La Mostra di Claudio Magris diretto da Antonio Calenda Vito Timmel - “Autoritratto” per gentile concessione del Museo Revoltella di Trieste lo spettacolo 4 Conversazione con Antonio Calenda «Un testo che è libretto d’opera, e contempora- di Ilaria Lucari nali… neamente commedia surreale, dramma, e letteratura, ma una letteratura in movimento, perché la «In questo spettacolo, l’irrazionalità (un’irrazio- parola di Claudio Magris sulla scena diventa atto, nalità pensata, ovviamente) è il fondamento di un con forza. Un testo in cui attraverso generi e lin- sogno che ho voluto gli attori creassero e vivessero guaggi diversi, si dà voce a emozioni struggenti, assieme al pubblico. È lo stesso autore a sottoli- come a momenti di fantasiosa ironia, e che proce- neare come per La mostra non sia stato possibile de per flash, tasselli di memoria, immagini, sogni, seguire una struttura ipotattica, esprimere una come se il tempo e lo spazio, per questo racconto, consequenzialità, un mondo di pensieri organiz- non fossero categorie plausibili... La mostra offre zati secondo logica causalità. Per raccontare Vito induzioni e spazi amplissimi per diventare mate- Timmel è stato necessario invece ricorrere a una ria teatrale, e ciò nel momento della messinscena scrittura notturna, vitale, non filtrata. Proprio va assecondato, liberando il respiro creativo, la perché al centro del testo è l’universo interiore del fantasia, la poesia». protagonista, ricco d’emozioni, vibrazioni, con- Antonio Calenda ha amato fin dalla prima lettura traddizioni, animato di ricordi, voci, sogni, dolen- La mostra di Claudio Magris, testo che per il ze. Lo spettacolo fa propria questa dimensione e Teatro Stabile del Friuli-Venezia Giulia è diventa- si evolve come se ci si inoltrasse nel mistero di to punto di partenza di un rilevante impegno pro- una coscienza, nella mente di Timmel, fra le luci duttivo, e che giunge ora al palcoscenico della e le ombre di un “Io” che sta precipitando nella Sala Bartoli. follia». «È stato emozionante allestire La mostra – continua infatti il regista – innanzitutto perché rappre- Vito Timmel è simbolo di una particolare senta un incontro bellissimo e importante fra il condizione esistenziale. nostro Teatro e un grande autore qual è Claudio Magris. Poi per i talenti e le energie che abbiamo «Il personaggio di Timmel ha una notevole potuto comporre nella compagnia d’interpreti, dimensione teatrale e ci permette di portare in che ritengo adatta a dar corpo a un progetto scena una condizione esistenziale molto affasci- inconsueto come questo, e che trova due maestri nante: l’incapacità di sopportare la forza dei sen- di rilievo in Roberto Herlitzka e Mario timenti e delle passioni, da cui egli resta quasi Maranzana» accecato, a causa di un’acuita sensibilità. In effetti è di questo tema, che si sostanzia la tra- Interpreti che l’hanno seguita lungo linee gedia: l’impossibilità di affrontare l’incongruenza registiche che si scostano dal naturalismo e dell’esistere (un tema che trova forti assonanze che hanno affrontato i personaggi senza con quel filone novecentesco, che a teatro denun- rimanere rigidamente legati a percorsi razio- cia dolorosamente l’assurdità della vita), l’inca- 5 6 pacità di resistere alle proprie inadeguatezze, non riesce ad affrontare. E poi ci sono Damone e come pure alle proprie potenzialità... In un estre- Pizia, Armodio e Aristogitone: in essi è trasfigura- mo tentativo d’autodifesa Timmel vorrebbe essere ta quell’amicizia piena che lega Timmel a Cesare un oggetto – ci racconta un “coro di sedie”, che Sofianopulo, a Marcello Mascherini, ad altri arti- l’autore surrealmente inserisce nel testo – senza sti triestini... Sono la rappresentazione di una possibilità di sentire nulla, né gioia né dolore. “disciplina del sentimento”, di una condivisione È significativa una sua splendida battuta: “...un profonda delle emozioni e della vita, che il nostro punto, ecco. Io sono un punto, Io è un punto. Un tempo non conosce più (e che sulla scena, abbia- punto non ha estensione, non c’è, non è niente”. mo cercato di restituire attraverso un finissimo Preferirebbe dunque confondersi col resto del velo di nostalgia) e allo stesso tempo di un modo mondo percepibile, non essere evidente, “abdica- di vivere la cultura – anche alta, raffinatissima – re” per non soffrire la propria limitante condizio- nella quotidianità, che pure ormai abbiamo per- ne. E invece la coglie fino alla fine, fino all’ultimo duto. La nostra società solitaria, passiva, ha scel- dei suoi “mille giorni” di reclusione all’Ospedale to altri tessuti connettivi: nel passato (e – per psichiatrico di San Giovanni (paradossale suggel- come la conosciamo dalle testimonianze di altri lo ad una vita anarchica e randagia): solo la artisti importanti, Svevo, Slataper – probabil- morte lo libererà, facendolo cadere, dissolvere mente nella Trieste del passato, con particolare quasi – come gli fa dire Magris – “...in tanti punti intensità) esistevano preziose “cellule” di intellet- luminosi, tanti petali di un sorriso, una margheri- tuali, che anche nelle piccole cose della vita si tro- ta che si sfoglia nella notte”». vavano uniti, e sulla base di motivazioni culturali forti, fondavano certezze e legami esistenziali Eppure è profonda la capacità d’amare di eterni. Timmel, che per la moglie Maria rivive senti- Non sono dunque parallelismi casuali, o peggio menti delicatissimi e un dolente senso di gratuiti, quelli che coinvolgono le figure mitologi- colpa, attraverso le parole che Euripide che. Il climax culturale in cui Timmel visse e pensò per Admeto… operò, era decisamente segnato dalla presenza del mito: Hoffmanstahl ne fece materia di studio e di «Si tratta di uno dei momenti più commoventi creazione artistica, Richard Strauss da un suo dello spettacolo, che adombra accenti autobiogra- libretto – l’Elettra – trasse una delle opere più fici dello stesso autore: come Admeto, Timmel belle e innovative della musica dell’ultimo seco- evoca la sua Alcesti perduta, una donna che ha lo... Possiamo allora essere certi che Timmel sen- dato senso alla sua vita e al cui ricordo si appiglia tisse fortemente il legame con il mondo della con tutte le forze e con grande struggimento. Ma mitologia. Timmel non è solo Admeto: se vogliamo, si riflette Admeto, Pizia, Aristogitone, Morfeo, l’Ade... pure in Edipo, che deve conoscere un destino che Risonanze meravigliose per noi che facciamo tea- tro: una moltiplicazione di echi, di chiavi di lettu- e grandi protagonisti, basti pensare al pirandel- ra, di prospettive che rendono il testo mosso e liano Enrico IV, ma anche molti stereotipi) con intenso. originalità. In tutto il testo non sentiamo mai la Tali tensioni drammatiche e liriche – prosegue caratterizzazione “bassa” della follia: e nel prota- Calenda – sono spesso interrotte, anche in modo gonista, potremmo affermare che proprio non c’è violento, da sciabolate di banalità, da filastrocche follia (almeno secondo le convenzioni a cui siamo e nenie in dialetto (linguaggio riservato soprattut- abituati). C’è invece una creazione poetica della to ai matti ricoverati assieme a Timmel), da altre follia. Il manicomio offre uno sfondo “immanen- contaminazioni. Un duro controcanto all’espan- te” a ogni sofferenza e paradossalmente – proprio sione del senso poetico dei protagonisti: tutto ciò in quel mondo di dolore e costrizione – Timmel ci ha reso possibili decisi momenti di straniamen- trova una propria plausibilità, una serenità legge- to, ma ci ha imposto anche un sottile lavoro di ra che gli fa vedere bontà e pace in chi popola calibratura... Ognuno di questi tasselli d’espres- l’Ospedale di San Giovanni. sione infatti deve contribuire in propria misura Questa “caduta agli Inferi” di Timmel non è defi- alla creazione di un universo di sensazioni, che nibile secondo vecchi stereotipi, o secondo gli ho ritenuto fondamentale peculiarità de La schemi della vecchia o della nuova psichiatria... mostra. sembra impossibile cogliere scientificamente le Prezioso in questo senso è stato il lavoro di profonde complessità e le contraddizioni di Germano Mazzocchetti che ha ricreato per lo un’anima fervida e creatrice. Ciò alimenta spettacolo un pathos musicale fra echi della tradi- un’ulteriore e affascinante opposizione, nel testo, zione e accenti mitteleuropei». fra la figura del protagonista e quella del direttore del maniconio (e dell’allestimento della mostra La dimensione della follia ha nel testo uno pittorica, da cui il testo prende titolo): una sorta spazio rilevante… di suo “alter ego” se vogliamo, sinceramente impegnato a ricordarlo e capirlo, ma attanagliato «I matti che circondano Timmel nei “mille gior- costantemente da un senso d’inadeguatezza, di ni” sono uno sfondo tragico e dolente che a volte leggera incapacità, una dimensione che trascolora appare anche stranamente surreale, lieve. Ho – nel personaggio – fra accennata ironia e malin- chiesto agli attori di non pensare ai cliches della conia. rappresentazione della follia, ma di far sentire – Il direttore è uomo di forme, ama illustrare le in ogni gesto, nella voce, nell’espressione – la cose, creare ossature certe, spiegare... resta diso- paura e la profonda solitudine della pazzia. rientato davanti alla misteriosa assolutezza di Un merito che va certo riconosciuto all’autore, è Timmel, alla sua nobile rinuncia, al suo quieto poi quello di aver dipinto la follia di Timmel (in annientamento. Ai discorsi necessariamente reto- un teatro che ha costruito sulla pazzia grandi testi rici sulla realtà, proposti dal direttore, Timmel 7 8 risponde gettando i suoi “frammenti” di vita leria infatti lo introduce alle atmosfere de La vera, fatta di storie, di flash, di sensazioni anche Mostra, fra voci e immagini che troveranno il loro incomprensibili, ma vive e assolutamente reali. E pieno significato nello spettacolo. Che si svolge in mettendo a nudo l’incapacità del direttore a capi- una sorta di caverna platonica, uno spazio men- re il decadere delle sicurezze che appartiene al tale nero in cui prendono forma le immagini del mondo dell’inferiorità. passato e del presente di Vito Timmel. Interessante è infine la dialettica che si attua fra Un universo stilizzato, in cui lo spazio del passato folli e sani, fra reclusi e coloro che vivono “nel di Timmel (le osterie, la vita d’artista e di bambi- mondo di fuori” – come appare evidente da alcu- no) sfuma in quello del manicomio, in quello del ni scambi di battute fra Timmel e l’amico presente (con gli amici che lo piangono, con il Sofianopulo: chi appare più matto? Il pittore direttore che lo ricorda). Uno spettacolo in cui lo emarginato Timmel o il direttore? Una dialettica spazio degli attori sfuma in quello degli spettatori che vorrei si estendesse anche fra attori e pubbli- e si apre violentemente sulla realtà.». co». Il pubblico sarà molto coinvolto in questa messinscena, posto a distanza minima dagli attori, quasi “immerso” in una scena concepita per lo spazio raccolto della Sala Bartoli… «C’è un’attinenza “architettonica”, di epoca e di stili fra gli edifici storici dell’Ospedale di San Giovanni e quelli della zona del Politeama Rossetti, gli stessi finestroni di Sala Bartoli... e questo fin dalle prime ipotesi di allestimento mi ha regalato interessanti suggestioni. La messinscena – per il tipo di scrittura e di struttura usate da Magris – non avrebbe potuto rifarsi a canoni realistici: richiedeva invece un forte coinvolgimento del pubblico, ritmi serrati. Sul piano degli spazi, abbiamo lavorato assieme a Pier Paolo Bisleri, che ha creato una scenografia che supera i confini dello “spazio degli attori” e avvince lo spettatore fin dalla sua entrata a teatro. Una gal- 9 Conversazione con Claudio Magris di Ilaria Lucari Mentre alla Sala Bartoli La mostra di Claudio cioè trattiamo un problema dando un giudizio, Magris sta trovando voce, fisicità, la propria sulla base di una visione globale, esprimendo dimensione scenica – “tradotto” dalla pagina al anche quelle che sono le nostre dirette concezioni palcoscenico, dal fervido lavoro del regista del mondo. Tutt’altro è invece se facciamo i conti Calenda, di Roberto Herlitzka, Mario Maranzana con certe esperienze nostre o altrui, capaci di pro- e degli attori e collaboratori dello Stabile regiona- vocare pensieri e sentimenti che emergono senza le – l’autore ci regala qualche riflessione sul testo che li controlliamo o analizziamo: non esprimia- e sull’esperienza di questa messinscena, che ha mo allora le nostre “risposte”, ma le nostre seguito “da vicino” assistendo spesso alle prove. domande. Il teatro è la forma più adatta a dar «È molto bello – commenta – veder nascere lo voce all’elemento che chiamo “notturno”, a que- spettacolo, un po’ come vedere un figlio che va sto “fluire della vita” che non raccontiamo per per la sua strada...» dare un giudizio morale, ma che “ascoltiamo” quasi e registriamo... Per quale motivo, per raccontare la storia di Timmel ha sentito necessario esprimersi in Una scrittura più dell’anima che della forma teatrale? mente? Il primo motivo, forse meno rilevante, è che Fabio È una scrittura che non nasce da quanto voglia- Nieder mi chiese di scrivere assieme un’opera su mo dire responsabilmente sul mondo. Sono piut- Timmel, e dunque avrei dovuto concepire La tosto brandelli di vita, di emozioni: per me la mostra come un libretto d’opera. Dapprima forma teatrale è strettamente legata a questa rifiutai, poi questa figura mi rimuginava dentro e scrittura selvaggia, meno analitica, meno ideolo- ho scritto. Però ognuno di noi è andato per la sua gica, più vitale. Espressione delle inquietudini, strada e credo che alla fine le nostre opere siano delle domande che ci si pone quando si è sbattuti molto diverse: ci siamo reciprocamente debitori faccia a faccia col grado zero dell’esistenza, con la per lo scambio d’idee, d’intuizioni. Ci sono invece Medusa. Il teatro può testimoniare quel momento, ragioni più profonde. Intanto credo che uno scrit- proprio perché gli appartiene l’hic et nunc, in tore, se ha un minimo di autenticità, non scelga ogni gesto, in ogni battuta, in ogni attimo. mai a priori: fa quello che può. Non ho scelto di scrivere Danubio in quel modo, è nato così: ogni Ha potuto seguire le diverse fasi della “gene- storia nasce indissolubilmente legata alla propria si” dello spettacolo. Come ha vissuto questa forma. esperienza? Ci sono poi due tipi diversi di scrittura. Un conto è quando scriviamo un articolo per il giornale, Mi ha molto interessato, ho seguito diverse prove, oppure per una ragione politica o morale: quando fin dall’inizio. Devo dire che mi sono sentito 11 12 molto capito. Sono intervenuto quando mi hanno re insostenibile: mi ha affascinato questa sua chiesto qualcosa, ma non ho sentito mai di dover “regale abdicazione”. Tutto forse è nato da una spiegare. frase, in cui dice di cercare di dimenticare tutto, Il testo certo è mio, lo spettacolo però è un po’ quando invece stava dimenticando per malattia: mio, un po’ di Calenda, di Herlitzka, di trasfigura un sintomo clinico, in un desiderio di Maranzana. Io agisco da autore, la messinscena è libertà... compito loro. Lo stesso mi accade con i tradutto- È talmente anarchico da non voler nemmeno ri: do qualche chiarimento, poi il lavoro è loro. impegnarsi nella vita, vuole essere “una cosa”. Mi riconosco in pieno nell’impostazione dello Perciò ho inserito nel testo un “coro di sedie”: a spettacolo, nelle idee registiche, nel lavoro di volte si desidera essere oggetti, per non soffrire, Herlitzka che sta interpretando Timmel in modo per non sentire nulla. Ecco mi colpiscono le per- straordinario, in quello di Maranzana, che ha sone che “sentono” in modo così intenso, da esse- colto a fondo la parte fra il fraterno e lo scurrile re costrette a rinunciare alla vita vera. Timmel di Sofianopulo. Poi accade che nel corso della arriva a desiderare la schiavitù. Un’aspirazione messinscena, si scopre sempre qualcosa di nuovo incondivisibile in cui c’è però qualcosa di molto e questo è affascinante. Sono colpito dal fatto che commovente: una brama di essere bambini, di solo per il tono con cui l’attore dice certe cose, il dipendere, per essere felici... Così in questo “no” lavoro acquista un ritmo, una dimensione che alla vita reale, si sente un immenso amore per la non solo rende giustizia al testo, ma anche gli dà vita. Come se per chi ha troppa sensibilità, senso, lo arricchisce... Mentre seguo le prove, sono l’unica soluzione fosse quella di ottundersi: solu- portato a riandare non solo al libro, ma a qualco- zione sbagliata, ma che contiene una grande sa di più conturbante per me, ed è il momento in verità esistenziale. cui l’ho scritto, il vissuto che si è metabolizzato nelle pagine de La mostra. C’è allora un’emozio- Timmel nel suo “abdicare” non è affatto apa- ne autentica, perché non riguarda la piccola tico... vanità d’autore, ma l’intensità del vissuto. Il vissuto, i sentimenti a teatro possiedono una forza La sua vitalità non è quella banale, trionfante e speciale, diventano storia, voce, corpo, movimen- “muscolosa”, ma quella interiore e sempre così to... insidiata, scalcagnata, minacciata da tutto, da noi stessi, dal mondo di fuori, dalla nostra debolezza Che cosa l’ha affascinata del Timmel uomo e fisica e psicologica... In Timmel c’è pure un che di artista? riottoso, quindi la dimensione dell’osteria, dell’amicizia. Invece non è mai rabbioso: mi Più d’ogni cosa mi ha colpito il fatto che Timmel incanta che cerchi fino all’ultimo di dire che tutto vivesse così intensamente la vita da poterla trova- è bellissimo, che l’Ospedale di San Giovanni è meglio di Vienna. Qualche volta ha durezza, pro- Timmel, il funerale nel giorno di capodanno, la testa, ma in modo nobile, includendo se stesso fra buffa e profonda amicizia con Sofianopulo: non coloro che vorrebbe criticare. sono mie invenzioni. Questo è il punto: la vita può permettersi quegli ardimenti d’invenzione Spesso usa nelle sue opere personaggi real- che farebbero apparire l’autore esagerato. mente esistiti: qui Timmel ma anche Sofianopulo e Mascherini, che ha conosciuto Alla delicata figura di Maria, prima moglie di direttamente. È più difficile operare creativa- Timmel è dedicato un commovente canto mente su figure storiche? d’amore espresso attraverso le parole di Euripide. Perché questa citazione? Ho conosciuto poco Sofianopulo, Mascherini invece era un caro amico di mio padre. Più che È la storia di Alcesti, che muore affinché il marito difficoltà ci può essere un po’ di pregiudizio verso viva e della colpa dell’uomo che ne approfitta. chi scrive di personaggi veramente esistiti. A mio Alcesti è simbolo di tutte o molte donne, che parere, che si scriva di figure reali o inventate, ciò hanno vissuto meno, affinché il loro uomo potesse non ha alcuna attinenza col risultato finale: un vivere di più. Sento molto questa parte d’ombra... libro può essere comunque bello, brutto, capola- La citazione d’Euripide avviene pure per altri voro... Da sempre personaggi veri popolano la let- motivi. Dovevo raccontare una grande figura teratura e il teatro: ne hanno scritto Schiller, femminile, un amore immenso e contemporanea- Manzoni, Tolstoj... Un personaggio che ha una mente colpevole, perché mescolato alla debolezza collocazione storica pone solo alcuni limiti struggente e anche ignobile dell’uomo. È talmente all’invenzione (Tomizza, ad esempio, non avrebbe forte in ciò il richiamo ad Alcesti, che sembrava potuto dare un lieto fine a Gli sposi di via Rossetti sciocco dimenticarlo. Poi la citazione è anche un perché si sa che gli sposi furono assassinati), però argine: forse temevo scrivendo, di essere travolto credo che arte sia anche conciliare libertà con dall’emotività, poiché nel testo ho metaforizzato limiti di genere, di forma. Ci sono personaggi che cose estremamente e violentemente personali. interessano molto per il complesso della loro figu- Infine ritengo che esistano preziose e rare versioni ra nella storia, e altri che uno prende perché col- poetiche d’altri, che dicono sulla nostra vita più pito da un dettaglio. Per esempio Sofianopulo, di quanto possiamo con le nostre parole: è un po’ qui, mi interessava proprio per la combinazione come la preghiera, per un religioso l’Ave Maria positiva di creatività, fraternità, bizzarria anche non è meno forte e personale delle sue proprie gigionesca: non c’è la pretesa di raccontare tutto parole. Il mio scopo non è suscitare ammirazione il personaggio. per me scrivente, ma che il testo dica ciò che mi Come diceva Svevo, la vita è originale, più di ciò sta a cuore. Meglio se una citazione mi aiuta. che posso inventare... Basta guardare la storia di 13 14 Usa filastrocche, nenie, il dialetto, affastel- messo retorico in tutto ciò che facciamo. Il diret- lando tante frazioni di linguaggio. Il testo tore però ha anche la sua nobiltà. Attraverso di possiede una forte musicalità... lui non intendo certo irridere la critica figurativa Ho pensato molto alla musica. C’è nel testo una o la psichiatria, e men che meno l’opera di babele di linguaggi che rivela lo spappolarsi Basaglia che ho seguito con passione (del resto dell’“Io” di Timmel nella follia. Timmel deve proprio assieme a Franco Basaglia, Michele dunque possedere linguaggi diversi, deve parlare Zanetti e Anita Pittoni pubblicai il Magico Tac- alto, sublime, folle, cattivo... Il dialetto è fra que- cuino di Timmel): desidero però ricordare che sti, e non ha nulla di folclorico, non è espressione tutte le cose – perfino queste – hanno un lato un calda della familiarità. È inteso come ventre della po’compromissorio e retorico. Il direttore dunque vita, quando si è messi faccia a faccia con lei. Le deve essere così: ha scadenze, responsabilità, filastrocche – in parte riprese, in parte inventate – impegni. Io stesso, mentre scrivo un libro, mi rappresentano il “non senso” della vita brada, sento un po’ falso rispetto qualunque accattone fatta dall’accostamento non mediato di diversi che si presenta in strada senza schermi... Il diret- piani. La cultura alta cerca sempre una mediazio- tore non è un personaggio assoluto, è uno di noi ne, usando un registro stilistico preciso... Per altri. Timmel la vita pone un corto circuito violentissimo fra il sublime e il basso, fra la vita e la morte. Marginalità: per Timmel una dimensione È là che il dialetto, distruggendo il decoro, espri- totale e drammatica. In quale misura un me una specie d’infanzia, oppure certe fasi estre- intellettuale può vivere la marginalità, nel me della vecchiaia, dove la vita si riduce all’osso, confrontarsi con la realtà attuale? non ha più mediazioni e procede sul filo fra dipendenza e assoluta libertà. Ritengo che nessuno sia più al centro del mondo: anche chi vive a New York, nella Quinta Strada, Molte “mediazioni” connotano invece il che è forse il posto più importante del pianeta, direttore... per capire il mondo deve sentirsi un periferico. Così sentiva Joseph Roth. Guai però ad avere il All’inizio il direttore era per me un espediente per compiacimento della marginalità, che è interes- “tenere assieme” la storia, ma è diventato un per- sante solo se chi la vive cerca disperatamente di sonaggio complesso. Da un lato è l'alter ego di capire la realtà e di portarsi al centro. È come il Timmel e dunque dell’autore. Ma è anche un piccolo: non è che “small is beautiful”. Il piccolo uomo retore, come lo siamo tutti quando – a dif- non è né brutto né bello: è la nostra condizione. Il ferenza di Timmel che può stare silenzioso, cortile dove ho giocato da bambino non era il accucciato a terra – dobbiamo “fare”, vivere nel giardino di Versailles, ma non per questo era per mondo reale. C’è sempre un elemento di compro- forza più bello di Versailles. Il fatto è che anche in un piccolo cortile un bambino trova il gioco, la Abbiamo infine chiesto a Claudio Magris, cultura, l’amicizia, trova cioé il grande. Trova il un’impressione a caldo dopo la prima del 26 Mondo. Penso poi che il dedicarsi a certe forme marzo... d’espressione anziché ad altri tipi di lavoro non sia di per sé garanzia di capire meglio il mondo: Sono felice, e quasi turbato. A parte il mio testo, la marginalità rispetto alla vita, il sentirsi in sul quale non spetta certo a me dare giudizi, mi disparte, è una disposizione umana. Timmel è un riconosco in pieno in questa splendida messa in caso un po’ particolare: la sua marginalità coesi- scena, che – nell’interpretazione, nelle scene, ste col fatto che egli è stato un vero artista. Ma nella musica e nel ritmo musicale di tutto lo spet- non l’ho scelto per questo. Nel testo ho dato poco tacolo – dà voce a tanti strati, echi, risonanze spazio alla sua grandezza d’artista: m’interessa della storia che ho cercato di scrivere. L’interpre- infatti non tanto la sua arte, ma il modo in cui la tazione di Herlitzka è di una ricchezza, di una vive. varietà, di una intensità incredibili, perfette; Maranzana dà straordinaria, possente voce e corpo a un personaggio fondamentale e difficile, credo, da portare in scena, nel dialogo con un interlocutore – il protagonista – che è dall’altra parte della vita; trovo molti bravi tutti gli altri, a cominciare da Marco Casazza (che interpreta un altro personaggio essenziale come il direttore), agli altri, che spesso, anche solo con un gesto, con una battuta, con una mossa di ballo giungono al cuore. Non credo che il mio giudizio sia parziale. È ovvio che io sia felice che Calenda abbia messo in scena con tanta maestria e poesia il mio testo, ma semmai un autore è più facilmente sospettoso, criticone, incontentabile, viziato da come ha immaginato i suoi personaggi quando li inventava sulla carta, insidiato dal narcisismo sempre insoddisfatto. Posso esprimere liberamente la mia ammirazione perché la bellezza di una rappresentazione è una creazione a sé, che può riuscire o fallire indipendentemente dal testo. In certi momenti, taluni gesti di Herlitzka, inflessioni di 15 16 voce o espressioni del viso mi hanno fatto scoprire nuove sfumature, nuovi sentimenti e lati del personaggio – di un personaggio tanto diverso da me ma che ha tanto di me. È emozionante sentire le proprio parole che, dette e vissute da altri, appartengono anche a loro, s’incarnano in forme nuove, fanno la loro vita con fedeltà a chi le ha pensate la prima volta ma anche liberamente, un po’ come accade con i figli. Tanto più questo tocca il cuore, quando si tratta di un testo che, come La Mostra, è strettamente legato, pur nella totale invenzione di situazioni e figure, al profondo sentimento e vissuto di chi l’ha scritto. Sono stato fortunato e sono assai grato a tutti gli autori di questo nostro spettacolo. Cercherò di rivedere lo spettacolo il più spesso possibile. Ho la sensazione di vivere un’avventura comune a tutti coloro che lo hanno realizzato, mi sento insieme a loro, parte dello stesso equipaggio, come in quei romanzi di Conrad, in cui i marinai, in ogni traversata, attraversano insieme la vita. note dei collaboratori Bozzetto di scena di Pier Paolo Bisleri Note sulla scenografia e sui costumi di Pier Paolo Bisleri Lo spazio, in cui si sarebbero dovuti muovere gli viene sepolto l’Artista divengono sculture/oggetto, attori/personaggio immaginati dall’autore, divie- rappresentano tautologicamente se stesse, sono ne per me, il luogo mentale, la stratificazione dei neroblunero, come il colore amato da Timmel. ricordi che accompagna il percorso drammaturgico di Timmel. Luogo mentale che, successivamente, si aprirà all’azione, per farci approdare alla realtà, con i Immaginare questo spazio, la collocazione tridi- fantasmi – Baconiani – del periodo della segrega- mensionale della scena all’interno della Sala zione presso lo psichiatrico triestino. Bartoli, luogo non convenzionale, del Politeama Rossetti di Trieste, si è dimostrata subito un’interessante sfida ed una giustissima scelta da parte del regista. Era necessario immaginare e realizzare un luogo in cui il pubblico non era solo spettatore distaccato, ma sarebbe dovuto divenire parte fondamentale e partecipe all’azione drammaturgica, con la propria presenza così vicina alla scena. Essere parte della scena. Dall’ingresso, lo spettatore, è accompagnato attraverso un corridoio museale, labirintico spazio oscuro, in cui appaiono immagini, i primi quadri di Timmel e che introduce alla sala della rappresentazione. Lo spazio è semplice, minimale. È un rettangolo nero, buio, collocato frontalmente al pubblico. È il luogo dei ricordi, la mente, lo spazio neroblunero di Timmel. Un pavimento di pietra, una zona rialzata – il palcoscenico/stanza – con le grandi finestre della cella manicomiale di Timmel. La mia necessità era quella di de-strutturare i luoghi dell’azione. Ecco così, che la trattoria “da Erminio”, la stanza con il letto/macchina dello psichiatrico di San Giovanni e il Cimitero in cui 19 Note sulla composizione delle musiche di Germano Mazzocchetti L’osteria “da Erminio” e gli echi della cultura posizioni degli anni Quaranta, dall’aura leggera mitteleuropea, i cori popolari e i valzer trasfigu- un po’ da Trio Lescano. Gli altri interventi delle rati secondo stilemi novecenteschi… Ne La sedie sono invece costruiti come una sorta di sol- mostra, la musica possiede - fin dal momento feggio ritmico su un’armonia di sapore strawin- della concezione strutturale del testo – un ruolo skiano. significativo, una presenza che oltrepassa i limiti Differente è il pathos dei brani che riguardano la della funzione di commento. rievocazione di Alcesti, strettamente legati alla E fin dall’inizio appare naturale che essa – coe- tragedia euripidea: abbiamo scelto di trattare i rentemente all’intero dramma, costruito ed cori come quelli di una tragedia greca, trasmet- espresso attraverso un affastellarsi di brandelli di tendo emozioni profonde. Gli interventi cantati di ricordi, citazioni, memorie popolari, momenti liri- Timmel-Herlitzka invece tendono a straniarsi da ci – si sviluppi lungo diverse direzioni. tale clima: basta pensare alla piccola romanza Quella ad esempio del recupero e della riproposta ironica “O viso, o corpo”, che si richiama al filologica di musiche della tradizione triestina, melodramma ottocentesco, o al Lied finale “Sì citate dall’autore; quella dell’invenzione di musi- dimenticar”. che sulla falsariga delle canzoni popolari, un’ope- Dettata da questa duplicità fra musiche d’ispira- razione à la mianière de; quella infine che guarda zione popolare e stilemi colti, è anche la scelta alla tradizione colta mitteleuropea, e a tutto un degli strumenti usati: la fisarmonica e il violino, universo di forme compositive, affini al climax che pur essendo di derivazione popolare permet- della Trieste fra Ottocento e Novecento, che fa da tono di trascolorare facilmente nell’ambito di lin- sfondo alla vicenda di Vito Timmel. guaggi musicali d’estrazione diversa. Oltre alla dimensione legata alla tradizione popolare dunque, ho proceduto nella composizione isolando alcuni contesti, nodi di particolare tensione drammatica: il contesto del manicomio, ad esempio, tutto caratterizzato da una musica quasi esclusivamente ritmica, che permette ai malati di scandire alcune filastrocche. Particolarmente suggestivo nell’ambito del manicomio è il coro delle sedie: un momento originale, tutto giocato nella dimensione della surrealtà. Mi ha divertito creare una partitura che rendesse plausibile un coro di sedie, che improvvisamente si animano, si muovono e soprattutto cantano... Il loro ingresso asseconda il clima della sorpresa e ricorda certe com- 21 La Mostra fotografie di Tommaso Le Pera 24 diretto da Antonio Calenda Roberto Herlitzka La Mostra di Claudio Magris regia di Antonio Calenda con la partecipazione di Mario Maranzana scene e costumi Pier Paolo Bisleri luci Nino Napoletano musiche Germano Mazzocchetti suono Carlo Turetta personaggi e interpreti Direttore Marco Casazza Vito Timmel Roberto Herlitzka Sacerdote Manuel Fanni Canelles Cesare Sofianopulo Mario Maranzana Marcello Mascherini Maurizio Zacchigna Avventore Igor Pison Professor Campitelli Maurizio Soldà Professor Baroni Alessandro Mizzi Coro dei Matti Stefano Bembi, Laura Bussani, Manuel Fanni-Canelles Antonio Kozina, Alessandro Mizzi, Igor Pison, Maurizio Zacchigna Inserviente Fisarmonica Violino Maurizio Soldà Stefano Bembi Antonio Kozina Voce fuori campo e suggeritore Guido Penne Aiuto regista Roberta Torcello Assistente ai costumi Serena Boccardelli Assistente ai movimenti coreografici Luciano Pasini Direttore di scena Giuliano Gionchetti Capo macchinista Massimo Tatarella Attrezzista Flavio Dogani Capo elettricista Alessandro Macorigh Fonico Borut Vidau Sarta Benedetta Schepis Direttore d'allestimento Paolo Giovanazzi La scena è stata realizzata dal Laboratorio del Teatro Stabile del Friuli-Venezia Giulia, Daco srl, Starc Enterprise Capo costruttore Giorgio Zardini Costruzioni in ferro Radivoi Zobin Decorazione pittorica Flavio Dogani Elettricisti d'allestimento Massimo Carli, Roberto Starec, Antonio Di Giuseppe I costumi sono stati realizzati dalla Sartoria Arrigo srl e dal Laboratorio del Teatro Stabile del Friuli-Venezia Giulia Capo sarta Benedetta Schepis Sarta Marina Kobau Calzature Epoa Tele Peroni Trasporti Nuova Cooperativa Alfa1 Riproduzione quadri Technograph foto di scena Tommaso Le Pera Si ringraziano la Fondazione Teatro Lirico “Giuseppe Verdi” e Antonio Sofianopulo prima rappresentazione Trieste, Sala Bartoli, 26 marzo 2003 25 Roberto Herlitzka il “coro dei matti” Stefano Bembi Laura Bussani Manuel Fanni Canelles Antonio Kozina Alessandro Mizzi Igor Pison Maurizio Zacchigna da sinistra Maurizio Zacchigna Alessandro Mizzi Roberto Herlitzka Maurizio Soldà Mario Maranzana Roberto Herlitzka Mario Maranzana Laura Bussani Roberto Herlitzka Roberto Herlitzka Mario Maranzana Maurizio Zacchigna Igor Pison Marco Casazza Alessandro Mizzi Roberto Herlitzka Mario Maranzana Maurizio Zacchigna Manuel Fanni Canelles Maurizio Zacchigna Igor Pison Laura Bussani Alessandro Mizzi Stefano Bembi Antonio Kozina Vito Timmel - “Fochi” collezione Museo Revoltella - Trieste al di là della “finzione”: i personaggi della “Timmel & Co.” 54 Vito Timmel - “il viandante” collezione privata I cinque personaggi della “Timmel & Co.” di Guido Botteri Fino ad almeno due decenni dopo la fine della dell’umorismo manderà tutti due i suoi figli, e seconda guerra mondiale, gli artisti triestini – collaboratori, a fare il servizio militare nei vigili soprattutto quelli figurativi, pittori e scultori – del fuoco). Rimaneva aperto fino a notte inoltrata avevano mantenuto la tradizione di ritrovarsi in e i giornalisti che uscivano dalla tipografia di via “santuari” benevolmente – e generosamente – Silvio Pellico, per un “piatto caldo” e l’ultimo accoglienti. bicchiere di vino vi ritrovavano i rappresentanti L’ultimo, forse, è stata quella “spezieria” che della più fertile stagione dell’arte figurativa, a Velic aveva aperto in via della Geppa e dove – Trieste: Nino Perizi, Federico Righi, Dino attorno ai pochi tavoli e sulle pareti – si ritrovava Predonzani e quello che ormai era diventato il quella che allora era l’ultima generazione, dei “guru” dell’Arte a Trieste, lo scultore Marcello pittori Livio Rosignano e Marino Sormani e dello Mascherini. Le altissime pareti del “Ristorante scultore Marino Carne. La “spezieria” aveva alla luna” erano tutte tappezzate o da fotografie introdotto una caratteristica ignota a Trieste, ma con autografo e dedica di cantanti lirici e attori di largamente diffusa in tutto il Friuli, di tenere solo prosa (quello di piazza Goldoni era uno dei pochi vino di qualità e di aprire una bottiglia anche per ristoranti aperti “dopoteatro”) o di opere firmate servire soltanto un bicchiere (non pagato – nel dagli artisti triestini, alcune delle quali nate pro- caso degli artisti). prio sulle tavole imbandite (dove è andato a fini- Meno raffinato il panorama enologico di un’oste- re questo patrimonio di memoria e d’arte?), a ria, tra le due gallerie, in via Risorta, dove la per- “saldo” delle consumazioni. sonalità di maggiore spicco era quella del musici- Se nel secondo dopoguerra i “santuari” erano sta Mario Bugamelli con i “sodali” Glauco Del rappresentati da più o meno prestigiose osterie, a Basso, pianista e critico musicale, e Fabio cavallo della prima grande guerra – come ci dice Todeschini, poeta, figlio dell’autore del libretto de Giani Stuparich, nel suo Trieste nei miei ricordi – Il trittico musicato da Antonio Illesberg. Anche gli artisti, pittori e scultori, ma anche scrittori e Del Basso e Bugamelli avevano scritto e musicato poeti si ritrovano al mitico “Caffè Garibaldi”, una “commedia musicale” intitolata “Luluria” aperto al pianterreno del municipio, in Piazza (c’è qualcuno che pensa di recuperare questo Grande (nel dopoguerra “dell’Unità”), per poi spartito di uno dei maggiori compositori triestini passare tutti al vicino “Bar Nazionale”, per col- di tutti i tempi?). lettiva solidarietà con un cameriere ingiustamente Ma il ritrovo più rinomato – e celebrato – – secondo gli artisti – licenziato dal gestore. Il nell’immediato primo dopoguerra era il ristorante “cenacolo” del “Caffè Garibaldi” vede presenti, “Venturi alla luce”, nella centralissima Piazza oltre agli Stuparich, Italo Svevo, Umberto Saba, Goldoni (ove vi è subentrata una grande torrefa- Virgilio Giotti, Bobi Bazlen, lo scultore Ruggero zione): il “maitre” era celebre per i suoi piatti Rovan (che Stuparich, nel suo volume uscito nel “alla fiamma” (non so con quanto senso 1948 giudicava non adeguatamente apprezzato) 55 Vito Timmel - “Disegni dal labirinto” per gentile concessione di Antonio Sofianopulo e Nadia Bassanese Gian Matteo Campitelli qualche decennio dopo, nel 1925, e in altra sede – la sua prima personale. Magris configura una sorta di “sodalizio” intorno a Timmel formato oltre che da Sofianopulo (di cui è storicamente assodata l’attenzione che ebbe nei confronti dell’infelice collega, specialmente negli ultimi anni della sua esistenza, dal 14 luglio del 1946, quando viene ricoverato per l’ultima e il pittore Giorgio Bolaffio. «Anche Timmel – volta al manicomio di San Giovanni, sino alla aggiunge Stuparich – si sedeva spesso al nostro morte, avvenuta alle ore 9.45 del primo gennaio tavolo sfoderando violenti paradossi nel suo gergo del 1949), anche da due altri docenti di storia scolorito e sboccato». Può essere che Timmel dell’arte-pittori come Gian Matteo Campitelli e abbia incontrato Saba nelle sale del caffè: nel Renato Baroni ed un artista della nuova genera- 1919 si ritroveranno nello splendido, restaurato, zione: lo scultore Marcello Mascherini, che è nato “Cinema Italia”, Timmel come autore della deco- a Udine nel 1906 ed è più giovane degli altri razione e dell’eccezionale ciclo delle “Maschere”, quattro di 18-20 anni. Saba come gestore del nuovo cinematografo, Uno dei luoghi d’incontro – prima dell’interna- incarico che gli aveva affidato il cognato, l’impre- mento – è l’osteria “La Sardella”, in via Delle sario Wölfer-Lupi. Vecchie Beccherie, citato da Timmel nel suo Fino all’avvento del Fascismo gli artisti triestini Magico taccuino, che scrive tra la metà degli anni avevano anche una sede “istituzionale”-corpora- Venti e il 1936 (e sarà pubblicato, nel 1973, tiva, dove si ritrovavano: “Il Circolo Artistico”. dallo Zibaldone di Anita Pittoni, con saggi di Fondato nel 1884 da tutti i maggiori pittori e Claudio Magris, dei coniugi Basaglia e di Michele scultori triestini dell’epoca, ma anche dall’èlite Zanetti). degli architetti, dal 1891 ha sede nell’elegante e Anche se è impensabile che alla “Sardella” abbia- spaziosa “sala Fenice” progettata da Ruggero no mai messo piede lo “snob” Sofianopulo o il Berlam (che diviene anche presidente del “baciapile” Campitelli, il delineato “sodalizio Circolo). In quegli anni ha più di 600 soci. Timmel & Co.” ha comunque tutte le caratteristi- All’allestimento della nuova sede partecipano, tra che delle tradizionali aggregazioni degli artisti gli altri, anche i pittori Vito Timmel e Cesare triestini: pluralismo di culture e di identità nazio- Sofianopulo, i due protagonisti della Mostra di nali (Timmel è un tedesco, nato a Vienna, Magris, anche nella versione teatrale allestita dal Sofianopulo è di nazionalità e di cittadinanza Teatro Stabile di Prosa della regione Friuli- greca, Campitelli è un istriano – è nato a Valle, a Venezia Giulia, per la regia di Tonino Calenda. Al pochi chilometri da Pola con ascendenti Circolo Marcello Mascherini presenterà – ma dell’Italia centrale, Baroni è un trentino della Val 57 58 Vito Timmel - “Le tre carrozze” collezione privata Marcello Mascherini con l’attore Ottorino Guerrini durante le prove di “Assassinio nella Cattedrale” farli sentire “affini”, soprattutto per i tre quasi coetanei (Timmel è del 1886, Campitelli ha due anni meno di lui e Sofianopulo tre): Timmel frequenta, a Trieste, dal 1901 al 1905, la celebrata “Scuola per capi d’arte”, che così profonde tracce lascerà in intere generazioni di artisti e di artigiani triestini; nella stessa prestigiosa “scuola” Campitelli vi entra come allievo (probabilmente Lagarina e Mascherini è un friulano, che a quat- nella stessa sezione per “pittori e decoratori”, tro anni si trasferisce, con la famiglia, a Trieste); scelta da Timmel, e diretta da Eugenio pluralismo di tendenza artistica (Baroni, come Scomparini) e quindi vi ritorna come insegnante, presidente del Circolo Artistico “assorbito” di disegno e di storia dell’Arte; analogo il percor- dall’“Associazione fascista delle Belle Arti” e so di Sofianopulo e nelle stesse aule approderà – quindi ritornato al vecchio nome, è il catalizzato- ma ormai siamo nel 1919 – anche Mascherini. re delle posizioni più conservatrici, mentre Come tutti gli artisti giuliani di quegli anni Campitelli presiede il sindacato democratico (prima cioè della caduta dell’Impero austro- costituito dagli artisti più “progressisti”; Timmel ungarico) anche “Timmel & Co.” completano e fa parte a sé, richiamandosi piuttosto ai suoi perfezionano gli studi nei maggiori centri cultu- maestri austriaci, Klimt in testa; Sofianopulo – rali tedeschi, Timmel e Campitelli a Vienna, che, come fantasia creativa potrebbe essere il più Sofianopulo a Monaco di Baviera (ma anche a vicino al pittore nato a Vienna – non fa testo per- Parigi), Mascherini sarà allievo di uno scultore ché la famiglia gli proibisce di vendere i suoi qua- formatosi nella capitale austriaca. dri); pluralismo religioso (Sofianopulo, malgrado La consuetudine artistico-professionale è altro il suo irriverente scettiscismo fa parte della comu- terreno d’incontro tra i cinque: anzitutto il sinda- nità religiosa greco-ortodossa, partecipando ai riti cato, retto prima da Campitelli e poi da nella chiesa di via San Nicolò, che si trova vicino Mascherini, che non è solo l’organo di rappresen- alla sua abitazione; Campitelli, che era partito da tanza corporativa, ma anche – e soprattutto – posizioni ateiste, approda ad un’intensa religio- promotore ed organizzatore di mostre e rassegne sità cattolica e promuove, negli anni Trenta, le collettive; Campitelli e Sofianopulo esercitano prime Mostre d’arte sacra; Mascherini nel secon- anche la critica militante, il primo per il quoti- do dopoguerra si avvicinerà alla massoneria). diano promosso dal Governo Militare anglo-ame- Anche i percorsi formativi dei cinque hanno tutta ricano, Il Giornale Alleato, che esce a Trieste, e una serie di coincidenze, che possono essere servi- l’altro sulle pagine triestine del quotidiano udine- te, se contemporanee, ad approfondire l’amicizia se, Messaggero Veneto. e la solidarietà, artistica ed umana, e comunque a Malgrado tutte queste “coincidenze” e affinità, 59 60 Vito Timmel - “Commedia” per gentile concessione del Consorzio Culturale del Monfalconese Cesare Sofianopulo rientamento e fatti demenziali; i suoi dipinti dell’ultimo tempo hanno l’impronta dell’infantilismo; cambia rapidamente di proposito, associa molto superficialmente». Personaggio altrettanto ricco di risvolti è Cesare Sofianopulo. Figlio di un greco commerciante di “zibibe” (anche Demetrio Carciotti aveva fatto fortuna, a Trieste, con il commercio dell’uva restano fortissime le caratterizzazioni dei singoli passa, fino al punto di costruirsi il magnifico personaggi (s’intende della loro reale identità). palazzo neoclassico sulle Rive) che volendo accre- Anzitutto Vito Timmel, o meglio Vittorio von scere di prestigio era passato all’export-import. Thümmel (e non c’è bisogno di Freud per spiega- Un genitore così rigido aveva “accettato” che il re perché i suoi “sogni” dipinti negli anni 1943- figlio Cesare studiasse, in Germania ed in 44, durante il primo ricovero all’ospedale psi- Francia, da artista, a patto che non si piegasse al chiatrico siano firmati con il cognome originale, commercio “poco dignitoso” dei suoi lavori pitto- scomparso in tutta la produzione precedente). rici. Evidentemente questo rigido genitore non Figlio di un nobile tedesco e di una contessa friu- considerava “indecoroso” che uno dei redditi più lana, che a Trieste (dove la famiglia si trasferisce sicuri per Cesare gli provenisse dagli affitti della da Vienna, quando il piccolo Vito-Vittorio ha sua casa in Cittavecchia, in via del Fortino, paga- quattro anni) apre un’atelier di moda. Alla ti dai gestori delle case di tolleranze. meningite avuta da bambino sarà attribuita La fedeltà alla nazionalità greca gli darà il van- anche la malattia mentale che lo porterà alla taggio di un posto sicuro alla Biennale di Venezia, morte. Il primo matrimonio dura soltanto quattro nel padiglione del Regno di Grecia, ma gli costa il anni, perché la moglie muore di tbc. L’unico mancato incarico di docente perché straniero, sia figlio emigrerà in Cile, dove diventerà coreografo: sotto l’Austria che sotto l’Italia, e il mancato in manicomio una delle ossessioni di Timmel è matrimonio con un’insegnante triestina con la rappresentata dal desiderio di raggiungere il quale conviveva da anni e che, sposandolo, figlio in Sud America. avrebbe perso il posto di lavoro, perché diventata La “scheda sanitaria” compilata nel novembre cittadina straniera. del 1945 al manicomio triestino (e pubblicata nel Considerava, come suo modello, anche d’elegan- prezioso volumetto Vito Timmel, edito nel 1985 za, Gabriele D’Annunzio. Eleganza che gli era da Nadia Bassanese) ne dà un ritratto, che non è valso – così credeva, in un primo momento – solo sanitario: «ha condotto sempre vita sregola- l’applauso dei colleghi dell’Accademia di Parigi, ta; si dava al bere smodatamente; da un anno che lo accoglie al grido di “Voilà le comte!”. progressivo indebolimento della memoria e diso- Sofianopulo pensava che lo paragonassero a un 61 62 Vito Timmel - “Arlecchino” per gentile concessione del Consorzio Culturale del Monfalconese Una veduta del Teatro del Cantiere Navale Triestino di Panzano. Le tavole di Vito Timmel, che si credevano perdute, sono state ritrovate nell’autunno del 2000. Attualmente è in corso il restauro delle opere a cura del Consorzio Culturale del Monfalconese, che ne ha acquisito la proprietà colo – ha anche il merito di aver posto l’accento su questa struggevole amicizia tra due grandi artisti. nobile, un conte appunto, mentre i suoi colleghi l’avevano definito un “con”. “Ecco el mona!” è la traduzione che lo stesso Sofianopulo dava al saluto, raccontando l’episodio. Intelligente, raffinato e poliglotta Sofianopulo è il primo traduttore, in versi italiani, dei Fiori del male di Baudelaire e di alcuni poeti greci contemporanei. Celebri sono rimasti i bigliettini che aveva appiccato, di notte, sui muri del centro città e fatto “volantinaggio” al teatro Verdi, scritti con la sua inconfondibile scrittura “liberty” e riferiti al generale inglese, governatore militare di Trieste: “Airey is money”. Sono questi due – Timmel e Sofianopulo – che negli ultimi tragici anni del pittore austriaco danno vita a quella che Magris definisce una “buffa e profonda amicizia”. È Sofianopulo che va a visitarlo, quasi quotidianamente, a San Giovanni; che lo riporta al manicomio dopo un’avventurosa fuga dallo Psichiatrico; che tiene informati figlio e moglie (la seconda, sposata nel 1922); che gli porta cibi e indumenti. E Timmel contraccambia, dedicandogli “con saluti cordiali” i disegni dei suoi “sogni”. La Mostra di Claudio Magris – il libro e lo spetta- 63 i commenti sul testo Daniela Giovanetti Colloquio su “La mostra” di Claudio Magris e Daniele Del Giudice Claudio Magris: [...] Come è nato questo libro? rebbe essere. Rendere opaca la vita, per soffrire Come ricordava Daniele, nella mia ossessiva un po’ di meno della mancanza della vita vera. fedeltà mi sono ripetutamente accostato, negli Sono esistenze, come quella di Timmel, anarchi- anni passati, alla figura di Timmel, quel notevole che; l’anarchismo di chi cerca disperatamente un pittore, diciamo grosso modo liberty, nato a ordine per venir liberato dal peso della libertà e Vienna e morto a Trieste nel 1949 in manicomio, della responsabilità. Così Timmel, assolutamente il quale ha scritto un geniale e delirante taccuino anarchico, finisce per esaltare perfino il fascismo, (trascritto, in certi casi quasi “tradotto” dalla sua per vagheggiare un’infanzia in cui si è beati per- viva voce da Anita Pittoni, che gli era vicina) ché si obbedisce, perché si è liberi dal peso delle mentre stava venendo disgregato psichicamente, libertà e ci si abbandona ai propri sogni. Anche il taccuino da cui ho preso qualche frammento. Mi coro delle sedie nasce da questo sentimento, dal interessava questa figura di randagio, di fuggia- desiderio di essere una cosa: una cosa - come una sco, questo “io” sempre in bilico fra il disgregarsi sedia - anche quando la si sbatte non soffre, gli e il tenersi insieme, tra il non essere più nessuno spigoli della realtà non le fanno male, come fanno (o essere soltanto una manciata di atomi, di fran- male a chi vive. C’è come un desiderio di essere tumi disgregati che si perdono nel niente) e l’esse- stati piuttosto che di essere, per soffrire di meno, re invece ancora una personalità forte, riottosa, cercando di amputarsi di ciò che fa soffrire di caparbia. Soprattutto mi interessava e mi interes- più. sa il suo destino (un po’ come quello di Enrico A parte i lunghi anni in cui, di tanto in tanto, Mreule, il protagonista di Un altro mare, che sono come è stato ricordato, mi sono occupato di molto grato a Daniele di aver ricordato), Timmel Timmel (scrivendone all’inizio degli anni Settanta è una di quelle personalità che cercano di difen- sul “Corriere della Sera”, pubblicando insieme a dersi dalla difficoltà o talora dall’insostenibilità di Franco Basaglia, Anita Pittoni, e Michele Zanetti vivere rifugiandosi nell’apatia, in una regale e il suo Magico taccuino e scrivendone l’introduzio- anarchica autodistruzione. ne, facendolo apparire di scorcio pure in Personalità troppo sensibili che cercano di spe- Microcosmi), il libro è nato da una spinta, da gnere questa sensibilità che li fa soffrire: come un’occasione precisa. Io ho sempre bisogno, in qualcuno che chiudesse gli occhi di fronte allo qualche modo, di qualche stimolo esterno, anche splendore di un mare troppo intenso, che gli occasionale, che funga per così dire da levatrice, ricorda come la vita dovrebbe essere e che dun- che porti alla superficie qualcosa che certo c’era que gli risulta insostenibile. Allora si chiudono gli già prima in me, ma forse magari solo oscura- occhi, ci si ottunde; si cerca l’apatia, la sottrazio- mente, e che altrimenti forse non sarebbe giunto ne, l’insignificanza, quasi la non esistenza, per all’espressione. Anche Danubio, Un altro mare, non soffrire troppo sentendo sulla propria carne Microcosmi, o Le voci sono nati da questa mesco- quello che si potrebbe, che si dovrebbe e si vor- lanza di un interesse profondo e di una causa 67 68 prossima, di un’occasione stimolante. Più di due prio conto, tanto è vero che io ho scritto questo anni fa, Fabio Nieder, musicista triestino che vive testo e lui sta componendo un’opera, in cui utiliz- e opera fra Trieste e la Germania, dove fra l’altro zerà come crederà quello che io ho scritto, traen- la sua musica incontra un particolare successo, done un libretto che potrà conservare tali e quali mi ha cercato (prima ci conoscevamo poco, credo alcune mie battute o scene, ma modificarne altre che ci fossimo incontrati solo una volta o due bre- o tralasciarne altre magari per me fondamentali. vemente) e mi ha proposto di fare insieme a lui Credo del resto che ogni collaborazione realmente un’opera su Timmel. Lui avrebbe scritto la musi- creativa sia paritetica, un dialogo che avviene ca e io il testo. quando ci si pone, con apertura e disponibilità al Gli ho risposto subito di no; ho ribadito poco rischio, l’uno di fronte all’altro. Per quel che dopo il no, ma ho cominciato a pensarci, a girare riguarda questa atmosfera creativa, senza la dentro di me questa idea e tutto questo ha fatto quale tante cose di questo libro non sarebbero emergere con violenza, dentro di me, la storia e il nate, sono anche debitore a Paolo Bozzi, a Pino destino di Timmel e un particolare significato che Roveredo (quanti incontri con Fabio Nieder e esso mi sembrava assumere, in qualche modo, Paolo Bozzi, nelle osterie e birrerie triestine!) e a quale specchio, nonostante le enormi dissomi- qualche amico e amica cui ho fatto leggere il testo glianze e antitesi, di me steso. finito e che mi hanno dato preziosi suggerimenti, Sono molto grato a Nieder, e non soltanto per soprattutto mi hanno suggerito preziosi tagli. questa spinta iniziale, ma perché nei numerosi e Qualche consigliere e/o consigliera segreta è sempre più intensi e fraterni incontri che ho anche presente in questa sala. avuto con lui ho imparato molte cose; dalla Ho scritto, come sempre mi succede, questo testo nostra conversazione, dallo scambio di idee, è di getto, in modo selvaggio, senza un piano preci- nata una certa tensione fantastica, una specie di so, tranne l’idea generale; personaggi, scene, epi- ribollente laboratorio creativo, senza il quale non sodi mi sono anche nati via via, mentre scrivevo, avrei scritto questo libro. La nostra collaborazio- senza che mi fossero presenti prima. Ho finito ne è stata singolare, in quanto ognuno è andato questa stesura, diciamo così selvaggia nel Natale per la sua strada, diversamente da ciò che succe- 1999, l’ho lasciata riposare per molti mesi, poi è de di solito. Abitualmente, quando un musicista e cominciato il lavoro puntiglioso di correzione, uno scrittore collaborano, l’uno fa da spalla controllo, rifinitura, potatura; un preciso lavoro all’altro; il musicista si mette al servizio di chi razionale dopo il momento selvaggio. Finché, scrive il testo, componendogli magari le musiche pochi giorni fa, è uscito il libro. di scena, oppure, cosa ben più frequente, chi scri- Questa è la sua storia esterna. Alla scrittura del ve il libretto si pone al servizio del musicista e gli libro hanno concorso pure dei fattori curiosi, scrive le scene o le parole di cui egli ha bisogno. anche ambivalenti. Il destino, la vita, il modo di Noi invece abbiamo proceduto ognuno per pro- essere, di sentire e di pensare di Timmel mi sono, ovviamente, lontanissimi; sono anzi, sotto molti questo testo, che è molto diversa da quella della aspetti, l’opposto di me. Ma in qualche modo è maggior parte delle cose che ho scritto. Forse stato come se avessi trovato uno specchio deforme ricorda un po’, per certi versi, Stadelmann, o o deformante, in cui mi sono riconosciuto e che ancora di più Le voci, per qualche aspetto anche mi ha permesso di dire certe cose che altrimenti Un altro mare. Ma La mostra ha una scrittura forse non sarei riuscito a dire. Talvolta si scrivono molto più violenta, dura e visionaria, spezzata, in libri che sono come la nostra fotografia; rileggen- certi momenti forse anche ardua, difficile. Ci doli, uno si riconosce in essi, trova in essi ciò che sono, in quello che scrivo, come due scritture. C’è egli pensa del mondo, la sua concezione e il suo quella che cerca di capire il mondo, di rendersi sentimento della vita. Ma ci sono dei libri che si ragione dei suoi fenomeni, di collocare i singoli scrivono e che sono un po’ come il negativo della destini, anche dolorosi, sullo sfondo della totalità nostra fotografia. Libri che non dicono le nostre del mondo, e del suo significato, che dunque in risposte ai problemi della vita, ma che fanno sen- qualche modo li media. È una scrittura avvolgen- tire intensamente le domande su quei problemi te, con periodi ipotattici ben costruiti, gerarchiz- che noi ci poniamo nel nostro profondo, anche se zati, che pongono le cose importanti nelle frasi diamo loro risposte diverse; libri che dicono non principali e quelle secondarie nelle subordinate, solo quello che siamo, ma quello che potremmo, mettendo per così dire al loro posto gli aspetti del vorremmo o temiamo di essere; che dicono le mondo. Questo è il tipo di scrittura che ho prati- nostre ossessioni, cui magari non indulgiamo cato di più, sia nella narrativa, sia nella saggisti- nella nostra vita pratica e nella elaborazione della ca; una scrittura che vuole dare senso alle cose, nostra visione del mondo. Libri che esprimono collocare ogni singola esperienza, anche dolorosa, una visione del mondo che non potremmo certo in una totalità che la comprenda e che, solo per il firmare, come se fosse la nostra, ma in cui sentia- fatto di comprenderla, può conciliarla, ovvero mo risuonare, magari indirettamente, tante possi- inquadrarla in un contesto più ampio. bili, sognate, temute, esorcizzate o represse visioni C’è invece la scrittura (soprattutto, ma non solo, del mondo nascoste dentro di noi. Io credo di quella teatrale) che mi sembra dia la possibilità assomigliare un po’ al protagonista di Danubio e di rendere giustizia a certe esperienze brucianti, a quello di Microcosmi, vorrei assomigliare a dirette. Una sofferenza grande, anche la nostra quello del Conde, non assomiglio affatto nel mio morte, se collocata nella storia del mondo, per il comportamento e nei miei sentimenti (a parte solo fatto di esservi collocata, assume un senso l’amore per il mare) a Enrico Mreule, ma le che non sminuisce certo la sua tragicità ma in domande che egli si pone nel suo intimo le sento qualche modo la mitiga. Quest’altra scrittura fortemente, sono le mie domande, anche se le mie invece cerca di non sottrarsi alla bruciante imme- risposte sono radicalmente diverse. diatezza, di confrontarsi con l’assolutezza di certi Un altro problema è costituito dalla scrittura di istanti. Ci sono dei momenti, delle sofferenze, che 69 70 vengono sentite come un assoluto, come un dolore disordine del mondo, in un pensiero filosofico. terribile. Se qualcuno ci tortura con le tenaglie C’è proprio un punto che è il punto di maggiore roventi, in quel momento non ci interessa, non violenza di questo testo ed è vero che mai Claudio può interessarci il significato del mondo, ma ha trattato in maniera così violenta una situazio- viviamo l’assoluto di quel dolore fisico, e altret- ne esistenziale di dolore. È un momento che è tanto vale per certi dolori morali; talvolta, per introdotto anche questa volta dal direttore, inteso rendere giustizia a un fenomeno, bisogna mettersi qui come direttore della mostra, il quale parla faccia a faccia con la Medusa della vita - senza della crisi di Timmel che a un certo punto smette trarne una filosofia né un’ideologia della catastro- di dipingere, ma soprattutto smette di far mostre fe, un pessimismo compiaciuto, una retorica della per quasi una dozzina d’anni. Non ci sarebbe negatività. Ma collocandosi appunto faccia a fac- niente di male in questo, fa parte del percorso; il cia, a distanza zero dalla Medusa della vita. fatto è che la deriva che ne risulta, cioè il suo È soprattutto il teatro che sa sbattere in faccia vivere nelle osterie, il suo vendere schizzetti fatti quello che viene direttamente fuori dalla voce, dal nelle osterie in cambio di vino, il suo dipingere i cuore, dal corpo, dal gesto. E allora la scrittura si muri delle osterie in cambio di cibo, è una deriva fa spezzata, rotta, come se raccogliesse delle totalmente di abbandono, di indegnità; finché c’è schegge, di oggetti fatti a pezzi a colpi d’ascia, un momento di riscatto, ma questo riscatto è frantumi d’esistenza, di sentimenti, di vite disgre- ancora più indegno ed è un pezzo straordinario. gate. Non avrei saputo scrivere La mostra in una Accade che la moglie di Timmel muore e questa forma di scrittura diversa, perché l’ho vissuta in sua deriva, questa sua impotenza trova, in qual- un certo modo dall’interno dei personaggi. Ho che modo, prima di tutto una nuova dignità, nel l’impressione come se questo libro fosse un libro senso che può avere un motivo [...]. scritto dopo un diluvio; come raccogliendo relitti portati dal mare sulla riva, cose bellissime e [...] C’è dunque un riuso dell’indegnità trasfor- meravigliose, porcherie, frammenti [...]. mata in una nuova dignità per la malattia e la morte della moglie. Questo è anche un altro trat- Daniele Del Giudice: [...] L’altra parte a mio to, ma non ne parlo in senso di tradizione lettera- avviso fortemente drammatica, fortemente vio- ria ma di tradizione esistenziale. Anche Emilio lenta a cui fa riferimento Claudio è un vero vorti- Brentani, in Senilità, è bravissimo nel misurare la ce, un vero gorgo che sta nel cuore del libro, dove propria indegnità, conoscere la propria indegnità c’è proprio una scrittura dell’essere preso con le e riutilizzarla, passare dallo stato di vergogna tenaglie, dove maggiormente emerge l’essere profonda, trovando motivi che in qualche modo preso con le tenaglie, dove il dolore personale la nobilitino. scrive direttamente e non trova più conforto in C’è poi, nel momento della morte della moglie, una messa in ordine o messa in caos o messa in questo notevolissimo e anche qui assai catastrofi- co, assai drammatico vortice che riguarda appunto il tema di Alcesti, della donna che va nell’Ade, prendendo su di sé questo compito e sottraendolo invece al proprio uomo. Qui c’è una coincidenza, in senso di autobiografia rovesciata; qui c’è una partecipazione di te Claudio come narratore molto forte la cui spia, tra l’altro, è proprio l’abbandono del dialetto, il passaggio alla lingua. 71 Magris, storia del pittore che attraversò la notte scura 72 di Ermanno Paccagnini È un testo che viene da lontano, La Mostra. all’ieri dell’immediato postmortem del pittore, Almeno dal 1973 della pubblicazione del Magico all’altrieri presentificato dello stesso Timmel, taccuino di Vito Timmel (1886-199) morto nel all’oggi della mostra di suoi quadri organizzata manicomio di San Giovanni a Trieste. Di sicuro da un direttore di manicomio in cui s’affaccia il dall’11 settembre 1980 quando Magris alla Franco Basaglia prefatore anche al Magico tac- Fondazione Cini tiene una conversazione su cuino. Figure che dicono di un’altra costante di L’accidia del superuomo: il viandante di Vito Magris: l’operare creativamente su personaggi Timmel e il suo taccuino magico, entro un ciclo in reali, come già col romanzo Un altro mare; e, qui, cui affronta i temi a lui cari del Viandante, del anche con lo scultore Marcello Mascherini e Fuggiasco e dell’Io diviso. Un Timmel «randagio soprattutto il Cesare Sofianopulo già ricordato in pittore nato a Vienna e venuto a completare la Microcosmi come «pittore, poeta, traduttore di sua autodistruzione a Trieste» di lunga sedimen- Baudelaire e devoto ai tramonti sulle rive, i cui tazione, richiamato in Microcosmi col suo «miscu- raggi inclinati a suo dire rendevano trasparenti i glio di folgoranti epifanie liriche e di singulti ver- vestiti delle donne»: battuta che qui torna messa- bali prossimi all’afasia e sbriciolati dall’amnesia, gli direttamente in bocca. Un operare con fedeltà ch’egli chiamava nostalgia, desiderio di cancellare – ciò che con Timmel significa appoggiarsi anche tutti i nomi e tutti i segni che irretiscono l’indivi- alle parole del suo “magico taccuino” (e ne è spia duo nel mondo». Ed è a quelle pagine che mi vien il «bisogna assolutamente dipendere per raggiun- spontaneo rinviare il lettore che voglia riassunta gere l’atmosfera beata» citato in Microcosmi e con rapida intensità la figura del «viandante riproposto nella Mostra). Ma anche con una rilet- ribelle» Timmel, un «viandante dell’anima» che tura del personaggio (in Utopia e disincanto, scri- nella Mostra Magris ripropone nella cangiante veva di viandanza e di «esperienze di frontiera eppur unitaria forma di racconto e struttura tea- perduta o cercata» da ricostruire «nella realtà e trale e da libretto d’opera tesa a rievocarlo in un nel cuore»). Qui: un Timmel – uomo anche del gioco di visivi piani spaziali attraverso incroci di “disincanto” – che egli appoggia e stringe a sé per brandelli discorsivi di amici, personale e compa- riviverlo dall’interno: appropriandosene; per tra- gni di manicomio, avventori d’osterie, voci di sferirvisi, e per parlare in prima persona attraver- passanti colte dal fondo, cori e semicori di perso- so di lui. Intellettualmente, come in passato. Ma ne e oggetti (le sedie) che si trovano pure a scam- qui, nella Mostra, soprattutto emozionalmente. biarsi i ruoli: il tutto chiamato a contrapporre lo Una emozionalità che fa a braccio di ferro con la spezzato monologo di Timmel, che nel trascorrere razionalità. del testo si fa via via sempre più visionario, incre- Ed è tale abbraccio che carica di densità di per- pandosi anche di cadenze dialettali triestine. Un corsi tematici questo testo. Per raccogliere solo contrappunto sviluppato anche su più piani tem- talune sollecitazioni: i rapporti sanità-follia e porali: appartenendo i vari personaggi in scena arte-follia; la follia (in passato: il suicidio) come rifugio estremo; fuga fisica e mentale; rapporto sentimenti: a tratti da grido mistico di noche tra “nostalgie” e “desmentegar”, ricordo e rimo- scura. zione; prigionia nella libertà e libertà nella prigio- Interrogazione sul diritto a trovare una concilia- nia; quella “responsabilità” che impregna le pagi- zione salvifica e facilitante tra “libertà” e “neces- ne più recenti di Utopia e disincanto; la colpa sità” (la morte d’una persona cara). orginaria; il male e la sua necessità. Ma pure con- Un’interrogazione al limite (ma anche oltre) trapposizione tra espressività libera e senza d’uno straziante senso di colpa. Non tanto mediazioni (Timmel) e mediazioni devianti, come dell’essere stato: ossia dei sentimenti; dell’aver quelle del direttore-interprete o dell’amico succhiato la vita “da quel seno che si spolpava e Sofianopulo, che s’esprime soprattutto per cita- sfasciava”. Quanto: senso di colpa del continuare zioni e stilemi classicheggianti (spesso in versi) a “essere”. A “vivere”. Anche creativamente. riversati pure nelle sue versioni da Baudelaire, così narcotizzando il bohème per eccellenza. Senza dimenticare il linguaggio: i felicissimi incroci tra espressività ora dotte (come lingua, e come continui calchi e citazioni: di parole e forme), ora di parlato (o cantato), ora dialettali: distribuiti per diversi stilemi tra vari personaggi e invece fusi in Timmel. Insomma: tanti i possibili percorsi di lettura. Tutti però a fare alone quasi protettivo attorno all’aspetto «più straziato e sincero». Da libro-confessione. Che ha scelto di misurarsi «con la demonicità della vita», a partire dall’aspetto più profondamente personale. Ed è questo che fa della Mostra un atto e insieme un canto d’amore: e Timmel parla anche col Cantico dei cantici (ma pure col Qohèlet), mentre altre sue espressioni mi ricordano Giotti e Marin e altre ancora passi di Marisa, la moglie e fine scrittrice. Un canto – attraverso Timmel – per una moglie, Mari(s)a, che non c’è più: riletta come Alcesti, la sposa «che muore per lui», per salvarlo dalla conoscenza «dell’orrido niente». In cui si deposita un’interrogazione scarnificata e scarnificante sui propri dal “Corriere della Sera” del 10 maggio 2001 73 Magris: l’oscuro riflettersi nell’“altro” 74 di Enzo Golino Radicato nella precoce convinzione che l’unico al di là del limpido specialismo del germanista modo di parlare di sé, della propria esperienza, (cattedratico prima a Torino dove ha studiato e si consiste nel parlare degli altri raccontandoli con è laureato, poi a Trieste dove è nato nel 1939, e in gli occhi della propria identità, l’impulso a scru- giro per le più importanti sedi universitarie non tare negli oscuri cunicoli della Storia, attratto da solo italiane) con un piglio narrativo di cui già si individui le cui vicende, non solo letterarie, meri- poteva intuire l’ambiziosa promessa. Ernestina tavano di essere meglio illuminate, Claudio Pellegrini nel saggismo di Magris avvertiva la Magris l’aveva già manifestato e assolto, agli inizi presenza di “uno scrittore in esilio imprigionato della sua smagliante carriera, nei saggi dedicati in una gabbia saggistica (...) schiacciato contro le alla cultura mitteleuropea. Scrittori noti appena sue frontiere intellettuali, ma che avrebbe sempre per qualche frettolosa riga di manuali accademi- lottato perché non avvenisse una separazione ci, o per sporadiche traduzioni, nelle sue pagine radicale all’interno di questa “visuale doppia”. hanno trovato un rilievo degno della loro com- (Epica sull’acqua. L’opera letteraria di Claudio plessa umanità, del loro valore estetico. Magris, Moretti e Vitali, Bergamo 1997). Acuto storiografo della disarmonia, stratega della Magris infatti aveva dato alle stampe un breve dissonanza, rabdomante di sontuose apocalissi di racconto Illazioni su una sciabola (Garzanti, corpi e di anime, questo fascinoso vociano post- Milano, 1984) accolto da critiche per lo più favo- moderno armato di Etica e di Stile si era rivelato- revoli, poi ristampato in varie sedi editoriali. Non ai suoi lettori e forse anche a se stesso – in libri fui molto persuaso da questo debutto e neppure felicemente ispirati. Penso soprattutto a Il mito dalla successiva prova narrativa in forma di absburgico nella letteratura austriaca moderna romanzo, Un altro mare, pubblicato sette anni (Einaudi, Torino 1963 e 1988) e a Lontano da dopo sempre da Garzanti. Anche perché nel frat- dove. Joseph Roth e la tradizione ebraico orienta- tempo, il mio interesse per il Magris saggista era le (Einaudi, Torino 1971), libri in cui le frontiere stato ulteriormente arricchito dalla lettura di geografiche venivano assunte in trasparenza al Danubio (Garzanti, Milano, 1986): libro senza dettato letterario sia come realtà antropologiche e etichette, incrocio quasi perfetto di miti e di geopolitiche sia come ferite esistenziali e storiche. realtà, di Storia e di storie, geniale ibrido di sen- La propria scrittura Magris ha saputo diagnosti- sazioni individuali e di sensibilità collettive carla con icastica efficaci, quel “periodare ipotat- costruito come una metafora ideale e materiale tico che cerca di inseguire e di avvolgere le con- dell’esistenza sull’eterno tema del viaggio. traddizioni del mondo” (Fra il Danubio e il mare, L’acqua del fiume, testimonianza di una diffusa con videocassetta, Garzanti, Milano, 2001). Il “idrofilia” dell’autore, e qui onnipresente e onni- sinuoso andamento e la ricchezza lessicale dello comprensivo simbolo da sviscerare secondo i det- stile, l’esegesi critica di intellettuali e scrittori tami di una psicoanalisi degli elementi primordia- campiti sullo sfondo storico-culturale, andavano li alla Gaston Bachelard. La scrittura polifonica e inquieta di Danubio, un bile la conoscenza della sua galleria di “uomini fluttuante mobile di parole, mi conquistava pro- senza qualità”, parte irrinunciabile del mosaico gressivamente – e con me ha conquistato tanti letterario europeo. Per le cure affabulatrici del lettori, anche stranieri – dispiegando i suoni delle paleontologo, di frammento in frammento Vito sue multiple sirene stilistiche; e trasmetteva quasi Timmel diventa il protagonista di quell’oratorio medianicamente una dote precipua dell’autore: la laico che è La Mostra. Il percorso della ricostru- capacità tecnica di orchestrare temi, personaggi, zione è stato individuato da più d’un recensore, scritture come se stesse dirigendo una grande ma il più attento e circostanziato credo sia stato orchestra. Idea di cui devo ringraziare l’orecchio Ermanno Paccagnini (Corriere della sera, 10 musicale di Luigi Baldacci che nel suo recente maggio 2001). Prima tappa 1973, pubblicazione Trasferte (Rizzoli, Milano, 2001) l’ha applicata a del Magico taccuino di Vito Timmel nelle triesti- Hector Bianciotti, narratore franco-italo-argenti- ne Edizioni dello Zibaldone di Anita Pittoni, no. Per mio conto, da profano, quel gesto largo e vestale della triestitudine, testi introduttivi di imperioso dello scrivere di Magris in Danubio l’ho Magris, dall’indimenticabile Basaglia (pioniere letto, ascoltato, vissuto come se fossi immerso nei italiano dell’antipsichiatria) e di sua moglie colori e nelle sonorità di una sinfonia di Gustav Franca. Seconda tappa 11 settembre 1980, con- Mahler. ferenza di Magris a Venezia, Fondazione Cini, sul Altri libri ha scritto Magris prima e dopo Danubio tema L’accidia del superuomo: il viandante di fino agli ultimi titoli Microcosmi (Garzanti, Vito Timmel e il suo taccuino magico. Terza tappa Milano, 1997) e Utopia e disincanto (Garzanti, della lunga incubazione è il 1997, con le pagine Milano, 1999). E ha inaugurato il nuovo secolo di Microcosmi in cui appare la figura di Timmel con La mostra (Garzanti, Milano, 2001), testo devastato dai fantasmi della follia, intriso di una singolare felicemente anomalo della genesi tripar- disperata poesia dell’esistenza che trova sbocco tita in quanto nasce – dietro sollecitazione di un lancinante soltanto nel delirio. Infine, quarta musicista triestino, Fabio Nieder – come ipotesi di tappa, 2001: La Mostra. un libretto d’opera, e si distende in frastagliate Vito Timmel è un altro dei personaggi realmente pagine dal respiro ora teatrale ora narrativo, ani- vissuti che Magris ha evocato nelle sue invenzioni moso e sperimentale concentrato dei temi cari narrative proiettandone le distonie esistenziali all’autore. sull’orizzonte storico, intellettuale, sociale. Nato a A cominciare dal fondatore storico, artistico, let- Vienna nel 1886 “quasi scolaro di Klimt”, era terario della civiltà mitteleuropea di cui Magris rimasto precocemente vedovo. Nel suo ossessivo ha raccolto e ricomposto amorevolmente, grazie monologare ricorda la moglie con parole tenere e ai suoi abili strumenti di paleontologo di quella straziate, oppresso da un senso di colpa per cultura, i brandelli più significativi. Un’addizione l’“osceno scambio”: lui vive e Maria non più. di perspicacia che ha reso attraente e indispensa- Vibrano in questo epicedio intarsiato di immagini 75 76 barocche risonanze dell’analogo lutto vissuto da sagi, quel vuoto oscuro generato dalla perdita del Magris con la scomparsa della moglie Marisa centro, motore di ogni decadenza, grandiosa o Madieri. infima che sia. “Bohémien da strapazzo”, Tmmel incarna il rifiu- Perdita di cui anche Timmel patisce, vittima del to degli agi borghesi, del conformismo sociale e lutto e della demenza, di una Storia troppo familiare, la ribellione dell’anarchismo. Vende i schiacciante per le sue gracili spalle, per la sua suoi quadri per una cena o un calice di vino, tempra evanescente. Con la strenua lucidità che riducendosi a patetico zimbello di osteria.Si con- lo distingue, Magris ha chiarito in una intervista a sidera un pittore finito per almeno quindici anni, Franco Marcoaldi la fase creativa di quest’ultimo ma nel 1941 torna ad esporre. Il direttore del periodo e quindi anche la fase che ha presieduto manicomio triestino dove Timmel è stato a lungo alla scrittura di La Mostra. Ho come l’impressio- ricoverato (fino alla morte avvenuta nel 1949), si ne che per me, in questo momento, l’unica possi- ispira alle idee di Franco Basaglia, ma appare bilità di scrivere inventando consista nel racco- piuttosto un suo replicante imbecille, una carica- gliere schegge di cose fatte a pezzi con l’ascia. Si tura dell’originale. E proprio nel manicomio – va sulla riva del mare e si vede che alcune di improvvisandone una funzione museale – orga- quelle schegge sono meravigliose e altre delle por- nizza la prima mostra postuma di Timmel per cherie. E le si mette insieme. Naturalmente sono ricordare l’artista che invece ha voluto vivere consapevole del fatto che tutto ciò fa a pugni con nella dimenticanza di sé. L’intreccio di almeno tre un’altra parte della mia natura: morale, intellet- livelli temporali, la babele linguistica di voci sin- tuale, sistematica. (La Repubblica, 6 giugno gole e di intermezzi corali, tracciano via via e 2001). commentano la vicenda di Timmel evocando Natura che Magris aveva già delineato in “due nomi, date, amicizie, versi di Baudelaire e di componenti molto diverse, antitetiche e contrad- Euripide, filastrocche e proverbi, gemme lessicali ditorie” in una lettera a Ernestina Pellegrini pre- in dialetto triestino assai espressive (“infogonà”, cisando la componente epica [...] omerica e tol- “desmentegar”), estasi e rabbie. stoiana: il senso, nonostante tutto, dell’unità della Artefice di questo magma eruttato da una ispira- vita del mondo […]. E, all’opposto, il senso zione densa di pathos, Magris percorre il confine kafkiano, il senso del negativo, del frammento, tra ragione e follia sul qual vive, in bilico, il suo del nulla; il desiderio di sparire, la sensazione di protagonista; nutre di storie e memorie l’amalga- non poter rappresentare, il silenzio, l’assenza, ma quasi onirico di fantasia e realtà; esplora il l’oblio”. (Epica sull’acqua). difficile crinale che separa e unisce amore e Non vorrei eccedere i simbolismi né produrre morte. Lo sguardo fisso a ogni sorta di margina- oscure glosse dov’è chiara sentenza. Comunque, lità esistenziale, geografica, culturale, Magris non si potrà negare che persino nell’intervista che scruta com’è suo costume, per trarne indizi e pre- ho citato Magris senta il bisogno di parlare del mare a proposito di un libro, La Mostra, dove il tutte le forme letterarie organizzate” (Marcoaldi), mare, sia pure incidentalmente, è di nuovo pre- un punto in cui tutto è finito, l’io, la storia, il sente, evocato dal pittore Cesare Sofianopulo, Mondo. Mai come in La Mostra, nella sua etero- amico di Timmel e autore di una brutta traduzio- genea e ancorché imperfetta drammaturgia, ne dei Fiori del male, da Timmel medesimo, dal Magris ha filtrato in piena autonomia la lezione coro nel suo ultimo intervento rivolto appunto a di Nietzsche e di Musil che da prospettive diverse Timmel: Tu, uomo libero senza nome – Niente ha enunciano l’assenza di “un soggetto unitario che nome, miliardi di atomi senza nome, i punti non possa abbracciare, selezionare e unificare il mol- hanno nome, sei entrano nel mare, le gocce non teplice da una prospettiva superiore e dunque hanno nome, grande addio di nessuno a nessu- afferrare il modo nell’unità della frase”. Un pen- no…. siero frequente nell’opera di Magris – qui ricavato Simbolo “della prova, della sfida”, il mare per dalla sua lezione inaugurale al Collège de France, Magris “è soprattutto legato all’immagine Parigi, 25 ottobre 2001 (Corriere della Sera, 26 dell’eros, dell’amore, della posizione distesa oriz- ottobre 2001) – e che scolpisce il tema dominante zontale, in abbandono”. (Fra il Danubio e il del libro: il naufragio dell’Io nel mare della vita, mare). Tutto nasce dal mare, acqua in continuo sbattuto in quello sfasciume che è la Storia. Non è movimento, e tutto ritorna al mare, immagine dunque un paradosso il fatto che la creatività let- della vita e della morte di cui La Mostra è una teraria di Magris, nelle pagine non strettamente serrata rappresentazione dialettica. Siamo saggistiche, si esprima in modo più convincente nell’ambito largamente praticato di valori mitici in un testo per così dire fratturato, sparso nelle accertati e codificati. L’ascia anche, strumento di mille schegge di uno specchio rotto come La lotta e di lavoro, ha numerosi significati simboli- Mostra, anziché in altri titoli dall’andamento nar- ci: usata dagli dei del cielo e della tempesta per rativo e stilistico più lineare. L’occasione marca- combattere le forze nemiche: attributo di San tamente letteraria di questo incontro fiorentino Giuseppe in quanto falegname; gli Indiani del sollecita a non lasciare in ombra la figura del Nord America, dissotterrandola, manifestavano Magris politico e intellettuale, anzi intellettuale così la decisione di entrare in guerra; deposta alla politico: definizione che non significa certamente radice di un albero è il simbolo del Giudizio organicità a un partito, a uno schieramento, alla Universale… e il catalogo non finisce qui. L’ascia politica politicante dei corridoi di Montecitorio, si avventa sulle cose e le riduce in frantumi di dei teatrini mediatici. Magris è stato in Magris, una funzione che nella sua fantasia miti- Parlamento, eletto al Senato “quale rappresen- ca potrebbe rappresentare la storia, motore di tante di un movimento inventato” di cui era creazioni e di rovine, di significato e di nonsenso, l’unico iscritto. Lui stesso ha raccontato la singo- del tutto e del Nulla. Non a caso La Mostra rac- lare vicenda (La rivista dei Libri, n.2, febbraio conta allegoricamente, con la “frantumazione di 2000) che la dice lunga sul suo modo di parteci- 77 78 pare ai destini della cosa pubblica. Magris si è glio di tutte le attività umane. Nel fare questo vi schierato, dentro e fuori l’istituzione parlamenta- sono evidenti pericoli, ma pericoli anche maggiori re, sia pure lavorando in sintonia con il vi sono nel non farlo. Se non insistiamo che la Centrosinistra, sempre e solo con le proprie idee, politica è immaginazione ed intelligenza sono animate da spiriti liberaldemocratici, o socialde- fatti politici, e d’un genere che non gradiremo mocratici non collocabili in schemi precostituiti. affatto”. (Lionel Trilling, La letteratura e le idee, E lo dimostra un caso macroscopico, il suo inter- Einaudi, Torino, 1962). vento del 1975 contro l’aborto, come aveva fatto Si sarà capito, da questa lunga citazione, che Pasolini, con argomentazioni ben diverse per l’idea di politica che a mio giudizio unisce Magris finezza, grazia, intelligenza e responsabilità civile e Trilling non è quella che abbiamo sotto gli occhi da quelle molto più rozze d’impronta talebanica quotidianamente né quella praticata negli ambu- manifestate da alcuni fronti politici d’allora. lacri vespeschi di Porta a porta. Del resto, analiz- Altro esempio: le riflessioni sul terrorismo, la zando il linguaggio etico-politico di Magris, risul- paura, il coraggio dopo l’attentato dell’11 settem- ta senz’ombra di dubbio la sua distanza dalle for- bre 2001 alle Twin Towers le ho interpretate mule correnti del gergo politico. E credo sarebbe come un’alta lezione di neoumanesimo occidenta- d’accordo l’autore di Utopia e disincanto le che deve fronteggiare i demoni da esso stesso (Garzanti, Milano 1999) nell’apprezzare l’opinio- creati. Infine, la denuncia (Corriere della sera, 30 ne di V.S. Naipaul incastonata nel discorso novembre 2001) che non si può essere indifferenti d’accettazione del Premio Nobel 2001 per la al Male, così motivando l’intenzione di togliere la Letteratura: “Là dove il gergo trasforma le que- sua foto dalla parete del caffè triestino – il glorio- stioni vive in astrazioni e là dove il gergo finisce so Caffè San Marco, “arca di Noè della Mittel- per competere con il gergo, il popolo non ha una europa” – dove ha passato ore e ore a scrivere i causa. Ha soltanto nemici”. (Leggere e scrivere, suoi articoli, i suoi libri, a parlare con gli studen- Adelphi, Milano, 2002). Vorrei terminare, e chie- ti, perché il locale avrebbe ospitato un dibattito a do licenza, con un ricordo personale che riguarda cui partecipava una ex SS della Divisione il mare, ancora il mare, amniotico protagonista Charlemagne. Per definire l’atteggiamento di delle narrazioni di Magris, culla primordiale in Magris verso la politica ricordo volentieri un pen- cui le marginalità da lui narrate cercano di riac- siero di Lionello Trilling, un intellettuale america- quistare il senso del centro perduto. Nel novem- no di tendenze liberali […] il nostro destino, bene bre 1991 (Millelibri n.47, ora in Sottotiro, 48 o male, è politico. Non è quindi un destino felice, stroncature, Manni, Lecce 2002, pag, 26, e a anche se può suonare eroico, ma non v’è modo di pagina 189 la replica di Magris dieci anni dopo) sfuggirlo, e l’unico modo di sopportarlo sta pubblicai una severa recensione di Un altro mare nell’introdurre a forza nella nostra definizione e ho già detto che il romanzo non mi aveva per- della politica ogni attività umana ed ogni detta- suaso. Per due volte nel corso dell’articolo sba- gliai il titolo: scrissi L’altro mare. Ai redattori Peraltro, all’uscita di Un altro mare, intervistato della rivista Millelibri il lapsus sfuggì e io stesso da Giulio Nascimbeni (Corriere della sera, 15 set- me ne accorsi solo quanto un giornalista del setti- tembre 1991), Magris spiegò il significato del manale Il sabato mi accusò dell’errore dopo aver- titolo senza alcun riferimento alla Dickinson. Il mi incluso tra i cospiratori di un complotto edito- mio nodo mentale di trasferì in un lapsus e arbi- riale anti-Magris, campione della concorrenza trariamente venne fuori L’altro mare, cioè il mare giornalistica. Cercai di ricostruire i motivi del di Magris. E mi sembra d’obbligo a questo punto lapsus e trovai una plausibile spiegazione. Nel dedicare a voi, pubblico, e a Magris, dopo aver periodo in cui mi accingevo a scrivere la recensio- derubato spazio a La mostra e al suo mare, i versi ne di Un altro mare riguardavo alcuni libri di di Emily che sono all’origine del lapsus: “Come se Magris e tra essi L’altra ragione. Tre saggi su il mare separandosi/svelasse un altro mare/questo Hoffmann (Edizioni Stampatori, Torino 1978): un altro, ed i tre/solo il presagio fossero/d’un infi- questo titolo può avermi indotto a scrivere L’altro nito di mari/non visitati da riva/il mare stesso al mare. Ma più ancora il lapsus può essere stato mare fosse riva – questo è l’eternità”. Sarebbe provocato dal fatto che in quel medesimo tempo troppo cercare in questi versi tra “mari”, “presa- leggevo e rileggevo le poesie di Emily Dickinson, gio”, “infinito”, “eternità”, la cifra nel tappeto la segregata del New England. Mare e fiumi non che distingue la ricerca di Claudio Magris? mancano nelle sue liriche: ne cito una, bellissima: Sarebbe una forzatura indebita allineare quelle «Il mio fiume corre a te -/azzurro mare, mi vorrai quattro parole al lessico che scorre nel tessuto ricevere?/ Il mio fiume è in attesa di risposta - /Ti verbale dello scrittore triestino? Certamente: le prego mare, accoglimi benigno! /Ti porterò parole sono di tutti, quali più e quali meno o per ruscelli/ dai nascondigli umbratili – Mare, ti nulla fraterne, vanno e vengono, partono e ritor- prego – prendimi!». nano in circuiti insondabili, mosse da ragioni Ero sicuro che Magris fosse consapevole di questa spesso imprendibili. Ma quelle parole, in cui dimensione acquatica dickinsoniana, di grande Magris riconoscerebbe un suono fraterno oltre le forze simbolica, anche senza averne scritto. Tanto parole stesse, richiamano uno sguardo sul mondo sicuro da non cercare tra i suoi testi se vi fossero – il suo – che di libro in libro costruisce un’epica pagine su Emily. Non pensai invece che il titolo laicità della finitudine. Un altro mare potesse derivare letteralmente da un testo della Dickinson, che pure avevo sotto gli occhi. E inconsapevolmente saltai l’ostacolo anni- da “Il Piccolo” del 13 settembre 2002. Il testo è dato come un fantasma nei miei andirivieni stato scritto da Enzo Golino per la presentazione Magris-Dickinson-Magris. Se l’ispirazione ci sia de “La mostra” di Magris alla Biblioteca stata non lo so, e quando ho interpellato Magris Comunale Centrale di Firenze. lui ne aveva negato recisamente l’eventualità. 79 Magris si rivela abbacinante poeta del dolore 80 di Cesare De Michelis La mostra, l’ultimo libro di Claudio Magris, è dif- nostro tornò più volte con accenti più comprensi- ficile da descrivere: è scritto come un testo teatra- vamente complici. le, nel senso che i personaggi parlano ciascuno in Tuttavia è qui, nella Mostra che la prospettiva prima persona e all’autore resta lo spazio delle radicalmente si capovolge in un’adesione presso- didascalie, ma il lettore sente di trovarsi di fronte ché totale, in una sorta di stralunata identifica- a qualcosa di più che a una rappresentazione, zione dell’autore nel personaggio, libero – il perché doppio è il tempo e il luogo in cui subito primo – finalmente di svelare la faccia ombrosa, precipitiamo. sulfurea e lunare. Per un verso c’è un presente che si interroga su Insomma, La Mostra non senza sorpresa, segna un’esperienza, forte di una sapienza intellettuale con nettezza una svolta nella scrittura di Magris, che pretende di interpretarla e persino di giudi- una svolta che con il senno di poi avremmo potu- carla, ma alla fine è costretto a riconoscere il suo to intuire in certe sue pagine improvvisamente patetico scacco, non senza qualche sottile ironia turbate, ma che sinora era sempre puntualmente sulla funzione liberatrice dell’intelligenza e della evitata nel primato di una luce solare e di una cultura; per l’altro c’è un passato che riconquista sapienza magistrale. a sprazzi la scena, forte soltanto di un’intrinseca Qui la parte del dio sole tocca al patetico Diret- vitalità, di un’insopprimibile effervescenza, di tore, che non solo pretende di ordinare le opere una lacerante drammaticità. del pittore nell’itinerario dell’esposizione, ma per- Persino strutturalmente il testo è compreso tra un sino di definirne il senso, prima di rassegnarsi ad prologo e un epilogo che stentano a contenenrne ammettere, quando già il sipario è lì per calare, la dirompente liricità, il disperato lamento esi- che «una mostra, una vita, spiegarla…non si stenziale, l’instabile resistere sulla soglia tra può». nostalgia e smemoratezza, tra razionalità e follia. Se l’esperienza di Timmel non è possibile raccon- Protagonista del libro è il pittore triestino Vito tarla, non resta altro che lasciare a lui la parola, Timmel, attivo nella prima metà del ‘900, desti- che assistere stupefatti al suo sproloquiare, persi- nato a perdersi nelle nebbie dell’autodistruzione e no rispettando gli sbalzi di tono, gli scarti lingui- a precipitare nel delirio della follia. stici, dal sublime al colloquiale, comprendendo Di Timmel Magris cominciò a occuparsi una tren- anche il dialetto triestino quando improvvisamen- tina di anni fa, non senza qualche diffidenza te dilaga con la sua infantile e materna schietteza. verso il suo inarticolato sproloquiare in un È una maschera Timmel, che riassume i caratteri Magico taccuino, allora amorosamente edito dell’artista novecentesco, al tempo stesso omni- dall’amica Anita Pittoni, che dell'interminabile presente e pauroso, lucido ed ebbro, grandioso e dopoguerra triestino fu operosa protagonista con meschino: un “disgrazià” che odia i bohèmien le sue Edizioni dello Zibaldone e uno straordina- come lui, un pazzo lucido e sapiente che si strug- rio salotto domenicale, e poi sull’argomento il ge per la nostalgia ma vuole «desmentegar le parole de sto porco mondo» per raggiungere finalmente una quiete paradiasiaca. E Magris, finalmente ilare e folle, indossa la maschera carnescialesca del superuomo sconfitto per svelare la sua vena dionisiaca, il suo disperato agitarsi di fronte al dolore, i suoi tormentosi sensi di colpa, il suo desiderio di esprimersi anche a costo di non riuscire a spiegare o a spiegarsi. C’è nella Mostra, liricamente espresso con dolorosa intensità, il rimpianto disperato della moglie scomparsa, non solo evocata nei suoi tratti più luminosi – dolce, tranquilla, libera, coraggiosa, discreta, ferma, inappellabile, sorridente, intrepida, tenera… ma anche straziata dal maligno che la assale e dalla sofferenza del coniuge che le «succhia la vita!», novella Alcesti pronta a sacrificarsi al suo posto, consolandolo fino all’estremo. E con Maria/Marisa si impone lo scenario del mare, come l’unico che riassume felicità e bellezza, pienezza di vita e larghezza d’orizzonte, anche se «l’ombra intersecante» è piombata giù malefica, e «da quel giorno la vita è una mela spaccata, cicatrice che arde... piaga che brucia». Saggista e narratore, dopo questo libro Magris è soprattutto poeta, abbacinante poeta del dolore. da “Il Giornale di Vicenza” e “L’Arena” del 4 luglio 2001 81 L’arte del santo bevitore 82 di Lorenzo Mondo Non ho mai visto un quadro di Vito Timmel. Di inavvertito dagli altri. La prima osservazione da lui conosco soltanto quello che scrisse Claudio fare sul dramma è proprio la compresenza e Magris presentando, in Dietro le parole, un suo l’incastro dei vari ambienti ed episodi, la caleido- taccuino lirico-demenziale e richiamandolo tra i scopica simultaneità degli eventi. Nell’ottica parti- fantasmi triestini in Microcosmi. L’anima randagia colare di chi è sottratto ai condizionamenti del di un pittore di strada e di osteria, il piccolo, anni- tempo e dello spazio, alla loro futile trama. chilito superuomo che si sarebbe convertito a una Una delle presenze più rilevate è Sofianopulo, metafisica inerzia, all’accettazione dello stesso anche lui pittore, e cattivo traduttore di manicomio in cui finirà i suoi giorni, pago di “sen- Baudelaire, che fino all’ultimo è stato affettuosa- tirsi roteare insieme alla terra nel vuoto”, Nato a mente vicino a Timmel. Rivendica la nobiltà della Vienna e naufrago a Trieste, Timmel sembrava sua arte, troppe volte avvilita dalla necessità di finito per caso sui passi di Magris, nonostante la elemosinare un bicchiere di vino. Parla volentieri spruzzaglia di Mitteleuropa che si portava dietro. per citazioni illustri che dovrebbero illuminare di E tuttavia, di personaggi laterali, umbratili, sbieco la figura dell’amico. E Timmel ammette di Magris ha nutrito molti suoi scritti: il generale aver aspirato un tempo al fare grande di cosacco perduto in Carnia (Illazioni su una scia- Michelangelo, agli ori secessionisti di Klimt, ma ha bola), il servitore vissuto all’ombra di Goethe finito per rattrappire quietamente la sua arte in (Stadelmann), l’amico fuggiasco di Michelstaedter disegni minuscoli e infantili, in umiliati “franco- (Un altro mare). Ai qual si aggiunge ora, dopo un bolli”. Si esprime in una lingua sboccata e vitupe- lungo rodìo, il pittore Timmel, protagonista di un rosa, la sua affettuosa contestazione di testo teatrale, La Mostra, che vuole essere insieme Sofianopulo solidarizza semmai con i cori dialetta- racconto e libretto d’opera. li di matti e inservienti, perfino con il ritmico cica- Lo scenario si apre sul manicomio di Trieste, dove leccio delle sedie battute sul pavimento. si allestisce una esposizione di pittura: mentre al Altro personaggio di rilievo è il direttore dell’ospe- camposanto viene benedetta la bara dell’autore e dale. Campione dell’antipsichiatria, pronuncia all’osteria viene pronunciato il suo elogio fune- solenni concioni sull’emarginazione paritaria di bre(«Povero, el iera cussì bon»). È il giorno di arte e follia ad opera della società borghese. Capodanno, con sottofondo di botti e tappi di Timmel dovrebbe essere la dimostrazione esem- champagne, che sembrano annunciare (l’ospedale plare del suo assunto. Ma lui sembra farsene beffe, psichiatrico è intitolato a San Giovanni) una pic- afferma che abdicare è «l’unico gesto da re», esal- cola apocalisse o manifestazione di Timmel. Che ta i suoi mille giorni di manicomio che lo hanno osserva come da un inframondo, dietro un tra- protetto dallo «scalpore della folla che sta intor- mezzo d’aria, gli amici, il direttore del manicomio, no». Al direttore che ama presentarsi come trafe- le comparse penose dei reclusi, la canzonacce degli lato burattinaio dell’ospedale, mostra compresa, avvinazzati, e parla, interloquisce, commenta contrappone ironicamente la figura distratta di un Dio che, quando ha il raffreddore e starnutisce, mato decisamente nelle filastrocche e cantilene espunge da sé, come bacilli, le sue creature. (che hanno tra l’altro la funzione di un ritmico Nelle sue frustrazioni, che sembrano radicarsi in collante) aderisce coerentemente a un mondo e a un sentimento di generale insensatezza, c’è una una cultura, a quello che vuole essere un atteggia- ferita che lo tormenta, il ricordo della moglie mento di arguto stoicismo. Aiuta a smorzare nel morta. In un periodo di sterilità creativa e di grottesco le pronunce troppo alte, fa da contralta- cupezza esistenziale, lei ha offerto la propria vita re a Baudelaire, Valery, Euripide e tutti gli altri per salvarlo. Si è abbandonata docilmente alla (così, a fronte della donna che dovrebbe sostituire tubercolosi per dargli linfa e allontanargli la vista Maria, si innalza il farnetico della reclusa che “dell’orrido niente”. Come la mitica Alcesti, è rivuole indietro la sua vecchia bambola). I temi di discesa nel regno delle ombre al posto di Admeto. fondo, affidati alla figura contrastata i Timmel, e Il libro, che precipita in un gorgo di confessione segnati da un bruciante graffio autobiografico, straziata, è anche e soprattutto la storia di un sono quelli che troviamo variamente nell’opera di amore coniugale, e di un cocente rimorso (mentre Magris: la dissociazione dell’io, la fatalità e l nel sacrificio espiatorio viene adombrato casta- responsabilità del male, il confronto tra vita e let- mente, sotto il nome di Maria, quello di Marisa, la teratura, il disincanto sempre incalzato da una scrittrice che è stata moglie di Magris). Timmel speranza più alta e sfuggente. Con in più, la sen- avverte tortuosamente la sua indegnità: di avere sazione vaga di uno spartiacque, di un punto di accettato un vampiristico patto di morte, di essersi non ritorno nella scrittura di Magris. consolato con nobili sentimenti, di avere trovato una seconda moglie che sembra ravvivare empiamente i tratti della scomparsa. Una indegnità che non risparmia alla fine lo stesso esercizio dell’arte. Nelle parole del coro “la dignità, la grazia, l’amore senza paura” di Maria umiliano la presunta regalità dell’artista, spezzano le ali all’albatros, principe delle nubi. Quando suona per lui la tromba del Giudizio (che è in realtà il clacson del netturbino) Timmel si sente accolto, anziché nell’Ade, nella distesa delle costellazioni, in una miriade di punti luminosi, in cui è possibile avvertire “i petali di un sorriso, una margherita che si sfoglia nella notte” (la margherita interrogata a sorte dagli innamorati?). Il dialetto triestino, utilizzato nei dialoghi e spal- da “La Stampa” del 24 maggio 2001 83 Sconfitti dal demone del tempo 84 di Luca Doninelli La Mostra costituisce l’esempio più acuto di un ria più sofisticata). bisogno fisico d’intemperanza, che attraversa tutta Attraverso la discontinuità di questi frammenti si l’opera di Claudio Magris, non importa se saggisti- dipana la continuità della vita di questo pittore di ca, romanzesca o teatrale. Intemperanza, ossia gran talento, ma governato da una forza autodi- necessità di rompere le righe, affinchè le schiere struttiva che lo condurrà, dopo tante traversie (di degli Argomenti e dei Documenti, possano, in libe- cui la più penosa è la morte della prima moglie, ra uscita, mostrare meglio i caratteri individuali: i Maria), all’ubriachezza, alla miseria e alla demen- capelli biondi di Tizio, la camminata dinoccolata za. Cinema, dunque. Perché il cinema è il teatro di Caio, e così via. Pittore di civiltà, pittore di cul- dell’anima e del tempo, ossia della memoria. È la ture, Magris mi è sempre sembrato anche e rappresentazione del cuore dentro il cuore. E in soprattutto un pittore d’individui, e tutta la sua questa rappresentazione, lasciando stare ogni saggistica impagabile mi è sempre parsa premere buona creanza, ogni pubblica virtù, Magris mette drammi. Nessuno meglio di lui conosce il filo sot- tutto se stesso (qui sta l’intemperanza massima), tile che separa e unisce insieme fatalità e arbitra- lo scrittore di successo non si vergogna di scoprirsi rietà, inevitabilità e capriccio. I suoi ritratti non uguale al pittore morto in miseria, abbandonando sono mai esempi di un certo clima culturale, bensì alla pagina frasi che non potrebbero essere scritte figure uniche, che sommate ad altre figure uniche se chi le scrive non ne conoscesse per esperienza il possono dar ragione di un orientamento, di un seno: «…me vergognavo vardandome in specio, sentimento dominante. un muso de spudarghe in boca, gnanca più me Ne La Mostra Magris mette in scena, in una suc- lavavo e tante volte, de sera, sentivo drento una cessione rapidissima di sequenze cinematografi- paura enorme, nera, spaventosa, schifo e paura». che, l’esistenza di Vito Timmel, pittore triestino Il testo de La Mostra è il più tormentato di morto in manicomio. Dopo la sua morte, il diret- Magris. Se ne avvertono persino le cancellature, le tore dell’istituto allestisce una mostra con le sue cicatrici: la traccia di un ordine più lineare (e più opere, e mentre i quadri vengono sistemati ne illu- insincero), la traccia di una naturale versificazio- stra il senso. Sono presenti anche alcuni amici ne, poi abolita, - nel passo appena citato si ricono- dello scomparso: lo scultore Mascherini, due pro- scono quattro ottimi endecasillabi. Ma scrivere è fessori e, soprattutto, Cesare Sofianopulo, tradut- anche cancellare. tore di Baudelaire e pittore a sua volta. Anche il meccanismo letterario s’inceppa talora, a Ma è lo stesso Timmel a comparire, non come una dimostrazione della durezza del cammino: come madama Pace, s’intende, ma come in un film quando “salta” il correlativo oggettivo tra Timmel ritrovato in chissà quale archivio, che unisce spez- e Magris a proposito della morte di Maria. Pagine zoni (perlopiù un b/n) di altri film, ancora più splendide e commoventi, ma che non traggono la vecchi, in una giustapposizione volutamente stri- loro materia dall’interno del testo. dente di linguaggi (dal dialetto alla lingua lettera- Quante lastre sconnesse, a malcelare morti, come nella Venezia di Proust! Ma qui sta il fascino del testo e il coraggio del suo autore, attore e regista. Anche Baudelaire, la Bibbia ed Euripide appartengono qui, non più alla letteratura, ma al puro dramma del vivere. L’Alcesti euripidea assume qui caratteri cristologici, anche se la colpa – vero motore tematico dell’opera (perché ci autodistruggiamo? Perché siamo colpevoli) fa pensare più ad Anassimandro che al Genesi («la colpa era là, prima di tutto – fare è innocente, essere è colpa»), e lascia spazio a una redenzione solo incompiuta. Ciò che è compiuto è invece il piccolo capolavoro, centro di tensioni enormi, che ne è uscito. Autore di centinaia di pagine impeccabili, Magris avverte sempre più, anno dopo anno, il bisogno di sacrificare ogni impeccabilità affinchè il dono di sé sia totale. E la totalità di un uomo è sempre peccabile. Questo fa di lui l’unico vero maestro, forse, della nostra cultura. da “Il Giornale” del 24 maggio 2001 85 Nel dramma la complessità della vita 86 di Giovanni Raboni Pochi giorni fa, a proposito della riproposta edito- natura un efficacissimo evidenziatore e semplifica- riale del teatro di Pasolini, osservavo che negli tore della complessità. Ciò che altri linguaggi ultimi decenni l’unico contributo davvero vitale devono costruire – la simultaneità effettiva di alla drammaturgia italiana è venuto dagli outsi- tempi e luoghi diversi, l’intreccio reale (e conti- der, cioè da poeti e narratori (come Pasolini, nuamente mutevole) di fisicità e astrazione – il appunto, o come Testori) che hanno affrontato e teatro lo fornisce, se così si può dire, gratis, per il praticato il linguaggio teatrale con una sorta di fatto stesso di prodursi, di avere luogo; e si direb- geniale improvvisazione “dilettantesca”, ignoran- be quasi che a noi fruitori non occorra, per goder- do o addirittura disprezzando sia i precetti del ne, la verifica della dimensione scenica, basta buon mestiere tradizionale sia quelli, forse ancora averla “in memoria”, riattivarla con la fantasia. più aborriti, della cosiddetta modernità. Ma è chiaro che si tratta di una gratuità ipotetica, Dopo aver letto La Mostra, seconda e più sostan- di un “dono” che il mediatore (l’autore) deve ziosa prova drammaturgica di Claudio Magris, sapersi meritare; e mi sembra che Magris dimostri, sarei tentato di rovesciare o, meglio, di rendere qui, di meritarselo appieno. Basti vedere con simmetrico il discorso: se la passione teatrale di quanta precisione, nel susseguirsi e combinarsi alcuni grandi non-professionisti è stata una risorsa delle scene, sia riuscito ad alternare gravità e leg- preziosa per un teatro altrimenti anemico o routi- gerezza, toni tragici e toni svagati o grotteschi; nier, il teatro è – può essere – una risorsa preziosa come tutti i conti che via via vengono aperti fini- per i grandi professionisti della parola non teatrale scono prima o poi col tornare; come ogni richiamo quando il caso o l’ispirazione li metta di fronte a o promessa tonale (dalle canzoni da osteria e dalle una materia particolarmente densa e incandescen- filastrocche infantili a Euripide, a Baudelaire) te, una materia non del tutto riducibile, per una trovi a suo tempo, nel maturare della rievocazione ragione o per l’altra, alla linearità di un racconto e più ancora nell’avverarsi della partitura simboli- più o meno canonico o a una razionalità di tipo ca, un suo naturale, fatale adempimento. saggistico. Il caso del testo di Magris mi sembra, da questo punto di vista, paradigmatico. Con quale altro linguaggio, in quale altro spazio espressivo l’autore di Danubio e di Lontano da dove avrebbe potuto dare alla vicenda di Vito Timmel una collocazione ambientale e storica così rapsodica e al tempo stesso così corposa, una risonanza allegorica così immediata, una profondità introspettiva (e persino, verrebbe voglia di insinuare, autobiografica) così ineluttabile? Il fatto è che il teatro è per sua dal “Corriere della Sera” del 10 maggio 2001 il Teatro Stabile del Friuli-Venezia Giulia dal 1954 al 2003 Teatro Stabile del Friuli-Venezia Giulia Le produzioni dal 1954 Autore Titolo Stagione Regia Interpreti principali Accademici Intronati di Siena Gli Ingannati 1963/64 Fulvio TOLUSSO Adriana Innocenti, Lino Savorani, Egisto Marcucci, Marisa Fabbri, Vittorio Franceschi Vittorio ALFIERI Antigone 1960/61 Giuseppe DI MARTINO Anna Miserocchi, Luciano Alberici, Ottorino Guerrini, Marisa Fabbri Antonio ANIANTE La rosa di zolfo 1958/59 Franco ENRIQUEZ Paola Borboni, Gianmaria Volontè, Cesco Ferro, Ottorino Guerrini, Enrica Corti Jean ANOUILH Leocadia 1954/55 G. Cesare CASTELLO Laura Solari, Piero De Santis, Pietro Privitera Jean ANOUILH Antigone 1999/00 Furio BORDON Gabriele Ferzetti, Daniela Giovanetti, Anita Bartolucci, Giampiero Fortebraccio, Umberto Raho Alexey ARBUZOV Vecchio mondo 1978/79 Francesco MACEDONIO Lina Volonghi, Ferruccio De Ceresa Luca ARCHIBUGI La notte della vigilia 1995/96 Guglielmo Ferro Federico Grassi, Fulvio D’Angelo, Nicoletta Corradi, Maurizio Rapotec, Luisa Vermiglio John ARDEN La danza del serg. Musgrave 1966/67 Luciano DAMIANI Egisto Marcucci, Giampiero Becherelli, Mariangela Melato, Lino Savorani ARISTOFANE Le donne a parlamento 1963/64 Fulvio TOLUSSO Marisa Fabbri, Nicoletta Rizzi, Adriana Innocenti, Vittorio Franceschi, Lino Savorani Giorgio Valletta Jean Pierre AUMONT Incontro 1957/58 Carlo LODOVICI Ottorino Guerrini, Antonio Pierfederici, Enrica Corti Alfredo BALDUCCI I dadi e l’archibugio 1959/60 Sergio VELITTI Leonardo Cortese, Pina Cei, Omero Antonutti, Carlo Bagno, Lino Savorani Alberto BASSETTI Le due sorelle 1996/97 Antonio CALENDA Claudia Poggiani, Daniela Giovanetti Alberto BASSETTI Sopra e sotto il ponte 1996/97 Maurizio PANICI Ivana Monti, Bruno Armando Alberto BASSETTI Ma che c’entra Peter Pan? 1998/99 Antonio CALENDA Gabriele Ferzetti, Daniela Giovanetti, Riccardo Peroni Samuel BECKETT Beckett concerto 1987/88 Marco SCIACCALUGA Vittorio Franceschi Angelo BEOLCO detto Ruzante Parlamento de Ruzante... 1955/56 Gianfranco DE BOSIO Cesco Baseggio, Mario Bardella, Marisa Mantovani Angelo BEOLCO detto Ruzante Parlamento, Bilora 1971/72 Francesco MACEDONIO Gianfranco Saletta, Mimmo Lo Vecchio, Lidia Braico, Luciano D’Antoni, Orazio Bobbio Carlo BERTOLAZZI Lulù 1956/57 Fernando DE CERESA Laura Solari, Ottorino Guerrini, Cesco Ferro, Giulio Bosetti Carlo BERTOLAZZI L’egoista 1972/73 Fulvio TOLUSSO Mario Feliciani, Mimmo Lo Vecchio, AngioIa Baggi, Lino Savorani, Gianfranco Saletta Ugo BETTI Il paese delle vacanze 1954/55 Carlo LODOVICI Laura Solari, Isabella Riva, Giuseppe Caldani Ugo BETTI La fuggitiva 1955/56 Ottavio SPADARO Pietro Privitera, Marisa Mantovani, Mario Bardella, Lino Savorani, Renato Lupi, Micbele Riccardini 91 92 Autore Titolo Stagione Regia Interpreti principali Ugo BETTI Una bella domenica di settembre 1957/58 Sergio VELITTI Enrica Corti, Antonio Pierfederici, Carlo Bagno, Lino Troisi, Maria Grazia Francia, Marisa Bartoli, Rina Centa, Dario Mazzoli, Michele Riccardini Francesco Augusto BON Il matrimonio di Ludro 1955/56 Gianfranco DE BOSIO Cesco Baseggio, Lino Savorani, Isabella Riva Furio BORDON Canto e controcanto 1966/67 Giovanni POLI Mariangela Melato, Oreste Rizzini, Werner Di Donato, Edda Valente Furio BORDON (a cura di) Il mio Carso (da S. Slataper) 1968/69 Francesco MACEDONIO Franco Mezzera, Mimmo Lo Vecchio, Orazio Bobbio, Franco Jesurum, Cip Barcellini, Marianella Lazlo, Giampiero Becherelli, Lino Savorani Furio BORDON (a cura di) Il maggio francese Furio BORDON Furio BORDON Le avventure di Fiordinando 1970/71 Francesco MACEDONIO Giorgio Valletta, Orazio Bobbio, Lino Savorani, Mimmo Lo Vecchio, Lidia Braico, Gianfranco Saletta, Saverio Moriones, Elisabetta lonino Furio BORDON (a cura di) Teatro medioevale 1970/71 Furio BORDON Elisabetta Bonino, Orazio Bobbio, Lino Savorani, Ariella Reggio, Lidia Braico, Mimmo Lo Vecchio Furio BORDON Amico Sciacallo 1970/71 Aldo TRIONFO Giulio Bosetti, Mario Scaccia, Leda Negroni Furio BORDON (a cura di) Per l’anima in tormento che ci hai dato 1972/73 Francesco MACEDONIO Lidia Braico, Riccardo Canali, Elvia Dudine, Franco Jesurum, Mimmo Lo Vecchio Furio BORDON (a cura di) La commedia dell’arte 1973/74 Furio BORDON Nico Pepe, Ada Prato, Franco Però Furio BORDON (a cura di) Lezione documento: Trieste 1919-1945 Estate 75 Furio BORDON Registrazione su nastro Furio BORDON (a cura di) Lontani da tutto 1975/76 Furio BORDON Mimmo Lo Vecchio, Lidia Braico, Daniele Griggio, Giorgio Valletta Furto BORDON (testo) Il viaggio incantato Angelo BRANDUARDI (musiche originali) 1989/90 Francesco MACEDONIO Marionette di Podrecca Furio BORDON In confidenza siamo marionette 1990/91 Furio BORDON Nicoletta Corradi, Marionette di Podrecca Furio RORDON Oblomov (da GONCAROV) 1991/92 Furio BORDON Glauco Mauri, Tino Schirinzi, Barbara Valmorin, Laura Ferrari, Silvio Fiore, Giorgio Lanza, Beatrice Visibelli, Claudio Marchione, Nicoletta Corradi Furio BORDON (a cura di) Amici devo dirvi 1992/93 Poesie e prose di David Maria Turoldo Furio BORDON Roberto Sturno, Gianni De Lellis, Stefania Barca Furio BORDON L’idiota (da DOSTOEVSKIJ) 1993/94 Glauco MAURI Roberto Sturno, Massimo Do Rossi, Miriam Crotti, Gianni De Lellis, Elena Ghiaurov, Stefania Micheli, Amerigo Fontani, Patrizia Burul, Cesare Lanzoni, Nicoletta Corradi, Giulia Monte, Matteo Chioatto 1969/70 Orazio Bobbio, Mimmo Lo Vecchio, LinoSavorani, Giorgio Valletta, Giampiero Becherelli Autore Titolo Stagione Regia Interpreti principali Giuseppe Antonio BORGESE L’arciduca 1957/58 Ottorino Guerrini, Enrica Corti, Antonio Pierfederici, Lino Troisi, Carlo Bagno Gianni BORGNA Fin de Siècle 1999/00 Antonio CALENDA Viaggio nella canzone italiana del Novecento Piera Degli Esposti Bertolt BRECHT Un uomo è un uomo 1962/63 Fulvio TOLUSSO Renzo Montagnani, Marisa Fabbri, Lino Savorani, Oreste Rizzini, Vittorio Franceschi Bertolt BRECHT L’Antigone di Sofocle 1963/64 Fulvio TOLUSSO Nicoletta Ruzi, Marisa Fabbri, Franco Mezzera, Massimo De Vita Bertolt BRECHT Baal 1985/86 Roberto GUICCIARDINI Giulio Brogi, Giancarlo Dettori, Anna Teresa Rossini, Margherita Guzzinati Alexandre BREFFORT Irma la dolce 1996/97 Antonio CALENDA Franco ENRIQUEZ Antonio CALENDA (a cura di) Daniela Giovanetti, Fabio Camilli, Paolo Triestino, Gian Rappresentazione 1997/98 Antonio CALENDA della Passione dal Codice V.E. 361 della Biblioteca Nazionale di Roma, curato dalla copista Maria Jacoba Fioria Piera Degli Esposti, Giampiero Fortebraccio, Maximilian Nisi, Giancarlo Cortesi Andrea CALMO Il Saluzza 1961/62 Giovanni POLI Gino Cavalieri, Gina Sammarco, Marisa Fabbri, Gianni Musy, Carlo Bagno Achille CAMPANILE Un’indimenticabile serata 1996/97 Antonio CALENDA Piera Degli Esposti, Stefano Galante Albert CAMUS I giusti 1966/67 Giuseppe MAFFIOLI Germana Paolieri, Mariangela Melato, Egisto Marcucci Lino CARPINTERI e Mariano FARAGUNA La pignatta 1965/66 (da L’AULULARIA di Plauto) Ugo AMODEO Oreste Rizzini, Lino Savorani, Caria Colosimo, Vittorio Francescbi Lino CARPINTERI e Mariano FARAGUNA Le maldobrie 1970/71 Francesco MACEDONIO Lino Savorani, Orazio Bobbio, Ariella Reggio, Giorgio Valletta, Mimmo Lo Vecchio, Gianfranco Saletta, Lidia Braico Lino CARPINTERI e Mariano FARAGUNA Noi delle vecchie province 1972/73 Francesco MACEDONIO Lino Savorani, Orazio Bobbio, Ariella Reggio, Giorgio Valletta, Mimmo Lo Vecchio, Gianfranco Saletta, Lidia Braico Lino CARPINTERI e Mariano FARAGUNA L’Austria era un paese ordinato 1974/75 Francesco MACEDONIO Lino Savorani, Giorgio Valletta, Lidia Braico, Riccardo Canali, Franco Jesurum, Luciano D’Antoni, Gianfranco Saletta, Ariella Reggio, Orazio Bobbio Roberto CAVOSI Il maresciallo Butterfly 1995/96 Antonio CALENDA Virginio Gazzolo, Andreja Blagojevic, Sergio Pierattini, Lucka Pockaj, Silvano Torrieri Anton CECOV Il tabacco fa male, 1954/55 La villeggiatura, Il canto del cigno Luchino VISCONTI Memo Benassi Anton CECOV Ivanov 1968/69 Orazio COSTA Giulio Bosetti, Ottavia Piccolo, Mario Pisu, Massimo De Francovich, Lino Savorani, Paola Bacci Anton CECOV Zio Vania 1970/71 Giulio BOSETTI Ferruccio De Ceresa, Paola Bacci, Mario Erpichini, Giulia Lazzarini 93 94 Autore Titolo Stagione Regia Interpreti principali Dante CICOGNANI Il gatto con gli stivali 1956/57 Spiro DALLA PORTA Allievi Scuola di Recitazione e Maria Grazia Spinazzi Tonino CONTE e Aldo TRIONFO (Vedi Aldo TRIONFO) Roberto DAMIANI La vita xe fiama (da Biagio Marin) 1991/92 Furio BORDON Gastone Moschin Ezio D’ERRICO L’amante in città 1954/55 Carlo LODOVICI Mimmo Lo Vecchio, Giorgio Valletta, Gianni Mantesi, Laura Solari René DE CECCATY Pallido oggetto del desiderio 2001/02 Alfredo ARIAS Pino Micol, Daniela Giovanetti, Francesca Benedetti Ghigo DE CHIARA Un capriccio 1996/97 Nino MANGANO Valeria Ciangottini, Andreja Blagojevic Salvatore DI GIACOMO Assunta Spina 1958/59 Sandro BOLCHI Lorica Corti, Gianmaria Volonté, Ottorino Guerrini, Margherita Guzzinati, Lino Savorani Feodor DOSTOEVSKIJ Delitto e castigo 1955/56 Riduzione teatrale di Gaston Baty Fernando DE CRUCCIATI Lino Savorani, Giorgio Valletta, Lidia Braico, Marisa Mantovani Mario DRSIC-DARSA I nobili ragusei 1969/70 Coita SPAIC Friedricb DÜRRENMATT Romolo il Grande 1983/84 Giovanni PAMPIGLIONE Mario Scaccia, Jerzi Stuhr, CarIa Cassola, Lidia Koslovich Massimo DURSI La giostra 1958/59 Massimo DURSI Carlo Bagno, Ottorino Guerrini, Umberto Raho, Enrica Corti, Gianmaria Volontè Tbomas S. ELIOT Assassinio nella cattedrale 1956/97 Franco ENRIQUEZ Ottorino Guerrini, Giulio Bosetti, Lino Savorani, Cesco Ferro, Lino Troisi, Marisa Mantovani ESCHILO Prometeo incatenato Estate 65 Aldo TRIONFO Franco Mezzera, Egisto Marcucci. Angela Cardile, Nicoletta Rizzi, Enrico D’Amato ESCHILO Agamennone 2000/01 Antonio CALENDA Mariano Rigillo, Piera Degli Esposti, Roberto Herlitzka, Daniela Giovanetti, Osvaldo Ruggieri, Giampiero Fortebraccio, Pino Michienzi, Giancarlo Cortesi, Alessandro Preziosi ESCHILO Coefore 2000/01 Antonio CALENDA Piera Degli Esposti, Alessandro Preziosi, Daniela Giovanetti, Osvaldo Ruggieri, Giampiero Fortebraccio, Pino Michienzi, Giancarlo Cortesi Diego FABBRI Inquisizione 1997/98 Sergio VELITTI Ottorino Guerrini, Antonio Pierfederici, Enrica Corti, Lino Troisi Diego FABBRI Processo a Gesù 1962/63 Fulvio TOLUSSO Fosco Giachetti, Marisa Fabbri, Mario Pisu, Lino Savorani, Oreste Rizzini Mariana FARAGUNA e Lino CARPINTERI Silvio FIORE La coscienza di Ulisse (Vedi Lino CARPINTERI) 1996/97 Silvio FIORE Vittorio FRANCESCHI 1963/64 Pinocchio minore Massimo de VITA Gianrico Tedeschi, Franco Mezziera, Giampiero Becherelli, Lino Savorani, Gianni Musy, Nicoletta Rizzi, Giulio Pizzirani, Fernando Pannullo Vittorio Franceschi, Sonia Gessner, Lino Savorani, Carlo Montagna, Adriana Innocenti Autore Titolo Stagione Regia Vittorio FRANCESCHI Gorizia 1916 1966/67 Francesco MACEDONIO Mimmo Lo Vecchio, Oreste Rizzini, Lino Savorani, Vittorio Franceschi, Nicoletta Rizzi, Alessandro Galante Garrone Vittorio FRANCESCHI Scacco pazzo 1990/91 Nanny LOY Alessandro Haber, Vittorio Franceschi, Monica Scattini Vittorio FRANCESCHI Jack lo sventratore 1992/93 Nanni GARELLA Alessandro Haber, Gianna Piaz, Mariella Valentini, Nicola Pistoia, Vittorio Franceschi Carlo Emilio GADDA Il guerriero, l’amazzone, 1996/97 lo spirito della poesia nel verso immortale del Foscolo Ma cos’è questa crisi? 1996/97 Virginio GAZZOLO Virginio Gazzolo, Angela Cardile Enrico PROTTI Dodo Gagliarde, Sara Alzetta, Livia Bonifazi, Paolo Fagiolo, Maurizio Zacchigna Vittorio GASSMAN Anima e corpo talk show d’addio 1996/97 Vittorio GASSMAN Vittorio Gassman, Luciano Lucignani, Attilio Cucari, Marco Alotto, Emanuele Salce, Antonetta Capriglione Vittorio GASSMAN Bugie Sincere 1997/98 Vittorio GASSMAN Ugo Pagliai, Paola Gassman, Virgilio Zernitz, Michela Cadel, Alessandra Celi, Lamberto Consani, Paolo Fagiolo, Gianluigi Fogacci, Paolo Giovannucci, Tiziano Pelanda, Enzo Saturni Giuseppe GIACOSA Tristi amori 1961/62 Sandro BOLCHI Ottorino Guerrini, Marisa Fabbri, Omero Antonutti, Carlo Bagno Silvio GIOVANINETTI Gli ipocriti 1956/57 Carlo LODOVICI Giulio Bosetti, Ottorino Guerrini, Laura Solari, Marisa Mantovani Nikolaj GOGOL L’ispettore generale 1959/60 Giacomo COLLI Leonardo Cortese, Carlo Bagno, Cesco Ferro, Pina Cei, Anna Menichetti, Omero Antonutti Carlo GOLDONI La donna di garbo 1954/55 Carlo LODOVICI Laura Solari, Luigi Almirante Carlo GOLDONI La donna di garbo 1978/79 Francesco MACEDONIO Lucilla Morlacchi, Gianni Galavotti, Carlo Montagna, Franco Mezzera Carlo GOLDONI La bottega del caffe 1956/57 Carlo LODOVICI Memo Benassi, Ottorino Guerrini, Giulio Bosetti Carlo GOLDONI La vedova scaltra 1960/61 Giovanni POLI Anna Miserocchi, Margherita Guzzinati, Giorgio Valletta, Carlo Bagno, Omero Antonutti Carlo GOLDONI Arlecchino servitore di due padroni 1961/62 Fulvio TOLUSSO Lino Savorani, Margherita Guzzinati, Omero Antonutti, Marisa Fabbri Carlo GOLDONI Arleccbino servitore di due padroni 1972/73 Fulvio TOLUSSO Lino Savorani, Giorgio Valletta, Mimmo Lo Vecchio, Gianfranco Saletta, Ariella Reggio Carlo GOLDONI Il teatro comico 1964/65 Eriprando VISCONTI Franco Mezzera, Marisa Fabbri, Nicoletta Rizzi, Egisto Marcucci, Adriana Innocenti, Vittorio Franceschi, Lino Savorani Dodo GAGLIARDE Enrico PROTTI Interpreti principali 95 96 Autore Titolo Stagione Regia Interpreti principali Carlo GOLDONI Tonin Bella grazia 1966/67 Giuseppe MAFFIOLI Lino Toffolo, Mariangela Melato, Fulvia Gasser, Lino Savorani Carlo GOLDONI Il bugiardo 1967/68 Gianfranco DE BOSIO Paola Bacci, Elisabetta Bonino, Leda Palma, Gabriele Lavia, Giulio Bosetti, Claudio Cassinelli Carlo GOLDONI Le massere 1970/71 Giovanni POLI Giusy Carrara, Lidia Braico, Donatella Ceccarello, Anna Maestri, Lino Savorani, Ariella Reggio Carlo GOLDONI Sior Todero Brontolon 1975/76 Francesco MACEDONIO Corrado Gaipa, Elsa Vazzoler, Umberto D’Orsi, Marina Dolfin Carlo GOLDONI La famiglia dell’antiquario 1976/77 Furio BORDON Carlo GOLDONI Le donne gelose 1977/78 Francesco MACEDONIO Maria Dolfin, Paolo Bonacelli, Donatella Ceccarello Carlo GOLDONI Il mondo della Luna 1982/83 Francesco MACEDONIO Marionette di Podrecca Carlo GOLDONI I Rusteghi 1985/86 Francesco MACEDONIO Giulio Brogi, Valeria Ciangottini, Anna Teresa Rossini, Margherita Guzzinati, Giampiero Becherelli, Alvise Battain, Riccardo Peroni, Barbara Cupisti Carlo GOLDONI L’Arcadia in Brenta 1985/86 Francesco MACEDONIO Marionette di Podrecca Carlo GOLDONI L’adulatore 1986/87 Giorgio PRESSBURGER Giulio Brogi, Anna Teresa Rossini, Anna Campori, Franco Angrisano, Riccardo Peroni Carlo GOZZI L ‘augellin belverde 1962/63 Giovanni POLI Renzo Montagnani, Marisa Fabbri, Oreste Rizzini, Lino Savorani Carlo COZZI Re Cervo 1965/66 Spiro DALLA PORTA Allievi Scuola di Recitazione Carlo GOZZI L’amore delle tre melarance 1984/85 Francesco MACEDONIO Marionette di Podrecca Franz GRILLPARZER Medea 1994/95 Nanni GARELLA Ottavia Piccolo, Gianni De Lellis, Dorotea Aslanidis, Graziano Piazza, Sara D’Amario, Riccardo Maranzana, Valeria D’Onofrio Claudio GRISANCICH Alida Valli che nel Quaranta iera putela 1996/97 Mario LICALSI Orazio Bobbio, Ariella Reggio Slavko GRUM Avvenimento nella città di Goga 1971/72 Francesco MACEDONIO Franca Nuti, Gina Sammarco, Gabriele Lavia, Franco Mezzera Dante GUARDAMAGNA Delitto e castigo (da DOSTOEVSKIJ) 1972/73 Sandro BOLCHI Ugo Pagliai, Angiola Baggi, Lino Savorani, Orazio Bobbio, Giorgio Valletta, Saverio Moriones Dante GUARDAMAGNA e Maria Silvia CODECASA La breccia 1963/64 Ruggero JACOBBI Oreste Rizzini, Nicoletta Rizzi, Lino Savorani, Franco Mezzera, Massimo De Vita, Vittorio Franceschi, Marisa Fabbri Peter HANDKE Attraverso i villaggi 1984/85 Roberto GUICCIARDINI Marisa Fabbri, Giancarlo Dettori, Giulio Brogi, Regina Bianchi, Anna Teresa Rossini Regina Bianchi, Michele Abruzzo, Gianni Galavotti, Anna Bonaiuto, Geppy Glejeses Autore Titolo Stagione Regia Interpreti principali Peter HANDKE L’ora in cui non sapevamo niente l’uno dell’altro 1994/95 Giorgio PRESSBURGER Livio Bogatec, Patrizia Burul, Stojan Colja, Andreina Garella, Alojz Milic, Lucka Pockaj, Riccardo Maranzana, Monica Samassa, Maurizio Soldà, e con Mariano Rigillo (voce recitante) Vaclav HAVEL L’opera dello straccione 1975/76 Fulvio TOLUSSO Corrado Gaipa, Marina Dolfin, Umberto D’Orsi Hugo von HOFFMANSTHAL La leggenda di Ognuno 1957/58 Franco ENRIQUEZ Ottorino Guerrini, Umberto Raho, Carlo Bagno, Mario Verdani, Lino Troisi, Marisa Bartoli, Lidia Lagonegro, Lino Savorani, Mario Adorf Arthur HONEGGER e Paul CLAUDEL Giovanna d’Arco al rogo 1995-96 Antonio CALENDA Daniela Giovanetti, Virginio Gazzolo Odön von HORVATH Storie del bosco viennese 1977-78 Franco ENRIQUEZ Valeria Moriconi, Corrado Pani, Pina Cei, Micaela Esdra, Nestor Garay Odön von HORVATH Fräulein Pollinger 1984-85 Giorgio PRESSBURGER Daniela Mazzucato, Sandro Massimini, Franco Nebbia Bohumil HRABAL Una solitudine troppo rumorosa 1992-93 Giorgio PRESSBURGER Paolo Bonacelli, Patrizia Burul, Paolo Meloni, Franco Noè, Tiziano Pelandi Albert HUSSON La cucina degli angeli 1954-55 Alessandro BRISSONI Laura Solari, Gianni Mantesi, Pietro Privitera Henrik IBSEN Il piccolo Eyolf 1967/68 Aldo TRIONFO Giulio Bosetti, Franca Nuti, Paola Bacci, Massimo Gridolfi Henrik IBSEN Casa di bambola 1973/74 Francesco MACEDONIO Ludovica Modugno, Carlo Montagna, Mario Maranzana, Delia Bertolucci, Franco Mezzera Eugene JONESCO Sicario senza paga 1968/69 Josè QUAGLIO Giulio Bosetti, Marina Bonfigli, Alvise Battain, Josè Quaglio Georg KAISER Davide e Golia 1957/58 Sandro BOLCHI Ottorino Guerrini, Enrica Corti, Carlo Bagno Georg KAISER Il funzionario Krehler 1979/80 Paolo MAGELLI Cecilia Polizzi, Flavio Bucci, Gianni Galavotti, Micaela Pignatelli Tullio KEZICH La coscienza di Zeno (da I. SVEVO) 1978/79 Franco GIRALDI Renzo Montagnani, Marina Dolfin, Gianni Galavotti Tullio KEZICH e Luigi SQUARZINA Bouvard e Peuchet (da G. FLAUBERT) 1982/83 Giovanni PAMPIGLIONE Mario Maranzana, Vittorio Franceschi Heinrich von KLEIST La brocca rotta 1977/78 Giorgio PRESSBURGER Pavel KOHOUT Roulette 1976/77 Roberto GUICCIARDINI Regina Bianchi, Paolo Graziosi, Lorenza Guerrieri, Daniele Griggio Franz Xavier KROETZ Renzo e Anna 1974/75 Furio BORDON Orazio Bobbio, Ariella Reggio Eugene LABICHE La Cagnotte 1959/60 Giacomo COLLI Leonardo Cortese, Omero Antonutti, Lino Savorani, Pina Cei Stefano LAURI Hänsel e Gretel (dai F.lli Grimm) 1967/68 Ugo AMODEO Edoardo Zammarchi, Maria Pia Bellizzi, Mimmo Lo Vecchio, Mariella Terragni Paolo Bonacelli, Marina Dolfin, Lino Savorani, Franco Jesurum, Francesca Muzio 97 98 Autore Titolo Stagione Regia Vladimiro LISIANI Un buso in mia contrada 1969/70 Francesco MACEDONIO Lidia Braico, Ariella Reggio, Cip Barcellini, Franco Rossi, Giorgio Valletta, Giusy Carrara, Fulvia Gasser, Gianfranco Saletta Interpreti principali Giuseppe MAFFIOLI del povaro soldato (da RUZANTE) 1965/66 Giuseppe MAFFIOLI Vittorio Franceschi, Oreste Rizzini, Nicoletta Rizzi Claudio MAGRIS Stadelmann 1990/91 Egisto MARCUCCI Tino Schirinzi, Barbara Valmorin, Gianni De Lellis Claudio MAGRIS La mostra 2002/03 Antonio CALENDA Roberto Herlitzka, Mario Maranzana Curzio MALAPARTE Das Kapital 1981/82 Franco GIRALDI Mario Maranzana, Vittorio Franceschi, Margherita Guzzinati Libero MAZZI Trieste con tanto amore 1968/69 Giulio BOSETTI Cesco Baseggio, Giulio Bosetti, Franca Nuti, Luigi Vannucchi Libero MAZZI Omaggio ai poeti triestini: Camber Barni 1971/72 Arthur MILLER Il crogiuolo 1974/75 Sandro BOLCHI Marina Dolfin, Giorgio Valletta, Lino Troisi, Ludovica Modugno, Franco Mezzera Sergio MINIUSSI L’anno della peste 1959/60 Ugo AMODEO Dario Mazzoli, Mario Licalsi, Giorgio Valletta, Dario Penne, Franco Jesurum Sergio MINIUSSI e Aldo TRIONFO Dialoghi con Leucò (da PAVESE) 1963/64 Aldo TRIONFO Marisa Fabbri, Egisto Marcucci, Nicoletta Rizzi, Franco Mezzera, Oreste Rizzini MOLIERE Don Giovanni 1971/72 Giulio BOSETTI Giulio Bosetti, Lino Savorani, Paola Bacci, Giampiero Becherelli, Cesare Gelli Ferenc MOLNAR La leggenda di Liliom 1959/60 Leonardo CORTESE Leonardo Cortese, Anna Menichetti, Lidia Lagonegro, Omero Antonutti, Pina Cei, Lino Savorani Robert MUSIL Vinzenz e l’amica degli uomini importanti 1963/64 Aldo TRIONFO Marisa Fabbri, Vittorio Franceschi, Franco Mezzera Alfred de MUSSET I capricci di Marianna 1956/57 Gianfranco DE BOSIO Laura Solari, Giulio Bosetti, Cesco Ferro, Ottorino Guerrini Aldo NICOLAI Gli asini magri 1960/61 Sandro BOLCHI Luciano Alberici, Marisa Fabbri, Anna Miserocchi, Margherita Guzzinati, Omero Antonutti, Rino Romano, Carlo Bagno Clifford ODETS La ragazza di campagna 1958/59 Franco ENRIQUEZ Gianmaria Volontè, Ottorino Guerrini, Enrica Corti John OSBORNE Motivo di scandalo e riflessione 1965/66 Raffaele MAIELLO Egisto Marcucci, Nicoletta Rizzi, Lino Savorani, Vittorio Franceschi John OSBORNE Un patriota per me 1996/97 Giancarlo COBELLI Massimo Belli Alcide PAOLINI Lezione di tiro 1973/74 Furio BORDON Giampiero Becherelli, Antonella Marchi, Stefano Lescovelli Pier Paolo PASOLINI Calderon 1979/80 Giorgio PRESSBURGER Paolo Bonacelli, Marina Dolfin, Gianni Galavotti, Francesca Muzio Pier Paolo PASOLINI I Turcs tal Friùl 1994/95 Elio DE CAPITANI Lucilla Morlacchi, Fabiano Fantini, Renato Rinaldi, Giovanni Visentin Franca Nuti, Franco Mezzera Autore Titolo Stagione Regia Interpreti principali John PATRICK Attimo fermati, sei bello! 1954/55 Gianfranco DE BOSIO Laura Solari, Pietro Privitera, Grazia Migneco, Gianni Mantesi Franco PERO’ Winckelmann: “Finalmente verrà la quiete” 1996/97 Franco PERO’ Giulio Brogi, Massimo De Rossi Aldo PERRINI Non si dorme a Kirkwall 1955/56 Gianfranco DE BOSIO Pietro Privitera, Isabella Riva, Marisa Mantovani, Mario Bardella, Lino Savorani Harold PINTER Tradimenti 1988/89 Furio BORDON Paola Bacci, Giampiero Bianchi, Paolo Bonacelli Luigi PIRANDELLO Lumie di Sicilia 1955/56 Ottavio SPADARO Pietro Privitera, Marisa Mantovani, Isabella Riva Luigi PIRANDELLO Ma non è una cosa seria 1956/57 Carlo LODOVICI Ottorino Guerrini, Giulio Bosetti, Marisa Mantovani, Cesco Ferro, Lino Savorani Luigi PIRANDELLO Questa sera si recita a soggetto 1958/59 Franco ENRIQUEZ Paola Borboni, Gianmaria Volontè, Margherita Guzzinati Luigi PIRANDELLO Questa sera si recita a soggetto 1986/87 Giuseppe PATRONI GRIFFI Mariano Rigillo, Paola Bacci, Leopoldo Mastelloni, nella ripresa Vittorio Caprioli, Giovanni Crippa, Laura Marinoni Luigi PIRANDELLO L’imbecille-La patente La giara 1959/60 Fulvio TOLUSSO Carlo Bagno, Dario Mazzoli, Lino Savorani, Mimmo Lo Vecchio, Giorgio Valletta Luigi PIRANDELLO Sei personaggi in cerca d’autore 1960/61 Giuseppe DI MARTINO Marisa Fabbri, Anna Miserocchi, Margherita Guzzinati, Lino Savorani, Carlo Bagno Luigi PIRANDELLO Sei personaggi in cerca d’autore 1987/88 Giuseppe PATRONI GRIFFI Vittoriti Caprioli, Mariano Rigillo, Ilaria Occhini, Giovanni Crippa, Laura Marinoni, Caterina Boratto Luigi PIRANDELLO Così è se vi pare 1961/62 Sandro BOLCHI Gianni Musy, Gina Sammarco, Mario Pisu, Margherita Guzzinati, Marisa Fabbri, Omero Antonutti Luigi PIRANDELLO Enrico IV 1966/67 Giuseppe MAFFIOLI Renzo Ricci, Eva Magni, Mariangela Melato Luigi PIRANDELLO Non si sa come 1969/70 Josè QUAGLIO Giulio Bosetti, Anna Maria Gherardi, Giampiero Becherelli Luigi PIRANDELLO Ciascuno a modo suo 1988/89 Giuseppe PATRONI GRIFFI Mariano Rigillo, Ilaria Occhini, Giovanni Crippa, Laura Marinoni,Vittorio Caprioli Stefano PIRANDELLO La scuola dei padri 1954/55 Ottavio SPADARO Pietro Privitera, Carla Bizzarri, Gianni Mantesi PLAUTO Anfitrione 1955/56 Ottavio SPADARO Mario Mariani, Marisa Mantovani, Mario Bardella Giovanni POLI La commedia degli Zanni 1967/68 Giovanni POLI Franco Jesurum, Mimmo Lo Vecchio, Orazio Bobbio, Giorgio Valletta, Gabriele Lavia, Lidia Braico, Mario Valgoi, Salvo Anselmo, Leda Palma Giovanni POLI L’alfabeto dei villani 1971/72 Giovanni POLI Aldo Bonato, Daniela Foà, Michela e Sandra Martni, Mario Zanotto 99 100 Autore Titolo Stagione Regia Interpreti principali Marco PRAGA Le vergini 1955/56 Ottavio SPADARO Mario Mariani, Mario Bardella, Marisa Mantovani, Lino Savorani Giorgio PRESSBURGER Karl Valentin Kabarett 1980/81 Giorgio PRESSBURGER Vittorio Caprioli, Gianni Galavotti, Paolo Rossi, Jole Si/vani Giorgio PRESSBURGER Eroe di scena fantasma d’amore (Moissi) 1985/86 Giorgio PRESSBURGER Carlo Simoni, Lea Padovani, Aldo Reggiani, Claudio Gora, Lidia Kozlovich, Gian Paolo Poddighe Stanislawa PRZYBYZEWSKA e Andrzej WAJDA L’affare Danton 1982-83 Maciej KARPlNSKY Mario Maranzana, Vittorio Franceschi RECITAL di Paola Borboni 1958/59 RECITAL di Diana Torrieri 1959/69 RECITAL di Paola Borboni Fantasia in nero RECITAL di Paola Borboni 1959/69 1960/61 RECITAL di Marisa Fabbri 1963/64 Antonio RICCARDINI L’ultimo de carneval 1971/72 Francesco MACEDONIO Mimmo Lo Vecchio, Orazio Bobbio, Ariella Reggio, Giorgio Valletta Franco Jesurum, Luciano Virgilio, Marino Masè Renzo ROSSO Il pianeta indecente 1983/84 Roberto GUICCIARDINI Giulio Brogi, Leda Negroni, Anna Teresa Rossini William SAROYAN I giorni della vita 1956/57 Franco ENRIQUEZ Ottorino Guerrini, Marisa Mantovani, Cesco Ferro, Camillo Milli, Giulio Bosetti, Vittorio Congia, Lino Troisi Jean-Paul SARTRE Nekrassov 1969/70 Ernesto GUIDA Giulio Bosetti, Mario Pisu, Marianella Laszlo, Lino Savorani, Gianni Musy Friedrich SCHILLER Intrigo e amore 1993/94 Nanni GARELIA Ottavia Piccolo, Dorotea Aslanidis, Gianni De Lellis, Graziano Piazza, Virginio Gazzolo Eric-Emmanuel SCHMITT (traduzione: Enzo SICILIANO) Il visitatore 1995/96 Antonio CALENDA Turi Ferro, Kim Rossi Stuart, Sabina Vannucchi, Sergio Tardioli Arthur SCHNITZLER Anatol 1975/76 Roberto GUICCIARDINI Gabriele Lavia, Manuela Kustermann, Virgilio Zernitz Arthur SCHNITZLER Anatol 1992/93 Nanni GARELLA Roberto Sturno, Gianni De Lellis, Sara Alzetta, Monica Bucciantini, Nicoletta Corradi, Alvia Reale, Stefania Barca Arthur SCHNITZLER Casanova a Spa 1987/88 Luca de FUSCO Mariano Rigillo, Vittorio Franceschi, Anna Teresa Rossini, Giampiero Becherelli William SHAKESPEARE Molto rumore per nulla 1957/58 Franco ENRIQUEZ Enrica Corti, Antonio Pierfederici Lino Troisi, Ottorino Guerrini, Carlo Bagno William SHAKESPEARE La bisbetica domata 1958/59 Franco ENRIQUEZ Enrica Corti, Ottorino Guerrini, Carlo Bagno, Gianmaria Volontè, Lino Savorani, Cesco Ferro, Margherita Guzzinati Autore Titolo Stagione Regia Interpreti principali William SHAKESPEARE La dodicesima notte 1960/61 Giovanni POLI Carlo Bagno, Ottorino Guerrini, Marisa Fabbri, Anna Miserocchi, Margherita Guzzinati, Omero Antonutti William SHAKESPEARE Come vi garba 1964/65 Eriprando VISCONTI Marisa Fabbri, Nicoletta Rizzi, Franco Mezzera, Lino Savorani, Vittorio Franceschi William SHAKESPEARE Otello 1965/66 Beppe MENEGATTI Luigi Vannucchi, Nicoletta Rizzi, Egisto Marcucci, Vittorio Franceschi, Oreste Rizzini William SHAKESPEARE Otello 2001/02 Antonio CALENDA Michele Placido, Sergio Romano, Giancarlo Cortesi, Giorgio Lanza, Rossana Mortara, Valentina Valsania William SHAKESPEARE Macbeth 1966/67 Tino BUAZZELLI Tino Buazzelli, Paola Mannoni, Egisto Marcucci William SHAKESPEARE Riccardo III 1989/90 Gabriele LAVIA Gabriele Lavia, Monica Guerritore, Dorotea Aslanidis, Gianni De Lellis, Barbara Valmorin, Giorgio Crisafi William SHAKESPEARE Riccardo II 1991/92 Glauco MAURI Roberio Sturno, Gianni Galavotti, Ireneo Petruzzi, Donatello Falchi William SHAKESPEARE Riccardo III 1996/97 Antonio CALENDA Franco Branciaroli, Lucilla Morlacchi, Anita Bartolucci, Giorgio Bonino, Gea Lionello, Antonio Zanoletti William SHAKESPEARE Amleto 1998/99 Antonio CALENDA Kim Rossi Stuart, Gianni Musy, Osvaldo Ruggieri, Alvia Reale, Gianfranco Varetto, Rossana Mortara George Bernard SHAW L’uomo del destino 1956/57 Gianfranco DE BOSIO Laura Solari, Giulio Bosetti, Cesco Ferro Georges SHEHADE La storia di Vasco 1962/63 Aldo TRIONFO Marisa Fabbri, Renzo Montagnani, Vittorio Franceschi, Massimo De Vita Valeria SISTO COMAR La santa calce 1965/66 Anna GRUBER Nicoletta Rizzi, Ottavio Di Donato, Giorgio Valletta, Lino Savorani, Tonino Pavan, Stella Migliore SOFOCLE Elettra Estate ’64 Fulvio TOLUSSO Marisa Fabbri, Fosco Giacchetti, Adriana Innocenti, Franco Mezzera, Egisto Marcucci, Nicoletta Rizzi, Paola Boccardo SOFOCLE Edipo a Colono Estate ’66 Edmo FENOGLIO Tino Buazzelli, Roldano Lupi, Giulia Lazzarini, Raul Grassilli, Paola Mannoni, Tino Bianchi, Omero Antonutti SOFOCLE scrittura rievocativa di Ruggero CAPPUCCIO Edipo a Colono 1996/97 Antonio CALENDA Roberto Herlitzka, Piera Degli Esposti, Ester Galazzi, Dodo Gagliarde, Gino Monteleone, Paolo Fagiolo, Stefano Galante, Antonio Tallura, Maurizio Zacchigna SOFOCLE Edipo Re 1967/68 Orazio COSTA Giulio Bosetti, Franca Nuti, Mario Valgoi, Gabriele Lavia 101 102 Autore Titolo Stagione Regia Interpreti principali Marko SOSIC Ballerina Ballerina 1996/97 Branko ZAVRSAN Lucka Pockaj Luigi SQUARZINA Tre quarti di lana 1961/62 Fulvio TOLUSSO Marisa Fabbri, Gianni Musy, Omem Antonutti, Mario Maranzana, Omera Lazzari Luigi SQUARZINA Romagnola 1964/65 Eriprando VISCONTI Adriana Innocenti, Vittorio Franceschi, Franco Mezzera Luigi SQUARZINA e Tullio KEZICH (Vedi Tullio KEZICH) August STRINDBERG Il pellicano 1980/81 Gabriele LAVIA Gabriele Lavia, Lea Padovani, Carlo Simoni, Paola Pitagora Italo SVEVO Inferiorità 1955/56 Ottavio SPADARO Filippo Scelzo, Mario Bardella Italo SVEVO Un marito 1960/61 Sandro BOLCHI Luciano Alberici, Anna Miserocchi, Omero Antonutti, Marisa Fabbri, Margherita Guzzinati Italo SVEVO L’avventura di Maria 1968/69 Aldo TRIONFO Franca Nuti, Gianni Galavotti, Massimo De Francovich, Paola Bacci Italo SVEVO Terzetto spezzato 1973/74 Furio BORDON Giampiero Becherelli, Stefano Lescovelli, Antonella Marchi Italo SVEVO Caro bonbon 1990/91 Marco SCIACCALUGA Massimo De Francovich Italo SVEVO L’avventura di Maria 1995/96 Nanni GARELLA Gabriele Ferzetti, Patrizia Zappa Mulas, Gianni De Lellis, Giorgio Lanza, Umberto Raho, Stefania Stefanin, Riccardo Maranzana, Barbara Trost, Daniele Bonnes Italo SVEVO Senilità adattamento di Alberto BASSETTI 1997/98 Francesco MACEDONIO Roberto Herlitzka, Lucka Pockaj, Alvia Reale John Milhngton SYNGE Il furfantello dell’ovest 1961/62 Fulvio TOLUSSO Gino Cavalieri, Gianni Musy, Carlo Bagno, Gina Sammarco, Marisa Fabbri, Omero Antonutti Carlo TERRON Avevo più stima dell’idrogeno 1959/60 Mario MARANZANA Pina Cei, Omero Antonutti, Dario Penne Charles THOMAS Jenny nel frutteto Ottavio SPADARO Marisa Mantovani, Mario Bardella Sergio TOFANO (Stò) Una losca congiura 1955/56 Spiro DALLA PORTA ovvero Barbariccia contro Bonaventura Sergio TOFANO (Stò) L’isola dei pappagalli 1956/57 Spiro DALLA PORTA Maria Grazia Spinazzi, Cesco Ferro Sergio TOFANO (Stò) Bonaventura, veterinario per forza 1957/58 Spiro DALLA PORTA Allievi della Scuola di Recitazione Fulvio TOMIZZA Vera Verk 1962/63 Fulvio TOLUSSO Paola Borboni, Fosco Giachetti, Marisa Fabbri, Edda Valente, Renzo Montagnani, Lino Savorani Fulvio TOMIZZA La storia di Bertoldo 1968/69 Giovanni POLI Franco Mezzera, Marina Bonfigli, Alvise Battain, Lino Savorani Fulvio TOMIZZA L’idealista (da I. CANKAR) 1976/77 1955/56 Allievi della Scuola di Recitazione Francesco MACEDONIO Corrado Pani, Leda Negroni, Carlo Cattaneo, Nestor Garay Aldo TRIONFO e Sergio MINIUSSI (vedi Sergio MINIUSSI) Aldo TRIONFO e Tonino CONTE Sandokan, Yanez e i tigrotti 1969/70 della Malesia alla conquista della Perla di Labuan (da Salgari) Aldo TRIONFO Giulio Brogi, Claudia Giannotti, Lino Savorani, Franco Mezzera, Antonio Francioni, Franco Jesurum, Orazio Bobbio, Saverio Moriones, Mimmo Lo Vecchio Autore Titolo Aldo TRIONFO e Tonino CONTE Margherita Gautier: 1970/71 la dame aux camelias (da Dumas) Stagione Regia Aldo TRIONFO Valeria Moriconi, Lia Zoppelli, Gianni Agus, Ennio Balbo, Rodolfo Baldini Interpreti principali David Maria TUROLDO Il martirio di Lorenzo 1965/66 Giuseppe MAFFIOLI Egisto Marcucci, Vittorio Franceschi, Enrico d’Amato Heinrich von KLEIST Anfitrione 2001/02 Shahroo KHERADMAND Roberto Herlitzka, Giorgio Lanza, Rossana Mortara Franz WEDEKIND Il Marchese von Keith 1979/80 Nino MANGANO Luigi Diberti, Valeria Ciangottini, Pietro Biondi, Gianni Galavotti Tennessee WILLIAMS Zoo di vetro 1979/80 Tatiana PAVLOVA Tatiana Pavlova, Marisa Mantovani, Paolo Privitera, Mario Mariani Tennessee WILLIAMS Lo zoo di vetro 1989/90 Furio BORDON Piera Degli Esposti, Franco Castellano, Diego Ribon, Beatrice Visibelli Carl ZUCKMAYER Il capitano di Köpenik 1973/74 Sandro BOLCHI Renato Rascel, Lino Savorani, Elio Crovetto, Nino Pavese 103 Teatro Stabile del Friuli-Venezia Giulia 104 Le pubblicazioni «Teatro Copioni»: la prima collana di volumi del Teatro Stabile Del Bianco Editore 1. “Il piccolo Eyolf” di Henrik Ibsen. Versione di Gennaro Pistilli. Note di Francesco Macedonio alla regia di Aldo Trionfo 2. “La storia di Bertoldo” di Fulvio Tomizza (da Giulio Cesare Croce). Note di regia di Giovanni Poll 3. “Il mio Carso” di Scipio Slataper. Riduzione per le scene di Furio Bordon. Note di regia di Francesco Macedonio 4. “I nobili ragusei” di Marino Darsa. Prima versione italiana di Lino Carpinteri e Mariano Faraguna 5. “Sandokan Yanez e i tigrotti della Malesia alla conquista della Perla di Labuan” di Aldo Trionfo e Tonino Conte (da Emilio Salgari) 6. “Margherita Gautier la Dame aux camélias” di Aldo Trionfo e Tonino Conte (da Alessandro Dumas figlio). Note di Alessandro Giupponi alla regia di Aldo Trionfo 7. “Don Giovanni” di Molière. Traduzione di Giulio Bosetti. 8. “Amico sciacallo. Canto e controcanto” Due commedie di Furio Bordon 9. “Delitto e castigo” da Dostoevskij. Riduzione teatrale in 2 tempi di Dante Guardamagna 10. “Il capitano di Köpenick” di Zuckmayer. Versione italiana di Lino Carpinteri e Mariano Faraguna I «Quaderni» pubblicati dal Teatro Stabile 12. Svevo “per noi” oggi La coscienza di Zeno 13. Arbuzov: la santa ingenuità del teatro Vecchio mondo 14. Carlo Goldoni “Una donna di garbo” 15. Georg Kaiser Il funzionario Krehler: alla ricerca dell’tiomo nuovo 16. Franz 17. L’uso Wedekind “Il marchese von Keith” della vita Calderon di Pasolini 18. August Strindberg: la bellezza tragica della vita Il pellicano 19. Karl Valentin “Cabaret” 20. Eduardo: 21. Le vita di un attore comico marionette di Vittorio Podrecca 22. Curzio Malaparre “Das Kapital” 23. “L’affare 24. Le Danton” di Stanislava Przbyzewska marionette di Podrecca Il mondo della luna di C. Goldoni 25. “Bouvard e Pouchet” di Tullio Kezich e Luigi Squarzina (da Gustave Flaubert) 26. Dürrenmatt 27. “Il “Romolo il grande” pianeta indecente” 28. “L’amore delle tre melarance” 29. “Fraulein Pollinger” 30. “Attraverso 31. “I i villaggi” Rusteghi” di Carlo Goldoni 32. “Eroe di scena fantasma d’amore (Moissi)” 33. “Baal” 34. “L’adulatore” 35. “Questa sera si recita a soggetto” 36. “Casanova 37. “Beckett 38. “Sei a Spa” concerto” personaggi in cerca d’autore” 39. “Ciascuno 40. Harold a suo modo” Pinter “Tradimenti” 41. “Riccardo III” I «Quaderni» del Teatro Stabile - Art& e Arti Grafiche Friulane 42. America del ‘900 Lo zoo di vetro 43. “Il viaggio incantato” 105 106 44. Vittorio 45. Il Franceschi “Scacco pazzo” pianeta degli ultimi anni Stadelmann di Claudio Magris 45 bis. “Caro bonbon” dall’Epistolario e dall’Album di famiglia di Italo Svevo 46. William Shakespeare “Riccardo II” 47. “Oblomov” 48. “Jack di Ivan Goncarov, adattamento teatrale di Furio Bordon lo sventratore” di Vittorio Franceschi 49. “Una solitudine troppo rumorosa” di Bobumil Hrabal, versione teatrale di Giorgio Pressburger 50. “Anatol” di Arthur Schnitzler, versione italiana di Furio Bordon 51. “L’idiota” di F. M. Dostoevskij, adattamento teatrale di Furio Bordon su un’ipotesi drammaturgica di Padre D. Maria Turoldo 52. “Intrigo e amore” di Friedrich Schiller, traduzione di Aldo Busi 53. “Medea” di Franz Grillparzer, traduzione di Claudio Magris 54. “L’ora in cui non sapevamo niente l’uno dell’altro” di Peter Handke, testi di Mario Brandolin, Peter Handke, Giorgio Pressburger, Sabrina Morena, Rolando Zorzi 55. “I Turcs tal Friúl” di Pier Paolo Pasolini, testi di Pier Paolo Pasolini, Gianfranco Contini, Novella Cantarutti, Nico Naldini, Elio De Capitani 56. “L’avventura di Maria” di Italo Svevo, testi di Antonio Calenda, Nanni Garella, Franca Nuti, Ruggero Rimini, Italo Svevo, Patrizia Zappa Mulas I «Quaderni» del Teatro pubblicati dal Teatro Stabile del Friuli-Venezia Giulia 57. “Anima e Corpo” (2 ediz.) di Vittorio Gassman, testi di Antonio Calenda, Roberto De Monticelli, Giacomo Gambetti, Vittorio Gassman, Maria Grazia Gregori, Rita Sala 58. Gigi Proietti: un attore e il suo teatro testi di Mario Brandolin, Antonio Calenda, Roberto De Monticelli, Rita Sala 59. “Un’indimenticabile serata ovvero gli asparagi e l’immortalità dell’anima” da Achille Campanile, testi di Carlo Bo, Antonio Calenda, Oreste Del Buono, Franco Quadri, Enzo Siciliano 60. “Edipo a Colono” di Sofocle, scrittura rievocativa di Ruggero Cappuccio, testi di Antonio Calenda, Ruggero Cappuccio 61. “Bugie Sincere” di Vittorio Gassman, testi di Vittorio Gassman, Ruggero Cappuccio, Peter Brown 62. “Irma la dolce” di Alexandre Breffort - Marguerite Monnot, testi di Rita Sala, Danilo Soli, Didier C. Deutsch 63. “Senilità” da Italo Svevo, adattamento teatrale di Alberto Bassetti, testi di Italo Svevo, Alberto Bassetti, Daniele Del Giudice, Mario Brandolin 64. “Riccardo III” di William Shakespeare, traduzione di Patrizia Valduga, testi di Mario Brandolin, Alessandro Serpieri, Giovanna Mochi, Patrizia Valduga 65. “Amleto” di William Shakespeare, traduzione di Agostino Lombardo, testi di Mario Brandolin, Agostino Lombardo, Alessandro Serpieri, Roberta Gefter Wondrich, Renzo S. Crivelli, Giuseppina Restivo, Guido Botteri 66. “Ma che c’entra Peter Pan?” di Alberto Bassetti 67. “Rappresentazione della Passione” elaborazione drammaturgica di Antonio Calenda, testi di Odoardo Bertani, Guido De Monticelli, Angelo Mandorlo, Renzo Tian 68. “Antigone” di Jean Anouilh, versione italiana di Furio Bordon, testi di Furio Bordon, Antonio Calenda, Ilaria Lucari 69. I Piccoli di Podrecca 70. “Agamennone” e “Coefore” di Eschilo, traduzione di Manara Valgimigli, testi di Antonio Calenda, Caterina Barone, Ilaria Lucari 71. “La Mostra” di Claudio Magris, testi di Guido Botteri, Ilaria Lucari “Teatro/Università” - Edizioni Clueb Bologna/Teatro Stabile del Friuli-Venezia Giulia 1. “Tradurre/Interpretare Amleto” a cura di Giuseppina Restivo e Renzo S. Crivelli Edizioni speciali “Il nuovo vecchio Rossetti” a cura di Guido Botteri e Stefano Curti 107 Teatro Stabile del Friuli-Venezia Giulia Le produzioni 2002-2003 109 COEFORE di Eschilo regia di Antonio Calenda con Piera Degli Esposti, Daniela Giovanetti, Alessando Preziosi, Osvaldo Ruggieri, Giampiero Fortebraccio, Giorgio Lanza, Giancarlo Cortesi in collaborazione con Istituto Nazionale del Dramma Antico Fondazione Onlus OTELLO di William Shakespeare regia di Antonio Calenda con Michele Placido, Sergio Romano PALLIDO OGGETTO DEL DESIDERIO di René De Ceccatty dal romanzo La femme et le pantin di Pierre Louÿs regia di Alfredo Arias con Pino Micol, Daniela Giovanetti, Francesca Benedetti LA MOSTRA di Claudio Magris regia di Antonio Calenda con Roberto Herlitzka, Mario Maranzana VARIETÀ con I Piccoli di Podrecca Teatro Stabile del Friuli-Venezia Giulia L’organigramma 2002-2003 Arnaldo NINCHI Antonio CALENDA presidente direttore Rodolfo CASTIGLIONE vicepresidente Tiziana BENUSSI Francesco MARANGON Piero MARTINUZZI Antonio PAOLETTI Rossana POLETTI consiglieri collegio dei revisori Cosimo CECERE presidente Giuseppe DI BARTOLO ZUCCARELLO Paolo MUSOLLA soci Comune di Trieste Regione Autonoma Friuli-Venezia Giulia Provincia di Gorizia Provincia di Pordenone Provincia di Trieste Provincia di Udine Camera di Commercio Industria Artigianato e Agricoltura di Trieste Unicredit Banca Spa Divisione CRTrieste Sergio DOVGAN responsabile amministrazione Paolo GIOVANAZZI responsabile tecnico Stefano CURTI responsabile marketing e comunicazione Roberta TORCELLO responsabile produzione Lucia DUSSI Diego PECAR Daniela SFERCO ufficio amministrazione Massimo CARLI Flavio DOGANI Giuliano GIONCHETTI Rosaria SCHIRALDI Roberto STAREC Massimo TATARELLA Carlo TURETTA Giorgio ZARDINI Radivoi ZOBIN ufficio tecnico Emmanuele BONNES Oriana CRESSI Monica FAVARETTO Marzia GALANTE Ilaria LUCARI ufficio marketing e comunicazione Teatro Stabile del Friuli-Venezia Giulia Viale XX Settembre, 45 34126 TRIESTE tel. 040.3593511 fax 040.3593555 www.ilrossetti.it e-mail [email protected] Giampaolo ANDREUTTI Alida PECCHIAR ufficio produzione Ada D’ACCOLTI Bruno BOBINI ufficio segreteria 111