Tesi 17
Scarlatti e L’opera Napoletana
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Alessandro Scarlatti e L’opera Napoletana. L’opera buffa e Sentimentale
L’opera fece il suo ingresso a Napoli con la rappresentazione dell’Incoronazione di Poppea di
Monteverdi, portata dalla compagnia teatrale dei febiarmonici, nel 1651, ma già prima di allora, la
musica napoletana aveva una sua storia ben definita.
La crescita della scuola napoletana, ebbe il suo punto di forza nell’azione dei conservatori e
nell'attività didattica del maestro Francesco Durante(1684-1755), che ebbe tra i suoi allievi tra gli
altri, anche Pergolesi, Jommelli, Traetta, Piccinni, Paisiello, Sacchini.
La scuola dell’opera napoletana, ebbe come protagonisti appunto Giovanni Battista Pergolesi,
Alessandro Scarlatti, Sarro, Porpora, Vinci, Leo, e Hasse.
L’opera napoletana si sviluppò tra la fine del ‘600 e inizio del ‘700.
Scarlatti arrivò a Napoli nel 1684 e divenne,maestro della cappella reale.
Grazie a Scarlatti, il melodramma acquisisce, nelle aperture la cosiddetta forma tripartita o
anche scarlattiana, che era formata dai movimenti: Allegro, Grave e Presto.
Oltre al recitativo secco, cioè accompagnato dal solo clavicembalo, Scarlatti introduce e utilizza
anche, il recitativo accompagnato o anche definito obbligato vale a dire accompagnato da più
strumenti o dall’intera orchestra.
Scarlatti chiude ogni atto delle sue opere, solitamente con pezzi d’insieme, definiti concertati ed
inoltre, nelle arie, utilizza uno schema definito aria col da capo data dalla forma A B A.
Tra le sue opere si ricordano Gli equivoci del sembiante, composta a soli 19 anni,
Tutto il male non vien per nuocere, nella quale per la prima volta applica l’apertura sinfonica
ternaria, Il trionfo dell’onore, che fu la sua prima opera comica, Attilio Regolo, dove introduceva
anche forme di ballo, e Griselda, quest’ultima sul libretto di Apstolo Zeno.
Un'altra presenza a Napoli assai importante, fu quella del librettista Pietro Metastasio, al quale si
deve l'elaborazione del modello drammaturgico dominante in tutta l’opera seria del Settecento,
con la netta distinzione tra recitativo e aria.
Le opere della scuola napoletana, hanno un ritmo ed uno stile scorrevole e moderno, con un
predominio assoluto della parte vocale, per esaltare le capacità del cantante.
I compositori ricercano una piacevolezza melodica , utilizzano tecnica dello fortspinnung che
sarebbe lo sviluppo continuo di una stessa cellula melodica per far procedere l'azione, ed inoltre, il
musicista, era attento alla ricerca di uno stile che riflettesse il senso delle parole, per portare alla
commozione dell’ascoltatore.
Largamente usate, sono le frasi melodiche formate da 4 + 4 + 8 battute con varianti e ripetizioni per
rendere maggiormente ostinato, il senso del brano.
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Il dinamismo agogico, di cresecndo e diminuendo, comincia ad essere sempre più presente ed
indicato nelle partiture.
Nelle arie lente e cantabili, si adottano spesso gli accompagnamenti di crome e ritmi cosiddetti
“alla lombarda”, cioè formati da una semicroma seguita da una croma col punto.
Vinci e Hasse soprattutto utilizzarono spesso questa forma.
Alla fine del Seicento, il recitativo diviene l’espressione musicale predominante e pressoché
esclusiva, nel tessuto di collegamento tra le varie arie.
Nell’opera Italiana si distinguono due tipi di recitativo, quello secco o semplice, e quello
accompagnato o strumentato o obbligato.
Il recitatico semplice veniva accompagnato dal basso continuo.
Il recitativo accompagnato, invece, era eseguito nella parte strumentale da più strumenti.
Nell’opera settecentesca si era consolidato un recitativo dall’andamento scorrevole.
L’opera comica
L'opera comica è un tipo di opera che racconta storie comuni, quotidiane e divertenti, con
personaggi burleschi ed ironici.
L’opera comica del Settecento mantenne una propria autonomia di sviluppo rispetto al dramma
musicale serio, seppure con qualche influenza, anche poiché i librettisti e i compositori del tempo si
cimentavano sia con l'uno, che con l’altro genere.
Il termine opera comica era estraneo al gergo settecentesco, fu coniato dai musicologi nell’800.
Si dovrebbe parlare di opera non tragica.
Il termine comprende i diversi generi del melodramma non serio: intermezzi, opere buffe, drammi
giocosi, comici, semiseri, farse etc.
Una delle forme più singolari fu l’intermezzo. Di dimensioni ridotte, era diviso in due parti, che si
eseguivano tra i vari atti di un’opera seria. Le vicende narrate erano semplici esili, quotidiane.
I personaggi si esprimono in un linguaggio spontaneo e semplice talvolta dialettale.
Nel Settecento furono molti i modi con il quale questo tipo di opera veniva chiamata:
intermezzo, opera buffa, dramma giocoso, farsa, burletta ecc.
Questi tipi di composizioni, potevano essere di breve durata, con pochi episodi, che venivano
eseguiti tra gli intervalli delle opere serie, oppure di lunga durata, con le dimensioni intere di un
opera di tipo serio.
Gli interpreti erano attori e cantanti particolarmente esperti nella recitazione e nel canto espressivo,
più che veri virtuosi
Il ritmo teatrale, era rapido e vivace, privo dei virtuosismi dell’opera seria.
Ridotte erano le dimensioni degli organici orchestrali, prevalentemente formati da archi e qualche
oboe e flauti.
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Anche le scene erano abbastanza semplici e questo tipo di composizione permetteva una minore
spesa di realizzazione, e ciò, determinò una maggiore diffusione di questo tipo di opera. Pertanto
molti teatri minori si specializzarono nella sola esecuzione delle opere buffe.
Anche Venezia fu teatro di composizioni buffe, come Melissa e Serpillo, di Francesco Gasparini e
il Pimpinone, di Tommaso Albinoni.
L'opera La Cilla, del 1707 di Antonio Tullio fu caratterizzata dal primo libretto interamente in
dialetto napoletano, musicata da Michelangelo Faggioli.
Le opere buffe napoletane e veneziane del tempo, sono caratterizzate da intrecci semplici e poche
situazioni elementari. Litigi raggiri, equivoci tra i due protagonisti, tradimenti e gelosie, si
concludevano sempre e naturalmente con il solito lieto fine.
A questo proposito, si ricordano personaggi come la giovane servetta ambiziosa, che seduce il
padrone ricco del Pimpinione di Albinoni.
La serva padrona di Pergolesi, si affermo come modello del genere buffo, e fu messa in scena per
la prima volta al teatro San Bartolomeo di Napoli nel 1733.
L’opera è formata da cinque arie e sette pezzi chiusi, oltre ai recitativi e due duetti.
Li zite’n galera di Vinci, è una delle prime opere buffe dialettali delle quali si dispone della
partitura completa.
Un'altra opera assai importante, fu Lo frate ‘nnamorato di Pergolesi. Qui il protagonista Ascanio,
viene conteso fra tre ragazze: Nina Nena e Lucrezia. Ascanio scopre però di essere il fratello di
Nina e Nena, e quindi sposa Lucrezia.
Ancora, in queste opere si descrivono scambi di identità doppi sensi, travestimenti, come ad
esempio nell’opera Inganno per Inganno di Logroscino.
A Napoli spicca anche la figura di Francesco Provenzale, con l’opera Il schiavo di sua moglie.
Nell’opera comica, non si utilizzavano cantanti evirati, e quindi le parti di giovani maschi
venivano cantate dalle donne.
Nell’opera buffa, la donna poteva avere diversi ruoli e parti vocali, e questo a seconda della suo
aspetto e della sua età. Ad esempio, se era giovane e bella e graziosa, gli veniva affidata la parte di
soprano, se era anziana, invece, le veniva affidata la parte di contralto.
Solitamente l’antagonista maschile, aveva la parte di basso, che di solito assumeva il ruolo di un
anziano inviperito oppure l’avaro o ancora il padrone deriso.
Al tenore erano affidate la parti di mezzo carattere, ovvero una categoria drammatica che si
colloca a metà, tra parti serie e parti buffe, come ad esempio la figura dell’innamorato o del
nobile o comunque l’altoborghese.
I libretti dell’opera buffa sono scritti in un italiano colloquiale, quasi maccheronico, molto diverso
dal linguaggio nobile dell’opera seria.
Nell'opera buffa, la parte musicale era solitamente formata da svariate sezioni, ed era caratterizzata
da:
fraseggi melodici di varia lunghezza, oltre ad inaspettati cambiamenti della dinamica, ed anche
continue ripetizioni delle più comune progressioni di accordi.
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Si utilizzano inoltre, vocalizzi su vocali male accentate o sbagliate, oppure anche veloci
ripetizioni di monosillabi per dilatare il testo, ed inoltre si inseriscono spesso suoni, che imitano le
voci degli animali.
Nell'opera buffa, le situazioni sono spesso una parodia della vita di corte o altoborghese.
L’aria di Umberto Sempre in contrasti, ne La serva padrona di Pergolesi, ad esempio, descrive la
scena in cui, l’anziano padrone si sfoga di rabbia, per la poca sollecitudine della giovane cameriera
Serpina, nel servirgli cioccolate.
Si denota quindi, un elevato senso ironico, sottolineato anche dall' estrema vitalità e naturalezza
ritmica, che esprime lo stato d’animo del personaggio.
Incisi melodici molto brevi interrotti da frequenti pause, frequenti ripetizioni di monosillabi,
formano un linguaggio musicale, volto a potenziare i gesti e i movimenti dei personaggi.
Mentre nell’opera seria, era il recitativo a mandare avanti la storia, nell'opera buffa invece, si
utilizzavano dei momenti definiti concertati d’azione, che facevano proseguire la storia con i
dialoghi cantati dei personaggi.
I finali di atto coincidevano con il concludersi della vicenda, ed erano caratterizzati dai pezzi di
insieme.
Un significativo esempio di ciò lo si può trovarenel finale del secondo atto, dell'opera
Governatore di Logroscino
Formalmente i pezzi d’insieme, hanno una struttura di forma aperta, ossia senza riprese o
ritornelli ne ripetizioni, e questo modo, era decisamente più adatto a seguire l’azione della vicenda.
L’opera sentimentale o semiseria
Nel secondo Settecento la fioritura dell’opera buffa, si contraddistinse nell’incontro della musica
napoletana con la poesia veneziana, grazie al commediografo Carlo Goldoni (1707-1793).
Goldoni è stato un prolifico autore di libretti per intermezzi e drammi giocosi.
Con Goldoni le vicende descritte, diventano caricaturali, mentre i personaggi seri acquistano
maggior spazio, ed inoltre, a lui va il merito, di avere introdotto nel dramma buffo l’elemento
patetico e sentimentale, facendo divenire cosi l'opera, una commedia lacrimosa.
Con Goldoni, si crea dunque un genere d’opera definito semiserio o sentimentale.
Tema costante dei suoi libretti, fu la descrizione del conflitto sociale tra nobili e contadini.
Un esempio di ciò, è riscontrabile nell’opera Il filosofo di campagna.
Nell'opera Arcadia in Brenta, invece, Goldoni racconta la commedia della commedia, ossia un
gruppo di attori, che si preparano per rappresentare la commedia. Entrambe le opere sono state
musicate da Galuppi.
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Un'altra opera di notevole importanza fu La buona figliuola, sempre scritta da Goldoni.
Quest' opera fu musicata prima da Duni e poi rimusicata da Piccinni, e racconta la vicenda della
giovane Cecchina, figlia di genitori ignoti, che poi si scopre invece di nobili origini e sposa il
cavaliere Armidoro.
Nella Buona figliuola di Piccinni, grande rilievo è dato ai finali di insieme, che si trovano alla fine
di ciascuno dei tre atti. Specialmente il concertato a due voci soliste di fine atto, diviene
l’innovazione principale dell’opera buffa di fine Settecento.
Oltre che nei finali di atto, i brani d’insieme, vengono situati anche in altre occasioni e più
precisamente dove la loro importanza musicale scenica appare rilevante.
Ad esempio, i brani d’insieme, potevano anche essere messi all’inizio dell’atto, per introdurre la
scena, come nel caso del Socrate immaginario di Giovanni Paisiello, dove vi è un sestetto
iniziale.
I concertati d’insieme di Paisiello, furono un modello anche per molti altri operisti.
I finali d’atto di Paisiello inoltre, sono caratterizzati dalla cosiddetta stretta, ossia quella fase di un
pezzo caratterizzata da un dinamismo molto incalzante, che si sviluppa in un crescendo ritmico e
sonoro gioioso assai sfrenato.
L’opera Il Matrimonio segreto di Domenico Cimarosa, nel 1792 conclude il ‘700 napoletano.
Quest’opera fu definita da Verdi, come la più completa e la più vera commedia musicale.
Cimarosa si ricorda per l’arguzia e la vivacità sentimentale e viene per certi considerato quasi un
preromantico, data l'alta cantabilità sempre aperta delle sue melodie, ed alcuni critici lo hanno
accostato allo stile mozartiano.
Dalla seconda metà del 700, l'opera buffa, che fino ad allora era stato un fenomeno solamente
italiano, iniziò a raccogliere i favori anche nel resto d’Europa.
Gli enciclopedisti francesi, ne apprezzavano la semplicità, contrapposta alla statica e geometrica
teatralità dell’opera seria.
Molti compositori prenderanno anche spunto da romanzi inglesi e francesi. Per esempio, Paisiello e
Mozart, con Il barbiere di Siviglia e Le nozze di Figaro si ispirarono alla trilogia di Caron de
Beaumarchais.
Persino Rousseau compose un opera conforme ai principi dell’opera buffa italiana,
L’indovino e il Villaggio.
Bibliografia:
M.Carrozzo C.Cimagalli, Storia della Musica Occidentale Volume 2, Armando Roma 2008
pp.321-347
E.Surian, Manuale di Storia della Musica Volume 2, Rugginenti Torino 2006
pp.129-131, 134-162
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