Mensile gratuito della Pro‐Loco di Cese dei Marsi
Anno IV Numero 36 ‐ 31 Maggio 2009 Roberto Cipollone
Quello della prima “Voce” non era un giorno qualunque. Decidemmo di uscire nella festività di San Vincenzo nonostante avessimo solo due settimane per pensare, redarre, impaginare e stampare. Volevamo però che il giornalino nascesse già con una netta vicinanza alle vicende di Cese. Due facciate “a4”, niente di impossibile. Oggi, dopo tre anni, le facciate sono dodici e le uscite trentasei. Ma i numeri contano poco in questi casi, e non avrebbe senso misurare in cifre il legame che “la Voce” e le Cese hanno costruito, imparato, in caso riscoperto. Emerge ogni volta che si attende l’uscita a fine mese, o si richiede una copia cartacea da conservare, o si mostra la collezione di tutte le uscite riposte con cura. Spesso è questa “Voce” a dare ufficialità ad un evento o una ricorrenza, o anche visibilità ad un messaggio. Questa è probabilmente la dimensione più importante che siamo riusciti a costruire: il fatto che oramai questo foglio sia riconosciuto ed apprezzato davvero come la voce del paese, uno spazio di comunicazione, e spesso di riflessione. Nessun’altra pretesa, da tre anni facciamo questo, con impegno e sacrificio, se non altro perché ci crediamo. Qualcuno dirà che c’è poco di titanico e di velleitario in un giornalino di una piccola comunità. Io credo però che si possa lavorare bene, con l’impegno che richiedono le “grandi” cose, se davanti a tutto, all’origine di tutto, c’è un’idea. Probabilmente è il respiro a renderci più grandi, è la consapevolezza di un progetto e mai la mediocrità della routine. Anche perché dietro c’è la stessa speranza che chi semina ripone nei propri gesti faticosi. A volte costa caro, a volte è dura, e vorresti vedere come si sta dall’altra parte del foglio, ma poi realizzi che l’impegno di un progetto vuole tempo, e dedizione, e soprattutto costanza. La voce della gente ti dice che le Cese apprezza questo impegno... e lo merita. Auguri alla Voce. E grazie. IN RICORDO DI ALESSIO Con profonda commozione ho letto gli articoli che avete pubblicato sull’ultimo numero del vostro mensile. A nome mio, di mia figlia Cristina e di mio marito Mario, sento il dovere di ringraziare tutti voi della redazione per la vostra profonda partecipazione e approfitto del giornalino per estendere pubblicamente il ringraziamento indistintamente a tutta la popolazione di Cese per l’affetto dimostrato. Ci è di grande conforto sapere quanti buoni sentimenti Alessio ha saputo suscitare in chi lo ha conosciuto e frequentato nella sua breve vita. Ci piace ricordarlo per quel ragazzo solare e generoso che è sempre stato, sempre pieno di cose da fare. Perchè, come diceva sempre, lui la vita se la godeva. La sua perdita deve essere di insegnamento per tutti. Conosciamo la data della nostra nascita ma a nessuno è dato conoscere l’altra. Nel ricordo di Alessio, facciamo nostra la sua filosofia e viviamo a 360 gradi la vita che ci è dato ancora vivere. Per quanto doloroso possa essere, è nostro preciso dovere farlo, per noi che ci siamo ancora e per Alessio e gli altri che continueranno a vivere solo se noi sapremo onorarli . Grazie a tutti. Di cuore. Maria, la mamma di Alessio RIPENSANDO AL PRIMO MAGGIO
di Vincenzo Mancinelli No no, tranquilli, non vi parlo di un concerto, né del caldo di Piazza San Giovanni, o del numero dei par‐
tecipanti che non coincide proprio mai tra le stime della questura e quelle degli organizzatori... anzi, sapete cosa vi dico? Per quest'anno che c’importa del superconcertone romano: si parte per Collebrincioni, tre macchine e un pick‐up stracarichi di giovani, di voglia di fare e di tanta, ma tanta sana solidarietà marsicana! Io capito sul pick‐up con Alessandro, velocità di punta 81 Km orari e a finestrini rigorosamente chiusi, con noi tutti gli attrezzi di bottega per preparare la cena per l'intera tendopoli: pecora paesana e insalata dell'orto. Il viaggio, bè cosa dirvi: vedevo l'Aquila con gli occhi e le parole di Alessandro, lui il terremoto l'ha vissuto davvero, non a 100 e più km come me, e non vi nego che più si camminava e più il cuore si faceva un pizzico, e il desiderio di arrivare non mi teneva neanche più attaccato alla cintura. Collebrincioni è davvero un bel paesino, la distanza che lo divide dall'Aquila si calcola in natura: boschi e altipiani da quelle parti la fanno da padroni. Il paesino a colpo d'occhio sembrava presentarsi benone, ma l'immagine di centinaia di tende blu adagiate in quello che una volta doveva essere un campo da calcio, mi è bastata per farmi ricredere tanto sui danni quanto sulla paura. Ci mettiamo di corsa all'opera... che squadra ragazzi, forti davvero, al punto che quel pizzico di imbarazzo che divideva noi e loro si cancella con un colpo di spugna, e così via a far chiacchiere con i nuovi amici, feli‐
cissimi della nostra presenza e dell'affetto dimostato tanto dal nostro paese, quanto dalle associazioni rap‐
presentate: la Pro Loco e la Rete. Chi si occupa di una cosa, chi di un'altra, chi con bravura e chi con malde‐
stria, basta poco e il calore del fuoco e i profumi di carne alla brace invadono il campo; nella tenda della mensa c'è posto proprio per tutti, speriamo solo che i lupi non scendano a farci visita. I complimenti per la bontà della cena e per la gentilezza dimostrata sembravano non finire mai, e la cosa ancora più affascinante e che complimenti del genere sono quelli che colpiscono nel segno, perché carichi del profumo dell'onestà. Si sistema alla buona la cucina da campo e si procede con la serata, e come nella migliore tradizione qual è il denominatore comune per un buon Abruzzese? Il Montepulciano... Mamma quanti "vicchieri", per dirla alla collebrincionese; e mentre il campo si preparava per la notte ecco arrivare la prima e unica nota di demerito per gli amici volontari: Cese esce sconfitta su campi di gioco di cruciale importanza per le radici popolari: sonore batoste registrate nella morra e nel biliardino. Si fa tardi, anzi tardissimo, ed è ora di riposare anche per noi, alcuni ci salutano per tornare a Cese, noi ci accomodiamo in una di quelle tende blu sistemata ad hoc per ospitarci e tocchiamo con mano la triste realtà di non aver un vero tetto sulla testa. Io ho la fortuna di riposare alla grande, il resto della tribù la sfortuna di esser capitato in tenda con me, maestro di epiche russate notturne, ma, come dire, anche nella sfortuna si prende quel poco di buono che si trova: sono il primo a svegliarmi e ad uscire dalla tenda concedendo ai miei amici un'oretta di sogni tranquilli. Esco dalla tenda a testa bassa ripensando alle "panocchie" subite alla morra della sera prima, e mi rendo conto di essere davvero contento: sto facendo una bella cosa, il Volontario, e la cosa ancor più bella è che lo faccio con enorme piacere, perché vedo in queste persone una riconoscenza infinita, chissà per che cosa poi! Ci rimettiamo all'opera e la cucina torna ad essere il nostro palcoscenico... io così tanti "quagliatéjji" non li avevo mai visti, si mangia, si sistema e arriva il momento che lascia l'amaro in bocca: i saluti... vabbò questi non ve li racconto, ve li lascio immaginare... Desidererei però concludere con un saluto a tutti i presenti a Collebrincioni e a tutti i cesensi che, seppur non fisicamente, sono stati comunque con noi in questa meravigliosa iniziativa, e mi sento in dovere di rivolgere un saluto ancor più sincero ai cari amici di Collebrincioni, giovani e anziani, che, contrariamente a quanto potranno mai immaginare, hanno dato a noi una possibilità unica di apprezzare valori che piano piano andiamo sempre più dimenticando... una palestra di vita unica, GRAZIE DI CUORE. 2 Arianna ed Eugenio Cipollone LA FESTA DEGLI ANZIANI Sebbene si sia fatta attendere rispetto al passato, anche quest’anno non poteva mancare la festa degli anziani che si è svolta lo scorso 2 maggio qui a Cese. Circa 70 i presenti tra “fedelissimi”, “new entry” e i ragazzi della Pro‐Loco e dell’Azione Cattolica che ancora una volta si sono impegnati per regalare una bella serata agli anziani del paese. Così, dopo la Messa delle 18:30, tutti al Palentino per far festa insieme! Ovviamente, molti arrivano nel locale con il consueto‐larghissimo‐anticipo che ormai non sorprende più, ma che anzi ci fa sorridere (sebbene ci lasci a stento il tempo di definire gli ultimi dettagli). La serata, allietata da buona musica, è andata avanti tra una portata, un ballo, del buon vino ed un’estrazione della pesca. Fortunatamente tutti contenti!! S’è pensato ad un premio per ognuno e poi i “riconoscimenti” speciali ai presenti: “all’anziana più anziana” (Rosina la falegnama), alla coppia di sposi più longeva (Irta e Giovannino) ecc. Immancabili, durante la cena, gli stralci di racconti, la rievocazione di ricordi che, sulle loro labbra, nei loro occhi, diventano poesia e che puntualmente sono tornati a condire un appuntamento che non è più soltanto tradizione, ma occasione d’incontro, confronto e crescita soprattutto per i giovani coinvolti. E poi… gli aneddoti, le battute, le risate, il sano pettegolezzo… lì a testimoniarci che il loro spirito non si arrende ai piccoli o grandi acciacchi. E ancora… richieste di replicare l’appuntamento entro l’anno, complimenti e benedizioni a noi ragazzi che pensavamo, anche quest’anno, di regalare qualcosa a loro, ed invece eccoli lì, a darci l’ennesima lezione… di “voglia d’incontro”, di senso della comunità, di amore per il paese, di gratitudine, di tempra morale, della vera grandezza che sta nella semplicità. p.s. Chi fosse interessato ad un copia a colori della foto qui riportata può rivolgersi come sempre ad Alfredo. 5‐7 GIUGNO: PELLEGRINAGGIO AL SANTUARIO DELLA SS.TRINITÀ
Per il gruppo a piedi l’appuntamento è Venerdì 5 alle 18:30 davanti la Chiesa di Santa Maria per la benedizione e la partenza. L’autobus partirà invece Sabato 6 alle 5 circa della mattina. Come è consuetudine da più di dieci anni, la Pro‐Loco offrirà il pranzo del sabato ai Prati della Signòra. GIOVEDÌ 4 GIUGNO: “GLI ANGELI DELLA MARSICA” Luigi Cellini di Trasacco, Rossella Ranalletta di Celano ed Alessio, i tre giovani marsicani che hanno perso la vita nel terremoto dell’Aquila, saranno ricordati con una cerimonia commemorativa in piazza Risorgimento ad Avezzano il prossimo giovedì 4 Giugno. Alle 17 sarà celebrata una messa a suffragio in cattedrale; alle 18 avverrà la consegna delle lauree “ad memoriam” da parte del professor Ferdinando Di Orio, Rettore dell’Università dell’Aquila. Alle 18.30 poi un concerto di gruppi musicali locali. 3
Sonnà nonn‐è proebbito ‐ di Lorenzo Cipollone SANTO MIDDIO MI’! ‐ E chi ci resalle ‘ncima?! ‐ Ma pecché, ancora v’addorméte fòre, dentro la machina? Cérto che ‘nsu‐lle‐mura èste fatto ‘no parcheggio de lusso… ‘mméso la piazza……. lontano dalle casi…… ‐ Fòre nó, ma ‘n‐pianoterra scì. Sémo fatti trè létti alla cocìna e addó’ magnémo, stémo loco, pronti pronti pé’ scappà fòre. ‐ Se tenéte témpo. Ma lo sa’ tu che succète quanno fa jo tarramuto? ‘Ntanto quijo brutto, jo tarramuto pé’ ddavero, vè’ sempre de notte. Facci caso ‘ppó’. La prima cósa che succète è che se nne va la luce e tu non te rénti cunto de gnènte. Quanno arrivi a penzà che sta a ffa’ jo tarramuto, t’arriva ‘na preta ‘n‐capo e te móri. ‐ Ma va ‘ppó’ a quij‐atro‐paeso, te ‘ó’ sta’ zitto o nó?! Non lo viti ca jo sta a ‘mpaurì più tanto de quelo che già è?!. Jo róto, mó era rósso pé’ ddavero, era rósso comme jo fatto che stévano a ddice, e puri pecché, dièce menuti prima, n’atra scòssa j’era cacciati fòre dalle casi. A parlà, però, erano sempre jji stissi. Jo primo, che parlava più de tutti, era quìjo che tenéva ‘na paura che lèvate. Quìjo che ‘gni sera se refritiéva e refritiéva e non era mai l’ora de ìresenne a dormì. E ppò’ s’addorméva a bocc’alla‐porta. E parléva, parléva. L’erano capito tutti che tenéva ‘na tremarella ‘ncórpo, jo ficevano parlà e ppó’ jo refrechévano ‘N atro che, sempre pé’ paura o pé’ fassella passà, s’era létto tante cóse sujji tarramuti, s’era sentite tutte le trasmissiuni e s’era fatto trovà dajji figli ‘no sito de internet e conosceva tutti i tarramuti che facevano ajjo munno. Quanno la moglie ci diceva che ci poteva èsse stata cacche scossa, isso jéva subbito ajjo computer pé’ vete’ addó’ era succéso. Ma loco ancora no’ ci steva gnènte, e allora diceva alla moglie che no, nonn‐era succéso. Po ci stéva quijo che diceva d’èsse fatalista: se atéva succète che s’atéva morì sotto jo tarramuto, che succetésse… isso non se poteva morì ddu’ ‘òte. Pé’ urdimo ci steva jo ‘ngignéro. Quijo che raggionéva, che diceva cómme se dovarrìano costrui le casi, quìjo che diceva a ddó’ ci ss’atéva mette mentri faceva jo tarramuto. E che apperò ‘gni ssera, pé’ sse fa’ coraggio, se repeteva: “Ma proprio i’notte ata fa’, se i’ addimà ata i’ a Roma?… Proprio i’notte ata fa’, che sténco propria stracco?” ‘Nzomma ‘gni ssera se mmentéva ‘na cósa pé’ llo che non poteva èsse che faceva jo tarramuto. ‐ Sénti ‘ppó’, ma comm’è che non rrintri più le machine? Tu t’addórmi ajjo létto e le machine fòre. Ma lo sa’ che, se ffa jo tarramuto, tu te móri e le machine remànono gnòve gnòve? ‐ Ma che sta a dice? È che non me nne tè’ de reméttele ‐ poteva èsse puri lo vero, ma lo rite dejj’atri c’era fatto capì che era proprio quelo che sarrìa succéso, e che isso non c’era penzato. ‐ I ténco le collane de mógliema e jo libretto della posta a ‘na borsetta sott’ajjo coscìno, faccio lésto a pigliàrela e escìmmene. ‐ Ma ‘u’ lo sapete che s’atà fa’ pé’ non se morì sotto le prète ajjo tarramuto? Gnisciuno respose pecché, puri se responnévano ca scì, quìjo non se sarrìa stato zitto e sarrìa ditto ‘istesso quelo che ‘óleva dice. Però ‘sta ‘óta stéva a ddi’ lo vero. ‐ La luce pé’ ddavero se nne va subbito subbito, sarrìa bbóno tené vecino ajjo létto, ‘n‐cima ajjo comodino, ‘na pila. Pó’ corre fòre se té la porta vecino vecino, ma se no’ lla té, non serve a gnénte che curri, non faciarristi ‘n‐tempo a ffa’ gnénte: e ppò èsse che la prèta che ‘olarristi scanzà addó’ te tróvi, te lla va a reccòlle scappènne. Se sta’ ajjo létto, t’atarristi solo ressoppecà e méttete ‘n‐terra, affianco ajjo létto, raggrufiato… a fianco, nó sotto: jo titto che se casca rompe jo létto e te crèpa, se ‘mméce ci sta a fianco, jo létto e jo titto fao capanna e tu te sarvi. Uguale atarrìsti fa’ se te sta a veté la televisione: non t’atarristi mette sotto jo taolino, ma vecino… se tte vè a témpo. ‐ Ma tu ci pénzi che, se puri rrésci a scappà e non te móri, ma la casa te sse lama e soccòva tutto quelo che tè’, te sse lama la stalla e te sse mórono le vacchi, te sse squagliano le machine… puri che remani, che ffa’, addó’ va’? Quanto ji capiscio quiji dell’Aquila quanno se lamentévano. Stevano tutti zitti a sentì. Pó’, a ‘no momento, la moglie de Luiggi, da cantóno, è urlato ajjo marito: ‐ Luì, Luì, vé ppó’, curri, curri ! ‘No rumóro venéva da Santo Rocco, cómme de caccósa che rucichéva e sbatteva de qua e de llà. ‘No rimorchio è sbusciato ‘n‐piazza e è ito a sbatte ‘mbaccia a ‘no muro. “Santo Middio mi’” ‐ ha critàto uno, e jo róto s’è scióto. ‘Ntromenti Luiggi aiutéva la moglie a scannà ‘na pecora, ‘Ntonio, ‘n‐cima ajjo trattoro, biastimènne, ‘éva a recuperà jo rimorchio che ci ss’era sfrenato. Lo)Renzo Ps: Mai comme mò sonnà nonn‐è proebbito. Quisto è jo sónno mi… Cacchetun atro se pò sonnà ‘n’atra cósa. ‘Nzemmia potarrèmmo fa’ ‘no paeso gnóvo… armeno có’ lla fantascìa. 4 L’occhio sul Paese ‐ di Manuela Cipollone OSPITI O CITTADINI? L’IMMIGRAZIONE IN ITALIA TRA STEREOTIPI E REALTÀ Non si fa che parlare di immigrazione negli ultimi tempi. Causa scatenante il passaggio in Parlamento del cosiddetto pacchetto sicurezza e la politica dei respingimenti dei clandestini che provano ad arrivare sulle nostre coste. Scrivo all’indomani delle dichiarazioni di La Russa sull’Unhcr che non conta niente e tutte le polemiche a seguire. Tutti dicono che l’immigrazione è un fenomeno sociale, ma la politica finisce sempre per considerarlo un problema. Che si debba mettere un freno agli ingressi clandestini, che tra l’altro alimentano traffici umani e reati, è più che ovvio. Pensare che “un immigrato che lascia il Darfur non può arrivare in Italia; deve essere il Ciad ad occuparsene” (onorevole D’Amico – Lega Nord – Roma, 13 maggio) mi pare un po’ troppo. Perché chi lascia la propria terra lo fa per trovare un futuro migliore ed ignorare l’esperienza migratoria italiana del ‘900 vuol dire essere miopi. Due anni fa ci sono voluti tre numeri della Voce per pubblicare le pagine del libro degli arrivi di Ellis Island, e solo per Cese! Questo non significa frontiere sempre aperte, ma neanche lasciar morire persone nel Mediterraneo né alimentare nel Paese un risentimento verso tutti gli immigrati, in qualsiasi modo essi siano giunti qui. L’Italia non sarà ancora multiculturale, ma certamente è già multietnica. Mi servo di un dato tragico, se volete. Nel terremoto del 6 aprile scorso che ci ha sconvolto la vita sono morte persone di 14 nazionalità diverse ‐ oltre all’Italia: Argentina, Colombia, Francia, Grecia, Israele, Libia, Macedonia, Moldavia, Perù, Repubblica Ceca, Romania, Ucraina e Venezuela. Nei giorni seguenti al sisma (il 20 aprile) la comunità cinese di Prato ha consegnato 100 mila euro al prefetto affinché li consegnasse alla Protezione civile. La comunità Sikh di Mantova il 4 maggio ne ha raccolti 2 mila. Solo per citare due casi: i primi, membri di una delle comunità oggetto dei luoghi comuni più disparati; gli altri che pochi sanno essere indiani. In ogni caso, persone che hanno avuto a cuore un pezzo d’Italia che magari non hanno mai visto, perché questa oggi è la loro casa. Non sono ospiti, ma cittadini ed è ora che qualcuno se ne accorga. L’alluce verde 16^ puntata ‐ di Roberto Cipollone A volte la prospettiva è molto più importante di un primo piano che tende solo vagamente al protagonismo. Prendete ad esempio il solito cumulo di calcincacci, aggiungete il nero bitumi‐
noso della guaina e riponetelo con cura ai bordi di una strada di campagna, ad esempio tra la pésa ed il fontanile. Risultato: uno sfregio al verde che in primavera alza forte il volume sui piani palentini per coprire l’indifferenza di chi non sa dei propri gioielli. Ora provate a guardare al di là di questa turpitudine, se volete giratele attorno: da una parte vedrete le Cese, con il suo profilo allungato verso la quiete; dall’altra Corcumello, alto sulla roccia che lo difende. E poi ancora quel verde, insistente e testardo, macchiato solo da un piccolo foro alle pendici di monte Girifalco... la località è ignota ai più, ma nota ai furbi come Trasolero. Il nome non mi è nuovo, anzi ho imparato a temerlo negli ultimi mesi, e sulla sua scia è nato anche un comitato che dei piani palentini porta il nome. Se vi state chiedendo quando arriverò al punto, la risposta è: adesso. Come scrivevo poco sopra, a volte la prospettiva è primaria: in tale senso, non pensiate che il Comitato si sia arenato nelle lungaggini della burocrazia, o peggio che la determinazione si sia persa tra le strade dei borghi palentini, soltanto perché sembra apparentemente quiescente. Il silenzio in primo piano rimanda ad una visione ben più importante, ed attiva, e presente, e talmente delicata da richiedere soprattutto discrezione. Nessuno si è dimenticato di quel piccolo foro, tantomeno chi di questo verde conosce il valore. Bisognerebbe piuttosto ricordarlo ogni tanto a chi vuole spacciare le discariche per siti altamente tecnologici, innovativi ed economicamente positivi per tutti… la vera innovazione non è quasi mai davanti agli occhi, ma nella strada lunga in prospettiva. Tipo 2020. Tipo riciclo. Tipo rifiuti zero. E il giro continua… Ritiro gratuito RIFIUTI INGOMBRANTI Comune di Avezzano: 0863‐501243 / ACIAM 0863‐444261
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23 MAGGIO 2009
LA RETE CON GLI ARTISTI AQUILANI A CESE La Pro Loco di Cese e l'Associazione Sinfasò all'interno del progetto denominato La Rete hanno realizzato una festa‐concerto con "Artisti Aquilani Onlus", un gruppo di associazioni e di artisti aquilani che si è formata subito dopo l’evento sismico come forma spontanea di collaborazione e di operatività per le vittime del terremoto. La serata ha visto l'esibizione dal vivo di due gruppi musicali, rispettivamente i Mani e Piedi Funk di Scurcola Marsicana e Ska‐Ba‐Wow di Perugia. Il primo nato all'interno della sala prove nella struttura dei campi di calcetto di Scurcola, gestita dall'Ass.Mani e Piedi, struttura che grazie all'impegno dei ragazzi sta crescendo sempre di più diventando un vero e proprio spazio aggregativo. Il secondo non ha bisogno di presentazioni, andateli a vedere dal vivo. Entrambi i gruppi e la Special Events di Sora, che ha garantito il service per l'intera serata hanno contribuito in maniera gratuita. Il momento più significativo della serata è stato l'intervento degli Artisti Aquilani che mendiante un video informativo ed una performance teatrale hanno regalato un contributo importantissimo alle persone presenti. La Rete ha anche messo a disposizione grazie all'Ass. Arzibanda, la Biblioteca Popolare Itinerante. Il ricavato della vendita dei fumetti e dei libri è stato ovviamente devoluto agli Artisti Aquilani. La festa ha registrato una presenza di circa 400 persone e la somma che verrà devoluta agli Artisti Aquilani è di circa 1.500 euro. Sul sito della Rete troverete a breve la copia del versamento da noi effettuata. Riportiamo uno stralcio della lettera che gli Artisti Aquilani ci hanno inviato.... "Un breve messaggio dedicato agli amici della Rete. Un terremoto, un salto nel buio, in caduta libera verso il domani… ma La Rete ci sostiene. Cari amici, il nostro impegno nei campi non si spegne mentre si sono spenti i riflettori sulla vicenda aquilana. Continueremo imperterriti a lottare per rimanere qui tra mille difficoltà sapendo che ci siete vicini. La nostra terra ha bisogno di rinascere a nuova vita e noi insieme a lei…" Questo quindi non è un resoconto per dimostrare che qualcosa è stato fatto ma uno spunto a continuare.... Un ringraziamento particolare a (in ordine sparso): Pro Loco di Cese, Bar della Pro Loco, Ass. Mani e Piedi, Skabawow, Special Events, Skat, Ass. Arzibanda, Valerio "Nannarè" Montaldi, Gigi De Vincentis (fonico), Fondazione Parada, Marsica Site, Artisti Aquilani Onlus, PopAct, Ass.Sinfasò, Daniele De Blasis e Giampaolo Piccinini (Spot Radiofonico), Radio Onda Rossa, Maicol Palumbo (Radio Monte Velino), Ferdinando Mercuri (Il Tempo), Il Centro, Sipario, Marsicanews.it, Marsicanews.com, TerreMarsicane.it, Cantina Cooperativa del Fucino, tutte le associazioni aderenti all'iniziativa, il pallone di Birrone, le danze di Mauro Budda e a tutti coloro che hanno contribuito all'ottima riuscita dell'evento, in particolare ai ragazzi della Pro Loco di Cese. Infine, un ringraziamento speciale a tutti coloro che sono stati insieme la sera del 23 Maggio, condividendo con noi un’idea e trasformandola in momento di cultura ed impegno. Valerio “Ziege” Iacoboni ‐ la ЯETE 6 LA SIBILLA di Roberto Cipollone Questo è uno di quei moti nostalgici che a tratti fanno risalire, salvo poi ritrovarsi sconsolati a fondo pagina. Non è questo l’intento; se ce n’è uno, oltre al ricordo, è solo lo spunto a riprendersi tutto, o quanto più tutto possibile, ché certe cose non sono perse per sempre. Nostalgia intima, della mia generazione, di quando a Cese c’era la rivoluzione di dig‐dug, e le corse in bianco e nero a quattro marce, e folle in piedi sulle sedie (acchiapó le sègge mé!) per intravedere il mitico quadro 99 di tetris, e se credevi di essere un campione dovevi dimostrarlo, soprattutto a Zaccaria. Di quando chi era figo poteva giocare a carambola o fumare spavaldo con i piedi sul biliardo, e chi era meno figo sudava partite inverosimilmente lunghe al biliardino. Gli altri come me sognavano il piano superiore di Elide, ancora sfuggito alla censura, come un paradiso di libertà ed impudenza. Il rock‐ola suonava i sultani dello swing, le storie di tutti i giorni di Riccardo Fogli e poi “Lemon Tree” fino allo sfinimento. Di quando la domenica dopo la messa era cruciale una partitina a cché Lina, due pezzi da 100, la fila e poi il suono minaccioso dell’oh‐ryu‐ken. E il tavolo del ping‐pong sempre troppo grande per quella stanza, la linea del telefono e la cabina che sembrava rubata a Clark Kent. La gassosa Sabatini col vuoto a rendere. Di quando per permetterti il magnifico dovevi aspettare la festa, e tutti gli altri giorni dovevi farti bastare le 400 lire del freddolone, e quello all’amarena finiva sempre subito. Di quando il monumento ai caduti era un obbrobrio stilistico di cemento, ma almeno i nomi c’erano ancora, e il campo obliquo tra la porta della chiesa e la serranda aveva intorno i suoi quattro alberi. Poco prima era l’asilo, la porta fatta coi sassi anche quando la strada era tranciata dalla ghiaia, le partite epiche al freddo in nome della sibilla e poi della pejo, ché a Maddalena costava meno. Ma la sibilla era un’altra cosa. Le gomme a proiettile di Lidia dal sapore svanito al terzo secondo, i biglietti da due tratte da Giovannina, poche cose sugli scaffali, pizze a tempo determinato alla pro‐loco. La tintoria “Sole”, il clacson sgraziato del camioncino di Tonino. Di quando avevamo ancora l’asilo per la scuola di musica e le prove della banda il venerdì sera, i pannelli di polistirolo verde, “Cuore abruzzese” sempre troppo sforzato e l’invocazione della pausa, all’ultimo piano. Di quando alla piazzetta dejj’aseni i Verginelli e gli Axo 13‐17 mettevano a dura prova le rose di zia Lina. Il campo in salita è di certo una delle invenzioni più belle di questo paese. Come la 126 verde‐oliva con altoparlante incorporato, e soprattutto, al di là di ogni confronto, il suono stridulo della vespetta rossa (prima bianca), jo banno, “cittadini di Cese”. Come la golf bianca e la jatta, le mani immense ed un affetto trasversale agli anni. Le meluzze alla scuola elementare, la guerra sulla montagna, la paura del cimitero di notte, schiaccia‐
sette. Prima ancora erano state le giornate intere all’ara, orario pieno 9‐12:30 e 14:30‐20:00, le taniche d’acqua su una 127 magica, quando l’ara era ancora di tutti e vedeva i grandi dividersi tra il bianco e l’azzurro, il verde, l’arancio delle maglie odorose. Il camioncino dei gelati direttamente da Corcumello. Nostalgia di quando le case del corso non erano così vuote, e via San Sebastiano era quasi campagna, e in piazza avevano già suonato i Nomadi e il Banco del Mutuo Soccorso. Quell’anno che per riuscire a vedere gli Stadio in mezzo al mare di gente siamo dovuti salire sul terrazzo di Giuanni e Maria de Casciaro... Poi sarebbe stato il sogno di trovare un angolo sulle scalette, la gerarchia dei posti sulla corriera che segnava il diventare grandi, il giro dello stop, i pellegrinaggi a piedi a Corcumello, l’autostop per la festa a Magliano o a Capistrello, nascondino alla porta della chiesa, dall’altra parte persino il presepe a Natale. Alcune cose ti restano attaccate più di altre, la mia generazione non era di certo solo questo, ed ognuno si racconta ogni tanto la propria nostalgia con immagini, frasi e persone diverse. I ragazzi più vecchi di me avranno altre storie, altre immagini, personaggi e luoghi che attraversano un’età di assuefazione estrema, “quando occupare una sedia era più importante che occupare una poltrona”. Quelle immagini sono forse l’ultima icona del romanticismo che solo un paese può mantenere, mentre tutto diventa a dimensione di macchina e non più di uomo, mentre ci recintiamo dentro casa. I ragazzi prima di me hanno visto questo paese cambiare faccia, chiudersi le scuole vecchie prima dell’asilo, prima delle suore, hanno fatto in tempo a tuffarsi alla Rafia ‘elle Rottélle, a ballare nei circoli. Quelli dopo di me hanno ancora vive le proprie immagini, i ragazzi di oggi se le stanno costruendo pur senza saperlo. Ma lungo tutte le generazioni passa il filo comune di un paese che ad un tratto ti appartiene, perché ci sono luoghi, momenti e parole che nessun altro sa, che nessuno può prenderti, ché solo tu li ha visti, vissuti, odiati, amati, scordati, rimpianti in quel modo. Il bello è che certe cose non sono perse per sempre. 7
Pagine d’Abruzzo ‐ di Roberto Cipollone BENEDETTO CROCE E IL MANIFESTO DEGLI INTELLETTUALI ANTIFASCISTI Benedetto Croce e il fascismo: un tema ampiamente dibattuto e ricco di spunti interessanti. Sebbene l’atteggiamento iniziale di Croce nei riguardi del fascismo fosse stato quantomeno ambiguo, con il Manifesto degli Intellettuali Antifascisti (pubblicato su “Il Mondo” il 1° Maggio 1925, in modo che anche la data ‐ festa del lavoro ‐ rispondesse alla pubblicazione ‐ nel giorno del Natale di Roma ‐ del Manifesto degli Intellettuali Fascisti) egli superò la posizione di attesa, a volte benevola, sino ad allora tenuta. Nel 1924 aveva infatti inquadrato il movimento fascista come “un ponte di passaggio per la restaurazione di un più severo regime liberale”, affermando: «Bisogna dar tempo allo svolgersi del processo di trasformazione del fascismo». Il Manifesto (qui riportato in buona parte) sancì così la rottura definitiva col fascismo da parte del filosofo pescasserolese, che aveva precedentemente votato in Senato la fiducia al governo di Benito Mussolini. La proposta di redigere il testo venne fatta a Croce da Giovanni Amendola: «Dopo l'indirizzo fascista, noi abbiamo il diritto di parlare e il dovere di rispondere. Sareste disposto a firmare un documento di risposta che potesse avere la vostra approvazione? E, in caso, vi sentireste di scriverlo voi?». Rispose Croce il giorno dopo: «Mio caro Amendola... l'idea mi pare opportuna. Abbozzerò oggi stesso una risposta, che a mio parere dovrebbe essere breve, per non far dell'accademia e non annoiare la gente». Il Manifesto crociano trovò così tra gli intellettuali del tempo non poche adesioni, riconosciute dalla stessa stampa fascista come "più autorevoli”. Tra tutti i firmatari si ricordano: la Aleramo, Amendola, Einaudi, Montale, Salvemini e la Serao, testimoni e partecipi di una lucida risposta saggia. “[...] E, veramente, gl'intellettuali, ossia i cultori della scienza e dell'arte, se come cittadini, esercitano il loro diritto e adempiono il loro dovere con l'ascriversi a un partito e fedelmente servirlo, come intellettuali hanno solo il dovere di attendere, con l'opera dell'indagine e della critica, e con le creazioni dell'arte, a innalzare parimenti tutti gli uomini e tutti i partiti a più alta sfera spirituale, affinchè, con effetti sempre più benefici, combattano le lotte necessarie. Varcare questi limiti dell'ufficio a loro assegnato, contaminare politica, letteratura e scienza, è un errore, che, quando poi si faccia, come in questo caso, per patrocinare deplorevoli violenze e prepotenze e la soppressione della libertà di stampa, non può dirsi neppure un errore generoso. [...] Chiamare contrasto di religione l'odio e il rancore che si accendono da un partito che nega ai componenti degli altri partiti il carattere d'italiani e li ingiuria stranieri, e in quest'atto stesso si pone esso agli occhi di quelli come straniero e oppressore, e introduce così nella vita della Patria i sentimenti e gli abiti che sono propri di altri conflitti; nobilitare col nome di religione il sospetto e l'animosità sparsi dappertutto, che hanno tolto perfino ai giovani dell'Università l'antica e fidente fratellanza nei comuni e giovanili ideali, e li tengono gli uni contro gli altri in sembianti ostili: è cosa che suona, a dir vero, come un'assai lugubre facezia. In che mai consisterebbe il nuovo evangelo, la nuova religione, la nuova fede, non si riesce a intendere dalle parole del verboso manifesto; e, d'altra parte, il fatto pratico, nella sua muta eloquenza, mostra allo spregiudicato osservatore un incoerente e bizzarro miscuglio di appelli all'autorità e di demagogismo, di professata riverenza alle leggi e di violazione delle leggi [...] E, se taluni plausibili provvedimenti sono stati attuati o avviati dal governo presente, non è in essi nulla che possa vantare un' originale impronta, tale da dare indizio di un nuovo sistema politico, che si denomini dal fascismo. Per questa caotica e inafferrabile "religione" noi non ci sentiamo, dunque, di abbandonare la nostra vecchia fede: la fede che da due secoli e mezzo è stata l'anima dell'Italia che risorgeva, dell’Italia moderna; quella fede che si compose di amore alla verità, di aspirazione alla giustizia, di generoso senso umano e civile, di zelo per l'educazione intellettuale e morale, di sollecitudine per la libertà, forza e garanzia di ogni avanzamento. Noi rivolgiamo gli occhi alle immagini degli uomini del Risorgimento, di coloro che per l' Italia patirono e morirono, e ci sembra di vederli offesi e turbati in volto alle parole che si pronunziano e agli atti che si compiono dai nostri italiani avversari, e gravi e ammonitori a noi perchè teniamo salda in pugno la loro bandiera. [...] Perfino il favore, col quale venne accolto da molti liberali, nei primi tempi, il movimento fascistico, ebbe tra i suoi sottintesi la speranza che, mercè di esso, nuove e fresche forze sarebbero entrate nella vita politica, forze di rinnovamento e (perché no?) anche forze conservatrici. Ma non fu mai nei loro pensieri di mantenere nell'inerzia e nell' indifferenza il grosso della nazione, appagandone taluni bisogni materiali, perché sapevano che, a questo modo, avrebbero tradito le ragioni del Risorgimento italiano e ripigliato le male arti dei governi assolutistici e quietistici. Anche oggi, né quell' asserita indifferenza e inerzia, né gli impedimenti che si frappongono alla libertà, c'inducono a disperare o a rassegnarci.[...] Quel che importa, è che si sappia ciò che si vuole e che si voglia cosa d' intrinseca bontà. La presente lotta politica in Italia varrà, per ragione di contrasto, a ravvivare e a fare intendere in modo più profondo e più concreto al nostro popolo il pregio degli ordinamenti e dei metodi liberali, e a farli amare con più consapevole affetto. E forse un giorno, guardando serenamente al passato, si giudicherà che la prova che ora sosteniamo, aspra e dolorosa a noi, era uno stadio che l' Italia doveva percorrere per rinvigorire la sua vita nazionale, per compiere la sua educazione politica, per sentire in modo più severo i suoi doveri di popolo civile.” 8 ASS. DANILO FIORINI ‐ POSTA FIBRENO (FR) PAROLE IN VERSI CONCORSO FOTOGRAFICO “SECONDO TROFEO GRIECONE” IL CIBO DELL’AMORE Riceviamo e pubblichiamo la bella iniziativa culturale degli amici dell’Associazione “Danilo Fiorini” di Posta Fibreno. L’Associazione Danilo Fiorini e l’Associazione Fotografica Frosinone organizzano il concorso fotografico nazionale per immagini digitali “Secondo Trofeo Griecone” raccomandazione FIAF n° 2009Q01. La partecipazione è aperta a tutti i fotoamatori dilettanti o professionisti residenti in Italia i quali devono essere proprietari di tutti i diritti delle immagini presentate; al concorso vi si partecipa con opere digitali o digitalizzate (negativi, stampe o diapositive scansite o rifotografate). Il concorso si articola in due sezioni: SEZIONE A a tema obbligato “Fotografia di strada” max 4 opere indifferentemente a colori o in bianco/nero. Per Fotografia di Strada si intende un’istantanea della vita urbana osservata per strada nella sua quotidianità e nei suoi molteplici aspetti: l’ironia, la tragedia, l’imprevedibilità, la bellezza, la crudeltà, ecc.. SEZIONE B a tema libero max 4 opere indifferentemente a colori o in bianco/nero. Le immagini partecipanti alla manifestazione dovranno essere inviate su supporto digitale (CD, DVD, ecc) insieme alla scheda di partecipazione e alla ricevuta della quota di partecipazione al seguente indirizzo: Associazione Danilo Fiorini, C.da Tagliata, 14 – 03030 Posta Fibreno (FR); tali supporti (CD, DVD, ecc.) non verranno restituiti. La quota di partecipazione è fissata in € 20,00 per partecipante, per i soci FIAF e ADF tale quota è ridotta a € 15 e per i giovani al di sotto dei 29 anni (ovvero i nati dopo il 31/12/1979) è ridotta ulteriormente a € 10,00, ed essa comprende la partecipazione a una o tutte e due le sezioni con un numero massimo di 4 immagini per sezione (per un totale di 8 immagini per tutte e due le sezioni). La quota può essere versata tramite bonifico al conto intestato a “ASSOCIAZIONE DI VOLONTARIATO DANILO FIORINI” ‐ PRESSO LA BANCA DEL CREDITO COOPERATIVO DI ROMA SEDE DI SORA ‐ IBAN: IT 06 A 08327 74600 000000000442 ‐ oppure nel modo che si ritiene più opportuno (vaglia, assegno, ecc.). L’accettazione delle opere e l’assegnazione dei premi avverranno ad indiscutibile giudizio della Giuria che sarà insindacabile ed inappellabile. Con l’invio delle opere i diritti di tutte le immagini accettate e premiate sono concessi ad uso gratuito agli organizzatori della manifestazione i quali si impegnano a farne un uso corretto ed inerente alla manifestazione stessa senza scopi di lucro e ciascun autore autorizza il trattamento dei propri dati, con mezzi informatici e non, da parte delle associazioni organizzatrici per lo svolgimento degli adempimenti inerenti al concorso e alla pubblicazione. PREMI SEZIONE A tema obbligato “Fotografia di strada”: 1° premio € 400,00 2° premio € 200,00 3° premio € 100,00 ‐ SEZIONE B tema libero: 1° premio € 300,00 2° premio € 150,00 3° premio € 50,00 ‐ Premio speciale “Danilo Fiorini” per la migliore opera in bianco/nero: N° 1 targa […] CALENDARIO Termine presentazione immagini digitali‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐02 giugno 2009 Risultati su www.associazionedanilofiorini.it ‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐14 giugno 2009
Esposizione opere‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐19, 20 e 21 giugno 2009 Premiazione‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐21 giugno 2009 Per maggiori info: Massimo 338/3379414 ‐ Antonio 347/7573633 www.associazionedanilofiorini.it ‐[email protected] di Berardino Rantucci Tu dammi il vuoto e io lo riempirò Tu dammi il fuoco e io lo spegnerò Tu dammi il buio e io ti darò la luce Tu dammi il cuore e io ti darò l’anima Tu dammi l’albero e io ti darò le foglie Tu dammi un ruscello e io ti darò un fiume Tu dammi un lago e io ti darò il mare Tu dammi una campana e io la suonerò Tu dammi il suono e io lo ascolterò Tu dammi lo sguardo e io lo rapirò Tu dammi la mano e io le unirò Tu dammi le labbra e io le bacerò Tu dammi un fiore e io lo annuserò Tu dammi la tua ferita e io la guarirò Tu dammi te stessa e io ti rispetterò Tu dammi il tuo nome e io lo scolpirò Tu dammi il tuo volto e io lo dipingerò Tu dammi il tuo pensiero e io mi stupirò Tu dammi l’onore e io ti renderò nobile Tu dammi l’amore e io lo conserverò. 9
Giochi e relax
PER I GRANDI Quiz sulle Cese PER I PIÙ PICCOLI
Colora seguendo la tabella. Se non trovi il colore associato al numero puoi aiutarti con i suggerimenti in basso. 1= light green 2= dark green 3= red 4= pink 5= orange 6= yellow 7= purple 8= brown 9= white 10= light blue 1. Negli Statuti trecenteschi di Avezzano è riportato un “pesculo castrj veterj” (incastellamento di Pietraquaria), posto a controllo degli insediamenti palentini di: a) Cese e Corcumello b) Cese e San Basilio c) Cese e Scurcola 2. Nel 1732 il comune di Capistrello aveva concesso al paese di Cese: a) Il diritto di cacciare per 20 anni b) Il diritto di far legna per 10 anni c) L’uso del proprio forno pubblico 3. Maturano prima delle altre ciliegie:
a) Le acquaròle b) Le primaròle c) Le petaròle 4. Il 28/5/1889 il Consiglio comunale ripartiva i consiglieri spettanti per legge tra Avezzano e Cese con: a) 18 ad Avezzano e 2 a Cese b) 10 ad Avezzano e 10 a Cese c) 16 ad Avezzano e 4 a Cese 5. Secondo un detto popolare, “... ‘ n anno de reccòta se nne va” . a) Se de Giugno callo non fà b) Se de Maggio non pó annacquà c) Se raneréa alla Trinità 6. I centri di Cese ed Avezzano distano in linea d’aria: a) 3,2 km b) 4,6 km c) 6,4km 7. Sono zone contigue della campagna:
a) “Santo Basile” e “Fonte Staccino” b) “I Caùni” e “Le Casélle” c) “I Quarti” e “La Màina” L’origine di detti ed espressioni ‐ lettera A ANDARE A CANOSSA L'espressione significa "umiliarsi, piegarsi, ritrattare, ammettere l’errore, fare atto di sottomissione". Canossa è infatti il castello della contessa Matilde di Toscana dove nel 1077 l'imperatore Enrico IV di Svevia, per ottenere la revoca della scomunica da cui era stato colpito, si umiliò davanti al Pontefice Gregorio VII. In quella occasione l'imperatore Enrico IV attese per tre giorni e tre notti, scalzo e vestito solo di un saio, prima di essere ricevuto e perdonato dal Papa. ANDARE IN BRODO DI GIUGGIOLE In riferimento al contenuto zuccherino delle giuggiole, frutto commestibile, il proverbio viene usato per indicare chi prova, per merito proprio o di altri, la dolcezza di un forte godimento. ALLE CALENDE GRECHE L’espressione significa sostanzialmente “mai”. La frase "ad kalendas graecas soluturos" è attribuita da Svetonio, all'imperatore Augusto in relazione a debiti o tributi che non sarebbero stati mai pagati. Le "kalendae" (il 1° di ogni mese) esistevano infatti solo nel calendario romano e non in quello greco, dunque l'espressione è propria di chi sa di non potere ottenere ciò che gli è dovuto da altri, oppure di non poter raggiungere lo scopo prefissato in tempi stimabili. ALL’ORA CANONICA Le ore canoniche sono un'antica suddivisione della giornata sviluppata nella chiesa cristiana per la preghiera in comune, detta anche "ufficio". Questa pratica liturgica deriva dall'uso ebraico di recitare preghiere, in modo particolare i salmi del salterio, ad ore prestabilite. Il detto "all'ora canonica" viene dunque usato per indicare il tempo fissato per qualunque operazione o faccenda da compiere in un determinato momento. 10 "La stanza dei segni" di Elvio Cipollone Dal romanzo SCENA n° 5 LA FESTA DA BALLO La serata andò avanti fino alla mezza notte, finì che Peppino e Lisetta fecero coppia fissa mentre gli altri quattro ballavano ogni tanto ma senza il coraggio o la spinta sufficiente a far succedere qualcosa di più. Fabio ne fu contento ugualmente, a lui interessava stabilire un primo contatto, avviare, come che sia, una qualche relazione con quelle ragazze per poi passare con metodo e perseveranza a corteggiare Cecilia. Ma non era un tipo che andava di fretta, non aveva l'urgenza di bruciare subito, come Peppino. La strada era tracciata, l'importante era avviarsi. Per Alduccio, il più complicato del gruppo, contentezza e frustrazione si mescolarono in un labirinto inestricabile e senza futuro. Percepiva flebile la voce del cuore che gli parlava di Cecilia, gli diceva che in lei c'era qualcosa di speciale che lo riguardava in un modo o nell'altro. Però non ebbe la sfrontatezza o l'ardire di interrogarla a proposito, di proporsi interlocutore di quel sentimento. La paura di riceverne un rifiuto, di sentirsi dire che s'era sbagliato, che non era vero niente o, peggio, di essere deriso e sbeffeggiato, era talmente forte da renderlo inerme. Gli sarebbe piaciuto avere maggiore confidenza con Cecilia e col suo sorriso che parlava direttamente al cuore, ma esporsi in prima persona gli era praticamente impossibile. La paura di essere respinto pesava troppo, era pieno delle cicatrici di simili ferite e anzi di qualcuna il sangue, ancora non rappreso, risaliva goccia a goccia nella bocca facendogli masticare un amaro sconfinato. Meglio non esporsi a possibili tormenti che avrebbero riaperto le porte alle sofferenze devastanti dell’infanzia. Meglio odorare i fiori che si offrivano lungo la strada, annusarli senza nemmeno il gesto di allungare la mano per doverli cogliere. A mezzanotte esatta le ragazze salutarono ed uscirono per tornarsene a casa senza dare nell'occhio. Il gruppo dei tre amici fece fatica a ricomporsi. Peppino con il petto gonfio del successo riportato, Fabio moderatamente soddisfatto per l'avvio del sospirato percorso di avvicinamento e Alduccio contento per avere finalmente stretto tra le braccia un corpo di donna, ma inspiegabilmente triste per non aver potuto dire e fare quello che avrebbe voluto. "Che faccia!”, lo apostrofò Peppino. “Metti un bicchiere e andiamo a fare due passi”. Fabio riempì i bicchieri che tintinnarono in un colpo solo e tracannarono in un baleno fino all'ultima goccia. Si coprirono, accesero un'altra sigaretta e uscirono. Il paese era avvolto da un buio d'altri tempi. Un buio che non esiste più in nessun anfratto del mondo. Un buio nitido con le stelle fredde a miliardi nel cielo e un silenzio che lascia spazio a echi lontani di rincorrersi di cantone in cantone come deboli rimbombi di vita rinchiusa. Il rumore dei loro passi batteva il tempo della passeggiata e il gelo cominciava a mordere. "Beh ragazzi”, fu Peppino a lanciare per primo la voce nello spazio vuoto che li avvolgeva, “bisogna festeggiare”. 11
Il paese visto dall’ “Ara” Comm’era: anni ’70, campagna saccarifera. Com’è: Maggio 2009
Il prossimo numero de “La Voce” uscirà Domenica 28 Giugno 2009. Chi è interessato può consegnare gli articoli o inviarli a [email protected] entro il 21 Giugno. Articoli e rubriche curati da Arianna, Elvio, Eugenio, Lorenzo, Manuela e Roberto Cipollone, Maria Cosimati,
Valerio Iacoboni, Vincenzo Mancinelli e Berardino Rantucci. Grazie ad Alfredo e Adele per le foto ed ai “consulenti” per il prezioso supporto. Per informazioni, proposte, commenti e suggerimenti scrivete a: Redazione “La Voce delle Cese”, Pro Loco Cese dei Marsi, Via C.Cattaneo 2, 67050 Cese di Avezzano (AQ) oppure a: [email protected]. Sito web: www.lavocedellecese.it . 
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Numero 36