7 3 LIBERTÀ RELIGIOSA INTERVISTA CON WILLER BORDON Nel mondo si muore ancora a causa della fede. La mappa delle persecuzioni nel sesto rapporto dell’associazione Aiuto alla Chiesa che soffre 9 771722 205202 40703 ALVPLQGBcafcacA CSDEDLDODH Il proporzionale? Sarebbe un ritorno al passato. Alla palude dalla quale siamo usciti col maggioritario e il bipolarismo S A B AT O 3 L U G L I O 2004 www.europaquotidiano.it Una stangata I N F O R M A Z I O N 1 E A N A L I S I SPEDIZIONE IN ABBONAMENTO POSTALE, ART.2, COMMA20/B LEGGE 662/96 - ROMA Tremonti alle corde, ma ora la crisi investe anche la Rai NATALE D’AMICO Da An l’ultimo attacco, il ministro va via? E l’Udc vuole la testa di Cattaneo elle concitate ore che hanno preceduto il consiglio dei ministri che oggi deve approvare una manovra contenente i tagli di spesa necessari per evitare che lunedì la riunione dell’Ecofin a Bruxelles si risolva in un processo all’Italia, tutto appare incerto. A cominciare dalla posizione di Tremonti. In questo clima di emergenza ci limitiamo a considerare due dati di partenza delle questioni in discussione. Entrambi inficiano il progetto costruito dal governo. Il primo è che il fabbisogno dello Stato è peggiorato di oltre il 50 per cento nei primi sei mesi di quest’anno. Tant’è che il governo parla di una manovra di circa 7 miliardi e mezzo di euro, che dovrebbero essere prodotti in sei mesi. Ciò significa che, su base annua, la manovra vale 15 miliardi di euro. Si tratta di 30 mila miliardi delle vecchie lire. Vuol dire, fuor di retorica, che siamo tornati ai decretoni degli anni Settanta. Passate le elezioni, dunque, il governo riconosce che la situazione è tragica e mette in atto una manovra molto grande. Si dice sicuro di rispettare così il famoso rapporto del 3 per cento del deficit sul pil. Ma credo che non basti. Tornando infatti al fabbisogno dello Stato, non possiamo fingere di non sapere che esso è aumentato di 13 miliardi di euro nei primi sei mesi dell’anno, rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Se è così, la manovra odierna non riporta il fabbisogno nemmeno al livello dello scorso anno. E dunque tanto meno contiene le risorse per la riduzione delle tasse. Il governo, se vorrà ridurre le tasse, dovrà fare un’altra manovra. Di cui non c’è traccia. La seconda questione è la qualità della manovra. Essa prevede tagli alle spese di circa 5,5 miliardi di euro. Gli altri due miliardi sono operazioni finanziarie: cioè trucchi alla Tremonti. Come intende procedere il governo? Per circa l’80 per cento, i tagli sono riferiti a spese di investimento: Ferrovie, Anas, investimenti diretti dei ministeri. Gli altri saranno tagli agli aiuti finora concessi agli investimenti privati. In conclusione: la manovra riduce la quota di spesa pubblica che avrebbe dovuto finanziare investimenti pubblici e privati. Restano i tagli alla spesa corrente delle pubbliche amministrazioni. Ma in larga misura qui il provvedimento si riduce a puro e semplice rinvio delle spese. Così si peggiorano i conti dell’anno prossimo, sui quali tutti gli osservatori, dalla Banca centrale europea alla Banca d’Italia, esprimono previsioni preoccupate e preoccupanti. Sic transit gloria mundi, così finiscono le promesse. Ed è avventuroso a questo punto anche azzardare consigli, prima di aver conosciuto dai medici curanti tutti i dati della malattia e le condizioni vere del malato. N na serata drammatica al termine di una giornata convulsa. Quella che, secondo i boatos che ieri sera scuotevano i palazzi della politica, potrebbe anche esser stata una delle ultime giornate di Tremonti come ministro dell’economia. Lui non vuole andarsene spontaneamente, ma l’alternativa è la caduta del governo. Lo scenario più inverosimile si è materializzato tra una dichiarazione di guerra di Fini U la mattina e un violento incontro tra An e Berlusconi, a palazzo Grazioli, nel pomeriggio. Ieri sera, quando mancavano pochi minuti al vertice di maggioranza, la tensione tra An e il ministro dell’economia era irrecuperabile. Fini è arrivato ad accusare Tremonti di truccare i conti pubblici e ha minacciato di uscire oggi dal consiglio dei ministri, non votando la stangata che dovrebbe evitare all’Italia le penalità della Ue. Ma la sensazione dello sfascio (che porta Fassino ad annunciare: «Siamo pronti a governare anche da domani») viene anche dal fronte che improvvisamente l’Udc ha aperto sulla Rai con la richiesta di azzerare il consiglio d’amministrazione e rinominarlo con le nuove regole. La mossa ha spiazzato tutti gli alleati ed è stata colta dal centrosinistra: voterà con l’Udc per mandare a casa Cattaneo. DA PAGINA 4 A PAGINA 6 L’ E U R O P A D E L S A B AT O 8 DIALOGHI LA FOTO DELLA SETTIMANA Milano, un laboratorio per il futuro? L’esito delle provinciali ha riportato la capitale del nord al centro del dibattito nazionale. In passato Milano è sempre stata il laboratorio del futuro. È ancora così? Aldo Bonomi ne parla con Massimo Ferlini, vicepresidente della Compagnia delle opere. 10 CULTURA Il fantasma di Saddam Hussein. L’ex dittatore iracheno è tornato alla ribalta e l’occasione è stata l’udienza preliminare di giovedì scorso a Bagdad. Con le sue parole, il raìs ha provocato America, dalla frontiera al consenso una nuova bufera nel mondo arabo: i kuwaitiani hanno chiesto che venga condannato a morte e l’Iran Un agile libretto, Sogni, paure e presidenti, di Matteo Sanfilippo sarà un vademecum utile per affrontare le prossime elezioni americane. L’autore ricostruisce la storia del paese attraverso i suoi presidenti. Ne parla Filippo La Porta. si è detto indignato per l’omissione tra i capi d’accusa della dichiarazione di guerra nel 1980. Colin Powell ha assicurato che il processo rispetterà la presunzione di innocenza, ma centinaia di sunniti sono scesi in piazza per contestare la legittimità del tribunale iracheno. E difendere il loro leader. (Reuters) La scomparsa di un grande attore Lo sfratto Il mistero Marlon Brando «Caccia Giulio, manda FabriCALLISTO COSULICH zio a New York, Clemente a Rai1, Angela al Tg1, e per Folli- consigliori del settimo piano gli avevano garantito che la soluzione era a prova di bomba. Anche l’indeciso Rumi si sarebbe infine deciso. Li cambi, da oggi si fidi solo di Marzullo. II • N°135 • el 1977, pochi giorni prima di morire, Roberto Rossellini resse la presidenza della giuria del Festival di Cannes. Eravamo abbastanza amici per chiedergli, poco prima del verdetto, quale fosse il suo orientamento sugli attori da premiare. Ci rispose che non ne aveva, che sugli attori lasciava liberi di decidere gli altri giurati, che lui, di attori, non ci aveva mai capito niente. Ci pareva paradossale che non capisse niente di attori un regista che aveva diretto Anna Magnani e Ingrid Bergman nelle loro migliori interpretazioni. Tanto è vero che rimanemmo con l’idea che egli avesse semplicemente improvvisato una battuta. Eppure la presunta battuta ci è tor- N € 1,00 Brogli? Intervenga l’Onu a denunciato manipolazioni comuniste, ha parlato di brogli elettorali, il nostro cattivo perdente presidente. Ma perché non ha invocato, prima del voto, l’intervento dell’Onu a vigilare sui seggi? Che lo faccia la prossima volta, quando davvero la sua poltrona sarà a rischio. Roba da paesi del Terzo mondo, da nazioni che muovono i primi passi nella democrazia? Neppure per sogno. In America, a novembre, in un seggio della Florida piuttosto che in un seggio del Massachusetts, potrebbero aggirarsi compunti osservatori delle Nazioni Unite. A vigilare che tutto si svolga regolarmente, a monitorare presidenziali che, anche questa volta, potrebbero essere decise da un pugno di voti. E se quattro anni fa, nello stato governato dal fratello Jeb, George W. riuscì a scippare clamorosamente una vittoria che il voto popolare aveva già assegnato al democratico Al Gore, il 2 novembre potrebbero esserci gli inviati di Kofi Annan a scoraggiare tentativi di manipolazione dei risultati. Fantapolitica? No. Il segretario generale della Nazioni Unite dovrà dare risposta, se non altro per educazione, alla richiesta formale avanzata da nove membri della House of Representatives, perché invii propri rappresentanti per «assicurare libere ed eque elezioni America» e scongiurare contenziosi sul conteggio dei voti, come avvenne nel 2000. «Come legislatori – scrivono i nove deputati – dobbiamo assicurare il popolo americano che la nostra nazione non sperimenterà l’incubo delle elezioni presidenziali del 2000». Eddie Bernice Johnson, portavoce del drappello parlamentare, sottolinea che «questo è il primo passo per garantire che la storia non si ripeta». La richiesta, ricorda la deputata, è molto semplice: l’Onu «dispieghi propri osservatori elettorali attraverso gli Stati Uniti» per controllare il voto del 2 novembre. Non sappiamo come sia stata accolta al Palazzo di Vetro la richiesta. Di sicuro in America non è stata considerata per niente bizzarra o estemporanea. La ferita democratica della Florida è ancora viva. Altri quattro anni con Bush, per giunta con un replay degli imbrogli di quattro anni fa, valgono bene l’intervento delle Nazioni Unite. Anche perché è una vicenda che non riguarda solo gli elettori americani. H Chiuso in redazione alle 20,30 R O B I N ce lo stralunato Cattaneo. I suoi N N O Il governo sta precipitando, neanche un sacrificio all’Economia può salvare Berlusconi (insufficiente) anni Settanta ni è scacco matto». Non si dà pa- A nata in mente alla notizia della scomparsa di Marlon Brando. Che cosa sappiamo realmente di Marlon Brando, nonostante mezzo secolo di tam tam mediatico sulla sua figura? Che cosa ne hanno capito i registi, che lo hanno diretto (o sono stati ai suoi ordini)? Lo stesso Elia Kazan, il regista che più di ogni altro lo ha diretto, si è arreso di fronte al mistero: «Brando è molto segreto, non si sa come ottiene questi risultati». Più o meno allo stesso modo si sono espressi i registi italiani, Pontecorvo e Bertolucci, che lo hanno diretto in anni successivi, quando l’attore aveva già raggiunto l’età matura, diradando sempre più i propri impegni di lavoro; quando i cronisti malevoli già parlavano del suo tramonto. Brando, infatti, faceva parte della triade di attori, che avevano dominato l’O- limpo hollywoodiano degli anni ‘50: lui, James Dean e Montgomery Clift, tutti e tre usciti dall’Actor’s Studio, scesi in California a portarvi il verbo del “Metodo”. Dean e Clift erano morti prematuramente; Brando era incappato in qualche infortunio col box-office. Ma bastarono Ultimo tango e Il padrino, due grandi registi, come Bertolucci e Coppola, a restituirgli la popolarità che gli spettava, una popolarità che in seguito non gli venne mai meno, sebbene amasse fare quasi delle comparsate, sebbene provasse quasi piacere a presentarsi col fisico sfasciato. Anzi, il rifiutarsi ai riflettori dei media pareva aumentare la curiosità sul suo conto. Per finire con una conclusione per forza di cose schematica, Brando, come nessun altro attore, è riuscito a esprimersi contemporaneamente col corpo e con l’anima: essere e recitare.