MONZA - OTTOBRE 2012 - ANNO XXXIII - N. 93 Spedizione in abbonamento postale art. 2 comma 20/C legge 662/96 - Milano ® Periodico della sezione di Monza RADUNO SEZIONALE SCUSATE IL DISTURBO CAPIGRUPPO A “RAPPORTO” ANDREA CREMONESI ROBERTO VIGANÒ Il 3 settembre se ne è andato Nelson Cenci. E questo mi impone una riflessione: i Cavalieri di Vittorio Veneto, gli ultimi testimoni della Grande Guerra, sono spariti da un pezzo e tra breve per ragioni anagrafiche lo stesso accadrà con i protagonisti, grandi e piccoli, della Seconda Guerra Mondiale. Che cosa ci lasciano in eredità questi nostri nonni? Beh direi due cose essenziali: 1) l’orrore per la guerra, pessimo strumento per risolvere le contese tra Stati, e nelle quali a farne le spese maggiori sono le persone comuni; 2) la forza di volontà di non lasciarsi andare quando tutto sembra perduto; di rimboccarsi le maniche per ripartire. Se il primo punto i ragazzi lo imparano sui libri di scuola e dovrebbe essere ovvio, se non fosse che di guerre ad alta o bassa intensità è pieno il mondo (basti pensare a dove sono i nostri soldati in questo momento), il secondo è quanto mai attuale in un momento come questo dove ogni giorno rischiamo di perdere il lavoro e le nostre certezze. Il tenore di vita che i nostri nonni e i nostri padri ci hanno consegnato e che sembrava «un diritto acquisito» tra spread, deficit e decrescita del pil è sempre più minacciato. Se sapremo essere volenterosi, sobri e determinati come lo è stata la generazione dei Cenci, usciremo dal tunnel, altrimenti... Vorrei infine tornare su un argomento che è stato dibattuto all’interno del comitato di redazione di questo giornale e riguarda l’opportunità di pubblicare o meno un articolo sulla storia della divisione Monterosa, il reparto alpino della Repubblica Sociale Italiana: ho deciso di dare il via libera perché lo ritengo una pagina di storia senza alcuna connotazione politica. Ma ovviamente su quello che accadde in quel periodo la barra è ben salda: tra il 1943 e il ’45 in Italia ci fu senz’altro una guerra civile ma la ragione stava da una parte sola, da chi sognava un futuro di libertà e democrazia. Un’Italia migliore, e su questo per la verità, considerate le cronache di questi mesi, beh qualche dubbio, c’è. In occasione del 140° anniversario della costituzione delle Truppe Alpine la nostra Sezione ha iniziato un percorso di approfondimento su che cosa vuol dire “essere Alpini oggi”: esso, partendo dai Capigruppo, vorrebbe coinvolgere tutti gli alpini della Sezione. Martedì 11 settembre si è infatti tenuta in Sezione la prima serata di formazione dedicata ai Capigruppo che hanno aderito con curiosità. Ma anche con qualche perplessità e qualche dubbio. Alla fine però la partecipazione è stata attenta e molto attiva: il tema trattato ha coinvolto tutti quanti in un dibattito interessante e, a detta di tanti presenti, molto utile per la nostra Associazione. Il nostro Presidente Perona, nel documento “Futuro associativo” del 23 ottobre 2010, ci diceva: “L’Associazione l’abbiamo ricevuta in dote dai nostri Padri con l’ordine di diffondere e trasmettere i valori dell’Associazione stessa. Nostro compito, pertanto, è quello prima di tutto di conoscere, poi di conservare e trasmettere tutto ciò a chi conoscerà e trasmetterà a sua volta.” Ecco il motivo e l’obiettivo di questo incontro nel quale la parte predominante della presentazione è stata dedicata alla conoscenza dell’ANA: l’origine, quali gli scopi statutari, quali gli emblemi e i simboli in cui ci riconosciamo, come è organizzata e strutturata l’Associazione. Poi ci si è soffermati anche sulle varie manifestazioni e al modo di partecipazione a queste. Dice ancora il nostro Presidente: “È giusto insistere per migliorare il comportamento formale nei momenti rilevanti della vita associativa… Per fare ciò occorre una maggiore attenzione alle regole e alle politiche associative. Deve essere chiaro che le regole vanno conosciute e che le disposizioni vanno applicate.” La serata è stata impegnativa e, grazie anche alla presenza del Consigliere Nazionale Cesare Lavizzari, ricca di spunti e argomenti che, per tanti Capigruppo, forse costituiscono una novità, ma che devono necessariamente e inderogabilmente essere trasferiti e coinvolgere tutti gli alpini dei Gruppi perché, dice il Presidente Perona: “L’ANA non deve cambiare. Deve rimanere quella che ci è stata trasmessa. È sempre stato così e dovrà sempre essere così. Questo non vuole dire che l’ANA non si debba adeguare al tempo in cui vive. Anzi, esattamente il contrario! Già i nostri Padri avevano ben compreso che occorreva modificarsi per non cambiare. Questa caratteristica, che l’ANA ha sempre saputo mantenere, ha permesso, di conservare con saldezza il nucleo fondamentale di valori e tradizioni per i quali l’Associazione è nata”. ADRIANO LACCHIN Domenica 27 maggio è stata una domenica soleggiata ed è stata anche la domenica che ha accolto a Gorgonzola tutti gli Alpini brianzoli e della Martesana per festeggiare il 50esimo di fondazione del Gruppo Alpini che per l'occasione ha ospitato l'annuale raduno sezionale. Il ritrovo era in Piazza Europa. Accompagnati dalla bravissima fanfara alpina di Asso, abbiamo dato il via alla sfilata per le vie cittadine con la presenza del presidente sezionale Mario Penati e di tutti i consiglieri, con il dott. Rosario Mancino in rappresentanza della Provincia di Monza e Brianza, e con il nostro sindaco dott. Walter Baldi. Ospite speciale il Sindaco di Arcore, Rosalba Colombo, città che ospiterà il prossimo raduno sezionale del 2013. Presente e di scorta alla bandiera Reduci e Combattenti l'alpino Angelo Lava classe 1915 reduce dalla Russia e chierichetto sul fiume Don al Beato Don Carlo Gnocchi, figura alpina molto rappresentativa nella nostra città. Durante la sfilata, una sosta all'interno della casa di riposo ha permesso alla fanfara di eseguire un piccolo concerto in onore degli anziani ospiti. Il momento più solenne, l'alzabandiera e la deposizione di una corona al monumento ai Caduti per poi proseguire in Largo degli Alpini, di recente concessione da parte dell'Amministrazione Comunale, dove è stato inaugurato un cippo, un granito Orobico della Val Seriana, in ricordo dei 50 anni di penne nere a Gorgonzola e degli Alpini “andati avanti”. Dopo i discorsi ufficiali c’è stata la suggestiva cerimonia del passaggio della "stecca" fra il Gruppo e la città di Gorgonzola e il Gruppo e la città di Arcore. Al termine della S.Messa, officiata dal nostro prevosto don Ambrogio Villa, sono stati resi gli onori al Vessillo sezionale all'uscita dalla chiesa con tutti gli Alpini e le Associazioni gorgonzolesi schierati sull'attenti. La cerimonia si è quindi conclusa quando l’impeccabile cerimoniere sezionale Roberto Viganò, ha dato il rompete le righe. Il rancio alpino, a base di "crespelle al gorgonzola" e "risotto alla monzese" – quasi come per ribadire l’appartenenza del Gruppo di Gorgonzola alla Sezione di Monza – fra canti e anche balli ha concluso la splendida giornata di festa. 2 VITA OTTOBRE 2012 DELLA SEZIONE Padre Massimo Villa, cappellano, alpino MARCO BIFFI Al sottoscritto l’onore di ricordare il nostro indimenticabile cappellano Massimo Villa, Padre francescano, in occasione dello spostamento della lapide dalla chiesetta della colonia estiva francescana alla chiesa parrocchiale del Passo Tonale. Infatti è proprio vero quanto detto da Viganò durante la funzione religiosa circa l’impegno pastorale e umano di Padre Massimo nei confronti dei suoi alpini. Andava ben oltre al suo apostolato. Era vicino sia spiritualmente che fisicamente a tutti coloro che si trovavano nella sofferenza per qualsiasi motivo. Li andava a visitare, li confortava, li stimolava a reagire con ottimismo confidando nel nostro Grande Padre, se poteva li aiutava anche materialmente. Quand’era coinvolto in qualche situazione “sanitaria” non mancava con tatto di coinvolgermi per attivare tutto quanto possibile per lenire la sofferenza, sia per facilitare interventi istituzionali, sia per attuare idonee iniziative personali con grande umiltà e umanità. Ho conosciuto Padre Massimo in un frangente particolare: durante l’Adunata Nazionale di Modena del 1978. Alla fine dello sfilamento “in armi” ero stato avvicinato da un terzetto di “veci storici”, al quale mi lega un affetto e un ricordo immarcescibile, composto da Carlo Magni (allora Capogruppo di Villasanta), da Piero Torri e da Padre Massimo che mi chiedevano un picchetto armato per deporre una corona d’alloro ad un monumento alpino nella piazza stessa. All’inizio opposi un diniego in quanto evento per nulla organizzato dai vertici militari ma, sentendo che venivano – anche loro come me – da Monza, mi adoperai subito con forte emozione per ottemperare alla loro richiesta. Per fortuna che il Comandante era un anziano maggiore “padre di famiglia” che mi disse in modo alpinamente colorito di “arrangiarmi”. Naturalmente seguirono scambi di indirizzi e invito a presentarsi in Sezione non appena congedato. Mi colpì, in quella occasione, il disarmante sorriso di Padre Massimo – sorriso che ritrovai sempre in ogni occasione, a conforto e sprone per tutti coloro che incontrava. Alla scomparsa di don Baraggia nel 1984, è stato voluto come Cappellano dall’allora Presidente Carlo Magni. Magni e P.Massimo erano legati dalla comune e tragica esperienza della guerra e della deportazione in Germania. Si conoscevano già dai tempi di Merano (8 settembre 1943) ed erano ambedue iscritti all’ ANED (Associazione Nazionale Ex Deportati). Quindi quando mi sono iscritto alla Sezione di Monza nel settembre 1978, sotto la presidenza Giulio Rovelli, mi hanno accolto proprio i 3 veci citati con particolare affetto. Padre Massimo ha seguito da vicino il mio inserimento nella professione, vigilando sui miei sentimenti, sostenendo i valori di solidarietà, di sussidiarietà, di donazione gratuita del proprio operato ai più bisognosi, spesso interrogandomi sui miei intendimenti futuri, insomma sottoponendomi in modo inapparente a un vero e proprio “corso di formazione spirituale” per il quale gli sarò perennemente grato. Mi è stato talmente vicino che ci ho tenuto a conferirgli il mandato di celebrare le mie nozze con Eleonora per l’approfondita conoscenza delle nostre coscienze. Il bello è che, durante l’omelia nuziale, mi ha bacchettato rivolgendosi a mia moglie raccomandandole di vigilare perché ero di animo “farfallone” e senza “briglie strette” sarei potuto disperdermi dietro blandizie fuorvianti della vita terrena. Eleonora ha sicuramente ottemperato al consiglio di Padre Massimo tenendomi sempre “sotto controllo”, impedendomi bizzarrie e vigilando anche sugli impegni alpini limitando le “forchettate” fini a se stesse con “pernotti” sapientemente firmati. Padre Massimo fa parte dei 3 grandi Cappellani che la Sezione di Monza ha avuto la fortuna di incontrare. Cappellani di cui andare orgogliosi per la loro umiltà, per il loro apostolato interpretato fino in fondo nella “famiglia” alpina e che saranno ricordati inesauribilmente in tutti i nostri discorsi tramandandoli così ai posteri: Don Giuseppe Baraggia, Padre Massimo Villa, e Padre Fulvio Giuliano successore di Padre Massimo. Difficile trovarne di eguali! LA “STECCA” PASSA AD ARCORE VALERIO VIGANO Il raduno sezionale dello scorso 27 maggio 2012, a Gorgonzola, è stato un evento speciale per gli alpini che compongono la sezione di Monza, in particolare per quelli del Gruppo di Gorgonzola bravissimi a organizzare una festa che è risultata bellissima. Anche per noi alpini del Gruppo di Arcore è stata un’occasione specia- le perché siamo diventati parte di una tradizione tipicamente alpina e militaresca che si è svolta con tutti i toni dell’ufficialità data dalla Presidenza della Sezione. Siamo stati protagonisti in prima persona del “Passaggio di Stecca” – noi alpini sappiamo bene di cosa si tratta. Questo gesto che racchiude in sé valori goliardici ma anche di tradizione ci fa venire in mente gli anni della nostra naja. Il “vecio” tramanda al “bocia” un oggetto, un simbolo, appunto “la stecca” che a sua volta dovrà tramandare al proprio “bocia” quando questo diventerà “vecio”. E questo vale anche per gli Alpini in congedo della Sezione di Monza. La città e il Gruppo che ospitano il raduno degli Alpini della sezione di Monza, nel 2012 appunto Gorgonzola, passano “la stecca” agli Alpini che ospiteranno lo stesso raduno nell’anno successivo, nel 2013 saremo proprio noi di Arcore. Sarà un evento che si ripete nella nostra città dopo 16 anni. Era infatti il 1997 quando Arcore ha accolto in città le penne nere. Un passaggio di Stecca svoltosi grazie a un cerimoniale ben preciso e grazie alla presenza dei due Capigruppo, Gorgonzola e Arcore e soprattutto con la presenza delle Amministrazioni Comunali delle due città rappresentate dai Sindaci e dai Gonfaloni Cittadini e soprattutto con il benestare e sotto la direzione del Presidente di Sezione Mario Penati. Una breve cerimonia di passaggio che si conclude quando la stecca viene consegnata al Gruppo successivo che la conserverà e a sua volta passerà al prossimo Gruppo. In qualità di Capogruppo di Arcore sono stato ben lieto di alzare al cielo “la Stecca”, ossia una grande penna Alpina lignea, opera dell’alpino Claudio Vimercati del Gruppo di Cornate d’Adda, con inciso i nomi delle città che hanno in passato ospitato questo raduno. Diventa così ufficiale l’appuntamento per tutte le penne nere della Sezione al prossimo 22 settembre del 2013 in Arcore. Dove per l’occasione sarà inaugurata, dopo un’attesa lunga ben 15 anni, la nuova sede del Gruppo arcorese. Per ulteriori informazioni ed approfondimenti http://www.anamonza.it VITA DELLA SEZIONE OTTOBRE 2012 3 A Passo Tonale per ricordare MARCO BIFFI Il motivo per questa trasferta è stata la celebrazione del ricordo di Padre Massimo Villa in occasione dello spostamento della sua lapide dalla chiesetta francescana alla chiesa parrocchiale di Passo Tonale. L’evento, preparato con cura da quasi un anno, sotto la presidenza Paolo Oggioni, si è concluso col nuovo presidente Mario Penati nel segno della continuità. La preparazione è stata complessa perché la chiesetta era chiusa e dismessa ed è stato difficoltoso trovare chi l’avesse ancora in gestione, ovvero Padre Eligio di “Mondo X” spesso giramondo a causa del suo apostolato. Per noi alpini era importante non lasciare la lapide di Padre Massimo in una chiesa dismessa, perché volevamo che il culto dei fedeli fosse tramandato in modo vivo e perenne ai posteri, e perché fosse “visitabile” dagli alpini brianzoli di passaggio al Tonale in qualsiasi momento senza dover chiedere l’accesso di volta in volta. La parrocchia del Tonale, che ha accolto con entusiasmo tale scelta, ben si presta per questo obiettivo, in quanto sempre aperta al culto, e siamo certi che i parrocchiani faranno “buona guardia” alla memoria di Padre Massimo, magari accendendo un cero ed elevando una prece. Per i lavori di trasferimento della lapide si è interessato attivamente il vice-presidente Domenico Facconi con il prezioso lavoro del Gruppo di Casatenovo. Per la cerimonia festiva la Sezione aveva predisposto un pullmann da 50 persone, chiedendo indarno opportune adesioni ai Gruppi, col risultato però che a bordo vi erano solo 22 persone, con pochi consiglieri. Forse la distanza, forse il periodo di ferie, sta di fatto che la partecipazione è stata minima. È pur vero che molti gruppi e alcuni consiglieri avevano avvisato il Presidente della propria impossibilità di partecipare, ma la presenza di gagliardetti era decisamente esigua. A Passo Tonale ci aspettava la Banda Comunale di Pezzo che non aveva nulla da invidiare rispetto a una Fanfara alpina in quanto localmente coinvolta in numerose manifestazioni alpine e quindi con giusto ritmo alpino. Sfilamento verso il Sacrario dei Caduti. Entrata del vessillo sezionale sorretto dall’alfiere Walter Beretta, sempre imponente con atteggiamento marziale, scortato dal Presidente e accompagnato immeritatamente dall’attendente del Presidente Penati (su suo ordine) che ha risvegliato il mugugno di molti alpini per effrazione alla “libretta”, tra cui il vice-presidente vicario Sandro Triulzio, il custode dei valori alpini monzesi Piero Schiatti, il ritardatario capogruppo di Concorezzo Eugenio Brambilla. Partecipazione alla preghiera di benedizione dei caduti di don Antonio Leoncelli, Parroco del Tonale, foto di rito e quindi sfilata al suono della banda verso la chiesa parrocchiale per la messa e la cerimonia di scoprimento della lapide di Padre Massimo. Dire che il Parroco di Passo Tonale è con noi alpini è dire poco: il fervore col quale ha voluto e quindi scoperto il bassorilievo di Padre Villa la dice lunga. Don Antonio ha inoltre inserito di buon grado la nostra cerimonia nella normale messa domenicale dei fedeli alle ore 11, spiegandone i motivi e assicurando imperitura veglia presso la loro Comunità di un frate che molto ci ha dato. Oltre alla sua omelia, incentrata sui valori espressi da Padre Massimo e dal ricordo voluto dalla nostra Sezione, ha dato spazio al nostro specifico ricordo lasciando la parola a Roberto Viganò che sa sempre trovare espressioni significative, sentite e commoventi in questi frangenti. Vale la pena di trascrivere il suo intervento, per i molti di noi assenti. testimoniato nel suo apostolato di Cappellano della Sezione di Monza. Vogliamo anche ricordare tutti gli Alpini che sono "andati avanti". Chi l'ha conosciuto non può dimenticare la sua vitalità, la sua serenità e il suo contagioso sorriso. Difficile non ricordare la sua presenza alle nostre Adunate, la celebrazione della S. Messa all'Ammassamento con la partecipazione devota e attenta di tutti gli alpini presenti che, con voce potente e coinvolgente, incitava "ad essere bravi alpini e buoni cittadini". La sua saggezza riusciva sempre a sanare le inevitabili incomprensioni nella vita dei Gruppi e a ricomporre amichevolmente qualsiasi discussione. Nel suo testamento spirituale P.Massimo ci ha lasciato poche e semplici indicazioni, nelle quali troviamo tuttora l'attualità del suo pensiero: «L'importante è che ogni alpino porti sempre il proprio contributo piccolo o grande che sia. Gli alpini hanno anche fantasia, perciò devono utilizzare questo dono del Signore per puntare verso un futuro migliore, con nuove prospettive per i giovani e per realizzare iniziative di pubblica utilità». Successore di Mons. Baraggia, P. Massimo Villa ha mantenuto il ruolo di Cappellano della Sezione alpini di Monza fino a giovedì 21 settembre 1989 quando è “andato avanti". Al termine della funzione, prima della benedizione di commiato, l'Alpino Piero Schiatti, leggerà a nome di tutti "La Preghiera dell'Alpino" che ascolteremo in piedi e, per gli Alpini, con il Cappello in testa. Ringraziamo il Parroco don Antonio Leoncelli per l'accoglienza e per le preghiere riservateci.» Alla conclusione della messa don Antonio stesso ha dichiarato che non poteva finire senza il nostro sacro canto “Signore delle Cime”, intonandolo lui stesso e trascinando tutti i presenti, inclusi i suoi parrocchiani che non si sono mossi fino alla fine. Ha inoltre accolto l’invito di Viganò a che gli alpini esponessero ricordi personali di Padre Massimo. È scattato un incontenibile, caparbio, e commosso Pino Galimberti che ha intonato “Stelutis alpinis”, seguito dall’intervento del sottoscritto per aver condiviso con Padre Massimo alcuni aspetti del suo apostolato. All’uscita gradito miniconcerto della banda che di buon grado ci hanno offerto il meglio del loro repertorio con viva partecipazione, applausi meritati e un balletto di walzer tra il Biffi (che pestava maldestramente i calli malgrado la scuola di ballo) e Nadia Viganò – sorella e moglie di alpini seregnesi. Eugenio Brambilla affermava «Si è poi saputo che era fresco allievo di un corso di ballo. La sua bravura di ballerino denotava alcune lacune nel valzer, il passo del dottore richiamava i suoi “difetti professionali”: più che un ballerino, sembrava un medico d’Ospedale che camminava fra i suoi ammalati. Se il corso di ballo non dà frutti, caro Biffi, noi alpini ti consigliamo di spendere meglio i tuoi soldi. L’A.N.A. e la Sezione di Monza hanno sempre bisogno di “liquidi”, oltre che del tuo immancabile aiuto personale. In un recente articolo ho criticato il tuo passo poco marziale, questa volta non ho notato la tua leggiadria di ballerino, ma non ti preoccupare che per altre cose vai benissimo». Chissà quali sono queste “altre cose” spero non intendeva le forchettate. Pranzo al Ristorante Hotel Bezzi prenotato per 30 persone, ma con l’infilata di altre 20 persone come al solito all’ultimo minuto! Comunque, appunto perché siamo riusciti a stare tutti insieme, è stata una bella festa. Durante il viaggio di ritorno abbiamo approfittato per analizzare l’odierna “debacle” di presenze dando spunti al mugugno presidenziale circa il futuro sezionale, la ricerca di partecipazione, la possibilità di una sana e schietta discussione, di un trasparente confronto, con la impellente richiesta di Mario Penati a una forte coesione e aggregazione, a una sincera amicizia e lealtà. Naturalmente la discussione è sempre aperta, soprattutto per gli assenti. «Con questa celebrazione vogliamo ringraziare il Signore per tutto il bene che ci vuole e affidare a Lui la nostra Sezione. Il Signore la sostenga e faccia scendere la sua benedizione su tutti gli alpini che, con impegno e abnegazione, continuano a testimoniare i valori associativi che P.Massimo ci ha Per ulteriori informazioni ed approfondimenti http://www.anamonza.it 4 VITA OTTOBRE 2012 DELLA SEZIONE Campionato nazionale A.N.A. di corsa FEDERICO MORELLI Anche quest'anno ho partecipato al Campionato nazionale A.N.A. di corsa in montagna individuale svoltosi a Perledo. Per questa 41° edizione svoltasi il 30 settembre, è stato scelto questo bel paesino immerso negli ulivi sopra Varenna con stupenda vista sul Lago di Como, in particolare su Bellagio e Menaggio sulla sponda opposta. Faccio parte del gruppo di Villasanta e puntuale alle 8.00 arrivo per il ritiro del pettorale in Comune. Il tempo è nuvoloso e l'aria è intrisa di umidità dopo l'abbondante pioggia di ieri, che sicuramente avrà reso il percorso, già tecnico e muscolare, ancora più pesante. Sono inserito nella 3^ categoria (40-44 anni) e farò il percorso lungo, ben 12 km con circa 750 mt. di dislivello positivo e negativo e partirò alle 10.00.Alle 9.00 partono gli atleti che vanno dai 50 anni in sù, anche loro divisi in categorie, che dovranno affrontare un percorso corto, circa 7,6 km e 450 mt. di dislivello. Dopo la spunta degli atleti e un minuto di silenzio per un alpino perito sul Cervino a metà settembre, tutto è pronto per il via: sono circa 180 i partecipanti, tutti pronti a dare il meglio. Velocemente mi reco negli spogliatoi, mi cambio ed esco per il riscaldamento quando vedo arrivare i primi atleti del percorso corto. La salita che porta al traguardo è micidiale: 500 mt. che non ti danno respiro, ma i primi salgono come camosci, d'altronde sono i migliori alpini di corsa in montagna. Dopo un bel riscaldamento sono pronto e puntuali alle 10.00 si parte, siamo in tanti, circa 220. Dato il percorso, pesante e scivoloso, decido di partire in sordina, scelta che alla fine si rivelerà azzeccata. Durante il giro di lancio per il paese mi superano parecchi atleti, cerco di mantenere la calma anche se non è facile vedersi superare a destra e sinistra, dopo si sale su un prato pieno di ulivi dove il percorso ti obbliga ad andare in fila indiana ed in alcuni punti non si può neanche correre ma camminare. Finalmente la strada diventa più larga e in salita comincio a recuperare posizioni su posizioni, nella successiva discesa, ripida e scivolosa, riesco a mantenere la posizione nonostante una rovinosa caduta dove la mano destra e il ginocchio sinistro riportano varie escoriazioni. Nella seconda salita supero ancora vari atleti, nella discesa vado giù a tutta, nel terzo strappo in salita riesco ancora a spingere bene, nell'ultima discesa vedo davanti a me un gruppetto di 3-4 atleti, che cerco di rimontare in un tratto in falsopiano, ma purtroppo non ci riesco. Negli ultimi 500 mt. in salita spingo a tutta e nel punto più duro ne supero tre finendo bene in spinta fra il tifo di tanta gente presente. Sono contento della mia prestazione e dopo un bel pranzo nel tendone predisposto per l'occasione vedo esposte le classifiche: sono 30° assoluto e 6° della mia categoria. Credo che la sezione di Monza e in particolare il gruppo di Villasanta, del quale saluto cordialmente il capogruppo Roberto Villa, il vice Gabriele Ancri, tutti i soci e gli amici, saranno contenti del mio impegno profuso in questa gara per dare lustro alla sezione. TROFEO MERELLI VIA CRUCIS AD AGLIATE MARCELLO OGGIONI Con settembre sono ricominciate le attività con i ragazzi della “mini naja” e le piacevoli sorprese sono già molte. Per cominciare Giulia Lalli, cadetta della prima sessione di “Pianeta Difesa 2010”, è stata confermata come allievo ufficiale e dal 3 settembre si trova all’Accademia Militare di Modena. Alexander Vanegas, cadetto del corso successivo, è in graduatoria per VFP1 ma ha già prestato giuramento insieme a Matteo Lauriola, compagno di corso, presso il corpo Militare della Croce Rossa (sigh, purtroppo non alpini!). Infine, ma non per questo meno importante, i nuovi arrivati delle sessioni di “Vivi le FF.AA.” 2011 e 2012. Non ancora tutti iscritti presso la nostra Sezione hanno voluto partecipare con noi al Trofeo Merelli 2012, competizione di topografia e orientamento a carattere militare organizzata dall’UNUCI di Monza lo scorso 23 settembre presso la baita del gruppo Alpini di Tregasio. I risultati? Più che lodevoli! Per la categoria cadetti il Gruppo Sportivo Alpini della nostra sezione ha conquistato il primo, secondo e terzo posto, classi- ficandosi quarti nella classifica generale.Previo autorizzazione all’uso dell’uniforme da parte del Comando Esercito erano presenti Federica Longoni, Thomas Cavinato e Virgilio Vanalli (ANA Lecco) oltre al sottoscritto e con noi gareggiavano: la cadetta Silvia Paganuzzi, responsabile regionale dell’Associazione Nazionale Vivi le FF.AA. con la sorella, Valentina Paganuzzi, cadetto alpino 2011 ad Aosta (ANA di Milano) e Federico Visentin, anche lui cadetto dello stesso corso. Presenti con noi anche Laura Bagnato, cadetto 2010 (ANA di Milano), Simone Murganti e Matteo Pintus (cadetti ma ahimè non alpini e iscritti all’UNUCI) e la nostra nuova iscritta Ilaria Tomasoni – che da poco ha ricevuto il cappello alpino alla caserma di Aosta. Ilaria si è subito distinta aggiudicandosi il secondo posto in questa sua prima gara. Direi che lo sforzo per tenere coesi i ragazzi in questo tipo di attività, con lo scopo di avvicinarli al mondo militare, comincia a dare i suoi frutti e questo grazie alla tanto discussa “mini naja” che, in fondo, a qualcosa è servita. LUIGI ZANINI Martedì santo, 3 aprile alle 21,00, nello splendido parco prospiciente la Basilica di Agliate si è svolta per il secondo anno la Via Crucis sezionale. Alla presenza di Mons. Angelo Bazzari, Presidente della Fondazione Don Gnocchi, delle alte cariche sezionali, e di numerosi alpini appartenenti ai gruppi che formano la nostra Sezione è stato ripercorso simbolicamente il calvario di nostro Signore. Mons. Bazzari ha accompagnato i convenuti attraverso le 14 stazioni che caratterizzano il cammino della Via Crucis. Coordinati dalla maestria, anche canora, di Roberto Viganò – che racchiude in se le qualità dell’ottimo alpino e dell’ottimo cattolico – e capitanati dal loro capogruppo Gianni Ruga – che rispetto al nostro Cerimoniere difetta solo di esperienza nell’ANA – gli alpini dell’ultimo nato Gruppo di Bernareggio hanno animato la celebrazione leggendo brani della Bibbia commentati con brani tratti dagli scritti di Don Gnocchi. Da segnalare anche la presenza della nostra Unità di Protezione Civile sezionale, alla quale va un doveroso ringraziamento, perché ha fornito l’illuminazione nel parco che è privo di luci artificiali. Al termine del percorso, all’interno della Basilica, il successore di Don Gnocchi ha fatto una coinvolgente omelia. Un altro doveroso ringraziamento va a Mons. Bazzari che sempre ci onora con la sua apprezzabile e apprezzata partecipazione. Per ulteriori informazioni ed approfondimenti http://www.anamonza.it VITA DELLA SEZIONE OTTOBRE 2012 5 Sedicesimo CISA a Costalovara MARCO BIFFI Leggete l’Alpino e saprete tutto sul 16° Congresso Itinerante Stampa Alpina. Vi racconterò in questo articolo solo della Sezione di Monza. Quest’anno partecipazione più scarna, rispetto agli anni scorsi, per “distrazione” su altri fronti di soci sempre presenti. Mi diffidano di farne l’elenco e di dichiararne le motivazioni per privacy. Per la prima volta, invece, partecipazione massiccia di mogli che hanno volentieri usufruito del programma satellite di accoglienza di visita di Bolzano e dell’Altipiano del Renon, riuscendo a far acquisti senza l’avvallo dei mariti. Al Congresso presenti il Presidente Mario Penati e il Marco Biffi, questa volta attentissimo e non fotografato dormiente “post-prandium” da quell’amico-serpe di Luca Geronutti e inesorabilmente pubblicato sul suo sito a ludibrio e monito per tutti i congressisti. Fugace comparsa del page-master Luigi Zanini, domenica mattina, con pernotto strettamente controllato da donna Rita per non ubriacarsi troppo di alpinità. Ha osato perfino fare un intervento al buio! Quasi quasi non sapeva neanche di che cosa stessimo parlando che ecco prende la parola e “a gamba tesa” irrompendo sullo stupefatto uditorio («chi l’è qest chi?») per parlare dei nostri valori universali (amicizia, amore per il prossimo e amore per la natura) da trasmettere ai sindaci e Istituzioni per orientarsi a un miglior governo. Questo intervento, molto apprezzato dal nostro Presidente, ha generato un rimprovero al sottoscritto per la mancata partecipazione al dibattito (ma ciò vale anche per lui – di rimando). Il motivo del mio defilamento è dovuto essenzialmente a 2 cause: 1°) sono un motore diesel che stenta a carburare. 2°) I miei interventi sono spesso “fuori dal coro” e quindi incompresi o non apprezzati. È per questo disallineamento che non riusciremo mai a vincere il premio della Stampa Alpina, anche perché vi sono parametri ben precisi da osservare. Infatti gli articolisti di “NzaAlp” (vero e storico titolo del nostro periodico) sono tutti ruspanti e non giornalisti, all’infuori del nostro Direttore Cremonesi che fatica a tenerci a bada, con l’obiettivo di scrivere divertendoci, sia pur per educare e formare, ma usando un’arma letale che non è affatto apprezzata nei circuiti giornalistici seri: L’IRONIA! Tornando ai temi del Congresso, come ogni anno la redazione de “L’Alpino” offre una traccia di riflessione per non disperdere il dibattito. Quest’anno sono state ideate 3 Commissioni di studio: 1) come comunicare sui media nazionali; 2) i valori per diventare coscienza civile. 3) come comunicare sul territorio. Aldilà dei lavori in senso stretto, che hanno visto la partecipazione sicuramente di menti eccelse sia per professione che per impegno culturale e alpino, a me ha lasciato l’amaro in bocca. Infatti mi sento ogni anno sempre più imbrigliato in temi formativi “rigidi” senza concessioni a divagazioni tipiche del “mugugno” alpino. Ho nostalgia dei primi CISA ove era proposto sia pur un tema alla Assemblea, ma a sessione corale e con tolleranza sul dibattito che spesso vagava altrove, ma che rappresentavano veramente “lo stato dell’arte” alpino del momento. Posso ben capire lo sforzo di contingentare i tempi, di efficientizzare il dibattito con commissioni di studio focalizzate sui temi preposti, ma siamo pur sempre una Associazione che riesce a fare grandi cose appunto perché non ci prendiamo mai sul serio. Quando purtroppo si arriva a livello nazionale tutto deve diventare più serio, più visibile, più efficace, perdendo di spontaneità e forse anche di grinta. Come dimenticare interventi a braccio di storici amici “birichini” che ogni anno tuonavano (oggi sempre meno) sull’ineludibile argomento “O tempora o mores”, ovvero “chi siamo e come lo siamo” espressi coloritamente da Birone di Genova, da Grosso di Biella, da Furia di Bergamo? Erano tempi eroici, quando ai CISA si ragionava e si “mugugnava” tra la leadership dei Veci (Caprioli) e dei giovani rampanti (Parazzini), ovvero sulla capacità e necessità di guardare avanti. Questi amici e molti altri ti davano il polso locale online dello spirito alpino, delle aspettative rivolte al CDN, ovvero era la libera espressione della “Intelligentia” su un concetto allargato di essere alpini! In questi ultimi anni i CISA sono stati imbrigliati in temi predefiniti dai quali non discostarsi, pena il richiamo di attenersi al tema … e così si è persa spontaneità, grinta, vis oratoria e passione “viscerale” che era alla base di una vera partecipazione assolutamente divertente e coinvolgente rispetto ai CISA di oggi sicuramente più “centrati”, ma meno appetibili per spirito ed entusiasmo. Foto Luca Geronutti GRUPPO BANDIERA GIANCARLO PADOVAN Il 20-21-22 luglio 2012 si è tenuto il Raduno del 3° Raggruppamento (Alpini del Triveneto) a Feltre. 15 mila partecipanti alla sfilata del 22 (durata oltre 3 ore), attorniati festosamente da un pubblico di 25 mila persone. Come ha commentato il nostro Presidente nazionale, si è trattato quasi di una adunata nazionale, perfettamente organizzata. E noi alpini della corona ferrea che cosa c’entriamo in tutto questo? A Pedavena, di fronte alla famosa birreria, era il luogo dell’ammassamento e sulle piante che affiancano viale Vittorio Veneto erano apposti i cartelli di ritrovo delle Sezioni Estere e delle Sezioni Italiane ospiti. Gli Alpini Stefano, Antonio, e Fabio del gruppo di Arcore si erano dati appuntamento a Feltre per la circostanza e, per tale motivo, assieme allo scrivente del gruppo di Carnate che già si trovava nei paraggi, erano stati incaricati dal nostro Presidente sezionale Mario Penati di rappresentare la Sezione di Monza, scortandone il Vessillo. Abbiamo dunque cercato la nostra collocazione per lo sfilamento: Varese, Milano, Bergamo, Parma, Abruzzo, Aosta, ..., ma il cartello per la Sezione di Monza non c’era, come altri del resto (Luino, Savona, ...). Ci siamo collocati, per vicinanza, dietro la sezione di Milano (9 partecipanti, sic!) e davanti la sezione di Savona e ci siamo schierati in fila per 2. Cosa potevamo fare? Eravamo solo in 4! Uno degli addetti stampa che ci ha fotografato, sorridendo, ha detto: «Monza, tutto qua? Più che una sezione, sembrate un gruppo bandiera!» La situazione effettivamente era un po’ imbarazzante e, in un primo momento, ci eravamo sentiti un tantino a disagio. Ma da quando siamo partiti fino alla fine del corteo, la folla ai lati – che faceva qualche applauso alla Sezione di Milano (cosa scontata) e ignorava quasi la Sezione di Savona che ci seguiva – non finiva di applaudire con affetto, al grido «Viva Monza! Bravi Monza!», i quattro pennuti della Brianza, quasi fosse una sorpresa nell’anfiteatro delle dolomiti di Feltre. Ovviamente ci siamo sentiti subito rinfrancati ed è stato così che durante la nostra ora di sfilamento abbiamo potuto constatare quanto la gente ami anche e soprattutto le piccole realtà alpine, provenienti non necessariamente da aspri pendii o da vette immacolate di neve. Milano è blasonata. Bergamo, Aosta, Brescia, Abruzzo e tutte le Sezioni del Triveneto sono realtà alpine celebri, perché sorte in zone di cultura e di reclutamento alpino; Monza e qualche altra invece no. Monza è pianeggiante, la Brianza è collinosa, entrambe sono immerse nel vortice rumoroso della vita frenetica che le avvolge. Nulla a che vedere, quindi, con il silenzio e il lento quasi immutabile scorrere della vita sulle montagne. Tuttavia, rilevare ancora una volta che anche in quelle parti tumultuose e, per molti, sconosciute del nostro territorio nazionale battono dei cuori alpini, conforta e anima le persone e le rende fiduciose in una Italia migliore. Per ulteriori informazioni ed approfondimenti http://www.anamonza.it 6 VITA OTTOBRE 2012 DEI GRUPPI Gli alpini incontrano gli studenti DIEGO PELLACINI La decima edizione de “Gli alpini incontrano gli studenti” a cura del Gruppo di Bellusco si è svolta, come da tradizione, il 24 maggio e, forse, come il vino, migliora col tempo. L’organizzatore, animatore e un po’ mattatore è l’alpino Luigi Boscarelli, classe 1935, del XI corso ASC della SMALP, lo stesso di Corrado Perona presidente nazionale ANA. In effetti, ogni anno quest’incontro, cui non posso mancare, coinvolge gli studenti delle ultime classi della scuola media statale “Falcone e Borsellino” di Bellusco e della scuola primaria di Mezzago, l’evento sempre stupisce e riesce a essere ogni volta nuovo e interessante, merito soprattutto delle insegnanti professoresse Giuliana Accarini e Daniela Agrati. Sono presenti tutte le locali autorità civili e militari, numerosi alpini e rappresentanti di associazioni cittadine, ma l’ospite d’onore, invitato direttamente dagli alunni, è il caporalmaggiore Luca Barisonzi, alpino ferito gravemente in Afghanistan, di cui i ragazzi conoscono bene la storia. I saluti del capogruppo Adelio Ravasi, e la lettura del messaggio pervenuto dal Presidente Nazionale dell’ANA, aprono questa giornata conclusiva. A seguire i discorsi del sindaco Roberto Invernizzi, e del Dirigente Scolastico prof. Franco Maria Franci, discorsi che colpiscono per la conoscenza della storia e l’ammirazione che hanno nei confronti degli alpini per il loro senso del dovere e di solidarietà dimostrato in ogni occasione. Chiudono gli interventi del gen. Cesare Di Dato e del presidente della sezione ANA Mario Penati. I ragazzi della 3° B si sono impegnati nel realizzare un calendario dove ogni mese rappresenta un fatto significativo per la storia degli alpini (gen. Giuseppe Perrucchetti, battesimo del fuoco, preghiera dell’alpino, asilo di Rossosch, il cappello e la penna, Mario Rigoni Stern, Adunata nazionale, ricostruzione del Friuli, missione in Mozambico, Don Carlo Gnocchi, missione in Afghanistan, Luca Barisonzi, san Maurizio) e per illustrare il loro lavoro hanno inscenato uno spettacolino con canti, suonate e letture di carattere alpino in cui tutti gli allievi si sono esibiti.Prima di questa giornata, gli allievi di tutte le tre classi coinvolte hanno seguito un percorso didattico, durato alcuni mesi, che dopo gli incontri con gli alpini li hanno portati, guidati dai propri insegnanti, a scrivere un elaborato sull’argomento proposto. I temi sono stati valutati dallo stesso Boscarelli che poi ha organizzato anche la premiazione effettuata da tutti gli illustri ospiti presenti, compreso Luca Barisonzi. Per i ragazzi della classe 3°B, che dovevano recensire il libro “Il sergente della neve” di Rigoni Stern, sono stati premiati: 1° Luca Villa; 2° Banani Ovarda; 3° Andrea Zabeo. Il tema per la scuola primaria era “gli alpini”. Per la classe 5°A delle insegnanti Brambilla e Terrizzi sono stati premiati: 1° Caterina Cattaneo e Matteo Radaelli; 2° Nadia Rabbab e Riccardo Bonaldi; 3° Fabio Elissi. Per la classe 5°B delle insegnanti Caserta e Avoglio sono stati premiati: 1° Santiago Porporato; 2° Alessandro Cicchello; 3° Petra Sole Ambrosiano. Luca Barisonzi interviene brevemente per ricordare che “per gli alpini non esiste nulla d’impossibile” e che “crede sia suo compito testimoniare e portare la speranza”. Commozione generale. Ma i ragazzi pongono, con la loro incredibile crudezza, la domanda chiave “cosa ti aspetti dal futuro” e ancor più sorprendente è la risposta di Luca “voglio continuare a essere un alpino e spiegare il perché della mia scelta che, ancora og- gi, riconfermerei”. A conclusione, un ossimoro, la cerimonia dell’alzabandiera con il vessillo sezionale, 5 gagliardetti, la bandiera dei Combattenti e Reduci schierati e tutti i presenti sull’attenti quando il sergente Bo- scarelli presenta la forza al suo comandante, ora generale, Di Dato. Alle mie spalle sento un commento “si vede il particolare rapporto che lega voi alpini ai vostri comandanti”. Mentre s’innalza il tricolore tutti cantano l’Inno d’Italia. RADUNO AL RIFUGIO CONTRIN GRAZIANO ROZZONI Sono anni che desideravo condividere la mia gioia di appartenenza agli Alpini, in un ambiente di montagna dove l’asfalto della città è sostituito dai sassi e i giardini dai pascoli ricchi di arnica e nigritella. Quando poi alzi lo sguardo, ti ritrovi incoronato dalle vette dolomitiche e il cielo terso ti dice che sei vicino al Paradiso. Tutto questo è la cornice del Rifugio Contrin dove domenica 24 giugno si è svolto il 29° Raduno annuale. Finalmente sono riuscito ad aggregare otto alpini dei Gruppi di Nova e Desio e con loro ho anche condiviso la responsabilità di rappresentare la nostra Sezione portando il Vessillo, il simbolo sezionale più importante. Tutto era pronto per la partenza all’alba del sabato verso Canazei e nonostante le previsioni atmosferiche avverse, la nostra ascesa al rifugio è stata premiata da un tiepido sole. Era un pellegrinaggio di tante penne nere che in fila salivano ordinate per un raduno definito “solenne”. Succede ogni cinque anni che sia solenne e richiama perciò tutte le nostre massime autorità con la sfilata del Labaro Nazionale. Il Rifugio Contrin si è presentato a noi con una veste rinnovata dopo quattro anni di lavoro della Sezione di Trento e questo ampliamento ha permesso a tanti alpini di pernottare e trascorrere insieme la notte di sabato con canti in allegria. Poi, come accade nelle Adunate Nazionali, tutto ciò che è permesso al sabato si trasforma in una presenza rispettosa e seriosa durante le celebrazioni della domenica. Anche il meteo ha cambiato le sue previsioni liberando il cielo dalle nubi e offrendoci una tipica giornata frizzantina d’alta montagna. Intanto più di duemila alpini si erano radunati per la cerimonia solenne e hanno applaudito il nostro Presidente Perona e tutto il Consiglio Nazionale. Tutti hanno fatto proprio il suo monito: in un’Italia economicamente in disgrazia, sia la solidarietà la chiave che ci potrà aprire la porta verso un futuro più roseo, dove la determinazione dell’uomo alpino potrà essere d’esempio per risollevarsi. La S.Messa al campo, che ha chiuso le celebrazioni, è stata il suggello a questa riflessione che ha rinnovato lo spirito di fratellanza e di amicizia. Io mi sono portato a casa questo tesoro che cercherò di dividere con tutto il mio Gruppo e mi impegnerò a organizzare la nostra presenza per il raduno al rifugio Contrin del prossimo anno, anche se non sarà solenne, per quello aspetteremo altri cinque anni. Per ulteriori informazioni ed approfondimenti http://www.anamonza.it VITA DEI GRUPPI OTTOBRE 2012 7 40° Gruppo alpini di Macherio L’evento è iniziato il giorno 01/06/2012 con l’inaugurazione della mostra intitolata “ALPINI – IERI … OGGI … SEMPRE!” presso la biblioteca civica situata in corte del Cagnat in Via Roma. Nella mostra allestita magistralmente dall’Alpino Davide Tonicelli, si potevano ammirare documentazioni e reperti della I e della II Guerra Mondiale e 15 pannelli che illustravano la ricostruzione del Paese di Fossa (AQ) dopo il terremoto del 2009. Il momento più sentito e significativo è stato il taglio del nastro effettuato dalla Madrina del Gruppo Signora Cecilia Villa Silva, Vedova dell’Alpino Dott. Mario Villa, Capitano del Battaglione Tirano durante la II Guerra Mondiale, che con l’Alpino Mario Viganò, fondò il Gruppo Alpini di Macherio nel 1972. Alla cerimonia hanno partecipato anche il Sig. Sindaco Giancarlo Porta, il Reverendo Don Luigi Sala che ha impartito la benedizione, il Presidente della Sezione di Monza Alpino Mario Penati, il Vice-Presidente Alpino Roberto Viganò e naturalmente, i componenti del Gruppo Alpini. La mostra è rimasta aperta al pubblico dal 2 al 10 Giugno tutti i pomeriggi ed è stata visitata da una folta partecipazione dei cittadini, che hanno espresso giudizi positivi, riempiendo di soddisfazione i promotori di questa iniziativa. È passato molto tempo dal lontano 1972; prima dell’attuale capogruppo Alpino Antonio Taddei, si sono succeduti altri 3 predecessori purtroppo andati avanti; Alpino Mario Zarantonello, Alpino Gustavo Civiero, Alpino Renzo Salomon. Oltre agli impegni di solidarietà, vanno ricordati alcuni momenti importanti della vita del Gruppo: l’inaugurazione della Via dedicata al Corpo, del monumento agli Alpini e della Via dedicata al Cappellano Beato Don Carlo Gnocchi. I festeggiamenti per l’anniversario sono proseguiti sabato 9 Giugno con il Concerto a cura del Coro A.N.A. “La Baita” di Carate Brianza presso il Cinepax alle ore 21:00. Di fronte a un pubblico attento e competente, il Segretario Alpino Erminio Viganò ha dato il benvenuto con la presentazione della serata. È stato messo in risalto lo spirito alpino, è stato ricordato chi è andato avanti e come usanza in questi appuntamenti, non poteva mancare il saluto alla Bandiera Tricolore. Il Coro A.N.A. magistralmente diretto dal Maestro Beppe Pirola, si è esibito in due tempi. Nell’intervallo sono state distribuite le onorificenze; al termine del concerto tutti i partecipanti hanno potuto ricevere il libretto che illustra le attività del Gruppo in questi 40 anni. Domenica 10 Giugno è stata la giornata più importante. Alle ore 9:00 Ammassamento presso la Via degli Alpini. Una Macherio vestita di tricolore fino all’inverosimile ha accolto gli Alpini di Monza e Brianza. Erano presenti: il Vessillo della Sezione di Monza scortato dal Presidente Alpino Mario Penati; il Vessillo della Sezione di Bergamo scortato dai Consiglieri Alpino Brumana Matteo, Alpino Paolo Moro e Alpino Giovanni Ferrari; i Gagliardetti della Sezione di Monza; il Gonfalone del Comune di Macherio accompagnato dalle Autorità Civili, militari e dalle altre Associazioni. Segnaliamo la presenza dei Gagliardetti dei Gruppi di Cinisello Balsamo e Bresso (Sezione di Milano) e di Costa-Val Imagna, Gandino e Ornica (Sezione di Bergamo). Inizio sfilata: breve sosta per onorare il concittadino internato Valentino Rivolta. Si proseguiva fino al monumento degli Alpini, qui ci hanno accolti il Corpo Musicale G. Verdi di Macherio e il Corpo Musicale S. Cecilia di Bareggia, unificati per l’occasione. La cerimonia iniziava con la deposizione di una corona di alloro a ricordo degli Alpini andati avanti, accompagnata dal 33. Subito dopo l’Alzabandiera con l’Inno di Mameli. Questi due momenti solenni siamo sicuri che rimarranno impressi nella memoria dei presenti. La sfilata è ripresa fino al raggiungimento del Monumento ai Caduti, situato in Via Italia. Tutti allineati, deposizione di Corona d’alloro accompagnata dalla “Leggenda del Piave”. Per i discorsi di rito, hanno preso la parola nell’ordine il Capogruppo Alpino Antonio Taddei, il Sindaco Giancarlo Porta, il Generale Cesare Di Dato, che ci ha onorati con la Sua illustre presenza, e – per finire – il Presidente della Sezione di Monza Alpino Mario Penati. Si riprendeva fino a raggiungere la Lapide dedicata a Giuseppe Confalonieri, perito in un agguato durante la II Guerra Mondiale. Questo è stato l’ultimo momento saliente della sfilata; a quel punto gli Alpini si sono recati nella Chiesa Parrocchiale per santificare questa festa, con la S. Messa solenne celebrata dal nostro reverendo Don Luigi Sala e accompagnata dal coro A.N.A. “La Baita” di Carate Brianza. Durante la celebrazione religiosa e particolarmente sentita, non poteva mancare la “Preghiera dell’Alpino” letta dal Tenente Guido Giusio, iscritto al nostro gruppo. Al termine, sul piazzale della chiesa è stato offerto un rinfresco alla cittadinanza. Ringraziamo il nostro Don Luigi Sala perché anche in questa occasione ha dimostrato nei nostri confronti interesse e attaccamento. Alle ore 13:00 pranzo presso la palestra dell’Oratorio. Numerosissima è stata la partecipazione di Alpini, cittadini e simpatizzanti. Durante la pausa gli Alpini del Gruppo di Macherio hanno dato prova di solidarietà donando al Gruppo U.N.I.T.A.L.S.I. , rappresentato dal Presidente Signor Vittore Vezzoli, una poltrona per disabili. Dopo di che gli Alpini hanno ricordato, come loro usanza, i reduci che hanno fatto la storia: il Signor Paleari Lino, il Signor Sala Antonio e il Signor Malatesta Alfio consegnando loro una targa. Al termine, dopo i saluti di rito, gli Alpini si sono recati al loro monumento per l’Ammainabandiera a conclusione di una giornata che li ha visti protagonisti e soddisfatti per il lavoro svolto. Abbiamo regalato agli ospiti e alla cittadinanza non solo una festa ben riuscita, ma anche una serie di momenti significativi e indimenticabili. ALPINI CARATE IN GITA BELLE FAMIGLIE ERMINIO VIGANO R.V. Per celebrare il 140° anniversario della costituzione delle truppe Alpine la gita sociale di questo anno del Gruppo A.N.A. di Carate Brianza ha voluto ripartire dall’origine: la “memoria” di chi è “andato avanti”. La meta infatti è stato il Bosco delle Penne Mozze di Cison di Valmarino dove, con una cerimonia solenne pur nella sua sobrietà, è stata deposta una corona al monumento in ricordo dei caduti di tutte le guerre. Forte è stata in tutti i partecipanti la commozione: è da questi momenti che si rigenera in tutti noi il vero spirito alpino. Chiara e Marco; Gianni Ruga; gli Alpini di Bernareggio; Don Luca Raimondi Per ulteriori informazioni ed approfondimenti http://www.anamonza.it L’UNIFORME ROBERTO VIGANO Quando il 15 ottobre 1872 nascevano gli Alpini nessuno immaginava che, da questa felice intuizione del Capitano di Stato Maggiore Giuseppe Perrucchetti, iniziava un’avventura destinata a durare nel tempo e che ancora oggi entusiasma. Di pagine dedicate alla nascita, avvenuta 140 anni fa, e alle vicende che hanno fatto la storia delle Truppe alpine ne sono state scritte tante e ad esse io rimando il lettore interessato. Vorrei qui ripercorrere la storia degli Alpini attraverso la loro uniforme, utilizzando le notizie prese qui e là da varie fonti, principalmente dal Libro “Storia delle Truppe alpine” a cura di Emilio Faldella, e le immagini ricavate dai bozzetti di Ernestino Chiappa conservati presso il Centro Documentazione Museomontagna del CAI di Torino. La prima uniforme distribuita agli alpini è quella della fanteria: chepì rigido di feltro rivestito di panno blu scuro, portante sul davanti una coccarda tricolore recante una stella di metallo che riporta il numero del distretto. Il cappotto è di panno colore grigio carico (sul bavero sono fissate due stellette di metallo bianco) stretto in vita da un cinturone bianco con fibbia in ottone sormontata dalla croce dei Savoia in metallo bianco. I pantaloni lunghi di panno grigio azzurro più chiaro del cappotto con striscia laterale rossa, scarpe a stivaletto annerite. Completa l’abbigliamento una camicia, un paio di mutande, un paio di ghette di tela grezza che, a seconda della montura, vengono portate sopra o sotto la parte inferiore dei pantaloni. Sono armati con il fucile Wetterli mod. 1870 corredato da sciabolabaionetta ed equipaggiati con lo zaino della fanteria dove viene arrotolato il telo tenda, con borraccia a doghe di legno e un tascapane di tela rigata bianca con tracolle di cuoio. Viene inoltre fornita loro un’uniforme da fatica. Con la fine di settembre 1873 il chepì è sostituito con un cappello alpino alla calabrese di feltro nero, tronco-conico a falda larga con fascia di cuoio nero, sul quale frontalmente è collocato il fregio (una stella di metallo bianco a cinque punte recante al centro il numero della compagnia). Sul lato sinistro è collocata una coccarda tricolore al centro della quale è fissato un bottoncino di metallo bianco con croce scannellata, un galloncino rosso a “V” rovesciata guarnisce il cappello dallo stesso lato, sotto la coccarda è infilata una penna nera di corvo. Questa costituisce la divisa invernale che si indossa dal 20 novembre al 14 marzo. Per il periodo estivo è previsto l’uso della giubba di tela. Altro oggetto caratteristico dell’equipaggiamento dell’alpino è l’alpenstock, un lungo bastone con punta ferrata dai molteplici usi: di appoggio camminando in montagna, di sostegno nelle ripide discese, di palo per tenda. Per rendere meno difficoltoso muoversi, durante le lunghe marce, su terreni montani, il lungo cappotto viene sostituito nell’ottobre del 1874 da una giubba simile a quella della fanteria di colore grigio azzurro scuro, coletto rovesciato, spalline, paramani a punta: il tutto contornato di profilo rosso. Al posto del cappotto, per ripararsi dal freddo invernale, agli alpini viene assegnata una mantellina alla bersagliera di colore turchino. Viene distribuita alla truppa anche un’uniforme da fatica di tela bianca. Il 17 novembre 1880 viene adottato un nuovo fregio per il cappello : un’aquila ad ali spiegate sormontata da una corona reale, appoggiata su una cornetta con un disco al centro del quale è riportato il numero del battaglione. La cornetta è posta sopra un trofeo di fucili incrociati con baionette inastate, una scure e una picozza, il tutto circondato da una corona di foglie di alloro e di quercia. La testa dell’aquila coronata è posta in una coccarda tricolore e sul lato sinistro del cappello la penna è sorretta da una nappina, in lana rossa (per gli ufficiali è in metallo argentato), al cui centro nero, è ricamato in bianco il numero della compagnia. Con la costituzione dei reggimenti nel novembre 1882 la nappina rossa uguale per tutti viene sostituita da nappine di diverso colore (bianco, rosso, verde e blu) per distinguere i vari battaglioni dello stesso reggimento. La penna bianca contraddistingue invece gli ufficiali superiori. Una revisione delle uniformi di alcuni corpi dell’esercito, nel giugno 1883, consente di sostituire con paramani verdi i tradizionali neri alle maniche della giubba e di applicare le mostreggiature verdi (fiamme verdi su fondo nero) al bavero: da allora il colore verde, simbolo di vigore e di forza, entra a far parte delle tradizioni alpine. Per ulteriori informazioni ed approfondimenti http://www.anamonza.it DEGLI ALPINI Il 25 febbraio 1887 parte per l’Eritrea il I° Battaglione Alpini d’Africa. Viene adottata una uniforme di tela di cotone bianca: la giubba è ad un solo petto, col colletto diritto, senza le mostreggiature verdi che sono sostituite da stellette metalliche. Il copricapo è un elmetto a forma alta e tondeggiante, rivestito dello stesso panno bianco, sul quale è collocata una coccarda tricolore, fregio e, sulla sinistra, nappina e penna. Il colore dell’ uniforme del Corpo speciale d’Africa diventerà dal 25 febbraio 1889 bronzo chiaro. In Patria l’uniforme è sempre costituita dalla giubba di panno turchino scuro e pantaloni di color grigio per gli alpini e turchino scuro per l’artiglieria da montagna che si era costituita a Torino nel settembre 1877. Senza grosse variazioni, a parte qualche piccolo aggiustamento di foggia, si arriva alla fine del 1902 quando alcuni battaglioni vengono dotati di sci. Si ha, nel frattempo, una trasformazione dei distintivi di grado: l’intreccio a fiore che ornava le maniche degli ufficiali è sostituito da stellette applicate sulle spalline (contornati da un gallone d’argento per gli ufficiali superiori) . I sottufficiali e la truppa conservavano i gradi sulle maniche, ma senza intreccio a fiore. Dal miglioramento delle armi da fuoco: aumento della gittata, della precisione, della celerità di tiro, nasce la necessità che il soldato sul campo di battaglia sia poco visibile per essere poco vulnerabile. La prima idea che l'attuale uniforme non fosse più adeguata ai tempi e soprattutto all'ambiente in cui queste truppe dovevano operare venne, e non poteva essere altrimenti da uno che la montagna la conosceva molto bene, Luigi Brioschi, presidente della sezione di Milano del Club Alpino Italiano (C.A.I.) che si offrì addirittura di "vestire a sue spese un intero plotone di alpini secondo il nuovo modello". Fu così che il 24 luglio 1906 nel cortile della caserma Luigi Torrelli di Tirano fece la sua prima apparizione il Plotone Grigio, composto da quaranta alpini scelti nella 45ª compagnia del Battaglione "Morbegno". Dalle prime prove si constatò subito dell'eccezionalità della nuova divisa, constatando che un alpino vestito di grigio a 450 metri non è più visibile, mentre a 1500 metri si vede ancora un alpino con la vecchia uniforme, inoltre alla prova di tiro alla distanza di 600 metri, un manichino in grigio fu colpito solo 3 volte a dispetto dei 24 colpi a segno su una sagoma vestita con la vecchia uniforme. La nuova divisa era così formata: cappello di feltro molle, color caffè chiaro, camicia, cravatta, panciotto giacca chiusa con colletto rovesciato e fiamme verdi, calzoni corti con fasce o calzettoni, tutto color grigio; scarpe più razionali e forti delle attuali; sacco alpinistico in luogo dello zaino; ed abolizione assoluta di nappine bianche, di piume, di trofei, di bottoni lucidi, di distintivi risplendenti. Per concludere il discorso sulla uniforme dell'esercito italiano e in particolare sul Plotone Grigio, bisogna ricordare che alla fine del 1908 il ministro della guerra Severino Casana, farà adottare, per tutte le uniformi dell'esercito, quella grigio-verde degli alpini. Con la nuova divisa cambia anche il Cappello: con una circolare pubblicata sul "Giornale Militare" il 20 maggio 1910, anche il caratteristico cappello alpino veniva adeguato ai nuovi colori ed era realizzato in feltro grigioverde, con un fregio, rimasto ancor oggi in uso, costituito da due fucili incrociati, sormontati da una cornetta che sostiene un’aquila in volo. Per gli ufficiali i gradi sul cappello sono costituiti da galloni argentati disposti a “V” rovesciata sul lato sinistro a corona della nappina di metallo argentato in cui è infilata la penna. E sarà proprio l’uniforme grigioverde che vestirà i soldati italiani e che accompagnerà tanti di loro a morire sui campi di battaglia della Grande Guerra. Le notizie riportate sono tratte da “Storia delle Truppe alpine” a cura di Emilio Faldella, Milano Cavallotti, 1977 Le immagine sono prese da “Alpini: figurini storici” di Ernestino Chiappa, Ed. Museo Nazionale della Montagna – CAI- Torino Per ulteriori informazioni ed approfondimenti http://www.anamonza.it 10 VITA OTTOBRE 2012 DEI GRUPPI Fra parentesi GIOVANNI PAOLO OGGIONI Non capisco perché ma, malgrado sia passato tantissimo tempo dalla sua scomparsa, ci si ritrova, in tanti, a ricordare una figura che forse pochi di quelli presenti hanno conosciuto. Siamo ancora al Santuario della Brughiera, in quel di Biassono (MB), oggi Domenica 24 Giugno 2012. E il personaggio che ricordiamo e veneriamo, è sempre lui, Don Carlo Consonni: Prete, Cappellano, Capitano alpino. La chiesina anche questa volta è al limite della capienza. Tanti gli alpini presenti con molti famigliari al seguito, quattro i gagliardetti, Vedano al Lambro, Macherio, Sovico e Tregasio, con i relativi capigruppo. C’è anche il vessillo della Sezione di Monza, accompagnato dal Consigliere Paolo Beretta e un celebrante particolare che ci onora della sua presenza: Don Cesare Galbiati, cappellano alpino, prossimo alla partenza per l’Afganistan. L’atmosfera come sempre è particolare, pregna di sacralità, non si poteva certo pensarla diversamente. Ottima la regia del sempre sorprendente Pietro Paolo Gatti, attento che tutto si svolga nel miglior modo possibile. Nell’aria si sente però che manca qualche cosa per definire perfetta questa cerimonia, qualche cosa che ti sorprenderà, dentro, che ti farà pensare, meditare, fino al prossimo ritrovarsi. Non ho sbagliato. Quel qualcosa arriva nell’omelia di Don Cesare. Incomincia piano, dolce, con accenni alle letture e al Vangelo del giorno, ma poi improvvisamente il discorso si apre su nuovi orizzonti, su nuove realtà, su qualche cosa di diverso ma molto, molto attuale. Parla di parentesi. Parentesi non per racchiudere qualche cosa, ma parentesi che devono scomparire. Parla di noi alpini. Uomini sì, ma che non devono essere considerati diversi, fra parentesi, ma di gente inserita nel tessuto economico e sociale di questo paese Italia. Uomini che devono dare l’esempio, perché alpini, perché portatori di valori antichi, vissuti e tramandati dai padri, a questa nostra moderna società, priva di punti di riferimento, di amore, di volontà di dare e di fare, senza nulla chiedere, solo per quell’amore che è sempre stato e sempre sarà nel nostro DNA. Il discorso sembra duro, ma si cala perfettamente sulla nostra realtà, sul nostro essere, su quello che vogliamo e dobbiamo fare. Parla poi della sua vocazione e del suo grande tormento iniziale alla non facile decisione di intraprendere la figura di Cappellano Militare, di vi- vere il quotidiano con questi ragazzi nelle situazioni più dure e difficili. Parla della prossima imminente missione dei nostri alpini, di questi giovani, pronti, motivati, coscienti del compito che andranno a svolgere in quel travagliato paese. Parla di affetti, di mamme, di spose, anche con pancioni, in attesa, di bambini che per un lungo periodo non vedranno i loro papà. Parla di tante parole, inutili, dette da tanti, troppi, nei momenti a volte dolorosi. Loro, dice Don Cesare, non parlano mai, non si lamentano mai, non corrono a piangere dai media, loro sanno perfettamente a cosa vanno incontro, con il loro “ signorsì”. L’assemblea è muta ma cosciente a queste parole, a questa preghiera così importante, veritiera, attuale. La messa è finita, le parentesi non ci sono più, i presenti si ritrovano sul sagrato, ma rimane dentro, imperituro, qualche cosa di bello, a cui pensare. Grazie Don Cesare, Grazie Don Carlo. ECHI DALL’ADUNATA ANTONELLO CERUTTI Il 30 aprile mi trovavo a Bolzano e già vedevo i preparativi per la nostra grande festa di maggio. Il gran cappello alpino era già piazzato sull’edificio di Piazza Walther, e numerosi esercizi esponevano la locandina dell’Adunata e scritte inneggianti agli alpini. Malgrado le contestazioni della pasionaria degli Schützen, la città stava già scaldandosi per accogliere l’Adunata degli alpini. Venerdì 11 maggio nel pomeriggio siamo partiti con alcuni alpini di Trezzo e con le rispettive mogli per pernottare in Val Di Non dove ogni paese era pieno di bandiere: tutti sentivano lo spirito dell’adunata.Sabato, utilizzando i mezzi pubblici (la funicolare Passo della Mendola / Sant’Antonio – ripidissimi il tratto iniziale e quello a metà strada – e poi l’autobus fino a destinazione) ci siamo recati a Bolzano dove ci siamo immersi nell’atmosfera piena di gioia e cordialità della festa. Si vedevano solo cappelli con la penna, fiumi di cappelli con la penna che si muovevano in tutte le direzioni. Tanti giovani e tantissime ragazze giravano tra la folla. Gli alpini hanno sempre un grande effetto catalizza- tore sulla gente di tutte le età. Incredibile il numero di bandiere sugli edifici lungo il percorso della sfilata. Anche in strade secondarie le bandiere erano ben presenti. Non ce lo saremmo mai aspettato! Bolzano non si presentava per nulla fredda, partecipava con tutto il suo animo. Abbiamo notato la pulizia e l’organizzazione: ottimo lavoro fatto dall’ANA e dall’Amministrazione cittadina. Si dimostra in queste occasioni che – se l’Italia vuole – può essere all’altezza della situazione e soprattutto è in grado di farcela a uscire dai tempi cupi di questa crisi internazionale. Domenica il gran giorno! Lungo le strade dello sfilamento una gran folla si assiepava contro le transenne: noi abbiamo potuto a malapena vedere uno scorcio dell’inizio della parata. Quale emozione sentire il Trentatre e veder passare i reduci della guerra, che sentivano rifiorire le loro energie per questo giorno speciale! Che sguardo intenso! Sarebbe stato bello sentire i loro ricordi – non della guerra, che aveva lacerato la loro anima ma – del loro ritorno, delle loro speranze, della ripresa della vita e degli affetti! Finalmente è arrivato il momento di sfilamento della Sezione di Monza. Noi di Trezzo eravamo ben cari- chi, emozionati, e non vedevamo l’ora di partire. La partecipazione popolare era notevole e il suo abbraccio era caldo, stretto, e commovente. «Grazie alpini!», «Non andatevene subito!», «Tornate presto! Magari tra sei mesi!», «il nostro cuore è con voi!» queste frasi si rincorrevano lungo il percorso, indimenticabili. Passando davanti a una casa di riposo, gli ospiti allineati lungo il marciapiede cercavano di afferrare le mani degli alpini della prima linea, per trasmettere la loro gratitudine per la nostra presenza e per aver dato per un giorno senso alla loro vita. Grazie alpini, grazie Bolzano per la tua cordialità e per il tuo affetto. UN NOSTRO AMICO HAI CHIESTO ALLA MONTAGNA ANDREA CREMONESI «Dio del Cielo; Signore delle Cime un nostro amico hai chiesto alla Montagna». L’amico questa volta lo conoscevo anche se nella maniera superficiale, come lo sono in fondo i rapporti tra vicini di casa in un mondo frenetico dove si riesce appena a scambiare quattro chiacchiere sul pianerottolo prima di rituffarsi negli affari propri. Quell’amico si chiamava Simone Gamba, aveva 28 anni ed era pieno di vita come tutti noi alla sua età. Simone faceva il militare, ad Aosta, sottoufficiale istruttore, provetto al punto da essere pronto per diventare guida alpina. Un giovane ma già esperto di montagne. Come lo conoscevo? Perché i suoi genitori abitano esattamente sotto di me. Anche lui viveva lì sino a quando, sacca in spalla, non è partito soldato e ci si è trovato bene al punto di trasformare il servizio militare nel proprio mestiere e di fare della scuola alpina la propria casa. L’amore per lo sport e la montagna ereditato da papà Ettore e mamma Maria Grazia. Quella montagna che qualche giorno prima dell’Adunata Nazionale lo ha tradito: stava facendo una escursione di sci alpinismo sui pendii del Monte Bianco, insieme ad altri commilitoni. Una esercitazione collaudata, non eccessivamente rischiosa. Gli amici lo hanno fatto partire, era il più esperto e toccava lui fare da apripista. Poi ne hanno perso la vista. Per sempre. Un volo di duecento metri. Lo schianto, una vita spezzata, un progetto crollato come un castello di carte. A Bolzano Simone è stato ricordato con una striscione appeso alla torre nel villaggio alpino, sorto lungo il Talvera, dove i ragazzini si divertivano a imparare i primi rudimenti dell’arrampicata. Con una scritta semplice: «Ciao Simone». Signore, il nostro Simone per le tue montagne lascialo andare. Per ulteriori informazioni ed approfondimenti http://www.anamonza.it VITA DEI GRUPPI OTTOBRE 2012 11 Il coro Rifugio Città di Seregno ROBERTO “DECIS” VIGANO Domenica 15 luglio 2012. Nella Cappella dedicata al Signore delle cime nell'armonia del bel paesaggio nella Conca del Volano, in Val Camonica nel parco dell'Adamello, tra la maestosità delle vette circostanti tra cui domina la cima del Pizzo Badile camuno, è stata inaugurata la copertura del tetto della chiesetta fatta dagli alpini di Cimbergo con l’affissione di un quadro rappresentante, il Beato Don Carlo Gnocchi (cappellano degli Alpini). La tela riguardante il Beato è stata regalata dal gruppo di Arcore mentre la cornice – realizzata da Sala Adriano del gruppo di Tregasio per Nadia, Pietro, e Roberto del gruppo di Seregno, è stata a loro volta offerta alla chiesetta ideata da Enrico e Mariangela Viganò. Durante la cerimonia eucaristica è stata anche benedetta una statuetta, rappresentante l’immagine della Madonna che sarà posta in un luogo dove sono stati ritrovati dei reperti di sepolture riguardanti la guerra dell’Adamello negli anni 1915/1918. Offerta dal gruppo di Cimbergo, lo stesso gruppo provvederà alla posa. Alla S. Messa ha partecipato il Coro Il Rifugio città di Seregno, invitato per l'occasione e ha accompagnato con i suoi canti le Lodi al Signore delle Cime. Alla fine della celebrazione tenuta da don Luigi Bianchi, il coro ha tenuto un seguìto concerto, allietando gli animi dei presenti. Poi il coro Rifugio città di Seregno prima di congedarsi da questo incantato posto, ha ringraziato con un omaggio gli alpini del posto, Nadia, Pietro, e Roberto, e la famiglia De Marie che gentilmente ha contribuito all’ospitalità. Le celebrazioni del 45° però sono iniziate indietro nel tempo; infatti Sabato 12 novembre 2011, di sera, nella parrocchia del Lazzaretto, gremita in tutti i posti, partecipiamo alla festa per il 45° compleanno del coro rifugio città di Seregno. Per un attimo è sembrato che il tempo non fosse mai passato, in chiesa in mezzo al gruppetto di alpini era presente il primo capogruppo, dott. Franco Colzani e Don Giovanni Ferré, parroco del rione Lazzaretto dopo tanti anni trasferito a Besozzo e ancora oggi presente nel cuore degli alpini seregnesi. Non solo ha tenuto a battesimo il nostro gruppo alpino ma anche il coro Rifugio. Invitato a dire due parole ha rievocato le stagioni pionieristiche del coro dicendo l’obbiettivo che c’eravamo prefissi era cantare e stare insieme. L’emerito parroco continuando ricordava che dopo le prove spesso ci si riuniva intorno al tavolo con pane, salame, del buon vino e si cantava insieme stavolta in maniera meno formale, perché, durante le prove occorreva stare agli ordini del maestro! Oggi, noto con soddisfazione che a distanza di anni l'intento è stato raggiunto. Il coro è un simbolo di Seregno ha detto l’attuale sindaco Giacinto Mariani rivendicando con orgoglio l’iniziativa fatta dal consiglio comunale di sostenere nel 45° anniversario della fondazione, la ridenominazione del gruppo da Coro Rifugio a Coro Rifugio città di Seregno. La serata si è svolta con una carrellata di canti della tradizione corale ed è stato emozionante vedere l’attuale direttore Fabio Triulzi invitare Oreste Tagliabue, ex maestro del coro a dirigere un canto. Oreste è indicato anche come futuro presidente onorario del coro. Nel corso della cerimonia sono stati premiati anche Luigi Marelli, Tarcisio Visconti, Giuseppe Frigerio che hanno fatto parte dell’intera storia del coro. Carlo Perego, presidente della fondazione Seregn della memoria, ha presentato un volume che attraverso racconti e fotografie ripercorre le tappe principali della storia della formazione musicale. L’esibizione canora è finita con il canto “Signore delle cime” eseguito non solo dagli attuali coristi ma anche da tutti quelli che hanno fatto parte di questo coro. Sergio Molteni, presidente del coro, ha poi invitato tutti i partecipanti a continuare la festa nel salone sotto la chiesa dove il coro ha la sua sede e ha offerto un sontuoso rinfresco tagliando anche una bella e buona torta di compleanno. La festa è terminata con le tradizionali foto di rito accompagnate da brindisi e canti in allegria. Per chiudere i festeggiamenti del 45° compleanno di vita. Sabato 26 maggio 2012 nella chiesa del Ceredo rione di Seregno, il coro Rifugio ha voluto regalarsi una serata memorabile invitando ha festeggiare con loro il coro dei Crodaioli di Arzignano. I Crodaioli sono il coro diretto dal famoso Bepi De Marzi, non solo per aver scritto “Signore delle cime”, ma per essere anche uno dei poeti della musica corale italiana. La chiesa era gremita, le autorità della città erano tutte presenti, e anche molti alpini non hanno mancato a quest’appuntamento. Emozionante è stato vedere dei giovani seguire e cantare alla fine della serata i canti di De Marzi. Ancora tanti auguri al coro Rifugio e un grazie di cuore per averci permesso di assistere a una magica serata. NASCE IL CORO ALPINO ARCORESE “LO CHALET” VALERIO VIGANO Dal felice connubio di Alpini Arcore e Club Escursionisti Arcoresi, ha esordito lo scorso 10 giugno 2012 il Coro Alpino Arcorese “Lo Chalet”, un coro composto da voci maschili con repertorio prettamente Alpino e diretto dalla bravissima Maestra Carla Luzzi. Seppur da poco costituito, con soli 6 mesi di prove all’attivo e con molto entusiasmo siamo già riusciti a cantarci la nostra prima Messa nell’ambito della “Nostra Domenica”. Il nome “Lo Chalet”, è stato scelto per celebrare l’imminente arrivo della nuova baita degli Alpini di Arcore, il suggestivo “Chalet del Ravanell” inserito anche nella prima bozza del logo. Si tratta di una struttura ben conosciuta in Città che speriamo presto possa identificare anche questa nuova formazione corale. Dobbiamo ancora crescere tanto, e soprattutto cantare molto, ma siamo ben felici di farlo perché abbiamo creato in poco tempo oltre a un coro, un gruppo affiatato di amici che si ritrova con piacere ogni settimana per cantarsele un po’! Si invitano tutti gli amanti del genere e appassionati di canti alpini a unirsi a questa giovane formazione corale contattando gli Alpini Arcoresi. VENDITA PARMIGIANO PROTERREMOTATI MOTTADELLI NORBERTO Lunedi 25 giugno 2012, anche gli alpini del Gruppo di Tregasio hanno dato il loro piccolo contributo vendendo presso la loro baita ben 200 kg in spicchi da un kg ciascuno di formaggio padano proveniente dalle zone terremotate del mantovano. Purtroppo, si dico purtroppo, questi 200 kg si sono rivelati un niente perché inaspettatamente c’è stata una forte richiesta, e nell’arco neanche di un ora dall’apertura della baita, a gran sorpresa, è andato tutto venduto. Molta gente è rimasta senza, perché 200 kg sembrano tanti, invece se ce ne fossero stati altri 200 kg sarebbero andati venduti anche loro in breve tempo. Grazie all’amministrazione comunale di Triuggio per la collaborazione fornita. Per ulteriori informazioni ed approfondimenti http://www.anamonza.it 12 VITA OTTOBRE 2012 DEI GRUPPI Venerdì dopo il ferragosto con una sensibilità alpina ha interrotto le attività di pulizia per fare un po’ di compagnia a questo nostro concittadino provato da un’esperienza che possiamo definire prematura. Avevo deciso di fermarmi al ritorno per un veloce saluto al lavoratore alpino presente sul pezzo nel caldo pomeriggio estivo, ma quando ho visto che era intento in operazione, magari, meno faticosa sotto l’aspetto fisico, ma sicuramente più impegnativa sotto l’aspetto umano ho proseguito per la mia strada senza neppure accennare un saluto sonoro, così da non rompere quel momento di reciproca tranquillità. Il lavoratore è un alpino del locale gruppo di cui non faccio il nome, ma dico solo che sul cappello ha la nappina rossa del Tirano; alpino, che rimasto a baita in questo periodo di vacanze estive. Ligio al dovere ha provveduto a completare la sua attività di pulizia ferragostana che comprende anche gli altri monumenti ai caduti esistenti negli altri due paesi del territorio comunale. Bravo alpino, di poche parole e tanti fatti, del Tirano da parte di un alpino (artigliere da montagna) del tuo gruppo. GIUSEPPE MARIO GALBIATI Ferragosto 2012 è passato da due giorni e nonostante il caldo c’è gente che non rinuncia alla visita ai propri defunti, ed essendo tra questi, quel pomeriggio percorrendo la strada per raggiungere il cimitero di Cornate passando davanti al monumento ai caduti delle due guerre mondiali vedo del movimento proprio nell’area del monumento stesso. Si tratta di una persona intenta a far le pulizie di quest’area, sacra a noi alpini, e di un passante che si è fermato a fargli compagnia. Passando in macchina si vedeva l’uno con la scopa in mano che proseguiva nella sua opera e il secondo che appoggiato alla propria bicicletta approfittava di una sosta con chiacchierata. Dopo la visita di rito al cimitero facendo ritorno nell’area del monumento ai caduti si ripresenta la stessa scena con un paio di varianti. La prima riguarda il ciclista che è cambiato; questi proveniente dal cimitero dove ha fatto visita alla giovane moglie che da poche settimane è “andata avanti”. La seconda invece è relativa al lavoratore che TRENTADUESIMA CIMBERGO-VOLANO CHIARA GALIMBERTI E CRISTINA ROSACI GIORNATA DEL 2 GIUGNO A BESANA BRIANZA Nell’armonia del bel paesaggio nella conca del Volano in Valle Camonica nel Parco dell’Adamello, domenica 5 agosto 2012 si è svolta la 32a Cimbergo-Volano, corsa non competitiva che ha coinvolto grandi e piccini. Dopo brevi raccomandazioni, scatta il cronometro e si parte. I concorrenti sono 280, tra cui alcuni atleti soci simpatizzanti della sezione di Monza e iscritti nel gruppo alpini di Seregno, Walter Viganò, 17° classificato in 33 minuti, a seguire Elisa Galimberti, Alessandro Viganò, Chiara Galimberti, Cristina e Doriana Rosaci. Al via dopo un centinaio di metri la fila si allunga, lasciandosi alle spalle le ultime case di Cimbergo, per addentrarsi in un tunnel di siepi di nocciolo alternato da cascine e poi sempre più su verso la panoramica con vista fino al lago d’Iseo, per attraversare una folta pineta e raggiungere il magico scenario del Volano. Due ore sono il tempo massimo per un percorso che si snoda su 6 km di gara con un dislivello di 630 metri. All’arrivo tanti applausi dal folto pubblico, situato ai lati della strada, poi stanchi e sudati tutti hanno sorseggiato del thè caldo rilassandosi sul prato. I partecipanti in ricordo di tanta fatica hanno ricevuto coppe, targhe e cesti con prodotti tipici della zona. Alle ore 14:30 si è celebrata la Santa Messa nella Cappella dedicata al Signore delle Cime (chiesetta votiva dei coniugi Mariangela ed Enrico Viganò, il quale è stato anche uno dei soci fondatori del gruppo alpini di Seregno, al suo interno è stato posto il quadro raffigurante il Beato Don Carlo Gnocchi, cappellano degli alpini). Questa giornata tra stanchezza e piedi doloranti per il grande sforzo sostenuto nella gara si è terminata con tanta gioia e serenità tra le chiacchiere degli amici in montagna. Una fantastica esperienza, impegnativa ma soprattutto costruttiva da ripetere sicuramente in futuro e speriamo negli anni futuri che la partecipazione della Sezione sia più numerosa. UNO ZAINO PIENO D’AMORE CLAUDIO PIAZZA Mercoledì scorso, 3 Ottobre, presso la Baita degli Alpini di Tregasio si è svolto l’ormai tradizionale evento della S. Messa di inizio Anno Scolastico per i ragazzi del- le scuole del Comune di Triuggio, al quale hanno partecipato Don Massimo, il Parroco Don Ambrogio, i rappresentanti dell’Amministrazione Comunale, le suore, gli alpini del gruppo di Sovico, e di Tregasio, le insegnanti, e ovviamente una folta schiera di alunni delle varie scuole presenti sul territorio. Durante la celebrazione, Don Massimo ha letto i pensieri dei ragazzi che poi sono stati posti nello “zaino”. All’omelia, il celebrante Don Massimo ha portato a tutti i saluti del Cardinale Dionigi Tettamanzi che è sempre vicino alla nostra Comunità. Al termine della funzione ecco il momento tanto atteso dai bambini: il rinfresco offerto dagli Alpini a tutti i presenti a base di pane e nutella e succhi di frutta. Da noi Alpini un sentito grazie a tutti i partecipanti e l’appuntamento per il prossimo anno. Il 2 giugno in occasione della Festa della Repubblica si è svolta una cerimonia sobria, in perfetto stile alpino, ma prodonda nel significato. C’è stata la consegna della copia della Costituzione della Repubblica Italiana ai giovani diciottenni, a coloro cioè che saranno chiamati a portare avanti i valori che sono alla base della nostra nazione. Non poteva mancare un momento di silenzio a ricordo di tutti gli alpini andati avanti e in particolare a ricordo delle popolazioni colpite dal recente sisma. Ultimo, ma non meno importante il racconto di un breve aneddoto del nostro socio alpino Beretta Enrico, classe 1921, reduce dalla ritirata di Russia e da diversi campi di concentramento. Periodico dell’Associazione Nazionale Alpini Sezione di Monza Corso Milano 39 - 20052 Monza - Tel. e Fax 039/367.068 C/C postale n. 3199200 Gratuito ai soci Direttore responsabile: Andrea Cremonesi Hanno collaborato: Marco Biffi, Alessandro Brignole, Antonello Cerutti, Andrea Cremonesi, Giuseppe Mario Galbiati, Chiara Galimberti, Adriano Lacchin, Federico Morelli, Norberto Mottadelli, Giovanni Paolo Oggioni, Marcello Oggioni, Giorgio Pase, Giancarlo Padovan, Diego Pellacini, Claudio Piazza, Cristina Rosaci, Graziano Rozzoni, Erminio Viganò, Roberto Viganò, Roberto “Decìs” Viganò, Valerio Viganò, Luigi Zanini, Luigi Zocca Autorizzazione del Tribunale di Monza n. 350 del 27-9-1979 Stampa: A.G.BELLAVITE srl, Missaglia (Lc) Per ulteriori informazioni ed approfondimenti http://www.anamonza.it VITA DEI GRUPPI OTTOBRE 2012 13 Serata ginnica in Sezione GIUSEPPE MARIO GALBIATI È mercoledì sera e in sezione abbiamo la presenza di esponenti di un paio di gruppi che sono arrivati per sbrigare le solite incombenze di vita dei gruppi alpini. Per i due componenti del primo gruppo le incombenze da svolgere richiedono una permanenza lunga, mentre per il componente dell’altro gruppo il tutto si risolve con una toccata e fuga. Sembra una serata tranquilla, potremmo dire di normale gestione della vita associativa, e i consiglieri presenti si apprestano a sbrigare le ultime faccende per poi lasciarsi andare a una chiacchierata, quando, pochi minuti prima delle ventidue, con un fare ginnico (come si diceva ai tempi di naia) arrivano due componenti di un terzo gruppo. Questi due non giovanissimi alpini con il loro passo ginnico con il quale hanno percorso le due lunghe rampe di scale e la briosità dei loro movimenti sin da subito hanno manifestato un qualcosa che non so come definire, comunque di bello che fa sicuramente rima con cappello. Da come si muovevano nella ricerca del presidente si è subito capito che non erano lì per una delle usuali incombenze della nostra vita associativa. Difatti sono arrivati per consegnare il contributo del Gruppo a favore delle popolazioni terremotate dell’Emilia Romagna, Lombardia e Veneto. Dentro quel qualcosa di semplicemente bello – che ripeto fa rima col cappello – c’erano tutte le emozioni per essere riusciti in maniera ginnica a rispondere ancora una volta “Presente” alla chiamata della nostra associazione. Chiamata che è arrivata, per una grossa emergenza, e che è andata a inserirsi nel programma del Gruppo che già prevedeva l’impegno per la raccolta delle risorse da destinare alle iniziative programmate per l’anno corrente, ma anche per eventi futuri. Così questa richiesta della Sede Nazionale di raccolta di fondi attraverso la sezione, ha scombussolato la programmazione del gruppo e gli alpini sono stati chiamati a recuperare ulteriori fondi, soprattutto in questo periodo di difficoltà economiche. In quei pochi minuti, che si sono conclusi con la compilazione del piccolo foglietto di carta che certifica il passaggio della somma stanziata alla sezione, ho visto sui visi dei due pais la ginnica serenità per la missione compiuta. Ma ho visto anche tutto l’impegno con le relative fatiche, che hanno permesso ai componenti del gruppo di rispondere alla chiamata a unire le forze per questa iniziativa importante, così come è stato per ADUNATA A BOLZANO “Una casa per Luca”. Quello che è stato per questo gruppo sicuramente è valso anche per gli altri gruppi che hanno contribuito al raggiungimento della vetta. Vetta che è andata ad aggiungersi alle altre cime già inserite nel programma dei gruppi, quali ad esempio le consolidate iniziative, le ricorrenze del gruppo e, l’ormai vicino Monza 2014 malgrado questo periodo di vacche magre. Potremmo dire che si verificato un evento come a volte è capitato durante il servizio militare nell’arco di tempo della durata di un campo, estivo o invernale che sia, quando per una causa di forza maggiore si deve modificare il percorso, e si deve aggiungere altra strada per raggiungere l’ulteriore vetta, per poi arrivare comunque a destinazione. Grazie pais per le ginniche emozioni che mi avete trasmesso quel mercoledì sera. GLI ALPINI CON I RAGAZZI DEL DON ORIONE LUIGI ZOCCA Con il Gruppo alpini di Arcore, ho partecipato all’85 Adunata Nazionale di Bolzano. Premetto che ho partecipato a molte altre Adunate Nazionali che si sono svolte in questi ultimi anni e da ognuna di esse ho percepito emozioni diverse. In questa i miei timori e non solo miei, erano tanti per diversi motivi di cultura e di dissenso, più o meno manifesti, da una parte della popolazione. Per fortuna ha vinto l’orgoglio e lo spirito alpino che anima ogni nostra azione. Questa manifestazione di Bolzano ha dato un segnale non solo all’Europa ma anche a tutto il Mondo che, pur nella diversità linguistica e culturale, il rispetto reciproco ha vinto la sua battaglia e superata ogni difficoltà. Una grande manifestazione con grande partecipazione di popolo lungo tutto il percorso e soprattutto di Bandiere Tricolori esposte su tutte le finestre dei palazzi. Forse non sono del tutto obbiettivo, perché sono stato coinvolto da un fatto personale. Dopo il mio congedo del 1958 avvenuto a Brunico ho incontrato 55 anni dopo un mio vecchio alpino l’ing. Gianfranco Tanesini, nato e residente a Bolzano. Un incontro emozionante e un abbraccio sincero che auguro a tutti di provare. Abbiamo ripercorso la nostra vita di naia, i nostri comandanti e gli alpini ai quali eravamo molto legati da sincera e affettuosa amicizia. Grazie Bolzano. ROBERTO “DECIS” VIGANO Da alcuni anni la seconda domenica di giugno gli Alpini di Seregno ospitano nella loro baita un gruppo di ragazzi del Don Orione per far trascorrere loro una giornata in allegria. Infatti, domenica 10 giugno alle ore 10.30 sono stati ricevuti nella loro sede in via Comina, iniziando la giornata con l’alzabandiera e proseguendo poi alle ore 11.00 con la Santa Messa celebrata da Don Alessandro. Al termine della funzione religiosa è stato offerto a un aperitivo e verso le 12.30 alpini e ospiti hanno condiviso il pranzo in compagnia. Nel pomeriggio la fisarmonica di Franco e Aimo è stata la colonna sonora della festa accompagnando canti e balli fino al termine della meravigliosa giornata. Prima che i ragazzi tornassero nella loro casa uno di loro, Giampiero, ha ringraziato gli alpini a nome di tutti i ragazzi e gli alpini hanno donato a ciascuno di loro un piccolo regalo in ricordo della giornata trascorsa insieme. Gli Alpini di Seregno ringraziano Franco e Aimo per aver collaborato con loro musicalmente, ringraziano anche per la loro presenza Sandro Triulzio, vice presidente sezionale, e Adriano Sala, capogruppo del gruppo di Tregasio che dopo aver già partecipato alla festa del 40° del gruppo di Macherio li hanno raggiunti per festeggiare questi ragazzi del Don Orione. Il gruppo degli alpini seregnesi fa un grande applauso alle proprie famiglie che li sostengono e collaborano per il raggiungimento dei loro obiettivi. Per ulteriori informazioni ed approfondimenti http://www.anamonza.it 14 PASSATO PRESENTE E FUTURO OTTOBRE 2012 A ricordo di un amico alpino “andato avanti” GIORGIO PASE Il giorno 8 settembre 2011 Bareggi Eugenio – sottotenente veterinario – si è spento serenamente dopo una lunga e coraggiosa lotta contro il male. Ha lasciato un vuoto per i lunghi anni di amicizia, di lavoro e dedizione al nostro Gruppo del quale è stato brevemente Capogruppo. Pubblichiamo qui un suo saggio sulla montagna perché nessuno più di lui ha saputo cogliere con competenza e professionalità mettere in pratica lo Spirito Alpino che è sinonimo di amicizia, di sacrificio, e di generosa disponibilità verso tutti. Alpeggio, pascolo, casera Pungolato dall’amico Aresi del CAI cassanese, cercando di far util cosa, butto giù quattro righe su argomenti prettamente inerenti la montagna, che noi tutti amiamo e che, purtroppo, oggi rappresentano poco più che un ricordo. L’alpeggio o monticazione e, al termine della stagione, successiva demonticazione delle mandrie è pratica antica. I nostri avi, forse più buongustai di noi, oltre a trattenersi loro stessi a lungo in località montana, facevano si che anche la parte giovane del proprio bestiame, le “manze”, trascorressero un periodo di 3-4 mesi in alta montagna. Ne ricavavano un bestiame più longevo, più sano, più rustico, più resistente agli stress cui sarebbe stato sottoposto, in pianura, con lo sfruttamento intensivo. Il fenomeno dell’alpeggio, della transumanza, di cui D’Annunzio ci lasciò pagine bellissime sui pastori d’Abruzzo, è pratica, purtroppo, in via d’estinzione. In certe regioni dove alpeggiavano migliaia di capi, bovini, equini, e ovi-caprini, da anni è stata abbandonata. In quasi tutta la regione appenninica, non si vedono che scarsi greggi di nere pecore; per fortuna in alcune “isole”, tale pratica si attua ancora, vedi Val d’Aosta, Val d’Ossola, Val d’Adige, Valtellina, Valsassina, Val Brembana, Altipiano di Asiago, Carnia. L’uso dei pascoli e la minuziosa cura cui questi prati sono sottoposti, con diuturna fatica, da parte del malghese, o malgaro, permettevano al bestiame di pascolare in zone senza o con scarsi sassi, sterpi e senza rettili infidi. Oggi notiamo infatti che colla rarefazione dei pascoli e colla forte diminuzione di rapaci e roditori montani, ci sia un preoccupante revival della vipera, che, pur essa, ha la sua importanza nell’ecologia montana. Il bestiame di pianura, per la maggior parte giovane, parte dalle piane e dalle valli ai primi di giugno e si trattiene, gradatamente demonticando, in quota fino a metà ottobre. Le alpi o territorio di pascolo sono suddivise in paghe, corrispondenti alla quota pagata per il mantenimento di un capo adulto più uno giovane. Durante i mesi di vita montana, il personale che accudisce il bestiame e il bestiame stesso vivono spesso all’addiaccio o si sistemano alla meglio in malghe, baite, stalle. Nei tabìa o fienili, è conservato il fieno che d’inverno servirà per i pochi capi stanziali in montagna. Durante il pascolo, l’animale avvedutamente evita erbe e fiori nocivi, anche nefasti come il colchito autunnale, mentre quando c’è stato affienamento non è più in grado di difendersi. I fedelissimi cani da pastore sono il “lungo braccio della legge” per il malghese. Quando, coi giovani, coesiste bestiame in lattazione, si hanno le successive fasi: lattazione, mungitura, lavorazione del latte, fecondazione, parto e allevamento del vitello. Il latte viene lavorato con sistemi antichissimi, ma sempre validissimi, in particolari basse costruzioni chiamate casere o casare. Il latte viene raccolto e lasciato riposare in recipienti di rame, dette piatole e la cottura avviene a fuoco lento e con legname resinoso in paioli stignatt, sempre di rame; l’impasto così ottenuto viene messo nelle patte e nelle fassere e lasciato in salamoia per un periodo variabile, quindi si mette a stagionare in locali umidi e riparati dai venti. Il burro si lavora mediante pennacc e zangole, un tempo ad acqua (ce n’è uno bellissimo in funzione presso il rifugio Cristina, ai piedi del Pizzo Scalino, sovrastante Caspoggio) ora a motore. Si può dire che ogni regione italiana abbia le sue specialità casearie: tomino valdostano, fontina ossolana, bitto valtellinese, robiola della Valsassina, Taleggio e Branzi bergamaschi, fino all’ultimo nato “formai de munt” dell’alta Val Brembana per non citare che una ridottissima parte, sono tutti ottimi e sapidi latticini, creati dalla fantasia del montanaro che, per fortuna, dà modo a tutti di poter godere della bontà di prodotti genuini e non artefatti come i grandi lattai della pianura ci ammanniscono quotidianamente, conditi da una più o meno intelligente campagna pubblicitaria, attraverso tutti i canali di informazione. Che c’è di più bello, per chi ama e vive della montagna, di una sleppa di formaggio, di un tocco di burro, di una ciotola di latte, quando, accaldati, raggiungiamo certe altitudini? Penso che, oltre alle bellezze naturali, di cui Dio è stato munifico elargitore in alta montagna, si possa ben aggiungere la fragranza, la genuinità di prodotti che si tramandano da secoli e sono apprezzati da noi amanti della montagna. Nella mia qualita di alpino e di veterinario, ho potuto seguire, sia sotto la naia che dopo, l’evolversi di questo stato di cose, di poterne fruire e approfittare, quando capitavo a tiro di qualche malga, guidato da quell’inconfondibile odore, che sarà un po’ ricco di ammoniaca ma, che non ha mai ucciso nessuno, come non si può dire dei “puzzi” della nostra superinquinante industria. Termino questo mio scritto, con l’augurio che il desiderio di conoscere e approfondire un campo un po’ negletto della vita in montagna, possa portare qualche beneficio a chi di questa attività vive e, ve lo assicuro, fatica, e ci tiene a onorare il buon nome del paesello in cui il buon Dio ha voluto porlo. VIVI LE FORZE ARMATE – MILITARE PER 3 SETTIMANE CHIARA GALIMBERTI E CRISTINA ROSACI Venerdì 14 settembre nelle caserme di San Candido e di Aosta si è conclusa l'edizione 2012 di “Vivi le Forze Armate - Militare per 3 settimane”. Il progetto ha coinvolto ragazzi e ragazze dai 18 ai 29 anni, provenienti da tutte le regioni d'Italia. Della sezione di Monza al progetto hanno preso parte due ragazze iscritte nel gruppo di Seregno, Chiara Galimberti e Cristina Rosaci. L’intento era far vivere un’esperienza a dei giovani da veri e propri militari per 3 settimane, facendo apprendere loro nozioni di sopravvivenza, topografia, primo soccorso e movimento in montagna e ciò è stato svolto nella caserma «Monte Bianco» di La Thuile. In questa caserma, oltre a queste due ragazze seregnesi, c’erano altri 36 ragazzi di cui 13 ragazze e 23 ragazzi. È stata un’esperienza davvero positiva, bella, ma soprattutto formativa. Durante le 3 settimane ci siamo sentite realizzate per essere riuscite nelle marce a Colle Santa Croce, al Lago d’Arpy, al Rifugio Deffeyes, nella topografia e nell’orienteering, nel percorso di guerra, nell’arrampicata alla parete di roccia naturale e quella artificiale in palestra, ma anche a svolgere giornalmente un addestramento di tipo formale, seguendo e rispettando determinati ordini e regole. Esperienza che tutti dovrebbero provare, infatti la consigliamo a molte coetanee perché si impara davvero uno spirito di gruppo, ma anche la disciplina che aiuta moltissimo e da un’esperienza così si ritorna più maturi e formati. Siamo anche del parere che la ferma militare, almeno di un anno, dovrebbe tornare obbligatoria e farebbe bene a molti nostri coetanei, soprattutto maschi, ma non solo, anche a giovani con comportamenti violenti o che non sanno le buone regole dell’educazione, quest’avventura cambierebbe radicalmente il loro modo di agire e comportarsi.Alla cerimonia conclusiva di consegna ufficiale del cappello alpino (nella caserma del Centro Addestramento Alpino «Cesare Battisti» di Aosta) oltre alla sezione di Monza erano presenti i vessilli di Valle d'Aosta, Valdagno e Milano, i presidenti di Milano e Aosta, il vice presidente di Monza, 20 gagliardetti e un pubblico (tra parenti e amici) più di 200 persone. A questa cerimonia presenziava anche il Vice Presidente Nazionale degli Alpini Adriano Crugnola, il Comandante di Reggimento Alpino Colonnello Pierpaolo Lamacchia e il Generale di Brigata Antonio Maggi, che dopo brevi ma sentiti discorsi hanno provveduto con presidenti, vice presidenti all’emozionante consegna di un attestato di frequenza e del meritato cappello alpino (a noi della sezione di Monza è stato consegnato, con grande onore, da Alessandro Triulzio). Per concludere la cerimonia, dopo le foto di rito, s'è svolto un aperitivo in caserma; infine i partecipanti del gruppo di Seregno e la sezione di Monza hanno festeggiato le ragazze con un pranzo comunitario procedendo alla consegna di un diploma ricordo che cita cos'è un cappello alpino per un Alpino da parte di Alessandro Triulzio e di Paolo Beretta consigliere sezionale. Per ulteriori informazioni ed approfondimenti http://www.anamonza.it PASSATO PRESENTE E FUTURO OTTOBRE 2012 15 La storia della Divisione “Monterosa” ALESSANDRO BRIGNOLE Ho realizzato questa ricerca per distogliere dall’oblio un reparto Alpino che viene spesso dimenticato dalla storia. La divisione “Monterosa” fece parte dell’Esercito della Repubblica Sociale Italiana, un reparto che per addestramento del personale, organizzazione ed equipaggiamento rappresentò un’élite delle forze armate repubblicane. La divisione era pervasa da un forte spirito di corpo e dalla tradizionale armonia che anima gli Alpini, essa era costituita da volontari e coscritti che affluirono da tutta Italia, rimarchevole fu l’adesione dei giovani lombardi. Dal 1943 al ’45 l’Italia fu lacerata, dilaniata dalla guerra civile, un conflitto fratricida dove le persone si divisero e si combatterono, a volte ferocemente, in nome di ideali e principi diversi. Il 1943 fu l’anno terribile per l’Italia, l’esito disastroso delle campagne d’Africa e Russia minarono il morale della popolazione, i terrificanti bombardamenti aerei, le dure ristrettezze alimentari, i morti, e la paura. Il 25 luglio Mussolini fu estromesso dal governo della nazione, cadde così il regime fascista. Dopo poco più di un mese il Re e il nuovo capo del governo, il Maresciallo Badoglio, senza preventivamente informare i comandi decentrati delle forze armate e gli organi amministrativi civili, firmarono la resa senza condizioni con Stati Uniti e Gran Bretagna. L’esercito e il paese piombarono nel totale collasso morale e materiale, l’Italia fu occupata dagli ex-alleati tedeschi che liberarono Mussolini e lo reinsediarono al governo. Egli costituì la Repubblica Sociale e dispose la ricostituzione delle forze armate, l’incarico fu affidato al Maresciallo Rodolfo Graziani in qualità di ministro per la difesa nazionale. Il compito si rivelò arduo a causa della forte diffidenza dei tedeschi e degli ostacoli frapposti da alcuni gerarchi della neorepubblica fascista. In base a una convenzione stipulata con il governo del Reich tedesco venne stabilita la formazione di quattro divisioni Italiane, di cui una Alpina, che sarebbero state addestrate in Germania per poi essere impiegate al fronte, contro gli Anglo-Americani. I primi quadri della “Monterosa” si concentrarono a Pavia, nell’organico vi si trovarono volontari delle classi più giovani, alpini veterani dei vari fronti che si erano sentiti abbandonati dopo l’armistizio del 1943, giovani coscritti e un’aliquota di militari internati nei campi di prigionia tedeschi, ai quali fu proposto di aderire alla repubblica sociale e tornare a servire la patria, gli ufficiali provenivano dai quadri dell’ex Regio Esercito. Al comando della “Monterosa” fu designato il Generale Mario Carloni, un ufficiale decorato, reduce dal fronte russo che per le sue competenze militari e per le riconosciute doti umane fu ritenuto idoneo a dirigere la divisione alpina. Si costituì il 1° reggimento formato dai battaglioni: “Aosta”, “Bassano”, e “Intra”. Il 2° reggimento, battaglioni: “Brescia”, “Morbegno”, “Tirano”, il Gruppo Esplorante divisionale, il battaglione pionieri Alpini, e il Reggimento Artiglieria da montagna, costituito dai gruppi: “Aosta”, “Bergamo”, “Vicenza” e “Mantova”, dotati di obici da 105/17 e pezzi da 75/13. Alla fine di Novembre 1943 i primi reparti della “Monterosa” raggiunsero il campo di addestramento tedesco a Munsingen, nella regione del Wurtemberg. Iniziò così il periodo formativo dove l’addestramento era diretto e seguito da esigenti e duri sottufficiali tedeschi. I nostri alpini acquisirono una preparazione militare tecnica inusuale ma certamente più efficace rispetto ai superati protocolli addestrativi del Regio Esercito. Il percorso fu intenso, alla fine gli stessi ufficiali e marescialli tedeschi, inizialmente scettici, si compiacquero del livello professionale raggiunto dalle nostre penne nere. Nella seconda metà del luglio 1944 la divisione ricevette la sua destinazione nella riviera del levante ligure tra Nervi e Levanto a fianco della “San Marco” dislocata invece a ponente. Questa decisione del comando tedesco, retto in Italia dal Maresciallo Kesselring, generò tra gli alpini vive proteste in quanto essi ambivano ad essere impiegati contro gli invasori anglo-americani. Nell’estate del 1944 il comando germanico paventava un imminente sbarco alleato sulle coste liguri, quindi ribadì perentoriamente la destinazione della “Monterosa”. Il Generale Carloni dislocò i battaglioni alpini in funzione antisbarco tra Recco, Chiavari - Sestri Levante e Levanto, i gruppi di artiglieria sulle alture retrostanti la costa e il gruppo esplorante nell’entroterra a Borzonasca, per garantire le vie di comunicazione con la valle padana. La popolazione accolse con simpatia gli Alpini che, con la loro innata generosità, si prestarono per rendere meno avvilente la vita dei civili, le cucine distribuivano il rancio anche ai civili, gli alpini nelle ore libere dal servizio davano una mano ai contadini nei campi, ma l’idillio finì presto. Dopo l’otto Settembre altri giovani avevano scelto la via della montagna, nacquero le prime bande partigiane e la presenza della Monterosa in quel settore costituiva un pericolo per l’eventuale sbarco alleato, quindi le formazioni partigiane lanciarono gli attacchi col metodo della guerriglia, volti a disturbare l’attività della divisione e minacciare le vie di transito tra la Liguria e la pianura Padana, tra le provincie di Genova e Piacenza. I battaglioni “Aosta”, e “Ivrea” insieme al gruppo esplorante furono incaricati di compiere rastrellamenti per reprimere l’azione partigiana nelle valli a ridosso della costa. Ciò turbò molto l’animo degli alpini che non volevano combattere altri Italiani ma le bieche esigenze della guerra imposero anche questo. Il 15 Agosto 1943 gli anglo-americani sbarcarono in Provenza quindi i battaglioni “Bassano”, e “Tirano” unitamente al gruppo d’artiglieria “Mantova” e per un certo perZiodo anche i battaglioni “Aosta”, e “ Morbegno”, furono schierati in gran fretta al fianco di una divisione tedesca e alla “Littorio” sulle Alpi occidentali al confine con la Francia tra Rocca Clary, Clàvieres, La Thuile, e il Monginevro. Gli Alpini che si trovarono a combattere in alta montagna, terreno a loro familiare, diedero un validissimo contributo nel contenere l’azione dei maquis francesi e da reparti Gollisti intenzionati a penetrare in Italia. Agirono con tenacia e dimostrarono, soprattutto gli artiglieri del “Mantova”, coraggio e competenza. Nell’autunno 1944 la guerra civile in Liguria si inasprì, il movimento partigiano, rifornito e alimentato dagli aviolanci alleati, era cresciuto e lanciò l’offensiva. La spirale della violenza degenerò in imboscate, agguati, che causavano conseguenti rappresaglie, gli alpini mostrarono contrarietà e sdegno a combattere contro altri connazionali. Il battaglione “Ivrea” si trasferì in Val Trebbia per assicurare il controllo della statale Genova-Piacenza, l’“Aosta” a Santo Stefano d’Aveto. Furono organizzati altri due rastrellamenti nei quali partecipò anche una divisione tedesca composta da ex prigionieri sovietici di etnia mongolo-caucasica, uomini particolarmente adusi alla ferocia. Gli alpini della Monterosa intervennero in varie occasioni per impedire a questi di commettere abusi e brutalità nei confronti della popolazione civile. Si susseguirono diversi scontri con i partigiani in Val Fontanabuona, Val d’Aveto, Val Trebbia, la lotta si fece asperrima e molti giovani Italiani caddero. La divisione registrò molte perdite, cadde in un’imboscata a Brizzolara di Borzonasca anche il Maggiore Cadelo, comandante del gruppo esplorante. Le formazioni partigiane compivano continui attacchi di sorpresa e imboscate, ciò non poteva che esacerbare lo scoramento. Tra gli Alpini si registrarono le prime diserzioni, soprattutto dopo le fucilazioni di partigiani che la Monterosa fu costretta a compiere. In Val Trebbia avvenne anche la defezione del battaglione “Vestone”, il suo comandante fu avvicinato da capi partigiani che lo convinsero a passare con gran parte del reparto tra le loro fila. Dopo quella vicenda, parte della divisione fu destinata al fronte, sulla Linea Gotica, così la “Monterosa” fu spezzata in tre tronconi: uno in Piemonte, uno Liguria e uno in Garfagnana. Tra gli alpini destinati alla gotica si diffuse nuovo entusiasmo finalmente avrebbero potuto battersi contro quello che consideravano il vero nemico. Il 1° reggimento con i battaglioni: “Intra”, “Brescia”, reparto esplorante “Cadelo” e i gruppi artiglieria “Mantova” e “Bergamo” furono stanziati tra Aulla, Casola, Piazza al Serchio, Fivizzano e Castelnuovo Garfagnana. Le penne nere si attestarono sulle propaggini di questo settore delle Alpi Apuane e fronteggiarono, in azioni di pattuglia e piccole puntate offensive, una divisione americana composta da soldati di colore e una divisione Brasiliana. Alla fine del Dicembre 1944 il comando tedesco lanciò una piccola offensiva in Garfagnana, il gruppo Esplorante “Cadelo”, i battaglioni “Brescia”, “Intra” e il gruppo artiglieria “Bergamo” unitamente ad altri reparti Tedeschi e alla divisione “Italia” parteciparono attivamente alle operazioni. Il battaglione “Brescia” attaccò da Castelnuovo e costrinse alla ritirata un reggimento di soldati afro-americani che ripiegò disordinatamente per una ventina di Km, il “Cadelo” riuscì a conquistare i villaggi di Coreglia, Gallicano e Calomini. I cannoni del “Bergamo” sostennero alacremente l’azione degli alpini che avanzavano e attaccavano con impeto le truppe alleate. L’offensiva si esaurì presto a causa della scarsità dei rifornimenti e di carburante, l’azione della “Monterosa” fu tuttavia elogiata dai comandi germanici per la perizia e il valore dimostrati. Nel frattempo anche i reparti attestati in Piemonte e in Val d’Aosta passarono il terribile inverno sulle montagne respingendo svariati tentativi di penetrazione da parte delle truppe francesi e dei partigiani locali, i Battaglioni “Bassano”, “Tirano” e il gruppo artiglieria “Mantova” ricevettero diversi encomi, assegnati a singoli alpini e alle bandiere di reparto. Le operazioni sulla gotica conobbero una fase di stallo fino alla primavera del 1945, i “monterosini” si attestarono sull’ultima linea di resistenza dell’ampio fronte su postazioni rarefatte, le perdite, gli allontanamenti arbitrari, le malattie avevano ridotto gli organici. Dalla metà di Aprile del 1945 le armate Anglo-Americane diedero corso all’offensiva finale per liberare il nord Italia, il fronte della linea Gotica cedette nel settore di Bologna. I reparti della Monterosa schierati sulle Alpi Apuane occidentali, soverchiati dal nemico superiore di numero e mezzi, iniziarono un ordinato ripiegamento contrastando con mirate azioni di retroguardia l’avanzata degli alleati. I battaglioni alpini e i reparti di artiglieria passarono il passo della Cisa subendo continui attacchi e bombardamenti dall’aviazione alleata. Il 28 Aprile giunti a Fornovo dovettero arrendersi a un reparto Brasiliano. I battaglioni “Bassano”, “Aosta” e il gruppo artiglieria “Vicenza” e il “Tirano” schierati in Piemonte-Val d’Aosta dopo aver rintuzzato parecchie puntate offensive dei maquis Francesi e dei partigiani locali discesero a valle per raggiungere Torino, accerchiati dai partigiani delle formazioni locali giunsero alla capitolazione. A Genova il 25 Aprile 1945 il Comitato di liberazione nazionale diramò l’ordine di insurrezione, il comandante Tedesco della piazza firmò la resa, atto che fu ricusato da alcuni reparti Germanici e dai battaglioni della Monterosa. Il Colonnello Pasquali del 1° reggimento Alpini raggruppò i reparti operanti in Liguria a cui si aggiunsero reparti tedeschi e un battaglione della “San Marco”, costituì così una colonna ben determinata a raggiungere in armi la valle Padana. Gli alpini si aprirono la strada fino al passo della Scoffera rifiutando di arrendersi alle formazioni irregolari della resistenza. Incalzati da un reparto Americano si attestarono nel bosco della Tecosa a nord di Genova tra i paesi di Lumarzo e Bargagli. Il Colonnello Pasquali negoziò le resa con ufficiali del reggimento Americano riuscendo a ottenere un trattamento dignitoso per i propri uomini e l’assicurazione che nessun militare fosse consegnato ai membri delle formazioni partigiane. Si concludeva così la storia della divisione “Monterosa” unità alpina di prim’ordine. Per ulteriori informazioni ed approfondimenti http://www.anamonza.it 16 PROTEZIONE CIVILE OTTOBRE 2012 PASSO DOPO PASSO 14 ottobre 10° anniversario del Gruppo di Roncello 18 novembre Giornata del Reduce a Tregasio 20-21 ottobre Raduno del 2° Raggruppamento a Sondrio 22 novembre “Sulle orme dei nostri padri” al Binario 7 con Diego Pellacini e Alessio Cabello 27 ottobre S.Messa dedicata al Beato Don Carlo Gnocchi a Bernareggio 24 novembre Banco alimentare 27-28 ottobre Castagnata Sezionale 29 novembre “Sotto il cappello che noi portiamo” al Binario 7 28 ottobre 140° di costituzione delle Truppe Alpine a Cassano d’Adda 2 dicembre La nostra domenica 11 novembre Gara di Pesca ai Laghi Verdi 19 dicembre Scambio di auguri natalizi in Sezione Terremotivati a Moglia GIOVANNI PAOLO OGGIONI «Porco cane!!, ma in duè lè nâ ül basèl?». Sono le 21.00 o poco più, di giovedì 31 Maggio 2012. Sto salendo i tre scalini che portano in cucina con in mano una teglia di verdura pronta per i ritardatari della cena. Ritardatari, non per sfizio o per diletto, ma perché impegnati nel loro dovere oltre le disposizioni demandategli. Cucina della Colonna Mobile Regionale (Lombardia), affidata alla nostra Sezione in questo primo turno di volontariato dal 29 maggio al 3 giugno 2012. Siamo a Moglia, in provincia di Mantova, uno degli epicentri di questa nuova tragedia del terremoto, in qualità di volontari di Protezione Civile della Sezione di Monza. Quella di alcuni istanti fa è stata una delle scosse più forti registrate tra le tante dicono di assestamento. È per questa scossa che non ho trovato lo scalino. È anche la prima scossa in assoluto che ho sentito. Neanche nella precedente esperienza di L’Aquila, al Campo Globo mi è capitata, forse perché arrivavano di notte, quando dormo. Siamo partiti martedì, con ritrovo della colonna alle ore 16.00, al primo Autogrill, dopo il casello di Agrate, sull’Autostrada Milano/Venezia, dopo una mattinata di telefonate da parte della nostra Segretaria di Protezione Civile, la sempre attiva, presente e motivata Mariella. Nel pomeriggio, e nella nottata precedente, il terremoto è arrivato con più violenza, e noi certo non potevamo più stare ad aspettare. Arriviamo a Moglia, dopo alcune peripezie di viaggio verso le 21.00. Il campo, alloggiato nel centro sportivo comunale, è già in fase di allestimento. Altri gruppi, altre Sezioni alpine, altri volontari sono già in fermento. Ognuno con il suo compito e la sua specificità, cerca con grande professionalità, malgrado l’ora tarda, di essere pronto per l’inizio di questa - se vogliamo chiamarla così – “nuova avventura”. Domattina si parte, si incomincia questo nuovo impegno, questo nuovo essere vicini alla gente, come sempre. Del resto si sa, gli Alpini “non hanno paura”, neanche del terremoto. Sveglia alle 06.00, perché alcuni operai di aziende della zona, fortunatamente non lesionate, incominciano la loro giornata lavorativa fra un’ora, e una buona e nutriente colazione, accompagnata dal nostro sorriso cordiale e sincero, farà scordare almeno per poco, i disagi del vivere nella tendopoli. Dobbiamo nel frattempo però, già salutare un nostro volontario, Paolo Abbracciavento, autista, comandato al ritorno a Cesano Maderno, nel magazzino Regionale di P. C., per portare nuovi container con altro materiale utile, necessario, e non solo per il nostro campo. Siamo rimasti così in nove, volontari di cucina, e vista la capienza del campo e il numero di ospiti e volontari presenti, avremo sicuramente da sfacchinare senza tregua: speriamo bene. La colazione procede spedita e senza grossi intoppi, tanto che alle 09.00, sia gli ospiti che i volontari hanno già terminato, è già ora di sparecchiare e di preparare per il pranzo di mezzogiorno. Sembra troppo bello, troppo normale, troppo facile. Senza intoppi? Senza problemi? Mah! Primo problema: ma in quanti siamo al campo? Non abbiamo purtroppo nessuna certezza. (sic). Secondo problema, ancora più serio: nel campo ci sono tante persone extra europee, per lo più asiatiche, di diverse etnie (indiane, pakistane, srilankesi), e con problemi di alimentazione per via della loro religione. Come faremo a soddisfare un po’ tutti? Terzo problema: abbiamo cominciato oggi, ma purtroppo non è che abbiamo a disposizione ogni cosa. Non manca certo cibo per l’emergenza, ma sono tante le difficoltà di questo inizio. Senza indugi però incominciamo, chi taglia le verdure, chi prepara la pasta, chi il sugo, è una cucina in ebollizione, un’alternanza continua di odori, sapori, sudori. Va avanti così per tutto il giorno, ininterrottamente. È mezzanotte, stanchi, ma felici e soddisfatti, cerchiamo di ragionare sui numeri di oggi. Quattrocentocinquanta pasti distribuiti a mezzogiorno e seicentocinquanta (?) per la sera. Sembra impossibile da una cucina così piccola, ma ci siamo riusciti. Da domani però le cose dovrebbero e devono cambiare, non possiamo continuare con questi numeri. C’è stato di mezzo sicuramente qualche cosa di strano, perché le persone al campo non sembrano poi così tante. Il giorno seguente, e per tutta la settimana assegnataci, un controllo più serio agli accessi, ridimensiona notevolmente le cifre. Mediamente vengono distribuiti dai duecentosettanta ai trecento pasti, divisi tra ospiti e volontari. L’impegno è comunque tanto, affiora a volte anche un po’ di nervosismo, ma il ritrovarsi alla sera a cenare, dopo aver soddisfatto tutti gli altri, insieme allo stesso tavolo, con un buon bicchiere di vino, ci fa sentire ancora un buon e affiatato gruppo. E a proposito di gruppo, ecco la nostra squadra. Alberto Pizzo, cuoco. Una persona squisita, pronta, capace, professionale. Ha saputo anche in questa strana esperienza (diversificazione dei menù, doppi menù, difficoltà negli approvvigionamenti) dare il meglio, sempre. Un amico da tenere in conto. Eccezionale. Luigi Perego, cuoco. Genio e sregolatezza. Adatto per la cucina, non per un lavoro diverso. Dispersivo. Spero non si offenda. Luigi Silvano Mantegazza, direttore di sala (tensostruttura adibita a mensa). Affabile, generoso, spiritoso con tutti. Animatore incontrastato nei momenti più neri. Da tenere in considerazione personale per un’eventuale altra uscita. Ottimo. Erminio Germinario, aiuto cucina. Infaticabile preparatore di sughi e ragù. Cràpa de lègn. Compagnone. Ottimo. Mario Brivio, magazziniere. Piscinèn, brût, ma con un grande cuore. Infaticabile, specialmente nel non trovare cose sistemate nei container qualche minuto prima. Compagno anche nella mia esperienza a L’Aquila. Ottimo. Giovanni Alberti, addetto al retro cucina. Una scoperta che mi ha lasciato un bellissimo ricordo (mai dare retta ai maligni). Rivalutazione personale totale. Ottimo. Rocco Rinaldi, addetto al retro cucina. Un personaggio di altri tempi, gran lavoratore, poche parole ma molti fatti. Un’altra scoperta. Ottimo. Luca Vianello, jolly. Giovane con molta voglia e molte idee. Deve solo scegliere e maturare, per il bene suo e della nostra P. C. Ottimo. Giovanni Paolo Oggioni, aiuto cucina. Come sempre ci mette tanto. Il giudizio però lo lascio ai miei compagni. Spero comunque bene, sarebbe un successo per tutti. È Domenica pomeriggio, il nostro turno al campo è terminato, torniamo stanchi alle nostre famiglie, sicuri però di aver dato tanto a questa comunità, ai tanti personaggi che in questa settimana abbiamo avuto al nostro fianco. Qualcuno di loro ci ricorderà ancora per molto tempo. Volgiamo lo sguardo per l’ultima volta al saluto dei tanti bambini con un grande rammarico nel cuore. A loro abbiamo dedicato tanta attenzione, specialmente nella distribuzione dei cibi del loro continuo e incessante chiedere. Peccato che alla fine della fila qualcun’altro intervenisse a togliere e a cambiare quello che per noi era il meglio e il più adatto. La ragione è solo una: il credo del padre (religione). Arrabbiato, ma mi adeguo. Del resto non posso biasimarli, è la loro cultura, il loro credo. Come posso io fargli cambiare idea, immaginando che qualcuno voglia un giorno cambiare la mia? Siamo sulla strada che porta al casello Autostradale, per la prima volta vediamo e tocchiamo con mano gli effetti del terremoto. Tante abitazioni, tanti caseifici, tante forme di formaggio ancora giacenti per terra: che desolazione. Siamo rimasti per una settimana “rinchiusi” in quel centro sportivo, non abbiamo potuto vedere la tragedia esterna al campo, ma adesso è proprio lampante. Una grande tragedia, un terribile disastro. Rassegniamoci ma non demordiamo. Siamo riusciti a far volare L’Aquila, riusciremo anche questa volta ad uscire da questa catastrofe, come sempre, con grande coraggio e voglia di fare.