n. 1 1
Anno 5, Gennaio 2014
INDIALOGO
Supple m e n t o d i I n d i a l o g o . i t , a u t o r i z z . N . 2 d e l 16.6.2010 del Tribunale di Pinerolo
Pinerolo,
Docenti universitari del
Pinerolese/12
Intervista
a Bruno De
Benedetti
basta
piangere!
Intervista a Giorgio
Canal di Sel
Buone News
A cura di Gabriella Bruzzone
una notizia al mese
Le buone news del 2013
Come di consueto, siamo giunti al nostro
bilancio annuale.
Quest’anno ho scelto di proporvi una
notizia per ogni mese, per ricordare –
e ricordarci – che le buone news sono
continue e costanti e non manca giorno che
un fatto positivo degno di nota accada.
A gennaio il Turkmenistan annuncia di
essere pronto per aderire all’Organizzazione
mondiale del commercio.
Nel mese di febbraio invece Jack Thomas
Andraka, sedicenne del Maryland, inventa
un test innovativo in grado di diagnosticare
tempestivamente il cancro al pancreas, alle
ovaie e al polmone.
Sempre in Maryland, il governo ha deciso
di abolire la pena di morte. ha abolito la
pena di morte. È il diciottesimo stato sui
cinquanta dell’Unione a cancellare la pena
capitale. Accadeva a marzo.
Aprile è portatore di buone notizie in
campo ambientale: il premio Nobel Mario
Molina assicura sui risultati positivi del
“Protocollo di Montreal” che prevede la
drastica riduzione dei gas responsabili del
buco nell’ozono.
A maggio il parlamento della Papua Nuova
Guinea ha abolito la legge sulla stregoneria
risalente al 1971. Nel 2013 erano ancora state
processate e giustiziate numerose donne.
Giugno porta invece novità tecniche: al
Politecnico di Losanna viene perfezionato
Solar Impulse, il primo velivolo ultraleggero
alimentato ad energia solare.
Tra il 23 e il 28 luglio si è svolta a Rio de
Janeiro la XXVIII Giornata Mondiale della
Gioventù alla quale ha partecipato il neo
nominato Papa Francesco.
Ancora una volta è protagonista la
tecnologia: ad agosto Tokio annuncia
trionfante che Kirobo, il primo robot
umanoide parlante, è stato lanciato nello
spazio dalla base spaziale di Tanegashima
in Giappone.
La scienza fa passi da gigante e a
settembre, all’Università di Washington,
si assiste al primo collegamento tramite
computer e internet di due cervelli umani.
Due giovani australiani nel mese di ottobre
presentano la loro innovativa idea: droni
consegna pacchi. Per ora il servizio è attivo
solo in Australia.
Si guarda ovviamente anche alla salute. A
novembre infatti viene testato, all’Ircss San
Raffaele Pisana di Roma, il primo guanto
robotico per la riabilitazione da ictus.
A dicembre invece, periodo di grandi
abbuffate, la Food and Drug Administration
americana si avvia a bandire completamente
l’uso dei grassi idrogenati negli alimenti
in tutto il Paese, riconoscendo la loro
pericolosità e i rischi per la salute del cuore.
22
33
wwwwAw
Informazione e cultura locale per un dialogo tra generazioni
S
o
m
m
|Pinerolo: basta piangere!
“Basta piangere!” è il titolo del libro di successo
di Aldo Cazzullo, giornalista del Corriere della Sera,
tratto da una frase che molti bambini degli anni Cinquanta-Sessanta, oggi sessantenni, si sono sentiti
dire più volte dai propri genitori. Frasi e detti popolari
che racchiudevano in modo efficace un’esperienza
e una saggezza che oggi difettano. Si preferiscono
le battute! Il grande successo del libro di Cazzullo,
forse, nasconde anche un po’ di nostalgia per l’efficacia di questi incitamenti che mobilitano energie e
aprono a prospettive di futuro.
Di qualcosa di simile abbiamo bisogno anche
per Pinerolo: basta piangere per il Tribunale perduto, per l’ASL accorpata, per il Nizza cavalleria
trasferito, per la Camera di commercio chiusa, per
gli ospedali ridimensionati, ecc... Diamoci da fare
anche con piccole iniziative, mettendo in gioco
quel poco che ognuno di noi può dare.
Nel nostro piccolo abbiamo aperto la sede
dell’Associazione Culturale Onda d’Urto in via
Vigone 22, come punto d’incontro per giovani,
dove si ha a disposizione una scrivania per poter progettare, avviare confronti di idee con altri
giovani o adulti, avviare start-up e collaborazioni,
studiare, fare coworking e piccole conferenze,
incontrare persone o ascoltare esperti. Insomma
un locale per i giovani del territorio che vuol essere un “incubatore di idee”. È nato per la volontà di
un insegnante, che ha deciso di “investire” il suo
TFR per questo scopo. È una piccola iniziativa,
ma se ne nascono altre dieci simili le prospettive
di futuro per il Pinerolese aumentano.
Antonio Denanni
P.S. Il sottotitolo del centro è: “luogo dove si coltivano prospettive di futuro”
PINEROLO INDIALOGO
Direttore Responsabile
Antonio Denanni
Hanno collaborato: Emanuele Sacchetto, Valentina Voglino,
Alessia Moroni, Elisa Campra, Gabriella Bruzzone, Maurizio Allasia, Andrea Obiso, Rebecca Donella, Andrea Bruno, Chiara Gallo, Cristiano Roasio, Nadia Fenoglio, Giulia Pussetto, Francesca
Costarelli, Michele F.Barale, Chiara Perrone, Marianna Bertolino,
Federico Gennaro, Demis Pascal
Con la partecipazione di Elvio Fassone
photo
Giacomo Denanni, Francesca De Marco
Pinerolo Indialogo, supplemento di Indialogo.it
Autorizzazione del Tribunale di Pinerolo, n. 2 del 16/06/2010
redazione
Tel. 0121397226 - Fax 1782285085
E-mail: [email protected]
a
r
2
4
6
8
i
o
Buone News
Le buone news del 2013
Primo Piano
docenti univeritari pinerolesi/12
intervista a bruno de benedetti
Giovani & Lavoro
intervista ad andrea fenoglio, regista
Politica giovane young
intervista a giorgio canal, di sel
10Lettere al giornale
11
anno nuovo, augurio particolarei
Giovani @ Scuola
il pinerolese in epoca feudale
12Arte & Architettura
14
15
16
17
1. lo sventramento di v.principi acaja
2. sinergia territoriale e web
Sociale & Volontariato
associazione ecumenica di ascolto
Tecnologie & Innovazioni
il traduttore istantaneo
Visibili & Invisibili
i giovani di libera e di amnesty pinerolo
Vita internazionale
sara alù, arte e danza a 360°
18Teatro
“noi ci credevamo”
19Lettera a...
20
capodanno per il proprio credo
Per Mostre & Musei
stefania canavosio
21Musica emergente
aut in vertigo
22Appunti di viaggio
23
la montagna che cura
Cineforum Pinerolo
anno 2013/14
24Amici di Pinerolo Indialogo
http://www.pineroloindialogo.it
http://www.facebook.com/indialogo.apinerolo
http://www.issuu.com/pineroloindialogo
4
primo piano
Città & Università/12
a cura di Marianna Bertolino
Intervista a Bruno De Benedetti
“Il Pinerolese non è diverso da molte altre realtà: ormai
la competizione è globale e solo chi si ritaglia un ruolo
con competenze di eccellenza riesce a prosperare”
Per cominciare ci parli di sè, del suo lavoro e
delle sue competenze in ambito universitario.
Nella mia lunga vita al Politecnico ho intrapreso
tante strade per seguire un unico filo conduttore:
fare qualsiasi esperienza che mi arricchisse
professionalmente. Così dopo la laurea in
ingegneria chimica ho iniziato il mio percorso
come metallurgista in campo scientifico, ma
nel contempo non mi sono
risparmiato per fare attività
nel campo produttivo come
consulente, Fra l’altro ho
avuto l’occasione di eseguire
molte perizie in campo
giudiziario. Negli anni ‘90 un
altro cambiamento importante
che mi ha dato molto: entrare
nel circuito dei progetti di
ricerca europei che mi hanno
aperto alla conoscenza delle
più varie realtà nel mondo.
Per spirito di servizio ho
assunto la carica di Direttore
del Dipartimento di Scienza
dei Materiali e poco dopo
sono entrato a far parte del
Consiglio di Amministrazione
del Politecnico per la gestione del Bilancio. Otto
anni intensi di lavoro gestionale non privi di
grandi sfide. Così sono arrivato alla parte finale
del mio percorso lavorativo, ritornando alla
ricerca per coltivare il capitale più importante:
contribuire a valorizzare dei giovani talenti.
Il suo corso tratta delle principali tecnologie di riciclo
dei materiali. C’è in questo campo un progresso
nella sensibilità delle persone e delle imprese?
In effetti utilizzo da molti anni una tecnica
di valutazione dei materiali che viene definita
Analisi di Ciclo di Vita. In questo modo è possibile
tramite degli indicatori trovare le tecniche che
minimizzano l’impatto sull’ambiente. Viene
così smitizzato il concetto di riciclaggio ad ogni
costo sostituendolo con quello di riciclaggio
consapevole. Un piccolo esempio: se per
produrre un materiale partendo da materiali
a fine vita devo spendere molta più energia
di quella richiesta da materie prime vergini, è
meglio la seconda strada.
Intorno ai rifiuti vi sono scandali, mafia, affari,
inquinamento, lotte politiche... Oltre alla
prevenzione di queste degenerazioni, qual è il
modo migliore di trattarli?
Ho iniziato questa
attività perché molte leghe
metalliche si producono con
grandi vantaggi partendo
da “rottami”. In assoluto
in cima alla classifica della
convenienza vi sono le leghe
di alluminio, ma gli acciai
non sono certo da meno.
Tutto questo è evidenziato
in
modo
chiarissimo
dall’analisi di ciclo di vita.
La tecnologia in questi casi
sa dare risposte corrette, le
deviazioni sono responsabilità
di chi opera per il proprio
profitto senza etica.
Il riciclo può essere anche
fonte di business e di nuove
imprenditorialità?
E’ un settore in grande sviluppo, purtroppo con
tanti ostacoli burocratici per chi vuole lavorare
seriamente. Così si aprono ampie possibilità
a chi vuole speculare contando sulla scarsa
capacità di chi dovrebbe operare i controlli. Un
esempio per tutti il caso della Terra dei Fuochi,
diventato un caso televisivo, in opposizione a un
caso poco noto a livello nazionale come gli eccellenti
impianti di trattamento dei rifiuti nel Pinerolese.
Nei suoi incarichi didattici si legge che lei spazia
come docente in molti corsi di Laurea.
In effetti per moltissimi anni mi sono limitato
ad insegnare la Metallurgia per gli Ingegneri
dei Materiali. Solo recentemente ho intrapreso
la sfida di fare un corso per tutti gli studenti
di ingegneria in cui la platea che segue le
4
“Sostituire la parola declino con la parola ‘necessità di cambiamento’”
lezioni di Tecnica ed impatto del riciclaggio dei
Materiali può approfondire gli argomenti di cui
alle risposte precedenti. Riuscire a coinvolgere
ragazzi di formazione molto diversa è stata
veramente una grande soddisfazione.
La laurea in ingegneria ha ancora buone possibilità
di sbocchi lavorativi anche in questo periodo di
crisi? Qual è la specializzazione più richiesta?
Chi segue i corsi dei Politecnici normalmente
trova uno sbocco lavorativo nel primo anno
dopo la laurea in circa l’80% dei casi. Non
credo che la specializzazione sia determinante.
Oltre alla carriera scolastica sempre più
contano altri aspetti: la capacità di relazione, la
determinazione sul lavoro, la curiosità tecnica
e non ultimo l’adattabilità a lavorare in un
contesto globalizzato
Veniamo al Pinerolese, questo nostro territorio di
cui si parla sovente in termini negativi. Lei come
lo vede? Quali sono a suo parere le potenzialità
non valorizzate e sulle quali puntare?
Il Pinerolese non è diverso da molte altre
realtà: ormai la competizione è globale e
solo chi si ritaglia un ruolo con competenze
di eccellenza riesce a prosperare. E’ inutile
sfidare i paesi emergenti, tipo Est Europeo,
Corea, Brasile, Vietnam sul terreno di prodotti
tecnologicamente poveri (ad esempio il settore
tessile per prodotti di massa). Come vedete non
cito la Cina che in pochi anni è entrata a far parte
dei grandi Paesi industrializzati. Il segreto della
Cina è forse poco noto: sono riusciti a richiamare
dall’estero moltissimi ricercatori investendo
enormi quantità di fondi nell’Università e non
solo. Ad esempio al Politecnico la più grande
comunità di studenti stranieri viene dalla Cina,
in pratica stiamo allevando i nostri concorrenti
del futuro... proprio quelli che avranno più
capacità ad operare nel contesto globale.
E la città di Pinerolo? Una cosa che le piace e
una che la indigna?
Prima di tutto la qualità della vita che offre
il Pinerolese grazie ad una antica tradizione
di civiltà. Non sono abituato ad indignarmi,
ma vorrei che sapessimo comunicare meglio,
evitando di sprecare le grandi occasioni. Gli
investimenti nelle valli olimpiche sono il caso
negativo che mi viene da citare.
Queste interviste sono nate per dare visibilità
ai docenti universitari del Pinerolese (più di
quaranta), ma anche per cogliere qualche idea
o spunto per questo territorio in declino. Che
contributo potrebbe dare questa forza culturale?
Ha qualche proposta?
Credo che determinante sia mettere a punto
strategie efficaci di comunicazione e sostituire
la parola declino con la parola necessità di
cambiamento.
I giovani ingegneri pinerolesi che si laureano
anche con il contributo dei suoi corsi hanno
possibilità di sbocco lavorativo nel pinerolese o
devono necessariamente spaziare su un territorio
più ampio o addirittura a livello mondiale?
Anche se il prezzo umano è molto alto (difficoltà
di creare una famiglia “tradizionale”) credo che
sia finito il tempo delle occasioni nel breve raggio
di un piccolo territorio. Quindi se si desidera
rimanere nel Pinerolese è molto meglio seguire
altri percorsi (ad esempio nel produrre cibi di
filiera alta), mentre l’ingegnere deve solo più fare
i conti con il mondo. Certamente un discorso a
parte lo merita il telelavoro che peraltro non mi
pare stia decollando come meriterebbe.
Una domanda anche sul volontariato, di cui
lei si è occupato per un po’ di tempo. Almeno
da questo punto di vista possiamo dire che il
Pinerolese non è in decadenza, o no?
Toccate un punto a cui sono molto sensibile.
Nessuno può essere felice se gli altri non lo
sono. Quindi dare un contributo nel volontariato,
per quanto ci è possibile, è assolutamente
necessario. Ovviamente è un campo di attività
in cui dovrebbero dare un contributo coloro che
sono arrivati a soddisfare le necessità primarie
e quindi hanno tempo e risorse da dedicare al
prossimo. In questo senso credo che il Pinerolese
sia veramente un’eccellenza. Anche per questo
si adatta così bene alle mie esigenze!
5
6
società
Giovani &Lavoro
di Francesca Costarelli
Intervista ad Andrea Fenoglio, regista
Il suo video:”La Terra che connette”
«Il mio lavoro può essere considerato una start-up culturale»
La Terra che connette è il nuovo progetto di Andrea
Fenoglio che racconta il fenomeno migrazione-agricoltura
nel Saluzzese come terra fuggita, terra ritrovata, terra che
dà lavoro. Un territorio circoscritto diviene il paradigma
per interpretare gli elementi di interconnessione tra le
esperienze dei migranti di oggi e degli autoctoni che li
ospitano nelle “loro” terre. Molto materiale e notizie
sono già online all’indirizzo http://laterracheconnette.
wordpress.com oppure su fb alla pagina la terra che
connette
Il progetto che stai realizzando si intitola “La Terra
che connette”, come nasce e cosa racconti in questo
lavoro?
L’anno scorso mi ha
contattato il Comitato
Antirazzista di Saluzzo
chiedendomi
di
realizzare, attraverso
delle interviste, un
cortometraggio
sul
fenomeno migranti nel
saluzzese. In questo
modo ho conosciuto
più da vicino la
realtà agricola di
quel territorio che
è il terzo comparto
frutticolo italiano che
ha attirato negli ultimi
anni molti migranti di
origine subsahariana
soprattutto del Mali,
della Costa d’Avorio e del Burkina Faso.
Mi è sembrata una situazione molto significativa del
fenomeno migratorio di persone che già vivevano in
Italia, di persone appena uscite dai centri di accoglienza
dell’emergenza Nord Africa, dell’emergenza Libia, di
persone che già svolgevano il lavoro agricolo ma in altre
parti d’Italia. Molte di queste persone si sono riversate ai
margini di Saluzzo dove si è costituita una vera e propria
bidonville che nei momenti di massima accoglienza
ha contato fino a 600 persone. Ho pensato che questa
potesse essere una situazione forte per raccontare il fatto
che da decenni i migranti sono la forza lavoro del nostro
comparto agricolo. Inoltre lo scorso anno mi è sembrato
di percepire uno scatto, un cambio di paradigma con la
visita del Papa a Lampedusa e con la scelta della ministra
Kienge.
Visto che il mio lavoro parte sempre dal territorio per
arrivare a raccontare qualcosa di più grande, ho pensato di
mettere su un progetto che coinvolgesse da una parte gli
agricoltori e dall’altra i migranti. Da qui il titolo “La Terra
che connette” che rimanda appunto a questa connessione
di storie differenti che si intrecciano nel racconto di un
piccolo territorio in questo momento di crisi economica
e sociale. E che in questo modo diventa qualcosa di più.
Perchè proprio ora questo progetto sul fenomeno
migrazione-agricoltura?
Quello di cui dobbiamo renderci conto è che tutto quello
che arriva sulla nostra tavola arriva grazie all’apporto
lavorativo dei migranti. Il fatto di far uscire allo scoperto
questa verità è una
cosa su cui mi sentivo
di dover e voler
lavorare. Il mio vuol
essere un lavoro
propositivo, non è
un lavoro militante o
di denuncia, ma una
scoperta, un racconto
delle
dinamiche
umane. Quello che
mi interessa è il fatto
di rivalutare un senso
di comunità che viene
anche dal fatto di
andare a scoprire più
punti di vista. Questo
tipo di approccio
coinvolge e non dà
delle risposte precostituite, ma le cerca qualunque siano,
presentando così molteplici punti di vista. A sostenere il
lavoro, infatti, ci sono tutte le parti sociali, la Coldiretti,
i sindacati, Acli, Arci, Slow food, Caritas, i comuni., le
associazioni di categoria, le istituzioni, gli organismi di
accoglienza e la società civile.
Come sei diventato un filmmaker?
Ho finito l’Istituto d’Arte alla fine degli anni ’90. Ho
poi lavorato per due anni, al termine dei quali ho voluto
continuare a studiare e ho unito letteratura e cinema
facendo Lettere a indirizzo cinematografico. Ho passato
un anno come studente Erasmus a Lisbona, che è stato
l’anno più importante a livello pratico perché è stato in
Portogallo che ho iniziato a girare video.
Dal punto di vista del cinema digitale, come primi
autori di valore, il Portogallo è molto importante a livello
6
7
europeo. Io infatti mi sono laureato con una tesi su
Pedro Costa, uno dei primi autori che ha girato film in
digitale abbattendo completamente i costi di una troupe
e iniziando a fare film da solo.
Io ho iniziato col digitale. Ho fatto molte fotografie
in pellicola, quindi l’uso dello strumento l’ho imparato
in pellicola, ma non ho mai filmato in pellicola tranne
alcune cose per l’università in Super 8.
Il digitale ha permesso una trasformazione radicale
del cinema, permettendo a un autore di fare un film di
qualità girandolo quasi da solo con al massimo l’aiuto
di un fonico ogni tanto. I film di Pedro Costa sono la
prima esperienza a dimostrazione di ciò. Un’esperienza
che riporta il cinema quasi alle origini, al cinema
degli anni ‘10-‘20 fatto da poche persone a livello
documentaristico.
Il fatto che il digitale ti conceda di fare molto da solo,
però, non deve fare incorrere nel pensare che si possa
fare tutto da soli. Può farti risparmiare e ti permette di
girare un materiale differente, riesci anche senza avere
tutta l’infrastruttura che la pellicola imponeva, però poi
mestieri come il montatore, lo sceneggiatore sono cose
assolutamente da mantenere separate, chi fa l’autore non
può anche arrogarsi tutto il resto.
Come lavori?
Dipende dai lavori che faccio. Un po’ lavoro dietro
commissione di Associazioni e Fondazioni, un po’
lavoro su progetti che partono da me. Ultimamente
ho fatto dei lavori con Diego Mometti che ha una
preparazione artistica multimediale e che si occupa della
parte legata a internet e a un concetto artistico che vada
al di là del documentario. Insieme abbiamo realizzato
“Il popolo che manca”, un lavoro enorme su Nuto
Revelli con la collaborazione della Fondazione Revelli.
Siamo partiti dall’audio che Revelli aveva registrato
con il magnetofono tra i contadini negli anni ‘70 nella
Provincia di Cuneo. Revelli ha utilizzato quell’audio
per i suoi libri, noi lo abbiamo usato per realizzare un
documentario che presentasse i protagonisti di ieri e
i discendenti nel contemporaneo utilizzando come
ambientazione il paesaggio della Provincia di Cuneo
come si vede adesso.
Per “Il popolo che manca” abbiamo lavorato 4 anni.
Il progetto infatti ha avuto come risultato una serie
documentaria di oltre 300 minuti, un sito, una mostra
multimediale e un film documentario di 76 minuti.
Abbiamo fatto 350 ore di girato più tutte le ore audio
realizzate da Revelli. A livello di post produzione
abbiamo lavorato 3-4 mesi con 2 montatori, 1 sound
designer e un colorist per la color correction del lavoro
e durante le riprese ci siamo avvalsi di un fonico
professionista.
I temi dei tuoi progetti sono tutti di impegno civile.
Quali sono le ragioni di questa scelta?
Per me il documentario è il risultato di un percorso
di conoscenza del territorio. Il lavoro che si fa per
arrivare a realizzare un video può essere uno strumento
per altro. Un format che si può replicare anche in altri
contesti. Il progetto è un laboratorio per rivalutare il
senso di comunità che vuole avere un’utilità al di là
del documentario. È anche per questo che voglio che
i materiali siano visibili da subito sul blog, perché il
percorso che ci porterà al documentario è forse ancora
più importante. Tendo a mescolarmi con la società e a
fare un progetto insieme al territorio, diciamo un lavoro
politico di base, nel caso de “Il popolo che manca” ho
definito questo approccio una start up culturale, da cui
possono nascere altre cose.
L’occhio cinematografico e l’impegno civile sono due
cose che vanno a braccetto. Non farei mai il politico
perché non sono in grado, ma il mio impegno è quello di
raccontare attraverso l’occhio cinematografico.
Per finanziare la produzione de “La Terra che
connette” ti sei rivolto al crowdfunding. Come mai?
Ha funzionato?
Per il crowdfunding, ovvero per il finanziamento
dal basso, siamo partiti dalla piattaforma statunitense
Indiegogo che tecnicamente ti fa da vetrina per il lavoro
che proponi per due mesi. Noi ci siamo dati un obiettivo
di 7.500 euro. Il budget totale del progetto è di 110.000
euro, noi partiamo da 20.000 euro, metà raccolti e
metà di investimento iniziale. I soldi raccolti attraverso
Indiegogo dovevano servire per completare una prima
fase e riuscire a passare allo step successivo che sarà
l’enorme mole del lavoro produttivo che inizieremo
terminato il periodo invernale. Purtroppo, siamo
arrivati a 4.500 euro grazie alla partecipazione diffusa
di 25-30 finanziatori e all’interessamento del consigliere
regionale Fabrizio Biolè che ha destinato 3.000 euro al
progetto.
Cosa consigli a chi vuole intraprendere la tua stessa
strada?
È difficile vivere facendo il documentarista, diciamo
che si può sopravvivere. Quello che consiglio è di
cercare altri posti al di fuori dell’Italia, anche solo
per delle esperienze. Penso che sia una delle cose
fondamentali, per me lo è stata. E poi consiglio di
cercare una promiscuità: non fare solo il documentarista
che è una cosa un po’ novecentesca.
Occore più tecnica, tenacia o talento?
È fondamentale la tenacia per ottenere anche la tecnica
e coltivare il talento, senza tenacia si rischia di avere solo
presunzione.
Quali progetti per il futuro?
Ora sto seguendo un progetto su Alberto Giacometti,
artista svizzero che ha lavorato molto a Parigi. È di
nuovo un lavoro su un territorio specifico, la vallata
svizzera dove Giacometti è nato che ha influito molto
sul suo lavoro di scultore e pittore. Nuovamente ci
interroghiamo e raccontiamo il rapporto col territorio.
8
società
Politica giovane young
a cura di Emanuele Sacchetto
Intervista a Giorgio Canal, di Sel
“C’è bisogno di una forte coesione
del territorio. Manca un’idea di città!”
«Il Pinerolese è uno dei territori più pesantemente penalizzati dalla crisi economica»
Giorgio Canal, una presenza storica in Consiglio
comunale a Pinerolo. Lo abbiamo sentito come
esponente di opposizione, nel partito di Sinistra
Ecologia e Libertà (Sel).
Incominciamo con una nota personale. Da quanti
anni è in Consiglio comunale e in quali partiti ha
militato?
Sono entrato per la prima volta in Consiglio
comunale nel 1990 con una lista chiamata Gruppo
per l’Alternativa, che comprendeva i partiti della
sinistra e rappresentanti della società civile. Al tempo
ero Presidente dell’ARCI Pinerolo.
Sono stato consigliere comunale
in rappresentanza di liste civiche.
Ho militato nel PD e da circa 2
anni e mezzo in Sinistra Ecologia
Libertà.
Che cos’è per lei la politica e
com’è cambiata in questi anni
in città?
Politica è passione, è voglia
di cambiamento, è attenzione ai
problemi della gente e delle città
per riuscire a trovare soluzioni,
è stare a fianco dei cittadini in
difficoltà… Lo spettacolo che
hanno dato molti, troppi politici
a livello nazionale è indecente: la
corruzione, l’autoreferenzialità,
il ladrocinio… A Pinerolo c’è
sempre stata e continua tuttora
ad esserci una gran voglia di
partecipazione e questa è politica,
perché rappresenta l’impegno di entrare “dentro” alle
questioni, per il bene della città. Certo, se a fronte
di critiche all’operato di un’amministrazione, la
reazione è quella di liquidare il tutto con la definizione
di “radical chic”, come ha fatto il Sindaco rispetto
alle critiche alla costruzione di un secondo grattacielo
nella zona dei Portici Blu, beh…. allora siamo molto
lontani dalla vera Politica, dall’aprire il Palazzo
Comunale alle istanze dei cittadini.
Passiamo ora all’impegno di Sel per la città. Voi
avete fatto un questionario sul centro storico con
la raccolta di molti dati esposti nel vostro sito. Ha
prodotto qualche risultato operativo?
Intanto, abbiamo provato nuove forme di
partecipazione (utilizzo del web) da affiancare ai
metodi classici (questionario cartaceo, interviste);
abbiamo chiesto il parere ai vari attori coinvolti
nel centro storico (residenti, commercianti,
associazioni...). La partecipazione costituisce già
di per sé un modello di riferimento per le azioni
progettuali nella città. Troppe volte ci si è trovati
di fronte a decisioni imposte dall’alto, subite dai
cittadini, dove parlare di partecipazione diventa quasi
un elemento di fastidio, di ostacolo per chi è stato
chiamato a “decidere”... Partecipazione presuppone
un’amministrazione trasparente,
accessibile e dialogante, capace
di comunicare e di ascoltare.
Sul Centro Storico è emersa la
necessità di lavorare su tre grandi
obiettivi: 1. il miglioramento della
qualità della vita degli abitanti
del centro storico e i servizi che
questo può dare alla città; 2. la
promozione dell’identità storica
e culturale e la verifica delle
potenzialità turistico-attrattive; 3.
la qualificazione reale del centro
storico come centro commerciale
naturale, a partire dalla creazione
di un centro urbano accogliente
e vivace potenziando in maniera
sinergica la promozione delle
diverse attività e iniziative che vi
si svolgono, creando una solida
partnership tra pubblico e privato.
Su questi temi, stiamo preparando
alcune proposte concrete in vista del dibattito sul
Bilancio di Previsione 2014, che sottoporremo, prima
del dibattito in Consiglio Comunale, all’attenzione
della città in assemblea pubblica.
In questa città vi è una cultura urbanistica del
recupero? A noi, al di là delle varie beghe del piano
regolatore, sembra che sia questo il male di fondo,
per cui il centro storico non decolla o vengono fatte
altre scelte discutibili. Che ne pensa?
Il problema non sono le beghe sul Piano Regolatore,
il guaio è che abbiamo un PRGC approvato nel
1998 profondamente sbagliato, sovradimensionato
rispetto ai bisogni reali della Città. Nel Programma
di mandato del Sindaco Buttiero si parlava
8
Intervista ai consiglieri di opposizione / 2
esplicitamente di un nuovo PRGC; a distanza di
due anni e mezzo dal suo insediamento si parla di
variante ponte, oggettivamente un’altra cosa! Che
non esista una cultura del recupero lo dimostra come
si è applicata a Pinerolo la L. 106 che permette alcuni
interventi in deroga al PRG e che è diventato una
specie di “grimaldello” per qualsiasi progetto.
Proprio in tema di Piano regolatore qual è per voi il
punto/i attualmente più caldo/i?
Sono molti! Ne cito, a titolo di esempio, due: il
primo è legato alla necessità di dare sostanza alla
tanto sbandierata riqualificazione dell’esistente e delle
tecniche volte al risparmio energetico e alla sostenibilità
dei materiali; a Pinerolo esiste tanto edificato,
sottoutilizzato o inutilizzato; è pensabile intervenire su
questo? Il secondo è la necessità di dotare la città di
un Piano per l’edilizia economica popolare; il problema
casa, soprattutto per i ceti più deboli, è passato da un
aspetto emergenziale ad un aspetto strutturale della
vita della città. Allora, bisogna intervenire sull’oggi ma
avendo una visione per il futuro; individuare aree per
l’edilizia popolare è fondamentale.
Oggi, inoltre, c’è una forte richiesta di attivare forme
di Urbanistica partecipata, ci piacerebbe che su
questo l’Amministrazione battesse un colpo.
Passando dal campo dell’ecologia dell’abitare a
quello dei Diritti dei cittadini, com’è dal vostro punto
di vista la situazione in città?
E’ di forte preoccupazione. La crisi non ha solo
aumentato diseguaglianze, povertà, immiserimento
per la gran parte della popolazione, mettendo ben
al riparo le tante ricchezze di pochi. La crisi ha
frantumato il senso alla parola “futuro” e ha riempito
di paura e solitudine il presente di molti. E oggi ci
troviamo a fronteggiare una situazione dove parlare
di diritto ad avere diritti sembra voler parlare di
privilegi. Credo che il grado di civiltà di un Paese, di
una città, sia dato anche dalla capcità di indignarsi
ancora di fronte a queste ingiustizie.
Veniamo alla Giunta Buttiero, che amministra la città.
Siamo a metà mandato, qual è la vostra valutazione?
Il giudizio è negativo. A metà mandato basta che
ognuno di noi si interroghi se l’azione amministrativa
sia servita a migliorare e affrontare i problemi reali
della città: lì sta la risposta. L’impressione è che si sia
governato alla giornata, senza avere costruito un’idea
di città per l’oggi e per gli anni che seguiranno.
Per voi di Sel qual è l’idea per il rilancio del territorio
e della città?
C’è bisogno di sviluppare una forte coesione del
territorio, cosa che, al di là delle dichiarazioni, non
esiste ancora. Il Pinerolese è uno dei territori che esce
più pesantemente penalizzato dalla crisi economica.
Buttiero aveva all’inizio del suo mandato puntato
tutto sulla Conferenza per lo sviluppo del Pinerolese,
creando aspettative positive da parte delle imprese,
dei Comuni, delle associazioni di categoria. A distanza
di due anni e mezzo, niente, nessuna idea! Oggi
leggiamo sui giornali che Buttiero rilancia su turismo
e cultura, ma a nostro avviso non si governa così. Da
“radical chic”, come Buttiero giudica chi si oppone
alle sue proposte, possiamo dire che due sono i temi
centrali su cui basare l’idea di città: l’ambiente e
l’occupazione, attraverso attività di governance, di
stimolo e sostegno. A questo bisogna aggiungere
il potenziamento delle politiche sociali. Sapendo
bene che le competenze di un Comune non sono
omnicomprensive, ma sapendo altrettanto bene che
il Pinerolese, con la perdita di molti dei suoi servizi,
sta diventando marginale nel territorio provinciale.
Segnaliamo anche a lei, come abbiamo già fatto
col sindaco Buttiero, la mancata acquisizione da
parte della città del Regolamento Comunale di
Gestione dei Rifiuti, proposto dall’Acea nel 2008 e
che molti comuni del territorio hanno fatto proprio.
Una svista non da poco anche per il vostro partito
che ha l’ecologia nel titolo. Che cosa ci dice?
L’ecologia è un tema che va ben oltre le sole
dinamiche ambientali: ma non voglio sottrarmi
alla domanda. Il ruolo dell’ACEA è fondamentale
per il nostro territorio, una vera eccellenza che
la politica, secondo me, valorizza troppo poco.
Negli anni dell’Amministrazione Covato, l’impegno
alla
valorizzazione
dell’Acea,
all’incremento
della raccolta differenziata, al contenimento dei
rifiuti prodotti è stata una costante dell’operato
politico. E di fatto molte delle norme previste nel
Regolamento sono diventate pratica positiva nella
Città. L’approvazione del Regolamento è ferma: gli
Uffici mi hanno confermato che verrà in discussione
in Consiglio, previa verifica degli adeguamenti
normativi previsti nella TARES. Ci impegniamo
a fare in modo che al più presto venga adottato.
Lei è stato anche assessore alle politiche giovanili
nella precedente amministrazione. Dall’epoca della
Festa dei giovani degli anni novanta, non ci sono più
state in città iniziative di politica giovanile. Sembra
quasi che la città non creda nei suoi giovani. Non
è anche questo un motivo della sua decadenza?
La Festa dei Giovani degli anni novanta è stata
per tanti/e una palestra positiva di idee, di azioni, di
condivisione dei valori. Oggi, il protagonismo giovanile
ha trovato altre strade, spesso meno coinvolgenti,
spesso più sotterranee. È compito nostro riportare
alla giusta visibilità la presenza dei giovani.
Luca Barbero, segretario del PD, nella precedente
intervista ci ha detto che vorrebbe riallacciare i rapporti
con gli alleati storici di SEL e IDV. Che cosa risponde Sel?
Quando si è insediata l’Amministrazione Buttiero,
avevamo dato da subito la disponibilità al confronto;
disponibilità caduta nel vuoto. Allora, il riallacciare
i rapporti non nasce dalle formule politiche ma dal
confronto sulle cose da fare e su questo noi ci siamo,
come ci siamo sempre stati.
9
PINEROLO
Lettere al giornale
di Elvio Fassone
Maggiore consapevolezza dei vantaggi avuti
Anno nuovo: un augurio particolare
Nella massa di auguri che ci si è scambiati alle
soglie dell’anno nuovo mi è parso ne mancasse
uno: quello che l’anno appena iniziato ci porti
consapevolezza. Non un maggior benessere,
non la semplice uscita dalla crisi, non il generico
cambiamento, tutte cose apprezzabili ma alla fin fine
epidermiche. Bensì la percezione nitida, viscerale,
traumatica che è finita (almeno per noi, parte
dell’occidente benestante) una stagione, è finito
il diritto a pretendere di riaverla, ed è tramontata
l’illusione di risolvere i giganteschi problemi che ci
assediano con la solita tattica degli aggiustamenti.
Non il buffetto, insomma, ma il bisturi.
Prendo a caso: ad esempio la decennale
tragedia dei rifiuti di Napoli, cui si stanno
aggiungendo i maialini grufolanti
di Roma. Tutti i proclami, i
piani, le sceneggiate (come
quella di un capo del governo
che scende teatralmente in
piazza con la ramazza) sono
miseramente falliti. Può (forse)
riuscire solamente una gigantesca
tassa di scopo progressiva, con la
quale assoldare personale idoneo, pagare i
Comuni italiani o stranieri che si sono attrezzati
per ricevere e riciclare o distruggere i rifiuti,
mobilitare le forze dell’ordine e l’esercito
per assistere e proteggere dalla malavita le
operazioni di raccolta e trasporto, promuovere
una potente campagna di educazione collettiva,
che potrà avere successo solo se la città sarà
tornata pulita e il cultore solitario della differenziata
non sarà frustrato dal vedere materassi o avanzi di
cibo gettati per terra. Costi iperbolici? certamente:
ma proviamo a sentire un bambino che dice “papà,
andiamo via di qui, questa puzza non la sopporto
più”, e chiediamoci se non sia il caso di rinunciare
a qualche cena o a qualche ninnolo elettronico
per provare a non diventare noi stessi lordura.
Consapevolezza è sapere per bocca del bambino.
Oppure prendiamo l’inoccupazione giovanile.
Dovrebbe essere chiaro, ormai, che il
nostro apparato produttivo globale soffre
strutturalmente di sovra-produzione. Se la
scienza e la tecnologia permettono di produrre
la stessa quantità di beni e servizi impiegando un
sempre minor numero di persone, è fatale che o
si aumenta indefinitamente la produzione, o si
espelle la forza-lavoro. Per decenni si è scelta
la prima strada; quando poi si è cominciato a
percepire (appena un poco) che le risorse del
pianeta sono limitate, e (molto più chiaramente)
che se getti via le persone, getti via anche il
loro portafogli, perché se è vuoto esse non
acquistano più: allora si sono levati alti lamenti e
si sono innalzate le preghiere al dio ignoto della
crescita. Risultati? li vediamo tutti.
Anche qui pare indispensabile far maturare
una consapevolezza che per ora è di pochi: non
bastano le sforbiciatine al cuneo fiscale, non basta il
contratto a tutele progressive, e men
che meno la cancellazione dell’articolo
18; occorre interiorizzare che la
vera penuria del secolo non sarà la
scarsezza di cibo o di acqua (pur
drammatiche, ma curabili), bensì la
penuria di lavoro, di quello, almeno,
che il mercato offre spontaneamente.
Di qui la necessità di programmi
di lavori pubblici della natura più
disparata, infrastrutture, ricerca,
assistenza ai beni ed alle persone.
Anche l’Europa lo sta riconoscendo,
nonostante i samurai del rigore
teutonici e nordici, perché
intuiscono che presto saremo noi
a d invaderli, con i nostri cervelli migranti.
Lavori pubblici, dunque: il vecchio Keynes e
il vecchio New deal (dove deal vuol anche dire
“affare”). Già, ma chi li paga questi lavori fuori
mercato? Ecco la consapevolezza di cui c’è
bisogno: li devono pagare coloro che più hanno
tratto vantaggio dalla stagione irripetibile nella
quale era considerato ovvio avere l’alloggio al
mare, cambiare la macchina ogni due anni, il
cellulare ogni sei mesi, il vestiario ogni stagione.
Lavori pubblici certificati come tali da organismi
indipendenti; collocazione fuori bilancio della
spesa per effettuare questi investimenti; imposta
patrimoniale non risibile e pluriennale per
implementare un fondo destinato ad estinguere
progressivamente quella fetta di debito pubblico.
Poi si potranno addurre mille argomenti per
contrastare il progetto, e certamente lo faranno. Così
vivranno infelici e scontenti, con i forconi sotto casa.
10
società
11
Giovani@Scuola
di Nadia Fenoglio
Cenni di storia del Pinerolese poco noti
Il Pinerolese al tempo
delle signorie feudali
Proseguendo nella scoperta della secolo XIII.
storia meno conosciuta del Pinerolese, ci
Cumiana, Reano, Trana sono in mano
ritroviamo all’epoca della caduta dell’impero ai signori di Rivalta, che poi danno origine
franco, avvenuta nell’888, quando l’intero ai Falconieri di Cumiana e ai Miglioretti di
territorio piemontese era governato dalle Trana.
casate dei marchesi Anscario I e Ardoino il
Discendono dai Piossasco i signori di
Glabro e, in minor misura, dal vescovo di Cavour, divisi in due famiglie: i Cavour del
Torino e dalle abbazie benedettine. Tuttavia, Monte, dimoranti sulla rocca, e i Cavour del
nel XII secolo gli Anscarici e gli Ardoinici Piano, vassalli dei primi, che si costruiscono
erano ormai suddivisi
un
maniero
in una molteplicità di
dominante il borgo
casate, disseminando
nella pianura.
il Piemonte di vassalli:
Sulle valli
questi ottennero dai
del
Pellice
e
discendenti
delle
dell’Angrogna
due casate terre
e sulla terra di
dette beneficii, con
Bibiana dominano
cui
aumentarono
i Luserna, che
la propria rendita
estendono
poi
economica in cambio
il loro dominio
di servigi loro offerti.
su
Baudenasca,
Col disgregarsi delle
M a c e l l o ,
autorità
centrali,
R a c c o n i g i ,
Il castello di Macello
questi
vassalli
Sommariva
del
trasformano in feudi i beneficii ottenuti, Bosco, Moretta. Si dividono presto in tre
arrogandosi ormai anche i poteri di rami: i Manfredi di Angrogna, i Rorengo e
giurisdizione sui territori.
i Bigliori.
Tra i maggiori feudatari del Pinerolese
In Pinerolo governano i Bersatore, la più
assursero presto i Romagnano, che potente famiglia pinerolese nel medioevo,
assunsero il controllo di Vigone, Cercenasco, che ottennero dominio su Frossasco e
Macello, Pancalieri e Miradolo e nel 1163 signoreggiarono in Macello, Pinasca e
otterranno anche parte di Frossasco. I Castellar (Riva).
Romagnano ebbero come loro vassalli i Ad essi si aggiunsero, inoltre, le famiglie
signori di Castagnole, che verso la metà del venute dall’Astigiano: i Bricherasio, i Fenile
secolo XI ottennero dal vescovo il diritto e i Bibiana. I Bricherasio ebbero in subfeudo
a riscuotere il fodro, imposta destinata Osasco e allo stesso titolo i Bibiana, insieme
al mantenimento dell’esercito imperiale a ai Luserna ottengono Campiglione.
Cavour, Airasca e Scalenghe. I Castagnole,
Ma premono sui confini del Pinerolese i
acquistata la signoria completa su tali paesi, signori di Barge, i signori di Revello, e due
divisero il potere coi signori di Piossasco, che famiglie vassalle dei Luserna: i signori di
governavano su Beinasco, None, Volvera. Bagnolo, che in nome dei Luserna hanno
Erediteranno, poi, i feudi dei Castagnole, autorità in Bibiana, Campiglione e Racconigi
quando essi si estingueranno al principio del e i signori di Vigone.
11
Arte&Architettura/1
di Aldo Martellotto
La scomparsa di via Sant’Agostino
Lo sventramento di v. Principi d’Acaja
Passeggiando in una delle vie più antiche
della città di Pinerolo, via Principi d’Acaja, in
pieno centro storico, non si può fare a meno
di notare la sua particolare sezione stradale:
scendendo da San Maurizio verso via Trento,
appena oltrepassato il Palazzo del Senato, la
via si allarga improvvisamente raddoppiando,
se non triplicando, la sua ampiezza.
Questo fatto trova spiegazione in un intervento
estremo nella geometria degli spazi della via.
La via Principi d’Acaja infatti, fino a metà degli
anni Trenta, si presentava di sezione omogenea
nella sua lunghezza: era presente una cortina
di edifici la quale si attestava dall’attuale via
Trento
sino
al
Palazzo
del
Senato,
addirittura
adiacente ad
esso;
questi
edifici creavano
una
via
parallela,
via
Sant’Agostino,
di cui oggi non
resta che un
piccolo tratto
perpendicolare
alla
vecchia
via, a lato dell’omonima chiesa.
L’intervento estremo di cui si accenna sopra
avvenne in seguito ad una perizia effettuata
dal Comune (24 aprile 1935), che aveva
previsto che un’arteria raggiungesse Piazza
Cavour, determinando lo sventramento totale
di Via Principi d’Acaja e quello parziale di Via
Mazzini. Il progetto definitivo di risanamento si
concretizzò tuttavia nel 1938, con una nuova
proposta dell’Ufficio Tecnico che adottava la
seguente giustificazione: “Nella compilazione
del piano regolatore […] della Città di Pinerolo
del 1921 […] non fu considerata la parte
vecchia della Città. Oggi però non è più
possibile trascurare un così importante e vitale
problema, giacché la bonifica umana, base
fondamentale del miglioramento della razza,
richiede anzitutto il risanamento dell’abitato e
particolarmente la distruzione dei tuguri, che
costituiscono dei focolai di micidiali malattie
infettive”.
L’intervento di demolizione degli edifici insalubri
interessò tuttavia il primo tratto della via, ossia
da via Trento sino all’altezza della chiesa di
Sant’Agostino, lasciando integri i restanti
edifici, che furono demoliti nei primissimi
anni Sessanta, come indicato dalla Relazione
in merito al progetto di Risanamento del
centro storico: “Negli
anni precedenti si è
già provveduto alla
demolizione di una
piccola
parte
delle
vecchie case e dei tuguri
situati sul lato sinistro
di Via Principi d’Acaja,
presso l’incrocio con Via
Trento. La demolizione
fu sospesa per la
difficoltà di dare alloggio
alle famiglie che abitano
le case da demolire.
La zona lasciata libera
dalle demolizioni sarà sistemata con aiuole ed
alberature”.
È inoltre molto interessante notare come questo
progetto di estese demolizioni fosse posto nella
direzione di salvaguardia e valorizzazione della
preesistenza: «La esecuzione delle opere su
accennate consentirà anche di valorizzare il
cospicuo quanto finora trascurato patrimonio
storico-artistico della città», nonostante già
all’epoca parte della stampa si fosse schierata
contro l’intervento, così come anche noi oggi
non possiamo farne a meno, consci dell’aver
perso per sempre un pezzo di storia della
nostra città.
12
Arte&Architettura/2
di Riccardo Rudiero
Beni culturali in rete
Sinergia territoriale e web
per la tutela dei beni culturali
Ho seguito con viva attenzione le vicende
scaturite dall’interessamento del prof.
Vittorio Sgarbi rispetto allo stato di degrado
in cui versano gli affreschi della cappella
di Sant’Anna di Cercenasco, e di come le
istituzioni culturali del territorio si siano mosse
in favore della conoscenza, conservazione
e pubblicizzazione del patrimonio storico
del Pinerolese. In particolare, ho trovato
pregna di conseguenze, poiché sviluppabile
in un progetto organico e potenzialmente
ampliabile, la proposta del dott. Dario Seglie,
direttore del CeSMAP, su sollecitazione del
Centro Studi Silvio Pellico, di «individuare,
per ogni Comune del Pinerolese, tre beni
culturali da porre sotto i riflettori,
per iniziare a creare la rete
territoriale dei tesori da studiare,
salvaguardare, valorizzare con un
progetto unitario di area».
Secondo il disegno di Seglie,
essendo una cinquantina i comuni
del pinerolese, si potrebbe stilare
una prima lista di 150 eccellenze
o beni “faro”, da organizzare in
modo articolato e sinergico, in
funzione di una tutela attiva e allargata. In
buona sostanza, penso che l’iniziativa possa
considerarsi importante perché, finalmente,
esce dalle logiche centripete di ogni comune,
per allargarsi a un territorio – il Pinerolese
– che può ravvisare proprio nella sinergia
l’unico mezzo garante della conservazione
e di promozione culturale, con importanti
ricadute anche nel settore turistico.
Questa prima individuazione di beni
culturali, stabilita da esperti del settore con la
partecipazione diretta della popolazione, può
essere l’innesco per politiche di conoscenza
territoriali che coinvolgano soprattutto i
ragazzi di età scolare: renderli consapevoli
del patrimonio di cui sono depositari, farne
loro capire l’importanza, li renderà cittadini
rispettosi e futuri amministratori sensibili alla
loro storia.
A questa lista già di per sé lunga e
complessa, dovrebbero poi andarsi a sommare
altri beni – anche meno aulici, ma non per
questo non meritevoli di tutela – poiché,
come ribadisce la Convenzione Europea del
Paesaggio del 2000, il paesaggio è «in ogni
luogo un elemento importante della qualità
della vita delle popolazioni: nelle aree urbane
e nelle campagne, nei territori degradati,
come in quelli di grande qualità, nelle zone
considerate eccezionali, come in quelle della
vita quotidiana».
Direttamente connessa alla redazione della
lista, è l’iniziativa di creare un portale online
che sia l’altoparlante per la cultura e la natura
del territorio pinerolese (Terre d’Acaia,
http://terredacaia.it/), implementabile con il
crescere delle ricerche: il progetto non fa che
avvicinare al mondo giovanile la tematica
culturale, poiché impiega il mezzo più comune
di acquisizione di informazioni da parte dei
nativi digitali.
Credo quindi che queste siano proposte
meritorie, di cui si spera di vedere presto un
risultato, frutto dell’attiva partecipazione dei
cittadini di ogni comune coinvolto.
13
Società
Sociale & Volontariato
14
14
di Elisa Campra
Associazione Centro d’Ascolto
Le “risposte” a chi è in difficoltà
L’associazione Centro Ecumenico d’Ascolto
si occupa di venire incontro alle persone che
hanno bisogno di un aiuto economico; in
cantiere c’è un nuovo progetto: un emporio
“solidale”. Ne parliamo con Mario Bert,
presidente dell’associazione.
Quando nasce il centro d’ascolto?
Il servizio offerto dal centro va avanti da
vent’anni. Solo dal 14 maggio 2013, però, si
è trasformata questa realtà
in associazione, in modo
da avere una personalità
giuridica e poter ad esempio
ricevere donazioni ed avere
delle convenzioni.
Quante persone collaborano
con l’associazione? Sono tutti
volontari?
Coloro che partecipano sono
esclusivamente volontari. Tra
i soci dell’associazione ed i
volontari che facevano parte
del centro d’ascolto in precedenza le persone
che partecipano sono circa una quarantina.
Qual è il vostro scopo? Come lo realizzate?
Il centro ecumenico d’ascolto si occupa di
accogliere le persone che necessitano di un
aiuto economico. Dopo un colloquio con i
volontari e con l’aiuto delle assistenti sociali
queste persone vengono inserite tra coloro che
una volta al mese ricevono borse in cui ci sono
beni alimentari fondamentali, quali pasta, riso,
olio, eccetera. In più, se è una famiglia con figli
a richiedere l’aiuto, per ogni figlio si fornisce un
buono spendibile in un supermercato.
Il problema è che nel dicembre 2013 è finita
la fornitura europea di viveri GEA che lo Stato
italiano metteva a disposizione del banco
alimentare, tra i principali fornitori di cibo per
questo tipo di associazioni. Inoltre, dando
buste identiche ad ogni persona non si tiene
conto delle esigenze singole, di chi ha diverse
necessità.
Quali soluzioni avete pensato?
Si vuole realizzare un nuovo progetto.
Visitando due attività a Parma e a Modena che hanno creato dei veri e propri supermercati
per persone con queste necessità - si è pensato
di avvicinare la nostra attività alla loro. Non c’è
ancora la possibilità di creare una struttura così
grande, ma grazie all’aiuto di un privato, che ha
messo a disposizione gratuitamente i locali in
via del Pino proprio accanto al centro d’ascolto,
è possibile realizzare un emporio in cui le
persone possano venire a servirsi di ciò di cui
davvero hanno necessità, utilizzando dei punti
che verranno loro dati e scalati dal contributo
mensile ogni volta che
faranno la spesa.
Negli ultimi tempi sono
aumentate le persone
che necessitano del
vostro aiuto?
Sicuramente. Nel giro
di sei mesi abbiamo
registrato una media
di cinque, sei casi
che
mensilmente
si
aggiungono a coloro che
già vengono assistiti.
Chi vi aiuta ad aiutare queste persone in
difficoltà?
A parte appunto il banco alimentare ci sono
diversi aiuti che arrivano: l’AVASS ultimamente
ci manda la verdura che riceve a sua volta dai
supermercati, ci sono poi circoli ed associazioni
che fanno raccolte di beneficenza dandoci il
ricavato, ma molto importante è anche l’aiuto
dei privati. Ci sono persone che, una volta
vista la validità di un progetto come quello
dell’emporio, hanno deciso di donare una
somma ogni mese. Altri ancora contribuiscono
magari aggiungendo alla spesa che fanno per le
loro famiglie prodotti che poi ci portano e che
noi diamo agli assistiti. Inoltre, con un progetto
nato dal coordinamento NOI CON IL MONDO,
“Vicini si può”, si cerca di risolvere utenze ed
affitti di coloro che non possono più pagarli:
in questo periodo di crisi, in cui i comuni non
ricevono più denaro a sufficienza per occuparsi
di chi ha necessità, è il volontariato a cercare di
tappare quanti più buchi possibile.
La nostra speranza è che la solidarietà si
diffonda sempre di più, poiché ogni contributo
è davvero fondamentale per portare avanti un
progetto come quello dell’emporio.
Cosedell’altromondo
Giovani,Tecnologia@Innovazioni
15
15
di Greta Gontero
Il traduttore istantaneo
Nel futuro più prossimo sarà forse possibile conversare con giapponesi, indiani, spagnoli o chiunque parli una lingua
straniera, senza aver mai imparato tale
lingua? Sì, grazie all’ultimo e strabiliante progetto dell’azienda americana “Google”, che sta lavorando ad una tecnologia
nuova: questa permetterà infatti di conversare tranquillamente con persone di
qualsiasi paese del mondo!
Attualmente i test per il progetto si
basano sul passaggio da inglese a portoghese e viceversa, ma presto si estenderà
a tutte le altre lingue.
L’azienda si appoggia al sistema operativo Android e conta di elaborare un progetto degno del suo predecessore: i Google projectglass.
Questo non è però il primo prototipo, infatti già nel 2009, in Giappone, era stato
ideato Telescouter, firmato NEC, che consiste in un sistema di traduzione istantanea basato su connettività veloce in rete,
un microfono con webcam e un proiettore
che mostra i sottotitoli direttamente in retina.
Quindi sarà possibile indossare una specie
di occhiale che, da una parte, ascolta e
vede ciò che dice il nostro interlocutore
e, dall’altra parte, manda la traduzione in
tempo reale all’interno dell’occhio.
NEC Telescouter è diviso in ter parti: occhiale, computer e server remoto; tutto
ciò permetterà di avere una traduzione
(sotto forma di sottotitoli) proiettata sulla
retina in tempo reale.
Ho sperimentato l’assenza della “banda larga”
Venerdì 20 dicembre ho sperimentato
che cosa vuol dire avere la connessione ad
internet veloce, la cosidetta “banda larga”, che
a Pinerolo è ferma dal 2006 al tombino della
Porporata.
Ebbene, venerdì 20 dicembre, alle ore 15,45
circa mi sono recato agli sportelli dell’Acea
di via Vigone per fare il contratto di fornitura
del gas alla sede di Onda d’urto in via Vigone
22. Ho incontrato una signora molto gentile
e disponibile a rispondere alla mia richiesta,
ma dopo un po’ si blocca perchè non vi è la
connessione ad internet. Costernata mi dice
che non può andare avanti nella procedura
perchè non può operare. Così attendiamo un
po’, la linea ritorna e vengono inseriti altri dati,
ma di nuovo la linea di operatività è assente. E
così per circa un’ora, fino quasi alle 17, quando
tutta l’operazione va in porto.
Tirando le somme dell’esperienza vissuta
viene fuori che sia io che l’operatrice abbiamo
perso almeno tre quarti d’ora del nostro tempo
per un’operazione che poteva essere svolta in
15 minuti. E questo succede anche in banca ed
in altri sportelli pubblici.
È un esempio che aiuta a capire come viene
fuori l’aumento del Pil di 2 punti ad avere la
“banda larga”, secondo la Banca Mondiale.
Per ora a Pinerolo si è ancora fermi al tombino
della Porporata. L’impegno dell’assessore
Agliodo è per uno sblocco nei primi mesi del
2014: “ci giochiamo la faccia” aveva detto.
Speriamo bene, altrimenti altri 10 o 100 episodi
simili a quello del 20 dicembre continueranno ad
essere routine.
Antonio Denanni
diritti umani
Visibili & Invisibili
gruppo giovani amnesty international
Mondiali di calcio in Qatar:
sfruttamento dei lavoratori stranieri
Amnesty ha denunciato in un rapporto le condizioni
in cui sono costretti a vivere gli operai stranieri, soprattutto nepalesi, che stanno costruendo le strutture
per i mondiali di calcio 2022 in Qatar, dal mancato
pagamento dei salari agli alloggi fatiscenti.
“I nostri risultati indicano un preoccupante
livello di sfruttamento della manodopera utilizzata
nel settore delle costruzioni in Qatar”, ha detto il
segretario generale di Amnesty Salil Shetty. “La
FIFA ha il dovere di inviare un messaggio forte avvertendo che non tollera alcuna violazione dei diritti
umani sui progetti di costruzione relativi alla Coppa del Mondo”, ha aggiunto. “E’ semplicemente
ingiustificabile che in uno dei Paesi più ricchi del
mondo ci siano così tanti lavoratori migranti spietatamente sfruttati, privati della loro retribuzione e
che lottano per sopravvivere”. “I datori di lavoro in
Qatar hanno mostrato un disprezzo sconvolgente
per i diritti umani fondamentali verso i lavoratori
emigranti. Molti stanno approfittando di una legi-
slazione permissiva e lassista delle tutele del lavoro
per sfruttare i lavoratori”.
Il rapporto afferma che gli abusi includono “il
mancato pagamento dei salari, le dure condizioni
di lavoro e gli standard scioccanti delle condizioni
di alloggio, con i lavoratori che vivono in squallidi stanzoni sovraffollati, senza aria condizionata e
con le fosse biologiche scoperte”.
Secondo la Confederazione internazionale dei
sindacati (Ituc), la frenesia legata alla realizzazione
delle strutture per i Mondiali del 2022 in Qatar provocherà “la morte di 4.000 lavoratori immigrati”
prima che il primo pallone venga calciato.
Alle denunce e alle sollecitazioni arrivate da più
parti, il presidente della Fifa Sepp Blatter ha risposto il 9 novembre scorso, al termine di una visita in
Qatar, dicendo che le autorità dell’emirato si sono
impegnate a modificare le normative sul lavoro e
a migliorare le condizioni di vita degli operai immigrati.
Un “servitore” della Giustizia
Il 2014 si è aperto con un
personaggio importante in meno
nella magistratura di Torino,
Giancarlo Caselli. Infatti dal 28
dicembre 2013 Caselli è andato
in pensione, è stato lui stesso ad
annunciarlo con una lettera a
tutti gli aggiunti e ai sostituti
procuratori. In più di 40 anni
di servizio reso allo Stato,
ben 39 ne ha trascorsi sotto
scorta.
Il suo è stato un lavoro
impegnativo a favore della giustizia, negli
ultimi anni volto soprattutto a far emergere
l’attività della ‘ndrangheta in Piemonte
e a coordinare grandi inchieste come
l’inchiesta “Minotauro”. I due pilastri della
sua carriera sono stati: la lotta alle Brigate
Rosse e l’impegno in Sicilia negli anni
della strage di Capaci e di via d’Amelio.
In un’intervista ha affermato che, forse
con un po’ di presunzione, riteneva di
aver fatto qualcosa di importante in questi
anni per dare una svolta alla lotta contro
la mafia nel nostro Paese.
Nella sua lettera di congedo ha inoltre
affermato: “Mi spiace lasciare il lavoro
di Procura ma ancor più, credetemi non
è frase fatta, lasciare tanti
amici, cioè tutti voi che
(ciascuno nel suo ruolo)
avete fortemente contribuito,
in maniera decisiva, a fare
dell’ufficio
un
sistema
funzionante
a
livelli
di
eccellenza. Ve ne sono e ve ne sarò
sempre immensamente grato”.
E’ stato un uomo che ha sempre attribuito
grande importanza al lavoro di squadra e
ne è sempre stato il primo promotore. Ora
non ci resta che sperare che il suo ruolo
venga ricoperto da un altro personaggio di
grande carisma, quale Giancarlo Caselli è
stato.
Chiara Perrone
16
17
così per il mondo
Vita internazionale
di Alessia Moroni
L’estate in un YMCA Camp dell’Ohio
Sara Alù: arte e danza a 360°
Sara, ballerina pinerolese, ha trascorso
l’estate in Ohio lavorando in un “YMCA
Camp”, cioè una catena di campi estivi
per ragazzi e famiglie, attivi anche tutto
l’anno. Il suo ruolo era quello di “consuler”,
un’“animatrice” all’interno dello staff. La
sua principale occupazione riguardava la
danza, ma anche molte altre attività, tra
cui l’organizzazione di serate e giochi che
seguivano il tema della
settimana. Tra una prova
e l’altra, Sara ha trovato
un’oretta per raccontarci
la sua esperienza in
America.
Appena arrivata ti sei
inserita in un ambiente
del tutto nuovo, per
di più lavorativo: deve
essere stato un grande
cambiamento...
Sì, abbiamo fatto la
prima
settimana
di
“staff training”, dove
ci hanno spiegato le
norme di sicurezza per i
bambini e dopo abbiamo
iniziato a lavorare per
otto settimane. All’inizio
il linguaggio era tecnico, poi è stato più
facile, anche se è molto particolare da
cogliere, perchè usano molto lo “slang”.
Con i colleghi? Vita privata?
Ho trovato persone molto ospitali e ho
instaurato delle bellissime amicizie. Ogni
settimana avevamo 24 ore di tempo libero
e, per quel breve periodo, alloggiavo da delle
mie colleghe americane: ho così visitato le
grandi città dell’Ohio e vissuto la loro cultura.
Per quanto riguarda la danza e l’arte in
generale, hai notato differenze rispetto
all’Italia?
All’interno della struttura le persone
dello staff erano molto attente a far uscire
il talento dei bambini e le loro qualità. Al di
fuori ho potuto comunque notare che l’arte
è molto valorizzata, ben vista e apprezzata
dal pubblico. Dopo questa esperienza ho
una visione più completa e più aperta
della danza. Loro sono artisti completi,
vivono l’arte a 360 gradi e la ballerina
può lavorare in teatro, tv, videoclip, senza
essere vincolata ad un
singolo settore.
Sei stata a contatto con
ragazzi e bambini di ogni
età: c’è un particolare della
quotidianità che ti ha colpita?
Una cosa che mi ha
colpita è stato il modo di
stare insieme dei giovani,
senza dover pensare a
mille tecnologie. Non
potendo tenere né telefono
né ipod, usavano forme
di divertimento molto
semplici e “rudimentali”.
Nella pausa pranzo loro
si divertivano facendo il
ritmo con il bicchiere, con
filastrocche semplici e
divertenti.
Hai avuto possibilità di girare per l’America?
Sì, finito il Camp sono stata a Chicago,
poi sono tornata in Ohio e ho passato
quattro giorni alla Miami University. Lì
ho potuto vedere l’ambiente universitario
americano, totalmente diverso dal nostro.
Sono poi andata cinque giorni a New
York, con due colleghe. New York è
emozionante: sembra quasi una favola.
Ho visitato i punti più importanti tra cui
il MoMA (The Museum of Modern Art) e
il Musical di Broadway. A paragone mi
è piaciuta molto di più Chicago e la vera
America l’ho vissuta in Ohio.
17
arte&
spettacolo
Teatro
di Maurizio Allasia
Noi ci credevamo
Confessione di un teatrante, quasi ex...
Non si approfitta di un articolo pubblico
per fatti privati, perché servono più puntate e
almeno qualche foto per interessare chi legge.
Ma quando si manca da un posto per tanto
tempo c’è sempre quella tendenza a giustificare il proprio ritorno. Io non so se sono tornato, però voglio giustificarmi nel caso questa
rubrica-finestra sugli spettacoli dovesse cambiare passo.
Ho fatto teatro per alcuni anni, credendoci
sempre molto, e a un certo punto volevo
anche diventare un regista per davvero,
credendoci troppo poco. Ho anche scritto
alcuni testi, a cui non crederebbe più nessuno.
Poi a un certo punto abbiamo creduto sempre
un po’ meno in quello che facevamo. È stato
quasi impercettibile e senza traumi, disciolto
nei cambiamenti dei vent’anni che corrono
a testa bassa. Senza traumi perché siamo
ancora vivi e senza intenzione di concludere
in maniera plateale la nostra avventura.
In questi anni il direttore di questo giornale,
dopo ogni nostro lavoro, ci ha sempre detto
che avremmo dovuto fare qualcosa di meno
impegnato. Siete bravi per carità, ma troppo
seri, ci diceva, mentre noi abbiamo sempre
pensato fosse una qualità, perché era ciò che
ci distingueva e ci faceva sentire migliori.
Sentivamo di contribuire culturalmente
alla città che consideravamo un centro, di
qualunque genere. Senza prenderci troppe
responsabilità ma essendo presenti, e la città
ci ha dato molte soddisfazioni e inevitabili
indifferenze. E noi facevamo teatro per
divertirci o perché ci credevamo? Oppure
abbiamo fatto teatro finché le due cose
convivevano?
E se la gente non ci veniva a vedere o era
sempre la stessa ci convincevamo sempre
che era perché preferiva andare a teatro per
passare una serata in allegria, senza impegno,
senza assistere a nulla di troppo complicato, la
cultura perde sempre, come la sinistra. Senza
mai accettare davvero che in fondo facevamo
teatro per noi più che per gli altri, ed era bello
e giusto anche così.
Ripartiremo forse, con l’umiltà degli errori
fatti e non essendo comunque mai d’accordo
nemmeno per un istante con Homer Simpson
che “tentare è il primo passo verso il
fallimento”. Troveremo un altro linguaggio se
riusciremo, meno didascalico, meno “critico”,
meno militante. O forse non faremo mai più
teatro, e non sarà una tragedia, men che
meno greca, men che meno shakespeariana.
Al massimo beckettiana.
Questa rubrica potrebbe rimanere una
pagina per capire cosa capita nello spettacolo
che ci circonda. O meglio cosa ci capita
quando
circondiamo
uno
spettacolo,
quando vorremmo che fosse senza fine,
che coincidesse con la vita il più possibile o
al contrario quando vorremmo tenerlo il più
lontano possibile.
Pensando a tutte quelle volte che abbiamo
avuto l’illusione ficcante di poter uscire dal
grande teatro diversi da come eravamo
entrati.
“Ehi! Buongiorno! Ah, e casomai non vi
rivedessi, buon pomeriggio, buonasera e
buonanotte!”
(The Truman Show, giorno 9112)
18
Lettera a...
dal tempo
di Cristiano Roasio
Lettera per un premio futuro
Capodanno per annunciare il proprio credo
Se papa Silvestro I avesse saputo che
la data di commemorazione della sua
futura santificazione sarebbe coincisa con
botti, fuochi d’artificio, cani terrorizzati a
rosicchiare le porte per poter entrare in
casa, pozze di vomito, musica dal dubbio
valore estetico, ridicoli conti alla rovescia
tra trenini e cappellini in cartone e, come
dimenticarli, show televisivi dalla durata
eonica, probabilmente avrebbe certamente
tentennato un po’ prima di accedere al
trentatreesimo soglio pontificio. Erano gli
anni in cui, consapevolmente o meno, si
decidevano le sorti metafisiche della nostra
era, impostazioni filosofiche che anche il
più ateo di noi ha codificate nei geni, per
esempio quando sottoscrive un libretto di
risparmio in vista di un bene futuro, una
sorta di aldilà aldiquà, quando potrà spendere
una vita di sacrifici con gli interessi..., e
la dottrina cristiana iniziava a uscire da
catacombe piene di graffiti cifrati e la nuova
religione proveniente dalla Galilea (solo
ad un anno prima risale l’editto di Milano
che lasciava libertà di culto ai cristiani) si
stava diffondendo in tutto l’Impero. Anni
di collaborazionismo tra Stato e Chiesa, anni
di “presunta tolleranza” (le considerazioni del
consiglio di Nicea sugli Ebrei riecheggiano in
modo inquietante il ventesimo secolo); allora
venne formulato il Credo e per anni ho ripetuto
quella dichiarazione di guerra alle altre religioni
senza minimamente pormi il problema.
Ma ora San Silvestro è alle porte e devo
sbrigarmi a decidere quale party (tutti uguali)
è più adatto a me: si colmano le piazze, già
si leggono manifesti che preannunciano
spettacolari giochi di luce e altre amene
ovvietà anche a Pinerolo, bisogna lasciare
indietro il 2013 con tutte le sue brutture e
i suoi sacrifici, senza però dimenticare una
bella playlist della topten dei momenti migliori
da condividere, in vista di un 2014 pieno di
novità e speranze e prospettive migliori...
“Credo in un solo fuoco d’artificio
padre onnipotente
distruttore del cielo e della terra
di tutte le cose visibili ed invisibili
per noi uomini
e per la nostra stanchezza
discese dal cielo
e per opera della Santa Amministrazione
si è incarnato nel seno delle nostre
Vergini Città
e si è fatto cenere”
Mi pare che il capodanno, come le altre
feste, sia nient’altro che un pretesto per
annunciare al mondo il nostro credo: sano
lavoro, meritato riposo, giusta spesa,
controllata perdita di controllo del sé. Il
credo della nostra società recita “mangio e
bevo e guardo polvere da sparo in fiamme
perché ho faticato e mi aspetta la giusta
ricompensa, in vista di un Premio migliore,
nel futuro”: quale? Futuro o Premio? Fate
voi.
19
società
Per Mostre e Musei
di Chiara Gallo
Piccole città... “promettenti artisti”
Intervista a Stefania Canavosio
Emozioni e sogni in una spirale di colore!
Pittrice, decoratrice, originaria di None,
Stefania si è diplomata nel 2010 presso
il liceo artistico M. Buniva di Pinerolo. Ad
oggi frequenta l’Accademia Albertina di
belle arti di Torino. Protagonista di mostre
personali e collettive in buona parte del
territorio piemontese, recentemente è
stata premiata dal critico Vittorio Sgarbi
per il Premio Nazionale di Arti Figurative,
Digitali e Scenografiche, promosso dal
Ministero dell’Istruzione.
Ci potresti parlare
del premio di cui
sei stata vincitrice
e
soprattutto
quali sono le tue
osservazioni
a
riguardo?
Il Premio
nazionale delle arti
figurative, digitali
e scenografiche,
è una manifestazione
che
riveste, per il
sistema artistico
italiano, caratteristiche uniche che lo
differenziano da ogni altra cerimonia simile,
sia in Italia che all’estero. Quest’anno si è
svolta presso l’Accademia di Belle Arti di
Bari dall’1 al 10 ottobre 2013 e ha visto
coinvolti 270 studenti. Ad essere coinvolti
sono tutti i settori disciplinari, artistici, a
ciascuno dei quali spetta un vincitore. Per
noi studenti si tratta di un’ottima occasione
per farci conoscere anche a livello
nazionale, essendo sempre più difficile
farsi notare dati i vasti numeri che affollano
il settore dell’arte moderna. Il premio non
consisteva in vincite remunerative, ma in
un semplice libro. Un arricchimento morale
e una grande soddisfazione in grado di
farci da finestra sul mondo lavorativo.
Parlando della tua arte, qual è la tecnica
che prediligi?
Diplomata in pittura, presto ho avviato
una ricerca personale indirizzata verso
l’informale, amalgamando insieme forme
e toni caldi. Ho sempre prediletto la
tecnica mista coadiuvata all’istintività.
Una volta iscritta all’Accademia ho avuto
modo di approcciarmi per la prima volta
all’antica tecnica del mosaico e da qui ho
iniziato a sperimentare in questo ambito
utilizzando la
mia fantasia
per
creare
motivi nuovi
e bizzarri. La
particolarità
delle
mie
opere
sta
anche nella
novità delle
tecniche
di
cui mi servo.
Insomma,
una fusione
tra tradizione
e innovazione, tra passato e presente.
Chi sono gli artisti che più ammiri nel
panorama artistico attuale?
Sicuramente due grandi artisti che ammiro
per tecnica, innovazione e pensiero sono
Kaufmann e Yayoj Kusama. Da loro traggo
molta ispirazione.
Hai già dei progetti per il futuro?
Parlare di futuro per gli studenti d’arte
non è mai cosa facile. Il primo obbiettivo
da raggiungere è la laurea triennale, e la
specializzazione. In seguito mi piacerebbe
riuscire ad entrare nel corpo docenti ,
magari in Accademia. Poter trasmettere
ad altri la passione con cui sono cresciuta
io per poterli avviare in questo mondo
fantastico e difficile che è l’arte.
20
musica
Officine del suono
di Demis Pascal
m u s i c a emergente
Aut in Vertigo
Gli Aut In Vertigo nascono nel 2004 e come
spesso accade le amicizie maturate sui banchi
di scuola sono la scintilla che dà il via a tutto.
La passione per il rock di matrice seventies è il
comune denominatore per la formazione di una
band che sceglie però di non farsi limitare dai
propri gusti ma di fare della sperimentazione uno
stile di vita. Attivi su molti palchi dell’Italia nordoccidentale nel 2013 danno alla luce In bilico,
fatica discografica di grande intraprendenza.
Il full lenght si apre con l’energica Passi dove
interessanti fraseggi di chitarra, sia ritmica che
solista, si mischiano ai testi in italiano creando
una cavalcata ricca di spunti armonici e lirici.
Ancora testi in italiano e grandi prestazioni vocali
per Volto fragile, seconda traccia dell’album che
fa filotto con la prima per stile ed impostazioni;
ritmiche incalzanti ed elaborati assoli si
compattano in un brano sincero e impattante.
Il disco prosegue con la title track che si apre
con una vena più melodica per districarsi tra
intrecci ritmici ed il cantato sempre preciso ed
eloquente, per avviarsi alla conclusione con un
delicato assolo di chitarra.
Dal sapore vagamente funky è invece Pelle
e peccato, quarto brano del disco, che si apre
con un riff di chitarra che porta indietro nel
tempo. Un basso molto evidente sostiene tutto
il brano richiamando alle ritmiche tipiche della
black music accompagnato da una batteria
sempre presente ed incalzante.
Sensazioni più introspettive invece permeano
Fuori gli dei dove tutti gli strumenti si ritrovano a
sostenere una voce leggermente più aggressiva
che canta la rabbia delle disillusioni.
Il giro di boa del disco ce lo da Rivoluzione,
brano robusto dal ritmo in levare che si apre
provocatoriamente con una voce da megafono
che inneggia alla commercializzazione dei
rivoluzionari dei giorni nostri.
La settima traccia è Chiara, struggente ballad
d’amore resa ancor più malinconica dalle note
piangenti della chitarra che a tratti sostiene
la voce all’unisono per poi lasciare spazio
a momenti più essenziali dove il cantato è
quasi da solo con la batteria sempre precisa a
sostenerlo.
Un richiamo a ritmiche quasi maideniane ce
lo fornisce la traccia seguente, Fratello Gert.
Corde stoppate e robusti accordi riportano alto
il ritmo dell’album con un bel suono di basso,
anche qui molto presente.
Ben si amalgama al brano precedente anche la
nona traccia OleI-OleI incalzando l’ascoltatore
per tutta la sua durata con ritmiche robuste ma
non scevre di melodia.
Titolo inglese ma cantato in italiano per la decima
traccia Deep sigh. Una bel lento che fa trasparire
la vena più poetica della band adagiando il
pubblico su morbidi velluti di melodia.
Chiude il disco col piede sull’acceleratore
Radio Aut che propone una bella raccolta degli
aspetti più interessanti del rock di matrice italica
per conludere l’album lasciando nell’ascoltatore
viva la curiosità per il seguito della carriera di
questa giovane band.
Potete ascoltare il disco on line sulle più
comuni piattaforme web come Spotify,
Amazon, Google Play ed ovviamente iTunes.
Ed ovviamente sempre aggiornati sulle date live
e sulle future uscite discografiche su www.
autinvertigo.it
Stay with music!
21
società
Appunti di viaggio
di Mauro Beccaria
l’Himalaya
La montagna che cura
Ad un anno dall’ultima pesantissima
chemioterapia, risoltasi con successo, grazie a Dio
ed agli ottimi medici dell’Istituto di Candiolo, mio
marito Mauro ha deciso di affrontare qualcosa di
davvero grande, per sentirsi vivo e per sigillare la
sua vittoria interiore: l’Himalaya e le sue cime, da
solo, lungo i sentieri che solcano i giganti della
terra. Ecco un primo estratto dei suoi appunti di
viaggio. (A.Pons)
24 novembre 2013. Tappa da Dzonglha a
Tagnag.
Due belle tazze di cioccolata calda e si
parte, zaino in spalla, al mattino presto, per
affrontare il primo passo importante, oltre
i 5.000 m, dopo già 17 giorni di cammino
in solitaria, partendo da Shivalaya, lungo la
via antica, la old way, delle prime spedizioni
verso la vetta dell’Everest.
La prima parte di tracciato non è difficile:
gradatamente si sale fino ad attraversare
un torrente più grande e si incontrano
giganteschi massi erratici, posati lì da non
so quale forza della natura. Da ora la salita
diventa durissima, senza tregua. Nell’ultimo
tratto, percorro le vie scavate nella neve,
aiutandomi con le mani ed i bastoni da
trekking. La fatica è spaventosa, ma non ho
paura. La via è molto ripida, anche se, per
fortuna, non troppo esposta.
Giunto in cima lo spettacolo cambia. Si apre
davanti a me un enorme ghiacciaio: il ChoLa, che scricchiola e rumoreggia cupamente
sotto di me. Indosso i ramponi e via. Sono
emozionatissimo, non credo di aver mai
provato qualcosa di simile. Sono al settimo
cielo e dopo un’ora di ramponata arrivo al
passo. L’emozione prende forma e qualche
lacrima scende. Da solo sono riuscito a
vincere le mie paure ed a raggiungere un
grande obiettivo, 5.420 m, il Cho-La Pass.
Devo ammettere di aver pregato tanto,
soprattutto per sconfiggere il timore. La
presenza di mia moglie, nel cuore, mi ha
sempre accompagnato.
La discesa dal passo è lunga quanto la
salita. Tanta neve, indispensabili i ramponi.
Così, dopo tre ore arrivo a Tagnag. Mi fermo
alla guest house e metto tutto ad asciugare,
compreso me stesso, come una lucertola, al
sole splendente, fino alle 16, quando infine
i raggi si nascondono dietro le cime.
Proiezione del viaggio “La montagna che cura”
presso la Libreria Mondadori, martedì 4 febbraio
2014, h 17,30. Ingresso libero.
22
23
Sono a m i c i d i P i n e r o l o I n D i a l o g o
24
Scarica

Pinerolo, basta piangere!