ALTERAZIONI DELLA NORMALE MORFOLOGIA CORPOREA 1) PARAMORFISMI: deformità generalmente transitorie, correggibili volontariamente, non sostenute da alterazioni delle strutture scheletriche. 2) DISMORFISMI: modificazioni della normale morfologia, sostenute da alterazioni congenite (malformazioni) o acquisite delle strutture osteo-fibrose. Sono correggibili solo con un adeguato trattamento ortopedico. POSIZIONE NEUTRA (o CONVENZIONALE) - Corpo in stazione eretta Piedi leggermente divaricati Arti superiori accostati al tronco Mani in posizione di supinazione (con palmo volto anteriormente) Spalle e bacino tra loro paralleli ATTEGGIAMENTO “OBBLIGATO” o “COATTO”: Quando il segmento corporeo in esame, a causa di fattori patologici (dolore, rigidità, etc…) è costretto a mantenere una determinata posizione. 1) INTERVENTI SULLE OSSA Osteotomia. Consiste nell’interruzione chirurgica di un osso. Viene effettuata con scalpello o con sega elettrica. Ha lo scopo di correggere una deformità scheletrica. Il ripristino funzionale del segmento osseo sottoposto ad osteotomia si verifica con la consolidazione del focolaio osteotomico. Osteosintesi. Consiste nel solidarizzare tra loro due o più frammenti ossei con mezzi metallici. Oltrechè nel trattamento di alcune fratture trova indicazione in alcune osteotomie, permettendo la solidarizzazione dei frammenti osteotomici per tutto il tempo necessario alla loro consolidazione e dispensando frequentemente dalla immobilizzazione in apparecchi gessati. Resezione. Consiste nell’asportazione parziale o totale di una diafisi (es. emidiafisectomia) o di una epifisi. Trapianto. Consiste nell’apporre e solidarizzare a un segmento scheletrico materiale osseo, prelevato generalmente dalla tibia o dall’ala iliaca del paziente stesso. Talvolta si può usare anche materiale osseo prelevato da altri soggetti, e conservato mediante refrigerazione (“banca delle ossa”) oppure trattato e conservato con altre metodiche. L’apposizione ossea ha lo scopo di ricostruire la continuità dell’osso stesso per mezzo di materiale biologico dotato di poteri rigenerativi migliori di quelli presenti nella zona che riceve il trapianto. Il trapianto, dopo essere stato apposto, viene progressivamente “riabilitato” da tessuto osseo nuovo. Epifisiodesi. Con tale intervento ci si propone di bloccare l’attività di parte o di tutta la cartilagine d’accrescimento iuxtaepifisaria di un determinato segmento scheletrico applicando, a ponte, sul versante cartilagineo che si intende bloccare alcuni mezzi metallici (cambre, etc…) oppure trapassando a tutto spessore la lamina cartilaginea con chiodi, viti, etc… 2) INTERVENTI SULLE ARTICOLAZIONI Artrocentesi. Consiste nella puntura e svuotamento del liquido raccolto nel cavo articolare, seguita eventualmente da iniezione di sostanze medicamentose. Artroscopia. Consiste nell’ispezione endoscopica dell’articolazione (ginocchio, spalla, collo del piede, etc…). L’ispezione endoscopica si effettua mediante uno strumento a fibre ottiche introdotto, attraverso una piccola incisione (5-7 mm) della cute e della capsula, nel cavo articolare disteso da un flusso costante di soluzione fisiologica. Artrotomia. Consiste nell’apertura del cavo articolare, per la rimozione di corpi mobili, per la rimozione di menischi danneggiati, per la riduzione di fratture articolari, etc… Sinoviectomia. Consiste nell’asportazione della membrana sinoviale. Trova indicazione negli idrartri recidivanti e resistenti ad altra terapia. Da qualche anno (cioè da quando è entrato nella terapia medica l’uso degli emoderivati), trova indicazione anche nella profilassi e nel trattamento delle artropatie emofiliche. Resezione articolare. Consiste nell’asportazione totale o parziale di uno o di entrambi i capi di una stessa articolazione. Può trovare indicazione in alcuni tumori ossei benigni, nelle artroprotesi, etc… Artrodesi. Consiste nell’anchilosi prodotta chirurgicamente allo scopo di fissare un’articolazione in posizione corretta o più funzionale. Endoprotesi e artroprotesi. Consistono rispettivamente nella sostituzione di uno solo o di tutti e due i capi articolari di un’articolazione con protesi di metallo, acriliche, metallo acriliche o altro materiale. 3) INTERVENTI SUI TENDINI Le suture (tenorrafie): da praticarsi nelle rotture sottocutanee e nelle lesioni da taglio. Le incisioni (tenotomie) con eventuali allungamenti plastici a “Z”: da praticarsi in caso di retrazioni, contratture muscolari, etc… I trapianti tendinei (per vicariare un movimento non più efficiente). Le tenodesi o fissazioni di tendini sullo scheletro, etc… Ogni gruppo di questi interventi presenta numerose varianti che di volta in volta trovano la loro specifica indicazione. DEFORMITA’ CONGENITE DELLA COLONNA VERTEBRALE SCHISI VERTEBRALE La malformazione consiste nella mancata fusione, sulla linea mediana, dei due nuclei di ossificazione del corpo vertebrale (schisi anteriore) o dell’arco neurale (schisi posteriore o “spina bifida”). Quella posteriore, più frequente in sede lombare o sacrale, può accompagnarsi a erniazione delle sole meningi (meningocele) oppure delle meningi, del midollo e delle radici (mielomeningocele). Questi casi, non molto frequenti, impongono un trattamento chirurgico precoce per evitare ulteriori complicazioni neurologiche. Molto frequente, e di prognosi generalmente benigna, è invece la spina bifida occulta, non accompagnata cioè ad anomalie mieloradicolari. Spesso è del tutto asintomatica e costituisce solo occasionale reperto radiografico. 4 1 Meningocele 2 Meningi 3 Radici della cauda equina 4 Cute 3 1 2 DEFORMITA’ CONGENITE DEGLI ARTI Primo gruppo: AMELIA, assenza totale dell’arto (a). FOCOMELIA (o “arto di foca”), assenza del segmento prossimale dell’arto (b). EMIMELIA TRASVERSALE, assenza della metà distale dell’arto (c). Secondo gruppo: EMIMELIA LONGITUDINALE, con assenza di una delle due ossa dell’avambraccio o della gamba. La prima evenienza si manifesta tra l’altro con il quadro clinico della “mano torta congenita” per deviazione della mano in senso radiale (a) o ulnare (b) a seconda che rispettivamente sia assente il radio o l’ulna. Malformazioni congenite delle dita: ECTRODATTILIA o assenza di uno o più dita (a); SINDATTILIA o fusione di uno o più dita (b); POLIDATTILIA o aumento del numero normale delle dita (c); CAMPTODATTILIA o flessione congenita di uno o più dita (d); CLINODATTILIA o deviazione laterale congenita di un dito o di parte di esso (e). Conformazioni congenite delle dita del piede Limitatamente all’arto inferiore altre malformazioni congenite sono: LUSSAZIONE CONGENITA DEL GINOCCHIO, l’articolazione appare fissata in iperestensione (a) con impossibilità a flettersi. LUSSAZIONE CONGENITA DELLA ROTULA che, specialmente nella forma clinica di “lussazione abituale”, sarebbe connessa a un’ipoplasia congenita del condilo femorale esterno (b) e/o ad anomalie (disassamento) dell’apparato estensore. IPOPLASIA DELLA TIBIA, presenta quadri di gravità diversa; una forma delle più gravi è costituita dalla pseudoartrosi congenita della tibia, rappresentata dall’interruzione del cilindro osseo diafisario in corrispondenza del terzo medio inferiore (c). ROTULA BIPARTITA consiste nella mancata fusione di uno o più nuclei di ossificazione della rotula; per eventi traumatici può essere confusa con una frattura di rotula.