’800/’900
La situazione socio-storica
 L’età delle trasformazioni
 Equilibri mondiali
 Come cambiano le città
I mutamenti culturali
 L’idea di progresso
Il nuovo ruolo degli intellettuali
Nietzsche: filosofo della crisi
Modelli letterari ed artistici
 Wilde e la figura dell’esteta
I.I.S. “Carlo Urbani” – Ostia
A cura del prof. Luigi O. Rintallo
 Il ritratto di Dorian Gray
 Decadentismo: termine problematico
La situazione
socio-storica
L’età delle trasformazioni
La seconda metà del sec. XIX è contraddistinta da profonde modifiche strutturali delle principali
nazioni europee, con immediati riflessi a livello economico e socio-politico.
LA 2ª RIVOLUZIONE
INDUSTRIALE
Prende le mosse il “salto nella
modernità” con la simbiosi fra
scienza e tecnologia. L’avvento
della elettricità permette di
usare l’energia nei trasporti e
nelle fabbriche, trasformando le
città, e dà luogo a una serie di
scoperte collegate. 1840: Morse
brevetta il telegrafo; 1871:
Meucci concepisce il telefono;
1882: Edison inventa la
lampadina. Intanto, nel 1877
Marcus realizza il prototipo del
motore a scoppio a benzina,
ricavata dal petrolio che –
insieme alla gomma – è fra i
nuovi materiali entrati in uso.
GRANDE DEPRESSIONE
Fra 1873 e 1896, l’Europa è in
crisi economica, per il ristagno
produttivo e il crollo dei prezzi
agricoli dovuto alla dura
competizione con Stati Uniti e
Russia. Da qui l’incremento del
protezionismo e la scelta di
trovare nuovi sbocchi
commerciali, attraverso
l’imperialismo franco-inglese in
Asia e Africa. Anche l’Italia, dalle
coste somale, tenta di penetrare
in Etiopia ma a Dogali (1887)
subisce una cocente sconfitta che
si ripeterà a Adua nel 1896. La
fine secolo è contrassegnata dalla
emigrazione italiana nelle
Americhe.
LO SPETTRO DEL
COMUNISMO
L’espressione è ricavata dal
Manifesto di Marx ed Engels
(1848), fondatori nel ’64 della I
Internazionale dei lavoratori
scioltasi per il dissidio fra Marx e
l’anarchico Bakunin nel 1876
dopo l’esperienza fallita della
Comune parigina (1871). La
formazione del proletariato
urbano facilita l’affermarsi dei
partiti operai, che guidano le
lotte sindacali contro
l’organizzazione capitalistica del
lavoro, riunendosi nel 1891 a
Bruxelles nella II internazionale
socialista. Nascono i primi partiti
di massa.
La situazione
socio-storica
Equilibri mondiali
• Nel corso del sec. XIX la politica internazionale dell’Europa subisce importanti modifiche. Mentre l’impero
austro-ungarico e quello russo sono attraversati da crisi profonde, dovute alle lotte irredentiste dei popoli
sottomessi e all’intollerabilità dell’autocrazia zarista, la nascita di nuove nazioni come Italia e Germania
sconvolgono il tradizionale equilibrio fondato sulla supremazia britannica e francese.
• Alla crisi economica della seconda metà del secolo, le potenze europee cercano soluzione attraverso forme di
protezionismo economico e la corsa alle colonie. Gran Bretagna e Francia consolidano i loro imperi in Africa e in
Asia, costringendo Italia e Germania ad accontentarsi di ridotti insediamenti. Diverso il caso degli Stati Uniti che
non costituiscono imperi o colonie al di là del loro territorio, preoccupandosi solo di tener lontane le altre potenze
dal continente americano in nome della dottrina Monroe (“L’America agli Americani”) e adottando la politica dei
protettorati.
• Sino alla vigilia della I guerra mondiale, l’Europa conserva la sua egemonia mondiale anche se già si profila
l’ingresso di nuovi protagonisti sugli scenari internazionali. Gli Stati Uniti portano a termine la conquista del
West e diventano una potenza continentale, capace di competere sui mercati da posizioni di forza; il Giappone
avvia la sua politica espansionista in estremo Oriente, uscendo vincitore dalla guerra con la Russia del 1905.
• Gli anni di passaggio fra ’800 e ’900 vengono denominati “Belle epoque”, perché - a eccezione di alcuni limitati
conflitti nei Balcani - l’Europa evitò guerre sul suo territorio. Cresce la fiducia nel futuro e nelle illimitate
possibilità del progresso scientifico-tecnico, ben rappresentati dallo straordinario successo dello spettacolo Ballo
Excelsior, composto nel 1881 da Marenco, all’esposizione universale di Parigi (1895).
La situazione
socio-storica
Come cambiano le città
• Proprio Parigi diviene il paradigma del cambiamento impresso alle città dalla seconda rivoluzione industriale.
Da sempre centro della vita politica dei Paesi europei, le città diventano ora sedi delle principali industrie e
compagnie finanziarie. Parigi subì nell’800 un radicale mutamento grazie ai progetti di George Haussmann,
capo della polizia e architetto.
• Al posto dei vecchi quartieri popolari cresce la cintura periferica, mentre al centro la rete dei vicoli è sostituita
da grandi viali alberati (boulevard). Ciò anche allo scopo di meglio garantire l’ordine pubblico, permettendo così
alla polizia un più agevole controllo delle piazze e delle strade durante le manifestazioni politiche.
•A lato dei viali sorgono i palazzi borghesi, che diventano ben presto il modello abitativo di tutte le capitali
europee compresa la Roma umbertina eretta dopo il 1870. La tipologia di queste costruzioni è contraddistinta
dall’essere di 5 o 6 piani , destinati a famiglie di diverso livello sociale: al piano terreno vive la famiglia del
custode, il primo (e il secondo) piano è occupato da una sola famiglia - la più ricca – che vive in un
appartamento ampio e lussuoso. Ai piani superiori si trovano alloggi più piccoli e di minor prestigio, destinati
alla piccola borghesia impiegatizia e commerciale. Nelle soffitte si trovano i domestici e la servitù.
• La classe operaia e in generale i ceti meno abbienti si ammassano per lo più nelle periferie, in appositi
quartieri loro destinati. Si tratta per lo più di palazzi e falansteri, collegati fra loro da ballatoi che si affacciano
su cortili comuni.
I mutamenti
culturali
L’idea di progresso
E’ nell’800, con il diffondersi delle concezioni positiviste, che si afferma la moderna idea di progresso intesa
come avanzamento inarrestabile verso un miglioramento delle condizioni di vita. Il suo imporsi rivoluziona il
modo di rapportarsi con il passato, ma nella fase di passaggio al ’900 sarà sottoposta a profonde revisioni.
Il passato e gli antichi
Razionalismo ’700
Il progresso in crisi
Gli antichi avevano due
modelli interpretativi del
rapporto col passato:
Con
l’esaltazione
del
razionalismo del ’700, si
afferma la concezione
secondo cui nel passato si
viveva nell’ignoranza e
nella superstizione (età
buia),
mentre
l’era
moderna iniziata con la
rivoluzione scientifica del
’600 costituiva un indubbio
avanzamento. I filosofi
illuministi collegano il
progresso materiale a
quello civile e spirituale
dell’uomo (Condorcet).
Durante l’800, lo sviluppo
seguito alle nuove scoperte
spinge a confidare che il
progresso sia continuo.
Nella prima metà del ’900
tale certezza è demolita da
tre eventi: la I guerra
mondiale, con le sue inutili
stragi; la rivoluzione russa,
che anziché a una società
libera e giusta dà origine
invece a una spietata
dittatura, modello dei
successivi totalitarismi; la
crisi economica del ’29 che
diffonde sfiducia sulle sorti
dei Paesi capitalisti.
1) Età dell’oro – indicava
una lontana età felice della
umanità, dopo la quale era
iniziato un inesorabile
declino. Il presente era
pertanto
considerato
inferiore al passato.
2) Eterno ritorno –
indicava il ripetersi ciclico
degli eventi storici, in un
alternarsi di fasi positive e
negative.
I mutamenti
culturali
Il nuovo ruolo degli intellettuali
La crescita del benessere
favorisce l’alfabetizzazione
La produzione libraria registra
un forte aumento
Si delinea un pubblico di massa
che va imponendo il suo gusto
In questa situazione, si modifica il ruolo degli intellettuali: non più cortigiani dell’aristocrazia, essi provengono dalla borghesia e vivono una
condizione di disagio dovuta ai mutamenti intervenuti sia nel rapporto con il pubblico dei fruitori, sia alla mercificazione del loro lavoro.
Mentre in passato autori e
pubblico coincidevano, ora il
rapporto fra i due si fa indiretto.
Da un lato i letterati tendono a
isolarsi e ad estraniarsi dalla
realtà materiale della nuova
società; dall’altro assumono
modelli di vita anticonformisti,
con l’intento di proporre
un’alternativa.
Romanzi di appendice e
feuilleton modificano l’offerta di
letteratura che si adatta alla
nuova committenza di un
pubblico più vasto, composto
da ceti popolari che cercano a
un tempo evasione e
immedesimazione.
I mutamenti
culturali
Nietzsche: filosofo della crisi
• Il maggior interprete della crisi del Positivismo è Friedrich Nietzsche (1844-1900). Al filosofo tedesco si
deve la critica del nichilismo, giudicato all’origine della decadenza dell’uomo contemporaneo. Per N., la vita è
volontà di potenza, vale a dire desiderio di affermazione della visione dell’individuo.
• La volontà di potenza è costituita da forze attive (che affermano e esaltano la vita) e da forze reattive (che
negano la vita). La storia dell’uomo coincide con quella delle forze reattive, che costringono entro i recinti
delle convenzioni, dei codici religiosi, della morale e della scienza la creatività della vita libera e spontanea.
• E’ stato il prevalere delle forze reattive, in nome dei valori manipolati dall’ideologia (la falsa coscienza
marxiana), a generare il nichilismo, ossia la riduzione a niente attraverso una serie di gabbie che limitano la
irrazionalità della vita.
• Tale contrasto fu evidenziato nel libro Nascita della tragedia, dove N. distingue la sfera dell’apollineo (che
riduce il flusso vitale razionalmente) da quella del dionisiaco (coincidente con l’irrazionalismo e la creatività
spontanea).
• La cultura occidentale non sarebbe altro, per N., che la celebrazione del nichilismo attraverso l’influenza
delle sue due grandi tradizioni religiose: ebraismo e cristianesimo. Il primo nega la vita con una legge divina
che impone obbedienza e genera risentimento (cioè l’accettazione dell’infelicità, imputandola ad altri); il
secondo nega la vita imponendo l’accettazione della legge a partire dal sentimento dell’amore.
• Per mettere in crisi queste visioni nichiliste, che annullano l’uomo, va recuperata e valorizzata la parte
positiva della volontà di potenza. Tale qualità è propria del superuomo, unico protagonista dell’affermazione
di sé svincolato da ogni condizionamento esterno.
Modelli letterari
ed artistici
Wilde e la figura dell’esteta
• Oscar Wilde (1854-1900) fu drammaturgo, narratore e saggista. Proprio in quest’ultima veste egli si è
distinto per un mirabile lavoro di sintesi in difesa dei valori dell’arte, contro la tendenza a subordinarli al
mito del progresso e dell’utilità sociale.
•Dopo un primo periodo nel quale si contentò di ripetere gli slogan in difesa dell’arte e del bello secondo i
canoni espressi dal romanticismo inglese in avversione alla società industrializzata, Wilde precisò la sua
critica fino al punto di dar corpo a un sistema di idee fondato sul paradosso.
• E’ questa una formula che, capovolgendo un luogo comune e insinuando il sospetto del contrario, corrode
in modo micidiale quelli che sembrano dati acquisiti. Non a caso Thomas Mann arriva ad accostare i suoi
aforismi a quelli di Nietzsche.
• Sulla scia dell’edonismo intellettuale individualistico di Walter Pater, Wilde concepisce l’arte come evasione dalla
vita. Il vero artista non è certo il cronista (di matrice naturalista), ma il bugiardo che reinventa le cose, riuscendo
talvolta a migliorare la realtà. E’ insomma la vita che imita l’arte.
• Impersonò la figura dell’ “esteta”, adoratore del bello come reazione alle brutture del mondo nato dalla
Rivoluzione industriale, massificante e utilitaristico. Nell’età del perbenismo vittoriano, le sue pose da dandy gli
consentirono un sistematico rovesciamento dei valori borghesi e del cosiddetto “senso comune”.
• Accusato infine di sodomia, fu condannato a due anni e mezzo di lavori forzati e finì in miseria. Il processo al
quale fu sottoposto ebbe anche i caratteri dell’attacco dei filistei contro l’artista, la cui indipendenza fu difesa
strenuamente da Wilde che – secondo un contemporaneo – riuscì a fare “dell’infamia una seconda Termopili”.
Modelli letterari
ed artistici
Il ritratto di Dorian Gray
Il ritratto di Dorian Gray (1890-91) è l’unico romanzo scritto da Oscar Wilde. Prima di allora,
come narratore, era noto per alcuni racconti e fiabe. Dopo, ottenne grande successo anche quale
drammaturgo con alcune commedie più volte recitate nei teatri europei, di cui la più celebre è
L’importanza di essere Onesto (1894). Nel periodo trascorso in carcere, porta a termine De profundis:
una lunga lettera al giovane Bosie, figlio del marchese di Queensberry e causa della sua condanna.
La pubblicazione
La trama
I motivi
Nel 1889, l’editore
americano Stoddart
commissiona a Wilde una
storia dal risvolto giallo, da
pubblicare sulla sua rivista
“Lippincott’s Monthly
Magazine”. Il racconto è
ultimato ed esce sul
numero del 20 giugno
1890. In seguito, Wilde lo
amplia aggiungendovi sei
capitoli e lo pubblica in
volume nell’aprile 1891.
Il pittore Hallward ha
ritratto Dorian Gray, un
giovane di eccezionale
bellezza. Grazie a un
sortilegio, Dorian ottiene di
rimanere giovane e che a
invecchiare sia solo il
ritratto. Influenzato dal
cinico Wotton, Dorian è
avido di piaceri e dedito a
ogni abiezione. Alla visione
del quadro, pugnala la tela
ma è lui a cadere morto.
Nel romanzo sono presenti
i motivi tipici del
decadentismo: mito
dell’eterna giovinezza e
della malattia connessa al
vizio. L’opera, sulla scia del
romanzo A ritroso del
francese Huysmans, è fra
quelle che maggiormente
hanno influito sugli autori
del primo Novecento.
Modelli letterari
ed artistici
Decadentismo: termine problematico
Una definizione del DECADENTISMO è problematica. L’aggettivo “decadente” fu usato dai critici
benpensanti e borghesi per indicare l’arte di quegli artisti bohemiens che frequentavano i ritrovi lungo la Senna a
Parigi. Essi operavano attorno a varie riviste (“Chat noir”, “Nouvelle rive gauche”), nelle cui pagine
riportavano manifesti e polemiche letterarie con l’intento di scandalizzare in primo luogo i borghesi.
 Questi artisti, cultori di Baudelaire, ne riprendono i temi esasperandoli, alla ricerca dell’artificiale e del
perverso. La contemplazione e l’amore per la morte diviene per loro gusto del macabro. Da qui la definizione
spregiativa di decadenti, che essi fanno propria sino al punto di titolare così la loro nuova rivista nel 1886: “Le
Decadent”. Questa boheme decadente confluirà alla fine nel movimento del Simbolismo, più rigoroso dal punto
di vista poetico.
 In un secondo momento, il termine DECADENTISMO fu usato per indicare tutta la cultura fra Ottocento
e Novecento. Ma così facendo si incorre in non pochi problemi. Difficile stabilirne i limiti cronologici, se si
considera il dato comune alla maggior parte degli autori relativo alla sensazione di crisi irreversibile, derivante
dall’arroccamento della borghesia in difesa di un mondo oramai messo in discussione dall’anti-positivismo
espresso tanto dal socialismo scientifico di Marx quanto dall’irrazionalismo di Bergson e di Nietzsche.
 Nel vuoto così determinatosi, mancano autentici valori che diano significato alla vita: e questa ha finito per
essere la cifra distintiva del DECADENTISMO.
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Tra l`ottocento e il novecento