anno XVII - Numero 66 - 30 settembre 2011 L’intervista Parla il regista Nickolaus Lehnhoff A Pag. 2 La Storia dell’Opera Il frutto del prezioso sodalizio Tra Strauss e Hofmannsthal A Pag. 6 Elektra e lo spirito del tempo I multiformi caratteri dell’opera di Strauss A Pag. 7 Il mito greco La storia degli Atridi, dalla mitologia alle tragedie A Pag. 8 - 9 e 10 Analisi stilistica Elektra ed il tramonto del mito greco A Pag. 12 ElEktra di Richard Strauss Elektra 2 Il Giornale dei Grandi Eventi Parla il regista Nickolaus Lehnhoff «La mia Elektra con la vendetta come ragione d’essere» S cene sghembe, un quadro gelido e personaggi soli, lacerati dal conflitto irrisolto tra vendetta e senso di colpa, fanno da sfondo alla storia di Elektra, la figlia che uccide la madre empia Clitemnestra, al fine di vendicare la morte del padre Agamennone. Il regista tedesco Nickolaus Lehnhoff ripropone in co-produzione qui al Teatro Costanzi questo allestimento realizzato e presentato lo scorso anno per il Salzburger Festspiele, dove ha riscosso unanimi apprezzamenti. «L’opera – ci spiega il regista - è ambientata in uno spazio prevalentemente occupato da Elettra, una proiezione della sua ossessione. Questa donna è rinchiusa nella prigione della sua mente, un «Elettra è ossessionata Nickolaus Lehnhoff dall’idea di vendicare la luogo che è un rifugio ed una morte di suo padre. Agamentrappola allo stesso tempo. La none è la sua ossessione e il rappresentazione intende visuo demone. Elettra vive nel sualizzare i suoi stati mentapassato, e la schiavitù a queli, con situazioni di bisogno sta idea è la sua ragion d’esesistenziale e di vincolo. sere», osserva il regista. Crisotemide, da parte sua, ri«Essa tenta di appropriarsi vela che l’esistenza fantasma dell’identità di Agamennone di Elettra è senza futuro. Il come se fosse una sua secondesiderio di vita della sorella da pelle e si pone davanti a più giovane è in netto contranoi con il volto irrigidito costo con l’ossessione di venme fosse una maschera da detta di Elettra. cui non traspare alcuna D’altro canto Elettra condiemozione umana. In un atto vide con la madre Clitenneorribile di auto-abbandono e stra una devozione che è perdita di identità l’essere schiava dell’eccesso. Entramumano Elettra si tramuta in be le vite sono governate da burattino». Il G iornale dei G randi Eventi Direttore responsabile Andrea Marini Direzione Redazione ed Amministrazione Via Courmayeur, 79 - 00135 Roma e-mail: [email protected] Editore A. M. Stampa Tipografica Renzo Palozzi Via Vecchia di Grottaferrata, 4 - 00047 Marino (Roma) Registrazione al Tribunale di Roma n. 277 del 31-5-1995 © Tutto il contenuto del Giornale è coperto da diritto d’autore Le fotografie sono realizzate in digitale con fotocamera Kodak Easyshare V705 Visitate il nostro sito internet www.giornalegrandieventi.it dove potrete leggere e scaricare i numeri del giornale paure irreali, incubi e visioni inquietanti. Clitennestra aspira ad una riconciliazione. Va da Elettra e mette a nudo tutta la sofferenza della sua vita nella speranza di interrompere il circolo vizioso di sogni e di paure. Il suo atteggiamento prende di sorpresa Elettra, la irrita e momentaneamente altera i suoi piani di vita. Ma ben presto la sua ossessione per la vendetta riprende il sopravvento e la brutale battaglia tra madre e figlia entra nella fase successiva un conflitto che porterà alla morte e alla dissoluzione. Auto-inganno e autodistruzione sono i fattori scatenanti della fine fatale di Elettra. Il dramma si conclude con lo stesso fondamentale problema dell’apertura. La sola differenza è che sono mutati i ruoli. Non c’è via d’uscita da questa spirale di violenza. Oreste è individuato come assassino matricida. La maledizione continua. Le Erinni sono alle porte». Sul podio non sarà Fabio Luisi come annunciato ad inizio stagione, poiché il direttore italiano è stato nominato “principal conductor” al Met di New York in sostituzione di Levine, purtroppo da tempo ammalato. Nonostante l’annuncio della nomina fosse avvenuto diversi mesi fa, solo alla vigilia delle prove il direttore ha annunciato la propria rinuncia, annullando anche gli impegni con il Carlo Felice di Genova, il Musikverein di Vienna e la san Francisco Symphony Orchestra. Dunque, a prove iniziate, il Teatro è riuscito ad assicurarsi un altro direttore di grande esperienza su un titolo non facile come l’Elektra. La direzio- ne d’orchestra è stata così affidata al 62enne ungherese Stefan Soltesz, dal 1997 direttore artistico del Teatro dell’Opera di Essen, grande esperto del re- ~~ pertorio tedesco e di quello di Strauss in particolare, del quale attualmente è considerato uno dei più importanti interpreti. a. M. La Locandina ~ ~ Teatro Costanzi - 30 settembre, 8 ottobre 2011 ElEktra Tragedia in un atto Libretto di Hugo von Hofmannsthal Basata sulla tragedia di Sofocle Musica di Richard Strauss COPYRIGHT E EDIZIONE FÜRSTNER/SCHOTT, MAINZ RAPPRESENTANTE PER L’ITALIA CASA MUSICALE SONZOGNO DI PIERO OSTALI, MILANO Prima rappresentazione: Dresda, Königliches Opernhaus, 25 gennaio 1909 Direttore Regia Scene Costumi Luci Maestro del Coro Stefan Soltesz Nikolaus Lehnhoff Raimund Bauer Andrea Schmidt-Futterer Duane Schuler Gea Garatti Ansini Personaggi / Interpreti Klytämnestra (Clitennestra) (Ms) Felicity Palmer Elektra (Elettra) (S) Eva Johansson Chrysothemis (Crisotemide) (S) Melanie Diener Aegisth (Egisto) (T) Wolfgang Schmidt Orest (Oreste) (Bar) Alejandro Marco-Buhrmester Der Pfleger des Orest (Il precettore di Oreste) (B) Derek Welton Die Vertraute (La confidente) (S) Arina Holecek Die Schleppträgerin (L’ancella dello strascico) (S) Barbara Reiter Ein junger Diener (Un giovane servo) (T) Saverio Fiore Ein alter Diener (Un vecchio servo) (T) Maurizio Cascianelli / Francesco Luccioni 6, 8/10 Die Aufseherin (La sorvegliante) (S) Miranda Keys Erste Magd (Prima Ancella) Annunziata Vestri Zweite Magd (Seconda Ancella) Theresa Holzhauser Dritte Magd (Terza Ancella) Constance Heller Vierte Magd (Quarta Ancella) Eva Leitner Fünfte Magd (Quinta Ancella) Ileana Montalbetti Sechs Dienerinnen (Sei serve) Emanuela Luchetti, Chiara Caligara, Piera Lanciani, Federica Albonetti, Laura Calzolari, Stefania Rosai ORCHESTRA DEL TEATRO DELL’OPERA Allestimento in coproduzione con il Salzburger Festspiele In lingua originale con sovratitoli in italiano ~ ~ La Copertina ~ ~ William adolphe Bougereau Il rimorso di Oreste per l’uccisione di Clitennestra (1862) Il Elektra Giornale dei Grandi Eventi E ’ l’ottava volta che nella sua storia L’Elektra di Strauss, con libretto basato sulla famosa tragedia di Sofocle, va in scena al Teatro dell’Opera di Roma. La prima rappresentazione nella Città Eterna fu nel 1912, tra anni dopo il debutto assoluto di Dresda, mentre l’ultima nell’aprile del 2004. Questo allestimento, firmato dal regista tedesco Nickolaus Lehnhoff, è una co-produzione con il Salzburger Festspiele, dove è stato presentato lo scorso anno con unanimi apprezzamenti. Scene sghembe, un quadro gelido e personaggi soli, lacerati dal conflitto irrisolto tra vendetta e senso di colpa, fanno da sfondo alla storia di Elettra, la figlia che uccide la madre empia Clitemnestra. A dirigere l’orchestra non sarà Fabio Luisi come annunciato ad inizio stagione, poiché il direttore italiano è stato nominato “principal conductor” al Met di New York in sostituzione di Levine, da tempo ammalato. Dopo alcune polemiche per la rinuncia alla immediata vigilia dell’inizio delle prove, il Teatro è riuscito ad affidare il podio ad un altro direttore di grande esperienza su un titolo non facile come l’Elektra, il 62enne ungherese Stefan Soltesz, dal 1997 direttore artistico del Teatro dell’Opera di Es- 3 Le Repliche domenica 2 ottobre, h. 17.00 martedì 4 ottobre, h. 20.30 giovedì 6 ottobre, h. 20.30 sabato 8 ottobre, h. 18.00 sen, grande esperto del repertorio tedesco e di quello di Strauss in particolare. Una Elektra rinchiusa nella prigione della sua mente Nella corte interna del palazzo degli Atridi a Micene. dagli incubi. Elettra in preda ad un entusiasmo delirante rivela che sangue uscirà dal collo di Clitemnestra e ne descrive la scena: la madre cercherà di fuggire al carnefice rifugiandosi nei sotterranei, dove davanti all’ultimo muro l’attenderà l’ombra di Agamennone. Una volta che l’ascia l’avrà colpita Clitemnestra non avrà più incubi. Clitemnestra è sconvolta dall’orrore, ma dal palazzo esce la confidente che le sussurra all’orecchio qualcosa che la riempie di gioia. Giunge anche Crisotemide in lacrime, annunciando che due stranieri appena giunti hanno annunciato la morte di Oreste. Elettra ritiene che ora la vendetta dovrà essere compiuta dalle due sorelle con l’ascia che ella ha custodito per Oreste, ma Crisotemide rifiuta. Elettra per convincerla le prospetta le gioie coniugali, ma la sorella fugge maledicendola. Elettra decide di agire da sola. In quel momento giunge Oreste che sotto mentite spoglie dice di essere venuto per dare a Clitemnestra prova certa della morte di Oreste. Oreste conosciuta l’identità di Elettra rimane colpito dall’aspetto trasandato della donna avvolta dal dolore e per consolarla le rivela che Oreste è vivo. In quell’istante quattro servitori, riconosciutolo, si gettano ai suoi piedi ed Oreste non può più nascondere alla sorella la propria identità. Elettra è in preda alla gioia, ma quando Oreste la vuole abbracciare, lei rifiuta perchè ritiene che il proprio aspetto non sia degno di una principessa. Dall’interno del palazzo la confidente a cenno ai due stranieri di seguirla, chiudendo fuori Elettra che si dispera per non aver potuto consegnare l’ascia ad Oreste. Sentito un urlo dall’interno, Elettra invita a colpire ancora. Crisotemide, udito il secondo urlo, accorre con le ancelle, ma il gruppo è disperso dall’arrivo di Egisto che vuole incontrare i due stranieri che hanno visto morire Oreste. Elettra lo indirizza a palazzo, ma Egisto si insospettisce per la gentilezza. Egisto entra nel palazzo. Scoppia un tumulto. Egisto si affaccia ad una finestra per chiedere aiuto, ma Oreste lo raggiunge e lo uccide. Oreste è riconosciuto ed acclamato dalla folla esultante che ha fatto strage dei seguaci di Egisto. Elettra, con le poche forze che le rimangono, sente il dovere di guidare la danza ntrionfale, ma dopo pochi passi crolla a terra. Crisotemide batte alla porta del palazzo per chiedere l’aiuto di Oreste, invano. La Trama Le ancelle si meravigliano di non vedere Elettra che solitamente a quell’ora lamenta la morte del padre Agamemmone e ne deridono il folle comportamento. Una delle ancelle prende le difese di Elettra, ma al rientro a palazzo viene percossa dalle altre che non perdonano ad Elettra le angherie rivolte loro. Elettra esce nel cortile piangendo la morte del padre. Proprio in quell’ora Agamennone fu ucciso ed Elettra rivive i momenti della tragedia: il bagno durante il quale Clitemnestra ed Egisto l’hanno assassinato; il sangue di cui l’acqua si è tinta; il corpo esanime e l’ultimo sguardo ricevuto. Ma in un sogno del giorno prima Elettra ha visto Agamennone risorgere con in testa una corona sanguinante. In quel giorno saranno sacrificati i suoi cavalli ed i suoi cani, mentre i figli (lei, Oreste e Crisotemide) danzeranno di gioia intorno alla tomba. Giunge Crisotemide, avvertendo Elettra che la madre Clitemnestra ed Egidio vogliono rinchiuderla in una torre. Elettra ride ed invita la sorella a seguire il suo esempio: è meglio stare sedute ad attendere la morte piuttosto che passare il tempo ad origliare. Ma Crisotemide, che vuole formarsi una famiglia, rinfaccia alla sorella la propria prigionia da parte di Clitemnestra ed Egidio, perchè temono che una delle due sorelle possa partorire un erede che vendichi Agamennone. Clitemnestra si avvicina col seguito. É agitata per un incubo in cui le è parso di rivedere il temuto figlio Oreste. Elettra decide di affrontare la madre affacciata ad una finestra che la minaccia imitata dalle ancelle, le quali accusano Elettra di perfidia. Elettra replica che sono proprio le due confidenti a rovinare Clitemnestra che trova nelle parole della figlia la forza di allontanarle. Scesa accanto alla figlia, Clitemnestra chiede ad Elettra un rimedio per i sogni che le tormentano le notti. Elettra dice che la giusta vittima che dovrà cadere sarà una donna, uccisa da un uomo, un membro della loro famiglia. Elettra, dicendo di conoscere gli intenti omicidi della madre e di Egisto nei confronti di Oreste, le chiede se permetterà mai ad Oreste di rientrare in famiglia. Clitemnestra riacquista la calma regale ed impone alla figlia, dietro minaccia di incatenarla, di rivelare il nome della donna che dovrà cadere per liberarla Il Giornale dei Grandi Eventi Elektra 5 Felicity Palmer Eva Johansson Clitennestra, la moglie adultera Elettra, principessa in cerca di vendetta A cantare come Clitennestra, sarà il mezzosoprano Felicity Palmer. Nata a Cheltenham in Inghilterra nel 1944, ha iniziato la sua carriera dapprima come soprano e, dal 1980, come mezzosoprano lirico. I suoi primi lavori hanno compreso una grande varietà di repertorio, dalla musica barocca a quella contemporanea. Durante i suoi anni da soprano ha partecipato ad un tour in Australia per la ABC ed a numerosi concerti con le orchestre più importanti di Londra, con la New York Philharmonic e la Filarmonica di Los Angeles e con Sir Simon Rattle nella Sinfonia n.14 di Shostakovich. Nel ruolo di mezzosoprano, è stata da subito impegnata in apparizioni a Glyndebourne e alla Royal Opera House. Ha debuttato al Metropolitan Opera di New York con Der Ring des Nibelungen di Wagner; poi numerose le apparizioni successive, in Das Rheingold e Die Walkure a Monaco con Zubin Mehta, Les Dialogues des Carmélites con Riccardo Muti alla Scala e con Michel Plasson a Zurigo e Tolosa, oltre che Amsterdam, Chicago, San Francisco, Parigi e Londra. Successivamente ha registrato Elektra con la WDR Orchestra e Semyon Bychkov. Di recente, ha preso parte a due concerti della stessa opera diretti da Valery Gergiev ed ha registrato anche Les Dialogues des Carmélites con ENO e Paul Daniel. Alejandro Marco-Buhrmester Oreste, fratello vendicatore E’ affidato al baritono alejandro Marco-Buhrmester il ruolo del valoroso fratello di Elettra, Oreste. Buhrmester si è affermato in campo internazionale come uno dei baritoni più dotati della sua generazione. Dopo il debutto al Bayreuther Festspiele nel ruolo di Nachtigall in Die Meistersinger nel 2001, vi è ritornato per Fritz Kothner e Amfortas in Parsifal. Nell’estate del 2006 è stato elogiato per il suo debutto di Gunther in Götterdämmerung nella nuova produzione del Ring. Come baritono wagneriano ha cantato all’Oper Frankfurt ed all’Opéra di Parigi; si dedica contemporaneamente al repertorio italiano e francese. Nelle ultime stagioni interpretà Germont ne La Traviata, Barbiere ne Il barbiere di Siviglia, E ’ affidato al soprano Eva Johansson, il ruolo della vendicativa Elettra. Nata a Copenhagen nel 1958, studia alla Scuola della Royal Opera e al Royal Conservatory; debutta alla Royal Opera House nel 1982 come Contessa in Figaro. Nel 1988 è alla Deutsche Oper di Berlino, dove inizia una collaborazione che continua ancora oggi. A Berlino e Copenhagen ha cantato tra l’altro come Mimi in La Bohème, Pamina in Die Zauberflöte, Donna Anna nel Don Giovanni, Fiordiligi in Così fan tutte. È spesso ospite in teatri d’opera di Monaco, Dresda, nei teatri di Nizza, Ginevra, Siviglia, Madrid, Stoccolma, Oslo, Tel Aviv, Barcellona, Metropolitan Opera e in Giappone. Nel 2000 ha inaugurato la Stagione del Los Angeles Music Center con Domingo come Sieglinde in Die Walküre diretta da Gjergjiev; nel 2001 ha debuttato come Salome; nel 2002 come Leonore nel Fidelio alla Deutsche Oper di Berlino e poi in Ariadne auf Naxos, a Venezia è Isotta in Tristan und Isolde, e Fidelio a San Diego. Nel 2003 Il debutto all’Opera di Zurigo con Elektra, diretta da von Dohnanyi, è un grande successo, ripreso poi nel 2004, stesso anno in cui ha cantato come Senta in Der fliegende Holländer alla Scala di Milano. Nel 2008 è stata Brünnhilde in Die Walküre al Festival di Aixen-Provence e poi al Festival di Pasqua di Salisburgo. Nel 2009 ha lavorato in Der Ring des Nibelungen a Zurigo e Vienna. Nel 2010 ha interpretato Elektra a Zurigo, Berlino, Copenhagen, Budapest e Monaco di Baviera; ha lavorato poi in una ripresa del Ring ad Amburgo e a Vienna e in una produzione di Tristan und Isolde a Tokyo. Conte di Luna ne Il Trovatore, Posa nel Don Carlo e Nabucco. Nel repertorio del ‘900, ha cantato il ruolo principale nella prima mondiale di Sekunden und Jahre des Caspar Hauser di Reinhard Febel a Dortmund e quello principale in Jakob Lenz di Wolfgang Rhim ai Musikfesttage di Lucerna. In nordamerica ha debuttato alla Canadian Opera Company di Toronto, dove è stato Miller nella Luisa Miller e Germont ne La Traviata. Ha lavorato con direttori di fama internazionale come Daniel Barenboim, Pierre Boulez, Paolo Carignani, Valery Gergiev, Eliahu Inbal, Fabio Luisi, Simone Young e molti altri. Tra i suoi più recenti successi in campo concertistico, c’è la Lyrische Sinfonie di Zemlinsky con la Staatskapelle di Berlino diretta da Fabio Luisi, la IX Sinfonia di Beethoven e la VIII Sinfonia di Mahler. Successivamente è stato impegnato all’Opéra de Paris come Amfortas in Parsifal e al Teatro Real di Madrid come Kurwenal in Tristan und Isolde .Nella stagione 2008/09 è stato al Teatro del Liceu di Barcellona nel ruolo principale nella prima mondiale di La cabeza del Bautista. Tra i suoi impegni recenti ad Amsterdam Guido di Monforte nei Vespri Siciliani, a Madrid San Francesco d’Assisi di Messiaen e Gunther in Götterdäm-merung a Tokyo. Pagina a cura di Mariachiara Onori – Foto di Corrado M. Falsini Elektra 6 Il Giornale dei Grandi Eventi La storia dell’opera Il frutto del prezioso sodalizio tra Strauss e Hofmannsthal R ichard Strauss respirò tutta la caducità del fin de siècle e incarnò, a suo modo, la crisi della cultura musicale borghese di fine Ottocento: epoca di grande tumulto sociale e naturalmente culturale, gli anni a cavallo dei due secoli assistettero al tripudio di nuovi principi stilistici, sempre più sganciati dal romanticismo ed infarciti di nuove tendenze corrosive, marcate dalla trasgressione e dall’esaltazione del crudo, del macabro, dallo stravolgimento dei canoni della bellezza, attraverso la rappresentazione urlata e “deformata” delle emozioni. Il teatro espressionista con le sue passioni sfrenate, con l’esaltazione del brutto, dell’orrido, con la smitizzazione dei valori ideali della classicità aveva fatto il suo ingresso nella società tedesca; che sul piano compositivo si traduceva, tra l’altro, nel progressivo abbandono del tonalismo in favore di cromatismi esasperati ed armonie dissonanti, specchio di animi lacerati e combattuti. Strauss è nel mezzo della tempesta: e se con le sue due prime opere, Guntram (1894) e Feuernot (1901) allude ancora a Wagner. Fu con il dramma musicale Salome (Dresda, 1905), tratto da Oscar Wilde, che Strauss si sganciò dai vecchi schemi, in primis da quelli psicologici, stravolgendoli, e intraprendendo un cammino del tutto personale, che dai colori tardo romantici prese linfa per un linguaggio totalmente nuovo e caustico. Con un impatto sul pubblico che gli segnò la vita, tra costernazione, polemiche e deliranti manifestazioni di entusiasmo che lo portarono immancabilmente sotto le luci della ribalta. Strauss era fatto così. Dopo un successo – e Salome fu un indiscutibile successo – l’u- mavera del 1900. In questa occasione – era nella capitale francese per dirigere le prime locali di Heldenleben e di Zarathustra - il musicista ne aveva però sottovalutato la grandezza e aveva respinto alcune sue proposte di collaborazione per alcuni balletti. Però, più che mai pentito di aver lasciato cadere il rapporto ai suoi inizi, Strauss lo ricercò presto e la loro corrispondenza si riaccese. Dal momento in cui Hofmannshtall accettò di far musicare da Strauss la sua Elektra – era il principio del 1906 – iniziò la più sublime e compiuta collaborazione tra due artisti nel secolo scorso, che produsse capolavori del calibro di Der Rosenkavalier (Dresda, 1911), Ariadne auf Naxos (Stoccarda, 1912), Die Frau ohne Schatter (Vienna, 1919), Die aegyptische Helena (Dresda, 1928; nuova versione, 1933), Arabella (Dresda, 1933). In Eektra Strauss si era forse imGertrud Eysoldt, prima interprete del ruolo di Elektra battuto già nel novembre del 1903 al Deutsches Theater di alla perversità tragica di SaBerlino, poco dopo aver scolome, un’opera che potesse perto la Salome di Wilde e una volta di più confermare per di più con gli stessi inil suo genio artistico e rinnoterpreti: Max Reinhardt revare il suo prestigio nel gista e Gertrud Eysoldt promondo del teatro. Era necestagonista. E forse proprio il sario però trovare un libretsuccesso di Salome, due anni tista all’altezza e fu così che dopo, gli ricordò l’altro Strauss si ricordò di Hugo dramma, «da cui si poteva von Hofmannsthall, poeta e trarre uno splendido libretto», drammaturgo viennese coun affascinante viaggio nel nosciuto a Berlino il 23 marteatro classico – Elektra è zo1899 (data della prima tratta infatti dall’omonima esecuzione assoluta del metragedia di Sofocle - mai lologo di Strauss Das Schloβ esplorato dal musicista priam Meere) a casa dell’amico ma d’allora e l’occasione, lo comune e poeta Richard diciamo a posteriori, di creaDehmel, per poi incontrato re una partitura violenta, nuovamente a Parigi più di aggressiva, che tecnicamendieci anni dopo, nella prinico obiettivo da prefiggersi era un successo ancor più grande. Anche perché - e questo non è certamente aspetto di secondaria importanza - quel violento e destabilizzante dramma a tinte forti, trionfo di erotismo e trivialità, oltre a suscitare scandalo lo aveva assai arricchito, permettendogli di costruirsi un lussuoso appartamento a Berlino ed una villa con un meraviglioso giardino a Garmisch, in Baviera, il “regno” in cui compose poi le sue opere più magistrali. Proprio nella cittadina bavarese si mise così a lavoro, a caccia di un nuovo soggetto da contrapporre te, dal punto di vista cioè compositivo, deve in gran parte a Wagner, ma che introduce una psicologia del personaggio ben più complessa (non dimentichiamo che Freud visse proprio in quegli anni) e che dà vita ad uno scontro di passioni intensissime, arricchendo anche Hugo von Hofmannsthal con Richard Strauss in alcuni tratti il potenziale un fervido e continuo scamtragico dell’opera originabio di idee: «Caro dottore, mi ria. rallegro di cuore che Ella sia feTuttavia, sulle prime, licemente andato avanti nel laStrauss mostrò anche alcune voro. Ora le auguro energia e riserve, preoccupato che il gioia per la conclusione, che nuovo soggetto «fosse per vanelle sua opera sarà certo molto ri aspetti così simile» alla repiù significativa e più potente centissima Salome, in partiche nella mia poesia». Un finacolare sul piano “psichico” e le dal diabolico vigore selchiese perciò ad Hofmannvaggio, un’apoteosi “inferstahl di proporgli, prima, in nale” che si scatena con la possibile alternativa, qualdanza forsennata di Elettra. che altro lavoro del tutto Dal connubio di due così aldifferente: discussero su te genialità venne alla luce, una Semiranide, su alcuni tedunque, Elektra, che Strauss mi rinascimentali, su richiaterminò di comporre nella mi alla rivoluzione francese. sua villa di Garmisch il 22 Ma il poeta, che riteneva le settembre del 1908. L’opera somiglianze con Salome quaandò in scena all’Opernhousi nulle, convinse il musicise di Dresda il 25 gennaio sta a non desistere e a dedidel 1909 «con un discreto succarsi esclusivamente ad cesso di stima» disse il musiElektra «L’impasto cromatico cista, sotto la direzione di nei due lavori mi sembra essenErnst von Schuch (lo stesso zialmente differente: scarlatto e che aveva diretto la première viola, direi, in Salome, in una di Salome) e con la regia di atmosfera rovente; invece in Georg Toller. L’entusiasmo Elektra una mescolanza di del pubblico non fu certo buio e luce, di nero e di chiaro. paragonabile a quello di SaPer di più la concatenazione di lome e nemmeno a quello di motivi connessi a Oreste e alla Der Rosenkavalier, che seguì sua impresa […] mi sembra Elektra a due anni precisi di non abbia nulla di lontanamendistanza; ma l’anno dopo, al te rassomigliante in Salome». Covent Garden di Londra, Il carteggio tra compositore la sua esecuzione diretta da e poeta durante la stesura è Beecham fu un evento musifittissimo ed è testimoniancale memorabile. za curiosa di una preziosa Barbara Catellani ed assidua cooperazione, di Il Elektra Giornale dei Grandi Eventi 7 Il caleidoscopio di caratteri dell’opera di Strauss Elektra e lo spirito del tempo G ià l’ordine di numerazione è complicato da criteri diversi. Elektra è la quarta opera teatrale di Richard Strauss, dopo i due calchi wagneriani, Guntram ovvero lo pseudo-Lohengrin (1894) e Feuersnot ovvero gli pseudo-Meistersinger (1901), e dopo la wildiana-beardsleyana-klimtiana Salome (1905). Ma Elektra è anche l’ultima opera straussiana che si sia incamminata lungo una direzione al termine della quale, vago, incerto, remoto quanto si vuole, si sentiva odore di espressionismo. D’altra parte, è la prima delle cinque partiture teatrali di Strauss (sei, se contiamo anche l’incompiuta Des Esels Schatten) il cui soggetto sia un mito classico, ellenico. Le altre sono Ariadne auf Naxos, Die ägyptische Helena, Daphne, Die Liebe der Danae. L’enumerazione ci invita a riflettere: la periodica apparizione dei miti grecoromani, quelli per così dire da Gymnasium (= Richard Strauss con lo spartito Liceo Classico) nel teatro straussiano è invero una periodicità irregolare, tutta sbilanciata, con il peso specifico collocato nell’ultimo ventennio di vita attiva. Le date sono eloquenti: Elektra è del 1909, Ariadne del 19121916, Helena del 1928, Daphne del 1938, Danae del 1944, Des Esels Schatten del 1947-1948. L’infittirsi dell’ispirazione “ginnasiale” (in realtà, la proposta veniva sempre dall’alto, dall’elegante eremita di Rodaun, almeno fino a Helena) negli ultimi vent’anni indica forse la crescente tendenza di Strauss a privilegiare il mito come strumento di verità, come decifrazione dell’esistenza? Proprio Hugo von Hofmannsthal formulò ripetutamente una dichiarazione di fede: il mito è il più vero fra tutti i soggetti drammatici. In particolare, lo affascinavano i miti antichi costruiti sulle idee di metamorfosi e di fedeltà spinta fino al sacrificio. Il destino, tuttavia, abbreviando tragicamente la vita di Hofmannsthal, volle che soltanto una parte dei soggetti da lui fatti balenare a Strauss venisse realizzata poeticamente dal suo Kunstwollen poetico: Daphne e Die Liebe der Danae furono due libretti di Joseph Gregor. Infine, ed è un altro criterio di numerazione, Elektra è il primo lavoro teatrale di Strauss il cui libretto sia hofmannsthaliano. Quest’opera aspra, barbarica e adolescenziale apre una serie di immagini che non potrebbero essere più raffinate e civili, levigate e ricche di sottigliezze, di maturità o addirittura di aromatica senilità. Dalle Coefore ai vari drammi ellenici intitolati Elettra sino a Mourning becomes Electra (1931) di Eugene O’ Neill, questo imbarazzante personaggio femminile varia la propria natura, da démone invasato di vendetta in Eschilo a fanciulla dolce e sofferente in Sofocle a nevrotica strega (di nuovo) in Euripide, e terribile quanto raziocinante giustiziera nel teatro francese del “grand siècle”. Hofmannsthal aggiunse un elemento morboso: la pulsione incestuosa e coartante nei confronti della sorella Chrysothemis, che a sua volta nasconde probabilmente un tabu più terribile, il desiderio incestuoso e sacrilego nei confronti del padre Agamemnon. Questa variabilità ci aiuta a definire il significato storico e culturale di Elektra nell’insieme del lascito straussiano. Elektra andò in scena la prima volta lunedì 25 gennaio 1909 al Königliches Opernhaus di Dresda, sotto la direzione di Ernst von Schuch, con la regia di Georg Toller, le scene di Emil Rieck e i costumi di Leonhard Fanto. Klytämnestra fu un sacro Richard Strauss (anzi, sacerrimo) mostro del teatro d’opera, la terribile Ernestine SchumannHeink. Annie Krull fu Elektra e la bella Margarethe Siems fu Chrysothemis. Nei ruoli maschili principali, Orest fu Carl Perron, Aegisth fu Johannes Sembach. Cerchiamo, tuttavia, i fili sotterranei. Nel 1905, l’anno in cui Vittorio Gnecchi, inconsapevolmente, anticipò Elektra presentando a Bologna, diretta da Arturo Toscanini, la sua Cassandra (sappiamo quale pandemonio ne nacque), Albert Einstein definì la teoria della relatività in forma ristretta. Sempre nel 1905, Sigmund Freud pubblicò le famose Drei Abhandlungen zur Sexualtheorie, in cui prese forma la teoria dei “complessi” fra cui quello edipico, e i miti ellenici vennero svelati nel loro fondo sotterraneo di sangue e di orrore, di ossessione e di senso di colpa. Insomma, un annetto tranquillo e di tutto riposo, confortato anche dalla vicenda russa: l’assalto al Palazzo d’Inverno, la strage di cittadini in rivolta, l’episodio della corazzata “Potëmkin”. So- prattutto, il 1905 fu per Strauss l’anno memorabile di Salome, l’anno dello scandalo e della ricchezza finalmente a portata di mano. Perciò, la caratteristica storica e culturale di Elektra, colpita di rimbalzo dal brivido più o meno addomesticato che aveva percorso Salome, invasa dagli umori scenografici e tetri splendidamente raffigurati nelle pagine di «Ver Sacrum» (la rivista della «Wiener Sezession»), investita dalla cupa energia irradiata dalla Psychopathia sexualis (1886, l’anno del suicidio di Ludwig II di Baviera) di Richard von Krafft-Ebing, quella caratteristica, dunque, non è un carattere, bensì un caleidoscopio di caratteri, una danse macabre di caratteri. È l’ibrido, la fondamentale arma stilistica e culturale con cui Strauss, per quasi l’intera sua vita d’artista, combatté contro ciò che egli più detestava: il cupo e arrogante “Zeitgeist”, lo spirito del tempo, la dittatura che in arte obbliga l’artista a piegare la schiena ubbidendo alle ideologie del momento o a sentirsi in colpa per non avere ubbidito. Quirino Principe Elektra 8 Il Giornale dei Grandi Eventi Alle origini della vicenda: la saga degli Atridi La leggenda della dinastia che regnò su U na delle figure più celebrate dalla tragedia greca, Elettra si inserisce nell’antichissima saga degli Atridi, la famiglia intorno a cui si incentrano molti miti e leggende, fra cui la guerra di Troia. Discendenti dall’unione di Zeus e Pluto, gli Atridi prendono il nome da Atreo che, in seguito a cruente vicende familiari, divenne re della città-stato di Micene e capostipite di una casata che ha fornito un’inesauribile materia di ispirazione ai poeti epici e tragici dell’antichità. Secondo la versione più nota, dall’unione di Atreo con Erope, nacquero infatti Agamennone e Menelao. Intrighi a corte Agamennone sposò Clitemnestra, dalla quale ebbe quattro figli: Ifigenia (o Ifianassa), Crisotemi (o Crisotemide), Elettra (o Laodice) e Oreste. In seguito a diverse peripezie, assunse il trono di Micene e divenne il più potente principe della Grecia, in quell’epoca, intorno al XIV sec.a.C., che è detta appunto “età micenea”. Menelao, invece, sposò Elena, la sorella di Clitemnestra, che fu poi rapita dal principe troiano Paride dando origine alla guerra di Troia cantata Busto di Sofocle nell’Iliade e simbolo della prima espansione greca in Asia Minore. Condottiero dei principi greci unitisi in alleanza per riprendere Elena era Agamennone. Al suo ritorno in patria dopo dieci anni di guerra, Agamennone fu ucciso o dal cugino Egisto, che era nel frattempo divenuto amante di Clitemnestra o, secondo i poeti tragici, dalla sola Clitemnestra. All’origine dell’ira di Clitemnestra verso il marito c’era l’immolazione della figlia Ifigenia, che prima della guerra Agamennone non aveva esitato a sacrificare alla dea Artemide per ottenere i venti favorevoli a salpare per Troia. Dopo l’uccisione di Agamennone, Elettra fece fuggire segretamente il fratellino Oreste presso lo zio Strofio, re di Crisa nella Focide e marito di Anassibia, sorella di Agamennone. Qui il fanciullo fu allevato e strinse una forte amicizia con il cugino Pilade, che divenne poi il compagno delle sue imprese e peregrinazioni. Dopo sette anni, raggiunta la maggiore età, Oreste tornò segretamente in Patria e, con la complicità di Elettra, vendicò la morte del padre Agamennone, uccidendo la madre Clitemnestra e il suo amante. la catarsi di Oreste Ma dopo il delitto, Oreste fu perseguitato dalle Erinni, le implacabili vendicatrici delle ingiustizie terrene e dei reati familiari, che lo condussero alla pazzia costringendolo a vagabondare senza meta. Come si vede, nella saga tragica greca, il delitto viene espiato con il delitto, perpetuandosi di padre in figlio in una condanna voluta dagli dei, fino a che la colpa mione, Oreste ricevette in dote il regno di Sparta. Elettra, sposa in esilio Clitemnestra uccide Agamennone non è cancellata da una purificazione. Dopo molto peregrinare, infatti, Oreste riparò ad Atene dove presentandosi davanti all’Areopago, il tribunale della città a cui gli dei avevano dato il potere di decidere il suo destino, venne purificato. Questa versione del mito è narrata dal tragediografo Eschilo in quel capolavoro di letteratura antica che è la trilogia dell’Orestea. Secondo Euripide, invece, l’oracolo di Apollo rivelò ad Oreste che avrebbe ottenuto la guarigione dalla pazzia solo recandosi nel Chersoneso Taurico (la Crimea) e portare via la statua di Artemide che lì si trovava. Giunti in Tauride, Oreste e Pilade furono fatti prigionieri e destinati ad essere sacrificati ad Artemide. La sacerdotessa che doveva eseguire il rito, però, era proprio sua sorella Ifigenia che, secondo una nota versione del mito, era stata salvata dal sacrificio intentato da Agamennone prima della guerra di Troia e condotta da Artemide in Tauride. I due fratelli si riconobbero e, preso il simulacro, tornarono in Grecia. Oreste, così, poté tornare in patria, prendere il regno che era stato di suo padre e sposare la cugina Ermione, figlia di Elena e Menelao, uccidendone prima il marito Neottolemo, il giovane guerriero figlio di Achille. Da Er- La c. d. “maschera di Agamennone” Nelle Coefore di Eschilo, dopo l’assassinio di Agamennone, Elettra continuò ad abitare nel palazzo con Clitemnestra e Egisto e con la sorella Crisotemi. Come nell’opera di Strauss, era trattata come una schiava, privata di ogni diritto e relegata in un angolo «come una cagna molesta». Covando odio e rancore verso gli assassini del padre, viveva nell’attesa della vendetta. L’Elettra di Euripide, invece, dopo la morte di Agamennone, fu chiesta in sposa da molti principi greci. Ma Egisto, temendo che da un suo matrimonio con un nobile poteva essere generato il vendicatore di Agamennone, la dette in sposa ad un contadino, con cui Elettra condusse Il Elektra Giornale dei Grandi Eventi 9 Il mito nelle immagini dalla Grecia a Roma u Micene Il gruppo di Oreste ed Elettra a Palazzo Altemps I mmaginando l’Elettra disperata e piangente della tragedia sofoclea o vedendola danzare nell’opera di Strauss come una Menade invasata, tutto si può ipotizzare fuorché una figura composta, statica, con i capelli cortissimi e uno sguardo materno. Eppure, per gli antichi Romani Elettra era così. Almeno se si vuol dare credito alla lettura che Johann Joachim Winckelmann, il celebre storico dell’arte tedesco del Settecento, propose per un gruppo statuario colossale oggi conservato al Museo Nazionale Romano in Palazzo Altemps, che rappresenta due figure in atto di dialogare fra loro. Il gruppo è composto da una figura femminile adulta, alta quasi due metri, vestita di chitone e himation, alla maniera greca, che cinge con il braccio destro un giovane, rivolgendogli uno sguardo amorevole. Il giovane, di statura notevolmente più piccola, ricambia l’abbraccio e solleva il volto verso di lei. Un intimo legame traspare dalla posizione e dagli sguardi dei due personaggi. Un affetto commovente, lontano dal pathos espresso dalla tragedia e che evoca piuttosto le lapidi funerarie greche, in particolare le stele che venivano prodotte ad Atene nel IV sec.a.C., sulle quali la scena del commiato del defunto dai familiari costituiva uno dei motivi più rappresentati. Ed un monumento funerario greco richiamano anche il tipo di marmo utilizzato, la stele dietro il fanciullo e la chioma della donna, con i capelli tagliati corti in segno di lutto, che in passato indusse a interpretare le figure come due fratelli “sese complectentes”. Greca è anche l’importante iscrizione incisa sulla stele dietro ad Oreste, con il nome dell’artista che eseguì l’opera: “Menelaos, allievo di Stephanos, fece”. Un’iscrizione preziosa, che testimonia l’esistenza di una scuola di scultori: un allievo e un maestro, che si firmano con nomi greci, ma che lavoravano a Roma all’inizio del I sec. d.C., giacché sappiamo dalle fonti che il maestro Stephanos era a sua volta discepolo del celebre Pasiteles, un artista, forse campano, che a Roma fece scuola all’epoca di Cesare e Pompeo. l’importanza della firma E proprio la presenza della firma permette di inquadrare il gruppo di Palazzo Altemps in quella corrente dell’arte promossa fin dal II sec.a.C. da artisti greci, o che si facevano passare come tali, i quali lavoravano per le classi abbienti dell’Urbs, presentandosi come coloro che sapevano scolpire secondo i canoni ateniesi del V secolo. L’ambiente romano che guarda alla Grecia antica è evidente anche nello stile dell’opera, freddo, accademico e soprattutto eclettico, che non si rifà ad un originale preciso, ma è un pastiche che racchiude in sé elementi formali che vanno dall’arte classica del V sec.a.C. a riecheggiamenti delle opere di IV sec.a.C. di Prassitele e Lisippo. La scultura apparteneva alla Collezione Boncompagni Ludovisi ed è conosciuta da almeno quattro secoli. Nel tempo è stata molto ripulita e restaurata, è stata vista e disegnata da viaggiatori e studiosi e un calco in gesso fu realizzato anche all’epoca di Luigi XIV per farne una copia in pietra destinata al parco di Versailles. In tutti questi secoli, la lettura del gruppo ha dato luogo a diverse interpretazioni: negli inventari seicenteschi è menzionato come Gruppo dell’Amicizia, nel Settecento, invece, la figura maschile è identificata come Lucio Papirio “che vien accarezzato dalla madre acciò che riveli il segreto delle determinazioni prese dal Senato romano, e che con sagace menzogna diè saggio di somma prudenza nell’età puerile”, secondo un passo di Macrobio. L’esegesi del Winckelmann - oggi convenzionalmente accettata - di vedere nelle due figure Oreste ed Elettra sulla tomba di Agamennone trova, invece, un preciso riferimento in un brano dell’Elettra di Sofocle, in cui i due fratelli si ritrovano in lacrime sulla tomba di Agamennone. Se l’interpretazione winckelmanniana del gruppo di Palazzo Altemps è esatta, - e dunque nelle due figure si possono ravvisare Oreste ed Elettra -, si potrebbe immaginare un Romano, che aveva l’aspirazione intellettuale e le possibilità economiche per commissionare ad un artista capace di scolpire alla maniera greca un monumento funerario, con un soggetto facilmente riconoscibile per la fama del mito rappresentato. Si ricorda che la storia di Elettra era ben nota ai Romani, anche perché fu ripresa nelle tragedie latine perdute di Attilio e Quinto Cicerone e nell’Agamennone di Seneca. E che esistono anche altre sculture rappresentanti lo stesso soggetto, come una replica della figura di Elettra proveniente dalla necropoli di Porto e un gruppo con entrambi i personaggi conservato al Museo Nazionale di Napoli. Elena Cagiano de azevedo Arch. Fot. Sopr. Archeologica di Roma una vita umile e dignitosa, rimanendo illibata. La danza e l’ebbrezza incontenibile che conducono Elektra alla morte per follia alla fine dell’opera di Strauss non sono presenti nel mito antico. Furono un’invenzione di Hofmannsthal, che è convenuta a Strauss, il quale attribuiva grande importanza alla danza come forma espressiva privilegiata, nel senso conferito da Nietzsche nella sua Nascita della tragedia dallo spirito della musica (Die Geburt der Tragödie aus dem Geist der Musik). La tragedia greca, invece, ha un finale più lieto e nell’Elettra di Euripide, dopo l’assassinio della madre, Oreste diede la sorella, condannata all’esilio come complice del delitto, in sposa al caro cugino Pilade. Da questa unione, nacquero due figli, Medonte e Strofio. E.C.a. Il Gruppo di Oreste ed Elettra. Roma, Museo Nazionale Romano in Palazzo Altemps. Su concessione del M.B.A.C. Elektra 10 Il Giornale dei Grandi Eventi L’evoluzione di un mito Gli Atridi nella letteratura, da Omero ad Euripide L a tragica vicenda degli Atridi è un mito che si è andato plasmando attraverso i secoli con le versioni poetiche e drammatiche di vari autori. Nell’VIII-VII sec. a.C nasce la leggenda di Agamennone, re di Micene che, tornato vincitore dalla lunga guerra troiana, viene assassinato dalla moglie Clitemnestra con la complicità del suo amante Egisto: il tragico evento viene narrato nell’Odissea di Omero, in netta antitesi alla storia di Penelope, moglie di Ulisse, sposa fedele e virtuosa. In Omero non esiste tuttavia ancora nessun riferimento alle figlie di Agamennone, per consentire la partenza dell’armata greca verso Troia. Clitemnestra acquisisce così un motivo di ostilità in più, per desiderare la morte del marito. Anche il grande lirico Pindaro, nel V sec. a.C., nella Pitica XI esprime dubbi sul possibile movente della regina. Scrive: «La eccitò forse Ifigenia, immolata presso l’Eurìpo, lontana dalla patria, sì da suscitarne l’ira dalla mano pesante? O vinta da un altro amore la sedussero notturni amplessi?». Il mito degli Atridi prende forma completa solo nel grande teatro tragico ateniese. Nell’Orestea di Eschilo, nell’Elettra di Sofocle e in Ifigenia e Elettra, poiché tali personaggi non rivestivano un ruolo significativo nel progetto educativo e sociale del racconto omerico. A tal scopo l’attenzione si concentra sul modello muliebre negativo di Clitemnestra e sulla giusta punizione di Egisto. Il matricidio viene ignorato. Il mito venne ripreso un secolo dopo da Stesicoro, poeta della Magna Grecia, che nel suo poemetto Orestea menziona per la prima volta Ifigenia, sacrificata dal padre ad Artemide, (che poi l’accolse in cielo) quella di Euripide: nelle ultime due tragedie la figura di Elettra assume contorno definito e potenza drammatica. L’Orestea di Eschilo fu rappresentata ad Atene nel 458 a. C. e fu seguita quarant’anni dopo dalle due tragedie di Sofocle e di Euripide. La tragedia eschilea nasce in un momento storico in cui il mito omerico comincia a porre delle problematiche di tipo giuridico-morale alla coscienza degli ateniesi: nell’Atene democratica del tempo, le istituzioni politiche miravano all’educazione e alla persuasione del cittadino anche e soprattutto attraverso il teatro, che era il più efficace mezzo di comunicazione e aveva per questo motivo una valenza sia politica che religiosa. Da quando Omero aveva concluso la vicenda con la “giusta” uccisione di Egisto, amante e usurpatore, il mito si era arricchito di aspetti scabrosi e moralmente inquietanti, come il matricidio e l’odio feroce della figlia verso la madre. Per chiarire tali schiaccianti interrogativi etici nasce la trilogia di Eschilo, l’Orestea, articolata in tre tragedie: Agamennone, Coefore, Eumenidi. Nella prima protagonista è Agamennone, con l’atroce scelta a favore del sacrificio della figlia per la guerra che viene deplorata dal Coro come scelta di morte e distruzione. Si conclude con l’assassinio del Re. Nella seconda, la vicenda di Elettra: essa rappresenta il dolore e allo stesso tempo l’innocenza privata dei suoi diritti che attende il suo restauratore. Nella terza tragedia, Eumenidi, si svolge il processo al matricida Oreste, che sarà assolto dal magnanimo tribunale dell’Areopago. La celebrazione dell’organo giudiziario ateniese appena depurato dai democratici dalla sua faziosità oligarchica, è evidente. La trilogia di Eschilo abbraccia un lasso di tempo molto ampio, da Agamennone al processo ad Oreste, e si pronuncia su importanti temi etico-politici: il male nasce dall’errore dell’uomo e gli dei conducono gli uomini sulla strada della saggezza attraverso la sofferenza. Gli esiti delle tragedie di Sofocle ed Euripi- de conducono verso una diversa prospettiva. Il gigantesco personaggio di Elettra, in Sofocle, diventa memoria vivente dell’oltraggio subito: lei vive per non dimenticare e attende vendetta. È consapevole del suo odio colpevole, tuttavia sembra purificarsi nel materno amore per il fratello. Elettra, privata della possibilità di sposarsi e di avere una prole, riversa tutto il suo amore sul fratello e allorché le giunge la falsa notizia della morte di lui, si scioglie in un pianto che è il momento più struggente della tragedia. Oreste si fa riconoscere ed Elettra guida la sua mano vendicatrice per due volte, nell’abbattimento della coppia omicida. Il finale sofocleo è liberatorio, Elettra è purificata dal suo odio e reintegrata nei suoi diritti attraverso una giusta vendetta. Nel dramma di Euripide l’interpretazione del mito è rivoluzionaria: per la prima volta viene condannato senza appello il matricidio compiuto dai due fratelli. L’omicidio appare biecamente premeditato: Elettra viene descritta freddamente determinata a riacquisire quei benefici che le erano stati preclusi dopo la morte del padre: il rango, gli agi e la possibilità di un principesco matrimonio. Persino il comando di Apollo, che imponeva ad Oreste di vendicarsi, appare stupido e portatore di sventura. Con Euripide i personaggi del mito degli Atridi vengono completamente rivisitati: la giusta sete di giustizia diventa un barbaro, ingiustificabile matricidio, compiuto per le miserie e le debolezze di uomini e dei. La sorte dei due fratelli è angosciosa: saranno condannati, dopo il massacro, ad un disperato esilio e i loro destini si separeranno per sempre. an. Ci. Il Elektra Giornale dei Grandi Eventi 11 Strauss e la morbosa opera “Elektra” Fra romanticismo ed espressionismo N el 1893 il norvegese Edward Munch dipinse “L’urlo”, efficace rappresentazione di come un’e- Nello stesso anno Kokoschka diede vita al cabaret artistico “Il pipistrello” circondandosi di nomi importanti: citiamo l’archi- Richard Strauss nel 1903 mozione possa trasformare ogni contorno di un volto, stravolgendone la fisionomia. L’opera di Munch registrava genialmente un mutamento in atto nell’arte e nella società. Il romanticismo stava chiudendo il proprio ciclo, altre correnti incalzavano, maggiormente rispondenti alle nuove esigenze culturali, sociali e storiche. Nel 1907 a Parigi Picasso inaugurò l’avanguardia pittorica con “Les demoiselles d’Avignon”; a Vienna il pittore-letterato-drammaturgo Kokoschka scrisse il dramma “Assassino, speranza delle donne” (che Hindemith avrebbe musicato nel 1919) e lo scultore Barlach terminò il dramma “Il giorno morto”. Il compiacimento per il macabro, per la crudeltà ben presente in questi drammi ispirava agli autori uno stile duro, urtante, fatto d’interiezioni e di grida. tetto Adolf Loos e il letterato Altenberg. Contemporaneamente a Monaco nel 1907 fece scalpore una mostra di Van Gogh. E proprio a Monaco Vasilj Vasiljevic Kandinsky nel 1909 approdò al cosiddetto “informale”. Ciò che disorientò il pubblico nella nascente arte espressionista, ha scritto Ernst Gombrich «non fu forse tanto la deformazione della natura quanto la violenza fatta alla bellezza. Era dato per scontato che il caricaturista potesse mostrare la bruttezza dell’uomo: era il suo compito. Non si permetteva invece ad un artista che si considerava serio di imbruttire in luogo di idealizzare...». musica e del teatro assolutamente innovativa e corrosiva, tendente a bruciare gli ultimi aneliti romantici, preparando la strada al Novecento. I protagonisti assoluti di questo delicato momento storico-culturale furono in Germania Gustav Mahler e Richard Strauss. Entrambi rivoluzionari, ognuno però con una propria, differente personalità. Mahler agì nell’ambito delle forme classiche, la sinfonia e il Lied: ma le “rovesciò” dall’interno, le trasformò, le rivitalizzò con un linguaggio di impressionante modernità. Strauss, legato invece al mondo wagneriano, puntò sul poema sinfonico e sul teatro. Fra il 1886 e il 1898 Strauss si dedicò, dunque, ai poemi sinfonici (si citano Vita d’eroe, Don Juan, Tod und Verklarung, I tiri burloni di Till Eulenspiegel, Also sprach Zarathustra, Don Chisciotte). Poi virò verso il teatro e le sue prime opere furono due atti unici scandalosi che spalancarono le porte al nuovo: Salomè, ispirata a Oscar Wilde (1905) ed Elektra (1909) di Hofmannsthal. Originale Mahler e Strauss protagonisti in Germania All’arte pittorica non più intesa come idealizzazione ma come specchio impietoso della realtà, faceva riscontro una visione della Gustav Mahler appariva, intanto, la scelta dell’atto unico nel panorama tedesco - dominato dai l u n g h i drammi wagneriani che si riconduceva all’esperienza italiana del Verismo. In Salomè prevale l’erotismo, la sensualità (la celebre “Danza dei sette veli”), mentre Richard Strauss in Elektra a dominare è la morbosità. Entrambe stravolgono il mito della classicità, i valori del mondo antico. Se nel Romanticismo l’antica Grecia era stata celebrata come la culla delle arti, della libertà dell’uomo, la Grecia che Hofmannsthal e Strauss rappresentarono in Elektra ne denunciava impietosamente le bassezze e le immoralità. Opere di ascendenza wagneriana, per l’uso del leitmotiv, dell’orchestra allar- gata, del canto potente, violento, Salomè ed Elektra sembrano, comunque, guardare al teatro espressionista per l’accentuazione di caratteri come il senso del macabro, le passioni sfrenate, l’aggressività del linguaggio e delle vicende. Entrambe le opere si posero, dunque, sin dall’inizio in una posizione cruciale nel teatro non solo tedesco. Va notato che “Elektra” nacque contemporaneamente a Erwartung di Schoenberg, considerata l’avvio del teatro espressionista tedesco. Nell’esperienza dei due grandi compositori, insomma, tardoromanticismo ed espressionismo si saldavano, trovando nell’idea dell’orrido, dello spaventevole, del brutto evocato da Gombrich un punto di incontro, specchio di una società in disfacimento di cui era significativa traduzione musicale la ormai irreversibile crisi tonale: nei lancinanti, sensuali cromatismi straussiani così come nelle urtanti armonie per quarte di Schoenberg si percepiva l’ormai definitivo tramonto di un’epoca. roberto Iovino 12 Elektra Il Giornale dei Grandi Eventi Analisi stilistica Elektra, il tramonto del mito greco I l 30 aprile 1945 le truppe americane occuparono la città di Garmisch in Baviera. L’ufficiale comandante scelse come Quartier Generale una bellissima ed elegante casa in mezzo al verde, Villa Strauss. Quando si presentò ai cancelli con le truppe un ragazzino di 18 anni, si aggrappò al nonno e urlò al militare americano: «Lei non sa che il mio nonno è l’autore del Rosenkavalier e di Salome!». L’ufficiale non lo sapeva ma era un ammiratore di Strauss, si inchinò davanti all’anziano compositore e lasciò immediatamente la casa. L’aneddoto, raccontato da Quirino Principe, profondo biografo di Richard Strauss, la dice lunga sulla fama conquistata già in vita dall’illustre musicista tedesco. E sottolinea i due titoli che maggiormente contribuirono al suo successo (e alle sue ricchezze): la scandalosa Salome che agli inizi del Novecento costituì un evento davvero rivoluzionario nel teatro del tempo; e il raffinato Der Rosenkavalier con cui Strauss virò verso un più addolcito neoclassicismo. Le due partiture costituiscono il prima e il dopo di un’altra fondamentale opera straussiana, anch’essa destinata a incidere fortemente sul teatro europeo di primo Novecento, Elektra, nata nel 1909 dalla collaborazione con il poeta Hofmannsthal che sarebbe stato poi il librettista più amato da Strauss. Salome & Elektra, o il declino della classicità Se nella Salomè ispirata a Wilde prevale l’erotismo, la sensualità (la celebre “Danza dei sette veli”), in Elektra domina la morbosità. Entrambe stravolgono il mito della classicità, i valori del mondo antico. Nel Romanticismo l’antica Grecia era stata celebrata come la culla delle arti, della libertà dell’uomo; la Grecia che Hofmannsthal e Strauss rappresentarono in Elektra, invece, ne denunciava impietosamente le bassezze e le immoralità. Opere di ascendenza wagneriana, nell’uso del leitmotiv, dell’orchestra allargata, del canto potente, violento, Salome e Elektra sembrano, dunque, guardare al teatro espressionista per il macabro, per le passioni sfrenate. Va notato che Elektra nacque contemporaneamente a Erwartung di Schoenberg, avvio del teatro espressionista tedesco. Nell’esperienza dei due grandi compositori, insomma, tardoromanticismo ed espressionismo si saldavano nell’idea dell’orrido, dello spaventevole, del brutto. Elektra La vicenda, già presente nell’Odissea, ebbe la sua prima traduzione in tragedia con Eschilo e successivamente con Sofocle e Euripide. L’opera di Hofmannstahl, anche se derivata dal dramma sofocleo di cui mantiene sostanzialmente l’unità scenica, sembra avvicinarsi a Euripide per la crudezza della narrazione e la delineazione dei personaggi. Non più le umane esitazioni o l’imminente presenza del fato e degli dei in questa moderna “tragedia dell’isteria”, i personaggi di Hofmannstahl sono quasi inumani per la determinazione delle azioni e dei sentimenti che scorrono nelle loro vene. Nella tragedia del letterato viennese ad emergere sono le figure femminili Oreste uccide la madre e il suo amante senza esitare, istigato da Elettra, mentre Egisto è una figura davvero sbiadita e inconsistente. Gli uomini sono asserviti alla volontà femminile. Sanguinaria è Clitennestra, empia moglie e madre scellerata al punto di cercare la morte dei figli: la sua immagine corrotta è resa ancor più ripugnante dal contrasto con le rilucenti gemme di cui si adorna. A lei si contrappone Elettra, consumata dall’odio e dalla vendetta, stravolta e priva di quella dignità che si ritrova nelle tragedie classiche. E’ talmente assetata dall’odio da scivolare nella follia. Alla pazzia di Elettra si contrappone la delicatezza e la paura di Crisotemide, che vorrebbe amore per combattere l’odio. Fu Hofmannstahl ad aggiungere un elemento morboso: la pulsazione incestuosa e coartante nei confronti della sorella Crisotemide che a sua volta nasconde probabilmente un tabù più terribile, il desiderio incestuoso e sacrilego nei confronti del padre Agamennone. Strauss concluse Elektra nella sua villa di Garmisch l’11 settembre 1908. La prima esecuzione fu a Dresda il 25 gennaio 1909 con un «discreto successo di stima» (parole dello stesso Strauss) non paragonabile né al trionfo precedente di Salome né a quello successivo del Cavaliere della Rosa. All’inizio Strauss era perplesso per la somiglianza con Salome ma Hofmannstahl lo convinse invece sulle differenze. I rischi di somiglianza fra Salome ed Elektra, in effetti c’erano tutti: nelle atmosfere aggressive, nella dissoluzione morale dell’ambiente in cui si svolge l’azione, nella depravazione di alcuni personaggi. Tuttavia Strauss è riuscito a differenziare nettamente le due partiture, in virtù di una creazione musicale totalmente diversa. A partire dai temi musicali che in Elektra non hanno la viscida mobilità dei temi di Salome, sono secchi, vigorosi, elettrici. Lo svolgimento musicale è sempre incalzato da un’oscura tensione verso qualcosa d’altro, appunto come i sentimenti dei personaggi: in particolare l’odio di Elektra e il terrore di Clitennestra che sono le due figure sovrastanti. Alcuni episodi sono di una emozionante costruzione musicale. Violenta e dura la contrapposizione fra Elektra-Clitennestra uno dei momenti più irti e aspri dell’intera partitura. Di segno totalmente diverso, invece, è l’incontro fra Elektra e Oreste giocato su pause, silenzi, riflessioni a mezze parole che rispecchiano i sentimenti dei due personaggi, il loro ripensare al passato e meditare su un presente di atrocità. C’è in Strauss una geniale intuizione musicale nel rendere i caratteri dei due personaggi e la loro intesa attraverso un accompagnamento orchestrale di rara efficacia espressiva. Da segnalare infine l’epilogo con la follia di Elektra e lo smarrimento, attonito di Crisotemide. Elektra può essere visto come un geniale presentimento dell’espressionismo negli elementi formali (esasperazione del suono, differenziazione dei timbri, tensione della voce umana ai confini del grido) o in quelli psicologici (ossessione, esaltazione dell’odio, angoscia). Per alcuni studiosi si tratta di analogie apparenti. In realtà se è vero che Strauss non aderisce ai temi di fondo dell’espressionismo (la dissoluzione del linguaggio), è anche vero che percepisce abilmente le atmosfere che circolano intorno e dentro la cultura tedesca, ivi comprese quelle espressioniste. roberto Iovino Sull’opera Elektra Una testimonianza di Strauss Sulla sua opera, scrisse lo stesso Strauss: «Dapprincipio mi spaventava l’idea che i due soggetti [Salome e Elektra] fossero molto simili nel loro contenuto psichico; tanto che dubitavo di trovare una seconda volta la forza di portare anche questo soggetto a un crescendo drammatico e di rappresentarlo esaurientemente. Tuttavia il desiderio di contrapporre questa grecità demoniaca, estatica del VI secolo alle copie romane di Winkelmann e all’umanesimo di Goethe ebbe il sopravvento sui dubbi; e così Elektra superò addirittura Salome per la compattezza della costruzione e la tensione drammatica in violento crescendo: vorrei quasi dire che Elektra sta a Salome come il più compiuto e stilisticamente unitario Lohengrin a Tannhauser, geniale opera prima. Le due opere vivono isolate nella mia produzione: vi ho toccato i limiti estremi dell’armonia, della polifonia psicologica (sogno di Clitennestra) e della capacità di ricezione dell’orecchio odierno. […] A una delle prime prove d’orchestra, Schuch che era molto sensibile alle correnti d’aria, notò nella terza galleria del teatro vuoto una porta lasciata aperta da una donna delle pulizie. Irritato si voltò a domandare: “Ma che cerca lassù?” Io risposi dalla platea. “Una triade”. Alla prima, esecuzione impeccabile […]. Solo la Clitennestra della Schumann-Heink (famosa cantante wagneriana) scritturata come artista ospite, risultò una mossa falsa. Per le dive di vecchio stampo con me c’è poco da fare: già allora cominciavo a intuire quanto il mio stile di canto fosse costituzionalmente diverso perfino da quello di Wagner. Il mio stile di canto ha lo stesso tempo del dramma recitato ed entra spesso in conflitto con le figurazione e la polifonia dell’orchestra; tanto che solo un direttore di valore che si intenda almeno un poco di canto può stabilire il giusto equilibrio dinamico e ritmico tra orchestra e palcoscenico. La contesa tra parole e musica è stata sin dall’inizio il problema della mia vita. La mia ultima opera Capriccio la conclude con un punto interrogativo». Il Elektra Giornale dei Grandi Eventi 13 La curiosa vicenda che ha diviso gli studiosi Plagio o telepatia in Elektra A ll’indomani della prima rappresentazione dell’Elektra di Richard Strauss, l’illustre musicologo Giovanni Tebaldini pubblicò sulla Rivista Musicale Italiana un Giovanni Tebaldini articolo intitolato “Telepatia musicale”, in cui mette- va a confronto la partitura straussiana con la Cassandra un opera di un giovane musicista italiano Vittorio Gnecchi, andata in scena per la prima volta al teatro Comunale di Bologna il 5 dicembre 1905 su libretto di Luigi Illica e con la direzione di Arturo Toscanini. Nell’articolo il musicologo bresciano, stimato per serietà e serenità di giudizio, evidenziò con una innumerevole quantità di esempi le indiscutibili affinità tematiche presenti nelle due opere. Il Tebaldini attribuì, con molta saggezza, le innegabili somiglianze ad una sorta di istintiva concordanza psi- cologica, che egli definì proprio con il termine scientifico telepatia. Non quindi plagio, ma rassomiglianza dovuta ad una visione del mondo eroico mediata dalla medesima sensibilità di due artisti non immuni dalle suggestioni del proprio tempo. Il musicologo arrivò a concludere che: «Poiché Cassandra anche nella tragedia greca di Eschilo e di Sofocle si presenta come antefatto di Elettra, si è quasi portati a dire che i temi principali apparsi come in formazione nell’una, hanno trovato il loro grandioso sviluppo nella seconda (Elektra, n.d.r.) per la mano potente di un grande maestro drammatico-musicale della tavolozza sinfonicostrumentale». L’articolo suscitò un vero e proprio vespaio di polemiche da parte di coloro che da tempo tacciavano la produzione di Strauss di povertà di invenzione sia tematica che drammatica. Alcuni accusarono il compositore te- desco di plagio, altri sostennero invece che fosse stato Gnecchi ad attingere a precedenti lavori del maestro, altri ancora negarono addirittura le somiglianze. Il Tebaldini cercò di acquietare le polemiche ribadendo che mai aveva voluto accusare Strauss di plagio. Purtroppo però la discussione era stata sollevata e gli studiosi continuarono a scontrarsi sull’argo- Vittorio Gnecchi mento per anni. Tra gli musicale dell’Elettra, riinterventi più significativi spolverando una querelle e senza dubbio più sereni, che dura ormai da quasi va menzionato il saggio un secolo. Nonostante ciò, del musicologo Mario Ri- le polemiche non sono riunaldi, Elektra del 1943 e in scite nel tempo ad offuscatempi più recenti l’articolo re la lucentezza e il fascino di Quirino Principe - auto- dello spartito di Elektra re tra l’altro di una accura- che al pari del suo autore tissima biografia sul com- come disse D’Annunzio positore tedesco - pubbli- parlando di Strauss ducato nel 1990 nella Rivista rante un brindisi in onore Illustrata del Museo Teatrale del compositore - «…ha saalla Scala. L’autorevole puto esser sordo alla contustudioso ha riaffermato la melia e alla lode». Cla. Cap. genuinità dell’invenzione La collaborazione tra Strauss ed Hofmannsthal Non fu vera amicizia, ma grande armonia R ichard Strauss e Hugo von Hofmannstahl si era già conosciuti una prima volta a Parigi nel 1898 mentre il compositore dirigeva i suoi concerti e Hofmannstahl compiva uno dei suoi viaggi nei quali era solito avvicinare i grandi artisti della sua epoca. Il giovane poeta austriaco (Vienna 1874 - Rodaun, Vienna 1929) gli volle proporre un balletto pantomima, Der Triuph der Zeit, Il trionfo del tempo da mettere in musica. Strauss, dopo essersi preso alcuni giorni per pensare, rifiutò recisamente. Fu nel 1899 a Berlino, che in casa del poeta Richard Dehmek, Richard Strauss, reduce dal trionfo di Salomé, rincontrò Hugo von Hofmannstahl e gli chiese di cedergli per musicar- lo il testo drammatico della sua Elektra che aveva avuto modo di vedere in teatro e del quale si era subito convinto. Iniziò così il fruttuoso rapporto fra i due, che non fu mai vera amicizia, ma esempio di estrema collaborazione fra due artisti. Scrive Franco Serpa: «Il disegno letterario di Hoffmanstahl era il dramma poetico e simbolico, l’iniziatica rivelazione del senso della poesia e dell’esistenza: come sempre è accaduto nei dubbi estetici della civiltà occidentale, anche il genio di Hofmannstahl cercò la salvezza nei Greci. Uscì dal tempo, dunque; scrutò nel buio dei segreti della mente e dell’anima e creò così le sue grandi opere di quegli anni: Elektra e Oedipus und die Sphinx». Della tragedia di Sofocle, Hof- mannstahl mantiene a grandi linee la trama essenziale, pur omettendo il Coro. Ma i personaggi sono trattati in un modo nuovissimo, sull’onda delle nuove conoscenze in campo psicoanalitico. Anche l’influenza di Nietzche si fa sentire nello scavo del subconscio: le pulsioni più profonde dell’animo umano vengono scandagliate a fondo e si può dire che certe intuizioni di Hoff- Hugo von Hofmannstahl manstahl per quanto ribretti del Cavaliere della Rosa, guarda il campo dei rapporti Arianna a Nasso, La donna senza fra parenti, possano dirsi preombra, Elena egizia e Arabella. freudiane. Per Strauss Hofa. Ci. mannstahl scrisse ancora i li- Elektra 14 Il Giornale dei Grandi Eventi Il compositore Richard Strauss D iscendente di una famiglia in cui la tradizione musicale si tramandava da generazioni, Richard Strauss nacque a Monaco l’11 giugno 1864 con una straordinaria sensibilità artistica. Gli agi economici, che grazie ad una fabbrica di birra il ramo materno assicurò alla famiglia, gli offrirono la possibilità di studiare e di affinare questo talento. A quattro anni Richard suonava il pianoforte e a sei il violino e fin da subito manifestò la volontà di dedicarsi alla composizione. Ancora studente nelle scuole secondarie, diede alle stampe una sinfonia in re minore, la Festmarch op. 1, compose diversi lieder, concerti e composizioni da camera. La prima produzione straussiana ligia agli accademismi romantici e priva di intemperanze, ed in particolare la Serenade op. 7, scritta a soli diciassette anni, attirarono le simpatie e la stima di Hans Von Bulow che nel 1885 gli affidò la guida dell’orchestra di Meiningen. In un periodo particolarmente fecondo e stimolante per l’ambiente musicale diviso tra la seducente scuola “neotedesca” di Listz e Wagner e la più radicata tradizione romantica che faceva capo a Brahms, Strauss inizialmente aderì alla seconda, fedele all’indirizzo antiwagneriano che il padre aveva tentato con ostinazione di trasmettergli, ma finì col cedere alla tendenza tutta wagneriana della musica a programma. Questa virata stilistica è attribuita all’amicizia che Strauss strinse a Meiningen con Alexander Ritter, apostolo listziano dell’anarchico potere evocatore della musica, sciolta dai limiti e dai vizi formali. Richard Strauss nel 1870 al tempo della sua prima composizione Nel 1896, abbandonata la carica offertagli da von Bulow, Strauss compì il suo primo viaggio in Italia e compose Aus Italien, con cui si gettò alle spalle il romanticismo accademico e si misurò con il poema sinfonico che caratterizzò la sua produzione fino al 1903. I furenti ritmi dispari e gli scalmanati cromatismi lo fecero apparire un rivoluzionario della scena musicale, ma si rivelarono un amore passeggero che andò scemando con la scoperta del teatro e l’incontro con il librettista Hofmannsthal. All’attività compositiva Strauss accostò sempre la direzione d’orchestra. Dal 1889 al 1894 fu direttore del teatro di Corte di Weimar, dal 1894 al 1898 fu scritturato dalla Hofoper di Monaco e nel 1898 fu primo direttore d’orchestra a Berlino, carica che lasciò solo nel 1918 per un impegno con l’Opera di Vienna, dove rimase fino al 1924 quando si ritirò per dedicarsi esclusivamente alla composizione. Un prima ed incosciente incursione nel teatro era avvenuta con Guntram nel 1894, a cui la neosposa Pauline de Anha partecipò come cantante e che si risolse in un insuccesso. Strauss aveva allora fatto regolarmente ritorno alla sua musica a programma. Solo qualche anno più tardi comprese che le possibilità espressive del poema sinfonico erano giunte al limite e intuì che il tempo del dispotismo del dramma wagneriano aveva esaurito il suo corso e la sua potenza. Tornò quindi a rivolgere il proprio sguardo creativo al teatro musicale. La prima opera teatrale davvero matura fu Salomè (1905), seguita dall’Elektra (1909) opera suggestiva che si colloca al confine tra la produzione postwagneriana e quella espressionista per i marcati tratti barbarici e che segna l’inizio della feconda collaborazione con Hofmannsthal. Quest’incontro produsse un’ulteriore svolta nello stile straussiano verso una semplicità ed una raffinatezza dei mezzi espressivi che trovò la sua migliore concretizzazione nel Rosenkavalier (1911) e che spinse Strauss a saggiare con alterne Richard Strauss al lavoro fortune i più diversi generi di teatro musicale dal neoclassico Ariadne auf Naxos (1912; seconda versione 1916) al mitologico Die aegyptische Helena (1928; nuova versione 1933), alla commedia di intrigo Arabella (1933) fino al più senile ma riassuntivo Capriccio (1941), una sorta di commedia conversata in cui la musica si fa discreta reagendo in direzione diametralmente opposta all’eredità dei trionfi wagneriani. Il periodo più duro della vita del musicista coincise certamente con l’instaurazione del regime nazista che nel 1933 che gli offrì la presidenza della Musikkammer del Reich, carica che egli accettò pur non simpatizzando per la causa. Alla morte di Hofmannsthal avvenuta nel 1929, Strauss aveva però stretto collaborazione con Stefan Zwig, librettista viennese di origine ebrea, fatto che lo indusse per ragioni di opportunità alle dimissioni nel 1935. Al termine del conflitto mondiale Strauss fu esiliato in Svizzera con l’accusa di collaborazionismo con il regime, ma l’ingiusta disposizione fu poi revocata nel 1947 e permise al musicista di fare ritorno nella sua dimora a Garmisch dove si spense due anni più tardi, l’8 settembre 1949. Solo tre mesi prima, in occasione dei festeggiamenti per il suo ottantacinquesimo compleanno, durante le prove generali del Rosenkavalier salì per un’ultima volta sul podio per dirigere il terzetto finale dell’opera che fra tutte rimaneva la sua preferita e che per espressa volontà dell’autore accompagnò i suoi funerali. ludovica Sanfelice Il librettista Hugo Von Hofmannsthal I l nome di Hugo Von Hofmannsthal è legato in maniera quasi esclusiva alla collaborazione con Richard Strass sebbene i suoi raffinati scritti (poesie e teatro) siano stati anche di ispirazione per altri, diversi compositori. Hofmannsthal nacque a Vienna nel 1874 e già a 16 anni pubblicò studi, saggi e drammi sotto lo pseudonimo di Loris o Theofil Morren e si guadagnò uno spazio di rilievo nel mondo letterario viennese accanto a personalità del calibro di Schntzler. L’incontro con Strauss avvenne in un momento delicato nella carriera di entrambi gli artisti. Un disagio li accomunava: Strauss, esauriti gli slanci creativi nel filone sinfonico sentiva che era maturato il momento di misurarsi con il teatro; Hofmannsthal, da parte sua, prendeva le distanze da ciò che fino ad allora aveva scritto e soffriva un distacco dalla cultura asburgica viennese appesantita ed esausta, auspicando un assorbimento dei caratteri e degli aspetti più validi di tale cultura in una forma più attuale e meno ancorata al passato. Probabilmente fu un equivoco sulle intenzioni a portare alla creazione dell’Elektra. Mentre Strauss dopo il successo di Salomé riponeva in questo antico dramma, visto in prosa a teatro, la possibilità di un riadattamento musicale altrettanto fortunato, Hofmannsthal mirava a sondarne i valori positivi più tradizionali della famiglia attraverso il personaggio di Crisotemide. L’opera fu un successo perché Strauss prese in seria considerazione le velleità di Hofmannsthal che dimostrò così un ascendente sul musicista. La stima reci- proca diede il suo primo ed autentico frutto con Der Rosenkavalier,dal momento che l’Elektra rimaneva pur sempre un adattamento di un testo precedente. La vasta cultura e la singolare eleganza nel plasmare il linguaggio mettendone in risalto le possibilità musicali del testo, regalò ad Hofmannsthal un certo dominio su Strauss che mostrò estrema docilità nei confronti della volontà del letterato. Seguirono l’Ariadne auf Naxos (1912) in cui la tematica amorosa si conferma terreno di ispirazione per lo scrittore e successivamente Die Frau ohne Schatten (1919) ambiziosa e complessa opera fantastica sul tema della maternità. Il simbolo, l’emblema, l’immortalità di certi valori che saturano questa opera si oppongono alla distruzione di un universo che il conflitto mondiale stava operando. La scialba parentesi del ritorno alla mitologia classica con Elena egizia (1928) fu seguito dalla composizione di Arabella, il cui libretto Hofmannsthal stava adattando da una propria novella. Purtroppo però di questa lo scrittore riuscì a completarne in maniera definitiva solo il primo atto poiché il dolore per il suicidio del figlio lo stroncò. La sua morte fu talmente inaspettata che poche ore dopo la sua scomparsa giunse un telegramma da parte di Strauss di congratulazioni per il lavoro che stava svolgendo. lu. San. di M. Il Elektra Giornale dei Grandi Eventi 15 Negli scritti del compositore tedesco Curiose annotazioni di Richard Strauss N ella sua lunga attività Richard Strauss ha lasciato numerosi articoli e saggi intorno alla sua musica e - più in generale - su grandi temi della cultura del suo tempo. Molti dei suoi scritti sono raccolti in un libro curato da Sergio Sablich per la Edt e intitolato “Note di passaggio”. È interessante estrapolare alcune osservazioni che aiutano a capire meglio il pensiero del musicista tedesco. Nel 1925, ad esempio, Strauss dettò “Dieci regole auree” per un giovane direttore d’orchestra: 1) Ricordati che non fai musica per il tuo piacere, ma per la gioia dei tuoi ascoltatori. 2) Quando dirigi, non devi sudare, solo il pubblico deve riscaldarsi. 3) Salome ed Elektra come se fossero state scritte da Mendelssohn: musica di elfi. 4) Non lanciare mai sguardi incoraggianti agli ottoni; solo una breve occhiata per dare un’entrata importante. 5) Al contrario, non perdere mai d’occhio i corni e i legni: se li senti, vuol dire che suonano già troppo forte. 6) Se ritieni che gli ottoni non suonino abbastanza forte, smorzali ulteriormente di due gradi di intensità. 7) Non basta che sia tu a distinguere ogni parola del cantante, tu che conosci quelle parole a memoria: è il pubblico che deve poterle seguire senza fatica. Se non capisce il testo, il pubblico dorme. 8) Accompagna sempre il cantante in modo che possa cantare senza sforzo. 9) Se credi di aver raggiunto la massima velocità in un prestissimo, raddoppia la velocità. 10)Se avrai la bontà di tener conto di tutti questi miei suggerimenti, il tuo bel talento e le tue grandi capacità faranno di te sempre la pura delizia dei tuoi ascoltatori. Quattro anni dopo, Strauss tornava sul problema della direzione sostenendo che “solo la sensibilità artistica del di- Sull’insegnamento della musica È interessante poi, in quanto sempre attuale, ricordare l’opinione di Strauss sull’insegnamento della musica. Scriveva il compositore nel 1933: «La nostra formazione umanistica si basa ancora su discipline il cui studio fu premessa indispensabile di un’educazione superiore dello spirito prima che nascesse la nostra musica. Oggi è ancora gravata dell’inutile studio della matematica superiore e dei fondamenti della chimica e della fisica, studio che potreb- Richard Strauss non si accontentava di poco: vedesse la nostra scuola odierna chissà cosa potrebbe pensare! Elektra Infine da ricordare una sua testimonianza su Elektra: «Quando vidi per la prima volta il geniale dramma di Hofmannsthal con Gertrud Eysoldt al Piccolo Teatro, capii subito che se ne poteva trarre uno splendido libretto… e come a suo tempo in “Salome” intuii il possente crescendo musicale che culmina nella scena conclusiva: in “Elektra” la danza liberatoria dopo la scena della agnizione, realizzabile fino in fondo soltanto con la musica; in Salome dopo la danza (punto culminante dell’azione) la raccapricciante apoteosi finale… Dapprincipio mi spaventava l’idea che i due soggetti fossero molto simili nel suo contenuto psichico… Tuttavia il desiderio di contrapporre questa grecità demonica, estatica del VI secolo alle copie romane di Winckelmann e all’umanesimo di Goethe ebbe il sopravvento sui dubbi; e così Elektra superò addirittura Salome per la compattezza della costruzione e la tensione drammatica in violento crescendo». Francesca Oranges Richard Strauss a lavoro nella villa di Garmisch rettore d’orchestra debba decidere quel che è giusto e quello che è sbagliato”. Strauss intendeva difendere il suo modo di interpretare Beethoven: “chi può affermare oggi con assoluta certezza che Beethoven abbia voluto questo o quel tempo così e non in un altro modo (per esempio come lo concepisco io?)”. E, nello stesso articolo a proposito della composizione sosteneva: “Non è affatto vero che si possa comporre tutto, se per comporre si intende tradurre ed esprimere un’idea o un sentimento nel linguaggio simbolico della musica”. be venir tranquillamente lasciato alle università e alle scuole professionali per coloro che vi si vogliono dedicare. Una istruzione generale superiore deve comprendere anche lo studio della musica, finora completamente trascurato nelle nostre scuole secondarie: quanto meno armonia, composizione fino a poter capire una fuga di Bach, lettura della partitura fino a poter afferrare in pieno tanto i conflitti interiori resi contrappuntisticamente nel terzo atto del Tristano quanto l’architettura e lo sviluppo dei temi in un movimento di una sinfonia di Beethonen o la struttura sinfonica di un atto della Tetralogia». Indubbiamente Strauss Richard Strauss in una caricatura come tormentone Chiamata gratuita per chi chiama da rete fissa, chi accede da rete mobile al servizio clienti di Poste italiane dovrà comporre il numero 199.100.160. Il costo della chiamata è legato all’operatore utilizzato ed è pari al massimo a euro 0,60 al minuto più euro 0,15 alla risposta. Con filatelia online è facile e comodo ricevere a casa i francobolli che cerchi. 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