IL RECUPERO DEI CREDITI VERSO LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE ORDINE AVVOCATI BRESCIA, 11 giugno 2014, AGGIORNAMENTI DI DIRITTO AMMINISTRATIVO Avv. Antonio Donvito 1. IL DEBITORE PUBBLICO, i principi La soddisfazione dei creditori delle pubbliche amministrazioni pone due questioni collegate: l’ampiezza della responsabilità patrimoniale della pubblica amministrazione e la tutela degli interessi pubblici, che giustificano l’esistenza stessa delle pubbliche amministrazioni. La protezione dei diritti del creditore dello Stato e degli enti pubblici ha le sue radici negli artt. 24, 111, 113 Cost., nell’art. 47 Carta diritti fondamentali dell’Unione Europea, nell’art. 6 Carta dei diritti fondamentali dell’uomo (CEDU), che stabiliscono il diritto di ottenere quanto gli spetta, mediante la tutela giurisdizionale. In linea di principio, la pubblica amministrazione è un debitore come gli altri, alla quale si applica la disciplina civilistica della responsabilità patrimoniale, di cui agli artt. 2740 e 2910 c.c., pur con significativi adeguamenti per la qualità del soggetto debitore. Le regole ordinarie si fondano sul presupposto che il patrimonio del debitore sia limitato, tanto che, secondo l’art. 2740 c.c., questi, da un lato, risponde con tutti i suoi beni presenti e futuri e, dall’altro, vede sanzionate con misure conservative e cautelari le sue eventuali condotte distrattive. Se ne ricorrono le condizioni oggettive e soggettive, mentre il debitore privato può fallire o essere soggetto ad altre procedure concorsuali o para concorsuali (ndr. il procedimento per la crisi da sovraindebitamento), non così è per lo Stato ed alcuni enti pubblici. La questione dello Stato debitore, per molti anni di scarsa importanza pratica e di poco interesse per la scienza processuale, è esplosa tra la fine degli anni settanta e l’inizio degli anni ottanta del secolo scorso. Fino a quel momento, la dottrina riteneva che i mezzi del processo esecutivo civile fossero inadeguati alla soddisfazione dei creditori, richiedendosi l’adozione di provvedimenti amministrativi, negati al giudice ordinario per il divieto posto dall’art. 4, c. 2, L. 20 marzo 1865, n. 2248, All. E (c.d. legge abolitrice del contenzioso amministrativo)1. 1
VIRGA, La tutela giurisdizionale nei confronti della pubblica amministrazione, Milano, 1976, 151. Come noto l’art. 4, co. 2, l. n. 2248/1865, All. E sancisce il divieto di revoca o modifica da parte del giudice ordinario dell’atto amministrativo, in ossequio all’idea ottocentesca delle divisione dei poteri. Non avendo rango costituzionale, tale divieto può essere derogato dalla legge, che può attribuire all’autorità giudiziaria civile il potere di annullare provvedimenti amministrativi incidenti su diritti soggettivi. Il divieto posto dall’art. 4 è circoscritto a provvedimenti di carattere costitutivo ed a quelle pronunce di condanna incidenti sulle potestà autoritative della pubblica amministrazione. La norma non impedisce al giudice civile, nelle materie di sua giurisdizione, di ordinare alla pubblica amministrazione un facere di carattere provvedimentale purchè si tratti di emanare un provvedimento vincolato, che l’amministrazione aveva il dovere di adottare, in presenza dei presupposti previsti dalla legge (v. ZINGALES, Tutela giurisdizionale ordinaria, principio di separazione dei poteri e modelli di esecuzione delle sentenze civili di condanna nei confronti della pubblica amministrazione: aspetti problematici, in www.judicium.it 1 In questo contesto, la responsabilità patrimoniale posta dall’art. 2740 c.c. del debitore pubblico, si riduce a pura formalità per l’inesistenza di un diritto soggettivo del creditore all’emissione del mandato di pagamento del suo credito, disponendo la pubblica amministrazione di un margine di discrezionalità circa il momento di emissione del mandato, sia in relazione alle previsioni di bilancio, che alle effettive disponibilità di cassa2. Per non dire della tradizionale indisponibilità dei beni pubblici, inclusi i crediti dello Stato ed il denaro di cassa delle tesorerie, ritenuti beni destinati ad un pubblico servizio ex art. 828, u.c., c.c., per l’orientamento che inibiva l’esercizio di potestà pubbliche da parte del giudice ordinario (ndr. l’assegnazione con ordinanza del denaro esistente nelle esattorie), vietato dal citato art. 43. Esclusi, quindi, i rimedi delle esecuzioni civili, il giudizio di ottemperanza era considerato il più adatto per ottenere il pagamento dei crediti verso la pubblica amministrazione, attraverso i provvedimenti del giudice amministrativo. La situazione si modifica a cavallo dei due decenni, come conseguenza dell’aumento dell’indebitamento pubblico, della maggiore attività di diritto privato svolta dalla pubblica amministrazione e delle sollecitazioni della dottrina, che, riprendendo le riflessioni di Sandulli del 1952, sosteneva la necessità di eseguire le sentenze civili di condanna dell’amministrazione con i mezzi delle esecuzioni civili, previsti dal Libro III del codice di procedura civile4. Il chiarimento arriva tra il 1979 ed il 1983 con due arresti della Cassazione, confermati nei principi dalla Corte costituzionale, che, afferma per la prima volta l’ammissibilità della condanna della pubblica amministrazione all’adempimento delle obbligazioni pecuniarie, l’equiparazione della pubblica amministrazione al comune debitore dinanzi ad un ordine giudiziale di pagamento di somme di denaro ed il diritto del creditore di tutelarsi con l’esecuzione forzata per espropriazione5. 2
Cass. Sez. Un. 12 maggio 1971, n. 1352, in Giur. It., 1971, I, 1, 1392; nella pratica l’espropriazione delle somme di denaro era difficile, perchè limitata alle sole poste attive di bilancio destinate a scopi di interesse generale, così attribuendo alla pubblica amministrazione il potere discrezionale di effettuare i pagamenti in maniera incontrollabile. Minoritario, ma autorevole ed antesignano di futuri sviluppi, è rimasto il pensiero di A. M. SANDULLI, secondo cui il pagamento era un atto dovuto e non discrezionale, interno al funzionamento organizzativo dell’amministrazione, cfr. La posizione dei creditori pecuniari dello Stato, in Riv. trim. dir. pubbl., 1952, 541. 3
VIRGA, op. cit., 154; in giurisprudenza, v. Cass. 15 dicembre 1977, n. 3986, in Foro It., 1978, I, 2592, che affermava l’impignorabilità dei crediti di un Comune verso la banca tesoriera e Cass. 2 giugno 1978, n. 2761, in Foro It., 1978, I, 1854, secondo cui il privato non vantava un diritto soggettivo all’emissione del mandato di pagamento. 4
NIGRO, Giustizia amministrativa, Bologna, 1976, 211 e segg., per il quale il denaro come mezzo di pagamento assolutamente neutro non era suscettibile di avere una destinazione in senso proprio e tecnico. 5
Le sentenze che hanno cambiato radicalmente l’orientamento sono state tre: Cass. Sez. Un. 13 luglio 1979, n. 4071, in Foro It., 1979, I, 1979, n. BARONE; in Giur. It., 1980, I, 1, 199, n. SANDULLI, e in Giust. civ., 1980, I, 1143, n. MORELLI, Il completamento della tutela dei creditori ex iudicato nei confronti di pubbliche amministrazioni nella forma dell’azione esecutiva per espropriazione prevista dal codice di procedura civile; Cass. 8 novembre 1983, n. 6597, in Foro It., 1984, I, 462 e in Giur. It., 1984, I, 1, 1607; Corte Cost. 21 luglio 1981, n. 138, in Foro It., 1981, I, 2353 e in Giur.It., 1982, I, 1, 154, n. GRECO. 2 Con la sentenza delle sezioni unite n. 4071/79 (cit. in n. 5), la Cassazione stabilisce che la verifica della pignorabilità dei beni riguarda la possibilità di procedere all’azione esecutiva, non il diritto del credito di promuoverla e tantomeno la giurisdizione del giudice ordinario. Con la successiva decisione n. 6597/1983, la Cassazione spiega che Stato ed enti pubblici sono tenuti al pagamento degli interessi di mora ai sensi dell’art. 1224 c.c., dal giorno della costituzione in mora e non dalla data di emissione del mandato di pagamento. La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 138/1981 (cit. in n. 5) delinea, infine, il quadro delle regole: 1. dinanzi ad una sentenza di condanna al pagamento di somme, la posizione della pubblica amministrazione non è diversa da quella del privato debitore, sicchè è esperibile nei suoi confronti l’esecuzione forzata per espropriazione, 2. la pignorabilità o meno dei beni dello Stato e degli enti pubblici, si individua concretamente sulla base della natura o della destinazione loro conferita dalla legge, 3. l’iscrizione delle poste attive, siano somme di denaro o crediti, purchè non di diritto pubblico, al bilancio dello Stato o dell’ente ha rilevanza interna e non le attrae nell’ambito dei beni patrimoniali indisponibili, nè paralizza l’azione esecutiva, 4. rimane salva l’ipotesi che determinate somme o crediti siano vincolati da apposita norma di legge al soddisfacimento di specifiche finalità pubbliche. Non si tratta allora di discutere della giurisdizione del giudice ordinario6, ma di verificare come esercitare in concreto l’azione esecutiva e su quali beni, sulla premessa che il pagamento dei debiti, sempre, ma soprattutto dopo una sentenza di condanna del giudice ordinario od amministrativo, è un atto dovuto, rispetto al quale non ci sono poteri discrezionali da esercitare. Concludendo, se la divisione tra i poteri dello Stato e la tutela della discrezionalità amministrativa non sono di ostacolo all’azione esecutiva contro la pubblica amministrazione, considerata la responsabilità patrimoniale ex art. 2740 c.c., la questione principale diventa quella della pignorabilità dei beni e cioè di quali beni possano essere espropriati in base agli artt. da 822 a 831 c.c. ed alle norme del Libro III del codice di procedura civile. In via di prima approssimazione, si può affermare che la sottrazione all’azione esecutiva di un bene pubblico può derivare unicamente dalla legge o da un provvedimento amministrativo, che nella legge trovi fondamento, che lo destini ad un pubblico servizio, vincolandolo ad una attività istituzionale della pubblica amministrazione. Prima di esaminare i modi e le forme dell’espropriazione forzata e, segnatamente, dell’espropriazione presso terzi, è indispensabile trattare delle questioni preliminari dei beni pubblici, della tesoreria unica dello Stato e della procedura contabile del pagamento. 6
La giurisdizione del giudice civile resta negata nel settore residuale della responsabilità degli Stati esteri e degli enti parificati, come regolata dalla Convenzione delle Nazioni Unite sull’immunità giurisdizionale degli Stati e dei loro beni di New York del 2 dicembre 2004, ratificata in Italia dalla l. 14 gennaio 2013, n. 5. In applicazione della Convenzione, la Corte internazionale di giustizia ha negato la giurisdizione in relazione alla domanda risarcitoria promossa nei confronti dello Stato straniero, con riguardo ad attività iure imperii (sent. 3 febbraio 2012, in Foro It., 2013, IV, 389 e Cass. 21 febbraio 2013, n. 4284, in Foro It., 2013, I, 2526 e Cass. pen. 9 agosto 2012, n. 32139, in Foro It., 2013, II, 493). 3 2. I BENI PUBBLICI La disciplina dei beni pubblici è ispirata al modello francese dal quale ha mutuato la distinzione tra beni sottratti alla circolazione privatistica e beni soggetti al diritto comune e dunque liberamente alienabili. La proprietà pubblica ha rilievo costituzionale grazie all’art. 42 Cost., che proclama che «la proprietà è pubblica e privata», ponendo sullo stesso piano la proprietà dello Stato e degli enti pubblici e quella di diritto comune. La disciplina fondamentale in materia di beni pubblici è contenuta nel codice civile, negli artt. da 822 a 830. Le norme e la giurisprudenza hanno enucleato le caratteristiche necessarie per considerare un bene pubblico: una soggettiva, l’appartenenza del bene ad un ente pubblico e l’altra oggettiva, dipendente dalla funzione attribuita al bene. Come noto il codice civile distingue i beni in demaniali e patrimoniali indisponibili; accanto a questi lo Stato e gli enti pubblici posseggono i beni patrimoniali disponibili, che costituiscono la loro “proprietà privata”. Quanto alla distinzione tra beni demaniali e patrimoniali indisponibili, essa è ormai considerata un mero criterio classificatorio formale. 2.1.I beni demaniali I beni demaniali sono, per antica tradizione, i beni immobili degli enti pubblici territoriali: originariamente dello Stato, delle Provincie e dei Comuni; con l’istituzione delle Regioni, del demanio regionale previsto dall’art. 119 Cost. Sono demaniali i beni indicati dagli artt. 822 e 824 c.c. ovvero gli altri che la legge qualifichi tali. L’elencazione fatta negli artt. 822 e 824 c.c., è stata estesa dalla giurisprudenza ai beni sostanzialmente assimilabili7. Tra i beni demaniali, taluni appartengono in via esclusiva allo Stato o, eccezionalmente alle Regioni (ex art. 11, co. 3, l. 16 maggio 1970, n. 281): sono i beni che costituiscono il demanio necessario, composto dai beni del demanio marittimo, idrico e militare. Il demanio accidentale comprende beni che possono appartenere in proprietà a chiunque, ma che, se appartengono ad enti pubblici territoriali, acquistano carattere demaniale; l’art. 822 c.c. annovera tra tali beni, le strade, le autostrade, le strade ferrate, gli acquedotti, gli immobili di interesse storico, archeologico ed artistico, le raccolte dei musei, delle pinacoteche e degli archivi, delle biblioteche ed infine i beni che dalla legge sono assoggetti al regime del demanio pubblico. 7
L’oggettiva ricorrenza nel singolo bene immobile dei caratteri della demanialità è sufficiente a determinarla, indipendentemente dall’intervento di atti ricognitivi o dall’inclusione in elenchi o albi, v. Tar Campania, Napoli, 14 novembre 1995, n. 597, in T.A.R., 1996, I, 265. 4 Il diritto dei beni demaniali costituisce una disciplina derogatoria alle regole del diritto di proprietà: l’art. 823 c.c. stabilisce che i beni «sono inalienabili e non possono formare oggetto di diritti a favore di terzi, se non nei modi e nei limiti stabiliti dalle leggi che li riguardano». Non sono suscettibili di trasferimento ad altri soggetti: non possono cioè formare oggetto di negozi giuridici di diritto privato, siano traslativi o costitutivi di diritti reali a favore di terzi8 e la sanzione per i negozi posto in essere in violazione di tali norme è la nullità9. Non potendo essere commerciati, i beni demaniali non possono costituire garanzia patrimoniale per i creditori dell’ente ed essere suscettibili di esecuzione forzata10, essere oggetto di ipoteca ex art. 2810 c.c., essere espropriati per pubblica utilità11, suscettibili di acquisto per usucapione e di possesso da parte di privati12. La regola dell’incommerciabilità si collega alla necessità di garantire la destinazione dei beni all’interesse pubblico: per liberarsene, è necessario che il bene pubblico dismetta tale destinazione, possibile per i beni del demanio artificiale, che possono essere «sdemanializzati», impossibile per quelli del demanio naturale, la cui inalienabilità è pressochè assoluta. Ai sensi dell’art. 823 c.c. «spetta all’amministrazione la tutela dei beni che fanno parte del demanio pubblico. Essa ha facoltà di procedere in via amministrativa, sia di valersi dei mezzi ordinari a tutela della proprietà e del possesso». L’amministrazione dispone quindi di poteri di autotutela, il che significa che può procedere direttamente in via amministrativa, irrogando sanzioni ed esercitando poteri di polizia demaniale. 2.2. I beni patrimoniali indisponibili Diversamente da quelli demaniali, i beni patrimoniali indisponibili possono appartenere a qualsiasi ente pubblico ed essere sia mobili, che immobili. Il codice civile se ne occupa agli artt. 826, che contiene un catalogo tipizzato di questi beni e 828, che ne stabilisce la caratteristica fondamentale: l’essere vincolati ad una destinazione di pubblica utilità e il non poter essere distratti da tale destinazione se non nei modi stabiliti dalla legge. 8
La giurisprudenza è unanime nel ribadire questo principio, affermando che i beni demaniali e quelli patrimoniali indisponibili sono insuscettibili di essere oggetto di negozi di diritto privato e che il loro (eccezionale) uso può essere conferito ai privati solo da una concessione amministrativa, revocabile in ogni tempo, cfr. Tar Piemonte Torino, 1 settembre 2006, n. 3169. 9
La sanzione della nullità, già presente nel diritto romano, colpiva le vendite delle res extra commercium, v. PAOLO, Digesto, 50, 17, De divers. Regul., 182. 10
L’art. 514 c.p.c. individua come beni impignorabili, quelli che sono tali per disposizione di legge: in questa categoria rientrano i beni demaniali e quelli del patrimonio indisponibile. 11
Cons. Stato, sez. IV, 15 dicembre 197; Tar Umbria, 21 maggio 1997, n. 217. 12
A.M. SANDULLI, Manuale di diritto amministrativo, Napoli, 1984, 775; in giurisprudenza, v. Cons. Stato, 10 febbraio 1998, n. 148, in Foro Amm., 1998, 407; Tar Umbria 11 luglio 2011, 198. 5 La destinazione pubblica può avere diversi oggetti a seconda dei servizi e delle funzioni assegnate all’ente pubblico: sono, ad esempio, vincolati ad una funzione pubblica gli edifici destinati a sede di uffici pubblici con i loro arredi (art. 826, co. 3, c.c.), quelli costituenti la dotazione del Presidente della Repubblica, le caserme, gli armamenti, gli aerei e le navi militari (art. 826, co. 2, c.c.), insomma tutti i beni a destinazione pubblica. Fanno parte del patrimonio indisponibile i crediti c.d. di diritto pubblico, derivanti cioè dall’esercizio di pubbliche potestà, perché destinati al conseguimento di scopi pubblici ed allo svolgimento di attività istituzionali, che costituiscono il presupposto del conferimento alla pubblica amministrazione del potere di esazione del credito, in primis, quelli tributari, per legge destinati a finalità pubbliche e, quindi, impignorabili: imposte, tasse e contributi ed anche quando della riscossione è delegato il concessionario13. «Affinché un bene (ndr. anche il denaro ed i crediti) possa rivestire il carattere pubblico proprio dei beni patrimoniali indisponibili perché destinati ad un pubblico servizi ai sensi dell’art. 826, co. 3, c.c., deve sussistere un doppio requisito: la manifestazione di volontà dell’ente titolare del diritto reale pubblico e perciò un atto amministrativo da cui risulti la specifica volontà dell’ente di destinare quel determinato bene ad un pubblico servizio e l’effettiva ed attuale destinazione del bene al pubblico servizio»14. Insomma, la destinazione opera come fatto produttivo di effetti e può essere accertato dall’autorità giudiziaria ordinaria in caso di contestazione: una striscia di terreno diventa strada pubblica nel momento in cui iniziano i lavori per la sua costruzione e cessa di esserlo, quando viene esclusa dalla circolazione15. Quanto al passaggio dei beni dal demanio al patrimonio, stabilisce l’art. 829 c.c., che è di competenza dell’autorità amministrativa, con provvedimento che ha natura semplicemente dichiarativa16. La regola della inalienabilità non caratterizza i beni del patrimonio indisponibile: il dato rilevante è il divieto di distrarli dalla loro destinazione sancito dall’art. 828, co. 2 c.c., pena la nullità del negozio per violazione della una norma imperativa17. Analogamente ai beni demaniali, quelli patrimoniali indisponibili sono insuscettibili di usucapione18 e di esecuzione forzata19; quanto all’espropriazione per pubblica utilità la giurisprudenza la ammette se l’opera da realizzare sia volta a realizzare un interesse pubblico ritenuto prevalente20. 13
Cass. 17 dicembre 2009, 26497; Cass. 26 luglio 2005, n. 15601; Cass. 15 settembre 1995, n. 9727; per le somme incassate dagli agenti della riscossione, cfr. l’art. 42, co. 7novies, d.l. 30 dicembre 2008, n. 207, conv. in l. 27 febbraio 2009, n. 14, che ne vieta l’esecuzione forzata. 14
Cass. Sez. Un. 22 giugno 2004, n. 11608. 15
Cass. 9 aprile 1964, n. 811; per l’esempio della strada, v. Cass. 30 agosto 2004, n. 17387. 16
Cass. 11 maggio 2009, n. 10817. 17
Cass. 22 gennaio 1991, n. 576. 18
Ai sensi del combinato disposto degli artt. 830 e 822 c.c. i beni immobili del patrimonio indisponibile possono essere sottratti alla pubblica destinazione solo nei modi stabiliti dalla legge e non per effetto di usucapione da parte di terzi, cfr. Cass. 28 agosto 2002, n. 12608, in Giur. It., 2003, 2066. 6 2.3. I beni patrimoniali disponibili Il patrimonio disponibile è composto da beni, che non sono pubblici in senso stretto, ma – mobili e immobili, corporali e incorporali -­‐ di proprietà privata dell’ente pubblico, soggetti alle norme di diritto comune. Costituiscono beni patrimoniali disponibili i crediti ed il denaro di un’amministrazione pubblica, inteso, quest’ultimo, sia come numerario presente nella cassa dell’ente, che come disponibilità liquida presso i conti di tesoreria. Da ricordare a questo riguardo, che, come già osservato nel § 1, n. 5, l’iscrizione a bilancio di determinate somme non produce di per sé vincolo di destinazione delle somme stesse. Per gli enti locali, il patrimonio disponibile è in netta crescita per effetto del c.d. federalismo demaniale: ai sensi dell’art. 4, co. 1, d. lgs. 28 maggio 2010, n. 85 (emanato in attuazione dell’art. 19, l. 5 maggio 2009, n. 42) i beni dello Stato, trasferiti con tutte le pertinenze, accessori, oneri e spese, salvo quanto previsto dall’art. 111 c.p.c., entrano a far parte del patrimonio disponibile delle Province, delle città metropolitane e delle Regioni. I beni patrimoniali disponibili sono beni commerciabili, alienabili, usucapibili, soggetti ad esecuzione forzata. Una regola particolare si applica all’alienazione dei beni del patrimonio disponibile: essa deve avvenire con asta pubblica o trattativa privata quando il valore dei beni non superi cinquanta milioni di lire21. L’asservimento ai fini espropriativi interessa, dunque, solo i beni rientranti nella categoria residuale del patrimonio disponibile, vale a dire tutti i beni per i quali sia esclusa un’attuale ed effettiva destinazione a servizio pubblico, ad esempio, i beni concessi in godimento ai privati22 oppure i beni incorporali, quali i diritti reali su cose altrui oppure i titoli di credito o le azioni di società di cui l’ente sia azionista. In questa categoria, i beni più aggredibili dai creditori della pubblica amministrazione, con lo strumento del pignoramento presso terzi, sono i crediti di diritto privato, che nascono da situazioni nelle quali la pubblica amministrazione agisce secondo gli schemi negoziali di diritto comune e le somme di denaro degli enti pubblici detenute, secondo le regole di contabilità pubblica, da altri soggetti esercenti la funzione di cassiere o tesoriere. 19
Sono espropriabili solo i beni disponibili e non destinati ad uno specifico scopo pubblico (Cass. 17 dicembre 2009, n. 26497); gli immobili appartenenti al patrimonio disponibile in quanto privi di destinazione a servizio pubblico, sono pignorabili, ma si sottraggono all’esecuzione allorchè, pur in pendenza del processo esecutivo, ricevano quella destinazione, con conseguente passaggio nel patrimonio indisponibile (Cass. 6 agosto 1987, n. 6755, in Giur. It., 1988, I, 1, 788). 20
Cons. Stato Ad.Plen., 27 maggio 1983, n. 12, in Cons. St., 1983, I, 467. 21
La vendita dei beni immobili disponibili da parte dello Stato è regolata dalla l. 24 dicembre 1908, n. 783 e dal relativo regolamento di attuazione, il r.d. 17 giugno 1909, n. 454, art. 18. 22
Cass. 5 ottobre 1994, n. 8123. 7 Non è da escludere un futuro sviluppo dei procedimenti di espropriazione immobiliare, come si vedrà nel prossimo § 2.4., trattando della privatizzazione del patrimonio pubblico. Quanto agli strumenti di tutela dei beni disponibili, l’amministrazione è titolare dei mezzi ordinari posti a difesa della proprietà e del possesso regolati dal codice civile e non dei mezzi di autotutela amministrativi. La giurisdizione spetta al giudice ordinario23. 2.4. Beni pubblici e privatizzazioni Negli ultimi venti anni tutte le leggi finanziarie dello Stato contengono disposizioni volte a favorire la razionalizzazione, la valorizzazione e la vendita dei beni pubblici. In generale, si tratta di norme che partono dalla ricognizione del patrimonio pubblico per giungere all’alienazione dei beni non più funzionali all’interesse pubblico. L’oggetto dei programmi di privatizzazione è costituito esclusivamente dai beni immobili disponibili degli enti pubblici ovvero da beni per i quali sia venuto meno da parte dell’amministrazione il vincolo di indisponibilità, con la “degradazione” a patrimonio disponibile. I modelli di privatizzazione del patrimonio pubblico, che oscillavano tra l’alienazione diretta e la creazione di società per azioni, pubbliche e/o private, a cui veniva affidata la gestione di fondi istituiti con apporto di beni immobili, hanno adottato strumenti finanziari innovativi. Ad esempio, il d.l. 25 settembre 2001, n. 351, conv. in l. 23 novembre 2001, n. 410 ha previsto una generale cartolarizzazione dei beni pubblici, previa la loro ricognizione affidata all’Agenzia del Demanio. Individuati con decreti dell’Agenzia i beni del patrimonio disponibile, il decreto viene trascritto con gli effetti dell’art. 2644, co. 2 c.c.: «seguita la trascrizione, non può avere effetto contro colui che ha trascritto alcuna trascrizione o iscrizione di diritti acquistati verso il suo autore, quantunque l’acquisto risalga a data anteriore». I beni individuati con decreto possono essere trasferiti a titolo oneroso alle società veicolo, c.d. SCIP, Società Cartolarizzazione Immobili Pubblici, che hanno ad oggetto esclusivo la cartolarizzazione dei proventi derivanti dalle dismissioni. Il trasferimento avviene con decreto che produce il passaggio del bene al patrimonio disponibile (art. 3, co. 1, d.l. 351/2001 e art. 829, co. 1, c.c.). I beni trasferiti alle SCIP costituiscono un patrimonio separato, nel senso che sono sottoposti a precisi vincoli di utilizzo in relazione allo scopo, a cui sono destinati e nel contempo sono posti a garanzia di tale utilizzazione (art. 2, co. 2, d.l. cit.). 23
Cass. Sez. Un. 6 giugno 1997, n. 5089. 8 Due sono gli effetti tipici connessi al concetto di patrimonio separato: la limitazione all’utilizzabilità dei beni in quanto destinati a svolgere una determinata funzione e la riduzione dell’ambito di responsabilità patrimoniale ex art. 2740 c.c. Delle obbligazioni nei confronti dei portatori dei titoli e dei concedenti i finanziamenti risponde il patrimonio separato della società, ma su di esso non sono ammesse azioni esecutive da parte di creditori diversi dai portatori dei titoli emessi o dai finanziatori. La fase finale della cartolarizzazione prevede la vendita degli immobili da parte della società veicolo a terzi, con i conseguenti ricavi. La legge 410/01 (art. 4) prevede un ulteriore strumento per attuare le dismissioni: i fondi comuni di investimento immobiliare ad apporto pubblico. Lo schema è il seguente: il Ministro individua con decreto gli immobili pubblici da conferire, che diventano parte del patrimonio disponibile; i soggetti pubblici conferiscono i beni nel fondo in cambio di una quota; le quote sono collocate dalle società di gestione del risparmio (SGR) tra i risparmiatori, che le acquistano; il soggetto pubblico tramite la SGR riceve la liquidità derivante dalla collocazione delle quote; la SGR valorizza, gestisce e vende gli immobili e con il ricavato rimborsa agli investitori le quote del fondo. Concludendo, avendo come riferimento il creditore della pubblica amministrazione, non è da escludere, in una prospettiva di lungo periodo, che la privatizzazione del patrimonio pubblico aumenti il numero delle procedure espropriative immobiliari: la dismissione del patrimonio immobiliare degli enti pubblici, con la degradazione dei loro beni al patrimonio disponibile ha, infatti, come conseguenza l’assoggettabilità ad esecuzione forzata. Quanto agli enti territoriali, il passaggio degli immobili delle Regioni, Province e Comuni al patrimonio disponibile avviene con l’inserimento nel piano delle alienazioni e valorizzazioni ,redatto dall’organo di governo di ciascun ente ai sensi dell’art. 58, d.l. 25 giugno 2008, n. 112, conv. in l. 6 agosto 2008, n. 133. In concreto, la possibilità di effettuare dei pignoramenti immobiliari vale solo per gli immobili dismessi appartenenti alle Regioni, Province, Comuni ed agli altri enti locali, in quanto, come osservato, per il patrimonio delle amministrazioni statali, la degradazione degli immobili nel patrimonio disponibile è correlata al loro contestuale trasferimento alla società di cartolarizzazione, con la previsione che i beni vanno a costituire un patrimonio separato da quello delle società (v. cit. art. 2, co. 2, l. 410/2001). 3. IL PAGAMENTO DEI CREDITI DA PARTE DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE 3.1. Il procedimento di spesa L’adempimento delle obbligazioni pecuniarie con il pagamento da parte dell’amministrazione è parte di attività amministrativa, disciplinata dal diritto della contabilità pubblica. Principio cardine di questa disciplina è quello del bilancio preventivo, che opera nell’ambito di tutte le amministrazioni pubbliche: esso stabilisce che tutte le spese devono trovare copertura in una previsione di bilancio. 9 La spesa è quindi legittima se trova corrispondenza e capienza nelle previsioni di bilancio dell’ente: contabilmente, ogni fatto od atto produttivo di un obbligo di pagamento per l’amministrazione dà luogo ad un procedimento di spesa. Il procedimento di spesa, norma interna, non è condizione per la liquidità ed esigibilità del credito verso la pubblica amministrazione, che ne prescinde totalmente24, né incide sulla decorrenza degli interessi di mora. Secondo la giurisprudenza «il credito che l’amministrazione è tenuta a soddisfare ad una data scadenza, pure in difetto di domanda, è produttivo di interessi dalla stessa scadenza, anche se manchi l’impegno e l’ordinazione della spesa e vi siano contestazioni sull’an e sul quantum»25. a) L’impegno di spesa Il primo passo del procedimento è la determinazione della somma da pagare, compiuta dall’ufficio di ragioneria dell’ente, in relazione ad un’obbligazione giuridicamente perfezionata, la determinazione del soggetto creditore e la ragione (atto, contratto, provvedimento, riconoscimento di debito, ecc…), a cui segue la costituzione del vincolo sulle previsioni di bilancio. Registrata la spesa sul capitolo di bilancio, le somme sono accantonate e rese indisponibili fino al momento del pagamento. b) La liquidazione della spesa L’impegno di spesa crea un vincolo, ma non coincide col pagamento e non avvia ancora il procedimento di spesa: all’impegno segue la fase della liquidazione, che si concretizza con l’ordinazione del pagamento, attraverso gli uffici di tesoreria, che ricevono dei mandati di pagamento, di regola, evasi con bonifici bancari. 3.2. La cessione pro soluto dei crediti È un fatto che l’istituzione dell’euro – introdotto col d. lgs. 24 giugno 1998, n. 213 – abbia sottratto allo Stato debitore la tradizionale arma della svalutazione della moneta. A fronte della difficoltà cronica delle pubbliche amministrazioni di pagare regolarmente i propri debiti, il legislatore è intervenuto con provvedimenti di dubbia utilità, uno dei quali è rappresentato dalla disciplina della cessione dei crediti: l’art. 13 della legge di stabilità per il 2012 (l. 12 novembre 2011, n. 183)26 dispone che le Regioni e gli enti locali, al fine di consentire al creditore la cessione pro soluto a favore di banche o intermediari finanziari dei crediti vantati nei loro confronti, certificano, su istanza del creditore, che il credito sia certo, liquido ed esigibile. 24
Cass. Sez. Un. 8 giugno 1985, n. 3451. 25
Cons. Stato, Ad. Plen., 7 aprile 1981, n. 2. 26
Ulteriori disposizioni in materia sono state date dall’art. 13bis, d.l. 7 maggio 2012, n. 52, conv. in l. 6 luglio 2012, n. 94. 10 In attuazione di questa disposizione, sono stati emanati i dd. mm. 22 maggio e 25 giugno 2012, che hanno fissato il termine di sessanta giorni per il rilascio della certificazione, pena, in caso di ingiustificato rifiuto o ritardo, la nomina (su istanza del creditore) di un commissario ad acta, che dovrà provvedere entro 50 giorni. I crediti così certificati possono essere ceduti o compensati con i debiti per le somme iscritte a ruolo entro il 30 aprile 2012 per tributi erariali, regionali o locali, nonché per contributi previdenziali od assistenziali ovvero per entrate spettanti all’amministrazione che ha rilasciato la certificazione. Due sono le critiche rivolte a questa disciplina, la prima di opportunità: quale vantaggio può avere per il creditore perseguire la strada della certificazione per poi arrivare alla cessione, considerati i suoi tempi lunghi, in confronto con quelli del procedimento ingiuntivo telematico, utilizzato dai principali uffici giudiziari? Il secondo, di convenienza economica: il risultato pratico della disciplina della cessione pro soluto, è quella di gravare ex lege il creditore, più che la pubblica amministrazione debitrice, di ulteriori costi, quali quelli della procedura di certificazione e della cessione del credito alle banche, oltre a quelli che ha già subito per l’inadempimento. 3.3. Il programma di pagamento dei debiti della pubblica amministrazione Il problema del pagamento dei crediti dei privati è diventato più pressante dopo l’attuazione della Direttiva 2000/35/CE, relativa alla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali. Il d. lgs. 9 novembre 2012, n. 192, ha modificato il d. lgs. 9 ottobre 2002, n. 231 sui termini di pagamento; in particolare, l’art. 7 ha stabilito che «nelle transazioni commerciali in cui il debitore è una pubblica amministrazione è nulla la clausola avente ad oggetto la predeterminazione o la modifica della data di ricevimento della fattura». Il Governo questa volta ha affrontato il problema come si dovrebbe, approntando un piano di pagamenti e stanziando risorse a questo fine. Gli artt. 3 e 3bis, d.l. 8 aprile 2013, n. 35, conv. in l. 1 giugno 2013, n. 64, contengono «disposizioni urgenti per il pagamento dei debiti scaduti della pubblica amministrazione», al 31 dicembre 2012, oltre a nuove norme in materia di certificazioni e cessione dei crediti. Al d.l. 35/2013, ha fatto seguito il d.l. 66/2014, che ha disposto una disciplina analoga per il pagamento dei debiti della pubblica amministrazione maturati al 31 dicembre 201327. I pagamenti, che, secondo le notizie di stampa, riguardano circa il 20-­‐30% dei debiti della pubblica amministrazione sono in corso. Ogni ulteriore commento è prematuro, se son rose.. 4. L’ESPROPRIAZIONE PRESSO TERZI 27
Per le “Istruzioni per il completamento del pagamento dei debiti pregressi delle pubbliche amministrazioni verso i propri creditori”, cfr. Circ. n. 18/5 giugno 2014 della Rag. Gen. Dello Stato. 11 Nonostante la tendenziale privatizzazione del patrimonio nella pubblica amministrazione, con il trasferimento nel patrimonio disponibile, apra prospettive di sviluppo alle procedure esecutive per espropriazione mobiliare ed immobiliare, l’espropriazione dei crediti rimane tuttora la procedura esecutiva che consente la maggiore soddisfazione per il creditore. 4.1. L’art. 14 d.l. 31 dicembre 1996, n. 669, conv. in l. 28 febbraio 1997, n. 30 Il termine per l’adempimento spontaneo della pubblica amministrazione Dispone l’art. 14, co. 1, d.l. 31 dicembre 1996, n. 669, che «le amministrazioni dello Stato e degli enti pubblici non economici completano le procedure per l’esecuzione dei provvedimenti giurisdizionali e dei lodi arbitrali aventi efficacia esecutiva e comportanti l’obbligo di pagamento di somme di denaro entro il termine di centoventi giorni dalla notificazione del titolo esecutivo. Prima di tale termine il creditore non può procedere ad esecuzione forzata, né alla notifica di atto di precetto». L’art. 14, co. 1, d.l. 669/96, che deroga alla regola generale di cui all’art. 479, co. 3, c.p.c., non impedisce solo l’esercizio dell’azione esecutiva prima della decorrenza del termine dilatorio dei 120 giorni, ma anche la notificazione dell’atto di precetto di cui all’art. 480 c.p.c. Il riferimento all’atto di precetto significa che mentre nei rapporti tra privati il creditore deve attendere dieci giorni dalla notificazione del precetto prima di avviare l’azione esecutiva con la richiesta del pignoramento, nei confronti delle pubbliche amministrazioni il termine dei dieci giorni è preceduto da un altro termine dilatorio di 120. L’art. 14, cit., non si giustifica per ragioni di natura processuale, ma – considerata la fisiologica complessità del procedimento di contabilità pubblica di spesa -­‐ per la necessità di dare alla pubblica amministrazione uno spatium adimplendi, evitando il blocco dell’attività amministrativa derivante da ripetuti pignoramenti. Il termine dilatorio, che costituisce una condizione di procedibilità dell’esecuzione civile, ha superato la verifica di costituzionalità: secondo la Corte Costituzionale la norma contempera l’interesse del privato alla realizzazione del suo diritto, con quello generale ad una ordinata gestione delle finanze pubbliche, risultando la responsabilità pubblica, non esclusa, ma disciplinata entro un ragionevole limite temporale, giustificato dalle particolari regole di contabilità e di tesoreria applicabili agli enti pubblici28. Il riferimento agli enti pubblici non economici, ha tuttavia aperto ad una casistica giurisprudenziale che ha esteso l’applicazione della norma anche ad enti non soggetti alle regole della contabilità pubblica, quali l’ACI-­‐Automobil Club d’Italia29, i Consorzi di Bacino istituiti per legge30 e la Banca 28
Corte Cost. 23 aprile 1998, n. 142, in Foro It., 1999, I, 3473. 29
Cass. 11 giugno 2003, n. 9352, che qualifica l’ACI come ente pubblico non economico ed il Trib. Napoli 15 dicembre 2008, cit. in AULETTA (diretta da), Le espropriazioni presso terzi, R.ROSSI, L’espropriazione presso terzi di crediti e cose della pubblica amministrazione, 346, n. 140. 30
Ad esempio, il Consorzio Unico di bacino per le province di Caserta e Napoli, istituito per far fronte all’emergenza rifiuti, dall’art. 11, co. 8, d.l. 23 maggio 2008, n. 90, conv. in l. 14 luglio 2008, n. 123, è stato ritenuto dal Tribunale di Napoli ente pubblico non economico. 12 d’Italia, considerata unanimamente dalla giurisprudenza ente pubblico non economico, sulla base della sua qualificazione come istituto di diritto pubblico ai sensi dell’art. 20, r.d.l. 12 marzo 1936, n. 375 e dell’art. 19, co. 2, l. 28 dicembre 2005, n. 26231. Dal punto di vista oggettivo, il differimento dell’azione esecutiva è circoscritto alla ricorrenza di due presupposti: i)
la fonte del credito, rappresentata da un titolo giudiziale esecutivo o da un lodo arbitrale; ii)
la natura pecuniara dell’oggetto della prestazione. Quanto al primo presupposto, la conseguenza è che l’art. 14 cit., insuscettibile di applicazione analogica o estensiva, non si applica ai titoli esecutivi stragiudiziali, in quanto per essi, l’impegno di spesa con costituzione del vincolo sulla quota di uno stanziamento di un capitolo di bilancio dovrebbe essere già stato compiuto dall’amministrazione al momento dell’assunzione dell’obbligo in via negoziale. Quanto al secondo, il termine dilatorio non si applica alle statuizioni di condanna della pubblica amministrazione ad una prestazione di natura diversa, di fare, di non fare, di consegna, di rilascio. L’art. 14 cit. non si applica per la Cassazione al giudizio di ottemperanza, anche se la questione è tuttora controversa32. Con un eccesso di formalismo, la Cassazione ha applicato il termine dilatorio anche all’intervento nell’esecuzione, in quanto l’intervento è una delle possibili forme di esercizio dell’azione esecutiva33. Concludendo, dal punto di vista sistematico, il decorso del termine dei centoventi giorni è: -­‐ presupposto di efficacia del titolo esecutivo, ope legis sospesa in pendenza del termine, -­‐ requisito di validità del precetto34 , -­‐ condizione di ammissibilità dell’azione esecutiva. Dal punto di vista processuale, il difetto di ammissibilità dell’azione esecutiva può emergere su impulso della pubblica amministrazione debitrice, con istanza al giudice ex art. 486 c.p.c. ovvero attraverso una formale opposizione all’esecuzione ex art. 615 c.p.c., trattandosi di contestazione 31
Cass. Sez. Un. 24 settembre 2010, n. 20161; Id. Sez. Un. 21 luglio 2006, n. 16751, in Foro It., 2007, I, 460 e Id. Sez. Un. 1 ottobre 2003, n. 14667, in Giur. It., 2004, 864. 32
Per l’inapplicabilità del termine ex art. 14 al giudizio di ottemperanza, cfr. da ultimo, Cass. 24 settembre 2010, n. 20202 e, per la rassegna dei contrastanti indirizzi, RAIOLA, Termine di grazia per i pagamenti delle pubbliche amministrazioni e giudizio di ottemperanza: l’art. 14, d.l. n. 669 del 1996 alla prova della «esecuzione innanzi alla g.a.», in Riv. Esec. Forz., 2009, 401. 33
Cass. 18 aprile 2012, n. 6067. 34
L’inosservanza del termine rende nullo il precetto intempestivamente intimato, v. Cass. 24 febbraio 2011, n. 4498. 13 del diritto del creditore a procedere ad esecuzione forzata, promuovibile anche dopo l’inizio dell’esecuzione.35 Nella prospettiva del giudice dell’esecuzione, il rispetto del termine, quale condizione di ammissibilità dell’azione, è oggetto di verifica ex officio, il cui esito negativo estingue il procedimento esecutivo36. L’ordinanza che rileva il vizio è a sua volta opponibile ai sensi dell’art. 617 c.p.c. nei venti giorni successivi. Il luogo della notificazione degli atti esecutivi Dispone l’art. 14, co. 1-­‐bis, prima parte, d.l. cit., che «gli atti introduttivi del giudizio di cognizione, gli atti di precetto nonché gli atti di pignoramento e sequestro devono essere notificati a pena di nullità presso la struttura territoriale dell'Ente pubblico nella cui circoscrizione risiedono i soggetti privati interessati (ndr. laddove possibile)e contenere i dati anagrafici dell'interessato, il codice fiscale ed il domicilio». Per le amministrazioni dello Stato, l’atto di precetto si notifica ex artt. 480, ult. co. c.p.c. e 144 c.p.c., a pena di nullità, all’ufficio amministrativo debitore. Da ricordare che nel processo esecutivo si applica l’art. 479 c.p.c., che prevede la notificazione degli atti esecutivi alla parte personalmente37. La notificazione del precetto e degli atti esecutivi non si effettua presso l’Avvocatura dello Stato, competente per territorio ai sensi dell’art. 11, r.d. 30 ottobre 1933, n. 1611, in quanto questa norma è ritenuta applicabile solo agli atti giudiziali. La competenza per territorio Nella procedura esecutiva presso terzi, la competenza per territorio spetta al giudice del luogo di residenza del terzo debitore, ai sensi dell’art. 543, co. 2, n. 4 c.p.c. La regola sulla competenza subisce una deroga a favore degli enti previdenziali, il cui evidente scopo è quello di concentrare le procedure esecutive presso le sedi dei giudici che hanno emesso i decreti ingiuntivi di pagamento. Stabilisce, infatti, l’art. 14, co. 1-­‐bis, seconda parte, cit., che «il pignoramento di crediti di cui all'articolo 543 del codice di procedura civile promosso nei confronti di Enti ed Istituti esercenti forme di previdenza ed assistenza obbligatorie organizzati su base territoriale, deve essere instaurato, a pena di improcedibilità rilevabile d'ufficio, esclusivamente innanzi al giudice dell'esecuzione (della sede principale) del Tribunale nella cui circoscrizione ha sede l'ufficio giudiziario che ha emesso il provvedimento in forza del quale la procedura esecutiva è promossa». 35
L’esperibilità del rimedio dell’opposizione all’esecuzione è orientamento consolidato della S.C.: ex multis, v. Cass. 23 febbraio 2010, n. 4357; Cass. 26 marzo 2009, n. 7360; per la giurisprudenza amministrativa, v. Tar Lazio, Roma 24 gennaio 2008, n. 531. 36
Tar Lazio, Roma 531/2008 cit. 37
Cass. 19 dicembre 2003, n. 19512; da segnalare l’orientamento contrario, ma isolato di Cass. 28 febbraio 2007, n. 4665. 14 Decadenza e perdita di efficacia del pignoramento presso terzi «Il pignoramento perde efficacia quando dal suo compimento è trascorso un anno senza che sia stata disposta l'assegnazione. L'ordinanza che dispone ai sensi dell'articolo 553 del codice di procedura civile l'assegnazione dei crediti in pagamento perde efficacia se il creditore procedente, entro il termine di un anno dalla data in cui è stata emessa, non provvede all'esazione delle somme assegnate» (art. 14, co. 1-­‐bis, seconda parte, cit.). la norma introduce due limiti di efficacia nell’ambito del procedimento esecutivo presso terzi contro gli enti pubblici, che si traducono in termini acceleratori posti a carico del creditore procedente: il primo prevede che l’inefficacia del pignoramento se il giudice non abbia disposto l’assegnazione dei crediti entro un anno dalla sua notificazione. È controverso se si tratti di un’inefficacia rilevabile d’ufficio dal giudice dell’esecuzione o relativa, subordinata, quindi, all’eccezione del debitore esecutato: in una visione sistematica delle esecuzioni contro la pubblica amministrazione, considerato che, come si vedrà infra, l’eccezione di impignorabilità dei crediti della pubblica amministrazione, perché destinati a funzioni pubbliche essenziali, è rilevabile d’ufficio, ritengo che lo sia anche questa eccezione Il secondo limite temporale dispone l’inefficacia dell’ordinanza di assegnazione dei crediti del giudice dell’esecuzione, se il creditore procedente non abbia provveduto nell’anno successivo ad esigere le somme od il credito assegnato. La norma parla di esazione delle somme assegnate, termine che pare indicare l’avvio della procedura di riscossione, che coincide con la notificazione dell’ordinanza di assegnazione delle somme al terzo pignorato: l’ordinanza deve dunque essere notificata entro un anno dalla sua emissione, pena la perdita della sua efficacia. 4.2. I soggetti dell’esecuzione presso terzi Il terzo pignorato ed il regime della tesoreria unica Il ruolo del terzo pignorato nelle espropriazione in danno degli enti pubblici è oggetto di una specifica disciplina legislativa. In questo contesto, particolare importanza riveste la disciplina relativa al sistema di c.d. tesoreria unica, istituito dalla l. 29 ottobre 1984, n. 720, più volte modificata. Il sistema è stato introdotto per porre un freno all’ indebitamento dello Stato: anziché finanziare gli enti sulla base del loro bilancio preventivo, il sistema della tesoreria unica permette di finanziare l’ente dopo che ha speso le risorse che gli spettano e non prima. Il sistema si fonda su due pilastri: a) l’accentramento in contabilità speciali aperte presso la tesoreria provinciale dello Stato – servizio affidato ex lege alla Banca d’Italia – di tutti i fondi di pertinenza degli enti pubblici, sia derivanti da 15 entrate c.d. proprie (introiti tributari o derivanti da attività di diritto privato), che da entrate c.d. derivate (contributi e trasferimenti provenienti dal bilancio dello Stato o da altre pubbliche amministrazioni); b) l’affidamento alla banca tesoriera o cassiera dell’ente della gestione dei fondi giacenti in tesorerie provinciale e del compimento, quale organo esecutivo dell’ente, delle operazioni di incasso e pagamento , a valere appunto sulle predette contabilità speciali. La tesoreria unica costituisce un sistema intrecciato nel quale la banca tesoriera dell’ente pubblico opera in permanente coordinazione con la tesoreria provinciale. Il tesoriere dell’ente pubblico conosce e controlla i flussi, le giacenze ed i saldi delle contabilità speciali. In questo modo: i)
Le liquidità affluiscono presso la tesoreria provinciale, ii)
L’ente pubblico ha la disponibilità dei fondi giacenti presso le contabilità speciali, iii)
Il tesoriere effettua i pagamenti come organo esecutivo dell’ente, utilizzando le risorse detenute dalla tesoreria provinciale: il tesoriere riceve i mandati emessi dall’ente, controlla la capienza degli stanziamenti di bilancio ed esegue le scritturazioni richiedendo alla tesoreria provinciale di imputare le operazioni sulle contabilità speciali, iv)
La regolazione dei rapporti tra dare ed avere tra tesoriere dell’ente e tesoreria provinciale avviene in stanza di compensazione, presso la tesoreria provinciale. Attualmente lo Stato e tutti gli enti pubblici operano obbligatoriamente col sistema della tesoreria unica. Sino al 31 dicembre 2014 il sistema della tesoreria unica si applica alle Regioni, ordinarie ed a statuto speciale, alle province autonome di Trento e Bolzano, agli enti locali di cui al d.lgs. 267/00, alle Asl, alle aziende ospedaliere, ai policlinici universitari, alle autorità portuali, alle aziende municipalizzate ai sensi dell’art. 35, co. 8, d.l. 24 gennaio 2012, n. 1, conv. in l. 24 marzo 2012, n. 27 (per un elenco completo, rinvio alla tabella A allegata alla l. 720/1984). Quanto agli effetti del sistema sulla procedura esecutiva presso terzi, l’art. 1-­‐bis, l. 720/1984, ha testualmente attribuito al cassiere o alla banca tesoriera dell’ente la funzione di terzo pignorato, nonostante, formalmente, non sia debitore dell’ente pubblico esecutato, né depositario delle somme, che giacciono presso la tesoreria provinciale. Dispone, infatti, l’art. 1-­‐bis cit. che «co. 1. I pignoramenti ed i sequestri, a carico degli enti ed organismi pubblici (…) delle somme affluite nelle contabilità speciali intestate ai predetti enti ed organismi pubblici si eseguono, secondo il procedimento disciplinato al capo III del titolo II del libro III del codice di procedura civile, con atto notificato all'azienda o istituto cassiere o tesoriere dell'ente od organismo contro il quale si procede, nonché al medesimo ente od organismo debitore. co. 2. Il cassiere o tesoriere assume la veste del terzo ai fini della dichiarazione di cui all'articolo 547 del codice di procedura civile e di ogni altro obbligo e responsabilità ed è tenuto a vincolare l'ammontare per cui si procede nelle contabilità speciali con annotazione nelle proprie scritture contabili». Il quadro normativo è completato dal co. 4-­‐bis, del medesimo art. 1-­‐bis, il quale vieta espressamente, a pena di nullità rilevabile anche d’ufficio, i pignoramenti presso le sezioni di tesoreria dello Stato e le sezioni decentrate del banco posta, pignoramenti che, se per errore 16 notificati, non obbligano le tesorerie ad effettuare accantonamenti, né sospendono l'accreditamento di somme nelle contabilità intestate agli enti ed organismi pubblici. Per gli enti locali, anch’essi soggetti alla disciplina della tesoreria unica, l’art. 159, co. 1, TUEL, d. lgs. 18 agosto 2000, n. 267, riprende sostanzialmente il divieto dell’art. 1-­‐bis cit., stabilendo che non sono ammesse procedure di esecuzione e di espropriazione forzata nei confronti degli enti locali presso soggetti diversi dai rispettivi tesorieri: gli atti esecutivi eventualmente intrapresi non determinano vincoli sui beni oggetto della procedura espropriativa. In chiusura, stante l’inderogabilità della disciplina sulla tesoreria unica, è inammissibile l’eventuale espropriazione intrapresa contro un terzo, che non sia né banca tesoriera, né tesoreria provinciale. 4.3. L’oggetto dell’esecuzione presso terzi Il vincolo di impignorabilità Come rilevato nella trattazione dei beni pubblici, l’azione esecutiva colpisce, nella quasi totalità, crediti pecuniari iure privatorum oppure somme di denaro già nella titolarità della pubblica amministrazione debitrice. Come osservato, sono beni impignorabili, perché facenti parte del patrimonio indisponibile, i crediti pecuniari di diritto pubblico, che derivano dall’esercizio di pubbliche potestà.Ciò che esclude dal pignoramento i crediti pecuniari è, pertanto, la loro destinazione a finalità pubbliche, che attribuisce alla pubblica amministrazione la titolarità del credito e la disciplina del rapporto. Quanto al denaro, bene disponibile e fungibile per eccellenza, perché possa concretarsi la sua destinazione a pubblico servizio con il suo assorbimento nel patrimonio indisponibile ex art. 826, ult. co., c.c., è necessaria un’attività “individualizzante” e di vincolo, consentita solo ad un atto legislativo o regolamentare, che nel primo trovi la sua fonte38. Anche se è difficile per il creditore provarlo, l’efficacia del vincolo è condizionata dall’effettivo utilizzo secondo gli scopi prestabiliti delle somme dichiarate indisponibili: l’impignorabilità non opera, infatti, quando l’ente distragga le somme e non le impieghi per le finalità pubbliche. Quanto all’efficacia esterna della delibera di vincolo, essa, che deve essere notificata al tesoriere dell’ente, è opponibile ai terzi creditori dalla data della sua adozione e continuerà ad esserlo solo se l’ente pubblico nei pagamenti rispetterà l’«ordine cronologico delle fatture». Questa regola costituisce il frutto di ripetute pronunce della Corte Costituzionale: la sentenza 29 giugno 1995, n. 28539 subordinò l’impignorabilità dei fondi delle Usl, oltre che all’adozione di una delibera trimestrale di quantificazione, all’emissione di mandati di pagamenti nel rispetto dell’ordine cronologico delle fatture o delle delibere di spesa (con riferimento all’art. 1, co. 5, d.l. 18 gennaio 1993, n. 9). 38
Corte Cost. 21 luglio 1981, n. 138. 39
Corte Cost. 29 giugno 1995, n. 285, in Foro It., 1995, I, 2323. 17 La sentenza 18 agosto 2003, n. 2011, ritornò sull’argomento, dichiarando incostituzionale la parte dell’art. 159 TUEL (d. lgs. 18 agosto 2000, n. 267), che non menzionava l’obbligo di rispettare l’ordine cronologico delle fatture e degli impegni di spesa40, con la conseguenza che: la sottrazione all’esecuzione forzata è subordinata alle concorrenti condizioni: -­‐ che le pubbliche amministrazioni (ndr. le Regioni) con delibera semestrale, abbiano quantificato le somme necessarie alla soddisfazione di interessi pubblici specificamente individuati e -­‐ che nei pagamenti abbiano rispettato l’ordine cronologico delle fatture e degli impegni di spesa. Dalla giurisprudenza della Corte Costituzionale si estraggono, dunque, i seguenti principi: a) la sottrazione all’esecuzione forzata dei crediti e delle somme degli enti pubblici è soggetta a riserva di legge e dev’essere stabilita da una norma o da un atto amministrativo, che alla legge si rifaccia; b) l’impignorabilità dei crediti e delle somme è compatibile con le regole dell’ordinamento, purché l’ente pubblico: I) la subordinazione dell’impignorabilità all’adozione di una delibera che quantifichi le somme necessarie per soddisfare gli interessi pubblici specificamente individuati e la notifichi al tesoriere; II) il rispetto, da parte dell’ente pubblico, dell’ordine cronologico nei pagamenti delle fatture e degli impegni di spesa. L’emersione del vincolo di impignorabilità ed i rimedi processuali È dovere del tesoriere, quale ausiliario del giudice, dichiarare se esistano presso di lui somme di cui è debitore verso l’ente pubblico e quale ne sia la condizione in rapporto alla delibera di destinazione a lui notificata ed ai pagamenti successivi41. Spetta al giudice dell’esecuzione, anche d’ufficio, accertare, in base alla documentazione depositata ed alle osservazioni del creditore procedente, se il pignoramento sia nullo per essere caduto su somme destinate in base alla delibera notificata al tesoriere ovvero se il vincolo di destinazione sia decaduto per l’effettuazione di pagamenti in violazione dell’ordine cronologico. Secondo la giurisprudenza della Cassazione (cit. n. 40) non ha rilevanza la comparizione o meno del debitore pubblico all’udienza stabilita per la dichiarazione del terzo e che sollevi o meno questioni in ordine alla pignorabilità delle somme giacenti presso il tesoriere; tesoriere che ha l’onere di dichiarare ogni fatto rilevante circa la pignorabilità ed al quale, in presenza di contestazioni da parte del creditore, il giudice può domandare la necessaria documentazione. Sul creditore non incombe la prova – peraltro, difficilmente deducibile – dell’inosservanza dell’ordine cronologico nei pagamenti, potendo limitarsi ad avanzare il sospetto della violazione del precetto. 40
Corte Cost. 18 giugno 2003, n. 211, in Foro It., 2003, I, 2217. 41
Cass. 16 settembre 2008, n. 23727. 18 È sulla base della dichiarazione e della documentazione presentata dal tesoriere che il giudice dell’esecuzione riterrà esistenti le condizioni cui si ricollega l’effetto dell’impignorabilità e la conseguente nullità del pignoramento ovvero le riterrà inesistenti, facendo luogo all’assegnazione dei crediti. Quanto ai rimedi utilizzabili dalle parti nell’ambito dei procedimenti diretti alla realizzazione dei crediti nei confronti delle pubbliche amministrazioni, la non pignorabilità dei crediti, in funzione della dichiarazione di nullità del pignoramento, può essere contestata dall’amministrazione debitrice con l’opposizione all’esecuzione ex art. 615 c.p.c. Come osservato, l’impignorabilità può essere anche rilevata d’ufficio dal giudice ed in tal caso il provvedimento del giudice potrà essere impugnato con l’opposizione agli atti esecutivi da parte del creditore procedente, ex art. 617 c.p.c. Parimenti la pubblica amministrazione potrà proporre l’opposizione agli atti esecutivi avverso l’ordinanza di assegnazione somme, che ritenesse illegittima42. La stessa questione della pignorabilità dei crediti, se contestata dalla pubblica amministrazione ex art. 615 c.p.c. o dal creditore procedente ex art. 617 c.p.c. ha, dunque, un diverso trattamento processuale: nel primo caso gode del doppio grado di giurisdizione, nel secondo, è decisa in unico grado. Conseguenze della recente novella del procedimento di espropriazione presso terzi Le particolarità del procedimento esecutivo presso la pubblica amministrazione devono confrontarsi con le recenti modifiche al procedimento di espropriazione dei crediti introdotte dalla l. 24 dicembre 2012, n. 228. Per effetto della novella, avviato il procedimento con l’atto di citazione e pignoramento presso terzi notificato dal creditore procedente, l’oggetto dell’esecuzione può essere determinato dalla dichiarazione stragiudiziale del terzo, debitor debitoris, ai sensi nel nuovo art. 547 c.p.c. Se non sorgono contestazioni, il giudice assegna il credito ai sensi dell’art. 553 c.p.c.; se sorgono, le risolve, compiuti i necessari accertamenti, con ordinanza ai sensi dell’art. 549 c.p.c. Se il terzo (ndr. il tesoriere) non compare all’udienza stabilita, il credito pignorato si ha per riconosciuto e il giudice può assegnare il credito ai sensi dell’art. 553 c.p.c., anche se assolutamente impignorabile. In questo rinnovato contesto, se l’amministrazione non si oppone, la verifica della pignorabilità dei crediti e delle somme dell’ufficio pubblico, è affidata esclusivamente all’esercizio dei poteri ufficiosi del giudice. 4.4. Le contabilità speciali ed il pignoramento c.d. contabile Il pignoramento c.d. contabile è una procedura espropriativa, diversa dagli archetipi del codice di rito, prevista per le contabilità speciali delle Prefetture, delle Forze Armate, della Guardia di 42
Cass. 23 agosto 2011, n. 17524. 19 Finanza, della Polizia di Stato, del Corpo dei Vigili del Fuoco, del Corpo della Polizia Penitenziaria, del Ministero dell’Interno, del Ministero della Giustizia e della Direzione Nazionale Antimafia. Questo particolare pignoramento è disciplinato dall’art. 1, d.l. 25 maggio 1994, n. 313, conv. in l. 22 luglio 1994, n. 460. Le contabilità speciali dello Stato Preliminare al commento dell’istituto, è la definizione delle c.d. contabilità speciali. Le contabilità speciali – istituite originariamente dall’art. 585, r.d. 23 maggio 1924, n. 827 -­‐ costituiscono un particolare sistema di decentramento della spesa, realizzato delegando un organo periferico dell’amministrazione a provvedere autonomamente alle proprie necessità funzionali, per mezzo di fondi messi a sua disposizione, con accredito presso la sezione di tesoreria provinciale dello Stato. Esempio tipico nell’amministrazione centrale dello Stato di contabilità speciale è quella del Cassiere del Ministero dell’Interno, a cui fanno capo circa 103 contabilità speciali intestate ai Prefetti, ai Commissari delle Provincie autonome di Trento e Bolzano ed al Presidente della Regione Valle d’Aosta. Le contabilità speciali sono analoghe al conto corrente bancario: si tratta di conti particolari accesi a favore delle amministrazioni, enti o funzionari pubblici, presso le Sezioni di tesoreria provinciale, utilizzabili dai beneficiari per effettuare pagamenti mediante l’emissione di appositi capitoli di spesa. Le contabilità speciali devono essere preventivamente autorizzate dalla Direzione generale del Tesoro (art. 585, c. 2, Reg. contabilità pubblica). L’art. 1, co. 1, l. 460/1994, in commento, riguarda – soprattutto -­‐ le contabilità intestate a prefetti, corpi militari dello Stato e si effettuano a mezzo di funzionari delegati; presso ogni sezione provinciale di tesoreria è istituita una contabilità speciale a loro intestata ove affluiscono i versamenti autorizzati, con ordini di accredito mensili dell’Amministrazione centrale del Tesoro. Gli ordini vengono eseguiti con l’accredito dell’importo nel conto di contabilità speciale. Per ogni ufficio o ente viene emesso mensilmente un ordinativo: quello per il pagamento dei fornitori o dei creditori è accreditato sul c/c postale dell’ente. Gli ordini sono esigibili dai tesorieri degli enti stessi o dai responsabili di cassa, con emissione di quietanza; ogni qualvolta questi soggetti si recano presso la Tesoreria a riscuotere gli ordinativi, il funzionario responsabile compila il c.d. “trittico”, composto da matrice contabile, atto di riscossione o delegazione e avviso di riscossione. Riscossi i fondi concessi in conto anticipazioni, gli uffici beneficiati trasmettono alla Direzione del Tesoro una “dichiarazione di ricevuta”, contenente l’indicazione della somma ricevuta, suddivisa per capitoli di spesa. Le contabilità sono speciali perché derogano alle regole ordinarie di gestione del denaro pubblico e non sono sottoposti alla legge ed al regolamento di contabilità generale dello Stato (R.D. 2440/1923 20 e 827/1924), con l’importante conseguenza pratica, di consentire alle amministrazioni intestatarie di disporre rapidamente delle somme di cui necessitano per far fronte alle urgenze. La materia è stata razionalizzata dal D.L. 313/1994, a seguito dell’abuso del sistema attraverso l’utilizzo da parte delle amministrazioni delle contabilità speciali non per attività speciali, come era nella originaria ratio della loro istituzione, ma per attività ordinarie. La razionalizzazione ha stabilito regole inderogabili per le contabilità speciali: a) l’autorizzazione da parte del Ministero dell’Economia-­‐ Tesoro o del Ministero dell’Interno, b) il ricorso alle contabilità speciali solo per specifici interventi da definire con decreto del Ministro competente, che indichi la legge di spesa, i capitoli di bilancio interessati, la durata degli interventi, il quantum dei finanziamenti, c) l’obbligo di rendiconto amministrativo dei funzionari titolari di contabilità speciali, d) l’obbligo di estinzione della contabilità speciale da parte della Tesoreria provinciale in caso non utilizzo del conto per oltre un anno. Il pignoramento c.d. contabile L’art. 1, co. 1, l. n. 460/1994 delinea l’ambito oggettivo e soggettivo della disciplina, indicando i destinatari e circoscrivendo i fondi pignorabili. Quanto al profilo soggettivo, destinatari della norma sono le Prefetture, le direzioni amministrative delle Forze Armate e della Guardia di Finanza, gli uffici e reparti della Polizia di Stato, i comandi del Corpo dei Vigili del Fuoco, i reparti della Polizia Penitenziaria, il Cassiere del Ministero dell’Interno, il Ministero della Giustizia, la Direzione Nazionale Antimafia, i reparti del Corpo Forestale dello Stato, il Dipartimento dell’Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione dei prodotti agroalimentari. La platea dei soggetti è stata ampliata dall’art. 14, co. 3, d.l. 31 dicembre 1996, n. 669, conv. in l. n. 30/1997, con l’ingresso della Presidenza del Consiglio dei Ministri, del Dipartimento della protezione civile e degli organi dei servizi di sicurezza (ndr. DIS, AISI, AISE). Quanto all’aspetto oggettivo, l’esclusione dal novero dei beni suscettibili di pignoramento riguarda quella parte dei fondi di contabilità speciale degli enti e uffici pubblici menzionati, destinata ai servizi ed alle finalità pubbliche perseguiti dalle pubbliche amministrazioni citate. La disposizione dichiara impignorabili i fondi appartenenti alle pubbliche amministrazioni citate, in forza di un criterio di allocazione (giacenza su contabilità speciali) e finalistico (funzionali al perseguimento di obiettivi e finalità pubbliche essenziali), lasciando possibile l’espropriazione dei fondi e delle res rimanenti. Forma e modalità Il profilo di maggior interesse riguarda la forma del pignoramento, delineata dal co. 2, dell’art. 1, l. 460/1994: i pignoramenti (ed i sequestri) si eseguono esclusivamente – a pena di nullità rilevabile d’ufficio – con atto notificato al direttore di ragioneria responsabile presso le prefetture o al direttore amministrativo o al funzionario delegato nella cui circoscrizione risiedono i soggetti privati interessati. 21 La notificazione ha l’effetto di sospendere l’emissione di ordinativi di pagamento relativamente alle somme pignorate. Essa non ha effetto per gli ordini di pagamento già emessi. Il funzionario di prefettura, il direttore amministrativo o il funzionario delegato, a cui sia stato notificato l’atto di pignoramento (o di sequestro), è tenuto a vincolare l’ammontare, sempreché esistano sulla contabilità speciale fondi con destinazione diversa da quella indicata al comma 1 dell’art. 1: al vincolo si procede con l’iscrizione sul libro giornale. Il procedimento esecutivo tratteggiato è senza dubbio un ibrido processuale, dotato di elementi propri dell’espropriazione mobiliare e di quella presso terzi: del pignoramento mobiliare ha la presenza dei soli due soggetti del rapporto obbligatorio, il debitore ed il creditore, ma difetta dell’attività di ricerca, scelta e apprensione propria dell’ufficiale giudiziario. Del pignoramento presso terzi mutua la fattispecie a formazione progressiva, rappresentata dalla i) notificazione di un atto scritto di pignoramento, il cui contenuto, in difetto di tipizzazione normativa, può essere quello dell’art. 543 c.p.c.43; ii) individuazione – da parte della pubblica amministrazione esecutata -­‐ delle somme pignorabili, nell’ambito delle contabilità speciali; iii) dall’annotazione del vincolo pignoratizio sul libro giornale, che costituisce il momento perfezionativo del pignoramento. La verifica costituzionale Com’era prevedibile, il pignoramento c.d. contabile ha dato luogo a censure di incostituzionalità, tutte superate dalla Corte Costituzionale. La Corte ha ritenuto non fondata, con riferimento agli art. 3, 24, 25, 28, e 113 cost., la questione di legittimità costituzionale dell'art. 1 comma 3 d.l. 25 maggio 1994 n. 313, in quanto la disciplina stabilita per i pignoramenti sulle contabilità speciali non configura una procedura tale da determinare l'impignorabilità dei fondi assegnati alle pubbliche amministrazioni indicate nella norma, ma tende invece ad adeguare la procedura di esecuzione forzata alle particolari modalità di gestione contabile dei fondi stessi ed alla impignorabilità di quella parte di essi che risulti già destinata a servizi qualificati dalla legge come essenziali44. Peraltro, osserva la Corte con riferimento alle prefetture, il divieto di atti di sequestro o di pignoramento sui fondi delle prefetture presso le sezioni di Tesoreria dello Stato non implica l'impignorabilità dei fondi assegnati alle prefetture, ma è preordinato ad adeguare la procedura di esecuzione forzata alle particolari modalità di gestione contabile degli stessi fondi. Risulta pertanto giustificata la normativa secondo la quale il pignoramento deve essere notificato al funzionario direttamente responsabile della gestione contabile dei fondi e in grado di conoscere l'ammontare, la disponibilità, i vincoli di destinazione e le cause d'impignorabilità. 43
L’atto di pignoramento dovrà necessariamente contenere l’indicazione delle parti, del titolo esecutivo, del precetto, nonché dell’ingiunzione al debitore di astenersi da atti di disposizione delle somme staggite; ritenuti superflui sono gli elementi prescriti dall’art. 492 c.p.c. ovverosia l’elezione di domicilio e l’avvertimento sulla possibile conversione ex art. 495 c.p.c. 44
Corte Cost. 9 ottobre 1998, n. 350. 22 CONSIGLI DI LETTURA G. COSTANTINO, La tutela dei crediti verso le pubbliche amministrazioni, in Riv. dir. proc., 2014, 302; A. LEPRE, Arricchimento ingiustificato ed esecuzione forzata contro la P.A. e gli enti locali, Milano, 2012; in F. AULETTA (diretta da), Le espropriazioni presso terzi, R. ROSSI, L’espropriazione presso terzi di crediti e di cose della pubblica amministrazione, 2011, Bologna, 259; MEZZOTERO-­‐BIESUZ, Codice delle esecuzioni forzate nei confronti della P.A., 2009, Bari; C.M. CASCIONE, Il diritto privato dei beni pubblici, 2013, Bari; V. CERULLI IRELLI, Amministrazione pubblica e diritto privato, 2011, Torino. AA.VV., Contabilità di Stato e degli enti pubblici, 6ªed., 2013, Torino. 23 
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il recupero dei crediti verso la pubblica amministrazione