Il ritratto di Oscar Wilde Venerdì 8 maggio 2015, Cives Universi – Centro Internazionale di Cultura ha organizzato una giornata di studi riguardante Oscar Wilde, scrittore, drammaturgo e aforista della fine del diciannovesimo secolo. L’evento si è svolto presso la Sala Verri del Centro Culturale di Milano, gentilmente concesso dal Dott. Camillo Fornasieri, Direttore del Centro Culturale di Milano e Presidente della Fondazione Stelline. Il convegno si è aperto alle 14.30 con i saluti di benvenuto del prof. Alberto Frigerio, presidente di Cives Universi il quale ha ringraziato e presentato i relatori. Luigi Sampietro, professore ordinario di Letteratura Anglo-americana presso l’Università degli Studi di Milano, con la relazione intitolata “Il supremo inganno dell’artista”, ha introdotto la giornata parlando di ciò che significa essere “esteta” (in greco colui che percepisce, che è illuminato) e della perdita del sapere letterario, considerato inutile in una società improntata sul consumismo. In seconda battuta la prof.ssa Margaret Rose, professoressa associata di Letteratura Inglese e Storia del Teatro Inglese presso l’Università degli Studi di Milano, ha analizzato le society comedies di Oscar Wilde. Egli, sottolinea la prof.ssa Rose, scrisse queste commedie certamente anche per far divertire ma con l’obiettivo primario di trattare argomenti di cui non si sarebbe voluto parlare (adulteri, scandali politici, ecc.). In particolare, in “The importance of being Ernest” – definita da Wilde “trivial comedy for serious people” – si parla, anche se non apertamente, di un rapporto omosessuale. La prof.ssa Rose ha, dunque, sottolineato la “geniale” capacità di scrittura di Oscar Wilde, scrittore in grado di trattare temi che se, esposti diversamente, sarebbero stati certamente censurati. La parola poi è passata alla prof.ssa Giuliana Bendelli, docente di Lingua e Letteratura Inglese presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, la cui relazione intitolata “Art for art’s sake: da Oscar Wilde a John Banville”, riferendosi all’opera di Wilde “L’importanza di chiamarsi Ernesto”, ha trattato della preoccupazione di essere sinceri e fedeli alla realtà collegandosi all’erede Banville che, riflettendo sulla lingue inglese e irlandese, afferma che si tratti di lingue ingannevoli. Dopo il breve intervallo, la prof.ssa Patricia Kennan, docente di Reading Skills for Economics presso l’Università degli Studi di Milano Bicocca, con la relazione dal titolo “The Picture of Dorian Gray. Etica ed estetica”, ha affrontato il romanzo “Il ritratto di Dorian Gray”, analizzandolo da un punto di vista socio-economico e culturale. Ha fornito, invece, una chiave di lettura molto contemporanea di Wilde il prof. Alex Roger Falzon, moderatore del convegno, docente di Letteratura Inglese Contemporanea presso l’Università degli Studi di Siena. “*Wilde!*Pop!*&Morrissey!*” è il titolo della sua relazione, relazione che ha creato un parallelo tra il musicista pop Steven Morrissey e Oscar Wilde, entrambi portavoce del disprezzo dei giovani verso i valori dominanti della società e della necessità di una nuova cultura, di nuovi valori che possano essere in grado di placare la rabbia e la frustrazione. Icone di stile, insomma, sempre in cima alle hit parades. Suggestiva e particolare anche la relazione del prof. Fabio Cleto, professore associato di Letteratura Inglese presso l’Università degli Studi di Bergamo, intitolata “Wilde e lo « it » del queer”. Durante l’intervento il prof. Cleto ha fornito una spiegazione dell’enigmatico titolo. La parola “it” ha tre significati, ovvero “esso”, “Information Technology” e “quel certo non so che” mentre “queer”, termine che fino alla fine dell’Ottocento significava “strano” ha iniziato ad assumere una connotazione negativa nel corso del Novecento, diventando un termine utilizzato per indicare gli omosessuali. Dunque “Wilde e quel certo non so che di strano”, quell’aura di fascino, velata di segreto che Wilde era riuscito a costruire attorno alla sua, originale, figura. A conclusione dell’incontro, la dott.ssa Grazia Aloi, con una relazione intitolata “Il teatro mentale di O. Wilde”, ha ipotizzato un utopistico incontro e un dialogo tra Oscar Wilde e Sigmund Freud. Il poeta, appena uscito dal carcere, è segnato e cambiato nel profondo, così come i suoi atteggiamenti e discorsi; ha perso gran parte della sua sfrontatezza, rifugiandosi nella consapevolezza di una fine imminente. A sorpresa, l’attore Davide del Grosso di Comteatro, ha presentato un assaggio del suo spettacolo “Rossowilde”, un interessante ed appassionante dialogo aperto con il pubblico che analizza in maniera del tutto nuova uno dei capolavori di Wilde, ovvero “Il ritratto di Dorian Gray”. L’obiettivo di analizzare in modo interdisciplinare, toccando aspetti insoliti ed originali, la figura di Oscar Wilde è stato pienamente raggiunto. La profonda conoscenza e preparazione dei relatori ha permesso di suscitare un interesse rilevante verso una figura che si pensava già ampiamente ed esaustivamente studiata. Alessia Boerci Gaia Mariani Beatrice Molla