Alessandro De Marchi ha diretto importanti produzioni
affermandosi come interprete di un repertorio barocco
proposto con riconosciuta duttilità per la prassi esecutiva con
orchestre sia di strumenti antichi che moderni. Ha studiato
organo e composizione al Conservatorio di S. Cecilia a Roma,
cembalo, musica da camera e prassi esecutive barocche alla
Schola Cantorum Basilensis. Dopo un periodo di apprendistato
alla Staatsoper di Berlino e al festival di Salisburgo inizia a
dirigere nei più importanti teatri europei. Dal 1998 Alessandro
De Marchi è direttore principale dell’Academia Montis Regalis
e dal 2009 è il direttore artistico del Festival di musica antica
di Innsbruck.
Christoph von Bernuth è il responsabile delle produzioni teatrali
dell’Innsbrucker Festwochen der Alten Musik. Nei primi anni è
assistente alla regia dei registi Willy Decker, George Tabori,
Nikolaus Lehnhoff, Phillip Arlaud, Jean-Louis Martinoty e Ursel
e Karl-Ernst Hermann. Nel 2000 è assunto dalla Staatsoper di
Amburgo. Come regista lavora presso l‘Innsbrucker Festwochen,
l’Opéra de Lyon, la Scala di Milano, il Festspielhaus di BadenBaden, il Festival d’Aix-en Provence e l’Opéra de Dresde.
L’Orchestra Academia Montis Regalis è nata nel 1994, per
volontà dell’omonima Fondazione di Mondovì, il cui direttore
artistico è Giorgio Tabacco. L’orchestra ha registrato per la casa
discografica Naïve, Hyperion e Sony Classic. Quest’attività gli
è valsa diversi premi discografici tra cui il prestigioso Premio
Abbiati. Dal 2010 l’orchestra è il gruppo residente presso il
Festival di musica antica di Innsbruck.
Marie-Sophie Pollak studia alla Hochschule für Musik und
Theater a Monaco di Baviera. Collabora con le Innsbrucker
Festwochen e con l’Odeon Ensemble München. È borsista
della Fondazione Yehudi Menuhin Live Music Now e della
Fondazione Christl und Klaus Haack.
Donato Di Stefano, affermato interprete nel repertorio buffo
e belcantista, ha lavorato in tutto il mondo con i più grandi
direttori d’orchestra e registi. Tra le interpretazioni di maggior
rilievo ricordiamo Don Bartolo ne Le Nozze di Figaro al Salzburg
Festival sotto la direzione di Nikolas Harnoncourt.
Francesco Divito, sopranista ‘naturale’, si avvicina, per la sua
vocalità, ai cantanti castrati dell’epoca barocca. Laureato in
canto rinascimentale e barocco, il suo repertorio è basato su
pezzi di alta difficoltà virtuosistica.
Alessandro Baudino, avvicinatosi giovanissimo alla musica, nel
2006 si diploma in canto presso il Conservatorio di Cuneo.
Attualmente frequenta il Master of Music Performance in
canto al Conservatorio di Lugano, seguito da Luisa Castellani.
Biglietteria e informazioni
Via Giolitti 21/A 10123 Torino
Dal lunedì al venerdì, 9.30 - 14.30
Tel. 0115539358
Fax 0115539330
[email protected]
BAROCCO BUFFO
LUNEDÌ
29 aprile 2013 ore 21
Conservatorio “G. Verdi”
Piazza Bodoni, Torino
PROSSIMO CONCERTO
LUNEDI 27 maggio 2013
PREMIO STEFANO TEMPIA
Teatro Vittoria di Torino, ore 21
Alessandra Pavoni Belli, violino;
Cecilia Zacchi, arpa (vincitrici del
Premio Stefano Tempia)
Eliana Grassi, pianoforte
Musiche di Tournier, Holliger,
Smetana, Prokof’ev, Ravel
Concerto n. 884
in abbonamento
dalla fondazione
BAROCCO BUFFO
LA PICCANTE DIRINDINA
di Orlando Perera
Academia Montis Regalis
Alessandro De Marchi direzione e clavicembalo
Olivia Centurioni violino primo
Agnes Kertesz violino secondo
Pasquale Lepore viola
Giovanna Barbati violoncello
Roberto Bevilacqua contrabbasso
Simone Vallerotonda tiorba
L’intermezzo buffo è un’invenzione settecentesca tutta italiana
(bisognerebbe forse dire napoletana), come quasi ogni invenzione
nella musica, almeno fino a quell’epoca. Un’astuzia per alleggerire
le opere serie allora in voga, che con i loro tre atti canonici, le
vicende artificiose di dee ed eroi, e i pretenziosi da capo, cioè
abbellimenti e vocalizzi improvvisati dai cantanti, non sempre
appagavano chi a teatro voleva divertirsi. Così tra un atto e l’altro
andavano in scena operine comiche, con trame elementari e trequattro personaggi al massimo: a volte gli intermezzi erano due,
altre volte uno solo in due atti, forma che ha prevalso. Talora uno
stesso intermezzo poteva essere usato in opere diverse. Anche
perché questi entractes avevano spesso maggior fortuna - molto
maggiore - delle opere che li ospitavano. Erano agili e spassosi e
costavano poco. Tanto che già negli anni trenta del Settecento
tendono a diventare un genere a sé.
Insomma una forma per niente minore. Tra gli autori d’intermezzi,
molti maestri della scuola napoletana, vedi Leonardo Vinci,
Domenico Sarro, Domenico Cimarosa. Sopra a tutti, Giovanni
Battista Pergolesi, autore del capolavoro assoluto, La Serva
Padrona.
Ma c’è anche, a sorpresa, Domenico Scarlatti, figlio di Alessandro,
conosciuto soprattutto come autore di un immenso corpus
di sonate per clavicembalo (cinquecentocinquantacinque!),
caposaldo della letteratura musicale per tastiera. Pressoché
dimenticata invece la sua produzione teatrale, forse una ventina
di opere, nessuna delle quali di particolare interesse, anche
perché, secondo lo specialista scarlattiano par excellence Ralph
Kirkpatrick, erano quasi tutte concepite per teatri nobiliari o di
corte, e rispondevano dunque a gusti elitari. Con un’eccezione:
La Dirindina, farsetta per musica in due atti su libretto del
senese Girolamo Gigli, nata appunto come intermezzo per il
melodramma Ambleto, andato in scena nel Carnevale 1715 al
Teatro Capranica di Roma (ristrutturato solo due anni prima da
tal Filippo Juvarra), un teatro pubblico diremmo oggi. La musica
della Dirindina fu a lungo considerata perduta, come del resto
lo stesso Ambleto, di cui sopravvive solo un’aria, un adagio con
archi. Della “farsetta”, nel 1968 il musicologo Francesco Degrada
ritrovò invece la partitura integrale manoscritta nella Biblioteca
della Fondazione Levi di Venezia, e poté così curare l’edizione e
la prima rappresentazione moderna della Dirindina in occasione
del nono Autunno Musicale Napoletano. Si diceva appunto della
maggior fortuna degli intermezzi…
L’esordio al Capranica di quest’unica prova di Scarlatti nel
campo del teatro comico non fu fortunato. All’ultimo momento,
si decise di sostituirla con due “intermedi pastorali”. A quanto
racconta lo stesso Gigli in una lettera, gli artisti storsero il naso
su quella frascheria (così la definisce) che li metteva in ridicolo.
Era assai rischioso allora urtare la suscettibilità dei cantanti,
deità capricciose, che se contrariate, potevano bloccare tutto. Il
linguaggio esplicito del libretto (Il macchiato letto…) fece il resto
con la censura. Così La Dirindina debuttò solo alcuni mesi dopo a
Marie-Sophie Pollak soprano - Dirindina
Francesco Divito controtenore - Liscione
Donato Di Stefano basso - Don Carissimo
Alessandro Baudino mimo - Comare Dirindona
Regia di Christoph von Bernuth
Produzione Innsbrucker Festwochen der Alten Musik
Riccardo Broschi (1698-1756)
Son qual nave per soprano e orchestra
Charles Avison (1709-1770)
Concerto grosso n. 5 in re minore
da Twelve concerto’s... after Domenico Scarlatti
Largo Allegro
Domenico Scarlatti (1685 -1757)
La Dirindina, farsetta per musica in due parti (parte prima)
Libretto di Girolamo Gigli
Charles Avison
Concerto grosso n. 11 in sol maggiore
da Twelve concerto’s... after Domenico Scarlatti
Vivacemente - Andante
Domenico Scarlatti
La Dirindina (parte seconda)
Lucca, non più come intermezzo ma appunto come “farsetta”
autonoma.
La vicenda è esile e incentrata su tre soli personaggi, simbolici
del pestifero ambiente musicale settecentesco. Nel tipico
trio amoroso, composto da Dirindina, poco dotata ma
disinvolta allieva di canto, dall’anziano maestro di musica Don
Carissimo, bigotto e rimminchionito che sbava per lei, e dallo
zerbinotto Liscione, c’è un’anomalia: lo svelto giovinotto è
un “evirato cantore”, un castrato insomma. Il che non gli
impedisce d’imbastire una tresca, che suscita la sguaiata gelosia
di Carissimo (Gli puzzan di castrato le mani, il viso, il fiato…)
e alla fine sembra produrre, nientemeno, un’inattendibile
gravidanza. Il libretto resta nel vago -…tal coppia non combina/
e l’uovo mai non fa - e questa incompiutezza è il suo bello, ma
ambizione, mediocrità e gelosia vengono sbertucciate senza
pietà. In scena c’è anche un mimo en travesti, che interpreta
Comare Dirindona, madre della ragazza (ah, le madri...!). Gigli
non peccava certo di orgoglio rivendicando il primato in un
filone destinato ad ampia fortuna. Alla sua farsetta attinse
sicuramente Benedetto Marcello per Il teatro alla moda, feroce
pamphlet satirico del 1720.
Nella partitura, Scarlatti rivela una vena teatrale inattesa e una
freschezza inventiva invece ben nota a chi frequenta le sue
sonate clavicembalistiche, e che corrisponde alla perfezione
alle situazioni comiche proposte dal libretto. Ne è un esempio
già la prima aria della protagonista, Vo’ cantar come a voi piace:
l’annuncio del tema musicale è tanto squillante (potrebbe ben
stare in capo a una sonata per tastiera) quanto sfrontata è la
rivendicazione libertaria della ragazza. Seguono una sapiente
caricatura delle arie col da capo in Sola voi? Mi meraviglio, e il
melenso madrigale su tempo di minuetto Queste vostre pupillette.
Deliziosi infine i terzetti che chiudono le due parti dell’operina,
molto efficaci sul piano drammatico, con una spigliatezza ritmica
che ben sostiene lo scoppiettio di battute fra i cantanti.
L’allestimento in forma semiscenica che la Stefano Tempia
propone questa sera arriva direttamente dal prestigioso festival
di musica antica Festwochen der Alten Musik di Innsbruck,
dove l’estate scorsa ha debuttato nell’Hispanische Saal dello
Schloss Ambras. Nel 2009, succedendo a René Jacobs, è
stato nominato direttore artistico delle Festwochen il nostro
Alessandro De Marchi, direttore principale dell’Academia
Montis Regalis, unica orchestra piemontese specializzata nel
repertorio barocco.
Vista la breve durata della Dirindina, meno di quaranta minuti, il
programma è integrato da altre galuperie barocche. Si apre con
un’aria per soprano e orchestra del compositore napoletano
Riccardo Broschi, fratello di Carlo Broschi, meglio noto come
Farinelli, il più grande castrato della storia della musica (come
Scarlatti finì la sua vita alla corte di Madrid). Segue il concerto
grosso numero 5 in re minore after Scarlatti del compositore e
teorico inglese Charles Avison, che nel 1744 trascrisse per archi
dodici sonate clavicembalistiche del compositore napoletano.
Un secondo concerto, il numero 11 in sol maggiore, funge da…
intermezzo fra le due parti della Dirindina.
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