anno XVII - Numero 66 - 30 settembre 2011
L’intervista
Parla il regista
Nickolaus Lehnhoff
A Pag.
2
La Storia dell’Opera
Il frutto del prezioso sodalizio
Tra Strauss e Hofmannsthal
A Pag.
6
Elektra e lo spirito
del tempo
I multiformi caratteri
dell’opera di Strauss
A Pag.
7
Il mito greco
La storia degli Atridi,
dalla mitologia alle tragedie
A Pag.
8 - 9 e 10
Analisi stilistica
Elektra ed il tramonto
del mito greco
A Pag.
12
ElEktra
di Richard Strauss
Elektra
2
Il
Giornale dei Grandi Eventi
Parla il regista Nickolaus Lehnhoff
«La mia Elektra con la vendetta
come ragione d’essere»
S
cene sghembe, un
quadro gelido e personaggi soli, lacerati
dal conflitto irrisolto tra
vendetta e senso di colpa,
fanno da sfondo alla storia
di Elektra, la figlia che uccide la madre empia
Clitemnestra, al fine di
vendicare la morte del
padre Agamennone. Il
regista tedesco Nickolaus Lehnhoff ripropone in co-produzione qui
al Teatro Costanzi questo allestimento realizzato e presentato lo
scorso anno per il Salzburger Festspiele, dove
ha riscosso unanimi apprezzamenti.
«L’opera – ci spiega il regista - è ambientata in uno spazio prevalentemente occupato
da Elettra, una proiezione
della sua ossessione. Questa
donna è rinchiusa nella prigione della sua mente, un
«Elettra è ossessionata
Nickolaus Lehnhoff
dall’idea di vendicare la
luogo che è un rifugio ed una
morte di suo padre. Agamentrappola allo stesso tempo. La
none è la sua ossessione e il
rappresentazione intende visuo demone. Elettra vive nel
sualizzare i suoi stati mentapassato, e la schiavitù a queli, con situazioni di bisogno
sta idea è la sua ragion d’esesistenziale e di vincolo.
sere», osserva il regista.
Crisotemide, da parte sua, ri«Essa tenta di appropriarsi
vela che l’esistenza fantasma
dell’identità di Agamennone
di Elettra è senza futuro. Il
come se fosse una sua secondesiderio di vita della sorella
da pelle e si pone davanti a
più giovane è in netto contranoi con il volto irrigidito costo con l’ossessione di venme fosse una maschera da
detta di Elettra.
cui non traspare alcuna
D’altro canto Elettra condiemozione umana. In un atto
vide con la madre Clitenneorribile di auto-abbandono e
stra una devozione che è
perdita di identità l’essere
schiava dell’eccesso. Entramumano Elettra si tramuta in
be le vite sono governate da
burattino».
Il G iornale dei G randi Eventi
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paure irreali, incubi e visioni
inquietanti. Clitennestra
aspira ad una riconciliazione.
Va da Elettra e mette a nudo
tutta la sofferenza della sua
vita nella speranza di interrompere il circolo vizioso di
sogni e di paure.
Il suo atteggiamento
prende di sorpresa
Elettra, la irrita e momentaneamente altera
i suoi piani di vita. Ma
ben presto la sua ossessione per la vendetta riprende il sopravvento e
la brutale battaglia tra
madre e figlia entra
nella fase successiva un conflitto che porterà
alla morte e alla dissoluzione.
Auto-inganno e autodistruzione sono i fattori scatenanti della fine fatale di Elettra. Il
dramma si conclude con lo
stesso fondamentale problema dell’apertura. La sola differenza è che sono mutati i
ruoli. Non c’è via d’uscita da
questa spirale di violenza.
Oreste è individuato come assassino matricida. La maledizione continua. Le Erinni sono alle porte».
Sul podio non sarà Fabio
Luisi come annunciato ad
inizio stagione, poiché il
direttore italiano è stato
nominato “principal conductor” al Met di New
York in sostituzione di Levine, purtroppo da tempo
ammalato. Nonostante
l’annuncio della nomina
fosse avvenuto diversi
mesi fa, solo alla vigilia
delle prove il direttore ha
annunciato la propria rinuncia, annullando anche
gli impegni con il Carlo
Felice di Genova, il Musikverein di Vienna e la san
Francisco Symphony Orchestra. Dunque, a prove
iniziate, il Teatro è riuscito
ad assicurarsi un altro direttore di grande esperienza su un titolo non facile
come l’Elektra. La direzio-
ne d’orchestra è stata così
affidata al 62enne ungherese Stefan Soltesz, dal
1997 direttore artistico del
Teatro dell’Opera di Essen, grande esperto del re-
~~
pertorio tedesco e di quello di Strauss in particolare,
del quale attualmente è
considerato uno dei più
importanti interpreti.
a. M.
La Locandina ~ ~
Teatro Costanzi - 30 settembre, 8 ottobre 2011
ElEktra
Tragedia in un atto
Libretto di Hugo von Hofmannsthal
Basata sulla tragedia di Sofocle
Musica di Richard Strauss
COPYRIGHT E EDIZIONE FÜRSTNER/SCHOTT, MAINZ
RAPPRESENTANTE PER L’ITALIA
CASA MUSICALE SONZOGNO DI PIERO OSTALI, MILANO
Prima rappresentazione:
Dresda, Königliches Opernhaus, 25 gennaio 1909
Direttore
Regia
Scene
Costumi
Luci
Maestro del Coro
Stefan Soltesz
Nikolaus Lehnhoff
Raimund Bauer
Andrea Schmidt-Futterer
Duane Schuler
Gea Garatti Ansini
Personaggi / Interpreti
Klytämnestra (Clitennestra) (Ms)
Felicity Palmer
Elektra (Elettra) (S)
Eva Johansson
Chrysothemis (Crisotemide) (S)
Melanie Diener
Aegisth (Egisto) (T)
Wolfgang Schmidt
Orest (Oreste) (Bar)
Alejandro Marco-Buhrmester
Der Pfleger des Orest
(Il precettore di Oreste) (B)
Derek Welton
Die Vertraute (La confidente) (S)
Arina Holecek
Die Schleppträgerin
(L’ancella dello strascico) (S)
Barbara Reiter
Ein junger Diener (Un giovane servo) (T)
Saverio Fiore
Ein alter Diener (Un vecchio servo) (T)
Maurizio Cascianelli /
Francesco Luccioni 6, 8/10
Die Aufseherin (La sorvegliante) (S)
Miranda Keys
Erste Magd (Prima Ancella)
Annunziata Vestri
Zweite Magd (Seconda Ancella)
Theresa Holzhauser
Dritte Magd (Terza Ancella)
Constance Heller
Vierte Magd (Quarta Ancella)
Eva Leitner
Fünfte Magd (Quinta Ancella)
Ileana Montalbetti
Sechs Dienerinnen (Sei serve)
Emanuela Luchetti,
Chiara Caligara, Piera Lanciani,
Federica Albonetti, Laura Calzolari,
Stefania Rosai
ORCHESTRA DEL TEATRO DELL’OPERA
Allestimento in coproduzione con il Salzburger Festspiele
In lingua originale con sovratitoli in italiano
~ ~ La Copertina ~ ~
William adolphe Bougereau Il rimorso di Oreste per l’uccisione
di Clitennestra (1862)
Il
Elektra
Giornale dei Grandi Eventi
E
’ l’ottava volta che nella sua storia L’Elektra
di Strauss, con libretto
basato sulla famosa tragedia
di Sofocle, va in scena al
Teatro dell’Opera di Roma.
La prima rappresentazione
nella Città Eterna fu nel
1912, tra anni dopo il debutto assoluto di Dresda, mentre l’ultima nell’aprile del
2004. Questo allestimento,
firmato dal regista tedesco
Nickolaus Lehnhoff, è una
co-produzione con il Salzburger Festspiele, dove è
stato presentato lo scorso
anno con unanimi apprezzamenti. Scene sghembe, un
quadro gelido e personaggi
soli, lacerati dal conflitto irrisolto tra vendetta e senso
di colpa, fanno da sfondo alla storia di Elettra, la figlia
che uccide la madre empia
Clitemnestra. A dirigere
l’orchestra non sarà Fabio
Luisi come annunciato ad
inizio stagione, poiché il direttore italiano è stato nominato “principal conductor”
al Met di New York in sostituzione di Levine, da tempo
ammalato. Dopo alcune polemiche per la rinuncia alla
immediata vigilia dell’inizio
delle prove, il Teatro è riuscito ad affidare il podio ad
un altro direttore di grande
esperienza su un titolo non
facile come l’Elektra, il 62enne ungherese Stefan Soltesz,
dal 1997 direttore artistico
del Teatro dell’Opera di Es-
3
Le Repliche
domenica 2 ottobre, h. 17.00
martedì 4 ottobre, h. 20.30
giovedì 6 ottobre, h. 20.30
sabato 8 ottobre, h. 18.00
sen, grande esperto del repertorio tedesco e di quello
di Strauss in particolare.
Una Elektra rinchiusa nella prigione della sua mente
Nella corte interna del palazzo degli Atridi a Micene.
dagli incubi. Elettra in preda ad un entusiasmo
delirante rivela che sangue uscirà dal collo di
Clitemnestra e ne descrive la scena: la madre
cercherà di fuggire al carnefice rifugiandosi nei sotterranei, dove davanti all’ultimo muro l’attenderà l’ombra di Agamennone. Una volta
che l’ascia l’avrà colpita Clitemnestra non avrà più incubi. Clitemnestra è sconvolta dall’orrore, ma dal palazzo esce la confidente che le
sussurra all’orecchio qualcosa che la riempie di gioia. Giunge anche
Crisotemide in lacrime, annunciando che due stranieri appena giunti
hanno annunciato la morte di Oreste. Elettra ritiene che ora la vendetta dovrà essere compiuta dalle due sorelle con l’ascia che ella ha custodito per Oreste, ma Crisotemide rifiuta. Elettra per convincerla le
prospetta le gioie coniugali, ma la sorella fugge maledicendola. Elettra decide di agire da sola. In quel momento giunge Oreste che sotto
mentite spoglie dice di essere venuto per dare a Clitemnestra prova
certa della morte di Oreste. Oreste conosciuta l’identità di Elettra rimane colpito dall’aspetto trasandato della donna avvolta dal dolore e
per consolarla le rivela che Oreste è vivo. In quell’istante quattro servitori, riconosciutolo, si gettano ai suoi piedi ed Oreste non può più
nascondere alla sorella la propria identità. Elettra è in preda alla gioia,
ma quando Oreste la vuole abbracciare, lei rifiuta perchè ritiene che il
proprio aspetto non sia degno di una principessa. Dall’interno del palazzo la confidente a cenno ai due stranieri di seguirla, chiudendo
fuori Elettra che si dispera per non aver potuto consegnare l’ascia ad
Oreste. Sentito un urlo dall’interno, Elettra invita a colpire ancora.
Crisotemide, udito il secondo urlo, accorre con le ancelle, ma il gruppo è disperso dall’arrivo di Egisto che vuole incontrare i due stranieri
che hanno visto morire Oreste. Elettra lo indirizza a palazzo, ma Egisto si insospettisce per la gentilezza. Egisto entra nel palazzo. Scoppia
un tumulto. Egisto si affaccia ad una finestra per chiedere aiuto, ma
Oreste lo raggiunge e lo uccide. Oreste è riconosciuto ed acclamato
dalla folla esultante che ha fatto strage dei seguaci di Egisto. Elettra,
con le poche forze che le rimangono, sente il dovere di guidare la danza ntrionfale, ma dopo pochi passi crolla a terra. Crisotemide batte alla porta del palazzo per chiedere l’aiuto di Oreste, invano.
La Trama
Le ancelle si meravigliano di non vedere Elettra
che solitamente a quell’ora lamenta la morte del padre Agamemmone
e ne deridono il folle comportamento. Una delle ancelle prende le difese di Elettra, ma al rientro a palazzo viene percossa dalle altre che
non perdonano ad Elettra le angherie rivolte loro. Elettra esce nel cortile piangendo la morte del padre. Proprio in quell’ora Agamennone
fu ucciso ed Elettra rivive i momenti della tragedia: il bagno durante
il quale Clitemnestra ed Egisto l’hanno assassinato; il sangue di cui
l’acqua si è tinta; il corpo esanime e l’ultimo sguardo ricevuto. Ma in
un sogno del giorno prima Elettra ha visto Agamennone risorgere con
in testa una corona sanguinante. In quel giorno saranno sacrificati i
suoi cavalli ed i suoi cani, mentre i figli (lei, Oreste e Crisotemide)
danzeranno di gioia intorno alla tomba. Giunge Crisotemide, avvertendo Elettra che la madre Clitemnestra ed Egidio vogliono rinchiuderla in una torre. Elettra ride ed invita la sorella a seguire il suo
esempio: è meglio stare sedute ad attendere la morte piuttosto che
passare il tempo ad origliare. Ma Crisotemide, che vuole formarsi una
famiglia, rinfaccia alla sorella la propria prigionia da parte di Clitemnestra ed Egidio, perchè temono che una delle due sorelle possa partorire un erede che vendichi Agamennone. Clitemnestra si avvicina
col seguito. É agitata per un incubo in cui le è parso di rivedere il temuto figlio Oreste. Elettra decide di affrontare la madre affacciata ad
una finestra che la minaccia imitata dalle ancelle, le quali accusano
Elettra di perfidia. Elettra replica che sono proprio le due confidenti a
rovinare Clitemnestra che trova nelle parole della figlia la forza di allontanarle. Scesa accanto alla figlia, Clitemnestra chiede ad Elettra un
rimedio per i sogni che le tormentano le notti. Elettra dice che la giusta vittima che dovrà cadere sarà una donna, uccisa da un uomo, un
membro della loro famiglia. Elettra, dicendo di conoscere gli intenti
omicidi della madre e di Egisto nei confronti di Oreste, le chiede se
permetterà mai ad Oreste di rientrare in famiglia. Clitemnestra riacquista la calma regale ed impone alla figlia, dietro minaccia di incatenarla, di rivelare il nome della donna che dovrà cadere per liberarla
Il
Giornale dei Grandi Eventi
Elektra
5
Felicity Palmer
Eva Johansson
Clitennestra, la moglie
adultera
Elettra, principessa in
cerca di vendetta
A
cantare come Clitennestra, sarà il
mezzosoprano Felicity Palmer. Nata a Cheltenham in Inghilterra nel
1944, ha iniziato la sua carriera dapprima come soprano e, dal 1980, come
mezzosoprano lirico. I suoi
primi lavori hanno compreso una grande varietà
di repertorio, dalla musica
barocca a quella contemporanea. Durante i suoi
anni da soprano ha partecipato ad un tour in Australia per la ABC ed a numerosi concerti con le orchestre più importanti di
Londra, con la New York
Philharmonic e la Filarmonica di Los Angeles e con Sir Simon Rattle nella Sinfonia n.14 di Shostakovich. Nel ruolo di mezzosoprano, è stata da subito impegnata in
apparizioni a Glyndebourne e alla Royal Opera House. Ha debuttato
al Metropolitan Opera di New York con Der Ring des Nibelungen di
Wagner; poi numerose le apparizioni successive, in Das Rheingold e
Die Walkure a Monaco con Zubin Mehta, Les Dialogues des Carmélites
con Riccardo Muti alla Scala e con Michel Plasson a Zurigo e Tolosa,
oltre che Amsterdam, Chicago, San Francisco, Parigi e Londra. Successivamente ha registrato Elektra con la WDR Orchestra e Semyon
Bychkov. Di recente, ha preso parte a due concerti della stessa opera
diretti da Valery Gergiev ed ha registrato anche Les Dialogues des Carmélites con ENO e Paul Daniel.
Alejandro Marco-Buhrmester
Oreste,
fratello vendicatore
E’ affidato al baritono alejandro Marco-Buhrmester il ruolo del valoroso fratello di Elettra, Oreste.
Buhrmester si è affermato in
campo internazionale come uno dei baritoni più dotati della sua generazione. Dopo il debutto al Bayreuther Festspiele nel ruolo di Nachtigall in Die Meistersinger nel 2001, vi è ritornato per Fritz Kothner
e Amfortas in Parsifal. Nell’estate del 2006 è stato elogiato per il suo
debutto di Gunther
in Götterdämmerung
nella nuova produzione del Ring. Come baritono wagneriano ha cantato all’Oper Frankfurt ed all’Opéra di
Parigi; si dedica
contemporaneamente al repertorio
italiano e francese.
Nelle ultime stagioni
interpretà
Germont ne La Traviata, Barbiere ne Il
barbiere di Siviglia,
E
’ affidato al soprano Eva Johansson, il ruolo della vendicativa Elettra. Nata a Copenhagen nel 1958, studia alla Scuola
della Royal Opera e al Royal Conservatory; debutta alla
Royal Opera House nel 1982 come Contessa in Figaro. Nel 1988 è alla Deutsche Oper di Berlino, dove inizia una collaborazione che
continua ancora oggi. A Berlino e Copenhagen ha cantato tra l’altro
come Mimi in La Bohème, Pamina in Die Zauberflöte, Donna Anna
nel Don Giovanni, Fiordiligi in Così fan tutte. È spesso ospite in teatri
d’opera di Monaco, Dresda, nei teatri di Nizza, Ginevra, Siviglia,
Madrid, Stoccolma, Oslo, Tel Aviv, Barcellona, Metropolitan Opera
e in Giappone. Nel 2000 ha inaugurato la Stagione del Los Angeles
Music Center con Domingo come Sieglinde in Die Walküre diretta
da Gjergjiev; nel 2001 ha debuttato come Salome; nel 2002 come
Leonore nel Fidelio alla
Deutsche Oper di Berlino e
poi in Ariadne auf Naxos, a
Venezia è Isotta in Tristan
und Isolde, e Fidelio a San
Diego. Nel 2003 Il debutto
all’Opera di Zurigo con
Elektra, diretta da von
Dohnanyi, è un grande
successo, ripreso poi nel
2004, stesso anno in cui ha
cantato come Senta in Der
fliegende Holländer alla Scala di Milano. Nel 2008 è
stata Brünnhilde in Die
Walküre al Festival di Aixen-Provence e poi al Festival di Pasqua di Salisburgo. Nel 2009 ha lavorato in
Der Ring des Nibelungen a
Zurigo e Vienna. Nel 2010
ha interpretato Elektra a
Zurigo, Berlino, Copenhagen, Budapest e Monaco di Baviera; ha lavorato poi in una ripresa del Ring ad Amburgo e a Vienna e in una
produzione di Tristan und Isolde a Tokyo.
Conte di Luna ne Il Trovatore, Posa nel Don Carlo e Nabucco. Nel
repertorio del ‘900, ha cantato il ruolo principale nella prima mondiale di Sekunden und Jahre des Caspar Hauser di Reinhard Febel a
Dortmund e quello principale in Jakob Lenz di Wolfgang Rhim ai
Musikfesttage di Lucerna. In nordamerica ha debuttato alla Canadian Opera Company di Toronto, dove è stato Miller nella Luisa Miller e Germont ne La Traviata. Ha lavorato con direttori di
fama internazionale come Daniel Barenboim, Pierre Boulez, Paolo Carignani, Valery Gergiev, Eliahu Inbal, Fabio Luisi, Simone
Young e molti altri. Tra i suoi più recenti successi in campo concertistico, c’è la Lyrische Sinfonie di Zemlinsky con la Staatskapelle di Berlino diretta da Fabio Luisi, la IX Sinfonia di Beethoven e
la VIII Sinfonia di Mahler. Successivamente è stato impegnato
all’Opéra de Paris come Amfortas in Parsifal e al Teatro Real di
Madrid come Kurwenal in Tristan und Isolde .Nella stagione
2008/09 è stato al Teatro del Liceu di Barcellona nel ruolo principale nella prima mondiale di La cabeza del Bautista. Tra i suoi impegni recenti ad Amsterdam Guido di Monforte nei Vespri Siciliani, a Madrid San Francesco d’Assisi di Messiaen e Gunther in Götterdäm-merung a Tokyo.
Pagina a cura di Mariachiara Onori – Foto di Corrado M. Falsini
Elektra
6
Il
Giornale dei Grandi Eventi
La storia dell’opera
Il frutto del prezioso sodalizio
tra Strauss e Hofmannsthal
R
ichard Strauss respirò
tutta la caducità del
fin de siècle e incarnò,
a suo modo, la crisi della
cultura musicale borghese
di fine Ottocento: epoca di
grande tumulto sociale e naturalmente culturale, gli anni a cavallo dei due secoli
assistettero al tripudio di
nuovi principi stilistici, sempre più sganciati dal romanticismo ed infarciti di nuove
tendenze corrosive, marcate
dalla trasgressione e dall’esaltazione del crudo, del
macabro, dallo stravolgimento dei canoni della bellezza, attraverso la rappresentazione urlata e “deformata” delle emozioni. Il teatro espressionista con le sue
passioni sfrenate, con l’esaltazione del brutto, dell’orrido, con la smitizzazione dei
valori ideali della classicità
aveva fatto il suo ingresso
nella società tedesca; che sul
piano compositivo si traduceva, tra l’altro, nel progressivo abbandono del tonalismo in favore di cromatismi
esasperati ed armonie dissonanti, specchio di animi lacerati e combattuti.
Strauss è nel mezzo della
tempesta: e se con le sue due
prime opere, Guntram (1894)
e Feuernot (1901) allude ancora a Wagner. Fu con il
dramma musicale Salome
(Dresda, 1905), tratto da
Oscar Wilde, che Strauss si
sganciò dai vecchi schemi,
in primis da quelli psicologici, stravolgendoli, e intraprendendo un cammino del
tutto personale, che dai colori tardo romantici prese
linfa per un linguaggio totalmente nuovo e caustico.
Con un impatto sul pubblico che gli segnò la vita, tra
costernazione, polemiche e
deliranti manifestazioni di
entusiasmo che lo portarono
immancabilmente sotto le
luci della ribalta.
Strauss era fatto così. Dopo
un successo – e Salome fu un
indiscutibile successo – l’u-
mavera del 1900. In questa
occasione – era nella capitale francese per dirigere le
prime locali di Heldenleben e
di Zarathustra - il musicista
ne aveva però sottovalutato
la grandezza e aveva respinto alcune sue proposte di
collaborazione per alcuni
balletti. Però, più che mai
pentito di aver lasciato cadere il rapporto ai suoi inizi,
Strauss lo ricercò presto e la
loro corrispondenza si riaccese. Dal momento in cui
Hofmannshtall accettò di
far musicare da Strauss la
sua Elektra – era il principio
del 1906 – iniziò la più sublime e compiuta collaborazione tra due artisti nel secolo
scorso, che produsse capolavori
del calibro di Der
Rosenkavalier
(Dresda, 1911),
Ariadne auf Naxos
(Stoccarda,
1912), Die Frau
ohne
Schatter
(Vienna, 1919),
Die aegyptische
Helena (Dresda,
1928; nuova versione, 1933), Arabella
(Dresda,
1933).
In Eektra Strauss
si era forse imGertrud Eysoldt, prima interprete del ruolo di Elektra battuto già nel
novembre del
1903 al Deutsches Theater di
alla perversità tragica di SaBerlino, poco dopo aver scolome, un’opera che potesse
perto la Salome di Wilde e
una volta di più confermare
per di più con gli stessi inil suo genio artistico e rinnoterpreti: Max Reinhardt revare il suo prestigio nel
gista e Gertrud Eysoldt promondo del teatro. Era necestagonista. E forse proprio il
sario però trovare un libretsuccesso di Salome, due anni
tista all’altezza e fu così che
dopo, gli ricordò l’altro
Strauss si ricordò di Hugo
dramma, «da cui si poteva
von Hofmannsthall, poeta e
trarre uno splendido libretto»,
drammaturgo viennese coun affascinante viaggio nel
nosciuto a Berlino il 23 marteatro classico – Elektra è
zo1899 (data della prima
tratta infatti dall’omonima
esecuzione assoluta del metragedia di Sofocle - mai
lologo di Strauss Das Schloβ
esplorato dal musicista priam Meere) a casa dell’amico
ma d’allora e l’occasione, lo
comune e poeta Richard
diciamo a posteriori, di creaDehmel, per poi incontrato
re una partitura violenta,
nuovamente a Parigi più di
aggressiva, che tecnicamendieci anni dopo, nella prinico obiettivo da prefiggersi
era un successo ancor più
grande. Anche perché - e
questo non è certamente
aspetto di secondaria importanza - quel violento e
destabilizzante dramma a
tinte forti, trionfo di erotismo e trivialità, oltre a suscitare scandalo lo aveva assai
arricchito, permettendogli
di costruirsi un lussuoso appartamento a Berlino ed una
villa con un meraviglioso
giardino a Garmisch, in Baviera, il “regno” in cui compose poi le sue opere più
magistrali. Proprio nella cittadina bavarese si mise così
a lavoro, a caccia di un nuovo soggetto da contrapporre
te, dal punto
di vista cioè
compositivo,
deve in gran
parte a Wagner, ma che
introduce una
psicologia del
personaggio
ben più complessa (non dimentichiamo
che Freud visse proprio in
quegli anni) e
che dà vita ad
uno scontro di
passioni intensissime, arricchendo anche Hugo von Hofmannsthal con Richard Strauss
in alcuni tratti
il potenziale
un fervido e continuo scamtragico dell’opera originabio di idee: «Caro dottore, mi
ria.
rallegro di cuore che Ella sia feTuttavia, sulle prime,
licemente andato avanti nel laStrauss mostrò anche alcune
voro. Ora le auguro energia e
riserve, preoccupato che il
gioia per la conclusione, che
nuovo soggetto «fosse per vanelle sua opera sarà certo molto
ri aspetti così simile» alla repiù significativa e più potente
centissima Salome, in partiche nella mia poesia». Un finacolare sul piano “psichico” e
le dal diabolico vigore selchiese perciò ad Hofmannvaggio, un’apoteosi “inferstahl di proporgli, prima, in
nale” che si scatena con la
possibile alternativa, qualdanza forsennata di Elettra.
che altro lavoro del tutto
Dal connubio di due così aldifferente: discussero su
te genialità venne alla luce,
una Semiranide, su alcuni tedunque, Elektra, che Strauss
mi rinascimentali, su richiaterminò di comporre nella
mi alla rivoluzione francese.
sua villa di Garmisch il 22
Ma il poeta, che riteneva le
settembre del 1908. L’opera
somiglianze con Salome quaandò in scena all’Opernhousi nulle, convinse il musicise di Dresda il 25 gennaio
sta a non desistere e a dedidel 1909 «con un discreto succarsi esclusivamente ad
cesso di stima» disse il musiElektra «L’impasto cromatico
cista, sotto la direzione di
nei due lavori mi sembra essenErnst von Schuch (lo stesso
zialmente differente: scarlatto e
che aveva diretto la première
viola, direi, in Salome, in una
di Salome) e con la regia di
atmosfera rovente; invece in
Georg Toller. L’entusiasmo
Elektra una mescolanza di
del pubblico non fu certo
buio e luce, di nero e di chiaro.
paragonabile a quello di SaPer di più la concatenazione di
lome e nemmeno a quello di
motivi connessi a Oreste e alla
Der Rosenkavalier, che seguì
sua impresa […] mi sembra
Elektra a due anni precisi di
non abbia nulla di lontanamendistanza; ma l’anno dopo, al
te rassomigliante in Salome».
Covent Garden di Londra,
Il carteggio tra compositore
la sua esecuzione diretta da
e poeta durante la stesura è
Beecham fu un evento musifittissimo ed è testimoniancale memorabile.
za curiosa di una preziosa
Barbara Catellani
ed assidua cooperazione, di
Il
Elektra
Giornale dei Grandi Eventi
7
Il caleidoscopio di caratteri dell’opera di Strauss
Elektra e lo spirito del tempo
G
ià l’ordine di numerazione
è
complicato da
criteri diversi. Elektra è la
quarta opera teatrale di
Richard Strauss, dopo i
due calchi wagneriani,
Guntram ovvero lo pseudo-Lohengrin (1894) e
Feuersnot ovvero gli
pseudo-Meistersinger
(1901), e dopo la wildiana-beardsleyana-klimtiana Salome (1905). Ma
Elektra è anche l’ultima
opera straussiana che si
sia incamminata lungo
una direzione al termine
della quale, vago, incerto, remoto quanto si vuole, si sentiva odore di
espressionismo. D’altra
parte, è la prima delle
cinque partiture teatrali
di Strauss (sei, se contiamo anche l’incompiuta
Des Esels Schatten) il cui
soggetto sia un mito classico, ellenico. Le altre sono Ariadne auf Naxos, Die
ägyptische Helena, Daphne,
Die Liebe der Danae. L’enumerazione ci invita a
riflettere: la periodica apparizione dei miti grecoromani, quelli per così
dire da Gymnasium (=
Richard Strauss con lo spartito
Liceo Classico) nel teatro
straussiano è invero una
periodicità irregolare,
tutta sbilanciata, con il
peso specifico collocato
nell’ultimo ventennio di
vita attiva. Le date sono
eloquenti: Elektra è del
1909, Ariadne del 19121916, Helena del 1928,
Daphne del 1938, Danae
del 1944, Des Esels Schatten del 1947-1948. L’infittirsi
dell’ispirazione
“ginnasiale” (in realtà, la
proposta veniva sempre
dall’alto, dall’elegante
eremita di Rodaun, almeno fino a Helena) negli ultimi vent’anni indica forse la crescente tendenza
di Strauss a privilegiare il
mito come strumento di
verità, come decifrazione
dell’esistenza? Proprio
Hugo von Hofmannsthal
formulò ripetutamente
una dichiarazione di fede: il mito è il più vero fra
tutti i soggetti drammatici. In particolare, lo affascinavano i miti antichi
costruiti sulle idee di metamorfosi e di fedeltà
spinta fino al sacrificio. Il
destino, tuttavia, abbreviando tragicamente la
vita di Hofmannsthal,
volle che soltanto una
parte dei soggetti da lui
fatti balenare a Strauss
venisse realizzata poeticamente dal suo Kunstwollen poetico: Daphne e
Die Liebe der Danae furono due libretti di Joseph
Gregor.
Infine, ed è un altro criterio di numerazione, Elektra è il primo lavoro teatrale di Strauss il cui libretto sia hofmannsthaliano. Quest’opera aspra,
barbarica e adolescenziale apre una serie di immagini che non potrebbero essere più raffinate e
civili, levigate e ricche di
sottigliezze, di maturità o
addirittura di aromatica
senilità. Dalle Coefore ai
vari drammi ellenici intitolati Elettra sino a Mourning becomes Electra (1931)
di Eugene O’ Neill, questo
imbarazzante personaggio femminile varia la
propria natura, da démone invasato di vendetta in
Eschilo a fanciulla dolce e
sofferente in Sofocle a nevrotica strega (di nuovo)
in Euripide, e terribile
quanto raziocinante giustiziera nel teatro francese del “grand siècle”.
Hofmannsthal aggiunse
un elemento morboso: la
pulsione incestuosa e
coartante nei confronti
della sorella Chrysothemis, che a sua volta nasconde probabilmente un
tabu più terribile, il desiderio incestuoso e sacrilego nei confronti del padre Agamemnon.
Questa variabilità ci aiuta
a definire il significato
storico e culturale di Elektra nell’insieme del lascito straussiano. Elektra
andò in scena la prima
volta lunedì 25 gennaio
1909 al Königliches
Opernhaus di Dresda,
sotto la direzione di Ernst
von Schuch, con la regia
di Georg Toller, le scene
di Emil Rieck e i costumi
di Leonhard Fanto.
Klytämnestra fu un sacro
Richard Strauss
(anzi, sacerrimo) mostro
del teatro d’opera, la terribile Ernestine SchumannHeink. Annie Krull fu
Elektra e la bella Margarethe Siems fu Chrysothemis. Nei ruoli maschili
principali, Orest fu Carl
Perron, Aegisth fu Johannes Sembach. Cerchiamo,
tuttavia, i fili sotterranei.
Nel 1905, l’anno in cui
Vittorio Gnecchi, inconsapevolmente, anticipò
Elektra presentando a Bologna, diretta da Arturo
Toscanini, la sua Cassandra (sappiamo quale pandemonio ne nacque), Albert Einstein definì la teoria della relatività in forma ristretta. Sempre nel
1905, Sigmund Freud
pubblicò le famose Drei
Abhandlungen
zur
Sexualtheorie, in cui prese
forma la teoria dei “complessi” fra cui quello edipico, e i miti ellenici vennero svelati nel loro fondo sotterraneo di sangue
e di orrore, di ossessione
e di senso di colpa. Insomma, un annetto tranquillo e di tutto riposo,
confortato anche dalla vicenda russa: l’assalto al
Palazzo d’Inverno, la
strage di cittadini in rivolta, l’episodio della corazzata “Potëmkin”. So-
prattutto, il 1905 fu per
Strauss l’anno memorabile
di Salome, l’anno dello
scandalo e della ricchezza
finalmente a portata di
mano. Perciò, la caratteristica storica e culturale di
Elektra, colpita di rimbalzo
dal brivido più o meno addomesticato che aveva
percorso Salome, invasa
dagli umori scenografici e
tetri splendidamente raffigurati nelle pagine di «Ver
Sacrum» (la rivista della
«Wiener Sezession»), investita dalla cupa energia
irradiata dalla Psychopathia sexualis (1886, l’anno
del suicidio di Ludwig II
di Baviera) di Richard von
Krafft-Ebing, quella caratteristica, dunque, non è un
carattere, bensì un caleidoscopio di caratteri, una
danse macabre di caratteri.
È l’ibrido, la fondamentale
arma stilistica e culturale
con cui Strauss, per quasi
l’intera sua vita d’artista,
combatté contro ciò che
egli più detestava: il cupo
e arrogante “Zeitgeist”, lo
spirito del tempo, la dittatura che in arte obbliga
l’artista a piegare la schiena ubbidendo alle ideologie del momento o a sentirsi in colpa per non avere
ubbidito.
Quirino Principe
Elektra
8
Il
Giornale dei Grandi Eventi
Alle origini della vicenda: la saga degli Atridi
La leggenda della dinastia che regnò su
U
na delle figure
più celebrate dalla tragedia greca,
Elettra si inserisce nell’antichissima saga degli Atridi, la famiglia intorno a
cui si incentrano molti miti e leggende, fra cui la
guerra di Troia.
Discendenti dall’unione
di Zeus e Pluto, gli Atridi
prendono il nome da
Atreo che, in seguito a
cruente vicende familiari,
divenne re della città-stato di Micene e capostipite
di una casata che ha fornito un’inesauribile materia di ispirazione ai poeti
epici e tragici dell’antichità. Secondo la versione
più nota, dall’unione di
Atreo con Erope, nacquero infatti Agamennone e
Menelao.
Intrighi a corte
Agamennone sposò Clitemnestra, dalla quale ebbe quattro figli: Ifigenia (o
Ifianassa), Crisotemi (o
Crisotemide), Elettra (o
Laodice) e Oreste. In seguito a diverse peripezie,
assunse il trono di Micene
e divenne il più potente
principe della Grecia, in
quell’epoca, intorno al
XIV sec.a.C., che è detta
appunto “età micenea”.
Menelao, invece, sposò
Elena, la sorella di Clitemnestra, che fu poi rapita
dal principe troiano Paride dando origine alla
guerra di Troia cantata
Busto di Sofocle
nell’Iliade e simbolo della
prima espansione greca in
Asia Minore. Condottiero
dei principi greci unitisi in
alleanza per riprendere
Elena era Agamennone.
Al suo ritorno in patria
dopo dieci anni di guerra,
Agamennone fu ucciso o
dal cugino Egisto, che era
nel frattempo divenuto
amante di Clitemnestra o,
secondo i poeti tragici,
dalla sola Clitemnestra.
All’origine dell’ira di Clitemnestra verso il marito
c’era l’immolazione della
figlia Ifigenia, che prima
della guerra Agamennone
non aveva esitato a sacrificare alla dea Artemide per
ottenere i venti favorevoli
a salpare per Troia.
Dopo l’uccisione di Agamennone, Elettra fece fuggire segretamente il fratellino Oreste presso lo zio
Strofio, re di Crisa nella
Focide e marito di Anassibia, sorella di Agamennone. Qui il fanciullo fu allevato e strinse una forte
amicizia con il cugino Pilade, che divenne poi il
compagno delle sue imprese e peregrinazioni.
Dopo sette anni, raggiunta la maggiore età, Oreste
tornò segretamente in Patria e, con la complicità di
Elettra, vendicò la morte
del padre Agamennone,
uccidendo la madre Clitemnestra e il suo amante.
la catarsi di Oreste
Ma dopo il delitto,
Oreste fu perseguitato dalle Erinni, le implacabili vendicatrici
delle ingiustizie terrene e dei reati familiari, che lo condussero alla pazzia costringendolo a vagabondare senza meta.
Come si vede, nella
saga tragica greca, il
delitto viene espiato
con il delitto, perpetuandosi di padre in
figlio in una condanna voluta dagli dei,
fino a che la colpa
mione, Oreste ricevette in
dote il regno di Sparta.
Elettra, sposa in esilio
Clitemnestra uccide Agamennone
non è cancellata da una
purificazione. Dopo molto peregrinare, infatti,
Oreste riparò ad Atene
dove presentandosi davanti all’Areopago, il tribunale della città a cui gli
dei avevano dato il potere
di decidere il suo destino,
venne purificato. Questa
versione del mito è narrata dal tragediografo Eschilo in quel capolavoro di
letteratura antica che è la
trilogia dell’Orestea.
Secondo Euripide, invece,
l’oracolo di Apollo rivelò
ad Oreste che avrebbe ottenuto la guarigione dalla
pazzia solo recandosi nel
Chersoneso Taurico (la
Crimea) e portare via la
statua di Artemide che lì
si trovava. Giunti in Tauride, Oreste e Pilade furono fatti prigionieri e destinati ad essere sacrificati
ad Artemide. La sacerdotessa che doveva eseguire
il rito, però, era proprio
sua sorella Ifigenia che,
secondo una nota versione del mito, era stata salvata dal sacrificio intentato da Agamennone prima
della guerra di Troia e
condotta da Artemide in
Tauride. I due fratelli si riconobbero e, preso il simulacro, tornarono in
Grecia.
Oreste, così, poté tornare
in patria, prendere il regno che era stato di suo
padre e sposare la cugina
Ermione, figlia di Elena e
Menelao, uccidendone
prima il marito Neottolemo, il giovane guerriero
figlio di Achille. Da Er-
La c. d. “maschera di Agamennone”
Nelle Coefore di Eschilo,
dopo l’assassinio di Agamennone, Elettra continuò ad abitare nel palazzo
con Clitemnestra e Egisto
e con la sorella Crisotemi.
Come
nell’opera
di
Strauss, era trattata come
una schiava, privata di
ogni diritto e relegata in
un angolo «come una cagna
molesta». Covando odio e
rancore verso gli assassini
del padre, viveva nell’attesa della vendetta. L’Elettra di Euripide, invece,
dopo la morte di Agamennone, fu chiesta in
sposa da molti principi
greci. Ma Egisto, temendo
che da un suo matrimonio
con un nobile poteva essere generato il vendicatore
di Agamennone, la dette
in sposa ad un contadino,
con cui Elettra condusse
Il
Elektra
Giornale dei Grandi Eventi
9
Il mito nelle immagini dalla Grecia a Roma
u Micene Il gruppo di Oreste ed Elettra
a Palazzo Altemps
I
mmaginando l’Elettra
disperata e piangente
della tragedia sofoclea
o vedendola danzare nell’opera di Strauss come una
Menade invasata, tutto si
può ipotizzare fuorché una
figura composta, statica,
con i capelli cortissimi e
uno sguardo materno.
Eppure, per gli antichi Romani Elettra era così. Almeno se si vuol dare credito alla lettura che Johann
Joachim Winckelmann, il
celebre storico dell’arte tedesco del Settecento, propose per un gruppo statuario colossale oggi conservato al Museo Nazionale Romano in Palazzo Altemps, che rappresenta
due figure in atto di dialogare fra loro.
Il gruppo è composto da
una figura femminile adulta, alta quasi due metri, vestita di chitone e himation,
alla maniera greca, che cinge con il braccio destro un
giovane,
rivolgendogli
uno sguardo amorevole. Il
giovane, di statura notevolmente più piccola, ricambia l’abbraccio e solleva il volto verso di lei.
Un intimo legame traspare
dalla posizione e dagli
sguardi dei due personaggi. Un affetto commovente, lontano dal pathos
espresso dalla tragedia e
che evoca piuttosto le lapidi funerarie greche, in particolare le stele che venivano prodotte ad Atene nel
IV sec.a.C., sulle quali la
scena del commiato del
defunto dai familiari costituiva uno dei motivi più
rappresentati. Ed un monumento funerario greco
richiamano anche il tipo di
marmo utilizzato, la stele
dietro il fanciullo e la chioma della donna, con i capelli tagliati corti in segno
di lutto, che in passato indusse a interpretare le figure come due fratelli “sese
complectentes”.
Greca è anche l’importante
iscrizione incisa sulla stele
dietro ad Oreste, con il nome dell’artista che eseguì
l’opera: “Menelaos, allievo
di Stephanos, fece”. Un’iscrizione preziosa, che testimonia l’esistenza di una
scuola di scultori: un allievo e un maestro, che si firmano con nomi greci, ma
che lavoravano a Roma
all’inizio del I sec. d.C.,
giacché sappiamo dalle
fonti che il maestro
Stephanos era a sua volta
discepolo del celebre Pasiteles, un artista, forse campano, che a Roma fece
scuola all’epoca di Cesare
e Pompeo.
l’importanza
della firma
E proprio la presenza della
firma permette di inquadrare il gruppo di Palazzo
Altemps in quella corrente
dell’arte promossa fin dal
II sec.a.C. da artisti greci, o
che si facevano passare come tali, i quali lavoravano
per le classi abbienti dell’Urbs, presentandosi come coloro che sapevano
scolpire secondo i canoni
ateniesi del V secolo.
L’ambiente romano che
guarda alla Grecia antica è
evidente anche nello stile
dell’opera, freddo, accademico e soprattutto eclettico, che non si rifà ad un
originale preciso, ma è un
pastiche che racchiude in sé
elementi formali che vanno dall’arte classica del V
sec.a.C. a riecheggiamenti
delle opere di IV sec.a.C. di
Prassitele e Lisippo.
La scultura apparteneva
alla Collezione Boncompagni Ludovisi ed è conosciuta da almeno quattro
secoli. Nel tempo è stata
molto ripulita e restaurata,
è stata vista e disegnata da
viaggiatori e studiosi e un
calco in gesso fu realizzato
anche all’epoca di Luigi
XIV per farne una copia in
pietra destinata al parco di
Versailles.
In tutti questi secoli, la lettura del gruppo ha dato
luogo a diverse interpretazioni: negli inventari seicenteschi è menzionato come Gruppo dell’Amicizia,
nel Settecento, invece, la figura maschile è identificata come Lucio Papirio “che
vien accarezzato dalla madre
acciò che riveli il segreto delle
determinazioni prese dal Senato romano, e che con sagace
menzogna diè saggio di somma prudenza nell’età puerile”, secondo un passo di
Macrobio.
L’esegesi del Winckelmann - oggi convenzionalmente accettata - di vedere
nelle due figure Oreste ed
Elettra sulla tomba di Agamennone trova, invece, un
preciso riferimento in un
brano dell’Elettra di Sofocle, in cui i due fratelli si ritrovano in lacrime sulla
tomba di Agamennone.
Se
l’interpretazione
winckelmanniana
del
gruppo di Palazzo Altemps è esatta, - e dunque nelle due figure si possono
ravvisare Oreste ed Elettra
-, si potrebbe immaginare
un Romano, che aveva l’aspirazione intellettuale e le
possibilità economiche per
commissionare ad un artista capace di scolpire alla
maniera greca un monumento funerario, con un
soggetto facilmente riconoscibile per la fama del
mito rappresentato. Si ricorda che la storia di Elettra era ben nota ai Romani,
anche perché fu ripresa
nelle tragedie latine perdute di Attilio e Quinto Cicerone e nell’Agamennone di
Seneca. E che esistono anche altre sculture rappresentanti lo stesso soggetto, come una replica della
figura di Elettra proveniente dalla necropoli di
Porto e un gruppo con entrambi i personaggi conservato al Museo Nazionale di Napoli.
Elena Cagiano
de azevedo
Arch. Fot. Sopr. Archeologica di Roma
una vita umile e dignitosa,
rimanendo illibata.
La danza e l’ebbrezza incontenibile che conducono
Elektra alla morte per follia alla fine dell’opera di
Strauss non sono presenti
nel mito antico. Furono
un’invenzione di Hofmannsthal, che è convenuta a Strauss, il quale attribuiva grande importanza
alla danza come forma
espressiva privilegiata, nel
senso conferito da Nietzsche nella sua Nascita della
tragedia dallo spirito della
musica (Die Geburt der
Tragödie aus dem Geist der
Musik). La tragedia greca,
invece, ha un finale più lieto e nell’Elettra di Euripide, dopo l’assassinio della
madre, Oreste diede la sorella, condannata all’esilio
come complice del delitto,
in sposa al caro cugino Pilade. Da questa unione,
nacquero due figli, Medonte e Strofio.
E.C.a.
Il Gruppo di Oreste ed Elettra. Roma, Museo Nazionale Romano in Palazzo Altemps. Su concessione del M.B.A.C.
Elektra
10
Il
Giornale dei Grandi Eventi
L’evoluzione di un mito
Gli Atridi nella letteratura,
da Omero ad Euripide
L
a tragica vicenda degli Atridi è un mito
che si è andato plasmando attraverso i secoli
con le versioni poetiche e
drammatiche di vari autori.
Nell’VIII-VII sec. a.C nasce
la leggenda di Agamennone, re di Micene che, tornato vincitore dalla lunga
guerra troiana, viene assassinato dalla moglie Clitemnestra con la complicità del
suo amante Egisto: il tragico evento viene narrato nell’Odissea di Omero, in netta antitesi alla storia di Penelope, moglie di Ulisse,
sposa fedele e virtuosa. In
Omero non esiste tuttavia
ancora nessun riferimento
alle figlie di Agamennone,
per consentire la partenza
dell’armata greca verso
Troia. Clitemnestra acquisisce così un motivo di ostilità in più, per desiderare la
morte del marito. Anche il
grande lirico Pindaro, nel V
sec. a.C., nella Pitica XI
esprime dubbi sul possibile
movente della regina. Scrive: «La eccitò forse Ifigenia,
immolata presso l’Eurìpo, lontana dalla patria, sì da suscitarne l’ira dalla mano pesante? O vinta da un altro amore
la sedussero notturni amplessi?».
Il mito degli Atridi prende
forma completa solo nel
grande teatro tragico ateniese. Nell’Orestea di Eschilo, nell’Elettra di Sofocle e in
Ifigenia e Elettra, poiché tali
personaggi non rivestivano
un ruolo significativo nel
progetto educativo e sociale
del racconto omerico. A tal
scopo l’attenzione si concentra sul modello muliebre negativo di Clitemnestra e sulla giusta punizione di Egisto. Il matricidio
viene ignorato.
Il mito venne ripreso un secolo dopo da Stesicoro,
poeta della Magna Grecia,
che nel suo poemetto Orestea menziona per la prima
volta Ifigenia, sacrificata
dal padre ad Artemide,
(che poi l’accolse in cielo)
quella di Euripide: nelle ultime due tragedie la figura
di Elettra assume contorno
definito e potenza drammatica.
L’Orestea di Eschilo fu rappresentata ad Atene nel 458
a. C. e fu seguita quarant’anni dopo dalle due
tragedie di Sofocle e di Euripide.
La tragedia eschilea nasce
in un momento storico in
cui il mito omerico comincia a porre delle problematiche di tipo giuridico-morale alla coscienza degli ateniesi: nell’Atene democratica del tempo, le istituzioni
politiche miravano all’educazione e alla persuasione
del cittadino anche e soprattutto attraverso il teatro, che era il più efficace
mezzo di comunicazione e
aveva per questo motivo
una valenza sia politica che
religiosa.
Da quando Omero aveva
concluso la vicenda con la
“giusta” uccisione di Egisto, amante e usurpatore, il
mito si era arricchito di
aspetti scabrosi e moralmente inquietanti, come il
matricidio e l’odio feroce
della figlia verso la madre.
Per chiarire tali schiaccianti
interrogativi etici nasce la
trilogia di Eschilo, l’Orestea,
articolata in tre tragedie:
Agamennone, Coefore, Eumenidi. Nella prima protagonista è Agamennone, con l’atroce scelta a favore del sacrificio della figlia per la
guerra che viene deplorata
dal Coro come scelta di
morte e distruzione. Si conclude con l’assassinio del
Re. Nella seconda, la vicenda di Elettra: essa rappresenta il dolore e allo stesso
tempo l’innocenza privata
dei suoi diritti che attende il
suo restauratore. Nella terza tragedia, Eumenidi, si
svolge il processo al matricida Oreste, che sarà assolto
dal magnanimo tribunale
dell’Areopago. La celebrazione dell’organo giudiziario ateniese appena depurato dai democratici dalla sua
faziosità oligarchica, è evidente. La trilogia di
Eschilo abbraccia un
lasso di tempo molto
ampio, da Agamennone al processo ad
Oreste, e si pronuncia
su importanti temi
etico-politici: il male
nasce
dall’errore
dell’uomo e gli dei
conducono gli uomini sulla strada della
saggezza attraverso
la sofferenza.
Gli esiti delle tragedie
di Sofocle ed Euripi-
de conducono verso una diversa prospettiva. Il gigantesco personaggio di Elettra, in Sofocle, diventa memoria vivente dell’oltraggio subito: lei vive per non
dimenticare e attende vendetta. È consapevole del
suo odio colpevole, tuttavia
sembra purificarsi nel materno amore per il fratello.
Elettra, privata della possibilità di sposarsi e di avere
una prole, riversa tutto il
suo amore sul fratello e allorché le giunge la falsa notizia della morte di lui, si
scioglie in un pianto che è il
momento più struggente
della tragedia. Oreste si fa
riconoscere ed Elettra guida la sua mano vendicatrice
per due volte, nell’abbattimento della coppia omicida. Il finale sofocleo è liberatorio, Elettra è purificata
dal suo odio e reintegrata
nei suoi diritti attraverso
una giusta vendetta.
Nel dramma di Euripide
l’interpretazione del mito è
rivoluzionaria: per la prima
volta viene condannato
senza appello il matricidio
compiuto dai due fratelli.
L’omicidio appare biecamente premeditato: Elettra
viene descritta freddamente determinata a riacquisire
quei benefici che le erano
stati preclusi dopo la morte
del padre: il rango, gli agi e
la possibilità di un principesco matrimonio.
Persino il comando di
Apollo, che imponeva ad
Oreste di vendicarsi, appare stupido e portatore di
sventura.
Con Euripide i personaggi
del mito degli Atridi vengono completamente rivisitati: la giusta sete di giustizia diventa un barbaro, ingiustificabile matricidio, compiuto
per le miserie e le
debolezze di uomini e dei.
La sorte dei due
fratelli è angosciosa: saranno condannati, dopo il
massacro, ad un
disperato esilio e i
loro destini si separeranno
per
sempre.
an. Ci.
Il
Elektra
Giornale dei Grandi Eventi
11
Strauss e la morbosa opera “Elektra”
Fra romanticismo ed espressionismo
N
el 1893 il norvegese
Edward
Munch dipinse
“L’urlo”, efficace rappresentazione di come un’e-
Nello stesso anno Kokoschka diede vita al cabaret
artistico “Il pipistrello” circondandosi di nomi importanti: citiamo l’archi-
Richard Strauss nel 1903
mozione possa trasformare ogni contorno di un volto, stravolgendone la fisionomia.
L’opera di Munch registrava genialmente un
mutamento in atto nell’arte e nella società.
Il romanticismo stava
chiudendo il proprio ciclo,
altre correnti incalzavano,
maggiormente rispondenti alle nuove esigenze culturali, sociali e storiche.
Nel 1907 a Parigi Picasso
inaugurò l’avanguardia
pittorica con “Les demoiselles d’Avignon”; a Vienna il
pittore-letterato-drammaturgo Kokoschka scrisse il
dramma “Assassino, speranza delle donne” (che
Hindemith avrebbe musicato nel 1919) e lo scultore
Barlach terminò il dramma “Il giorno morto”. Il
compiacimento per il macabro, per la crudeltà ben
presente in questi drammi
ispirava agli autori uno
stile duro, urtante, fatto
d’interiezioni e di grida.
tetto Adolf Loos e il letterato Altenberg. Contemporaneamente a Monaco
nel 1907 fece scalpore una
mostra di Van Gogh. E
proprio a Monaco Vasilj
Vasiljevic Kandinsky nel
1909 approdò al cosiddetto “informale”.
Ciò che disorientò il pubblico nella nascente arte
espressionista, ha scritto
Ernst Gombrich «non fu
forse tanto la deformazione
della natura quanto la violenza fatta alla bellezza. Era
dato per scontato che il caricaturista potesse mostrare la
bruttezza dell’uomo: era il
suo compito. Non si permetteva invece ad un artista che
si considerava serio di imbruttire in luogo di idealizzare...».
musica e del teatro assolutamente innovativa e corrosiva, tendente a bruciare
gli ultimi aneliti romantici,
preparando la strada al
Novecento. I protagonisti
assoluti di questo delicato
momento storico-culturale
furono in Germania Gustav Mahler e Richard
Strauss. Entrambi rivoluzionari, ognuno però con
una propria, differente
personalità. Mahler agì
nell’ambito delle forme
classiche, la sinfonia e il
Lied: ma le “rovesciò” dall’interno, le trasformò, le
rivitalizzò con un linguaggio di impressionante modernità. Strauss, legato invece al mondo wagneriano, puntò sul poema
sinfonico e sul teatro.
Fra il 1886 e il 1898 Strauss
si dedicò, dunque, ai poemi sinfonici (si citano Vita
d’eroe, Don Juan, Tod und
Verklarung, I tiri burloni di
Till Eulenspiegel, Also sprach Zarathustra, Don Chisciotte). Poi virò verso il
teatro e le sue prime opere
furono due atti unici scandalosi che spalancarono le
porte al nuovo: Salomè,
ispirata a Oscar Wilde
(1905) ed Elektra (1909) di
Hofmannsthal. Originale
Mahler e Strauss
protagonisti in Germania
All’arte pittorica non più
intesa come idealizzazione ma come specchio impietoso della realtà, faceva
riscontro una visione della
Gustav Mahler
appariva, intanto, la scelta dell’atto
unico nel panorama tedesco - dominato dai
l u n g h i
drammi wagneriani
che si riconduceva all’esperienza
italiana del
Verismo. In
Salomè prevale l’erotismo, la sensualità (la celebre “Danza
dei sette veli”), mentre Richard Strauss
in Elektra a dominare è la morbosità. Entrambe stravolgono il mito
della classicità, i valori del
mondo antico. Se nel Romanticismo l’antica Grecia
era stata celebrata come la
culla delle arti, della libertà dell’uomo, la Grecia
che Hofmannsthal e
Strauss rappresentarono
in Elektra ne denunciava
impietosamente le bassezze e le immoralità.
Opere di ascendenza wagneriana, per l’uso del leitmotiv, dell’orchestra allar-
gata, del canto potente,
violento, Salomè ed Elektra
sembrano,
comunque,
guardare al teatro espressionista per l’accentuazione di caratteri come il senso del macabro, le passioni
sfrenate, l’aggressività del
linguaggio e delle vicende. Entrambe le opere si
posero, dunque, sin dall’inizio in una posizione cruciale nel teatro non solo tedesco.
Va notato che “Elektra”
nacque contemporaneamente a Erwartung di
Schoenberg, considerata
l’avvio del teatro espressionista tedesco. Nell’esperienza dei due grandi
compositori, insomma,
tardoromanticismo
ed
espressionismo si saldavano, trovando nell’idea dell’orrido, dello spaventevole, del brutto evocato da
Gombrich un punto di incontro, specchio di una società in disfacimento di cui
era significativa traduzione musicale la ormai irreversibile crisi tonale: nei
lancinanti, sensuali cromatismi straussiani così
come nelle urtanti armonie per quarte di Schoenberg si percepiva l’ormai
definitivo tramonto di
un’epoca.
roberto Iovino
12
Elektra
Il
Giornale dei Grandi Eventi
Analisi stilistica
Elektra, il tramonto del mito greco
I
l 30 aprile 1945 le truppe americane occuparono la città di Garmisch in Baviera. L’ufficiale comandante scelse come Quartier Generale una bellissima ed elegante
casa in mezzo al verde, Villa
Strauss. Quando si presentò ai cancelli con le truppe un ragazzino di
18 anni, si aggrappò al nonno e urlò
al militare americano: «Lei non sa
che il mio nonno è l’autore del Rosenkavalier e di Salome!».
L’ufficiale non lo sapeva ma era un
ammiratore di Strauss, si inchinò
davanti all’anziano compositore e
lasciò immediatamente la casa.
L’aneddoto, raccontato da Quirino
Principe, profondo biografo di Richard Strauss, la dice lunga sulla
fama conquistata già in vita dall’illustre musicista tedesco. E sottolinea i due titoli che maggiormente
contribuirono al suo successo (e alle sue ricchezze): la scandalosa Salome che agli inizi del Novecento
costituì un evento davvero rivoluzionario nel teatro del tempo; e il
raffinato Der Rosenkavalier con cui
Strauss virò verso un più addolcito
neoclassicismo.
Le due partiture costituiscono il prima e il dopo di un’altra fondamentale opera straussiana, anch’essa
destinata a incidere fortemente sul
teatro europeo di primo Novecento, Elektra, nata nel 1909 dalla collaborazione con il poeta Hofmannsthal che sarebbe stato poi il librettista più amato da Strauss.
Salome & Elektra,
o il declino della classicità
Se nella Salomè ispirata a Wilde prevale l’erotismo, la sensualità (la celebre “Danza dei sette veli”), in
Elektra domina la morbosità. Entrambe stravolgono il mito della
classicità, i valori del mondo antico.
Nel Romanticismo l’antica Grecia
era stata celebrata come la culla delle arti, della libertà dell’uomo; la
Grecia che Hofmannsthal e Strauss
rappresentarono in Elektra, invece,
ne denunciava impietosamente le
bassezze e le immoralità.
Opere di ascendenza wagneriana,
nell’uso del leitmotiv, dell’orchestra allargata, del canto potente,
violento, Salome e Elektra sembrano,
dunque, guardare al teatro espressionista per il macabro, per le passioni sfrenate.
Va notato che Elektra nacque contemporaneamente a Erwartung di
Schoenberg, avvio del teatro
espressionista tedesco. Nell’esperienza dei due grandi compositori,
insomma, tardoromanticismo ed
espressionismo si saldavano nell’idea dell’orrido, dello spaventevole,
del brutto.
Elektra
La vicenda, già presente nell’Odissea, ebbe la sua prima traduzione in
tragedia con Eschilo e successivamente con Sofocle e Euripide.
L’opera di Hofmannstahl, anche se
derivata dal dramma sofocleo di
cui mantiene sostanzialmente l’unità scenica, sembra avvicinarsi a
Euripide per la crudezza della narrazione e la delineazione dei personaggi. Non più le umane esitazioni
o l’imminente presenza del fato e
degli dei in questa moderna “tragedia dell’isteria”, i personaggi di
Hofmannstahl sono quasi inumani
per la determinazione delle azioni e
dei sentimenti che scorrono nelle
loro vene.
Nella tragedia del letterato viennese ad emergere sono le figure femminili Oreste uccide la madre e il
suo amante senza esitare, istigato
da Elettra, mentre Egisto è una figura davvero sbiadita e inconsistente.
Gli uomini sono asserviti alla volontà femminile.
Sanguinaria è Clitennestra, empia
moglie e madre scellerata al punto
di cercare la morte dei figli: la sua
immagine corrotta è resa ancor più
ripugnante dal contrasto con le rilucenti gemme di cui si adorna.
A lei si contrappone Elettra, consumata dall’odio e dalla vendetta,
stravolta e priva di quella dignità
che si ritrova nelle tragedie classiche.
E’ talmente assetata dall’odio da
scivolare nella follia.
Alla pazzia di Elettra si contrappone la delicatezza e la paura di Crisotemide, che vorrebbe amore per
combattere l’odio. Fu Hofmannstahl ad aggiungere un elemento
morboso: la pulsazione incestuosa e
coartante nei confronti della sorella
Crisotemide che a sua volta nasconde probabilmente un tabù più terribile, il desiderio incestuoso e sacrilego nei confronti del padre Agamennone.
Strauss concluse Elektra nella sua
villa di Garmisch l’11 settembre
1908. La prima esecuzione fu a Dresda il 25 gennaio 1909 con un «discreto successo di stima» (parole dello
stesso Strauss) non paragonabile né
al trionfo precedente di Salome né a
quello successivo del Cavaliere della
Rosa. All’inizio Strauss era perplesso per la somiglianza con Salome ma
Hofmannstahl lo convinse invece
sulle differenze. I rischi di somiglianza fra Salome ed Elektra, in effetti c’erano tutti: nelle atmosfere
aggressive, nella dissoluzione morale dell’ambiente in cui si svolge
l’azione, nella depravazione di alcuni personaggi.
Tuttavia Strauss è riuscito a differenziare nettamente le due partiture, in virtù di una creazione musicale totalmente diversa.
A partire dai temi musicali che in
Elektra non hanno la viscida mobilità dei temi di Salome, sono secchi,
vigorosi, elettrici. Lo svolgimento
musicale è sempre incalzato da
un’oscura tensione verso qualcosa
d’altro, appunto come i sentimenti
dei personaggi: in particolare l’odio
di Elektra e il terrore di Clitennestra
che sono le due figure sovrastanti.
Alcuni episodi sono di una emozionante costruzione musicale. Violenta e dura la contrapposizione fra
Elektra-Clitennestra uno dei momenti più irti e aspri dell’intera partitura. Di segno totalmente diverso,
invece, è l’incontro fra Elektra e
Oreste giocato su pause, silenzi, riflessioni a mezze parole che rispecchiano i sentimenti dei due personaggi, il loro ripensare al passato e
meditare su un presente di atrocità.
C’è in Strauss una geniale intuizione musicale nel rendere i caratteri
dei due personaggi e la loro intesa
attraverso un accompagnamento
orchestrale di rara efficacia espressiva. Da segnalare infine l’epilogo
con la follia di Elektra e lo smarrimento, attonito di Crisotemide.
Elektra può essere visto come un
geniale presentimento dell’espressionismo negli elementi formali
(esasperazione del suono, differenziazione dei timbri, tensione della
voce umana ai confini del grido) o
in quelli psicologici (ossessione,
esaltazione dell’odio, angoscia). Per
alcuni studiosi si tratta di analogie
apparenti. In realtà se è vero che
Strauss non aderisce ai temi di fondo dell’espressionismo (la dissoluzione del linguaggio), è anche vero
che percepisce abilmente le atmosfere che circolano intorno e dentro
la cultura tedesca, ivi comprese
quelle espressioniste.
roberto Iovino
Sull’opera Elektra
Una testimonianza di Strauss
Sulla sua opera, scrisse lo stesso Strauss: «Dapprincipio mi spaventava
l’idea che i due soggetti [Salome e Elektra] fossero molto simili nel loro contenuto psichico; tanto che dubitavo di trovare una seconda volta la forza di
portare anche questo soggetto a un crescendo drammatico e di rappresentarlo
esaurientemente. Tuttavia il desiderio di contrapporre questa grecità demoniaca, estatica del VI secolo alle copie romane di Winkelmann e all’umanesimo di Goethe ebbe il sopravvento sui dubbi; e così Elektra superò addirittura
Salome per la compattezza della costruzione e la tensione drammatica in violento crescendo: vorrei quasi dire che Elektra sta a Salome come il più compiuto e stilisticamente unitario Lohengrin a Tannhauser, geniale opera prima. Le due opere vivono isolate nella mia produzione: vi ho toccato i limiti
estremi dell’armonia, della polifonia psicologica (sogno di Clitennestra) e della capacità di ricezione dell’orecchio odierno. […] A una delle prime prove
d’orchestra, Schuch che era molto sensibile alle correnti d’aria, notò nella terza galleria del teatro vuoto una porta lasciata aperta da una donna delle pulizie. Irritato si voltò a domandare: “Ma che cerca lassù?” Io risposi dalla platea. “Una triade”. Alla prima, esecuzione impeccabile […]. Solo la Clitennestra della Schumann-Heink (famosa cantante wagneriana) scritturata come
artista ospite, risultò una mossa falsa. Per le dive di vecchio stampo con me
c’è poco da fare: già allora cominciavo a intuire quanto il mio stile di canto
fosse costituzionalmente diverso perfino da quello di Wagner. Il mio stile di
canto ha lo stesso tempo del dramma recitato ed entra spesso in conflitto con
le figurazione e la polifonia dell’orchestra; tanto che solo un direttore di valore
che si intenda almeno un poco di canto può stabilire il giusto equilibrio dinamico e ritmico tra orchestra e palcoscenico. La contesa tra parole e musica è
stata sin dall’inizio il problema della mia vita. La mia ultima opera Capriccio
la conclude con un punto interrogativo».
Il
Elektra
Giornale dei Grandi Eventi
13
La curiosa vicenda che ha diviso gli studiosi
Plagio o telepatia in Elektra
A
ll’indomani della
prima rappresentazione dell’Elektra di Richard Strauss, l’illustre musicologo Giovanni Tebaldini pubblicò sulla
Rivista Musicale Italiana un
Giovanni Tebaldini
articolo intitolato “Telepatia musicale”, in cui mette-
va a confronto la partitura
straussiana con la Cassandra un opera di un giovane
musicista italiano Vittorio
Gnecchi, andata in scena
per la prima volta al teatro
Comunale di Bologna il 5
dicembre 1905
su libretto di
Luigi Illica e
con la direzione di Arturo
Toscanini. Nell’articolo
il
musicologo
bresciano, stimato per serietà e serenità
di
giudizio,
evidenziò con
una innumerevole quantità
di esempi le indiscutibili affinità tematiche
presenti nelle
due opere. Il
Tebaldini attribuì, con molta
saggezza, le innegabili somiglianze ad una sorta di
istintiva concordanza psi-
cologica, che egli definì
proprio con il termine
scientifico telepatia. Non
quindi plagio, ma rassomiglianza dovuta ad una
visione del mondo eroico
mediata dalla medesima
sensibilità di due artisti
non immuni dalle suggestioni del proprio tempo.
Il musicologo arrivò a concludere che: «Poiché Cassandra anche nella tragedia
greca di Eschilo e di Sofocle si
presenta come antefatto di
Elettra, si è quasi portati a
dire che i temi principali apparsi come in formazione nell’una, hanno trovato il loro
grandioso sviluppo nella seconda (Elektra, n.d.r.) per la
mano potente di un grande
maestro drammatico-musicale della tavolozza sinfonicostrumentale». L’articolo suscitò un vero e proprio vespaio di polemiche da parte di coloro che da tempo
tacciavano la produzione
di Strauss di povertà di invenzione sia tematica che
drammatica. Alcuni accusarono il compositore te-
desco di plagio, altri
sostennero invece che
fosse stato Gnecchi ad
attingere a precedenti
lavori del maestro, altri ancora negarono
addirittura le somiglianze. Il Tebaldini
cercò di acquietare le
polemiche ribadendo
che mai aveva voluto
accusare Strauss di
plagio.
Purtroppo
però la discussione
era stata sollevata e gli
studiosi continuarono
a scontrarsi sull’argo- Vittorio Gnecchi
mento per anni. Tra gli
musicale dell’Elettra, riinterventi più significativi spolverando una querelle
e senza dubbio più sereni, che dura ormai da quasi
va menzionato il saggio un secolo. Nonostante ciò,
del musicologo Mario Ri- le polemiche non sono riunaldi, Elektra del 1943 e in scite nel tempo ad offuscatempi più recenti l’articolo re la lucentezza e il fascino
di Quirino Principe - auto- dello spartito di Elektra
re tra l’altro di una accura- che al pari del suo autore tissima biografia sul com- come disse D’Annunzio
positore tedesco - pubbli- parlando di Strauss ducato nel 1990 nella Rivista rante un brindisi in onore
Illustrata del Museo Teatrale del compositore - «…ha saalla Scala. L’autorevole puto esser sordo alla contustudioso ha riaffermato la melia e alla lode».
Cla. Cap.
genuinità dell’invenzione
La collaborazione tra Strauss ed Hofmannsthal
Non fu vera amicizia, ma grande armonia
R
ichard Strauss e Hugo
von Hofmannstahl si
era già conosciuti una
prima volta a Parigi nel 1898
mentre il compositore dirigeva i suoi concerti e Hofmannstahl compiva uno dei suoi
viaggi nei quali era solito avvicinare i grandi artisti della
sua epoca. Il giovane poeta
austriaco (Vienna 1874 - Rodaun, Vienna 1929) gli volle
proporre un balletto pantomima, Der Triuph der Zeit, Il
trionfo del tempo da mettere in
musica. Strauss, dopo essersi
preso alcuni giorni per pensare, rifiutò recisamente.
Fu nel 1899 a Berlino, che in casa del poeta Richard Dehmek,
Richard Strauss, reduce dal
trionfo di Salomé, rincontrò
Hugo von Hofmannstahl e gli
chiese di cedergli per musicar-
lo il testo drammatico della sua
Elektra che aveva avuto modo
di vedere in teatro e del quale
si era subito convinto.
Iniziò così il fruttuoso rapporto fra i due, che non fu mai vera amicizia, ma esempio di
estrema collaborazione fra due
artisti.
Scrive Franco Serpa: «Il disegno
letterario di Hoffmanstahl era il
dramma poetico e simbolico, l’iniziatica rivelazione del senso della
poesia e dell’esistenza: come sempre è accaduto nei dubbi estetici
della civiltà occidentale, anche il
genio di Hofmannstahl cercò la
salvezza nei Greci. Uscì dal tempo, dunque; scrutò nel buio dei segreti della mente e dell’anima e
creò così le sue grandi opere di
quegli anni: Elektra e Oedipus
und die Sphinx».
Della tragedia di Sofocle, Hof-
mannstahl mantiene a
grandi linee la trama
essenziale, pur omettendo il Coro. Ma i
personaggi sono trattati in un modo nuovissimo,
sull’onda
delle nuove conoscenze in campo psicoanalitico.
Anche l’influenza di
Nietzche si fa sentire
nello scavo del subconscio: le pulsioni
più profonde dell’animo umano vengono
scandagliate a fondo e
si può dire che certe
intuizioni di Hoff- Hugo von Hofmannstahl
manstahl per quanto ribretti del Cavaliere della Rosa,
guarda il campo dei rapporti
Arianna a Nasso, La donna senza
fra parenti, possano dirsi preombra, Elena egizia e Arabella.
freudiane. Per Strauss Hofa. Ci.
mannstahl scrisse ancora i li-
Elektra
14
Il
Giornale dei Grandi Eventi
Il compositore
Richard Strauss
D
iscendente di una famiglia in cui la tradizione musicale si tramandava da generazioni, Richard Strauss nacque a Monaco l’11 giugno 1864 con una
straordinaria sensibilità artistica. Gli agi economici, che
grazie ad una fabbrica di birra
il ramo materno assicurò alla
famiglia, gli offrirono la possibilità di studiare e di affinare
questo talento. A quattro anni
Richard suonava il pianoforte
e a sei il violino e fin da subito
manifestò la volontà di dedicarsi alla composizione. Ancora studente nelle scuole secondarie, diede alle stampe una
sinfonia in re minore, la Festmarch op. 1, compose diversi
lieder, concerti e composizioni
da camera. La prima produzione straussiana ligia agli accademismi romantici e priva
di intemperanze, ed in particolare la Serenade op. 7, scritta
a soli diciassette anni, attirarono le simpatie e la stima di
Hans Von Bulow che nel 1885
gli affidò la guida dell’orchestra di Meiningen. In un periodo particolarmente fecondo e
stimolante per l’ambiente musicale diviso tra la seducente
scuola “neotedesca” di Listz e
Wagner e la più radicata tradizione romantica che faceva capo a Brahms, Strauss inizialmente aderì alla seconda, fedele all’indirizzo antiwagneriano che il padre aveva tentato con ostinazione di trasmettergli, ma finì col cedere alla
tendenza tutta wagneriana
della musica a programma.
Questa virata stilistica è attribuita all’amicizia che Strauss
strinse a Meiningen con
Alexander Ritter, apostolo listziano dell’anarchico potere
evocatore della musica, sciolta
dai limiti e dai vizi formali.
Richard Strauss nel 1870 al tempo
della sua prima composizione
Nel 1896, abbandonata la carica offertagli da von Bulow,
Strauss compì il suo primo
viaggio in Italia e compose
Aus Italien, con cui si gettò alle
spalle il romanticismo accademico e si misurò con il poema
sinfonico che caratterizzò la
sua produzione fino al 1903. I
furenti ritmi dispari e gli scalmanati cromatismi lo fecero
apparire un rivoluzionario
della scena musicale, ma si rivelarono un amore passeggero che andò scemando con la
scoperta del teatro e l’incontro
con il librettista Hofmannsthal. All’attività compositiva
Strauss accostò sempre la direzione d’orchestra. Dal 1889
al 1894 fu direttore del teatro
di Corte di Weimar, dal 1894
al 1898 fu scritturato dalla
Hofoper di Monaco e nel 1898
fu primo direttore d’orchestra
a Berlino, carica che lasciò solo
nel 1918 per un impegno con
l’Opera di Vienna, dove rimase fino al 1924 quando si ritirò
per dedicarsi esclusivamente
alla composizione.
Un prima ed incosciente incursione nel teatro era avvenuta con Guntram nel 1894, a
cui la neosposa Pauline de
Anha partecipò come cantante
e che si risolse in un insuccesso. Strauss aveva allora fatto
regolarmente ritorno alla sua
musica a programma. Solo
qualche anno più tardi comprese che le possibilità espressive del poema sinfonico erano giunte al limite e intuì che il
tempo del dispotismo del
dramma wagneriano aveva
esaurito il suo corso e la sua
potenza. Tornò quindi a rivolgere il proprio sguardo creativo al teatro musicale. La prima opera teatrale davvero
matura fu Salomè (1905), seguita dall’Elektra (1909) opera
suggestiva che si colloca al
confine tra la produzione postwagneriana e quella espressionista per i marcati tratti
barbarici e che segna l’inizio
della feconda collaborazione
con Hofmannsthal. Quest’incontro produsse un’ulteriore
svolta nello stile straussiano
verso una semplicità ed una
raffinatezza dei mezzi espressivi che trovò la sua migliore
concretizzazione nel Rosenkavalier (1911) e che spinse
Strauss a saggiare con alterne
Richard Strauss al lavoro
fortune i più diversi generi di
teatro musicale dal neoclassico Ariadne auf Naxos (1912; seconda versione 1916) al mitologico Die aegyptische Helena
(1928; nuova versione 1933),
alla commedia di intrigo Arabella (1933) fino al più senile
ma riassuntivo Capriccio
(1941), una sorta di commedia
conversata in cui la musica si
fa discreta reagendo in direzione diametralmente opposta all’eredità dei trionfi wagneriani. Il periodo più duro
della vita del musicista coincise certamente con l’instaurazione del regime nazista che
nel 1933 che gli offrì la presidenza della Musikkammer
del Reich, carica che egli accettò pur non simpatizzando
per la causa. Alla morte di
Hofmannsthal avvenuta nel
1929, Strauss aveva però stretto collaborazione con Stefan
Zwig, librettista viennese di
origine ebrea, fatto che lo indusse per ragioni di opportunità alle dimissioni nel 1935.
Al termine del conflitto mondiale Strauss fu esiliato in
Svizzera con l’accusa di collaborazionismo con il regime,
ma l’ingiusta disposizione fu
poi revocata nel 1947 e permise al musicista di fare ritorno
nella sua dimora a Garmisch
dove si spense due anni più
tardi, l’8 settembre 1949. Solo
tre mesi prima, in occasione
dei festeggiamenti per il suo
ottantacinquesimo compleanno, durante le prove generali
del Rosenkavalier salì per
un’ultima volta sul podio per
dirigere il terzetto finale dell’opera che fra tutte rimaneva
la sua preferita e che per
espressa volontà dell’autore
accompagnò i suoi funerali.
ludovica Sanfelice
Il librettista
Hugo Von Hofmannsthal
I
l nome di Hugo Von Hofmannsthal è legato in maniera quasi esclusiva alla
collaborazione con Richard
Strass sebbene i suoi raffinati
scritti (poesie e teatro) siano
stati anche di ispirazione per
altri, diversi compositori.
Hofmannsthal nacque a
Vienna nel 1874 e già a 16 anni pubblicò studi, saggi e
drammi sotto lo pseudonimo di Loris o Theofil Morren
e si guadagnò uno spazio di
rilievo nel mondo letterario
viennese accanto a personalità del calibro di Schntzler.
L’incontro con Strauss avvenne in un momento delicato nella carriera di entrambi gli artisti. Un disagio li accomunava: Strauss, esauriti
gli slanci creativi nel filone
sinfonico sentiva che era maturato il momento di misurarsi con il teatro; Hofmannsthal, da parte sua, prendeva
le distanze da ciò che fino ad
allora aveva scritto e soffriva
un distacco dalla cultura
asburgica viennese appesantita ed esausta, auspicando
un assorbimento dei caratteri
e degli aspetti più validi di
tale cultura in una forma più
attuale e meno ancorata al
passato.
Probabilmente fu un equivoco sulle intenzioni a portare
alla creazione dell’Elektra.
Mentre Strauss dopo il successo di Salomé riponeva in
questo antico dramma, visto
in prosa a teatro, la possibilità di un riadattamento musicale altrettanto fortunato,
Hofmannsthal mirava a sondarne i valori positivi più
tradizionali della famiglia attraverso il personaggio di
Crisotemide. L’opera fu un
successo perché Strauss prese in seria considerazione le
velleità di Hofmannsthal che
dimostrò così un ascendente
sul musicista. La stima reci-
proca diede il suo primo ed
autentico frutto con Der Rosenkavalier,dal momento che
l’Elektra rimaneva pur sempre un adattamento di un testo precedente. La vasta cultura e la singolare eleganza
nel plasmare il linguaggio
mettendone in risalto le possibilità musicali del testo, regalò ad Hofmannsthal un
certo dominio su Strauss che
mostrò estrema docilità nei
confronti della volontà del
letterato.
Seguirono l’Ariadne auf
Naxos (1912) in cui la tematica amorosa si conferma terreno di ispirazione per lo
scrittore e successivamente
Die Frau ohne Schatten (1919)
ambiziosa e complessa opera
fantastica sul tema della maternità. Il simbolo, l’emblema, l’immortalità di certi valori che saturano questa opera si oppongono alla distruzione di un universo che il
conflitto mondiale stava operando.
La scialba parentesi del ritorno alla mitologia classica con
Elena egizia (1928) fu seguito
dalla composizione di Arabella, il cui libretto Hofmannsthal stava adattando da una
propria novella. Purtroppo
però di questa lo scrittore
riuscì a completarne in maniera definitiva solo il primo
atto poiché il dolore per il
suicidio del figlio lo stroncò.
La sua morte fu talmente
inaspettata che poche ore dopo la sua scomparsa giunse
un telegramma da parte di
Strauss di congratulazioni
per il lavoro che stava svolgendo.
lu. San. di M.
Il
Elektra
Giornale dei Grandi Eventi
15
Negli scritti del compositore tedesco
Curiose annotazioni di
Richard Strauss
N
ella sua lunga
attività Richard
Strauss ha lasciato numerosi articoli e
saggi intorno alla sua
musica e - più in generale
- su grandi temi della cultura del suo tempo. Molti
dei suoi scritti sono raccolti in un libro curato da
Sergio Sablich per la Edt
e intitolato “Note di passaggio”. È interessante
estrapolare alcune osservazioni che aiutano a capire meglio il pensiero
del musicista tedesco.
Nel 1925, ad esempio,
Strauss dettò “Dieci regole
auree” per un giovane direttore d’orchestra:
1) Ricordati che non fai
musica per il tuo piacere, ma per la gioia
dei tuoi ascoltatori.
2) Quando dirigi, non
devi sudare, solo il
pubblico deve riscaldarsi.
3) Salome ed Elektra come
se fossero state scritte
da Mendelssohn: musica di elfi.
4) Non lanciare mai
sguardi incoraggianti
agli ottoni; solo una
breve occhiata per dare un’entrata importante.
5) Al contrario, non perdere mai d’occhio i
corni e i legni: se li senti, vuol dire che suonano già troppo forte.
6) Se ritieni che gli ottoni
non suonino abbastanza forte, smorzali ulteriormente di due gradi
di intensità.
7) Non basta che sia tu a
distinguere ogni parola del cantante, tu che
conosci quelle parole a
memoria: è il pubblico
che deve poterle seguire senza fatica. Se
non capisce il testo, il
pubblico dorme.
8) Accompagna sempre
il cantante in modo
che possa cantare senza sforzo.
9) Se credi di aver raggiunto la massima velocità in un prestissimo, raddoppia la velocità.
10)Se avrai la bontà di tener conto di tutti questi miei suggerimenti,
il tuo bel talento e le
tue grandi capacità faranno di te sempre la
pura delizia dei tuoi
ascoltatori.
Quattro anni dopo,
Strauss tornava sul problema della direzione sostenendo che “solo la
sensibilità artistica del di-
Sull’insegnamento
della musica
È interessante poi, in quanto sempre attuale, ricordare
l’opinione di Strauss sull’insegnamento della musica. Scriveva il compositore
nel 1933: «La nostra formazione umanistica si basa ancora su discipline il cui studio fu
premessa indispensabile di
un’educazione superiore dello
spirito prima che nascesse la
nostra musica. Oggi è ancora
gravata dell’inutile studio della matematica superiore e dei
fondamenti della chimica e
della fisica, studio che potreb-
Richard Strauss
non si accontentava di poco: vedesse la nostra scuola
odierna chissà cosa potrebbe pensare!
Elektra
Infine da ricordare una sua
testimonianza su Elektra:
«Quando vidi per la prima
volta il geniale dramma di
Hofmannsthal con Gertrud
Eysoldt al Piccolo Teatro, capii subito che se ne poteva
trarre uno splendido libretto… e come a suo tempo in
“Salome” intuii il possente
crescendo musicale che culmina nella scena conclusiva: in
“Elektra” la danza liberatoria
dopo la scena della agnizione,
realizzabile fino in fondo soltanto con la musica; in Salome dopo la danza (punto culminante dell’azione) la raccapricciante apoteosi finale…
Dapprincipio mi spaventava
l’idea che i due soggetti fossero
molto simili nel suo contenuto
psichico… Tuttavia il desiderio di contrapporre questa
grecità demonica, estatica del
VI secolo alle copie romane di
Winckelmann e all’umanesimo di Goethe ebbe il sopravvento sui dubbi; e così Elektra
superò addirittura Salome per
la compattezza della costruzione e la tensione drammatica in violento crescendo».
Francesca Oranges
Richard Strauss a lavoro nella villa di Garmisch
rettore d’orchestra debba
decidere quel che è giusto e quello che è sbagliato”. Strauss intendeva difendere il suo modo di
interpretare Beethoven:
“chi può affermare oggi
con assoluta certezza che
Beethoven abbia voluto
questo o quel tempo così
e non in un altro modo
(per esempio come lo
concepisco io?)”. E, nello
stesso articolo a proposito della composizione
sosteneva: “Non è affatto vero che si possa comporre tutto, se per comporre si intende tradurre
ed esprimere un’idea o
un sentimento nel linguaggio simbolico della
musica”.
be venir tranquillamente lasciato alle università e alle
scuole professionali per coloro
che vi si vogliono dedicare.
Una istruzione generale superiore deve comprendere anche
lo studio della musica, finora
completamente trascurato
nelle nostre scuole secondarie:
quanto meno armonia, composizione fino a poter capire una
fuga di Bach, lettura della partitura fino a poter afferrare in
pieno tanto i conflitti interiori
resi contrappuntisticamente
nel terzo atto del Tristano
quanto l’architettura e lo sviluppo dei temi in un movimento di una sinfonia di
Beethonen o la struttura
sinfonica di un atto della Tetralogia».
Indubbiamente
Strauss
Richard Strauss in una caricatura come tormentone
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