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LA STRADA VERRÀ SISTEMATA IL PROSSIMO ANNO
L
a strada Provinciale
della Fratellanza che
passa per l’abitato di Conco e
Conco di Sopra è una specie di
percorso ad ostacoli. Gli attraversamenti stradali eseguiti per
portare il gas nelle nostre abitazioni hanno lasciato il manto
stradale pieno di piccoli avvallamenti e la circolazione stradale è diventata sempre più di-
sagevole e pericolosa.
Il nostro giornale ha chiesto alla Provincia di Vicenza,
responsabile della manutenzione delle strade provinciali,
se vi sono in programma lavori di sistemazione. Ci ha risposto l’Assessore Roberto Ciambetti con la lettera che pubblichiamo di seguito.
Nel ringraziare l’Assessore per la circostanziata risposta ci viene ancora una volta
da dire: è mai possibile che chi
esegue lavori che riguardano
gli Enti pubblici non debba rispondere del proprio operato?
In questo caso, ad esempio,
come mai l’Italgas non è stata
sanzionata o chiamata a pagare per i danni procurati?
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D
ANZIANI VULCANI
a quando gli anziani di Conco si sono riuniti nel
CREL (Centro Ricreativo Età Libera) ed il Comune ha messo a loro disposizione i locali delle ex scuole
elementari di Tortima, la vita per molti di loro è cambiata.
Ed è cambiata in meglio!
Lo dimostrano gli incontri settimanali, le gite, le feste, i balli, i giochi e tutte quelle attività che si possono
fare in gruppo, quando il gruppo funziona ed ha una buona direzione.
Hanno un Presidente, Aldo Rodighiero, ed un Consiglio, hanno animatori e volontari, hanno tanta voglia di
fare e di far bene. Da questa loro voglia è nata un’iniziativa che merita un plauso grande come una casa: il “Filo
d’Argento”. Che cos’è, è presto detto: è un servizio telefonico di volontariato verso tutti coloro che hanno bisogno di aiuto. Una telefonata allo 0424.709411, al martedì
pomeriggio o al giovedì mattina, e chi avrà bisogno di
essere accompagnato a fare la spesa o a una visita medica,
a ritirare la pensione o avrà solamente voglia di fare quattro chiacchiere con qualcuno, troverà dall’altra parte del
filo un “amico” che avvertirà i volontari. Questi, opportunamente informati, interverranno nel giorno ed nell’ora
concordata per il “servizio” richiesto.
Nel foglietto illustrativo del servizio leggiamo che “Il
Filo d’Argento” è un servizio che, attraverso l’ascolto telefonico, combatte il disagio e la solitudine degli anziani,
cercando di tutelarne i diritti. Non si possono però chiedere “urgenze” in quanto il servizio è organizzato su prenotazioni.
L’iniziativa è stata presentata lo scorso 12 agosto 2003
a Fontanelle, durante la prima serata della Festa del Ciclamino, alla presenza del Sindaco e dell’Assessore alla
Cultura e ai Servizi Sociali del nostro Comune, Graziella
Stefani, che ha definito l’iniziativa come il ramo di una
pianta che sta crescendo molto bene dopo i timori e le
speranze dell’inizio. Non dimentichiamo che a volere il
CREL è stato in primo luogo proprio il Comune e che
anche questa iniziativa del Filo d’Argento è strettamente
legata alle attività dell’assessorato ai Servizi Sociali.
Una serata di presentazione molto semplice e molto
affollata. Dopo l’introduzione del Presidente Rodighiero
e le parole dell’assessore (il
Sindaco per una volta è stato solo spettatore), ha parlato il presidente dall’Auser
(una associazione regionale di volontariato) e quindi
il palco è stato tutto per un
trio di comici che ha tenuto
allegri i presenti fin quasi a
mezzanotte.
Anziani doppiamente
soddisfatti: per la nuova iniziativa e per la bella serata!
Fontanelle: 12 agosto 2003.
Aldo Rodighiero, Presidente del
CREL, illustra al folto pubblico
l’iniziativa del “Filo d’Argento” e
presenta i collaboratori principali
alcuni dei quali vediamo qui
schierati in primo piano.
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DIFFONDERE LA CULTURA DELLA DONAZIONE
D
al Capogruppo dei Donatori di Sangue di Conco, Dino
Ceccon, riceviamo e ben volentieri pubblichiamo:
Voglio esprimere ai nostri Donatori di Sangue, molti dei quali
sono anche Alpini, un grazie molto sentito per l’opera volontaria ed anonima che svolgono, spesso sconosciuta, ma di vitale
importanza.
Questo splendido e straordinario mondo del volontariato riveste dunque nella nostra società un valore importantissimo
nel quale si fondano le radici della nostra storia e della cultura.
A conferma del grande impegno dei Donatori di sangue vi
sono i risultati conseguiti nell’anno 2002 con ben 35 neo donatori. Non si era mai verificato prima un evento del genere e di
ciò devo ringraziare innanzitutto il Consiglio del Gruppo.
Questo volontariato è un dono continuo di vita che non ha
prezzo, destinato a continuare, che assume un significato enorme nei confronti non solo di chi è in difficoltà, ma anche della
società civile. Per questo ritengo l’opera dei donatori, oltre che
significativa sotto l’aspetto umano, di grande valenza anche sotto
l’aspetto sociale perché garantisce alle nostre strutture sanitarie un bene insostituibile come il sangue.
Infine, un invito a tutti i donatori, vecchi e nuovi: teniamo
I Donatori di Sangue di Conco partecipanti alla gita in Carinzia
sempre alto il nome della nostra meravigliosa associazione per
trasmettere alle nuove generazioni gli ideali di solidarietà e di
amicizia che ci hanno trasmesso i primi donatori e che sono i
valori veri, quelli che contano.
Diffondiamo la cultura della donazione!
Il Capogruppo: Dino Ceccon
NORME PER I NUOVI DONATORI DI SANGUE
aderisce liberamente di propria spontanea volonI Iltà,Donatore
a donare il sangue quando ne sia richiesto, a totale ed esclusivo beneficio di coloro che ne abbiano bisogno, per la salvezza
della vita umana, per necessità ad essa connessa a giudizio clinico, pienamente conscio del dovere sociale e delle missioni che
con tale atto accetta di compiere. Età: da anni 18 a 65
Il Donatore dona il proprio sangue in via assolutamente
gratuita ed anonima e soltanto sotto tale condizione; e con
ciò non acquisisce alcun diritto. Egli dona il sangue solo all’Ospedale Civile di Bassano che eventualmente lo fornirà ad
altri richiedenti. Tale donazione è assistita come da norma vigente unitamente al riconoscimento delle giornate di lavoro
perdute per eventuali infortuni derivanti dalla donazione.
Il Donatore ha il dovere morale e sociale, all’atto dell’iscri
zione come socio donatore effettivo, di dichiararsi esente da qualsiasi malattia infettiva, e, a norma di legge, di sottoporsi a qualsiasi controllo sanitario: qualora egli dovesse con-
II
III
A
nche quest’anno quelli
del ’27 si sono ritrovati.
Messa a Rubbio, celebrata
dal Parroco di Fontanelle, con ricordo di quanti sono scomparsi.
Quindi riunione conviviale al
Rubens (senza possibilità di
uscire all’aperto per l’inclemenza del tempo) durante la quale
Battista Poli ha pronunciato
queste parole:
Siamo qui per festeggiare
assieme ad amici e simpatizzanti i nostri settantasei anni i
quali hanno contribuito che la
nostra età e la nostra festa sia
trarre una malattia comunque infettiva, gli incombe il dovere di
darne immediata comunicazione al Reparto ed astenersi dalle
donazioni, rispondendo solo dietro nulla osta sanitario.
Il Donatore deve rispondere alle richieste di donazione,
secondo lo spirito di fraternità degli Alpini, per il bene
pubblico, rispettando il periodo di intervallo tra una donazione
e l’altra secondo limiti di legge. Il Donatore ha l’obbligo di
comunicare l’eventuale cambiamento di domicilio. Il Donatore regolarmente iscritto ha l’obbligo della donazione, salvo motivi giustificati. Se egli si rifiuti ad adempiere al proprio dovere
di donatore ripetutamente e senza giustificato motivo e se donerà sangue ad altri Enti o privati, al di fuori dell’Ospedale
Civile di Bassano del Grappa, a giudizio dei Dirigenti del Reparto, potrà venire espulso dallo stesso.
Il contegno del Donatore deve essere corretto verso l’Ente richiedente o verso l’ammalato, è apolitico.
(Estratto dal Regolamento)
IV
V
LA CLASSE DI FERRO ARRUGGINITO DEL 1927
dignitosa.
Vogliamo lasciare alle nuove generazioni un messaggio di
fiducia e di pace. Questo si ottiene con la sapienza, bontà e
umiltà.
Tali virtù non hanno bisogno
di emblemi e di baluardi più o
meno colorati, tanto meno di
piazze chiassose nelle città e nei
nostri paesi.
Con questi doni vissuti nella
vita di ognuno, il mondo sicuramente cambierà in una terra
“ove scorre latte e miele”. Sarà
la terra che Dio ha preparato
per noi suoi figli.
Non sembra: è trascorso un
altro anno ma la vecchiaia si è
dimenticata di noi e ci sentiamo
più arzilli che mai. Perché?
Siamo la classe di ferro, battuto e arrugginito e oggi le cose
che fanno storia sono ricercate.
Persino le cose moderne le fanno apparire antiche e hanno
quindi valore aggiunto.
Tutto questo è confermato
dall’esimio dottor Cremonini,
che di vita e di morte se ne intende!
Conclusione: siamo ancora
ricercati ed apprezzati.
Ringraziamo tutti voi per la
vostra partecipazione e collaborazione, il Parroco e il
fisarmonicista Pilati Tranquillo.
Le ultime parole sono per la signora Lia Tumelero: un grazie
sincero per la sua attiva collaborazione e per la vivacità che
sa infondere.
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LA NOSTRA CHIESA CI FA VIVERE
UNA SERATA INDIMENTICABILE
P
er Conco, si è certamente trattato del maggior evento culturale dell’anno.
Il 4 Agosto, nell’ambito delle manifestazioni per la festa
patronale della Madonna della Neve, nell’affollata chiesa
parrocchiale di Conco si è parlato di Lei, sissignori, proprio di questo edificio, che potremmo definire “il tesoro”
del nostro comune:
Presentato da Bruno Pezzin, il coro ha aperto la serata
con una serie di brani scelti per l’occasione dal M° Giordano
Dalle Nogare.
È stata poi la volta di Luciano Cremonini che ha presentato la protagonista della serata.
Barbara Sebastiani, bolzanina trapiantata a Camporovere
a seguito di matrimonio, dopo essersi diplomata a
Trento (1992) all’Istituto Statale
d’Arte (conseguendo l’anno
successivo un diploma di tecnico
del restauro presso la provincia di
Trento), nel marzo di quest’anno
ha conseguito con
il massimo dei
voti la laurea in
Lettere moderne
ad indirizzo storico artistico presso la facoltà di lettere e Filosofia
dell’Università di
Trento.
La sua tesi
porta il titolo “Altari e sculture di
età barocca nelle chiese dell’Altipiano di Asiago”; ed il
“pezzo forte” è rappresentato proprio dalla Chiesa di S.
Marco e Santa Maria della Neve di Conco che la dottoressa
Sebastiani, più che presentarcela, ci ha fatto conoscere.
Ha iniziato con un rapido percorso sulla storia dell’edificio (peraltro già era nota per l’opera di don Luigi Cappellari).
Prima del 1500 a Conco, poco distante dalla chiesa attuale, sorgeva un oratorio dedicato a San Marco. Era però
angusto e decadente tanto che tra il 1536 ed il 1539 un
abitante del luogo, Marco Girardi, provvide a finanziare la
costruzione della nuova chiesa, dotandola di un beneficio
che gli procurò così il diritto di patronato. Ma la prima
visita pastorale, compiuta nel 1563 dal cardinale Pisani,
vescovo di Padova, la trovò indegna di essere officiata, poiché in pessimo stato; e così restò finchè, nel 1601, divenne
sede della parrocchia, sottraendo il titolo alla chiesa di
Santa Catterina, cui la chiesa di Conco era unita. Nel 1634
la parrocchiale risultava possedere tre altari lignei: il maggiore e due laterali, dedicati rispettivamente a San Carlo
ed al Crocifisso.
All’ampliamento della chiesa, divenuta ormai insufficiente a contenere tutta la popolazione, si procedette solo nel
1713, durante il rettorato del parroco Nicolò Cortese. Il
progetto fu presentato da Marco Marchiori, capomastro del
luogo, dal 1719 affiancato nella conduzione dei lavori dall’architetto Andrea Borella di Vicenza e, pochi anni dopo,
seguì anche la costruzione del coro e della sacrestia.
Parlando dell’interno della chiesa, la dottoressa ha poi
così continuato:
L’interno è a tre
navate, scandite
da possenti colonne di calcare
rosso, e vivacizzato dalle alternanze cromatiche degli archi e
dalla ricca decorazione a stucco
(come era stato
stabilito in un minuzioso capitolato), tardiva elaborazione di moduli barocchi segnati da uno
spinto decorativismo di matrice
lombarda.
Passando all’esame più particolareggiato
l’oratrice ha preso in considerazione l’altare di San Carlo, con queste parole: è collocato nella terza cappella a sinistra ed è stato realizzato nel
1686 secondo una tipologia diffusa dalla famosa famiglia
di scultori Albanese, attivi a Vicenza dalla seconda metà
del Cinquecento. Il gusto decorativo rimanda tuttavia agli
stilemi tipici dei valsoldesi Merlo, che, proprio presso gli
Albanese, avviarono il loro fruttuoso tirocinio artistico.
Particolarmente interessante è la teca che conserva uno
dei rari esempi di scultura lignea conservata sul territorio dell’Altipiano: in essa il corpo del Cristo è attorniato
dagli strumenti della Passione, intarsiati nel marmo con
dovizia di particolari. Al centro dell’ancona è custodita
una tela novecentesca del pittore Giuseppe Farina di Schio,
raffigurante il santo titolare. Sulla cimasa, risolta secondo moduli cinquecenteschi, risulta appena leggibile
un’iscrizione che riporta la data del manufatto.
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Nella seconda cappella sinistra è collocato l’altare di
San Giuseppe, realizzato nel 1765 e attribuito allo scultore
trentino Andrea Lucchi, già presente nella chiesa nel 1743.
La struttura, in calcare rosso locale, biancone, marmo rosso di Francia e verde antico, è caratterizzata dalla spinta
aggettante delle colonne che, impostate su assi diagonali,
infondono dinamicità al manufatto. Originale è la presentazione dell’antipendio a urna, rielaborazione di stilemi tipici di una delle famiglie più famose di scultori e altaristi
trentini, i Benedetti. Al centro dell’ancona è ancora una
tela del pittore Farina di Schio, raffigurante il Transito di
San Giuseppe. Conclude l’altare il vivace fastigio, arricchito da due putti che rivelano la cifra stilistica dello scultore trentino.
Segue, al lato sinistro dell’arco di trionfo, l’altare del
Sacro Cuore di Gesù edificato nel 1729 a spese della famiglia Girardi, come rivela l’iscrizione sulla cimasa.
Il manufatto, realizzato interamente con pietra locale,
riprende lo stile dell’altare del Rosario, situato a destra
dell’arco di trionfo, realizzato nel 1732 dallo scultore
Girolamo Nasocchio. E’ questa una figura chiave per comprendere la ricca produzione settecentesca dell’area
bassanese. Probabilmente allievo di Bernardo Tabacco,
come sembrerebbe suggerire la raffinata esecuzione del
bassorilievo dell’antipendio, lo scultore elabora una cifra
stilistica propria, non priva di contatti con la produzione
dell’unico prosecutore, stando alle fonti, dell’opera del Tabacco, Guglielmo Montini. Le convergenze stilistiche paiono inoltre particolarmente evidenti nel fastigio che ospita
le due statue in pietra tenera raffiguranti San Domenico e
Santa Caterina da Siena. Recenti sono invece le formelle
che ritraggono i quindici Misteri del Rosario.
Segue, nella seconda cappella destra, l’altare della Beata Vergine Addolorata, opera dello scultore trentino Andrea Lucchi, commissionatogli dalla Confraternita della
Beata Vergine dei Sette Dolori nel 1743. Per cause ancora
non verificabili la costruzione dell’altare fu interrotta dopo
appena un anno dall’incarico e ripresa solo nel 1755, come
attesta l’iscrizione sulla cimasa. Particolarmente movimentata, l’opera enfatizza lo sfondamento prospettico tramite
le colonne che insistono su assi obliqui, mentre le direttrici
decussate del fastigio ne accrescono il senso di dinamicità.
Ugualmente vivace è l’antipendio in cui campeggia il lenzuolo della Veronica con il volto dorato del Cristo. Attorniano la teca, dove è conservata una statua di recente fattura raffigurante la Vergine, gli ovali dipinti dei Sette Dolori, anch’essi opera contemporanea.
Proseguendo lungo la navata, nella terza cappella destra è conservato l’altare di Sant’Antonio da Padova, un
tempo dedicato alla Vergine del Rosario, come eloquentemente rivela la decorazione dell’antipendio, realizzata con
la tecnica del commesso fiorentino, diffusa nel territorio
vicentino dalla famiglia dei Corberelli a partire dagli anni
Settanta del Seicento. Nell’ovato centrale la Vergine consegna il Rosario a San Domenico, accompagnato da Santa
Caterina da Siena. Ai lati, entro due ovali di pietra nera di
paragone sono raffigurati e minuziosamente descritti a sinistra San Sebastiano e a destra San Giovanni Battista. Con
la medesima tecnica sono decorati anche i pilastrini di sostegno delle colonne.
Collocate su due mensole ai lati dell’arco trionfale spiccano le statue in legno dipinto raffiguranti la Vergine e San
Marco, titolari della chiesa. Un recente restauro ne ha
magistralmente restituito i valori cromatici, preclusi da una
pesante ridipintura in tinta neutra. Di discreta fattura, esse
costituiscono uno dei rari esempi di scultura lignea di epoca barocca conservati sull’Altipiano di Asiago.
A questo punto la dottoressa Sebastiani si è soffermata
sul presbiterio che accoglie l’altare maggiore, isolato alla
romana. Il progetto dell’altare, datato 1746, si deve all’architetto Andrea Borella, vero scenografo della chiesa. L’esecuzione spetta, invece, allo scultore bassanese Girolamo
Nasocchio. Ricco di suggestioni è il paliotto, impreziosito
da un susseguirsi di volute e di girali in marmo biancone.
Senza soluzione di continuità dalla mensa procedono le
sovraporte del coro che riprendono la decorazione dell’antipendio presentando, alla sommità, un ricco cimiero profilato ancora da volute. Posteriore è invece la realizzazione
del pregevole tabernacolo, datato 1750 e opera degli scultori vicentini Francesco Leoni e Francesco Luigi. Nell’opera, di stile rococò, l’alternanza dell’alabastro e del diaspro
rosso di Sicilia vivacizza ulteriormente la ricca trama architettonica che accoglie un tripudio di angioletti e di minuscole figure femminili scolpite nel marmo di Carrara.
Completano magistralmente l’altare i due angeli che paiono quasi dominare con sereno distacco l’esuberante palcoscenico barocco ideato da Andrea Borella. Realizzate in
marmo bianco di Carrara le figure recano attributi materici,
il grappolo d’uva di metallo e le spighe di grano. Le forme
solide e tornite sono percorse da un modellato vibrante che
sottolinea le proporzioni leggermente allungate e sinuosamente flesse. Purtroppo, allo stato attuale delle conoscenze, nessuna documentazione permette di proporre un’attribuzione artistica, tuttavia l’analisi stilistica consente di
contestualizzare il gruppo nell’ambito della produzione scultorea di area veneta di fine Settecento, presumibilmente legata alle esperienze dello scultore veneziano Giuseppe
Bernardi. La grazia soave delle migliori composizioni di
questo artista traspare infatti sui volti dei due angeli, caratterizzati allo stesso tempo anche da suggestioni di gusto
neoclassico.
Completavano un tempo il ricco “apparato scenico” della chiesa gli affreschi realizzati dal pittore vicentino
Costantino Pasqualotti, seguito da quello che si rivela dunque essere vero “regista barocco” del ricco programma
decorativo della parrocchiale, l’architetto Andrea Borella.
Dell’intervento non rimane purtroppo alcuna traccia, poiché, come rivela una lettera scritta dall’allora parroco Marco Poli al vescovo di Padova, il 24 ottobre 1918 l’esplosione di una polveriera a Gomarolo fece crollare, oltre alle
vetrate, anche gran parte del soffitto che fu ridipinto in epoca
successiva.
Un prolungato scroscio di applausi ha salutato la conclusione dell’esposizione e, a concludere la serata, sono seguiti altri quattro canti del coro, come sempre diretto dal
m.o Giordano Dalle Nogare. E ancora applausi.
La serata è terminata con un rinfresco nella piazza: come
dire che tutti i salmi…
Per parte nostra, grazie ancora alla dottoressa Sebastiani
che ci ha fatto finalmente “guardare” un tesoro che l’abitudine ci fa solamente “vedere”.
L.C.
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Il Racconto
di Mirko Predebon
VAL SCURA
5 AGOSTO 2002
A
nche l’anno scorso,
come ogni anno, un
gruppo di valorosi (sic!) si è ritrovato per una giornata in compagnia. Dovete sapere che il 5 di
agosto di ogni anno il Giorgio
Giovanni Girardi “G 3”, organizza una giornata eno-gastrocamminatoria in quel di Luserna
– Monte Rovere in provincia di
Trento. Quindi ogni anno un
gruppo più o meno numeroso si
ritrova a Conco e verso le ore
6.30 parte. Si forma una colonna
di automobili veloci e sicure, che
senza tentennamenti arriva a
Monte Rovere poco dopo il passo Vezzena.
Lo scopo principale della
giornata è quello di compiere la
discesa della Val Scura, che, partendo dal Monte Rovere, si apre
e si getta in Valsugana poco distante dal lago di Caldonazzo.
Questa camminata, che può
risultare anche impegnativa, ha
due caratteristiche che per noi
conchesi la rendono diversa e
quindi particolare rispetto ai nostri classici percorsi. Innanzitutto
noi di solito dobbiamo arrivare ai
piedi di una montagna per poi salirla e ridiscenderne, qui invece
è il contrario, prima, da Monte
Rovere scendiamo per un sentiero che taglia la strada chiamata
“del Menaoro” per poi risalire al
luogo di partenza per la Val Scura, secondariamente è un percorso dove abbonda freddissima
l’acqua e per noi abituati al “carsismo” delle nostre montagne è
un fatto curioso.
Quindi anche l’anno scorso
(2002) ci siamo ritrovati in buon
numero per questa giornata. Arrivati al parcheggio dove abbiamo lasciato le nostre auto, ci siamo preparati: calzati gli scarponi e assicurati gli zaini alle spalle, siamo partiti in discesa per il
sentiero e arrivati alla baita che
si trova a mezza via, abbiamo
fatto una prima sosta per consu-
mare un breve spuntino, poi giù
fino all’imbocco della Val Scura. Siamo partiti dunque da questo punto tutti assieme e, a parte
i due “corridori” di quell’anno,
il Denis Colpo “Balda” e l’Olindo Trotto di contrà Trotti, che
hanno fatto a gara tra loro per
superarsi e vedere chi arrivava
per primo, tutti gli altri, dicevo,
seguivano il proprio passo senza correre e senza misurarsi con
nessuno.
Il percorso inizia subito a salire con costanza e dopo circa
un’ora di camminata diventa anche faticoso. Si deve attraversare un ghiaione e poi entrare in un
bosco dove il sentiero, con continui tornanti, ti porta a salire rapidamente di altitudine fino ad
arrivare alla fontana del “miracolo”. Qui sostiamo per dare fondo
alle ultime provviste ed aspettare i ritardatari.
Il “G 3” compie qui il consueto, meraviglioso, incredibile,
sovrumano “miracolo”. In questo posto sgorga dalla montagna
dell’acqua freddissima che si
raccoglie in un catino naturale
per poi scorrere verso la valle.
Il “G 3” dopo aver rimboccato
le maniche della camicia immerge nel catino il prodigioso braccio che all’estremità ha la sua
mano con le dita aperte. Poi,
dopo aver cercato, palpato, toccato, finalmente ritrae il braccio
dove all’estremità ha ancora la
propria mano, ma questa volta,
ben chiusa sul collo di una bottiglia. Una vera bottiglia di vino
nero. Vi lascio immaginare lo
stupore e la meraviglia che
codesta cosa provoca in tutti gli
astanti. Anche se qualche “ateo”
della compagnia mi insinuava
nell’orecchio che non era un miracolo ma che era stato lo stesso
“G 3” che, il giorno prima era
andato sin là per nascondere la
bottiglia, io non l’ho mai creduto e ho sempre preferito pensa-
re al “G 3” come ad un eletto dal
potere “diVino”.
Ad onore di cronaca riferisco
che il 5 Agosto 2002, al nostro
non riuscì il prodigio.
Ripartimmo comunque, per
la parte più bella del percorso,
che continua sempre salendo con
un alternarsi di scale, di ponti,
di passaggi con corde, per poi attraversare un canalone ed arrivare sotto ad un ponte di legno,
nella località detta: “vasca dell’Ippopotamo”. Ora, direte voi,
come si fa a dare un nome del
genere ad una qualsiasi cosa, qui
a migliaia di chilometri dall’Africa dove sono abituati a vivere gli Ippopotami? Ve lo spiego io. Qui, il più grosso della
compagnia (circa 130 Kg), “el
Fusto” dopo essersi quasi denudato, (per l’occasione indossa un
costume da bagno) si butta in
una vasca naturale colma di acqua freddissima e, vi assicuro
che sembra proprio un ippopotamo. Rimane per molti minuti
dentro a quest’acqua fino a che
la sua pelle dal rossore che aveva diventa di un colore quasi
bluastro. E noi tutti lì a vederlo
questo pachiderma che sguazza
nella freddura dell’acqua, e ci
sembra impossibile che un uomo
possa stare per molti minuti a
contatto con quelle gelide acque.
Chi non ha mai visto una cosa
del genere non crede ai propri
occhi, come il Giorgio Crestani
“Rape” che iniziò a ridere e a
dire frasi sconclusionate “no, no
no xe posibile”, eppure stava
succedendo, “l’è mato, l’è mato,
l’è mato” e non vedeva se stesso impazzito, “el more, el more,
el more” e l’unico che poteva
morire non era che lui, che dalle
risate doveva tenersi stretta la
pancia quasi dovesse scoppiare.
Uscito il “Fusto” asciugato e
vestito si riparte e poco dopo, arrivati alla fine della camminata,
passando per un bosco e di se-
guito in mezzo ad un prato si arriva al parcheggio delle auto.
Trasferiti fino a Luserna, una
serie di aperitivi prepara i valorosi al pranzo. Il “G 3” prenota ogni
anno alla locanda Rossi gestita da
una simpatica signora e dalle sue
due belle figliole. Anche quel 5
agosto 2002 abbiamo consumato
un pranzo pantagruelico: gli antipasti, i Knöderli, la zuppa di funghi, la pasta, i numerosi piatti di
selvaggina (cervo, capriolo, cinghiale, ecc.), i contorni, la polenta e molto vino. Le pance riempite ed il calore del vino fanno dimenticare le fatiche del mattino.
Una delle figlie della padrona (l’altra non c’era) faceva capolino dalla cucina alla sala da
pranzo e viceversa ed essendo
carina attirava l’attenzione dei
più audaci, infatti “el Balda” non
mancava mai, quando questa passava, di farle un complimento,
una battuta, un sorriso. Rimase
però a bocca aperta, senza riuscire a spiccicare una parola, quando la madre della ragazza, che è
abbastanza robusta e sulla sessantina, venuta a sapere che lui stava “corteggiando” la figlia, guardandolo negli occhi disse “chi
entra in questa casa deve osservare la legge della maniglia, prima la mamma e poi la figlia”.
Tutti risero, tranne uno.
Altro vino fece ingresso sulla tavola. I canti iniziarono ed i
più bravi (el Bojaco, el Borasca,
el Fausto Marchiori, el Balda e
tutti gli altri) levarono alte le loro
voci. Il canto fluiva e si spandeva armonioso nella stanza richiamando l’attenzione di altri commensali. Dopo le grappe anche
noi stonati, prima timidamente,
ma poi senza più ritegno ci improvvisammo cantori.
Arrivammo così alla fine del
pranzo. Salutata la padrona e la
figlia, calmate la fame e la sete,
felici della giornata, ripartimmo
con le auto in direzione di casa.
Ma le auto che al mattino ci avevano accompagnati senza alcun
problema, facevano degli scherzi, balbettavano, saltavano, insomma tutte quante all’unisono
si fermarono. Per fortuna eravamo vicini all’albergo Passo Vezzena e potemmo così rifugiarci
all’interno. Poi raffreddati i motori ripartimmo, ma poco dopo
altri sobbalzi, altri tentennamenti delle auto, altra sosta, anche qui
fortunati, le auto si fermarono
“4 Ciacole” - pag. 19
davanti all’osteria del Termine,
poi arrivarono fino a Camporovere dove si fermarono al ristorante “Montagna”. Dopodiché le
auto riuscirono incredibilmente
ad attraversare Asiago, ma la salita del “Fagaron” fu a loro fatale. Dovemmo sostare all’osteria
“al Puffele”.
E qui inizia un’altra storia.
Avendo indugiato troppo a lungo sull’ultimo bicchiere, e sentendo l’autista, “el Mario Nesta”,
che premeva perché finissi presto in modo da poter rientrare a
casa, all’improvviso dichiarai:
“beh, mi torno a casa a pie”. “El
Bojaco” che certamente non voleva tornare a piedi, con un lodevole senso di amicizia rispose
“mi lo compagno”. Ricalzati gli
stivali e messi gli zaini in spalla,
ci trovammo soli io ed il “Bojaco” e con passo incerto partimmo dal Puffele in direzione di
Conco. Preso il sentiero che parallelo alla strada attraversa il
passo stretto, notando la perplessità che colmava i pensieri del
mio compagno, volli rincuorarlo
facendogli capire tutti i vantaggi
della nostra passeggiata fino a
Conco: “Roby, visto che tuta
uncò ghimo bevuo na s-ciantinela
massa, sta caminada fin casa no
la pol che farne del ben, cusì co
rivemo in Conco stasera che xe
festa saremo lucidi”. Feci appena in tempo a notare sul viso dell’amico un moto di comprensione, quando appena sbucati dal
bosco e trovate le prime case dei
Galgi sentii una voce forte e conosciuta che incominciò ad apostrofarci “ma cosa fè, sii mati,
volì morir ‘ndando in giro a pie?
Ma che sorpresa!”. Vidi la figura
simpatica di questo personaggio
da me conosciuto, che rivolto ai
piani superiori continuava “mojer
mojer, varda zo chi che xe rivà,
xe qua l’autista (che poi sarei io).
Salutai questo veneziano dal nome improbabile “ciao Otto come
stetu?”. Dopo gli abbracci e le
pacche sulle spalle, lui pose la domanda fatidica “cosa volì bevar?”
e siccome eravamo nel garage e
ricordando le parole che avevo
detto poco prima al Roberto, senza indugi risposi “non serve che
te vai de sora a tor da bere, no sta
scomodarte a far le scale. “No
serve che vada de sora” fu la risposta e ci indicò in un angolo
un piccolo frigo, lo sportelletto
si aprì, bicchieri e bottiglia fece-
ro capolino e dovemmo brindare
alla salute loro e poi alla nostra.
Salutati i veneziani ripartimmo certamente confusi. Non riuscimmo, infatti, a superare lo
sbarramento del bar “da Beppino”. Entrammo e bevemmo alla
salute nostra e poi a quella dei
presenti. Riuscimmo poi a prendere il sentiero per i “Lastuni” ed
arrivati alle prime case di Leghe
sentimmo una voce che ci apostrofava “ma cosa fèo, sio mati,
volio morire ‘ndando in giro a
pie? che sorpresa”. Era il Bruno
Dalle Nogare che, uscito dal proprio garage, ci venne incontro e
anche lui dopo che gli avemmo
spiegato della nostra giornata ci
pose la domanda fatidica “cosa
volìo bevare?” Fu il Roberto a
rispondere “no serve che te vai
de sora a tor da bevare, no sta
scomodarte a far le scale”. “No
serve che vada de sora” fu la sua
risposta e ci indicò in un angolo
un piccolo frigo, lo sportelletto
si aprì, bicchieri e bottiglia fecero capolino e dovemmo brindare
alla sua salute e poi alla nostra.
Salutato il Bruno ripartimmo,
ma un’autovettura con una per-
sona conosciuta alla guida si fermò. Era mio fratello Paolo, che
subito mi mise al corrente che la
mamma era molto arrabbiata perché non ero ancora arrivato, ci
caricò nella vettura e poco dopo
ci scaricò a casa. Appena mi vide
mia madre incominciò con una
serie incredibile, continua, magnifica e stupefacente di rimproveri dove tra i molteplici “schifoso d’un schifoso” i moltissimi
“desgrasià” i terribili “desbatedà”, spiccavano i più precisi
“imbriagon d’un imbriagon”.
Cercai con lo sguardo un aiuto
dal mio compagno di viaggio, ma
il “Bojaco già si era dileguato
verso la piazza. Quando mia madre decise di passare alla violenza fisica scappai anch’io prima di
ricevere in testa uno degli oggetti che la cara mamma tentava di
lanciarmi. Mi rifugiai nella doccia. L’acqua ed il sapone non fecero che il loro lavoro lavando e
pulendo la mia pelle, ma non riuscirono a lavare le perplessità che
affollavano e offuscavano la mia
mente. Vestito e profumato uscii
di nuovo da casa evitando incontri materni. In piazza andai a
mangiare presso la Pro Loco, cercai di chiacchierare con più persone sforzandomi di sembrare
normale. Capii presto che il mio
sforzo era inutile dai visi e dai
sorrisi di queste persone. Salii
dalla canonica alla piazza e trovai il “Bojaco” che stava lavorando nella “baracca” e vendeva
vino e birra. Anch’io dovevo essere vicino a lui ma la Federica
Bagnara che gestiva il servizio
gentilmente, viste le mie condizioni, mi dispensò.
Anche se era molto presto e
la festa non era ancora entrata nel
vivo decisi di tornarmene a casa.
Con molti passi feci i pochi passi
che separano la piazza dalla mia
casa (per il deprecabile fatto che
camminavo zigzagando). Entrai
in casa, salii in camera e subito
mi addormentai.
“Non si sveglia neanche con
le cannonate” è un modo di dire
per indicare una persona che ha
il sonno pesante. Non so se le
cannonate mi avrebbero svegliato, ma non mi svegliarono i numerosi e rumorosi fuochi d’artificio che pure scoppiarono poco
distanti dal tetto della mia casa.
UN DIPINTO PER I BAMBINI DELL
L’’ A S I L O
N
on sono solo i genitori dei bambini della scuola a darsi da fare! Qualcun altro ha pensato bene di rendere più
bello e allegro il cortile della nostra SCUOLA MATERNA: Giuseppe Colpo, nonostante abbia dei bambini ormai
grandi, armato di pennelli e colori, ha realizzato un coloratissimo dipinto a muro che ha entusiasmato i nostri bambini.
Noi insegnanti, assieme con i bambini, vogliamo ringraziare di cuore questo papà, sperando che il suo contributo alla
nostra Scuola diventi un esempio per tante altre persone volonterose.
Le insegnanti e i bambini
“4 Ciacole” - pag. 20
RICORDI di GUERRA
G
entili Signori,
mi chiamo Fiorina Dalle Nogare; sin da piccola ho
avuto l’occasione di avere a casa la vostra rivista.
Sono la figlia di Renato Dalle Nogare e Pilati Norma. Non
sono nata a Conco ma i miei genitori e tutti i nonni prima di
loro vi sono nati e vissuti per generazioni (sicuramente dal 1700
circa). Leggo con molto interesse la parte “storica” dove si raccontano le origini, la vita di un tempo, i luoghi, le vicende vissute. Volevo ringraziarvi per il grande lavoro che state facendo e
soprattutto il dott. Cremonini che sta raccogliendo molto materiale che altrimenti andrebbe disperso o non valorizzato. Io
nel mio piccolo (tempo permettendo), oggi, vi posso mandare
questo allegato con il racconto della mamma e di mia zia che
allora erano bambine. Non ho messo il titolo e l’insieme magari è da correggere ma io faccio tutto un altro lavoro… perdonatemi…
Vi mando i miei più sentiti saluti.
Fiorina Dalle Nogare
Siamo Norma ed Edvige Pilati.
Anche se il tempo è passato, rimangono dentro di noi quei terribili momenti dell’ultima guerra mondiale durante i quali abbiamo visto vivere attimi di grande dolore.
Allora abitavamo nella contrada “Caselli” e siamo due delle
sette figlie di Federico Pilati e Fiorina Soster.
Ricordiamo la fame che ci attanagliava, soprattutto in quegli
anni in cui il “desco” era composto da poca polenta, verze e le
patate che papà era riuscito a nascondere dai malintenzionati, in
una buca nel pavimento della stalla. Pensate che la mamma cucinava le patate, quelle piccole piccole, per poi aggiungere la semola e dar da mangiare alle galline; e noi bambine, affamate ma svelte, riuscivamo a prenderne alcune per poi dividercele tra di noi!
Ricordiamo anche la nostra mucca, che era morta improvvisamente e non avevamo i soldi per ricomprarne un’altra. Così, per
sfamarci, i nostri genitori avevano preso una capretta e quattro
pecore.
Con paura ricordiamo ancora il giorno in cui due tedeschi erano venuti a casa nostra per una retata.
Nostro padre, rimpatriato dalla Francia prima dell’inizio del
conflitto, era in quella fascia d’età in cui non si è più giovani ma
nemmeno vecchi e così era stato costretto dai tedeschi a scavare
gallerie per l’organizzazione TODT. In quei terribili giorni però era
dovuto andare a nascondersi in montagna con i partigiani per non
correre il rischio di essere passato per le armi. Aveva nuovamente
affidato la mamma e noi al fratello Giovanni che, avendo già un’età
avanzata, poteva restare con la sua famiglia. Quel giorno in casa
eravamo noi due, la mamma e nostra sorella Rina.
Ci riunirono tutte in cucina, guardarono in ogni luogo e videro
sul vetro della credenza una fotografia dalla Germania. Ce l’aveva
spedita un parente di Treviso che era lì prigioniero, ma loro credettero che fosse del capo famiglia e così borbottarono qualcosa nella
loro lingua per noi dura e incomprensibile e decisero di proseguire
nell’operazione. Uno dei due ci fece andare tutte nelle camere con
lui mentre l’altro esplorava il cortile.
Vediamo ancora la sua divisa, l’elmetto nero sulla testa e sentiamo i suoi pesanti e lunghi stivali neri che salgono i vecchi scalini di legno ed il battere metallico delle armi.
In camera buttò in aria i poveri letti e con il fucile cercò invano
nei cassetti del “banco” e con rabbia ne ruppe uno facendoci trasalire di paura. Vide una cassa di legno; era chiusa a chiave. Voleva
guardarci dentro ma noi la chiave non l’avevamo… Per un puro
caso fu richiamato dal camerata e fu costretto a ridiscendere e ad
andarsene.
Con orrore la mamma sapeva che l’avevamo scampata per un
miracolo perché la cassa conteneva la divisa e la pistola di un nostro cugino forestale.
Nella soffitta, dietro a mucchi di “fastughi” tenevamo nascosta
anche una radio di una nostra zia, la quale, abitando in piazza e non
volendo far trovare un oggetto che non si doveva avere, ci aveva
chiesto di nasconderla sino alla fine della guerra.
I due soldati uscirono dalla corte e proseguirono la loro perquisizione nelle abitazioni vicine dove, insieme ad altri, fecero
violenze di ogni tipo.
Dopo il loro passaggio, lo zio Giovanni si accorse del furto
dell’orologio che teneva in camera. Per incoscienza, disperazione
o sete di giustizia, si recò al comando tedesco che era installato in
piazza e riuscì a farsi restituire l’oggetto che gli era stato tolto!
Poi ci fu il rogo delle case della piazza con il fuoco ed il fumo
che si levavano verso il cielo; e gli uomini nascosti nei boschi che
non sapevano il destino dei loro cari rimasti a casa.
Seguirono poi i giorni della disfatta tedesca. Vedemmo ragazzi
partigiani che salivano verso il paese con un loro coetaneo morto,
disteso sulla portiera di un camion. Scorgemmo un altro giovane
che, scendendo da Conco, gridava vendetta contro coloro che lo
avevano fatto soffrire per poi tornare indietro tutto sporco di sangue. Una notte udimmo le grida nel buio di chi era stato tra i fascisti e che ora era stato preso da coloro che aveva perseguitato.
Passarono anche altri ragazzi, tedeschi prigionieri, tutti in gruppo, sporchi, affamati, ora come prima gli altri.
E la storia purtroppo si ripete, oggi come allora, con la stessa
spietata violenza che resterà per sempre nell’animo di bambini
che diventeranno anziani come oggi siamo noi.
CRONACHE CRONACHE CRONACHE
Lauree:
Alla fine di aprile si è laureato in Ingegneria Informatica all’Università di Padova Andrea Stefani, che è figlio di Luciano (il
Geometra).
A luglio, invece, si è laureato a Bologna in Ingegneria Gestionale
Silvano Michieli di anni 25, che è il figlio di Marta Dalle Nogare.
Ai due neo dottori i complimenti e gli auguri di 4 Ciacole.
Borse di studio:
In memoria di Giovanni Zampese, la Cassa Rurale ed Artigiana di Cantù, ha assegnato a 73 studenti meritevoli altrettante borse
di studio per un ammontare complessivo di 40.250,00 euro. Come
certamente molti lettori ricorderanno, il dott. Giovanni Zampese,
originario di Santa Caterina, è stato per lunghi anni Presidente di
quella Cassa Rurale ed ha ricoperto più volte importanti incarichi
in autorevoli organismi del Credito Cooperativo. La Cassa Rurale
Canturina ha voluto dedicare al dott. Zampese anche una propria
sala convegni.
Dall’Australia:
Cristiano Cortese è stato uno degli ultimi, se non l’ultimo,
Conchese ad emigrare in Australia. Originario di contrà Cortesi, è
partito con la nave Galileo alla fine del 1965. Con lui, sulla nave
c’erano anche Bruno Dal Ponte e la moglie Carla.
Cristiano, che è cognato di Silvano Predebon, vive a Melbourne,
ha lavorato a lungo per la ditta F.lli Bergamin alla costruzione di
palazzi e grattacieli. E quest’anno è tornato a Conco per rimanervi
per un lungo periodo. Ha sistemato un po’ la sua casetta ai Cortesi,
ha incontrato parenti e amici e fatto qualche passeggiata per i nostri monti e le nostre contrade.
“4 Ciacole” - pag. 21
LE NOSTRE RECENSIONI
-a cura di Luciano CremoniniPAOLO PIETRO PILATI – UN UOMO QUALUNQUE
Il 12 luglio scorso, presso l’Albergo al Cappello è stato presentato il libro di Paolo Pietro Pilati “Memorie di un uomo qualunque – Racconto” Si tratta di un “racconto lungo” con il quale il Pilati, che ha
origini Conchesi, racconta la sua vita, molto travagliata.
Tanto travagliata che, all’inizio, non solo non si comprende
bene se siamo a Vicenza o a Verona, ma si resta anche incerti su
alcuni riferimenti storici relativi all’Altopiano. Queste però sono
solamente questioni marginali. Ciò che invece è importante da
dire è che soprattutto i giovani dovrebbero leggerla, questa autobiografia, per rendersi conto che la vita non è facile, specialmente se all’inizio c’è una adolescenza sconvolta, quando ci si
trova a dover combattere per il pane quotidiano, quando si affrontano mestieri sempre nuovi… anche perché non tutti, oltre
al coraggio hanno, come l’autore, la capacità di riuscire ad apprenderli e ad esercitarli tutti bene.
Guarda caso,
proprio mentre parlavo di questo testo
con il nostro Bruno
Pezzin è arrivata una
telefonata dall’Australia, da uno di
quei tanti nostri emigrati che sono partiti con la valigia di
cartone ed hanno dovuto costruirsi giorno dopo giorno con
enormi sacrifici una
vita oggi dignitosa.
Si, è necessario, indispensabile che i
nostri giovani queste
cose le sappiano e riflettano. Ed a questo, il libretto del Pilati può servire.
Paolo Pietro Pilati – MEMORIE DI UN UOMO QUALUNQUE – Racconto – MEF – L’autore libri, Firenze, 2003 - € 5,70.
GUERRA SANTA
Pensieri “appoggiati” sulla carta…
per vedere un po’ più in là del proprio naso
- di Rossana Golin -
A
distanza di poco
più di un decennio
siamo ritornati a parlare di
guerra… Santa.
È in questi casi che le
menti auguste, e quelle che
lo sono un po’ meno, sfoggiano la loro “maestosa sapienza”, dando sfogo alle
loro personalissime idee
con fervore e compiacimento quando i propri
interlocutori mostrano interesse che cresce ad ogni parola… e anche quando non
accade.
Ciò non succede solo in
televisione o nei films, ma
anche nei piccoli e calorosi
locali dei nostri ridenti
paesini, soprattutto quando
in aiuto accorre qualche
buon bicchiere di vino (che
fortunatamente, ringraziando Dio e i viticoltori, non
manca mai…a mio modesto e personale parere!) e la
buona compagnia di alcuni
amici.
Nonostante lo scenario
di complicità e armonia qui
proposto, non sempre fila
tutto d’amore e d’accordo;
come nelle rose ci sono le
spine, anche in questi casi
qualcosa può andare storto:
c’è chi dà ragione a Tizio e
chi la dà a Caio. Tizio ha ragione perché… Caio ha ragione per cosa. E poi c’è
Sempronio, poverino che
non sta né da una parte né
dall’altra, non perché non
sappia decidersi con chi stare, ma semplicemente perché sia Tizio che Caio hanno un po’ ragione e un po’
torto… le loro ragioni, e i
loro torti, s’intende!!
A prescindere dal fatto
che la guerra non è mai da
ritenersi una buona cosa, o
una soluzione, viene anche
da dire che se con le buone
non si ottiene nulla, allora… forse un po’ di forza
non sarebbe del tutto sbagliata.
Ma le cattive – starà pen-
sando qualcuno – devono
per forza essere così cattive
ed estreme? Mah!! Penso
che se anche avessimo la
possibilità di guardare le
cose più da vicino e non nel
personale, con molta obiettività e a cuore aperto non
riusciremmo a dare una risposta valida e indiscutibile.
Certo che, sentir parlare
di guerra Santa fa drizzare i
capelli in testa a chiunque,
sia che patteggi per Tizio sia
che patteggi per Caio.
Su questa cosa però,
Sempronio ha una sua idea:
Dio non è d’accordo, Dio
non è assolutamente contento, perché Dio è uguale
per tutti, è uno per tutti sia
che si chiami Cristo, che si
chiami Buddha o Allah,
Tarcisio o Venanzio… Dio
è uno e da lassù, seduto sul
suo trono d’oro appoggiato
a cuscini di nuvole sta continuamente guardando giù.
Non è più stupito, ma è
sempre più deluso dei suoi
figli e dell’ignoranza che regna in loro, e sia Sempronio
che io pensiamo che sia
stanco. Vogliamo pensare
che sia solo stanco!!!
Questi, cari concittadini,
sono i pensieri “appoggiati” sulla carta, di una come
voi, o come molti o pochi
di voi, che ha cercato di
esprimere qualcosa che forse non era ancora considerata.
L’intento non era quello
presuntuoso di dare lezioni
di vita o di pensiero poiché
la mia strada è ancora molto lunga, ma solo un incentivo perché si possa guardare un po’ più in là del proprio naso e considerare tutte le varie sfaccettature delle cose e delle situazioni.
Il mondo non è mai tutto bianco o tutto nero e i
perché sono infiniti come
infinite sono le loro risposte.
La guerra è un male ma
può anche servire e non dipende da che parte dell’oceano la si guarda… ma per
favore, non lasciamo che la
chiamino Santa.
“4 Ciacole” - pag. 22
IL CAFF
È DI FRANCESCO E IL 100 DI ALESSANDRA
FÈ
F
ammi un buon caffè!
Quante volte entrando
al bar si può sentire una richiesta del genere?
Ebbene, da qualche mese
Conco è balzato agli onori
delle cronache perché in questo nostro paesetto di montagna vive un ragazzo che il caffè lo fa proprio buono. Si tratta di Francesco Bertacco (el
fiolo de la Nazarena) che si è
piazzato al secondo posto nella finale nazionale “Illy Caffè
– Maestri dell’espresso junior” che si è tenuta l’8 e il 9
maggio all’hotel Mediterraneo
di Riccione.
Francesco era in concorrenza con altri 1870 studenti
di 44 Istituti Alberghieri di
tutta Italia ed ha sostenuto una
prova orale ed una pratica.
Superata brillantemente la
prova orale ricevendo i complimenti dalla Commissione
esaminatrice, Francesco ha
F
dovuto fare un caffè con una
macchina non tarata e, dopo
averlo bevuto, dire quali fossero i difetti. Ha dovuto fare
poi due caffè, uno nella tazzina tradizionale ed uno in tazzina di plastica, quindi – e qui
ha raggiunto il massimo – fare
un cappuccino portando il latte alla temperatura di 68 gradi
(ottimale – a detta degli esperti
– per tale bevanda), cosa che
gli è riuscita perfettamente.
Ma la bravura di Francesco
non si è fermata al caffè in
quanto le cronache hanno riportato anche un altro ambito
traguardo raggiunto dallo studente Conchese. Assieme all’amico Luca Menegatti di
Carrè, ha portato a casa il primo premio del concorso
enogastronomico “Canavese
in tavola” che si è tenuto il 7
aprile ad Ivrea. A questa selezione partecipavano 12 scuole alberghiere italiane e due
A
T
E
francesi. Il primo premio è stato assegnato a Francesco che
ha sostenuto brillantemente
una interrogazione sull’attività di sala (questo è il settore
da lui scelto per il percorso di
studi), e a Luca (il cuoco) che
ha preparato un “prosciuttino
di quaglie con patate tartufate
e flan di carote”. Ad accompagnare al successo questi studenti c’è stata l’opera dell’insegnante Mariano Meneghini
che a Conco è ben conosciuto
in quanto ha sposato Alessandra Passuello (figlia del Mino).
Gli studi e la bravura di
Francesco non sono passati
inosservati, se è vero che questo nostro giovane compaesano (ha 16 anni) è stato uno dei
tre studenti che ha ricevuto il
“Premio per la cucina
vicentina” patrocinato dal
Comuni di Breganze, Thiene,
Zugliano e Fara a ricordo del
Cavalier Francesco Fontana,
un noto ristoratore vicentino
recentemente scomparso, che
ha avuto grandi riconoscimenti anche all’estero e che era il
titolare de “La Corte del Belo”
a Thiene e de “La vecchia lanterna” a Zugliano.
La mamma di Francesco,
Nazzarena, ma anche il papà
Mario che da alcuni anni vive
a letto a causa di una gravissima infermità, sono stati davvero felici dei risultati e dei
premi portati a casa dal figliolo, ma non di meno dei risultati della figlia maggiore,
Alessandra, che si è
diplomata in Scienze Sociali
al Liceo Brocchi di Bassano
riportando il massimo del punteggio, un bellissimo 100 che
dimostra la serietà, l’impegno
e la costanza di questa ragazza che non solo ha dedicato
molto tempo agli studi, ma
anche all’assistenza quotidiana al padre.
L A R G O !
Il gruppo di ciclisti Conchesi, che ogni domenica si ritrova per affrontare lunghi percorsi anche su strade bianche di alta montagna, posa per il fotografo di
“4 Ciacole” davanti alla pizzeria “da Riccardo”. A destra il decano del gruppo, dott. Pietro Merlo, guarda sorridente i suoi compagni.
È
vivo da alcuni anni, a Conco, il gruppo ciclistico
amatoriale di Mountain Bike “Ridi e pedala”.
Nato dall’iniziativa di pochi precursori, è diventato man
mano un gruppo sempre più folto e vario, che ogni domenica
mattina si trova in piazza per intraprendere sempre nuove e
diverse escursioni sul nostro magnifico Altopiano.
L’appuntamento delle otto e mezza sotto il campanile a
Conco è diventato per tutti importante ed irrinunciabile, a testimonianza dell’entusiasmo e della comune passione che lega i
partecipanti, nonostante le differenze di età e di … energie!.
Così come irrinunciabile è diventata, nel mese di agosto,
l’escursione che porta il gruppo sulle più alte cime
dell’Altopiano, passando per Bivio Italia, Bocchetta Portule,
cima Larici: un’escursione che impegna una intera giornata.
Tutti amanti della montagna, dei boschi, della natura, che
l’Altopiano offre con mani generose a chi gli si avvicina con
rispetto e passione.
Un bel modo per conoscere ed unire contrade anche sperdute e luoghi meno famosi, che sempre accolgono il simpatico
gruppo con la sua brillante divisa gialla ed azzurra, con calore
ed incoraggiamento.
Complimenti ed auguri per la nuova stagione.
“4 Ciacole” - pag. 23
Skiroll – Triathlon di Rubbio
G
li organizzatori delle ormai famose gare di Skiroll –
Triathlon di Rubbio hanno pensato di anticipare quest’anno le gare che richiamano un sempre maggior numero di
campioni delle varie specialità. Dalla fine di agosto ai primi di
luglio, con vantaggio soprattutto per la partecipazione degli atleti che, a fine agosto avevano qualche difficoltà ad intervenire.
Buonissima anche l’affluenza di pubblico che ha letteralmente
invaso il palatenda appositamente installato nei pressi del campo sportivo di Rubbio dove si sono svolte le premiazioni e dove
si sono tenute le serate “culinarie”.
Le manifestazioni sportive, che si svolgono in parte a Rubbio
ed in parte a Gallio, hanno ottenuto il patrocinio della Regione
Veneto, dell’Amministrazione Provinciale di Vicenza, dei Comuni di Bassano, Conco e Gallio, dell’Ufficio Turistico dell’Altopiano
di Asiago e delle Comunità Montane di Asiago e del Brenta.
Moltissimi gli sponsor che hanno permesso di finanziare
l’importante avvenimento che, come detto, diventa ogni anno
più importante. Agli Enti patrocinanti e agli sponsor vanno i
ringraziamenti più sentiti degli organizzatori che, riuniti nell’Associazione RUBBIOSPORT, una associazione sportiva senza scopi di lucro voluta dagli abitanti di Rubbio, è il vero “motore” delle manifestazioni.
Le tre prove alle quali gli atleti si sottopongono sono: Ski Roll –
Mountain Bike e Podismo. Il primo percorso che va da Fontanelle a
Rubbio è di 5800 metri e prevede un dislivello, tutto in salita, di
355 metri. Il secondo è un anello, nella zona di Rubbio, di 5 km che
i ciclisti devono percorrere due volte e che è rappresentato da un
saliscendi le cui quote minima e massima vanno dai 1015 ai 1080
metri sul livello del mare. Il terzo percorso, quello affrontato dai
podisti, presenta una lunghezza i 5,1 km ed è anche questo rappresentato da un saliscendi che va da Rubbio alla Casara Nogara, a Val
Lunga, Pozzuolo e ritorno a Rubbio con dislivelli di circa 100 mt.
Parco giochi per ragazzi
L
a pineta di Conco di Sopra, quella dove una volta c’era
una grande pozza d’acqua, è stata completata da una
serie di attrezzi per far divertire i bambini. L’iniziativa, partita
dalla Pro Conco, è stata realizzata in ricordo di Roberto Rossi,
marito di Roberta Dalle Nogare e padre del piccolo Amedeo.
Roberto, infatti, era un volontario della Pro Conco, instancabile lavoratore ed impegnatissimo nel portare a compimento
le iniziative che venivano proposte. I suoi amici hanno voluto
dedicargli questo parco ed il 2 giugno, all’inaugurazione, nonostante un fitto temporale, erano in molti – per l’occasione
riparati nel laboratorio di ceramiche di Ilario Dalle Nogare –
ad essere presenti.
Successivamente è arrivato un sostanzioso contributo da
parte della Banca Popolare di Vicenza (10.000 euro) e così il
12 ottobre si è ripetuta una cerimonia di inaugurazione alla presenza del Sindaco, del Parroco e del Consigliere della Banca
rag. Maurizio Stella. Erano presenti anche i giornalisti de “Il
Giornale dell’Altopiano” ed una troupe di TVA.
Crediamo siano significative e molto belle queste iniziative
che, a ricordo di qualcuno, vogliono mettere in risalto le qualità e l’impegno di chi non c’è più. Lo stesso dicasi, ad esempio,
per il torneo calcistico che è diventato ormai una bella tradizione, dedicato a Vanni Saba, un altro personaggio di grande altruismo che dedicava molto del suo tempo libero ai ragazzi del
calcio e che in questo modo non viene dimenticato.
La Pro Conco ha sistemato anche l’area sottostante la
DAL VENETO ALL’INDIA
QUATTRO GENERAZIONI
L
a foto che pubblichiamo mostra a destra la “bisnonna” Paola Predebon “Bessega”, nata a “Comarolo” 80
anni fa, figlia di Bortolo detto “Nini” e di Edvige Rizzolo.
Assieme a lei c’è al centro la figlia Sonia Maino, nata
nel 1946 a Lusiana, che sposò nel 1968 Rajiv Gandhi, figlio
di Indira.
Priyanka, figlia di Sonia e Rajiv e nipote di Paola, è seduta a sinistra. Due figlioletti di Priyanka, bis-nipoti di Paola,
costituiscono la “quarta generazione” di questa famosa famiglia veneto-indiana.
Com’è noto, alla famiglia Gandhi è stata riservata una
sorte tragica. Indira, che guidava da anni la grande nazione
asiatica, venne assassinata, e la stessa sorte subì il figlio
Rajiv.
Canonica. Dove prima c’erano rovi e sterpaglie che rendevano
difficoltoso persino il passaggio a chi voleva affrontare il Boale,
ora c’è uno spazio ben pulito e sufficiente per svolgere qualche
attività o per realizzare un piccolo parco attrezzato.
Il Comune ha concesso propri contributi per la realizzazione di entrambe le iniziative.
La zona sottostante la canonica di Conco prima dei lavori di sistemazione e
ripulitura eseguiti dalla Pro Conco, si presentava così agli occhi dei passanti.
“4 Ciacole” - pag. 24
Cronache dal Comune
ABBATTUTA L’EX CASERMETTA FORESTALE:
Supera di poco i 340.000,00 euro (660 milioni di lire) l’importo dei lavori di costruzione di un nuovo edifico comunale
che sorgerà lungo il Viale della Rimembranza, dove fino alla
primavera scorsa c’era la casermetta forestale.
Il Comune intende dare una sede prestigiosa alla Biblioteca
civica e ricavare una sala per riunioni che potrà ospitare 50-60
persone aperta anche alle esigenze di gruppi, associazioni, ecc.
L’edifico servirà anche per altri scopi istituzionali dell’Ente, in
primis per attività legate alla vicina scuola elementare.
A coloro che si domandano come mai è stato abbattuto completamente il precedente fabbricato, gli amministratori rispondono che la struttura riguardava un edificio adibito principalmente ad abitazione, mentre ora verrà destinato a servizi pubblici. Inoltre, siccome Conco rientra nella zona sismica 3, si è
dovuta adeguare la costruzione alle nuove norme in materia e,
su parere dei tecnici, non restava quindi che abbattere l’esistente.
L’EX CASA DEL SEGRETARIO
Nessuno si è interessato all’asta per la vendita del fabbricato comunale sito in Via Birte che è stato per lungo tempo adibito ad abitazione del Segretario comunale, poi a scuola elementare ed infine a casermetta forestale. Andata deserta la procedura dell’asta, l’amministrazione comunale intende ora passare alla trattativa privata e quindi venderà l’immobile a chiunque fosse interessato previo accordo sul prezzo. Come farebbe
un qualsiasi privato.
RIDOTTE LE TASSE
La notizia, che certamente interesserà a molti, sta nella riduzione delle tasse. Non è certo facile che accada e quindi, da
buoni cronisti, la dobbiamo dare.
Il Comune di Conco ha deciso con delibera del Consiglio in
data 28 marzo scorso, che la tassa rifiuti venga ridotta del 25%
agli anziani che vivono soli. Le condizioni sono:
1. che abbiano più di 65 anni d’età;
2. che siano residenti a Conco;
3. che siano gli unici occupanti della casa;
4. che non diano in affitto , neanche per brevi periodi durante l’anno, la loro abitazione.
5. che compilino un apposito modulo da
presentare in Comune.
Anche per l’ICI il Comune ha introdotto
novità a vantaggio dei contribuenti. E’ stata
infatti deliberata la norma che prevede l’applicazione dell’aliquota del 5 per mille in
luogo del 6 per mille e della detrazione spettante alle abitazioni principali, nel caso ad
occupare la casa sia un figlio o un genitore
del proprietario.
zione comunale ha provveduto alle sostituzioni.
A Consigliere comunale è stato eletto Claudio Miglioretto
(di contrà Tortima), che figurava primo dei non eletti alle ultime elezioni amministrative. A ricoprire l’incarico di rappresentante del Comune di Conco in Comunità Montana è stato
chiamato, invece, Carlo Pilati.
La Comunità Montana ha nominato nuovo assessore al bilancio il Sig. Franco Gandini di Lusiana.
RINNOVATA LA MALGA
È stata inaugurata alla presenza di numerosi cittadini, la rinnovata (potremmo dire “ricostruita”) Malga Verde. Dopo le lunghe vicissitudini burocratico/legali che hanno visto la Malga
contesa tra il malgaro concessionario (Sig. Gnatta, che pretendeva centinai di milioni di lire di buonuscita) ed il Comune di
Conco, la soluzione si è – di fatto – ottenuta a seguito dell’improvvisa morte del Sig. Gnatta avvenuta qualche anno fa.
Il Comune dapprima ha dato in concessione la Malga ad
allevatori di Conco (Maurizio Cortese di Contrà Rovera e Franco Crestani dei Uchese) ed ha potuto poi dar corso ai lavori di
sistemazione dei fabbricati.
Oggi la Malga è ritornata in efficienza e sarà adeguatamente e pienamente sfruttata quando sarà ricostruita anche la casara
più grande (quella vicina ai locali per la lavorazione del latte).
L’attuale canone di affitto che riceve il Comune, pari a 18
milioni di lire, sarà raddoppiato già da quest’anno, mentre in
futuro è prevista la possibilità di svolgere anche attività di
agriturismo.
La sistemazione della Malga ha comportato una spesa di
oltre 1,3 miliardi di lire e per la casara da sistemare si prevedono costi di circa 200.000,00 euro. La Regione ha concesso un
contributo.
NUOVO CIMITERO DEL CAPOLUOGO
Sono stati ultimati i lavori di costruzione della prima parte
del nuovo cimitero del Capoluogo con una spesa di _
361.519,83.- Costruito dietro il vecchio cimitero, laddove esisteva un campo di pallavolo, nel nuovo camposanto sono state sepolte le salme di alcuni defunti che erano state provvisoriamente inumate nei loculi.
Sono recentemente iniziati i lavori di completamento che
prevedono la costruzione della seconda parte, ma sui muri del
NUOVE NOMINE
A seguito delle dimissioni di Gherardo
Girardi da Consigliere comunale e da assessore della Comunità Montana, l’amministra-
Il nuovo cimitero a qualcuno non piace. Sui muri dello stesso sono apparse scritte contro i lavori di
completamento.
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