EURO 0, EURO1, EURO 2, EURO 3, EURO CHÉ?
Ma è possibile aggirare la famigerata legge del co… scusate, del
taglione, che vuole costringerci a ridurre le nostre benamate Gold
Wing “ante Euro” a mero oggetto da collezione?
Ricevo da qualche giorno alcune telefonate di amici che mi chiedono
delucidazioni in merito a questa nuova tegola che si abbatte sul
nostro casco. E, non vi nascondo, che molte vertono sulla possibilità
di aggirare l’ostacolo, promuovendo in qualche maniera la propria
moto ad una classe ecologica superiore.
L’ultima telefonata è quella di un socio (e amico) che mi chiede se
esiste la possibilità di risolvere il problema esportando la propria moto in Germania per
modificarla meccanicamente al fine di aggiornarla ad Euro 1, certificarla in tal senso presso
un ente preposto (il TÜV suppongo), re-importarla in Italia ed farla re-immatricolare
finalmente come veicolo “EURO quel-che-lè”.
Il discorso è interessante ma inattuabile purtroppo sia tecnicamente, sia
amministrativamente, e il motivo è presto detto. Cominciamo dall’aspetto amministrativo:
I veicoli costruiti in serie, siano essi prodotti in Italia o importati, sono conformi al 100 per
100 al veicolo del modello interessato che costituisce lo “specimeno del tipo” presentato
all’ente di Stato preposto alla sua ricezione (omologazione e prova).
Ogni veicolo magari simile ma che deroghi per qualche particolare è quindi oggetto di
ricezione a titolo di esemplare unico per poter circolare legalmente in Italia (ma ciò vale per
tutta l’Europa).
Un esempio che calza a pennello è quello del mio sidecar, realizzato sulla base di una
Honda Gold Wing 1800A regolarmente importata dalla Francia, quindi non presente
all’origine nei data-base del Ministero dei Trasporti.
Come già ebbi modo di spiegare quando illustrai la documentazione necessaria a compiere
l’operazione di importazione, omologazione e immatricolazione di un sidecar dalla Francia,
accanto alla documentazione relativa alle modifiche apportate dagli specialisti per la
trasformazione in sidecar della moto –documentazione interamente recepita e convalidata
dagli Enti Statali Francesi preposti- fu necessario fornire l’intera descrizione originale
tecnica della moto, il cosiddetto “Barré rouge”, dato che la mia Honda Gold Wing 1800
aveva di comune con il modello importato in Italia solo la denominazione.
E arriviamo al problema della classe del livello delle emissioni: la mia moto era sì una EURO
2, ma ciò non poteva essere dimostrato in quanto né la descrizione tecnica francese, né la
“Carta grise” (il libretto di circolazione francese) lo riportavano, non essendovi l’obbligo di
tale indicazione in Francia (anche l’indicazione del livello di sonorità non è obbligatoria).
Fu quindi necessario, per poter aggiornare in tal senso il mio Libretto di Circolazione
italiano, richiedere al Servizio Omologazioni della Honda France copia della
documentazione relativa all’omologazione francese dello specimeno del tipo che riportava
tale indicazioni.
Ciò per dimostrare quanto sia rigorosa la procedura di aggiornamento amministrativo della
documentazione relativa all’omologazione di un veicolo, in vista della sua circolazione.
E ora passiamo all’aspetto tecnico della
questione:
ho scritto all’inizio dell’articolo in corsivo le
parole “modificarla meccanicamente”. Orbene,
in queste due parole dall’apparenza banale e
ovvia, si nascondono anni di ricerca, prove,
misurazioni, rinunce, battaglie, adeguamenti,
progettazioni e ri-progettazioni dei propulsori al fine di adeguarli al livello di emissioni allo
scarico obbligatorio per legge!
Ciò è talmente difficile e critico che alcuni motori di reale eccellenza meccanica dovettero
essere buttati via letteralmente. Un esempio per tutti: il motore boxer 1700 dell’Alfa Romeo
33.
Ma non solo: alcune Case automobilistiche di indiscussa fama tecnica, come la Renault per
esempio, dovettero allora (eravamo agli albori del problema inquinamento automobilistico e
ciò riguardava ancora solamente gli Stati Uniti, da sempre precursori tecnologici) rinunciare
per molti anni alla commercializzazione di alcuni loro modelli di successo nel mercato
americano, per… incapacità tecnica di risolvere il problema. E stiamo parlando di Case
automobilistiche molto potenti, non di officine meccaniche.
Credo con questo di aver reso l’idea della dimensione del problema.
Infine, “ammesso e non concesso” (come diceva Totò) che si riesca a trasformare il motore
EURO 0 della Gold Wing 1500 in un motore EURO 1, solo grazie alla sostituzione dei
carburatori con un sistema di ammissione ad iniezione elettronica (gli apparati di iniezione
meccanica, come i famosissimi SPICA per esempio, riescono ad ottimizzare i consumi ma
non riducono in maniera significativa i livelli delle emissioni), all’aggiunta di una marmitta
catalitica, di una sonda Lambda, di tutti i sensori relativi a temperatura dei gas in entrata e in
uscita, a pressione dell’aria in entrata, apertura dell’acceleratore, quantità di benzina
erogata, controllo del rapporto stechiometrico della miscela esplosiva, regime motore, gradi
di anticipo all’accensione, potenza richiesta e potenza erogata, temperatura del fluido di
raffreddamento, controllo dell’avanzamento del fronte di fiamma nelle camere di
combustione, potenza della scintilla alle candele e aggiunta di un potente processore per la
gestione di tutti questi dati… Uff! Ammesso dicevo che si riesca a fare ciò, quanto verrebbe
a costare tale intervento? Credo infinitamente più del valore della moto da aggiornare,
sempre ammesso che esista qualcuno al mondo in grado di effettuare tali operazioni al di
fuori di un’imponente struttura tecnicamente organizzata.
Poi, c’è un ultimo dettaglio non trascurabile:
Alla moto così modificata quanti cavalli utili resterranno?
Vostro,
Vittorio Cajò
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