Verga “scrittore di transizione” (Luperini) LUOGHI TEMPI CORRENTI DI RIFERIMENTO OPERE PRINCIPALI (NON TUTTE!) Catania 1840-1869 Letteratura patriottica(con risorgimentale interruzioni) Amore e patria (1857) I carbonari della montagna (1861-62) Sulle lagune (1863) Firenze 1865, poi 1869-1872 Narrativa ‘sociale’ e letteratura “campagnola”[*] Una peccatrice Storia di una capinera Milano I fase 1872-1877 Scapigliatura Eva (1873) Nedda (1874) [*] Tigre Reale (1875) Eros (1875) Milano II fase 1877-1893 Naturalismo francese -> Verismo Vita dei campi (1880) I Malavoglia (1881) Novelle Rusticane (1883) Per le vie (1883) Mastro Don Gesualdo (1889) Pro-memoria sulla “letteratura campagnola” La letteratura ‘campagnola’, o ‘rusticale’, aveva trovato il suo manifesto in una celebre Lettera pubblicata sulla «Rivista Europea» di Milano nel 1846 (cioè sei anni dopo la seconda edizione dei Promessi Sposi), e indirizzata da Cesare Correnti a Giulio Carcano. La Lettera si intitolava appunto Della letteratura rusticale e conteneva un invito agli scrittori (da parte del cattolico-liberale Correnti) ad assumere come oggetto del proprio narrare la condizione dei contadini, spesso miserrima, e con questo ad incoraggiare nel pubblico borghese atteggiamenti di compassione pietosa e di filantropia. Gli autori più impegnati in questo progetto furono in Italia Francesco dell’Ongaro, Caterina Percoto, Giulio Carcano e – il più famoso oggi – Ippolito Nievo (1855: La nostra famiglia di campagna; 1857: Il conte pecoraio). Pro-memoria sulla Scapigliatura Come la Bohème in Francia, la Scapigliatura non fu scuola, né movimento organizzato, ma una corrente artistico letteraria, che univa individualità diverse in un doppio rifiuto: 1. estetico: di ogni canone riconducibile al romanticismo 2. ideologico: dei tipici valori borghesi. Personalità di riferimento: Giuseppe Rovani, Carlo Tenca, Igino Ugo Tarchetti, Arrigo Boito, Camillo Boito, Emilio Praga, Carlo Alberto Pisani Dossi Sedi editoriali più importanti: le riviste «Il Crepuscolo», «Cronaca grigia», «Rivista minima». Tematiche predilette: anticonformismo, antimilitarismo, malattia (anche come portato di una condizione di vita misera e degradante) Costanti formali: sperimentalismo linguistico, con il recupero, antimanzoniano, di voci popolari e dialettali; mescidanza di registri (contro il progetto di una lingua nazionale ‘letteraria’) Cletto Arrighi, La Scapigliatura e il 6 febbraio (1859), Introduzione In tutte le grandi e ricche città del mondo incivilito esiste una certa quantità di individui di ambo i sessi, fra i venti e i trentacinque anni, non più; pieni d'ingegno quasi sempre; più avanzati del loro tempo; indipendenti come l'aquila delle Alpi; pronti al bene quanto al male; irrequieti, travagliati,... turbolenti – i quali – o per certe contraddizioni terribili fra la loro condizione e il loro stato – vale a dire fra ciò che hanno in testa e ciò che hanno in tasca – o per certe influenze sociali da cui sono trascinati – o anche solo per una certa particolare maniera eccentrica e disordinata di vivere – o, infine, per mille altre cause, e mille altri effetti, il cui studio formerà appunto lo scopo e la morale del mio romanzo – meritano di essere classificati in una nuova e particolare suddivisione della grande famiglia sociale, come coloro che vi formano una casta sui generis distinta da tutte le altre. Questa casta o classe – che sarà meglio detto – vero pandemonio del secolo; personificazione della follia che sta fuori dai manicomii; serbatoio del disordine, della imprevidenza, dello spirito di rivolta e di opposizione a tutti gli ordini stabiliti; – io l'ho chiamata appunto la Scapigliatura. G. Verga, prefazione a Eva (1873) Eccovi una narrazione – sogno o storia poco importa – ma vera, com'è stata e come potrebbe essere, senza retorica e senza ipocrisie. Voi ci troverete qualcosa di voi, che vi appartiene, che è frutto delle vostre passioni, e se sentite di dover chiudere il libro allorché si avvicina vostra figlia - voi che non osate scoprirvi il seno dinanzi a lei se non alla presenza di duemila spettatori e alla luce del gas, o voi che, pur lacerando i guanti nell'applaudire le ballerine, avete il buon senso di supporre che ella non scorga scintillare l'ardore dei vostri desideri nelle lenti del vostro occhialetto – tanto meglio per voi, che rispettate ancora qualche cosa. Però non maledite l'arte che è la manifestazione dei vostri gusti. I greci innamorati ci lasciarono la statua di Venere; noi lasceremo il "cancan" litografato sugli scatolini dei fiammiferi. Non discutiamo nemmeno sulle proporzioni; l'arte allora era una civiltà, oggi è un lusso: anzi, un lusso da scioperati. La civiltà è il benessere; ed in fondo ad esso, quand'è esclusivo come oggi, non ci troverete altro, se avete il coraggio e la buona fede di seguire la logica, che il godimento materiale. In tutta la serietà di cui siamo invasi, e nell'antipatia per tutto ciò che non è positivo – mettiamo pure l'arte scioperata – non c'è infine che la tavola e la donna. Viviamo in un'atmosfera di Banche e di Imprese industriali, e la febbre dei piaceri è la esuberanza di tal vita. Non accusate l'arte, che ha il solo torto di avere più cuore di voi, e di piangere per voi i dolori dei vostri piaceri. Non predicate la moralità, voi che ne avete soltanto per chiudere gli occhi sullo spettacolo delle miserie che create, - voi che vi meravigliate come altri possa lasciare il cuore e l'onore là dove voi non lasciate che la borsa, - voi che fate scricchiolare allegramente i vostri stivalini inverniciati dove folleggiano ebbrezze amare, o gemono dolori sconosciuti, che l'arte raccoglie e che vi getta in faccia. Rosso Malpelo e l’inchiesta Franchetti-Sonnino Nel 1878 Verga pubblica la novella Rosso Malpelo, che confluirà nel 1880 nella raccolta Vita dei Campi. La centralità del tema socio-economico – il lavoro minorile nelle miniere di zolfo – mostra il legame di questa nuova fase della narrativa verghiana con l’inchiesta FranchettiSonnino (esponenti della Destra liberale, ma molto attenti alle condizioni specifiche del Meridione): La Sicilia nel 1876, Firenze, Barbèra, 1877 Vol. I. Leopoldo Franchetti, Condizioni politiche e amministrative della Sicilia; Vol. II. Sidney Sonnino, I contadini in Sicilia. Verga, Prefazione a L’amante di Raja, 1880. [1] Caro Farina, eccoti per l’articoletto che mi hai fatto l’onore di chiedermi, non un racconto, ma l'abbozzo di un racconto. Esso almeno avrà il merito di essere brevissimo, e di essere un documento umano, come dicono oggi - interessante forse per te, e per tutti coloro che studiano nel gran libro del cuore. Io te lo ripeterò così come l’ho raccolto per i viottoli dei campi, press’a poco colle medesime parole semplici e pittoresche della narrazione popolare, e tu certamente preferirai di trovarti faccia a faccia col fatto nudo e schietto senza stare a cercarlo fra le righe del libro, attraverso la lente dello scrittore. Il semplice fatto umano farà pensare sempre; avrà sempre l’efficacia dell’esser stato, delle lagrime vere, delle febbri e delle sensazioni che son passate per la carne; […]. Verga, Prefazione a L’amante di Raja, 1880. [2] Noi rifacciamo il processo artistico a cui dobbiamo tanti monumenti gloriosi, con metodo diverso, più minuzioso e più intimo. Sacrifichiamo volentieri l’effetto drammatico del risultato […] allo sviluppo logico, necessario di esso, ridotto meno improvviso, meno efficace, ma non meno fatale; siamo più modesti, se non più umili; ma le conquiste che facciamo delle verità psicologiche non saranno un fatto meno utile all'arte dell'avvenire. Si arriverà mai a tal perfezionamento nello studio delle passioni, la scienza del cuore umano, che sarà il frutto della nuova arte, svilupperà talmente e così generalmente le risorse dell’immaginazione che i soli romanzi che si scriveranno saranno i fatti diversi? Verga, Prefazione a L’amante di Raja, 1880. [3] Intanto io credo che il trionfo del romanzo, la più completa e la più umana delle opere d’arte, si raggiungerà allorché l'affinità e la coesione di ogni sua parte sarà così completa che il processo della creazione rimarrà un mistero, come lo svolgersi delle passioni umane, che l'armonia delle sue forme sarà così perfetta, la sincerità della sua realtà così evidente, il suo modo e la sua ragione di essere così necessarie, che la mano dell'artista rimarrà assolutamente invisibile, e il romanzo avrà l’impronta dell’avvenimento reale, e l'opera d'arte sembrerà siasi fatta da sé, sia sorta spontanea come un fatto naturale, senza serbare alcun punto di contatto col suo autore, […] ch’essa stia per ragion propria, palpitante di vita ed immutabile, al pari di una statua di bronzo di cui l’autore abbia avuto il coraggio divino d’eclissarsi e sparire nella sua ombra immortale. Nella Prefazione ai Malavoglia notare alcuni capisaldi del programma verista: • il concetto di narrazione come frutto di uno studio sincero e spassionato, qui applicato alle irrequietudini pel benessere, analizzate nel loro sorgere nella fascia sociale più bassa. • l’idea che l’oggetto da osservare sia il meccanismo delle passioni [e notare la volontà di far risaltare la natura meccanica del sentimento] • la gradualità del progetto e il progressivo complicarsi dello studio (e del linguaggio) applicato a: lotta per soddisfare i bisogni materiali avidità di ricchezze vanità aristocratica ambizione [politica] mescolanza di tutte insieme • la concezione del progresso, fenomeno grandioso se visto da lontano e complessivamente agghiacciante se analizzato da vicino • l’idea che il compito dello scrittore sia non giudicare ma studiare e rappresentare. Verga, Prefazione scartata ai Malavoglia, 22 gennaio 1881 […] Ma visto davvicino il grottesco di quei visi anelanti non deve essere evidentemente artistico per un osservatore? Non deve dare, a seconda dell’aspetto che loro impronta l’ambiente che attraversano nei luoghi e nelle età, la fisionomia storica? E questo osservatore meno frettoloso degli altri, chinandosi sui caduti per esaminarne le convulsioni, sostando un momento dinanzi alle verità che la folla si lascia indietro nella fretta di correre avanti, o agli affetti che gemono invano o alle febbri che si scambiano per passioni, o alla giustizia su cui si mettono i piedi, non ha il diritto di esclamare – Che peccato! La Storia grande e la piccola storia della famiglia Malavoglia Eventi storici Eventi privati 1848: terremoto. Fase cruciale delle lotte risorgimentali nasce Mena 1860 (giugno): un decreto regio 1863 (dicembre): ‘Ntoni parte per la stabilisce che ogni anno il contingente di leva di mare. Luca partirà dopo il Natale leva sia formato per sorteggio 1865. Tra le due partenze cade la morte di Bastianazzo 1866 (20 luglio): battaglia di Lissa 1867: epidemia di colera muore Alessi; le prime notizie sulla battaglia arrivano al paese in coincidenza con la festa per il fidanzamento di Mena e Brasi Cipolla muore la Longa ; seconda partenza di ‘Ntoni la definitiva partenza di ‘Ntoni cade nel 1874. La partizione ‘per scene’ nel II capitolo Luogo Personaggi sugli scalini della Chiesa Il sensale Piedipapera, padron Fortunato Cipolla, il fratello di Menico della Locca, lo zio Crocifisso, padron ‘Ntoni nella spezieria Don Giammaria il parroco, don Silvestro il segretario comunale e don Franco il farmacista per strada e nelle case La Longa, le vicine, la cugina Anna, Grazia Piedipapera, Venera la Zuppidda, Alessi e Nunziata, Mena e Alfio all’osteria Rocco Spatu Proverbi a confronto nel II capitolo dei Malavoglia Quando il sole si corica insaccato si aspetta il vento di ponente (PN) Mare crespo, vento fresco (PFC) 'Ntroi 'ntroi, ciascuno coi pari suoi (PN) Ognuno all'arte sua, e il lupo alle pecore (PN) La ragazza com'è educata, e la stoppa com'è filata (PN) A donna alla finestra non far festa (la Longa) Carro, cataletto (le mamme sulla strada) Chi è galantuomo bada ai fatti suoi (ZC) Mare amaro (PN) Chi ha il cuor contento sempre canta» conchiuse padron ‘Ntoni (PN) [PN = Padron ‘Ntoni; PFC = padron Fortunato Cipolla; ZC = zio Crocifisso] La sapienza ‘economica’ dell’usuraio zio Crocifisso Buone parole e mele fradicie. Chi fa credenza senza pegno, perde l'amico, la roba e l'ingegno. Coll'interesse non c'è amicizia. Quel ch'è di patto non è d'inganno. Al giorno che promise si conosce il buon pagatore. Alla credenza ci si pensa Le cose lunghe diventano serpi L'uomo per la parola e il bue per le corna. …….. Padron ‘Ntoni e i suoi estremi proverbi (cap. XV, incipit) Padron 'Ntoni adesso era diventato del tutto un uccellaccio di camposanto, e non faceva altro che andare intorno, rotto in due, con quella faccia di pipa, a dir proverbi senza capo e senza coda: Ad un albero caduto accetta! accetta! - Chi cade nell'acqua è forza che si bagni - A cavallo magro, mosche. - E a chi gli domandava perché andasse sempre in giro, diceva che la fame fa uscire il lupo dal bosco, e cane affamato non teme bastone; ma di lui non volevano saperne, ora che era ridotto in quello stato. Ognuno gli diceva la sua, e gli domandava cosa aspettasse colle spalle al muro, lì sotto il campanile, che pareva lo zio Crocifisso quando aspettava d'imprestare dei denari alla gente, seduto a ridosso delle barche tirate in secco, come se ci avesse in mare la paranza di padron Cipolla; e padron 'Ntoni rispondeva che aspettava la morte, la quale non voleva venire a prenderselo, perché lo sfortunato ha i giorni lunghi. Promemoria da F. RODEGEM, La parole proverbiale (1984) • L’emittente di un proverbio è di solito un adulto, che ricorre a una formula desunta dalla tradizione per dare valore al suo discorso., rivendicando la propria autorità. • Il proverbio è un atto linguistico che si presenta come il frutto di un’esperienza; non innova, ma riporta il destinatario a qualcosa che sa già (è un deja-vu). • L’efficacia del proverbio è assicurata dal suo carattere di sanzione, che reprime le infrazioni nocive all’armonia sociale, attraverso il richiamo ad una norma, l’enunciazione di un divieto o la denuncia satirica dell’“errore”. • Il proverbio è un atto linguistico che non prevede risposta: il destinatario lo ‘subisce’. ‘Ntoni contro i proverbi del nonno “Più ricco è in terra chi meno desidera” “Meglio contentarsi che lamentarsi” “Ad ogni uccello, suo nido è bello” Bella consolazione! Io non voglio vivere come un cane alla catena, come l’asino di compare Alfio, o come un mulo da bindolo, sempre a girar la ruota; io non voglio morire di fame in un cantuccio, o finire in bocca ai pescicani.