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NOTIZIE DALL’EUROPA E DAL MONDO
PRESENTAZIONE DELL’INCHIESTA
"FILIERA SPORCA"
DOMENICA 31 GENNAIO IN BANCA ETICA
Da Nord a Sud, nel settore agricolo italiano esistono situazioni di sfruttamento e
schiavitù spesso taciute o sottostimate. L'inchiesta Filiera sporca racconta cosa
succede nei campi e i percorsi che fanno i prodotti per arrivare alla nostra tavola.
Ne parliamo con:
 FABIO CICONTE - Presidente di
Terra! Onlus;
 Avv. MARCO PAGGI - Associazione
Studi Giuridici Immigrazione;
 MBAREK EL ASRI - Lavoratore e
delegato Adl Cobas.
Realizzato
da
Terra!
onlus,
Associazione
da
Sud
e
terrelibere.org, il rapporto “Filiera
sporca” prende in esame il viaggio che
compiono le arance prodotte al Sud per
arrivare sulle nostre tavole, svelando le
situazioni di sfruttamento e illegalità.
Una
filiera
parcellizzata
fatta
di
innumerevoli
passaggi,
quasi
mai
trasparenti, in cui convivono il bracciante
agricolo sfruttato e la multinazionale, la
grande distribuzione e la criminalità
organizzata.
Una filiera basata sul trasporto su gomma
e su un modello produttivo spesso
dipendente dalla chimica e che non esiste
solo al Sud ma in tutto il Paese, anche
vicino casa nostra.
Domenica 31 gennaio alle 18 il rapporto
"Filiera sporca" verrà presentato a
Padova presso la sede di Banca Etica, in
Via Niccolò Tommaseo 7, a Padova.
L'incontro è organizzato dal Collettivo di produttori CAMPI COLTI che ha il
piacere di avere El Tamiso gradito ospite della serata.
Il potere di scegliere
da Low Living High Thinking – gennaio 2016
§§§
Adriatico, stop
alle trivelle
croato
da Altreconomia – gennaio 2016
LE API STANNO SPARENDO.
Questi insetti producono un terzo di tutto ciò che mangiamo, e stanno morendo
sterminate da pesticidi 6mila volte più tossici del DDT. Ma ora gli USA potrebbero
proibire finalmente questi veleni. E noi possiamo rendere questo momento quello
decisivo per salvare le api!
Dopo 10 anni di pressioni, l’Agenzia USA per
l’ambiente ha appena aperto una consultazione
pubblica che deciderà se vietare uno dei veleni più
pericolosi per le api. Ora le multinazionali della
chimica spenderanno milioni per contrastare
scienza e cittadini e per questo serve un appello
urgente da parte della nostra comunità, che si
unisca agli apicoltori, al mondo dell’agricoltura e
agli scienziati. Questa è una battaglia che stiamo
già vincendo in Europa. E un divieto anche negli USA potrebbe innescare un’enorme
reazione a catena contro questi pesticidi in tutto il mondo.
È la nostra occasione per fermare lo sterminio delle api, manda subito un
messaggio e condividi con tutti!!!
MANDA UN MESSAGGIO
I neonicotinoidi, i pesticidi che minacciano le api, sono ovunque: solo negli USA
vengono spruzzati su oltre 40 milioni di ettari di terre e campi coltivati. Le api non
hanno scampo. Questi veleni si diffondono nel suolo e nell’acqua, e contaminano
irreparabilmente il cibo che mangiamo. Sono stati trovati nel 29% degli alimenti per
bambini! Gli USA hanno iniziato a muoversi dopo che una ricerca ha dimostrato che uno
dei pesticidi più diffusi è “altamente tossico per le api adulte”. Ma ora potrebbero
decidere solamente di limitarne l’uso, invece di vietarlo del tutto, nonostante sia
pericolosissimo anche in minime quantità, mettendo a rischio intere colonie.
La nostra comunità ha già iniziato questa battaglia finanziando i migliori scienziati e
lavorando insieme agli esperti. Ora abbiamo bisogno di milioni di voci per chiedere
all’Agenzia per la protezione dell’Ambiente e al Governo statunitensi di vietare una volta
per tutte questi pesticidi. Oltre il 70% dei principali prodotti agricoli è impollinato dalle
api. Certo, potremmo anche sopravvivere in un mondo senza api, ma
perderemmo per sempre l’enorme biodiversità di piante, frutta e verdura del
nostro pianeta.
Le consultazioni pubbliche sono aperte. Manda un messaggio per
proteggere le api e il nostro ecosistema e condividi con tutti!!!
Le aziende chimiche vogliono farci credere che quello che succede agli insetti non ci
riguarda. Ma in un ecosistema interconnesso come il nostro, la morte di creature anche
minuscole come le api può avere effetti devastanti.
Come diceva Rachel Carson, storica leader della lotta contro i pesticidi, “In natura niente
esiste per conto suo”. Dipendiamo tutti gli uni dagli altri: noi abbiamo bisogno delle api e
le api hanno bisogno di noi.
Con speranza, Nell, Dalia, Ari, Ben, Mais, Diego e tutto il team di Avaaz.
PS. Le api sono insetti semplicemente meravigliosi. Formano società
matriarcali che comunicano danzando, i loro alveari sono una delle
strutture più efficienti in natura, e il loro cervello è in grado di bloccare
l’invecchiamento, un’abilità che potrebbe darci la soluzione alla demenza
senile. Salviamo insieme queste creature incredibili!!!
ULTERIORI INFORMAZIONI:
 Sos api: azione pesticidi nel mirino di Agenzie Ue e Usa (ANSA);
 Biodiversità a rischio, api vittime dei pesticidi (ADNkronos);
 Api a rischio estinzione, negli Usa popolazioni dimezzate in meno di un
anno. L'Epa: "Stop all'uso dei pesticidi" (Tiscali notizie);
 Api, Agenzia ambientale Usa propone stop a pesticidi (ANSA);
 Pesticidi neonicotinoidi: la Francia chiede una maggior protezione per le
api. Pubblicato un nuovo rapporto (Il fatto Alimentare);
 Api, la moria è anche colpa dei pesticidi neonicotinoidi. Anche l’EPA lo
ammette (Green me);
 Api selvatiche, una su dieci in Europa rischia l'estinzione (Repubblica);
 Oltre il miele: quanti pericoli dall’estinzione delle api (Bergamo news);
 La comunità delle api: una famiglia quasi perfetta (Liguria notizie).
(da Avaaz.arg – gennaio 2016)
TROPPO ZUCCHERO DANNEGGIA
CERVELLO E MEMORIA
Dopo che il parlamento europeo ha detto
stop
all’aumento
indiscriminato
di
zucchero nei cibi per bambini, arriva un’altra
notizia
che
conferma
come
gli
europarlamentari si siano mossi nella direzione
giusta.
Secondo una nuova ricerca mangiare troppo
zucchero danneggia le cellule cerebrali.
Viene sfatato dunque un vecchio mito, quello secondo cui una buona dose di zucchero
aiuterebbe il cervello nelle sue funzioni. Non la pensa affatto così, e l’ha provato
scientificamente, un team di ricercatori della Facoltà di medicina e chirurgia dell'Università
Cattolica di Roma che ha visto pubblicare il proprio studio sulla rivista Cell Reports.
Quello che hanno notato i ricercatori è che concentrazioni molto elevate di zucchero
rendono le cellule staminali del cervello incapaci di riprodursi e ciò a scapito delle importanti
funzioni che svolgono soprattutto nell’ambito della memoria e dell’apprendimento. La
situazione rende impossibile il ricambio di neuroni nell’ippocampo, strutture fondamentali
per la formazioni dei ricordi. La ricerca (condotta purtroppo anche su modello animale) ha
visto come nel campione di topi sottoposto ad una dieta ipocalorica (1500 calorie al giorno)
le staminali cerebrali al contrario siano aumentate.
"Il nostro lavoro ha svelato un nuovo meccanismo di regolazione delle cellule staminali
cerebrali che, probabilmente, rappresenta un meccanismo generale di controllo del
compartimento staminale in risposta a diversi stimoli. Le vie molecolari da noi individuate
potrebbero essere bersaglio di interventi nutrizionali e farmacologici volti a preservare e
potenziare questa importante 'riserva cellulare' presente nel nostro cervello, soprattutto
nel corso dell'invecchiamento e nelle malattie neurodegenerative" ha dichiarato il
professor Claudio Grassi, autore dello studio insieme a Giovambattista Pani. Il risultato
di questa ricerca è stato netto e chiaro, non può dunque lasciare indifferenti:
una dieta troppo carica di zuccheri va ad incidere negativamente sulle performance
cerebrali. Ma i danni che può fare lo zucchero, in particolare quello raffinato, sono molti.
Potete leggerne alcuni QUI.
Leggi anche:
 ZUCCHERO RAFFINATO: 10 MOTIVI SCIENTIFICAMENTE PROVATI PER
LIMITARNE IL CONSUMO;
 TROPPO ZUCCHERO NEGLI ALIMENTI PER BAMBINI, L’UE DICE STOP.
(da Greenme.it – gennaio 2016)
AL VIA IL PROGETTO – APERTO A TUTTI -:
"MIGLIORAMENTO GENETICO PARTECIPATIVO DELLE ANTICHE
VARIETÀ LOCALI”
Di seguito riportiamo alcune linee guida e intenti… che saremo ben felici di
integrare e completare grazie alle idee e al coinvolgimento di tutti coloro che
vorranno aiutarci e condividere con noi questo lavoro.
Abbiamo deciso di costruire questo progetto "partecipato e
condiviso" per "celebrare" a modo nostro questo 2016 che
la FAO e le nazioni Unite hanno dedicato ai legumi. Un
ottima occasione per dare risalto alle oltre 40 varietà di
fagioli tipici, locali e riproducibili coltivate in questa nostra
zona…, ricca di biodiversità, coltivata e non.
Siamo ben consapevoli dell'importanza della biodiversità,
soprattutto se legata a un coltivare sano e sostenibile,
senza comunque trascurare l' interessamento del mercato
per le varietà tipiche e locali).
Crediamo sia indispensabile fare in modo che tale patrimonio non
vada disperso, perduto e impoverito soprattutto dal punto di vista
genetico. E' altresì evidente che un lavoro di questo tipo è difficile che
possa essere fatto da un'unica azienda, sia per le competenze
richieste e per i costi che avrebbe coinvolgere tecnici ed esperti.
Riteniamo pertanto importante costruire un progetto “partecipato e
collettivo”, anche alla luce delle “raccomandazioni politiche ed
esperienze della conferenza internazionale FSO”, degli articoli 6 e 9
del trattato internazionale PGRFA (PLANT GENETIC RESOURCES
FOR FOOD AND AGRICULTURE - TRATTATO INTERNAZIONALE
SULLE RISORSE FITOGENETICHE PER L’ALIMENTAZIONE E
L’AGRICOLTURA), di molte raccomandazioni della FAO e degli ottimi
risultati ottenuti in varie parti del mondo dall'amico Salvatore
Ceccarelli e dai PPB (PARTECIPATORY PLANT BREEDING- MIGLIORAMENTO
GENETICO PARTECIPATIVO).
Crediamo pertanto che sia indispensabile avviare, quanto
prima, un progetto di:
- individuazione
- classificazione
- catalogazione
- riproduzione
- rigenerazione
- selezione di varietà antiche, tipiche e locali.
Un lavoro che o viene fatto dalle aziende e realtà locali (che usufruiscono e basano il loro
futuro su dette varietà) o che non verrà fatto da nessuno, visto lo scarso interesse delle
ditte sementiere per queste varietà. L'obiettivo principale del progetto è quello di ottenere
un BUON SEME. Un seme sano, vitale, produttivo, con un’ampia diversità genetica,
resistente ad avversità e virosi, riproducibile e migliorabile, che si sa adattare al meglio
alle mutazioni del clima.
Quindi un seme che sfrutta a nostro vantaggio il suo potenziale evolutivo, fondamentale
per un coltivare biologico, sano e sostenibile. Un seme ottenuto in modo partecipato e
frutto di una condivisione di saperi, conoscenze, pratiche, metodi.
LEGGI TUTTO DEL PROGETTO SUL SITO DEL GRUPPO COLTIVARE CONDIVIDENDO
IL PICENO RISCHIA DI PERDERE LE
PROPRIE VIGNE:
NO ALLE TRIVELLE!
La brutta storia delle autorizzazioni alle trivellazioni
che da alcuni mesi sta riempiendo le pagine di
giornali, tv e media, sta colpendo profondamente
anche il territorio marchigiano e soprattutto quello
Piceno.
Campagne e colline meravigliose che raccontano decenni di
storia agraria, viticola, olivicola, sono messi a repentaglio da
una serie di manovre “mascherate” da politiche di sviluppo
energetico, che con molta faciloneria stanno favorendo autorizzazioni per forare il territorio
con una bella forma di gruyere, alla ricerca di metano ed idrocarburi in genere in cambio
di pochi spiccioli.
È così che a Ripatransone, a Offida e in altri Comuni limitrofi del Piceno, alcuni dei più bei
crinali vitati delle nostre colline sono messi a repentaglio da tali manovre scellerate,
attraverso le quali si compromettono la sostenibilità ambientale, i posti di lavoro, il reddito
delle aziende agricole che da generazioni custodiscono queste campagne, le preservano,
le proteggono, ne favoriscono la crescita qualitativa.
Ad essere minacciate non sono solo alcune
delle più belle vigne del Piceno – dove
sangiovese,
montepulciano,
pecorino,
passerina, favoriscono la produzione di vini
Doc e Docg ormai noti oltre confine – ma
anche alcuni dei più bei versanti olivicoli
dove le cultivar tenera ascolana, piantone di
Falerone e piantone di Mogliano danno
prodotti di ottima qualità.
(nella foto il vigneto su cui dovrà insistere la
trivellazione, in
Ripatransone)
Contrada Canali, Comune di
Gli sforzi e gli investimenti che le aziende produttrici e i Consorzi di Tutela hanno profuso
in questi ultimi venti anni con l’intento di portare il nome del Piceno e delle Marche nel
mondo, nel giro di poco tempo andrebbero spazzati via nel modo peggiore ovvero
distruggendo le campagne. La politica ambientale ed ecologica di ogni governo degli ultimi
venti anni purtroppo è sempre più impotente e sempre più sovrastata da politiche
economiche e industriali che procedono come uno schiacciasassi, polverizzando molto
spesso il patrimonio agricolo delle nostre Regioni a discapito di asserite politiche di crescita
industriale.
In realtà un ostacolo vero a tutto questo c’è, siamo noi cittadini, sono i Comitati organizzati
che si sono creati per difendere il territorio del Piceno e delle Marche, noi di Slow Food e
Slow Wine che abbiamo scelto di schierarci, perché difendere queste campagne significa
non perdere noi stessi, la nostra cultura popolare, agraria e contadina. È con la forza di
tutti che si riuscirà a vincere contro questa supremazia che le lobby del petrolio stanno
intentando a discapito della sostenibilità ambientale.
Con questi intenti, giovedi 21 gennaio, si è svolta una cena-evento “Gustiamoci il
Piceno”, un’iniziativa volta ad informare e sensibilizzare i cittadini nei confronti dello
questo scempio che si sta consumando, per dire no al Progetto Santa Maria Goretti (se
vuoi saperne di più in merito clicca qui), che prevede trivellazioni in 101 Km2 nel nostro
territorio per l’estrazione di idrocarburi.
Nell’ex monastero di San Francesco a Offida, presso
l’Enoteca Regionale, alcuni dei migliori chef del territorio
– Daniele Citeroni di Ophis, e Sabrina Tuzi della Degusteria
del Gigante, Andrea Mosca del Ristorante Marili, Diego
Capriotti di Enonè, Maria Elena Cicchi di Villa Cicchi – si
sono cimentati ai fornelli per far assaggiare ai presenti
piatti preparati con i prodotti locali mentre il Consorzio Vini
Piceni e il Consorzio Terroir Marche, ha favorito l’assaggio
dei vini del territorio con il contributo dell’Associazione
Italiana Sommelier.
Durante la serata inoltre vi sono stati momenti di
approfondimento sui rischi ed effetti collaterali di tali
trivellazioni a cura di alcuni dei massimi esperti del
settore. Promotore di questo evento è stato il Comitato
No Trivelle nel Piceno che da mesi sta combattendo una
battaglia pacifica ma alquanto decisa e “rumorosa” per
cercare di favore l’attenzione di tutta la popolazione
marchigiana nei confronti di queste manovre di
depauperazione del territorio.
(da Slow Food/Slow Wine – gennaio 2016)
LA MEMORIA DI UNA METAMORFOSI CHE L'UOMO NON HA
IMPEDITO
Il 27 gennaio 1945 l’esercito sovietico entrò nel campo di concentramento di
Auschwitz e vide. Vide ciò che occorre sforzarsi di non dimenticare, perché non
sia mai che possa tornarsi a vedere.
Quel giorno ad Auschwitz c’era anche Primo Levi, prigioniero, ebreo,
sopravvissuto. Con le parole del suo capolavoro, “Se questo è un uomo”, oggi
possiamo mantenerci all’erta, presenti a noi stessi per non ricadere, meschini,
nell’errore e nell’orrore. Questa è memoria.
«E venne la notte, e fu una notte tale, che
si conobbe che occhi umani non avrebbero
dovuto assistervi e sopravvivere. Tutti
sentirono questo: nessuno dei guardiani, né
italiani né tedeschi, ebbe animo di venire a
vedere che cosa fanno gli uomini quando
sanno di dover morire».
È la notte prima della partenza per i lager,
la notte del 1944 che Primo Levi trascorse
al campo di smistamento di Fossoli
(Modena) insieme a centinaia e centinaia di
altri ebrei.
«Ognuno si congedò dalla vita nel modo che più gli si addiceva. Alcuni pregarono, altri
bevvero oltre misura, altri si inebriarono di nefanda ultima passione. Ma le madri vegliarono
a preparare con dolce cura il cibo per il viaggio, e lavarono i bambini, e fecero i bagagli, e
all’alba i fili spinati erano pieni di biancheria infantile stesa al vento ad asciugare; e non
dimenticarono le fasce, e i giocattoli, e i cuscini, e le cento piccole cose che esse ben sanno,
e di cui i bambini hanno in ogni caso bisogno. Non fareste anche voi altrettanto? Se
dovessero uccidervi domani col vostro bambino, voi non gli dareste oggi da mangiare?».
Sapevano, intuivano ciò che li attendeva. Una brutalità senza limiti, una di quelle brutalità
che noi oggi riteniamo un peccato lontano e remoto, che riteniamo cruda ovvietà, tale da
poterla riconoscere qualora si ripresentasse sotto i nostri occhi. Ne siamo sicuri...ma è
davvero fondata questa sicurezza?
Quante crudeltà, sopraffazioni, genìe trucidate, intolleranze, rifiuti, segregazioni si sono
avute da allora? In 70 anni possiamo dire, noi, mondo giustamente indignato davanti alla
Shoah, di avere avuto sempre la coscienza pulita? Se quella carneficina di innocenti deve,
come deve, insegnarci qualcosa, allora potrebbe darsi che non abbiamo colto del tutto la
profondità di quell’insegnamento. Cosa accade oggi nel mondo?
Scrive Primo Levi:
«Soffrivamo per la sete e il freddo: a tutte le fermate chiedevamo acqua a gran voce, o
almeno un pugno di neve, ma raramente fummo uditi; i soldati della scorta allontanavano
chi tentava di avvicinarsi al convoglio. Due giovani madri, coi figli ancora al seno,
gemevano notte e giorno implorando acqua. Meno tormentose erano per tutti la fame, la
fatica e l’insonnia, rese meno penose dalla tensione dei nervi: ma le notti erano incubi
senza fine».
Riconoscete forse in quell’incubo qualcuno degli incubi attuali che, benché sotto casa nostra
e benché popolati di altrettante famiglie, donne, vecchi e bambini, preferiamo ignorare?
Levi, poi, giunge ad Auschwitz:
«Venne a un tratto lo scioglimento. La portiera fu aperta con fragore, il buio echeggiò di
ordini stranieri, e di quei barbarici latrati dei tedeschi quando comandano, che sembrano
dar vento a una rabbia vecchia di secoli. Ci apparve una vasta banchina illuminata da
riflettori».
«In meno di dieci minuti tutti noi uomini validi fummo radunati in un gruppo. Quello che
accadde degli altri, delle donne, dei bambini, dei vecchi, noi non potemmo stabilire allora
né dopo: la notte li inghiottì, puramente e semplicemente».
«Emersero invece nella luce dei fanali due drappelli di strani individui. Camminavano
inquadrati, per tre, con un curioso passo impacciato, il capo spenzolato in avanti e le
braccia rigide. In capo avevano un buffo berrettino, ed erano vestiti di una lunga
palandrana a righe, che anche di notte e di lontano si indovinava sudicia e stracciata.
Descrissero un ampio cerchio attorno a noi, in modo da non avvicinarci, e, in silenzio, si
diedero ad armeggiare coi nostri bagagli, e a salire e scendere dai vagoni vuoti. Noi ci
guardavamo senza parola. Tutto era incomprensibile e folle, ma una cosa avevamo capito.
Questa era la metamorfosi che ci attendeva. Domani anche noi saremmo diventati cosi».
Poi, l’abisso:
«Allora per la prima volta ci siamo accorti che la nostra lingua manca di parole per
esprimere questa offesa, la demolizione di un uomo. In un attimo, con intuizione quasi
profetica, la realtà ci si è rivelata: siamo arrivati al fondo. Più giù di così non si può andare:
condizione umana più misera non c’è, e non è pensabile. Nulla più è nostro: ci hanno tolto
gli abiti, le scarpe, anche i capelli; se parleremo, non ci ascolteranno, e se ci ascoltassero,
non ci capirebbero. Ci toglieranno anche il nome: e se vorremo conservarlo, dovremo
trovare in noi la forza di farlo, di fare sì che dietro al nome, qualcosa ancora di noi, di noi
quali eravamo, rimanga».
«Si immagini ora un uomo a cui, insieme con le persone amate, vengano tolti la sua casa,
le sue abitudini, i suoi abiti, tutto infine, letteralmente tutto quanto possiede: sarà un uomo
vuoto, ridotto a sofferenza e bisogno, dimentico di dignità e discernimento, poiché accade
facilmente, a chi ha perso tutto, di perdere se stesso; tale quindi, che si potrà a cuor
leggero decidere della sua vita o morte al di fuori di ogni senso di affinità umana; nel caso
più fortunato, in base ad un puro giudizio di utilità».
Noi, oggi, 2016, leggiamo questo sui giornali:
“La Danimarca approva la legge per la confisca dei beni ai migranti”.
E questo:
“Svizzera come Danimarca: confisca dei beni ai rifugiati”.
«La baracca di legno, stipata di umanità dolente, è piena di parole, di ricordi e di un altro
dolore. “Heimweh” si chiama in tedesco questo dolore; è una bella parola, vuol dire “dolore
della casa”. Sappiamo donde veniamo: i ricordi del mondo di fuori popolano i nostri sonni
e le nostre veglie, ci accorgiamo con stupore che nulla abbiamo dimenticato, ogni memoria
evocata ci sorge davanti dolorosamente nitida. Ma dove andiamo non sappiamo. Potremo
forse sopravvivere alle malattie e sfuggire alle scelte, forse anche resistere al lavoro e alla
fame che ci consumano: e dopo? Qui, lontani momentaneamente dalle bestemmie e dai
colpi, possiamo rientrare in noi stessi e meditare, e allora diventa chiaro che non
ritorneremo».
Poi...
«I russi arrivarono mentre Charles ed io portavamo Sómogyi poco lontano. Era molto
leggero. Rovesciammo la barella sulla neve grigia. Charles si tolse il berretto. A me
dispiacque di non avere berretto».
L'11 aprile 1987 Primo Levi si è suicidato.
(da Il Cambiamento – gennaio 2016)
Le piante officinali che possono sostituire
paracetamolo e ibuprofene
§§§
L’orologio biologico
nella Medicina
Tradizionale Cinese
da Greenme.it – gennaio 2016
IL BUSINESS CHE SPREME LE ARANCE
Le arance utilizzate per produrre i succhi che si consumano in Europa
provengono per l’80 per cento dal Brasile e dagli USA. Da lì il succo viene
esportato in forma liofilizzata per essere poi allungato con l’acqua nel paese di
destinazione. Dietro alla catena di produzione e fornitura c’è una manciata di
multinazionali che ne detiene il controllo a livello globale e fa in modo di tenere il
più possibile sotto silenzio le condizioni di lavoro, il massiccio uso di pesticidi e
l’impatto ambientale che deriva dalla produzione. Una campagna europea ha
condotto una ricerca in Europa e in Brasile per far luce su quel che i supermercati
sono soliti occultare.
Ecco i risultati: (Da Diagonal/El Salmón Contracorriente*)
I risultati della ricerca Exprimidos – Lo que hay
detrás del negocio del zumo de naranja [Quel
che c’è dietro l’affare del succo d’arancia],
realizzata dalla campagna europea Supply Cha!nge,
della quale fa parte la rete di attivisti Col•lectiu
RETS, e che è stata condotta in Brasile e in Europa,
fanno luce su qualcosa che i supermercati di generi
alimentari sono soliti occultare: la dipendenza e lo
sfruttamento dei lavoratori nelle aziende e
nelle piantagioni, così come la distruzione
dell’ambiente, in particolare attraverso il
massiccio utilizzo di pesticidi.
Negli ultimi 30 anni si è avuto un enorme incremento della produttività del succo di arancia,
anche a seguito dell’aumento della densità delle piantagioni. Dovendo sopravvivere in un
mercato altamente competitivo, si è verificato un processo di concentrazione in tutti i
settori della catena di produzione del succo di arancia.
Oggi, le imprese Sucocítrico Cutrale Ltda (Cutrale) [1], Citrosuco S/A (Citrosuco)
[2] e Louis Dreyfus Commodities Agroindustrial S/A (LDC) controllano in Brasile
tutta l’attività di produzione ed esportazione del succo d’arancia. Queste tre società
controllano in maniera effettiva il mercato globale, fornendo alle più grandi aziende
di imbottigliamento più del 50 per cento del succo prodotto.
Il danno ambientale del succo d’arancia: i pesticidi.
L’arancia è uno dei frutti ai quali si applicano più pesticidi in forma intensiva
poiché tra tutti i prodotti esportati dal Brasile è quella che richiede la maggior quantità di
pesticidi per ettaro. Dal 2008, il Brasile è leader mondiale nel consumo di pesticidi,
avendo incrementato molto velocemente il loro uso nell’ultimo decennio (il 190% rispetto
alla crescita complessiva del consumo degli stessi, contro un incremento globale di
consumo che è stato del 93%).
Il settore relativo alla vendita di pesticidi in Brasile costituisce un grande affare dominato
da una manciata di multinazionali. Inoltre, i tipi di pesticidi utilizzati e venduti in Brasile
sono particolarmente nocivi tant’è che in altri paesi molti di essi sono stati ritirati dal
mercato per motivi legati all’ambiente.
Dal 2007 il numero di intossicazioni dovute ai pesticidi è raddoppiato arrivando a
4.537 casi segnalati. Gli incidenti correlati con l’uso dei pesticidi sono aumentati del 67%
e la cifra ufficiale dei morti è passata da 132 a 206. Si stima che il numero dei casi che non
sono stati ufficialmente comunicati farebbe aumentare queste cifre in maniera
considerevole. Inoltre, all’inizio dell’ultimo decennio si è scoperta in Brasile la cosiddetta
“enfermedad verde”, un’infezione batterica delle coltivazioni di arancia.
Questa scoperta ha portato all’impiego massiccio di insetticidi neonicotinoidi che si ritiene
mettano in pericolo le colonie di api, sia selvatiche che domestiche. Questi pesticidi
vengono usati per ammazzare le api poiché queste vengono considerate responsabili della
trasmissione della “enfermedad verde” attraverso l’impollinazione. Tuttavia, ciò che in
definitiva accade, è che i pesticidi finiscono per uccidere le api utilizzate per l’impollinazione
degli aranceti destinati al commercio.
Violazione dei diritti umani nella produzione del succo d’arancia.
La coltivazione dell’arancia è un’attività di tipo intensivo. La frutta si raccoglie
principalmente a mano e i raccoglitori spesso viaggiano da una piantagione all’altra
raccogliendo arance, canna da zucchero e altri prodotti a seconda della stagione dell’anno
in cui si trovano. Generalmente, lavorano in cambio di salari molto bassi che non
consentono loro di condurre una vita dignitosa. È su di loro che grava il peso peggiore della
dura concorrenza tra le grandi multinazionali del settore del succo; il loro lavoro è molto
impegnativo a livello fisico, è mal pagato e non hanno alcuna protezione legale.
Ufficialmente, nelle piantagioni del Brasile si lavorano 44 ore alla settimana e i lavoratori
hanno diritto ad un’ora per la pausa pranzo. Tuttavia, la pressione esercitata sui lavoratori
affinché producano il massimo, determina il fatto che spesso non usufruiscono dell’ora
prevista per mangiare e vengono costretti a lavorare un maggior numero di ore di
quelle legalmente stabilite. Durante la raccolta si prevede che lavorino anche i fine
settimana. I cartellini usati per segnare l’ora di entrata e di uscita dal lavoro, evidenziano
che per molti anni di seguito i lavoratori hanno potuto usufruire di un solo giorno libero al
mese.
Le fumigazioni con prodotti chimici vengono
compiute più volte mentre nei campi i lavoratori
stanno effettuando la raccolta, cosa che provoca loro
reazioni allergiche e altri tipi di problemi di salute. Non
vengono istruiti su come lavorare o manipolare sostanze
tossiche, né vengono formati in materia di igiene e
sicurezza sul lavoro.
I datori di lavoro non informano i lavoratori dei pericoli
ai quali sono esposti nei loro posti di lavoro né viene loro
indicato come prendere le dovute precauzioni. Per
quanto riguarda una divisa da lavoro che sia idonea alla protezione dei lavoratori, o non
viene fornita o quella che hanno non è adeguata, e sebbene alcuni lavoratori ne vengano
provvisti, le lamentele sulla cattiva qualità delle stesse è una costante.
Gli autobus e i camioncini che trasportano i lavoratori alle piantagioni sono in uno stato
fatiscente e spesso non sono neanche legalmente registrati. Normalmente i datori di lavoro
trasportano i lavoratori fino alle piantagioni su veicoli di loro proprietà, il che significa che
in caso di incidente solo il datore di lavoro è responsabile di fronte alla legge, e non le
grandi multinazionali.
Lo studio dimostra anche come le donne sono chiaramente discriminate. I dati tratti
da fonti sindacali indicano che gli uomini che lavorano nelle piantagioni hanno di solito
contratti a tempo indeterminato mentre la maggioranza delle donne lavorano con contratti
temporanei. Le fonti sindacali informano che negli stabilimenti della LDC e della Cutrale
molte donne incinte o con figli/e a carico, sono state licenziate. E se la discriminazione
economica e lavorativa non fosse sufficiente, le donne che lavorano nelle
piantagioni sono vittime anche di costanti aggressioni, sia psicologiche che
fisiche e sessuali.
(da comune-info.net – gennaio 2016)
Giocare,
scommettere,
veramente?
vincere.
Ma
si
vince
§§§
Fratello lupo
da Il Cambiamento – gennaio 2016
COMUNICATO STAMPA WIGWAM ITALIA
INCONTRO COL …CAVOLO, ANZI NO, BROCCOLO PADOVANO
L’invito è per i gourmet ma non solo. In questo incontro si parlerà di acqua, di turismo
enogastronomico e di …cavoli benché trattasi di quello broccolo padovano, una vera chicca
che grazie a qualche vecchiotto ortolano è sopravvissuto all’oblio ed ora sta tornando sulle
tavole.
Il Workshop degli Operatori Wigwam e dei Giornalisti ARGAV si volgerà il
29 gennaio 2016, dalle ore 19:00, presso il Wigwam Circolo di Campagna
“Arzerello” a Piove di Sacco (Pd), in Via Porto, 8
(scarica QUI la locandina dell’evento)
Interverranno: Fabio Trolese Presidente del Consorzio Viveracqua, che rappresenta 14
società del “ciclo integrato delle acque” con il quale si
parlerà della gestione dell’acqua potabile; Maurizio
Drago, Giornalista e socio ARGAV che presenterà la
“Guida al Turismo Enogastronomico Italiano”, ed infine
Franco Zecchinato, Presidente Cooperativa Bio El
Tamiso,
che presenterà questo fantastico ortaggio
ritrovato:
“Il cavolo broccolo padovano”.
Modera la conferenza Fabrizio Stelluto, giornalista,
Presidente di ARGAV, mentre la degustazione, dove di certo
non mancherà il cavolo confezionato in almeno un paio di
ricette, sarà preparata e presentata da Efrem Tassinato
giornalista e chef, nonché Presidente del Wigwam Circuit.
Il Circuito Wigwam, è la rete internazionale per lo sviluppo equo, solidale e sostenibile delle
Comunità Locali mentre l’ARGAV è l’Associazione interregionale del Veneto e Trentino Alto
Adige dei giornalisti di Agricoltura, Alimentazione, Ambiente, Territorio, Foreste, Pesca,
Energie Rinnovabili (Gruppo regionale di specializzazione della FNSI – Federazione
Nazionale Stampa Italiana)
I posti sono limitati perciò saranno accettati accreditamenti fino al
raggiungimento della capienza della sala. Inviare la richiesta di
accreditamento con e-mail a [email protected] oppure con
SMS al 333-3938555.
** QUI trovi una scheda sul broccolo padovano predisposta da El Tamiso (…con
una ricettina…!!!)
LA TAGLIA UNICA NON FUNZIONA
di Manuela Salvi*
Ma certo, è ovvio. Anche i miei genitori, quando gli hanno detto:
“Signori, è una bambina” hanno preparato il tutù e le scarpine di
vernice. Poi hanno dovuto fare i conti con la realtà.
La realtà era una bambina che giocava con il registratore di cassa
finto, contestava l’uso della forchetta come convenzione arbitraria, e
che al saggio di danza classica ha cercato di scaraventare una
compagna giù dal palco.
Allora si sono riorganizzati. Hanno buttato nel cestino i fiocchi rosa, lo scettro da
principessa e tutto l’armamentario, e si sono messi a studiarmi.
Loro ci dicono sempre: “Siamo cresciuti con voi”. Perché anche mio fratello minore non è
che alla scuola calcio se la fosse cavata benissimo, ma adesso cucina da dio.
Crescere insieme ai figli penso che sia davvero una grande opportunità e anche il
modo migliore di lasciarli liberi di esplorare la propria identità senza lo stress dei modelli a
taglia unica.
La taglia unica non funziona. Sarebbe bello, ma non è così.
Sarebbe bello il pacchetto tutto compreso con libretto delle istruzioni, copri di rosa, copri
di celeste, segui le indicazioni e …puff, ecco qui la bambina modello, il bambino modello.
Non è così. E forse non sarà bello, perché spiazza, ma di sicuro è più interessante. Da
genitori stereotipati che producono esseri umani stereotipati si diventa Guide
Speciali di Persone Uniche.
Direi che nel cambio ci si guadagna. E ci guadagna anche la società.
(da comune-info.net – gennaio 2016)
Oneri di urbanizzazione. Ecco
cosa è cambiato
§§§
Il mondo nuovo e la memoria
del pane
da comune-info.net
2016
–
gennaio
§§§
Francia, il chilometro zero corre veloce
da Slow food – gennaio 2016
Chiudiamo la settimana con una… raffica di articoli – tratti da Ecopolis
Newsletter di Legambiente Padova - su come viene - e probabilmente verrà,
se non ci faremo sentire tutti insieme - gestito il territorio nell’area padovana:
Sempre peggio: nessun limite al consumo di
suolo, solo incentivi per nuove lottizzazioni
Colpo mortale sui
cunei verdi
Parco Agropaesaggistico? è scomparso
Devastante,
autoassolutorio:
nuovo regolamento alberi
Assedio a Camin: nuove strade e capannoni
Piovono
cemento e bugie sull'Iris
Come rovinare Selvazzano: il nuovo PAT
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