori, io credo, Partiranno a momenti. BARONESSA (Fra noi non s'usa...) CONTE (ad un domestico che parte subito) Ehi, vanne tosto La Marchesina ad avvertir. Se poi Volesse alcun di voi Dar prova di bravura, Prenda il fucil. PACUVIO (a Donna Fulvia) FULVIA (partendo con brio) Senz'altro. Addio. MACROBIO Che dite? GIOCONDO (Io m'annoio.) CONTE Nel vicin bosco, amici, A divertirci andiamo. MACROBIO (È una moda novissima, Venuta dal Catai, che quanto prima Pubblicherò sul mio giornale.) CONTE Come vi aggrada. Andiamo. (Parte col Cavalier Giocondo). PACUVIO (Giocondo; ma zitto.) GIOCONDO (Oh che vigliacchi!) (Frattanto il Cavalier Giocondo e il Conte discorrono fra loro). In casa Per alcune faccende Io resterò. MACROBIO E non potea Pacuvio Tradir la verità? BARONESSA Pretesti a parte. MACROBIO Io pretesti? stupisco. BARONESSA O sfida il Conte, O non sperar ch'io più ti guardi in faccia. L'esige l'onor mio. MACROBIO Dopo la caccia. (Partono). Bosco. PACUVIO (parte in fretta) Voglio provarmi. FULVIA 10 SCENA TERZA Pacuvio col fucile, e coro di cacciatori. CORO (a Pacuvio) A caccia, o mio signore, Poeta eccellentissimo: Se siete cacciatore, Tirate, e si vedrà. (Pacuvio appoggia sgarbatamente il fucile ora alla spalla sinistra, ora alla destra). Ma bravo!... anzi bravissimo! (ironicamente) Gran preda si farà. Gli uccelli andranno al diavolo In piena sanità. Classicaonline.com © 2011 (Il coro parte). PACUVIO (verso i cacciatori) Sì, sì, ci parleremo: Con un figlio di Pindo e d'Elicona, Quando tira davver, non si canzona. (Si ascolta qualche strepito di vento, foriero del temporale). Ahi!... chi si muove...? io non vorrei... ma questo Par che un bosco non sia da bestie indomite. (Mentre il vento va crescendo appoco appoco, ed oscurandosi lentamente il bosco, risuonano da lontano alcuni colpi di fucile, e successivamente compariscono diversi uccellacci coll'ale aperte. Pacuvio mira or all'uno, or all'altro senza mai sparare: si accorge poi che non ha montato il fucile; nell'atto che lo monta, gli uccelli spariscono, a riserva d'uno, contro cui egli si dirige senza mai effettuare il colpo. Finalmente, correndogli dietro e tirandogli il cappello, si perde di vista). (Scoppia il temporale; si oscura totalmente il bosco, agitato dal vento e illuminato dai frequenti lampi. Comparisce di bel nuovo Pacuvio spaventato, stringendosi al petto e coprendo per quanto può alcuni fogli). (Fugge Pacuvio incerto e sbalordito, e al temporale succede intanto gradatamente la calma). PACUVIO Ahi!... scappa... il vento in aria Mi ha portato il fucile... aiuto!... ah! dove Salvar me stesso e i scritti miei... soccorso!... Deh! Fulmine canoro, Rispetta, se non altro, il sacro alloro. (Fuggendo). SCENA QUARTA Giocondo solo. GIOCONDO Oh come il fosco impetuoso nembo Ci separò!... Clarice, il Conte invano Chiamai sovente, e più l'altrui mi calse, Che il mio periglio... Or tutto è calmo, e solo Regna nel petto mio tempesta eterna. La mia tiranna io mi figuro in braccio, All'amico rival... sparsa le chiome... Pallida... ansante... e lui veder mi sembra, Che al sen la stringe... la conforta... e pasce L'avido ciglio in quella, Fatta dal pianto e dal timor più bella. Quell'alme pupille Io serbo nel seno: Ma un guardo sereno Non hanno per me. Deh! Amor, se merita Da te mercede La sempre candida Mia lunga fede, Fa' ch`io dimentichi Sì gran beltà. Tu fosti origine Del mio dolor: Tu l'opra barbara Correggi, Amor. (In atto dipartire). Riacquistar la libertà primiera. SCENA QUINTA La Marchesa Clarice e detto; indi Macrobio, il Conte e la Baronessa. CLARICE (chiamandolo) Ehi... Giocondo... Giocondo... GIOCONDO (con sorpresa) Oh!... sola? e dove Lasciaste il Conte? CLARICE (Mi fa pietà.) Dunque ti calma, e spera. Spera, se vuoi, ma taci: Io ti prometto amore; Seppur da' lacci il core Un giorno io scioglierò. (Intanto comparisce Macrobio e chiama il Conte ch'egli vede da lontano. Da un'altra parte sovraggiunge la Baronessa). CLARICE Non sì tosto il cielo Tornò seren, ch'ei s'innoltrò nel bosco Con alcuni de' suoi, di due villani Lasciando a me la scorta: io nel vedervi Li congedai. (alludendo al temporale) Ma che paura! GIOCONDO (con qualche caricatura) Il Conte L'avrà temprata. Io sì, Clarice, io privo D'ogni conforto, l'Austro frema, o spiri Il Zefiro soave... CLARICE E torni sempre Te stesso a tormentar, né puoi scordarti?… GIOCONDO (interrompendola con trasporto) Io scordarmi di te? CLARICE Se pace brami... GIOCONDO (egualmente) Io pace? eh come? a farmi guerra eterna Tre nemici ho nel sen: la tua fortuna, L'amor mio, l'amistà; quella involarti; Questa tradir non lice; e Amor frattanto Pretende invan della vittoria il vanto. CLARICE Alla fortuna rinunziar non fora Per generoso cor difficil opra: Ma rinunziar, Giocondo, Tu all'amistà non devi, Io non posso all'amor. GIOCONDO (con molta passione) Né un raggio almeno Di remota speranza... CLARICE Invan. GIOCONDO Del Conte Il non mai stanco dubitar... CLARICE Deh! lascia Ch'io mi lusinghi. GIOCONDO Il tempo Cangia talor gli umani affetti. CLARICE È vero; Non so negarlo. GIOCONDO E tu potresti un giorno 11 GIOCONDO Ai dolci accenti tuoi Dove mi sia, non so. BARONESSA (ad alta voce accennando Clarice e Giocondo) Macro... MACROBIO Ma zitto (bestia!) (Al Conte per canzonarlo) Dite? colei che fa? (ironicamente e con enfasi) La prima fra le vedove, Che vanti fedeltà. CONTE (alla Baronessa ed a Macrobio senza manifestarsi agli altri due) Bravissimi! bravissimi! Femmina è sempre femmina: Amoreggiar lasciamoli Con tutta libertà. BARONESSA (a Macrobio) (L'affar diventa serio: Ci ho gusto in verità.) GIOCONDO (a Clarice) Mi promettete amore? MACROBIO (al Conte sempre nella medesima aria) Amore! CONTE Poverino! CLARICE (a Giocondo) Consulterò il mio core. MACROBIO (come sopra) Il core! CONTE (mostrando disinvoltura) Va benino. (Che faccia quel che vuole: Le donne io so pesar.) (Comparisce in distanza il coro de' cacciatori). MACROBIO (Il capo assai gli duole, E nol vorria mostrar.) GIOCONDO (a Clarice) (Per me comincia il sole Quest'oggi a scintillar.) Classicaonline.com © 2011 CLARICE (a Giocondo) (Son semplici parole Per farti almen sperar.) FABRIZIO Dove? che fu? BARONESSA (Ma queste non son fole, Son fatti da mutar.) PACUVIO Per asciugar gli scritti Sono entrato in cucina; ivi alla recita D'una mia scena dolcebrusca il cuoco È caduto in declivio. CONTE (a Clarice con forza, avanzandosi e scoprendosi) Donna di sensi equivoci, Piena d'astuzie e cabale, Ch'io sono a torto incredulo. Potrai lagnarti ancor? CLARICE, BARONESSA, GIOCONDO e MACROBIO (La baronessa, Macrobio e il Conte alludendo agli altri due, e questi a se stessi) Qual d'improvviso fulmine Insolito fragor! SCENA SESTA Coro di cacciatori che si avanzano, e detti. CORO In mezzo al temporale La caccia è andata male: (accennando Clarice e Giocondo mortificati) Ma il Conte a due merlotti Qui poi la caccia diè. MACROBIO Il fatto sul giornale Io stampo per mia fé. CLARICE (ai cacciatori) Come? qual mia favella? Che insulto a me voi fate? CORO (a Clarice) Prima eravate in sella, Or vi trovate appiè. CLARICE, BARONESSA, CONTE, GIOCONDO e MACROBIO Men tremendo che tempesta Questo colpo a me non par. Sin le chiome sulla testa Io mi sento a sollevar. CLARICE, BARONESSA, CONTE, GIOCONDO, MACROBIO e CORO Così allor che all'onde in faccia Freme il vento e il fulmin romba, Strana tema i sensi agghiaccia Dell'intrepido nocchier. (Tutti partono in confusione). Stanze terrene, come nell'atto primo. SCENA SETTIMA Donna Fulvia e Fabrizio, indi Pacuvio affannato. FULVIA Io posso dir d'averla indovinata Restando in casa. SCENA NONA La Marchesa Clarice tutt'allegra con una lettera dissigillata in mano, e detti. FABRIZIO La vuol dire in deliquio. PACUVIO Certo, è là delinquente in un cantone. FABRIZIO Sarà stata la puzza del carbone. (Partendo in fretta). PACUVIO Ah! Donna Fulvia, se non era il tempo, Avrei fatta una strage Di salvaggiume: (mettendo fuori di tasca un picciolissimo uccello morto) Altro perciò non posso Esibirvi che questo Picciolo segno della mia bravura. FULVIA (voltandogli le spalle e partendo) Non so che farne. PACUVIO (È morto di paura.) (Partendo anch'esso). SCENA OTTAVA Il Conte Asdrubale e il Cavalier Giocondo. CONTE Di quanto poco fa Clarice e voi A me diceste, io sono Persuaso abbastanza. GIOCONDO Ella è innocente: Né reo son io che di leggiera colpa, Se può colpa chiamarsi... CONTE Il vostro affetto Per lei m'era già noto, E la vostra virtù. GIOCONDO Ma quando mai Risolverete? CONTE Il matrimonio è un passo, Un passo grande! GIOCONDO E non vi basta ancora... CONTE Risolverò: per ora Pensiamo a divertirci con Macrobio, Che sfidarmi dovea. GIOCONDO Come vi piace. CLARICE (ansante per la gioia) Amici, oh! qual d'una sorella al cuore Soave annunzio inaspettato! Udite: Il Capitan Lucindo, Il mio caro Lucindo, il mio gemello... CONTE (in aria di scherzo) Dagli Elisi tornò? CLARICE Quegli ch'estinto Da ciascun si credea, vive; e son questi Dopo sett'anni di silenzio i suoi Preziosi caratteri. (Sorpresa degli altri due) (Perdona, Ombra del mio german, se all'uopo io chiamo De' miei disegni il nome tuo.) CONTE Ma dove Si trattenne finor? GIOCONDO Perché non scrisse? CONTE Fu prigionier? CLARICE Nol so: di tutto a voce M'informerà. L'ottavo sole appena Sorgea di nostra età, quando il destino Ci separò; pur le sembianze ancora Io n'ho presenti. CONTE Eppoi Specchiandovi... GIOCONDO Sibben, le avete in voi. CONTE S'egli, è ver, ch'eravate... CLARICE Certamente: Eravam somiglianti, Come due gocce d'acqua. Oh quante volte La nostra buona madre Con le cangiate fanciullesche spoglie Le paterne pupille Tradì per giuoco! e un dolce error di nomi, Non già d'affetti, risuonò su i labbri Del comun padre! CONTE Io mi consolo. GIOCONDO A parte Son de' vostri contenti. FABRIZIO È stato veramente Un fiero temporal. CONTE Andiam. CLARICE (al Conte) Se il permettete alla cittade io volo, Dove m'attende il mio german. PACUVIO (a Fabrizio) Corri, t'affretta. GIOCONDO (Che strana idea!) (Entrambi in atto di partire). CONTE Che venga Ei stesso qui. 12 Classicaonline.com © 2011 Sarebbe confidenza generale. CLARICE "Breve in Italia", ei scrive, "Sarà la mia dimora; Né voglio abbandonar la compagnia". CONTE Qui la conduca, e quanto vuol ci stia. CONTE Dunque... FULVIA Certo. CLARICE Sarà mia gloria Far cosa grata al Conte. CLARICE Quest'è troppo. GIOCONDO (a Clarice) Ah! no, vi prego... CONTE Che troppo? i militari Io sempre amai. CONTE (a Giocondo) Anzi a vostro dispetto. CLARICE Le vostre grazie in voce Dunque ad offrirgli andrò. PACUVIO (Quante caricature!) CONTE Se ricusasse, Mi farebbe un affronto. CLARICE (Già previsto io l'avea; tutto è già pronto.) (Tutti e tre in atto di partire s'incontrano in Pacuvio). SCENA DECIMA Pacuvio affannato, e detti. PACUVIO (mostrando una lettera) Nuova grande! è arrivato Sin qui da ieri alla piazza Il maestro Petecchia, il celeberrimo... CONTE Credete voi che molti siano in oggi I maestri di vaglia? PACUVIO Più di cento Saran senz'altro, e tutti bravi, e tutti conosciuti da me. CLARICE (in aria di derisione) Compreso ancora Il maestro Petecchia. GIOCONDO Certo, ossia febbre putrida. CONTE (al Cavalier Giocondo) In acconcio Qui cadrebbe, a me sembra, Quel tal vostro sonetto, in cui fingete, Se non m'ingann, d'aver fatto un sogno, Recitatelo in grazia. GIOCONDO In grazia dispensatemi. CLARICE Via, Cavalier. GIOCONDO Non mi sovvien... scusatemi. CLARICE Finiamola. Un mio furto Confesserò, cui tenne man Fabrizio. CLARICE Ecco il sonetto. Sognai di Cimarosa, ahi vista amara! La fredda salma sull'Adriaco suolo: I gran maestri, onde l'Ausonia è chiara, Cerchio a quella facean d'omaggio e duolo; Quando piombò sulla funerea bara Non so qual di pigmèi musico stuolo: Squarciarne i membri, e depredarli a gara Fu per essi un sol voto, un punto solo. Non rimanea che il capo: insidiosa Vidi una man, che d'affermarlo ardia; Ma il capo si levò, mirabil cosa! E l'aurea bocca, ove del canto in pria Sedean le grazie, mormorò sdegnosa: "Canaglia, indietro; che la testa è mia". CLARICE Che ne dite Pacuvio? PACUVIO (con aria d'importanza) Non c'è male. GIOCONDO (a Pacuvio con caricatura) Grazie alla sua bontà. CONTE (al medesimo) Questo sonetto Proprio di fronte attacca Quei vostri cento e più. PACUVIO (Non vale un'acca.) (Partono Clarice, il Conte e Giocondo per una banda; Pacuvio per un'altra, e s'incontra in Fulvia). SCENA UNDICESIMA Donna Fulvia e Pacuvio. PACUVIO (retrocedendo con lei) Oh! Madama, a proposito: io credea, Che un segreto affidatovi non foste Mai di tradir capace: Ora con vostra pace Vi dirò che ho sospetto ben fondato Che l'abbia per gloria pubblicato. GIOCONDO (turbandosi) Come? il sonetto?... FULVIA Pubblicato? alla sola Baronessa io l'ho detto in confidenza E s'ella in confidenza Lo dicesse a Macrobio; e in confidenza... CLARICE Io l'ebbi, e il so a memoria. PACUVIO Macrobio lo stampasse sul giornale, 13 PACUVIO (smaniandosi) Povero me! la mia parola... (Vale a dir la mia pelle.) L'amicizia, il decoro... FULVIA Eh, bagattelle. Pubblico fu l'oltraggio Sia pubblica la pena, Chi m'insultò, più saggio In avvenir sarà. Ch'io castigai l'altero, Sia noto al mondo intero: È la vendetta un sogno Quando nessun lo sa. (Parte). PACUVIO [Ti vanta pur: la tua vendetta è vera, Come il trionfo mio. Ma se Giocondo Saprà la cosa, ove mi salvo? eh, niente; Se vedrò che altro scampo non mi resta, Con un'altra bugia rimedio a questa.] (Parte). SCENA DODICESIMA Macrobio, indi il Cavalier Giocondo, poi il Conte e due domestici, ciascuno de' quali porta una spada sopra un bacile. MACROBIO Io far duelli? io, che a' miei giorni mai Né pistola adoprai, né spada o stocco Per onor di nessuno? io, che una sola Volta, né mi sovvien se bene o male, Mi son battuto a pugni Per onor del giornale? Io?... GIOCONDO (in aria fiera) Macrobio. MACROBIO Signor. GIOCONDO (gli dà una pistola) Prendi. MACROBIO (incomincia a sgomentarsi) Obbligato. Che n'ho da far? GIOCONDO Sopra di me spararla. Quando ti toccherà, come io quest'altra (Mostrandogli un'altra pistola) Sopra te sparerò. MACROBIO (Lupus in fabula.) Ma non veggo il perché... GIOCONDO Perch'hai tu sparso Che a Pacuvio io cercai la vita in dono. MACROBIO L'ho detto senza crederlo. GIOCONDO Peggio! Su via... MACROBIO Classicaonline.com © 2011 Se vi calmate, io sempre Dirò bene di voi sul mio giornale. GIOCONDO Potentissimi Dei! sarebbe questa Una ragion più forte Per ammazzarti subito. Alle corte. MACROBIO Vengo... aspettate... (Il Conte è fuor di casa... Altro scampo non v'è... tempo si prenda... (Macrobio va pensando, e frattanto Giocondo fa dei cenni a qualcuno che si suppone dentro la scena). GIOCONDO (egualmente) Non serve. E non sa che per diletto Lo faremo ancor tremar.) MACROBIO Io comporrò la vostra lite. Prima fra voi coll'armi Il punto sia deciso: (volendo mandare la cosa in celia) Con quel che resta ucciso, Io poi mi batterò. GIOCONDO (al Conte accennando Macrobio) Quando quel cor malnato Dal sen gli avrò diviso, MACROBIO (Son quei ferri molto acuti; Far potriano un bell'effetto: Sol due colpi in mezzo al petto, E finisco di tremar.) CONTE Con permesso... (dopo essersi messi in positura, ed incroci cchiate le spade il Conte volge la punta a terra). GIOCONDO (egualmente) Io fo lo stesso... GIOCONDO (a Macrobio) Terminiamo sì o no, questa faccenda? CONTE (a Giocondo accennando Macrobio) Quando l'avrò mandato A passeggiar l'Eliso, MACROBIO Lo volete saper?... da uom d'onore. Qual mi dichiaro e sono... CONTE e GIOCONDO Fra noi vedrem se ucciso A torto io l'abbia o no. GIOCONDO Salvo errore. CONTE (risoluto a Macrobio) Andiam. CONTE Il padrone della casa Ceder deve al forestiero: (a Giocondo accennando Macrobio) E con lui pugnar primiero Tocca a voi, non tocca a me. MACROBIO (a Giocondo per ischermirsi dell'altro) Voi che ne dite? MACROBIO Non è vero, non è vero; Io protesto, per mia fé. GIOCONDO (risoluto a Macrobio) Su via. GIOCONDO Quest'è vero, quest'è vero; Senza dubbio tocca me. MACROBIO (al Conte come sopra) Voi lo soffrite? MACROBIO (al Conte in aria supplichevole) Ma che un mezzo non vi sia D'aggiustar questa faccenda? MACROBIO Io non posso accettar, perché un impegno Egual mi sono assunto Col Conte, e l'ho sfidato. GIOCONDO (osservandolo) Eccolo appunto. MACROBIO Maledetta fortuna! CONTE Olà, Macrobio. Giacché tu di sfidarmi Non hai coraggio, io te disfido. GIOCONDO (a Macrobio fingendo meraviglia) Come? Dunque... MACROBIO (sommamente imbarazzato) Dirò... GIOCONDO Conte, scusate; il primo Son io. CONTE Non cedo: ad ogni costo ei deve Battersi meco. GIOCONDO A' miei diritti invano, Ch'io rinunzii, sperate. MACROBIO (Oh bella! a gara Fanno per ammazzarmi.) (Al Conte) Una parola... CONTE (voltandogli le spalle) Io non desisto. MACROBIO (a Giocondo) Udite... CONTE (prendendolo per un braccio) Orsù... MACROBIO (al Conte accennando Giocondo) Quest'altro freme. GIOCONDO (prendendolo egualmente per un braccio) Non più... MACROBIO (a Giocondo accennando il Conte) Quest’altro grida. CONTE e GIOCONDO (l'uno all'altro dopo avere alquanto pensato) Ebben; l’acciar decida Chi primo ha da pugnar. MACROBIO (tirandosi da parte) (Comincio a respirar.) (Ad un cenno del Conte si avanzano i due domestici, uno verso il Conte medesimo, l’altro verso Giocondo, presentando loro le rispettive spade). CONTE e GIOCONDO (con le spade medesime) Ecco i soliti saluti. (Facendosi dei segnali d'intelligenza fra loro) (Del duello inaspettato Si consola il maledetto; 14 MACROBIO (titubante) Che vuol dir? che nuova c'è? CONTE (fingendo di pensare) Per esempio... si potria... GIOCONDO (invitando Macrobio) Presto, a noi; che più pensar? MACROBIO (a Giocondo) Via, lasciatelo pensar. CONTE (al medesimo) Quando il forte a noi si arrenda, Si potria capitolar. GIOCONDO (fingendo di rifletterci) Capitolar? MACROBIO (applaudendo al Conte con sommo trasporto) Bravissimo! GIOCONDO Per me son contentissimo! D'usar facilità. CONTE In termine brevissimo L'affar si aggiusterà. MACROBIO Ripiego arcibellissimo! Di meglio non si dà. CONTE Classicaonline.com © 2011 (a Giocondo accennando Macrobio) Per prima condizione Fissiam ch'egli è un poltrone. MACROBIO Si accorda. GIOCONDO Un uom venale. MACROBIO Si accorda; non c'è male. CONTE Un cicisbèo ridicolo. MACROBIO Si accorda il terzo articolo. GIOCONDO Il fior degli ignoranti. MACROBIO Adagio. CONTE (con forza) Avanti. GIOCONDO Avanti. MACROBIO Distinguo: in versi, o in prosa? CONTE e GIOCONDO (come sopra) S'intende in ogni cosa. MACROBIO Eppur... CONTE e GIOCONDO (minacciando) Che dir vorresti? MACROBIO Che articoli sì onesti Non posso ricusar. CONTE e GIOCONDO Gli articoli son questi; Non v'è da replicar. (Il Conte e Giocondo rendono le spade ai rispettivi domestici). CONTE, GIOCONDO e MACROBIO Fra tante disfide La piazza è già resa. Giammai non si vide Più nobile impresa; D'accordo noi siamo; Cantiamo, balliamo: La gioia sul viso Ritorni a brillar. (Partono). Interno del villaggio; abitazioni diverse, e fra le altre quelle del Conte con porta praticabile. Veduta della campagna. Da un lato picciola eminenza. SCENA TREDICESIMA Pacuvio dalla casa del Conte; poi Donna Fulvia; indi la Baronessa e Macrobio. PACUVIO Chi non nega si annega: Eh, non v'era, per Bacco! altro riparo. " Piaga d'acuto acciaro Sana l'acciaro istesso". Metastasio Mi rubò quest'idea giusta, giustissima. Infatti una bugia. Che Donna Fulvia pubblicò, m'avea Ridotto a brutto stato: Con un'altra bugia mi son salvato. FULVIA Menzognero, impostor! darmi ad intendere? (Pacuvio intanto si va guardando intorno, come se cercasse qualcuno). Che cerchi? PACUVIO Con chi parla? BARONESSA Cioè? MACROBIO Cioè... che interrogar molesto! Dicendo da par mio, s'intende il resto. SCENA QUATTORDICESIMA Fabrizio, che discende da un'eminenza, e detti. Diversi abitanti del villaggio s'incamminano verso la campagna in aria di curiosità. FABRIZIO Eccolo. (Macrobio continua a passeggiare in grande, come sopra). FULVIA Con te. PACUVIO Con me? sa chi son io? FULVIA Chi? FABRIZIO Lucindo. FULVIA Pacuvio. PACUVIO Pacuvio menzogner? Giove mi scortichi Se una sola bugia Ho detto in vita mia. MACROBIO (aggirandosi perla scena, ed asciugandosi il sudore, come se ritornasse da una grand'impresa) No, Baronessa, Non son ferito. Oh se veduto aveste! BARONESSA Il Capitano? PACUVIO Il gemello germano?... FABRIZIO Sì, della Marchesina. MACROBIO Io volentieri, Qualunque militar, l'avrei veduto Nel caso mio. (Intanto Pacuvio con un foglio spiegato va facendo dei gesti). BARONESSA Dite, su. MACROBIO (come sopra) Cose grosse! FULVIA Le somiglianze rare Fra la sorella e lui Di veder son curiosa. BARONESSA (con impazienza) Ebben? (Macrobio continua la sua pantomima). MACROBIO (sempre passeggiando) Siam vivi, Perché siam vivi. BARONESSA (come sopra) In somma... MACROBIO (avvedendosi di Pacuvio) Ecco il bugiardo, Cagion del mio periglio. FULVIA (a Pacuvio) Prendi, che ben ti sta. PACUVIO (a Macrobio) Mi meraviglio! MACROBIO (come sopra senza badare a Pacuvio) Qual cimento ineffabile! BARONESSA (con estrema impazienza) Ma come Lo terminaste? BARONESSA Se a lei somiglia non avrà gran cosa. FABRIZIO (Che pettegole!) Io vado Per ordine del Conte ad incontrarlo. (Fabrizio parte). FULVIA Che fai, Pacuvio? PACUVIO Io parlo Con Demetrio Evergete. BARONESSA (a Pacuvio) Zitto: s'avanza il Capitan. FULVIA (al medesimo) Tacete BARONESSA Tiriamoci in disparte. MACROBIO Oggi d'esser mi sembra un altro Marte (Si ritirano senza partir dalla scena). MACROBIO Come? da par mio. SCENA QUINDICESIMA 15 Classicaonline.com © 2011 Detti in disparte; la Marchesa Clarice in abito militare, un tenente, un sergente, due caporali e soldati; Fabrizio di ritorno, abitanti del villaggio e servi del Conte, che restano indietro. Marcia militare. CLARICE (dopo che la truppa si sarà posta in ordine) Se l’itale contrade, Che in fanciullesca etade Abbandonai, preme il mio piè; se vidi Il ciel natio; se dell'amata suora Sulle stanche pupille io tersi il pianto, Valorosi compagni, è vostro il vanto. (Ai soldati) Se per voi le care io torno Patrie sponde a vagheggiar, Grato a voi di sì bel giorno Il mio cor saprò serbar. CORO DI SOLDATI L'esempio, il tuo periglio A noi servi di sprone; Né bomba, né cannone Potevaci arrestar. CLARICE Viva il desio di gloria, Che all'alme amar non vieta: Ciascuno con me ripeta: "Marte trionfi, e Amor". (Sotto l'intrepida Viril sembianza Sento a risorgere La mia speranza: Fra i dolci palpiti S'infiamma il cor.) CORO Qual volto amabile! Vivace e nobile! Che ardir magnanimo Gl'infiamma il cor! (Clarice entra col seguito in casa del Conte, accompagnata da Fabrizio e dai domestici del Conte medesimo; gli abitanti del villaggio si disperdono). SCENA SEDICESIMA La Baronessa e Macrobio, Pacuvio e Donna Fulvia, che si avanzano. BARONESSA Che ne dite, Macrobio? io non ci trovo Questa gran somiglianza. MACROBIO Io son d'avviso, Che non v'è differenza in quanto al viso. BARONESSA Diamine! siete cieco? il Capitano È assai di lei più bello. FULVIA (a Pacuvio) Sembra che non le sia neppur fratello. PACUVIO Eppur... FULVIA Non v'è confronto. Baronessa, È ver, che non somigliano? BARONESSA Lo stesso Dico anch'io. (Entra anch esso in casa del Conte). Galleria. FULVIA (a Pacuvio) Lo sentite? BARONESSA (a Macrobio) Vedete, se ho ragion? MACROBIO Signora, sì. FULVIA (a Pacuvio) Siete convinto ancor? SCENA DICIOTTESIMA Clarice in abito militare, il Conte Asdrubale e il Cavalier Giocondo. CONTE (in atto di pregare) Scusate, Capitan... CLARICE (in aspetto fiero) Tutto m'è noto. CONTE Ch'io sappia almen da lei... PACUVIO Sarà così. BARONESSA (Voglio a lui presentarmi Prima che torni il Conte.) (A Macrobio) Con permesso. MACROBIO Si accomodi. CLARICE No, mia sorella Più non vedrete. (A Giocondo) Cavaliere, a voi La destra io n'offro. GIOCONDO Io la ricuso: amico Prima che amante, io fui. (La Baronessa entra in casa del Conte). FULVIA (osservando la Baronessa) (Ho capito.) Addio, Pacuvio. PACUVIO Si serva. FULVIA (Anche a me piace il militare; Né mi lascio da un'altra soverchiare.) (Entra anch'essa in casa del Conte). SCENA DICIASSETTESIMA Macrobio e Pacuvio. PACUVIO Le nostre dame, amico, Ci hanno qui piantato. MACROBIO Il marziale aspetto Val più assai che un articolo e un sonetto. PACUVIO Basta... non crederei... MACROBIO Se il Capitano Sapesse il fatto d'armi... PACUVIO Oh! appunto, dimmi, Or che siam soli, come andò? MACROBIO Son cose Da non parlarne più. Ti dico solo, Che il Conte e il Cavaliere in quell'incontro Ebber del mio carattere Un saggio tal da non tornarsi a battere. (Entra in casa del Conte). PACUVIO Se a tal fandonia io credo, il dir bugie Senza rossor divenga Per me fatica; e mi sia tolto insieme Il privilegio antico Di prestar fede io stesso a quel che dico. 16 CLARICE La vostra ammiro Non volgare amistà. Lungi da questi Lidi per lei funesti Clarice io condurrò. CONTE (con sorpresa ed affanno) Voi? CLARICE (con forza) Sì. CONTE (smanioso a Giocondo) (Me stesso In me non trovo.) CLARICE (In quelle smanie io veggo il mio trionfo.) CONTE (a Clarice quasi piangendo) E partirà Clarice Per non tornar mai più? CLARICE D'avervi amato Arrossirà, quando ragione e tempo Resa le avran la sospirata calma. CONTE (appoggiandosi a Giocondo) Oh Dio!... qual su quest'alma Piomba improvviso gel!... d'amarla tanto Io non credea. CLARICE Né pianto A lei giovò, né tolleranza e fede Anche in mezzo ai disastri. CONTE Ah! sì, conosco Per mia pena maggior tutte in un punto Le sue virtù. (A Clarice in aria supplichevole) Deh... CLARICE Classicaonline.com © 2011 (con enfasi)No. CONTE Crudel!.. se fosse Clarice qui... se me vedesse... Oh quanto!.. CLARICE (Resisto appena.) CONTE Oh quanto mai Natura Sotto eguali sembianze Vi distinse nel cor! GIOCONDO Deh! alfin vi basti Il pentimento, il suo rossor... CLARICE (con enfasi, come sopra) No. CONTE (a Giocondo) Cessa... Lasciami, amico, a quel destino in preda, Che a me stesso io formai. Da te Clarice Sappia almen ch'io l'adoro, Che le follie, che il mio rigor condanno, E che forse per lei morrò d'affanno. (a Clarice) Ah! se destarti in seno Per me pietà non senti, Lascia ch'io speri almeno Dall'idol mio pietà. (a Giocondo) Caro amico, ah! tu lo vedi... Ah! di me che mai sarà? (a Clarice) Al mio duol se tu non cedi, Mostro sei di crudeltà. (all'uno e all'altra) Non vedrò mai più Clarice: E fia vero?... oh me infelice! (a Clarice fissando in lei lo sguardo) Le sembianze in te ravviso: Il tuo volto in due diviso M'innamora, e orror mi fa. Più bramar non so che morte; Altra spema a me non resta: L'ora estrema, oh Dio! fu questa Della mia felicità. (Parte furiosamente e Giocondo lo segue). CLARICE Quanto costa una colpa! Quanto soffersi a simular non usa, Né ad infierir! povero Conte! amarlo, Saper che m'ama e maltrattarlo! è vero: Ma de' comuni affetti Stato ei sarebbe ad onda sua tiranno, S'io non compìa questo felice inganno. SCENA ULTIMA La Baronessa, poi Donna Fulvia e detta; finalmente tutti, ciascuno a suo tempo. BARONESSA Siete alfin solo: impaziente io stava Aspettando il momento... FULVIA (correndo spaventata) Se non era Il Cavalier Giocondo, Il Conte si uccidea. CLARICE (con somma agitazione) (Che sento!) Ed ora? FULVIA Scrive. Ed io ti dico Che questo è suo carattere. CLARICE (Respiro.) PACUVIO (osservando il foglio) Senz'altro. BARONESSA (a Donna Fulvia) E perché mai? CONTE Io lo conosco. FULVIA Si crede, Che il signor Capitan gli abbia intimato... GIOCONDO (facendo lo stesso) Non v'è dubbio. FABRIZIO (correndo) Ah! signor Capitan... MACROBIO (a Fabrizio osservando anch'esso) Hai torto. CLARICE Che cosa è stato? FABRIZIO Or lo vedremo. Il Capitan Lucindo Per me risponda. FABRIZIO Leggete, e poi firmatevi: "Lucindo per Clarice sua sorella", O il padron si dà fuoco alle cervella. BARONESSA Caspita! il caso è serio. CLARICE (Oh me felice! Scrivo il mio nome: ei stupirà. "Clarice".) FABRIZIO Grazie. CLARICE Io parlerò. Fabrizio Non neha né torto, né ragion; mi spiego: Conte, io spero ché siate Disposto a perdonarmi. CONTE Io si. CLARICE Ne chieggo La destra in pegno. CONTE Eccola, o caro; io tutto, Or che ottenni Clarice, a voi perdono. BARONESSA (a Fulvia) (Che nuova c'è?) FULVIA (alla Baronessa) (Credo che sia Carta di matrimonio.) CLARICE A queste dame Domando mille scuse. BARONESSA (in aria di galanteria) Io più di mille Ne domando anzi a voi, se forse troppo Importuna vi son. FULVIA (egualmente) Volano l'ore In vostra compagnia. BARONESSA (come sopra) Sembrano istanti. CLARICE Siete troppo gentili. (Anzi sguaiate.) FULVIA (come sopra) Oh grazie. BARONESSA (come sopra) È sua bontà. CLARICE (Quando sapranno Quel che so io.) CLARICE Lucindo non tornò: Clarice io sono. (Stupore universale). CONTE e GIOCONDO Voi Clarice? BARONESSA e FULVIA Qual inganno! MACROBIO e PACUVIO Qual sorpresa! FABRIZIO e CORO Qual portento! TUTTI Questo nobile ardimento Chi poteva immaginar? CLARICE Trasformando al fin me stessa Aguzzai d'amor lo strale: La sorpresa universale Mi fa l'alma in sen brillar. BARONESSA e FULVIA Che improvviso temporale! Ci avrei fatta una scommessa: Ah! purtroppo è dessa, è dessa, E ci seppe corbellar. PACUVIO Donna Fulvia... FABRIZIO (al Conte nell'escire) La Marchesina? Oh bella! Non l'ho neppur veduta. CONTE (mostrando il foglio che ha in mano) 17 MACROBIO Baronessa... MACROBIO e PACUVIO È venuto il temporale, Si è smorzato il mio fanale, Cesso alfin di smoccolar. Classicaonline.com © 2011 CONTE e GIOCONDO Da stupor, da gioia eguale Non fu mai quest'alma oppressa: Mala gioia omai prevale; Già non so che giubilar. [Del paragon la pietra A tempo usar conviene: Chi prova e non risolve, Un seccator diviene; Si rende altrui ridicolo Per farsi singolar.] FABRIZIO e CORO (verso il Conte) Da stupor, da gioia eguale Non fu mai quell'alma oppressa: Mala gioia omai prevale, E non sa che giubilar. CONTE (a Clarice) Cara, perdon ti chiedo. CLARICE (al Conte) Perdon ti chiedo anch'io. GIOCONDO (con brio a Clarice e al Conte) Ragion per me non vedo Di starsi a supplicar. CONTE (a Giocondo) Quanto vi deggio, amico! GIOCONDO (come sopra) Lo stesso ancor vi dico: Lasciamo i complimenti. MACROBIO e PACUVIO Piuttosto andiamo a pranzo: Pria che la lingua, i denti Bisogna esercitar. MACROBIO, PACUVIO e GIOCONDO E sopra l'altre cose Con pompa ed allegria Le nozze portentose Si pensi a festeggiar. BARONESSA e FULVIA (la Baronessa a Macrobio, Donna Fulvia a Pacuvio) Veder chi si marita, E starli a contemplar... MACROBIO e PACUVIO (interrompendole) Madama, l'ho capita: Son grato al vostro affetto; Ma per parlarvi schietto, Ci voglio un po' pensar. MACROBIO (veggendo che la Baronessa se ne rammarica, le porge la destra) Via su, sia per non detto, Vi voglio contentar. CONTE Finor di stima io fui Verso le donne avaro: Da questo giorno imparo Le donne a rispettar. CLARICE, MACROBIO, GIOCONDO e CONTE, indi TUTTI Il cor di giubilo Brillar mi sento: Non so reprimere Quel sentimento, Che in petto l'anima Mi fa balzar. 18 Classicaonline.com © 2011