FULVIO GROSSO
Il CAMMINO
di
SANTIAGO
PICCOLA-GUIDA-RAGIONATA
al Cammino Francese
ValDan
Copyright
Titolo del libro: Il Cammino di Santiago. Piccola Guida Ragionata
Autore: Fulvio Grosso
© 2011, Fulvio Grosso
www.fulgro.altervista.org
Cinque anatre andavano a sud,
forse una soltanto vedremo arrivare,
ma quel suo volo certo vuole dire
che bisognava volare,
che bisognava volare.
(F. Guccini)
Prefazione
Perché una nuova guida? Ce ne sono già tante
in giro, cosa può aggiungere questa alle
precedenti? Forse nulla, ma mi sono accorto
che quando ho intrapreso l’avventura del
Cammino ho dovuto documentarmi leggendo
guide, articoli e siti internet. Alla fine sono
partito con una serie di fogli che ho tratto da
diverse fonti e che mi sono serviti per
destreggiarmi tra problemi pratici, indicazioni
varie e geografiche. Per cui ho pensato ad una
piccola guida che potesse mettere in
condizione, chiunque volesse, di trovare tutte le
indicazioni che possono servire per partire con
cognizione di causa. Non troverete foto (le
potrete vedere sul mio sito internet
www.fulgro.altervista.org, se lo desiderate), né
cartine (vi consiglio una carta preparata dalla
Michelin, denominata proprio “il Cammino di
Santiago”, veramente ben fatta, formato
“libretto”; con informazioni essenziali: rifugi,
hotel, ristoranti, farmacie e fontane. Con
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indicazione dei chilometri percorsi e quelli da
percorre e, molto importante, l’altimetria).
A chi è indirizzata questa guida? A tutti coloro
che vogliono saperne qualcosa di più sul
Cammino di Santiago e a quelle persone che
intendono provarci. E’ indirizzata poi a quelle
persone che fanno una vita normale di lavoro o
di studio, che conducono una vita non proprio
sedentaria, ma non certo sportiva (io ho fatto
un lavoro impiegatizio tutta la vita) e non
sanno se questa avventura sia alla loro portata o
meno.
Qui troverete informazioni su ciò che vi aspetta
sul Cammino e i link e i siti internet per
approfondire ciò che più vi interessa o è utile.
Ovviamente non si può prescindere dal
conoscere gli aspetti più caratteristici che
contraddistinguono il Cammino di Santiago.
Questa guida è divisa in tre parti: una prima
parte generica, dove si tratta della storia, della
preparazione e di alcuni consigli pratici.
La seconda è un diario che ho redatto durante il
mio Cammino personale; con questo si può
avere un’idea della vita e degli incontri che si
fanno durante questa esperienza.
La terza è una proposta per affrontare il
Cammino in 30 tappe.
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Il Cammino di Santiago
piccola guida ragionata
STORIA / LEGGENDA
San Giacomo (Sant Jago in spagnolo) era uno
dei dodici apostoli, figlio di Zebedeo e Salomè,
nato a Betsaida, fratello di Giovanni
l’evangelista. Secondo i vangeli i due fratelli
erano a pescare sul lago Tiberiade quando
Gesù li chiamò con se. Giacomo rimase con
Gesù durante tutta la sua predicazione e alcuni
episodi dimostrano come fosse uno degli
apostoli più vicini a Gesù. Con Pietro fu
testimone della trasfigurazione di Gesù. Ed era
ancora con lui nell’orto del Getsemani. Subì il
martirio a Gerusalemme dove fu decapitato per
ordine del re Erode Agrippa. Dopo la
decapitazione i suoi discepoli, secondo la
Legenda Aurea, si impadronirono del corpo e
lo traslarono fino nella regione spagnola della
Galizia dove, pare, il santo si fosse recato per
predicare il Vangelo. Qui seppellirono
l’apostolo in un luogo nascosto. Secondo la
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tradizione, un anacoreta di nome Pelayo,
nell’814, in un campo vicino alla città di Iria
Flavia (ora Padron), vide, una notte, delle stelle
cadenti che illuminavano un punto preciso (da
qui il nome di Compostella – Campus-stellae).
Il vescovo Teodomiro si recò sul luogo, dove si
trovavano i resti di una necropoli di epoca
romana, e in una piccola costruzione, secondo
quanto viene tramandato, rinvenne la tomba
dell’Apostolo Giacomo. Da quel momento la
tomba dell’Apostolo Giacomo fu meta di un
pellegrinaggio continuo che ebbe un enorme
sviluppo nel medioevo ma che si è tramandato
sino ai giorni nostri.
Nel luogo del ritrovamento del corpo
dell’Apostolo, Alfonso II fece costruire una
prima chiesa che però risultò subito troppo
piccola e nell’872 Alfonso III fece erigere una
basilica. Dopo la distruzione di Santiago nel
997, ad opera del comandante musulmano
Almanzor (che però risparmiò i resti del santo),
nel 1075 si cominciò a costruire una nuova
basilica. Al maestro Mateo, autore del Portico
della Gloria, nel 1168 fu affidato l’incarico di
concludere i lavori e la cattedrale fu consacrata
nel 1211.
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Purtroppo vi sono altre leggende legate al
nome di Santiago: una leggenda, cara agli
spagnoli, narra che nell’anno 840, dopo che la
Spagna era stata conquistata dai mussulmani.
Gli spagnoli iniziarono la “reconquista” e
durante la battaglia di Clavjio alla testa delle
truppe degli spagnoli apparve un cavaliere, che
tutti riconobbero come l’Apostolo Giacomo.
San Giacomo, su un cavallo bianco lanciò la
carica contro i nemici uccidendoli in grande
quantità. E fu ancora vista questa figura
durante la riconquista di Coimbra nel 1064; da
qui l’appellativo di “matamoros.
Ho scritto prima “purtroppo” perché non credo
che a nessun santo, e tantomeno ad un
apostolo, possa far piacere di essere ricordato
come uccisore di qualcuno, (anche se parliamo
di una persona che, al momento dei fatti, era
morta da più di ottocento anni!), ma questa è la
leggenda.
IL CAMMINO DI SANTIAGO
Come si è detto dal momento del ritrovamento
del corpo di San Giacomo, Santiago divenne
una delle tre mete di pellegrinaggio per i
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cristiani, essendo la seconda città ad avere le
spoglie mortali di un apostolo. Roma con la via
Francigena e Gerusalemme, raggiungibile da
Brindisi via mare, erano le atre due. I pellegrini
nei primi tempi seguivano le strade consolari
romane. Il continuo passaggio di persone
provenienti da varie parti d’Europa e da
tradizioni profondamente diverse ha permesso
alle diverse culture europee di venire in
contatto
influenzansi
vicendevolmente.
Secondo Goethe “la coscienza d’Europa è nata
sulle vie del pellegrinaggio”.
A seconda della provenienza, le vie verso
Santiago hanno preso diverse denominazioni:
- La via Tolosana, per chi proveniva dal
centro/sud Italia attraverso Arles e Tolosa
attraversando i Pirenei al passo di Somport.
- La via Podense, da Lione e Le Puy-en-Velay
che passava i Pirenei a Roncisvalle
- La via Lemovicense, da Vezelay per
Roncisvalle
- La via Turonense, da Tours per Roncisvalle,
su cui confluivano i pellegrini provenienti dalla
Germania, dai Paesi Bassi e dall’Inghilterra.
Il cammino che passa da Roncisvalle è
chiamato Camino Frances, mentre quello
proveniente da Somport Camino Aragones.
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Vi sono poi le strade che portano dal sud della
Spagna e dal Portogallo.
Quasi tutte le strade si ricongiungono a Puente
la Reina.
In questa guida ci soffermiamo sul Cammino
Francese perché è il più frequentato ed è
certamente quello che mi sento di consigliare.
Sono stati scritti numerosi libri, trattati e guide
sul Cammino, ma il primo trattato, e il più
illustre, è il Liber Sancti Jacobi, scritto intorno
al 1260. Si tratta di un insieme di testi in gloria
di San Giacomo, attribuito dalla tradizione a
Papa Callisto II ed è più conosciuto con il
nome di Codex Calixtinus.
Il Codex è diviso in cinque parti:
1. Anthologia liturgica (himni et homiliae): il
primo volume del Liber è dedicato alla
liturgia del culto.
2. De miraculis Sancti Iacobi: finalizzato alla
devozione del santo, che è stata per secoli
la molla principale al pellegrinaggio.
3. Liber de translatione: in cui si spiega come
il corpo sia arrivato in Galizia.
4. Historia Karoli Magni et Rotholandi: noto
con il titolo di Historia Turpini in quanto
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attribuito a Turpino arcivescovo di Reims.
E’ il libro più conosciuto in quanto in
Europa fu molto di moda il “ciclo
carolingio”, e narra delle gesta di Carlo
Magno.
5. Iter pro peregrinis ad Compostellam: scritto
da un frate di nome Aimery Picaud. Si
tratta della prima vera guida al Cammino di
Santiago, con le indicazioni di tappe, rifugi,
ospedali e stazioni per il cambio dei cavalli.
Sono indicati i luoghi da attraversare ed in
alcuni casi i pericoli che si possono
incontrare.
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Notizie utili e non
PERCHE’ FARE IL CAMMINO?
Questa domanda ve la sentirete porre
innumerevoli volte dal momento in cui
deciderete di intraprendere questo percorso.
Nel medioevo si partiva con uno spirito
religioso che doveva essere veramente radicato,
se si pensa ai pericoli che si potevano correre;
al tempo che si impiegava, perché queste
persone partivano da casa propria a piedi per
arrivare dopo mesi a Santiago e impiegavano
altrettanti mesi per tornare a casa. A noi le cose
sono alquanto facilitate, quasi nessuno parte da
casa propria, ma inizia il Cammino chi a 800
chi a 500 chi a 100 chilometri dalla meta e
torna a casa col treno o con l’aereo. Ho
incontrato persone che erano partite da casa, un
olandese per esempio e uno svizzero, più
numerosi quelli partiti dal centro della Francia
(Puy en Velay), rari quelli che fanno anche il
ritorno, ma ci sono.
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Il problema è che non c’è una risposta unica
alla domanda iniziale. Alcuni fanno il
Cammino per motivi religiosi. Ognuno ha una
sua motivazione personale; molto spesso,
parlando durante il Cammino di questo
argomento con altri pellegrini, non c’è neppure
una risposta. Tutte le persone con cui ho
parlato, da qualsiasi nazione provenissero, non
avevano una motivazione chiara, ma avevano
la certezza che era ciò che desideravano fare.
Per quanto mi riguarda posso dire che prima di
partire avevo la certezza che dovevo fare
questa esperienza e una volta terminato il
Cammino ho avuto la conferma che bisognava
farlo.
DA DOVE SI PARTE - IL VIAGGIO
Il Cammino non è una gara, nessuno
controllerà il tuo percorso né il tempo che hai
impiegato. Nessuno sindacherà sulla tua
decisione di partire da un punto piuttosto che
da un altro. Tutto dipende da te, dalla tua
voglia e dal tempo che puoi dedicare a questa
tua decisione.
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Il Cammino che prendiamo in considerazione
in questa guida è quello detto “Francese”, è il
Cammino che storicamente veniva percorso
dalle genti di tutta Europa ad esclusione di
quasi tutti gli spagnoli e i portoghesi per ovvi
motivi geografici.
Il Cammino francese è il più frequentato ed è
anche quello con le maggiori strutture dedicate
ai pellegrini che lo percorrono.
L’inizio di questo cammino è a Saint Jean Pied
de Port, un piccolo paese della regione Basca
francese. Molti preferiscono partire da
Roncesvalles (Roncisvalle), perché temono la
prima tappa in quanto è veramente una delle
più dure (anche se, come si vedrà in questa
guida, è possibile, se lo si desidera, affrontarla
senza troppi problemi). Partendo dalla Francia
il Cammino è lungo circa 800 Km. Ho scritto
“circa” perché lungo il cammino vi sono
diverse varianti che possono allungare più o
meno le distanze.
Come detto più sopra, ovviamente si può
partire da dove si vuole; c’è chi parte da
Burgos, chi da Leon. La maggior parte di
coloro che lo percorrono, parte da Sarria che è
a circa 120 km da Santiago; questo per poter
ricevere, all’arrivo, la Compostella.
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Per arrivare a Saint Jean Pied de Port quasi
tutti preferiscono prendere il treno che passa da
Ventimiglia fino a Nizza e di qui un treno che
porta a Bajonne ed infine un altro, per l’ultimo
tratto, fino a Saint Jean. In inverno però non vi
sono gli stessi collegamenti, per cui bisognerà
fare un tragitto con vari treni. Oppure prendere
un aereo per Pau e di lì il treno. O ancora un
aereo per Saragozza e di lì, con vari pullman, si
può arrivare a Roncisvalle e da qui, in taxi fino
a Saint Jean Pied de Port.
Per quanto riguarda le linee ferroviarie e gli
orari,
interessante
è
il
sito
www.trenoproblem.it in cui trovate tutte le
indicazioni sui treni in Europa, linee e orari.
Purtroppo nessun sito vi saprà dare il prezzo
della tratta che desiderate percorrere.
Sappiate che il treno è il mezzo più caro sia per
arrivare in Spagna che per muoversi
all’interno. Se cercate bene potrete trovare un
passaggio aereo a basso costo.
Il modo meno caro per viaggiare in Spagna è
l’autobus, vi è una rete di linee che vi portano
ovunque. Se dovete raggiungere una località
intermedia del Cammino vi sarà indispensabile
usarne uno. Per questo è utile consultare i
seguenti
siti:
www.alsa.es
–
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www.autobusesjimenez.com
www.movelia.es –– www.turgalicia.es www.vibasa.es.
Se pensate di partire da un punto intermedio
del Cammino è consigliabile, per coloro che
vivono nel nord Italia, il nuovo collegamento
Ryanair tra Bergamo e Santiago, per poi
tornare indietro con un pullman fino al punto in
cui si è deciso di iniziare il cammino.
Le stesse considerazioni si devono fare per il
ritorno. Se si è scelta la Ryanair per il ritorno si
dovrà fare il check-in online (per evitare di
pagare 40 € di supplemento) non prima di
quindici giorni prima del volo, per cui non lo
potete fare a casa, potrete invece farlo negli
albergue in cui spesso vi è internet, a volte
libero, a volte a pagamento.
Tenete presente che a Bergamo Don Lucio
Donghi, che dirige la Casa del Giovane, mette
a disposizione uno spazio di accoglienza,
riposo e ristoro per i pellegrini che devono
partire o che atterrano in quell’aeroporto (il
volo da Santiago arriva alle ore 23) in attesa
della coincidenza per il giorno successivo.
Nello spirito del Cammino un’offerta e una
preghiera saranno sufficienti. Per contattare il
gentile sacerdote [email protected] .
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QUANDO FARE IL CAMMINO
Il Cammino si può fare in qualsiasi momento
dell’anno. Ovviamente la data della partenza
dipende solo da chi parte, dalla disponibilità di
scelta della data e dal tempo che ha a
disposizione.
E’ ovvio che nei mesi di giugno, luglio, agosto
e settembre troverà molta gente (tenete conto
che in certi anni vi sono più di 250.000 persone
che arrivano a Santiago dopo aver effettuato il
pellegrinaggio). Si aggiunga che, com’è ovvio,
d’estate fa molto caldo, anche se per quasi tre
quarti del tragitto il caldo è solitamente secco,
mentre l’ultima parte del Cammino, quella più
vicina all’Atlantico, è più umida. Si dovrà
perciò partire molto presto al mattino per poter
arrivare a fine tappa il più presto possibile,
onde evitare di viaggiare nelle ore più calde. E’
altresì ovvio che si ha meno probabilità di
prendere pioggia.
D’estate sono aperte tutte le strutture ricettive
dedicate ai pellegrini, per cui c’è molta
disponibilità di posti ma anche molto
affollamento e a volte si è costretti a girare per
trovare un posto in cui dormire, oppure è
necessario dormire in qualche luogo di fortuna.
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Negli altri mesi dell’anno vi sono meno
pellegrini sul Cammino, si può camminare per
giornate intere senza vedere nessuno e anche
trovarsi soli negli albergue. Bisogna tenere
conto che molte strutture sono chiuse e che non
sempre si sceglie dove dormire o dove
mangiare, ma semplicemente si va nell’unico
posto aperto. Il tempo è quello che è, si può
trovare molta pioggia e, in qualche caso, anche
neve, ma anche belle giornate di sole. A
differenza che in estate, al mattino non è
necessario partire troppo presto perché si può
tranquillamente camminare per tutto il giorno e
non c’è pericolo di non trovare un posto per
dormire (sempre che vi siate accertati
preventivamente che nel luogo dove intendete
fermarvi vi sia un alloggio).
COME PREPARARSI AL CAMMINO
Abbiamo detto che tutti possono affrontare
questa avventura, che è un pellegrinaggio, ma
essendo una lunga camminata di vari giorni è
necessario prepararsi adeguatamente in modo
da poter partire con una certa tranquillità. Se
non si è degli atleti, è necessario fare un
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minimo
di
allenamento
iniziando
gradatamente, possibilmente almeno due mesi
prima, ma se possibile anche prima. Trovate un
tracciato vicino a casa vostra che vi permetta di
camminare su sterrato, se c’è anche della salita
è meglio. Iniziate camminando un’ora al
giorno, per poi passare a due, fino ad arrivare a
fare quattro ore senza sforzo. Mantenete
nell’ultimo mese un costante allenamento di
almeno tre ore giornaliere. Se potete fate
qualche gita lunga, ma non sforzatevi a fare ciò
che farete nei giorni del Cammino; a mio
parere non è utile stancarsi troppo, si avrà tutto
il tempo per soffrire e non è il caso di
anticiparne l’occasione. Bisogna comunque
sapere che l’allenamento non è paragonabile
allo sforzo che si fa durante i giorni del
pellegrinaggio. Infatti non è usuale fare dai 20
ai 30 chilometri al giorno, per molti giorni
consecutivi, e solo la volontà di andare avanti
permette di proseguire. Se qualcuno fosse
obbligato, certamente troverebbe il modo di
mollare. Il semplice fatto che il Cammino
dipende dalla nostra volontà fa sì che sia
possibile e alla fine fattibile.
Trovate il vostro passo che vi deve portare, in
linea di massima, a fare 4 km all’ora; questo è
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un passo congruo per poter fare tutto il tragitto
in un tempo accettabile. Cercate di avere
un’andatura costante senza accelerazioni.
Questo deve valere per l’allenamento, ma
soprattutto durante il Cammino. Se si cammina
con qualcuno sarà quello che va più veloce che
si adegua al passo di chi va più piano, non
viceversa. Cercare di tenere il passo di chi va
più forte può precludere la vostra possibilità di
arrivare fino in fondo.
Va da sé che l’allenamento deve essere fatto
con l’attrezzatura che si userà in seguito, per
prima cosa le scarpe e le calze, poi gli
indumenti ed infine provate anche lo zaino
carico.
La preparazione deve essere fisica, ma è bene
oltre all’allenamento avere una conoscenza,
almeno parziale, di ciò che vi aspetta. Ho
conosciuto persone sul cammino che
dichiaravano di essere partite da casa senza
sapere cosa li aspettava, non avevano idea di
quale fosse il tragitto che avrebbero percorso,
non conoscevano i luoghi che avrebbero
attraversato, non sapevano quale fosse la meta
della tappa successiva. Questo può andare bene
per chi non ha limiti di tempo e quindi può
decidere di fare tappe di chilometraggi vari,
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senza una chiara idea di quando arriverà a
Santiago.
Se, invece, si ha un tempo non illimitato,
bisogna programmare il viaggio e prevedere
tappe fattibili da chi ha deciso di partire. E’
necessario valutare che vi sono tratti in cui per
15/18 Km non vi sono paesi né luoghi in cui
fermarsi, per cui bisogna preparare il proprio
Cammino in modo da poter arrivare a Santiago
nel tempo che ci si è prefissati.
Sarà utile leggere resoconti di chi ha già fatto il
Cammino, specialmente quelli fatti nel periodo
in cui si presume di partire: in questi racconti si
può capire quali difficoltà, dovute al tempo o
all’afflusso di pellegrini, si incontreranno.
Potete trovare vari diari su questo argomento
nel sito www.pellegrinando.it nella pagina
“contributi dei pellegrini”.
Per chi avesse problemi di schiena che
sconsigliassero il peso dello zaino per lunghi
tragitti, si sappia che è possibile usufruire di un
servizio di trasporto zaini tra una località e
l’altra, permettendo quindi l’opportunità di
affrontare il Cammino senza pesi sulle spalle.
Va da sé che questa opportunità va considerata
solo per coloro che hanno problemi; quando si
cammina verso Santiago, è motivo d’orgoglio
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lo zaino sulle spalle con legata la conchiglia
che vi contraddistingue quale pellegrino. E
utile anche sapere che in qualsiasi località, per
ogni evenienza, è possibile chiamare un taxi e
farsi portare al luogo che si desidera
raggiungere. Questi sono servizi che sono nati
proprio per aiutare i pellegrini in difficoltà
CON CHI FARE IL CAMMINO
Molte persone credono che sia assolutamente
indispensabile andare verso Santiago in
compagnia di qualcuno, amico, conoscente o
anche semplicemente con un interlocutore
trovato su internet. Molte donne, ma anche
molti uomini, temono di affrontare da sole
questa esperienza.
Per prima cosa si deve chiarire che di pericoli
lungo il Cammino non ce ne sono, se non si
pensa al pericolo di attraversare una strada o di
inciampare in uno scalino, cosa che può
capitare sotto casa. Si tenga conto che, come
dice una canzone di Jovanotti “Io lo so che non
sono solo anche quando sono solo”, lungo il
cammino non si è mai soli, anche se spesso si
ha questa sensazione. Anche quando
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all’orizzonte o dietro di te non c’è nessuno, se
ti fermi, prima o poi arriverà certamente un
pellegrino che ti sorriderà.
Io ho fatto il Cammino quasi tutto da solo. Ho
visto molte persone, sia donne che uomini, che
camminavano in solitaria. Ho incontrato anche
gruppi di due persone, donne, uomini o misti.
Ho visto molti aggregarsi durante il viaggio in
tre o quattro e proseguire insieme. A volte si
cammina a gruppi chiacchierando e a volte si
incontrano gruppi di giovani che rallegrano il
tragitto.
Ho incontrato, conosciuto e fatto amicizia con
persone provenienti da ogni parte del mondo e,
quando dico ciò, non sto amplificando i miei
ricordi! Vi basti sapere che ho avuto contatti
con pellegrini provenienti da Francia,
Germania, Olanda, Belgio, Finlandia, Svezia,
Repubblica Ceca, Danimarca, Norvegia,
Austria, Svizzera, Grecia, Portogallo, Canada,
Stati Uniti (Alaska, California), Corea.
Naturalmente ho incontrato anche italiani,
molti spagnoli e altri ancora.
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COME SI VIVE SUL CAMMINO
La mattina vi è fin, dalle prime ore del giorno,
un certo movimento nel rifugio in cui si dorme.
Chi parte molto presto è pregato di cercare di
fare il minor rumore possibile; è già possibile
che qualche “roncador” (russatore) abbia
disturbato il sonno di tutti durante la notte,
quindi abbiate riguardo verso coloro che
intendono partire un po’ più tardi. Si fa
colazione (se l’albergue la offre o se ci si è
premuniti per prepararsela), poi in strada, per
iniziare una giornata di cammino! In estate si
cammina fino alla meta prefissata cercando di
raggiungerla prima che faccia troppo caldo,
mangiando magari un panino che ci si è
preparati o acquistandolo in uno dei numerosi
bar che sono lì ad allettarvi. Nelle altre stagioni
in cui si può viaggiare tutto il giorno si parte
con più calma e ci si ferma per uno spuntino a
metà giornata, per poi proseguire sino alla meta
del giorno. Se si ha l’esigenza di nutrirsi ad ore
stabilite è bene acquistare preventivamente il
cibo, magari la sera prima: è possibile che
molti esercizi siano chiusi in bassa stagione,
specialmente la domenica.
25
Arrivati all’albergue, ci si registra facendosi
mettere il sello (timbro) sulla credencial, si
paga il dovuto e si prende possesso del
giaciglio assegnato. Poi non può mancare una
doccia e appena dopo si passa al lavaggio degli
indumenti che necessitano di una ripulita.
Dopo aver steso (o fatto asciugare la roba
nell’asciugatora), finalmente si ha un po’ di
tempo per sè. Se si è in un luogo interessante
da visitare non si può perdere l’occasione per
un giro nel centro storico, una visita alla
cattedrale o ai maggiori monumenti.
Ovviamente compatibilmente con la stanchezza
accumulata e con l’andatura tipica dei
pellegrini a zonzo, che è quella di persone che
sembrano camminare sulle uova….
Quasi tutti partono da casa con un quaderno su
cui segnare le impressioni di viaggio ed è nei
momenti trascorsi nei rifugi che si ha il tempo
di scrivere.
A sera si può cenare usufruendo della cucina
dell’albergue (dove c’è e dove vi sono le
attrezzature), oppure si può andare nei locali
quasi sempre vicini dove vi sarà proposto il
“menù del dia” o “del peregrino”, in genere un
pasto abbondante per ripristinare le energie
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perdute ad un prezzo che è quasi ovunque lo
stesso (10 € - dati 2011).
Ritornati dalla cena, la maggior parte dei
pellegrini si butta su un letto e si addormenta di
botto in attesa di una nuova giornata.
DOVE DORMIRE
Per i pellegrini vi sono una serie di possibilità:
la prima è quella degli “ALBERGUE”, di
strutture ad uso esclusivo dei pellegrini con
Credential, poi vi sono gli hostal e ovviamente
gli hotel e gli alberghi veri e propri.
Gli Albergue possono essere pubblici o privati.
Questi rifugi offrono spesso la possibilità di
lavare la propria biancheria in lavatrice ed
asciugarla con un’asciugatrice; in alternativa è
possibile lavarsi gli indumenti e stenderli al
sole (in estate) o metterli ad asciugare sui
termosifoni (in inverno). In molti vi è la
possibilità di avere un accesso in internet, a
volte gratuitamente, altre a pagamento.
Albergue pubblici: possono essere gestiti dal
comune, dalla regione, come in Galizia, o da
qualche ente religioso.
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I primi vengono tenuti da addetti, gli altri
generalmente da volontari, gli “ospitaleri”, che
prestano il loro tempo, in modo assolutamente
gratuito, per qualche settimana o mese. Vi sono
poi quelli annessi a conventi o monasteri che
sono gestiti ovviamente da suore o monaci.
In genere sono alloggiamenti come si possono
trovare nei nostri rifugi alpini. Camere più o
meno grandi con, di norma, letti a castello.
Per dare un’idea, potete trovare, come a
Roncisvalle, una grande camerata ricavata da
una costruzione medioevale delle dimensioni di
una navata di una chiesa, in pietra, con la volta
molto alta. I letti sono a castello, appaiati, su
tre file, una contro una parete l’altra contro
l’altra e la terza nel mezzo. In questa struttura
ci stanno circa 120 persone.
Altri albergue, magari ubicati in piccoli
comuni, possono essere ricavati in una vecchia
casa o in una scuola dismessa ed hanno
ovviamente camere più piccole di quella
descritta prima, con 4, 6, 12, 20 o 30 letti a
seconda delle dimensioni.
In questi rifugi (perché è di questo che si tratta)
vi è spesso la cucina che si può utilizzare, ma
non sempre ci sono pentole o stoviglie. I
servizi sono a volte divisi tra maschi e femmine
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e a volte no; per quanto riguarda le docce, vi
sono docce chiuse e docce aperte, non c’è una
regola. In Galizia la giunta regionale ha aperto
una serie di albergue che sono pressoché tutti
uguali, un po’ impersonali, ma funzionali: in
essi viene fornita una federa e un
coprimaterasso in carta, però, pur essendoci la
cucina, non vi sono né stoviglie, né piatti, né
pentole. Negli albergue annessi ai conventi e
monasteri spesso si mangia anche, ma non è
una regola. In tutti vi sono, “alla bisogna”,
coperte per la notte.
La regola che li accomuna è che si aprono nel
pomeriggio tra le 12 e le 16, chiudono alle
22/22,30 e tassativamente si deve essere fuori
alle 8 della mattina seguente. Non è possibile
pernottare più di una notte (a meno di malattia
o malanno che impedisca il Cammino) Diverso
per gli albergue di Santiago che permettono di
soggiornare per più notti. In generale il costo
del pernottamento è di 5 € (2011).
Albergue privati: il crescente interesse per il
Cammino ha permesso il proliferarsi di un gran
numero di albergue privati. Spesso queste
strutture sono annesse ad un ristorante che vi
fornirà anche il pasto serale, e si può avere la
colazione. Di solito, insieme a caffè, latte o the,
29
vi verrà servito del pane tostato con burro e
marmellata. In genere queste strutture sono
fornite di camere più piccole, dai 4 ai 12 posti
letto, anche se alcuni hanno anch’essi camere
molto più grandi. Anche in questi rifugi è
necessaria la credencial del pellegrino essendo
strutture pensate proprio per questo tipo di
persone. In questi rifugi si paga dai 7 ai 12 €.
Nei mesi invernali spesso non è possibile
scegliere l’albergue in cui rifugiarsi la sera, in
quanto, specie nei piccoli paesi, un solo
albergue è aperto e questo può essere
indifferentemente pubblico o privato.
Hostal: si tratta in realtà di piccoli alberghetti
di campagna, tipo pensioni che sono stati aperti
lungo il Cammino; in questi non è necessaria la
credencial, essendo vere e proprie strutture
alberghiere. Dispongono, spesso a prezzi
modesti (dai 20 € a persona in su), di camere a
due, tre o quattro letti con bagno e quasi
sempre hanno annesso un ristorante. Il
pellegrino generalmente non si ferma in queste
strutture, se non per staccare un giorno o
perché non ha trovato altra sistemazione, ma va
pur detto che vi sono persone che fanno tutto il
tragitto del Cammino appoggiandosi a queste
strutture.
30
A Santiago ci sono alcuni albergue che però
sono un po’ fuori dal centro, sono grandi e
vanno molto bene per i gruppi. Vi è comunque
una grandissima offerta di pensioni, camere e
alloggi: se avete l’accortezza di prenotare
(tramite internet), potrete trovare una
sistemazione a prezzi modici. Se ci arrivate
fuori stagione, sarà sufficiente arrivare sulla
piazza davanti alla cattedrale dove troverete
senz’altro qualcuno che vi offrirà una camera
in zona a buon prezzo.
Dopo aver stabilito a grandi linee le tappe che
intendete fare, potrete trovare l’indicazione dei
principali albergue del Cammino sul sito
www.mundicamino.es. Si tratta di un sito
spagnolo in cui vi sono tutte le notizie sul
Cammino, molto utile per la preparazione delle
tappe. Non troverete invece commenti sulla
loro bellezza o funzionalità, o sulla simpatia
degli ospitaleri. Infatti questi giudizi sono
spesso soggettivi e variano a seconda delle
circostanze o dell’umore di chi li esprime. Ho
potuto leggere, in altre guide, di rifugi
considerati confusionari, che a mio avviso
erano invece particolarmente simpatici; in un
altro resoconto si dichiarava che un tal
31
albergue era il migliore del Cammino, mentre il
mio giudizio era che non fosse diverso da molti
altri e che per me altri albergue fossero stati
migliori.
Per cui quando avete stabilito, in linea di
massima, la vostra tabella di marcia e i luoghi
in cui intendete fermarvi, vi consiglio di
visitare
il
seguente
sito:
www.caminodesantiago.consumer.es . Anche
questo è un sito in spagnolo, ma assolutamente
comprensibile; potrete trovare in esso i
commenti dei pellegrini sui vari albergue. Un
consiglio: cercate di capire, da ciò che scrivono
coloro che ci sono stati, quali sono le cose
veramente importanti. Ad esempio non fate
caso se scrivono che l’ospitalero è antipatico,
in quanto potrebbe non essere più lo stesso
quando passerete voi, o potrebbe essere
successo solo un diverbio di cui non
conosciamo l’origine. E’ certamente più
importante sapere se c’è un luogo dove stare
nelle ore pomeridiane; in estate farà
sicuramente piacere distendersi in un prato
all’ombra di un albero, o stare con i piedi
nell’acqua di un ruscello che scorre li a fianco,
o ancora approfittare di una piccola piscina. In
32
inverno sarà importante capire non solo se c’è
il riscaldamento e, ma anche se viene acceso.
COME FARE PER NON PERDERSI
Per tutto il percorso del Cammino troverete
indicazioni che vi guideranno e sarà
estremamente difficile perdersi. La conchiglia,
posizionata in ogni luogo, vi indicherà che siete
sulla strada giusta. In alcune città e in molti
paesi le conchiglie sono annegate nei
marciapiede, le trovate su quasi tutte le case e
sui bordi della strada. Ciò che guiderà i vostri
passi saranno le frecce gialle che troverete
ovunque, sui muri delle case, sui muretti a
secco in campagna, sulle pietre nelle
mulattiere, sui pali della luce, sugli alberi ed
ovunque possiate immaginare. Quando vi state
chiedendo se siete sulla strada giusta
guardatevi intorno e troverete certamente la
freccia che vi rassicura. Pietre accumulate da
pellegrini passati prima vi daranno la certezza
del tragitto. In altri casi troverete a terra una
freccia fatta con rami o con pietre. In Galizia
ogni cinquecento metri un cippo in pietra vi
33
segnalerà quanti chilometri mancano a
Santiago.
Nelle città e in tutti i luoghi abitati troverete
qualcuno disposto ad indicarvi la direzione
giusta.
E’ molto utile avere una carta del tragitto. In
questa guida non vi sono cartine delle tappe
perché è consigliabile avere le carte della
Michelin del Cammino di Santiago, che sono
fatte professionalmente e vi indicano con
precisione le distanze e l’altimetria; si tratta di
un blocchetto di carte suddiviso per tappe e
costa relativamente poco.
LA FATICA
Durante il Cammino la fatica si farà sentire più
volte; i piedi sono sollecitati in modo non
normale per le nostre abitudini. Camminare per
ore e ore e per diversi giorni di seguito ci
porterà ad agognare la meta. Vale lo stesso per
le spalle che devono sopportare il peso dello
zaino. Con avverse condizioni di tempo si
rischia che oltre alla fatica fisica si aggiunga lo
sconforto; camminare nella pioggia o sotto il
vento sferzante può acuire lo sforzo e
34
accentuare la stanchezza. A me è capitato di
camminare durante una copiosa nevicata: per
me è stato magnifico posare i piedi su una
candido manto nevoso e ho goduto del
paesaggio fiabesco. Ma altri, lo stesso giorno,
non hanno retto all’avversità e, giunti in una
località abitata, hanno preferito proseguire in
taxi alla fine della tappa. Camminando si ha la
facoltà e il tempo di sentire il proprio corpo e
ogni suo piccolo problema. E’ possibile che si
avverta l’insorgere di un qualche malanno, un
dolore ad un tendine, ad una caviglia o ad un
ginocchio; a mio avviso è bene in questi
momenti diminuire l’andatura, spesso è solo
un’avvisaglia che si sistema caricando meno,
per un certo periodo, la parte interessata. Se è il
caso, ovviamente, ci si ferma.
In alcuni albergue e in molti centri vi sono
massaggiatori professionisti che possono
alleviare le fatiche della giornata o della
settimana.
CONSIGLI
In realtà vi sarebbe un solo ed unico consiglio
che si potrebbe dare a chi intraprende il
35
Cammino: “usare il buon senso”. Tuttavia
proverò a sintetizzare qualche piccolo
consiglio, senza pretendere che sia esaustivo.
1 – Ognuno di noi ha un proprio passo e
forzarlo può essere dannoso. E’ utile che
ognuno sappia qual è l’andatura che può tenere
per arrivare a Santiago. Bisogna tenere conto
che si devono percorrere ottocento chilometri,
cosa che normalmente non facciamo, per cui è
assolutamente sempre necessario sapere che,
oltre ai venti/trenta chilometri che si stanno
percorrendo in quella giornata, ve ne saranno
altrettanti il giorno seguente e così nei giorni
successivi.
Ed è per questo che si deve tenere conto che è
sempre meglio avere un passo non troppo
veloce, ma costante. In linea di massima (per le
persone che svolgono una vita normale, non
atleti) si percorrono in pianura quattro
chilometri all’ora. Ho incontrato diversi
pellegrini che andavano molto più veloci di me,
altri che percorrevano più chilometri al giorno,
ma quasi tutti li ho rivisti prima di Santiago,
avevano dovuto fermarsi uno o due giorni per
vari malanni, in special modo tendiniti o
infiammazioni al ginocchio. Ho saputo di altri
che hanno dovuto abbandonare e tornare a casa
36
senza aver raggiunto la meta agognata. Una
tendinite ti obbliga a fermarti e ad aspettare che
l’infiammazione passi. La tendinite solitamente
viene se si son sollecitati troppo gli arti
inferiori, di solito se si è forzata l’andatura
oppure se si è presa una discesa troppo alla
“garibaldina”. A questo proposito mio padre,
che ha fatto per tutta la vita il camionista, mi ha
sempre detto: “Nella discesa usa la stessa
marcia che hai usato in salita”, ed io ho fatto
mio questo consiglio anche per quanto riguarda
l’andare in montagna o, in questo caso, sul
Cammino. La discesa ti mette sotto pressione le
ginocchia e i tendini ed è per questo che
bisogna prenderla con calma. Io uso i
bastoncini e mi sono sempre trovato a mio agio
usandoli anche come freno.
Va da se che quando si programma una tappa
con tratti in montagna bisogna tenere conto che
la media chilometrica non sarà più la stessa, i 4
km all’ora possono diventare 3 o anche 2 a
seconda della pendenza che si dovrà affrontare.
2 - Prestate sempre attenzione alle frecce che
indicano la direzione. Se ad un bivio non
vedete la freccia gialla o una qualunque altra
indicazione, fermatevi, osservate il luogo e se
proprio non trovate nulla e non potete chiedere
37
a qualcuno indicazioni, tornate all’ultima
freccia che avete visto. Nel tragitto,
sicuramente, troverete un’indicazione che vi
era sfuggita. A me è capitato di trovarmi, sotto
ad un temporale, in un piccolo borgo con due
frecce che indicavano due direzioni diverse: mi
sono fermato a cercare un’indicazione che
chiarisse, la pioggia non mi permetteva di
vedere molto avanti, ho osservato sui muri
delle case, sui lampioni, prima a terra, poi in
alto, nulla. Infine mi sono girato e, nella casa
alle mie spalle, ho visto ad una finestra una
signora che mi indicava la direzione!
3 - D’estate fate sempre attenzione ad avere
sufficiente acqua con voi. In alcune tappe vi
sono molti chilometri tra un paese e l’altro e
trovarsi sotto il solleone senza niente da bere
non è piacevole, oltre al fatto che si rischia la
disidratazione.
4 - Se avete l’esigenza di mangiare in
determinate ore, vale l’avvertimento di cui
sopra, provvedete in tempo a fare scorta di
cibo. Fate anche attenzione al giorno in cui
state camminando, la domenica i negozi sono
chiusi, proprio come da noi,
5 - Prima di partire fate un programma del
vostro Cammino. Decidete, in linea di
38
massima, le tappe e
le percorrenze da
effettuare giornalmente, tenendo conto di
alcuni fattori: prima di tutto le vostre esigenze,
il tempo a disposizione, le città che volete
visitare e la possibilità di trovare alloggio.
Studiate il percorso e cercate di prevedere delle
tappe che non vi sfianchino. In questa guida c’è
una proposta di tappe che in alcuni casi
prevede di dividere i passaggi più impegnativi
in due parti. Ad esempio nella tappa di
avvicinamento a O’Cebreiro (considerata da
molti una delle asperità più faticose) io ho
percorso la prima parte della salita la sera, al
termine della tappa, e l’altra parte il mattino
successivo, col fresco, e vi assicuro senza
sforzo eccessivo.
6 – Non caricate in modo eccessivo il vostro
zaino. Lo dovete portare per tanti chilometri e
meno è pesante e più facile sarà procedere.
EQUIPAGGIAMENTO
Due sono gli elementi fondamentali a cui
bisogna fare un’estrema attenzione per
l’equipaggiamento: le scarpe e lo zaino.
39
Scarpe: sono l’elemento più importante, che
dovrete scegliere con cura maniacale.
Normalmente non siamo abituati a camminare
per otto/dieci ore al giorno, per molti giorni di
seguito. 25 0 30 chilometri al giorno sono una
distanza che nel nostro quotidiano non
percorriamo mai se non in macchina o con altro
mezzo di locomozione. Ebbene queste ore e
questi chilometri sono tutti, se così si può dire,
sulle spalle dei nostri piedi.
E’ superfluo dire che le scarpe vanno
collaudate, dovete testarle nelle varie
condizioni e su terreni diversi e usarle per
molte ore prima di partire, sia in piano, che in
salita e naturalmente in discesa.
Fondamentale è la suola. Anche se alcuni tratti
del Cammino si potrebbero fare agevolmente
con delle scarpe da ginnastica, vi sono
situazioni in cui una suola spessa e sagomata è
indispensabile.
Il fatto che la scarpa sia alta sopra la caviglia o
appena sopra il malleolo è una scelta personale.
Tenete conto che non si tratta di un percorso di
alta montagna e quindi non necessariamente si
debbono usare scarponi molto pesanti. E’
evidente che, specialmente se pensate di fare il
Cammino non in estate, le scarpe devono
40
reggere l’acqua. Non pensiate che esistano
scarpe che possano reggere l’acqua per
un’intera giornata di pioggia! Infatti dopo ore e
ore di pioggia e fango qualsiasi indumento, se
non è pura plastica, si bagnerà e voi con esso:
l’importante è che continui a proteggervi.
Corollario alle scarpe sono le calze; prendete
quelle adatte al trekking, senza cuciture e
provatele mentre provate le scarpe.
Zaino: in esso metterete tutto ciò che vi serve
per il tempo che starete lontano da casa. Lo
zaino deve adattarsi al corpo di chi lo ha in
spalla, deve essere possibile regolare l’altezza
degli spallacci. Fondamentale la cinghia in vita
che deve essere sempre ben stretta in modo da
levare gran parte del peso dalle spalle.
Provatelo fino a quando sentirete lo zaino una
parte di voi stessi, non un intralcio o peggio un
fastidio.
Il peso dello zaino carico non dovrebbe
superare il 10 per cento del peso di chi lo
sostiene. Otto chili sono un peso che non
dovreste mai superare. Come fare? Un metodo
potrebbe essere il seguente: mettete sul letto
tutto quello che pensate sia indispensabile
avere, togliete subito quello che pensate
userete, forse, una volta, poi provate a mettere
41
il tutto nello zaino, pesatelo e se la bilancia
segna 12 chilogrammi rivedete le vostre
priorità. Ogni cosa ha un peso, per cui
cominciate con gli involucri: non è necessaria
la borsa porta effetti per l’igiene o quella porta
medicinali, sono sufficienti sacchettini di
plastica. Così come non è necessario il sapone
per le mani, il bagnoschiuma, lo shampo e il
detersivo per la biancheria, per un mese potrete
benissimo usare, per tutto, il sapone di
Marsiglia, forse i vostri capelli ne risentiranno
in lucentezza, ma le vostre spalle e soprattutto i
vostri piedi vi ringrazieranno. Acquistate poi
indumenti leggeri e facilmente lavabili, non
portatevi ricambi come se andaste in ferie:
dovete pensare che quello che sporcate durante
il giorno lo laverete la sera e quindi uno o due
ricambi sono sufficienti.
Alla fine comunque dovrete giungere alla
conclusione che il vostro zaino dovrà pesare
8/9 chili e niente di più. Salvo poi decidere,
durante il Cammino, di spedire parte della roba
che
avevamo
ritenuto
assolutamente
indispensabile. Le poste spagnole, avendo
ormai esperienza di anni, hanno istituito un
servizio che ti permette di spedire a te stesso un
pacco a Santiago che potrai ritirare al tuo
42
arrivo. Dividete gli indumenti in sacchetti di
nailon da riporre nello zaino, in modo che
anche in caso di acquazzone improvviso, i
vostri capi rimangano asciutti. Abbiate cura di
utilizzare sacchetti che non facciano rumore!
E’ antipatico, al mattino, svegliarsi o svegliare
gli altri con lo sfregolare dei sacchetti mentre si
rifà lo zaino.
Sacco a pelo: come ogni cosa che si mette
nello zaino, deve pesare poco! In commercio ci
sono sacchi dal peso di meno di 700 grammi,
vanno bene anche perché, se fa freddo, negli
albergue ci sono le coperte.
Bastoncini da trekking: c’è chi cammina
senza niente, chi con il classico “bordone” (un
bastone di legno, spesso con una punta di
ferro). Io ho fatto tutto il Cammino con i
bastoncini, ho trovato che mi aiutassero in tutte
le situazioni: in piano, per dare un senso anche
al movimento delle braccia, in salita, per la
spinta in più data, e soprattutto in discesa, in
quanto mi consentivano di frenare la spinta che
il peso dello zaino imprime a tutto il corpo. Ci
sono poi situazioni in cui è bene avere qualcosa
per bilanciarsi: nel fango, nell’attraversamento
di piccoli corsi d’acqua, e nei tratturi molto
pietrosi. In ultimo, ma non essenziale,
43
passando per la campagna, molti cani
razzolano liberi; nessuno è pericoloso, sono
abituati al passaggio dei pellegrini, ma è
meglio essere sicuri con qualcosa in mano.
Vestiario: portate, come detto prima,
l’indispensabile: non avrete certo occasioni di
gala, per cui tenetevi leggeri! Non eccedete con
maglie pesanti, è più utile, e meno pesante,
vestirsi a cipolla, strato su strato, a seconda
della temperatura esterna.
Varie: è usanza portarsi un quaderno per
scrivere un diario, farà piacere rileggerlo. Non
dimenticate la macchina foto, una pila, la
borraccia (o bottigliette varie).
44
Le parole del Cammino
CREDENCIAL
E’ il documento che attesta che siete un/una
pellegrino/a. Lo si può avere nel primo luogo
da cui si parte (Saint Jean Pied de Port ad
esempio), oppure lo si può richiedere alla
Confraternitas Sancti Jacobi Compostellae di
Perugia che ve lo invia a casa chiedendo
un’offerta per la partecipazione delle spese
([email protected]).
La Credencial è indispensabile per entrare negli
albergue dei pellegrini, su essa vengono
apposti i timbri (sello in spagnolo) che
certificano il vostro passaggio in quel luogo.
Sulla credencial verrà posto l’ultimo timbro a
Santiago, dove vi verrà consegnata la
Compostella.
Ogni albergue, molte chiese e perfino esercizi
commerciali (ristoranti, bar) hanno un loro
sello; è bello rivederli una volta tornati a casa,
ma sulla Credencial non possono starci tutti,
perciò vi consiglio di farvi apporre i timbri in
sovrappiù sul vostro quaderno.
45
COMPOSTELLA
E’ il foglio rilasciato a Santiago che certifica
che avete compiuto e terminato il
pellegrinaggio; viene dato a chi ha percorso a
piedi almeno 100 chilometri (200 in bicicletta).
Non si fa il Cammino per la Compostella, ma
certamente fa piacere ritirarla al momento della
fine del pellegrinaggio e poterla rivedere, una
volta a casa, inquadrata.
PELLEGRINO
Un pomeriggio attraversando un paesino, ho
incrociato una signora col suo bambino di circa
cinque anni per mano. Com’è d’uso ho
salutato, ricambiato, ma il bambino, rivoltosi
alla madre, ha chiesto: “Chi è mamma?” “Un
pellegrino” ha risposto la signora.
Perché, dal momento in cui legate la conchiglia
allo zaino che vi issate, con sforzo, sulle spalle
e fate il primo passo verso Santiago, voi siete
un pellegrino. Lo dichiara la credencial che
portate con voi, ve lo ricorda ogni giorno la
gente che incontrate che vi augurerà “buen
camino!” A volte lo dichiarerete per entrare in
un museo o in una cattedrale. Insomma dal
46
momento in cui iniziate il Cammino, il vostro
status sarà quello di pellegrino e non un altro. E
alla fine la Compostella lo certificherà con un
bel papiro in latino in cui campeggia il vostro
nome.
CONCHIGLIA
E’ il simbolo del Cammino, chi parte per
questo pellegrinaggio ne lega una allo zaino e
sarà, per tutti i chilometri percorsi, ciò che lo
identificherà agli occhi degli altri come
pellegrino. Conchiglie si trovano ovunque:
sulle case, nei marciapiedi, nelle chiese, sui
municipi.
Si tratta quasi sempre di capesante che
provengono dall’oceano, luogo in cui termina
idealmente il Cammino. Si possono acquistare
in qualunque luogo lungo il Cammino; a Saint
Jean Pied de Port potete prenderle nell’ufficio
dell’accoglienza con una piccola offerta.
BUEN CAMINO
Questo è il saluto e l’augurio che vi sentirete
fare per tutto il tragitto, un augurio che
scambierete con gli altri pellegrini, sempre
47
ricambiato. Vi capiterà di trovarvi fermi per
una sosta e un pellegrino vi passerà di fronte e,
con un largo sorriso e un cenno della mano, vi
apostroferà con un “Olà ! Buen Camino”! Non
potrete fare a meno di sorridere e rispondere
con un altro sonoro “Buen Camino”. Uscendo
da un negozio in cui avrete acquistato qualcosa
da mangiare, fosse anche un supermercato,
questo augurio vi sarà di conforto.
Attraversando una città o un piccolo villaggio,
molti vi augureranno un Buen Camino e, vi
assicuro, questo augurio vi ripagherà della
momentanea stanchezza e vi strapperà un
sorriso.
RITI E USANZE LUNGO IL CAMMINO
Al mio arrivo a Santiago una pellegrina
coreana, con cui avevo condiviso alcune tappe
e diverse cene, mi ha detto che sapeva che
avrebbe dovuto fare qualcosa, una volta
arrivata alla cattedrale, ma non sapeva cosa.
Così l’ho accompagnata in chiesa e le ho
spiegato cosa fare.
Nel compiere il pellegrinaggio vi sono alcuni
riti, o per meglio dire usanze, che i pellegrini
sono soliti fare, lungo il Cammino, una volta
48
arrivati a Santiago e anche una volta giunti di
fronte all’oceano a Finisterra.
In alcuni luoghi è d’uso posizionare una croce
(fatta con piccoli pezzi di legno): le croci fatte
dai pellegrini sono una costante su tutto il
tracciato.
Nella chiesa di Santo Domingo de la Calzada
andate a vedere il gallo e la gallina, vivi, posti
sopra un altare laterale; sono lì a ricordo di un
miracolo che in quel luogo si è compiuto.
Prima di entrare in Logrono, per molti anni una
signora (Felicia) ha dissetato i pellegrini,
ancora oggi la figlia vive sul Cammino ed è
buona norma passare, salutare e farsi apporre il
“sello”.
A Hiroche c’è la “fonte del vino”. Si tratta di
una trovata pubblicitaria di un produttore di
vino che, a fianco di una fonte d’acqua, ha
canalizzato una fontanella che vi permette di
approfittare di un bicchiere di buon vino
prodotto nella Roja.
Ogni pellegrino porta con sè una pietra che ha
raccolto nei pressi della sua casa e che lascerà
ai piedi della Cruz de Hierro (Croce di Ferro)
che si trova nel punto più alto del Cammino,
punto in cui io ho trovato molta neve. Nei
secoli, il cumulo di sassi depositati dai passanti
49
ha raggiunto un’altezza di oltre cinque metri
per una circonferenza che supera i dieci!
Dopo Ligonde in una delle ultime tappe, il
Cruceiro de Lameiros è una croce in pietra
elevata sopra un antico basamento celtico: è
usanza fare tre giri in senso antiorario. Questa
si dice sia un’antica usanza precristiana.
Una volta giunti a Santiago, nella Cattedrale, la
colonna centrale del Portico della Gloria ha
incisa la forma delle migliaia di mani che li si
sono appoggiate. Proprio sotto di essa, la testa
di Mateo, il costruttore del portico, su cui vi
appoggia la fronte il pellegrino.
Poi il rito più importante, l’abbraccio al Santo.
Salendo dietro l’altare si arriva alle spalle della
statua di San Giacomo, che ogni pellegrino
abbraccia secondo le proprie intenzioni, e
questo simbolico abbraccio segna la fine del
Cammino.
Vi è poi ancora un’usanza, arrivati a Finisterre
si usa bruciare qualcosa che si è indossato
lungo il Cammino; si vedono molte braci di
calzini lungo il litorale! Arrivati sino qui non
perdete l’occasione di mettere i piedi
nell’oceano.
50
Diario
I Parte
Il Cammino di Santiago di Fulvio
Quello che segue è il diario che ho tenuto
durante il Cammino. E’ diviso in due parti: la
prima si riferisce al primo tratto che ho
percorso, dal 23 ottobre al 2 novembre 2008,
da Sait Jean Pied de Port a Belorado; la
seconda, dal 16 marzo al 4 aprile 2011,
riguarda il secondo tratto da Belorado a
Santiago.
Erano alcuni anni che pensavo al Cammino, e
mi lambiccavo per trovare il tempo per iniziare
questa avventura. L’azienda presso cui
lavoravo aveva deciso che era necessario
sfoltire il personale, per cui si era deciso per un
esodo pilotato ed io rientravo nella categoria
degli esodabili. Dunque si profilava la
possibilità di mettere in cantiere il progetto
“Cammino” per la fine del 2009. A settembre
di quest’anno arriva un’e. mail in cui mi fanno
presente che ho ancora troppe ferie da smaltire
51
e che è necessario che entro il 15 di dicembre
mi liberi di un po’ di giornate.
Il pensiero corre immediatamente a Santiago e
mi decido per una parte del Cammino,
ripromettendomi di concluderlo una volta
esodato.
Butto li l’annuncio una sera a cena con amici e,
subito, Paola si dice desiderosa di
accompagnarmi, almeno per una parte.
E’ deciso: io farò dieci tappe, fino a Belorado e
Paola sei fino a Los Arcos.
Allenamenti per un mese e più; dieci chilometri
circa ogni giorno. Non tutti i giorni però!
Ed arriva così il fatidico giorno in cui abbiamo
deciso di partire, 22 ottobre 2008.
(dal diario di Fulvio)
Viaggio di andata - 22 ottobre 2008 – Torino
partenza
Alla fine siamo partiti. Questa mattina ero
veramente disperato, avevo male alla pancia,
così come nei giorni precedenti. Sono
settimane che non mi sento bene, ho sempre la
sensazione che il mio corpo stia passando un
brutto momento. Se fossi stato da solo avrei
52
rimandato la partenza, ma tutto era ormai
programmato e quindi…..
Sono nella cuccetta del treno che ci porta a
Perpignan, sto abbastanza bene, anche se sento
un peso sullo sterno. Incrociamo le dita! Divido
lo scompartimento con uno che non spegne la
luce e mi pare pure inizi a russare. Anche qui
speriamo bene. Abbiamo dovuto fare un giro
lungo per andare a Saint Jean perché in inverno
non ci sono treni più comodi.
Viaggio di andata - 23 ottobre - Perpignan –
Narbonne – Bordeaux – Bayonne – Saint
Jean Pied de Port – Valcarlos (Luzaide)
Il treno da Torino è arrivato a Perpignan con
un’ora e mezza di ritardo, appena in tempo per
prendere quello per Narbonne (pioviggina), poi
il TGV per Bordeaux che arriva puntuale e ci
permette di salire su quello per Byonne. Alla
stazione vediamo altri con lo zaino,
chiaramente pellegrini: due ragazze insieme ed
un’altra da sola sono sicuramente straniere per
noi. In realtà le conosceremo più tardi, le due
sono tedesche e quella da sola è Giulia
(italiana); prendono il nostro treno e poi quello
successivo. Passiamo nei pressi della “duna del
Pilat”, ma non riusciamo a scorgerla.
53
Finalmente l’ultimo treno, il quinto della
giornata; quasi per incanto siamo riusciti a
prendere tutte le coincidenze! Il tempo è
stupendo, non c’è una nuvola, sembra di
viaggiare su un treno nelle Ande, i Pirenei sono
qui alla nostra destra, tutto è verde e bellissimo.
Sain Jean Pied de Port, ci arriviamo alle 16 e
20, andiamo verso l’accoglienza seguendo una
decina di zainati; lì ci mettono il primo sello
sulla credencial e ci danno la conchiglia che
sarà il nostro segno distintivo per i giorni
seguenti.
1) – 23 ottobre giovedì
Saint Jean Pied de Port – Valcarlos – Km.
10
Tutti gli altri si fanno accompagnare
all’albergue, noi avevamo preventivato di
spezzare la prima tappa in due (dato che
sappiano si tratti della più dura) così, dopo aver
tergiversato forse un po’ troppo, tra foto e
video, partiamo che è relativamente tardi, sono
le cinque passate.
Abbiamo deciso di passare per la via più bassa
e meno faticosa dell’altra che si inerpica subito
dopo la partenza. Iniziamo la marcia sulla
statale che è anche abbastanza trafficata nella
54
parte francese, ma una volta in Spagna, il
traffico diminuisce fino ad essere assente. Il
buio incombe e siamo costretti ad estrarre una
pila per farci vedere dai pochi automobilisti.
C’è da dire che quasi tutti, quando ci scorgono,
mettono la freccia per segnalare che ci hanno
visto e per evidenziare la nostra presenza a
quelli dietro. Una ragazza, incrociandoci, si
sbraccia a salutarci; è il primo dei saluti che
riceveremo lungo il Cammino!
Arriviamo a Valcarlos (Luzaide) alle ore 20.
Qui i nomi sono sempre doppi, uno in lingua
spagnola o francese, a seconda del versante,
l’altro in basco e sono spesso completamente
diversi.
In Valcarlos, alla ricerca dell’albergue,
incontriamo due signori anziani e chiediamo
loro dove si trovi il rifugio, ovviamente ci
parlano in spagnolo: - Andate al bar e cercate
una “chica ruja”.- “Chica?”, “ruja?”, cosa vorrà
dire? Nel bar dietro al bancone, una ragazza dai
capelli rossi: ecco cosa voleva dire. La ragazza
ci indica dove andare: così facciamo e
accediamo al nuovo albergue. Siamo soli e,
dopo una rinfrescata, ci dirigiamo al ristorante
che ci propina il primo menù del pellegrino.
55
1bis) - 24 ottobre venerdì
Valcarlos
(Luzaide)
Roncesvalles
(Orreaga) – Km. 18
Partiamo con comodo, all’alba delle 10,
dopo aver acquistato viveri per il pranzo e fatto
colazione nel bar della “chica”. Facciamo i
primi chilometri sul ciglio della strada, poi, al
2° cippo che indica il Cammino, prendiamo per
lo sterrato che ci porterà fino al passo.
Avevamo trovato in precedenza un’indicazione
che ci portava verso l’interno, ma un abitante
del luogo ci aveva consigliato di prendere il
tratturo alla seconda indicazione. Il sentiero, a
tratti è quasi invisibile, tanto da farci pensare di
aver sbagliato strada, poi una provvidenziale
conchiglia, la prima di un’infinita serie, ci
indica la via. Pecore, falchi e tanti colpi di
fucile. Cacciatori? O invece eliminazione dei
pellegrini che hanno osato sfidare la via alta?
Senza grande fatica arriviamo al passo e poi,
dopo una veloce discesa, arriviamo verso le 16
a Roncisvalle dove troviamo il primo rifugio
pieno di pellegrini. L’albergue, ricavato in un
vecchio convento, è un grande locale stile
navata di una chiesa gotica, con un gran
numero di letti a castello. Ceniamo a “Casa
Marcelito” insieme a Josè, uno spagnolo
56
taciturno, e a Jan, un olandese un po’ pazzo che
è partito tre mesi fa dall’Olanda (ha preso un
anno sabbatico) e ci racconta della grande
fatica dell’ultima tappa. In effetti, tutti quelli
che abbiamo poi incontrato, ci diranno della
fatica di questa prima tappa; due orientali, che
conosceremo più tardi, coreane, sono
letteralmente distrutte. Noi, avendo scelto la
via più semplice e avendo spezzato la tappa in
due, siamo relativamente freschi.
2) - 25 ottobre sabato
Roncesvalles – Zubiri – Km. 21,5
Usciamo che è ancora buio, sono le otto, mi
fermo ad osservare un falco insieme ad un
inglese ed ai suoi due figli. Entriamo nel
paesino poco sotto la Collegiata, vediamo altri
davanti a noi, li seguiamo, tutti entrano in un
negozio di commestibili; noi siamo gli unici
che invece proseguono senza fermarsi. Poco
dopo si apre una finestra sul lato opposto della
strada, e un uomo ci informa che stiamo
sbagliando strada, dobbiamo tornare indietro e
svoltare a sinistra. E’ il primo errore che
facciamo. Paola si cambia le scarpe (lo farà
diverse volte nei giorni a venire), si fermano
anche le coreane per fare la stessa cosa. Il
57
tragitto è fatto di tanti sali e scendi. Sono
peggio le discese, ma i piedi vanno bene.
Arriviamo a Zubiri alle 16 e 30, ci fermiamo ad
un albergue privato; c’è un bambino che ci
informa sulla dotazione (docce, bagni, internet)
e sul prezzo 10€. Più tardi passerà il padre e
poi la madre a salutarci e a darci la
combinazione dell’apertura elettrica della
porta. Andiamo a cena in un ristorante
abbastanza distante, ma
mangiamo
sufficientemente bene. L’unica pecca è che in
Spagna si può ancora fumare nei locali pubblici
e spesso osserviamo bar e ristoranti avvolti da
una nebbia di fumo. Sulle porte dei locali c’è
spesso la scritta “se puede fumar”, ma
osservando l’interno si ha il dubbio che la
dicitura significhi “si deve fumare”, tanto che,
quasi sempre, si è serviti da un/una barista con
la cicca in bocca.
Nell’albergue siamo da soli, molti hanno
proseguito per il paese successivo Larrasoana e
alcuni hanno preferito l’albergue municipal,
certamente ad un prezzo più basso. Abbiamo
incontrato in un bar Jan l’olandese che ci dice
di aver preso una stanza in una pensione perché
voleva dormire, negli albergue sei invitato a
lasciare il posto per le otto!
58
3) - 26 ottobre domenica
Zubiri – Pamplona (Iruna) – Km. 21,5
Siamo in strada alle 9 e 10 (in realtà sono le
8,10 è stata ripristinata l’ora solare nella notte),
ma impieghiamo due ore ad arrivare a
Larrasoana a soli cinque chilometri dalla
partenza, dico a Paola che dobbiamo accelerare
un po’ il passo. Il cammino ancora una volta ci
porta su e giù per le colline, ci fermiamo in
un’area da pick-nick, ci sono anche le coreane,
sorridono. Ripartiamo e indico a Paola, sulla
collina opposta un sentiero che si inerpica
parecchio. Le dico che saremmo passati di li,
voglio prenderla in giro, ridiamo per la
stupidità della cosa, ma poco dopo ci
accorgiamo che proprio quello dobbiamo
affrontare! E’ duro e fa caldo, il tempo finora è
stato magnifico, fin troppo caldo.
Arriviamo a Pamplona alle 15 (ora solare)
L’albergue è grande e troviamo per la prima
volta un gruppo di francesi, ragazzi e
accompagnatori (18 in tutto) di una parrocchia
di un paese nei pressi di Bordeaux.
Facciamo un giro per la città, i muscoli gridano
no! no! ma noi imperterriti, siamo decisi a fare
i turisti. Solita cena e a dormire presto. In tutti
59
gli albergue la ritirata è alle 22 e l’uscita alle 8
della mattina.
4) - 27 ottobre lunedì
Pamplona – Puente la Reina – Km. 23,5
Dopo una buona colazione, ci avviamo alle 8
e 30. Passiamo davanti all’università (due
giorni dopo l’ETA farà esplodere un auto
proprio qui davanti) ci sono molti studenti che
si avviano, alcuni ci augurano un ”buen
camino” (questo augurio ci verrà rivolto decine
di volte e lo scambieremo a nostra volta con gli
altri pellegrini che incontreremo). Un uomo sui
settant’anni ci affianca e ci dice che va veloce
perché ha un appuntamento per pranzo a
Burgos e alla sera deve essere a Santiago!
Ride, ci saluta e se ne va. Camminiamo nella
campagna soleggiata, in lontananza vediamo le
pale eoliche sull’altura che dovremo superare. I
negozi sono tutti chiusi, così non abbiamo nulla
da mangiare, Paola mi rimprovera di aver
buttato via mezza baguette! Dopo un gran
camminare arriviamo ad una delle mete mitiche
del Cammino: “l’Alto del Perdon”, con il suo
monumento ai pellegrini e le pale che girano
lungo tutto il crinale. Ci sono una gran parte
dei pellegrini che già conosciamo, le due
60
tedesche che avevamo visto in stazione, le due
coreane (madre e figlia) che ci salutano felici e
ci scattano una foto con una strana polaroid da
cui esce una piccola istantanea. C’è Josè lo
spagnolo che ci scatta le foto con la nostra
macchina. Non avendo di che sfamarci,
ripartiamo e cominciamo la discesa: una
pietraia orribile che mette a dura prova caviglie
e ginocchia. Andiamo pianissimo, non riesco a
immaginarmi questa discesa con la pioggia.
Arriviamo ad un paese impronunciabile e ci
facciamo un bocadillo (panino). Due chilometri
prima della meta incomincia a piovere, tiriamo
fuori le mantelle. All’albergue ci sono quasi
tutti i nostri compagni di viaggio. Conosciamo
Giulia, che avevamo visto il primo giorno, con
Mirko ed uno spagnolo, Helios, che lavora ad
Ibiza e che parla tutte le lingue conosciute sul
Cammino. Quello della lingua è un capitolo a
parte: negli ostelli si intrecciano conversazioni
che mescolano lo spagnolo al francese,
l’inglese all’italiano ed ognuno si arrangia per
spiegarsi e farsi capire. Insieme ai tre c’è un
altro spagnolo Roc, che ha una voce, proprio
come il suo nome, roca. E’ simpatico e di buon
umore. Ritroviamo Josè, lo spagnolo taciturno,
Jan l’olandese, le due tedesche e ovviamente le
61
due coreane a cui se n’è aggiunta un’altra. Ho
chiesto a Ci Hè (che significa saggezza) la
ragazza di 28 anni coreana, cosa ci fanno i
coreani sul “Cammino”: mi ha risposto che è
molto noto in Corea. Il perché mi è poco
chiaro, ma tant’è. Guardando, negli albergue, i
libri in cui i pellegrini scrivono i loro pensieri,
ho osservato scritture in ogni lingua; alcune
erano incomprensibili anche nei segni grafici.
Una, che ricorreva abbastanza spesso, mi dava
l’impressione di una scrittura a caratteri
cuneiformi: la nostra amica coreana mi ha
svelato che si trattava proprio della sua lingua!
5) - 28 ottobre martedì
Puente la Reina – Estella – Km. 22
Alla partenza, alle 9 e 15, piove, ma smette
subito. C’è vento, fa freddo, tanto fango rosso,
ma si viaggia bene. Ci fermiamo a mangiare in
un boschetto vicino al Cammino. Passano vari
pellegrini, ad un tratto sentiamo il canto allegro
e squillante di una signora che incontreremo
più tardi; sono in quattro, tre donne ed un
uomo, spagnoli della Mancha. Li ritroviamo
nei pressi di una cascina, il percorso è bloccato
da un enorme toro che mostra le sue intenzioni
nei confronti di una mucca che non sembra ben
62
disposta. Lo spagnolo si avvia con un bastone,
nel tentativo di allontanare gli animali dal
sentiero; lo fermo e gli ricordo che ha
dimenticato
“la
muleta”
(spiritoso!).
Incontreremo gli spagnoli altre volte, viaggiano
leggeri, senza “muchilla” (zaino) e non
vengono negli albergue. Alcuni fanno il
Cammino con servizio zaini da hotel ad hotel.
Un pomeriggio di grande pioggia li troviamo in
un piccolo bar, prendono quattro “bocadillos”
(panini) enormi e se ne vanno; un ospitalero
che era nel bar dice: “Questi non sono veri
pellegrini, non è così che si fa il Cammino”.
Poi aggiunge che qualche settimana prima era
passata una ragazza elegantissima, vestita
all’ultima moda con uno zainetto griffato con
poco o niente dentro! Mi guardo, il fango mi
arriva alle ginocchia, la mantella ha terminato
da un po’ di trattenere l’acqua e sono fradicio,
lo zaino è stracolmo, mi rivolgo all’ospitalero e
gli chiedo: “E io non sono elegante?”. “Tu vai
bene così, tu sei un vero pellegrino!”. Prima di
un paese incrociamo un uomo, sta sbucciandosi
una mela con un coltello a serramanico e ce ne
offre un quarto a testa. Il Cammino è anche
questo uno sconosciuto che ti dà una parte di
ciò che ha. Arriviamo alle 17 ad Estella una
63
cittadina magnifica, con una cattedrale superba
ed un chiostro graziosissimo. Strade pedonali
curiose con molti negozi, ma sopratutto con
una dimensione umana.
L’albergue è bello, con colazione compresa.
C’è, tra gli altri, un austriaco che viaggia da
due mesi e percorre 50 chilometri al giorno
insieme ad un ragazzo che fa il vigile del fuoco
alle Canarie; l’austriaco è sbruffone ed
antipatico a tutti, fortunatamente non lo
rivedremo. Cena in un ristorantino vicino.
6) - 29 ottobre mercoledì
Estella – Los Arcos – Km. 21,8
I due corridori (austriaco e spagnolo delle
Canarie) sono partiti alle 6 e 30, noi partiamo
con comodo alle 9, dopo colazione. Prima
tappa alla “Fonte del vino” dove si può
assaggiare il vino da una fontana pubblica a
fianco del grande monastero di Irache. Si tratta
di una trovata pubblicitaria di una cantina sul
tracciato. Comincia la pioggia. Pioggia che
bagna, poi sole e vento che asciuga, poi di
nuovo pioggia, ancora sole e vento, così per
quattro volte nella giornata. Le nuvole corrono
veloci, ci passano sopra e scaricano la pioggia
che hanno in corpo. Paesaggi stupendi esaltati
64
dall’atmosfera da tempesta, gran finale per
Paola alla sua ultima tappa. Ci fermiamo in un
bar nel punto più alto di quella giornata, ci
annunciano che nei prossimi giorni ci sarà
ancora pioggia e che per quel pomeriggio si
prevede neve in quel luogo. Nel telegiornale
della sera vedremo che più avanti sta
nevicando e mostrano i pellegrini che
proseguono nella neve; non sembrano affatto
abbattuti, anzi. Arriviamo all’albergue e fuori
incontriamo Damien, il più piccolo del gruppo
di ragazzi francesi; lo saluto e lui, con sguardo
interrogativo, mi chiede: “Mi conosci?”. “Sono
quello che ti ha dato il biscotto questa mattina”
gli dico, e lui si illumina e mi riconosce. Al
mattino, mentre facevamo colazione, avevamo
detto a Damien di prendere qualche biscotto
che avevamo sul tavolo, ma lui aveva risposto
che non poteva perché non avevano pagato per
la colazione, e noi abbiamo insistito finché,
guardando che nessuno lo scorgesse, aveva
accettato. A Los Arcos l’albergue è colmo, gli
ospitaleri ci danno una camera per noi due, ci
credono marito e moglie, dormiremo tranquilli.
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7) - 30 ottobre giovedì
Los Arcos – Logrono – Km. 28
Paola parte alle 8 e 30 col bus alla volta di
Logrono e poi con un altro che la porterà a
Saragozza.
“Io lo so che non sono solo anche quando sono
solo, io lo so che non sono solo, e rido e piango
e mi fondo con il cielo e con il fango”, canto e
mi avvio verso la meta di oggi, e di fango ne
vedrò tanto.
Faccio la prima parte della tappa con i francesi,
fortuna che ho le mie racchette, loro arrancano
nel fango rosso, specialmente in salita. Ho
rivisto i 4 spagnoli, ci siamo fermati insieme in
un bar a prendere un caffè. Piove e piove, tutto
il giorno, ma senza grande fastidio. Mi sono
fermato in un albergue per poter magiare
all’asciutto, l’ospitalera mi chiede di togliere
gli scarponi infangati, lo faccio e lei arriva con
due ciabatte. Per pranzo avevo acquistato un
bocadillo” credendo fosse alla frittata: era
pesce, ma era buono lo stesso, o forse, dopo
cinque ore di marcia e acqua, qualunque cosa
sarebbe stata ottima. Nella cucina c’è una
donna francese, si sta preparando il pranzo;
chiacchieriamo e lei ci accomuna, loro con
Sarkozy e noi con Berlusconi e ci facciamo
66
coraggio. Le dico che io continuo, lei mi fa
notare che piove troppo, io le rispondo che non
è così, fuori c’è un sole magnifico, lei alza le
spalle e mi dice “noi il sole ce lo portiamo
dentro”. Poi mi offre un caffè solubile, bevo, la
saluto e la lascio.
Prima di Logrono ho visto la mitica figlia della
mitica signora Felicia; ho suonato al
campanello della casa che sta proprio sul
cammino, è uscita, mi ha fatto entrare nel
ripostiglio a fianco della casa, pieno di ogni
cosa, e mi ha apposto il “sello”. L’ho salutata
con calore e le ho scattato una fotografia.
Arrivo alle 17 a Logrono, nell’albergue, ci
sono tutti: gli italiani (Giulia e Mirko), lo
spagnolo taciturno (Josè), lo spagnolo pazzo
(Roc), lo spagnolo mezzo svizzero (Helios), le
coreane (Ci Hè e sua madre), le due tedesche,
insomma la carovana viaggia di pari passo,
almeno fino a qui. Ceniamo insieme
nell’albergue: io, Giulia, Mirko, Helios e Roc,
ridiamo e beviamo dell’ottimo vino acquistato
da Roc. C’è una, qui in cucina, che dopo aver
tagliato una cipolla sta tritando dell’aglio
(orrore), speriamo che lei e lui non siano nella
mia camera. Ah! Ecco, non potevano mancare i
cavolini!
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Dormo nella mansarda, vicino ad un’ungherese
di nome Melinda, ha male ad un piede, è
caduta nel pomeriggio, le do il “no dol” che mi
ha lasciato Paola.
8) - 31 ottobre venerdì
Logrono – Najera – Km. 29
Parto alle 8, dagli albergue ti buttano fuori a
quell’ora. E’ gioco forza incamminarsi,
attraverso la città e, quasi alla fine, trovo un bar
decente per fare colazione. Piove e pioverà
tutto il giorno. Incrocio Roc che torna indietro,
dice che deve tornare a casa, ci salutiamo e
abbracciamo cordialmente come fossimo amici
da sempre. Mi spiace, era un compagno di
viaggio piacevole, con la sua voce roca, ma
sempre allegra; lui era la terza volta che faceva
il cammino, va a sapere le ragioni. Dopo 13
chilometri di pioggia incessante, a Navarrete
entro in un bar, mi sono promesso un caffè.
Trovo all’interno Giulia ed Helios con una
delle tedesche - si sono separate, non avevano
gli stessi ritmi!?-. L’alemanna parte quasi
subito. Ci incamminiamo in tre nel fango, ma a
Ventosa ci separiamo, loro vanno più veloci.
All’entrata di Najera, 12 chilometri dopo la
nostra separazione, li ritrovo seduti su una
68
panchina, sotto la pioggia; Helios dice di essere
distrutto e di volersi fermare un giorno, Giulia
dice che è d’accordo, mi propongono di
dividere una camera in un Hostal, costa il
doppio, ma per una notte può andare, si può
dormire tranquilli e fare una doccia in un vero
bagno. Intanto Mirko non si è mosso, non ce la
fa, ha un ginocchio gonfio, forse li raggiungerà
con il bus il giorno successivo.
9) - 1 novembre sabato
Najera – Santo Domingo de la Calzada –
Km. 21
Dopo tre giorni di pioggia continua,
finalmente una bella giornata. Sole e grandi
nuvoloni, a sottolineare il paesaggio, ma
neanche una goccia.
Ho lasciato Giulia ed Helios all’Hostal e sono
partito solo; ho viaggiato tutto il giorno sempre
da solo, sono giusto stato superato da quattro
spagnoli in gita. A pranzo, si fa per dire pranzo
(un panino con tonno e pomodoro!), mi sono
fermato in un luogo piacevole. Dopo una salita
abbastanza faticosa, un piccolo luogo attrezzato
in mezzo alla campagna. Una fontanella per
l’acqua, due panche e tre buffe sedie in pietra
somiglianti più a triclini, con lo schienale
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arrotondato ed un quadrato delimitato da legno
con all’interno piccoli sassi rotondi dove
appoggiare i piedi. Mi mangio soddisfatto il
panino, sdraiato su una sedia, mentre passa un
austriaco che fa un cenno e va via. Arriva
anche Rosemary, un’australiana partita il 22
settembre da Puy (me lo dirà dopo
nell’albergue), si toglie lo zaino, si posiziona
su una panca pochi metri davanti a me e si
mette a fare ginnastica, poi si sdraia; la vedo,
lei sulla panca, lo zaino al suo fianco, le
montagne sullo sfondo, le faccio una foto (le
ho promesso che gliela manderò al mio
ritorno).
All’albergue, in cui arrivo alle 16, ci sono le 3
coreane, la tedesca, lo spagnolo taciturno e i
due francesi che all’inizio avevamo scambiato
per preti o frati, ma non era vero; la casa è
vecchia, ma molto accogliente, si dorme nella
mansarda, non ci sono ovviamente i soliti letti
a castello. Faccio il consueto giro della città,
visito la cattedrale dove, per tradizione, vivono,
sistemati sopra ad un altare, un gallo e una
gallina. Le tradizioni del Cammino sono
semplici, ma anche suggestive.
70
10) - 2 novembre domenica
Santo Domingo de la Calzada – Belorado –
Km. 23
Piove, piove, piove. Faccio colazione in una
bellissima pasticceria e parto poco prima delle
9.
Faccio quasi tutto il tragitto da solo, unico
riferimento le frecce gialle che ti guidano verso
la meta, In un piccolo villaggio sul muro di una
casa ci sono due frecce, una indica una
direzione, l’altra un’altra: mi fermo. Ormai ho
imparato a mie spese che quando si ha un
dubbio bisogna fermarsi e cercare una
conferma. Di solito si vede un cippo qualche
metro più avanti, o un cumulo di pietre, o
ancora un’altra freccia disegnata sull’asfalto o
su una pietra o su un lampione. Guardo in tutte
le direzioni, niente! Mi giro alla ricerca di un
indizio, in mezzo alla pioggia vedo un uomo ad
una finestra al primo piano di una casa, mi
guarda e mi indica la direzione, nello stesso
tempo al piano di sotto una ragazza che sta
lavorando al computer si sbraccia ad indicarmi
la stessa direzione, sorrido e saluto
ringraziando. Poco prima di mezzogiorno mi
fermo in un bar a prendere un caffè e una pasta,
non riuscirò più a trovare un luogo dove
71
fermarmi, piove e non ci sono ripari, sono
costretto a camminare fino alla meta che
raggiungerò molto presto, alle 15 e 15. Nel
primo pomeriggio, in mezzo alla campagna, mi
viene incontro una figura nella pioggia, un
cappellaccio sopra a una mantella che traina un
curioso carretto al posto dello zaino; ci
parliamo in inglese prima di capire che siamo
entrambe italiani! Luca sta tornando da
Santiago, ma quella non era la sua meta; partito
da Sondrio con l’intenzione di andare in
Irlanda a piedi voleva vedere Andora, che lo ha
deluso, poi ha pensato di passare da Madrid,
poi da Porto e, ancora da Santiago. Ora, poco
fuori Redecillia del Camino, sotto la pioggia
battente, mi racconta che è intenzionato a
proseguire per l’Irlanda, ovviamente sempre a
piedi. Lo saluto augurandogli buona fortuna,
pensando a quanti incontri strani si fanno su
questa antica via.
A cinque chilometri da Belorado raggiungo
Josè, lo spagnolo taciturno, e facciamo insieme
gli ultimi chilometri fino all’albergue, dove
troviamo le due coreane. Faccio la doccia e,
dopo circa un’ora e mezza vedo entrare una
figura chiusa nella mantella, fradicia e
distrutta: è Giulia, si è fatta 44 chilometri oggi,
72
da sola, ha lasciato gli altri perché andavano
troppo piano. Abbiamo tutti trascorso una
giornata faticosa e fradicia. Nonostante
l’attrezzatura tecnica, nulla riesce a fermare
l’acqua oltre un certo tempo. Preparo per tutti
un the e ci dividiamo una girella e una mela
che avevo acquistato questa mattina; le coreane
mettono in tavola frutta secca e uvetta, non è
un gran ché, ma la stufa e il the caldo ci
rincuorano. Io sono arrivato alla mia ultima
tappa, per quest’anno, e mi dispiace.
Viaggio di ritorno - 3 novembre
Belorado – Saragozza – Orio al Serio –
Collegno
In poco più di un’ora di bus ho percorso il
tragitto fatto in quattro giorni; questo dà il
senso del Cammino, vivere in una dimensione
spazio/temporale tutta sua. Il tempo si dilata e
si misura in mattino, pomeriggio, sera e notte.
Lo spazio è ciò che comprende il tuo sguardo,
“fino là” e non oltre. I pensieri vagano nella tua
mente senza fretta non c’è nulla oltre il
camminare e l’orizzonte, che ci sia il sole, la
pioggia o il vento. Non so se sia corretto, ma
questa mi sembra “pace”. Ripenso al giorno
della partenza, a come mi sentivo male; durante
73
il Cammino non ho avuto un solo giorno di
malessere, mal di testa o un qualunque
malanno, credo sia un vero toccasana.
Il bus viaggia nella campagna spagnola
costellata di pale eoliche (a centinaia) e di
piccole centrali solari; mi viene il magone a
pensare all’insensibilità del nostro paese!
Giunge puntuale a Saragozza da dove prendo
un volo, un po’ ballerino verso l’arrivo, ma
anch’esso puntuale. All’aeroporto trovo subito
il bus per la stazione di Milano e arrivo in
tempo per prendere il treno che mi ero
prefissato, con poche speranze a dire il vero,
ma tutti gli orari si erano compenetrati in modo
perfetto, da quando al mattino alle 9 e 15 avevo
preso il primo bus, fino al treno delle 20 e 10.
Vorrei terminare qui perché dire che quel treno,
che doveva impiegare un’ora e cinquanta, ha
avuto più di due ore di ritardo proprio non me
la sento, per cui non ne parlo.
74
Diario
II Parte
14 marzo 2011
Sono trascorsi due anni e tre mesi e finalmente
ecco che arriva il giorno della partenza, verso
Santiago.
C’è voluto tutto questo tempo per trovare il
momento per partire, ma ciò che ha dato il
definitivo via alla decisione è stata la
scomparsa prematura di Renato il nostro amico
di Villafranca il 2 gennaio.
Il 10 gennaio una piccola operazione di ernia,
per altro prevista, mi aveva fatto ritardare
l’inizio della preparazione, ma venti giorni
dopo, l’allenamento era già iniziato. Prima con
brevi giri di un’ora, poi pian piano con
camminate più lunghe. Sapevo che nulla era
simile alle tappe del Cammino per cui decisi
che l’importante era abituarsi gradatamente a
camminare per più ore, tutti i giorni. Così ho
fatto, approfittando del fatto che nel frattempo
la mia azienda mi aveva messo in “esodo”. Mai
75
parola mi trovava più in sintonia; l’esodo sa di
biblico, di un cammino verso una terra
promessa, di un nuovo inizio.
Così la sera del 14 marzo prendo un treno che
da Torino mi porta a Barcellona. Mi sento in
colpa, ieri notte Mariella è stata male, le ho
persino chiesto se voleva che la portassi al
pronto soccorso. Al mattino ha detto che stava
meglio e che non dovevo assolutamente
pensare a rinunciare al viaggio.
Al mattino arrivo a Barcellona, piove in
maniera esagerata, riesco a bagnarmi tutto solo
scendendo dal treno. Con un treno che fa da
metrò tra una stazione e l’altra mi trasferisco
alla stazione Saints dove prendo un treno
veloce per Saragozza. Sul treno si può ascoltare
la radio, così prendo confidenza con lo
spagnolo. Da qualche parte c’è un’importante
fiera della “truffa”, pare che anche in Italia ve
ne sia, così dicono alla radio. Cosa sarà mai?
Vengo a sapere poi che stanno parlando di
tartufi, chissà perché avevo pensato ad altro?
Da Saragozza prendo un autobus che mi porta
fino a Belorado il luogo in cui il mio cammino
si era fermato nel novembre del 2008.
Trovo l’Albergue (diverso da quello della
scorsa volta) grazie a Kate, una ragazza
76
svizzera che mi fa strada, e così comincio ad
entrare nell’atmosfera. Per la prima volta
consegno la mia “credencial” al gestore, il
primo “sello” si aggiunge agli altri e faccio la
conoscenza dei pellegrini che sono giunti nel
pomeriggio. La prima cena con Dani, un
giovane spagnolo di Palencia che vive a
Madrid, Ester e Pilar due ragazze di Pamplona,
Nadine una ragazza tedesca e Kate la svizzera.
Ci sono altre tre persone che però non
mangiano con noi, due uomini e una ragazza
coreana, che conoscerò in seguito. La notte
trascorre serena, non vedo l’ora di iniziare.
11) /1 - 16 marzo 2011 mercoledì
Belorado – Ages Km. 27,5
Sveglia prima delle 7, come d’uso, fuori
piove, d’altra parte quando ero arrivato la volta
scorsa pioveva e non potevo aspettarmi
qualcosa di diverso. Esco alle 8 coperto dalla
mantellina, faccio dieci metri e sono costretto a
tornare indietro, mi ero dimenticato di
mettermi le ghette e i pantavento. Falsa
partenza. Piove e c’è molto fango, non importa,
l’euforia del primo giorno mi spinge avanti.
Salgo verso il colle dell’Oca, c’è un tavolo con
panca riparato da un bel tetto, fatto apposta per
77
i pellegrini; sono solo le undici, non posso
ancora fermarmi per un boccone, penso: ne
troverò un altro più avanti. Per chilometri non
c’è più un riparo o un posto dove riposare un
attimo e mangiarsi un panino; ad un tratto
arriva da dietro uno “Holà, Buen Camino” e se
ne va veloce. Alle due e mezza, in un momento
di relativa calma della pioggia, mi decido ad
entrare nel bosco e a sedermi sull’erba fradicia
per dare un po’ di riposo ai miei piedi e per
mangiare. Riprendo, mi supera il tipo di prima,
chissà dove l’ho superato? E’ un italiano,
Giuseppe di Verona, è partito a piedi da Pau,
perché l’aereo lo aveva portato li, Dice di
essersi perso a Roncisvalle nonostante avesse il
GPS! Parliamo per qualche minuto, ma lui va
molto più veloce di me e ci salutiamo.
Sicuramente non lo rivedrò più, il suo ritmo è
di gran lunga superiore al mio.
A San Juan mi fermo mezz’ora dentro la
chiesa, che fortunatamente è aperta. Arrivo a
Ages alle 15,30, trovo un Albergue privato, il
S. Rafael. Entro, sono il primo, strano, chissà
dove sono tutti gli altri? So che alcuni si
fermavano a S. Juan, ma qualcuno dovrebbe
comunque arrivare. Invece no sono solo in una
stanza con sei letti. Prima di andare a dormire il
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gestore mi lascia le chiavi, mi fa vedere dov’è
il telefono e mi indica un numero “in caso di
necessità”, poi se ne va.
12) /2 - 17 marzo giovedì
Ages – Burgos Km. 24
Anche oggi piove, parto alle 8 e mezza, un
cartello mi ricorda che mancano 517 chilometri
a Santiago. Nella mattinata smette di piovere.
Dopo Atapuerca, famosa per i suoi
ritrovamenti preistorici, c’è una salita
abbastanza faticosa; mi viene da ringraziare il
fatto di avere scarponi con una suola resistente,
il tratturo è disseminato di roccia e pietre
taglienti. Dall’alto si vede Burgos, ma
guardando la città e osservando il tragitto che
le frecce ti indicano, si ha la sensazione che ti
facciano fare un giro inutile. Quando si arriva a
Villafria questa sensazione è una certezza: dal
basso si vede l’altura da cui si è scesi ed è
evidente che ti hanno costretto ad un lungo giro
con il solo scopo, almeno credo, di farti
attraversare due piccoli borghi. Sapendo che
l’ingresso in Burgos è una strada molto
trafficata e che ti fa camminare per lungo
tempo a fianco di fabbriche e concessionarie di
auto, decido di prendere l’autobus n.8 che mi
79
porta nei pressi del centro, posso così osservare
la grande fabbrica di pneumatici che occupa un
lunghissimo tratto di strada. L’albergue è
proprio dietro la cattedrale, il tempo
risparmiato mi permette di visitare la grande
costruzione, a pagamento con sconto per i
pellegrini, e il centro città. La cattedrale è
sicuramente da vedere, una delle più belle
chiese che si possono ammirare in questo
Cammino. La sera, su indicazione di una delle
ospitalere, vado a cenare in un bel locale della
città, frequentato prevalentemente da spagnoli,
insieme alla svizzera Kate, ad una signora
francese, Terese e ad Andreas, un canadese che
dice che di mestiere cammina, chissa cosa
intende dire.
13) /3 - 18 marzo venerdì
Burgos – Hontanas Km. 31
Partenza alle 7,30; per fortuna prendo un
caffè alla macchinetta dell’albergue e una
brioche confezionata, perché fuori è ancora
tutto chiuso e dopo Burgos si trovano solo
piccoli paesi. Faccio i primi 10 km con
Giuseppe, quello di Verona, che mi racconta di
una sua amica che non mangia per scelta
ascetica, secondo una non meglio definita
80
filosofia indiana; lui è alla ricerca della sua
strada. Poi riprende, perché, come avevo visto
due giorni prima, lui va molto veloce, ma,
nonostante ciò, lo ritroverò ancora. Passano i
paesini, ma non c’è neppure un negozio; io, per
scelta, non mi porto mai niente da mangiare,
conto di trovarne cammin facendo. Un colpo di
fortuna: all’ultimo paese, prima di salire sulle
mesetas, arriva un camioncino strombazzando
e si ferma sulla strada in mezzo al paese: le
signore escono di casa e si apprestano verso
questo furgone che vende pesce fresco e frutta.
Acquisto un’arancia, una mela e una banana
che saranno il mio pasto per quel giorno.
Arrivo ad Hontanas alle 16,45. Nell’albergue,
una vecchia casa ristrutturata, ritrovo Dani e le
due ragazze di Pamplona; alla sera arriva un
amico di Dani da Madrid che, siccome lavora,
farà due giorni con loro. In mio onore decidono
che devono preparare una pasta alla bolognese,
tirano fuori due pacchi di “tajarin” (è proprio
scritto così sulla confezione!), e, con carne,
sugo e un uso spropositato di cipolla, preparano
questo piatto. Mi intrometto solo per
scongiurare che la pasta si trasformi in colla,
ma alla fine ceniamo chiacchierando
allegramente, bevendo abbondante vino dato
81
che in cucina
riscaldamento.
non
è
stato
acceso
il
14) /4 - 19 marzo sabato
Hontanas – Boadilla del Camino Km. 28
Oggi è una bella giornata, si cammina bene,
il tragitto passa in parte sulla strada
provinciale, non c’è traffico ed ho un colpo di
fortuna. La strada passa tra le rovine del
convento di San Anton del sec. XIV, la
struttura si vede in parte, perché l’interno è
parte di una tenuta privata. In estate c’è anche
un albergue, che in questa stagione è chiuso,
ma quando arrivo, un’auto si avvicina alla
cancellata e, dopo aver chiesto il permesso, mi
lasciano entrare e fotografare l’interno della
chiesa a cielo aperto. Dopo Castrojeriz si risale
verso la meseta; la salita è dura, ma si vede
dove finisce e quindi si ha il senso della
distanza. Arrivati in cima, un bel colpo
d’occhio ti fa vedere la strada già percorsa e ti
dà il senso dell’infinito della strada ancora da
percorrere. Purtroppo qualche amministratore,
che sicuramente non ha mai fatto il Cammino,
ha pensato che la discesa, molto ripida, subito
dopo il passo, dovesse essere cementata.
Sembra quasi che gli amministratori locali,
82
lungo tutto il tragitto, si divertano a sistemare
le strade secondo un loro criterio che è l’esatto
contrario di ciò che vorrebbero i pellegrini.
Lastricano ingressi nei paesi, cementano salite
o discese, con il risultato che ai bordi di questi
manufatti, certamente costosi, c’è sempre una
scia sulla terra battuta dove passano i pellegrini
che preferiscono la terra o l’erba all’asfalto o al
cemento.
Il panorama è superbo e ti riempie di
emozione, una grande emozione (e dire che su
una guida avevo letto che si trattava di una
tappa noiosa). La giornata è stata un gran
prologo per una serata davvero speciale. Arrivo
a Boadilla, l’albergue che doveva essere aperto
è chiuso, invece è aperto l’albergue Putzu. Mi
riceve Serafin, ragazzo Basco che ha deciso di
aprire un albergue; ha appena finito di interrare
una piccola piscina nel giardino (sarà un gran
privilegio per questa estate). Mi invita a casa
sua e mi specifica subito che per questa
giornata sarà anche casa mia. Nell’albergue c’è
già Jago un giovane medico di Bilbao e Sam
Min, anche lei medico di Seul (Corea del Sud).
La ragazza mi dice che il suo nome significa
“pietra preziosa per tutte le genti”, (che
poesia). Arrivano anche i quattro spagnoli, con
83
me la sera precedente, e Pablo, un portoghese
che vive in Francia. Le regole della casa sono
che qualcuno prepara la cena e gli altri fanno le
pulizie. A me, in quanto italiano, l’incarico di
allestire una cena. Serata davvero speciale,
usciamo tutti sul prato ad osservare la luna
piena. Posso anche suonare la chitarra che è li
nel soggiorno a disposizione, per la prima volta
si va a dormire tardi, dopo un paio di bottiglie
bevute tra amici.
15) /5 - 20 marzo domenica
Boadilla del Camino – Corrion de Condes
Km. 25
Ieri pomeriggio c’era un sole magnifico e,
dopo aver fatto il bucato, ho approfittato del
giardino di Serafin per stendere la mia roba;
purtroppo non mi sono ricordato di ritirarla a
sera e questa mattina ho trovato che la mia
biancheria era un pezzo di ghiaccio, poichè la
temperatura era scesa sotto zero durante la
notte.
Parto per ultimo alle 8,30, il primo tratto è
abbastanza bello, si cammina a fianco di un
canale, poi inizia la parte noiosa del Cammino,
si viaggia su uno sterrato a fianco di una strada
che non è affatto trafficata, ma quell’andare
84
sempre dritti e senza un rilievo non è troppo
piacevole; fortuna che, ad un certo punto
raggiungo Sam Min e Jago e tra una
chiacchiera e l’altra si arriva abbastanza stanchi
a Corrion de Condes. L’albergue è gestito dalle
suore e non mi piace molto, sarà quello in cui
mi sono trovato meno a mio agio in tutto il
viaggio. Si dorme in una piccola stanza in 12,
con letti a castello troppo vicini l’uno all’altro.
Bocciato! A cena, col menù del dia, insieme ai
miei due compagni di questa tappa, si parla del
Cammino, delle rispettive nazioni, del perché si
è li e così via, ridendo nonostante le differenze
di latitudine e di lingua.
16) /6 - 21 marzo lunedì
Corrion de Condes – Terradillos de los
Templarios Km. 27
I roncadores si sono dati da fare, ma in
qualche modo sono riuscito a dormire! Sveglia
prima delle 7 e partenza, dopo colazione in un
bar dove ritrovo gli spagnoli che avevano
scelto un altro albergue.
La strada anche oggi è tutta dritta, ma il
paesaggio è tipicamente rupestre. A Ledigos ci
sono due frecce leggermente divergenti: prendo
a destra, è a fianco della strada, ma per tutto il
85
percorso vi sono alberi sulla sinistra a riparare
dal sole. Oggi non c’è un gran sole, ma credo
che in estate possa essere piacevole approfittare
dell’ombra. Cammino ancora un po’ con la
coreana e lo spagnolo Jago. Poi proseguo con i
tre spagnoli; Dani decide che devo imparare la
sua lingua e si comincia col verbo “ser”, ma
sbaglio sempre la seconda persona plurale, così
mi minaccia col bastone che usa per
camminare. Ridiamo e così la fatica non si fa
troppo sentire.
Sam Min decide di proseguire per Sahagun,
Jago mi abbraccia perché deve tornare a
Bilbao, lui aveva solo pochi giorni da
trascorrere sul Cammino e sono finiti.
Mi fermo a Terradillos con gli spagnoli,
l’albergue è privato ed è anche ristorante così
non si deve andare a cercare altrove, anche
perché non ci sarebbe altro in questi piccoli
paesi che attraversiamo. Il padre di Dani, che
vive a Palencia, viene a trovare suo figlio (Dani
vive a Madrid) che passa nelle vicinanze e
porta dolci che ci mangiamo per cena e saranno
molto utili per il giorno successivo.
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17) /7 – 22 marzo martedì
Terradillos los Templarios – El Burgo
Ranero Km. 31
Riparto alle 8,30, viaggerò tutto il giorno
solo. La tappa ancora una volta mi dice poco,
c’è il sole ma si viaggia sempre a fianco della
strada in linea retta. Si attraversano piccoli
paesini, ma anche Sahagun che è una cittadina
anche carina. Qui prendo una decisione che
rimuginavo da un paio di giorni. Il mio zaino è
decisamente troppo pesante, supera i 10 chili. E
dire che lo sapevo dalla prima volta che
bisognava portare solo l’indispensabile, solo
che avevo ritenuto indispensabili cose che alla
prova dei fatti potevano essere lasciate a casa.
Così vado alla posta e metto, in una scatola
fornitami dall’impiegato, le scarpe che usavo la
sera e un maglione. Peso: 2 chili. Ora lo zaino è
diventato umano, le mie spalle, ma soprattutto i
miei piedi sorridono. Sgravato dell’inutile
fardello, mi compro anche una crema solare
che non mi ero portato e che è diventata utile,
essenzialmente per la parte sinistra della faccia
e per la mano sinistra che si è scottata. Io
cammino sempre con i bastoncini e questo fa sì
che le mie mani siano sempre esposte. E’ vero
che al mattino, essendo la temperatura quasi
87
sempre sotto zero, metto i guanti, ma durante la
giornata, se c’è il sole, è un’altra cosa.
All’albergue c’è un francese come ospitalero,
dice di essere pranoterapeuta, racconta di aver
fatto il Cammino percorrendo giornalmente 50
km. Trovo come sempre i 3 spagnoli, ancora la
coreana e Tony, un italiano che vive in
Germania. Ceniamo nel ristorante di fronte e
finiamo col Paciaran, un liquore di quelle terre.
Buono!
18) /8 – 23 marzo mercoledì
El Burgo Ranero – Arcahueja Km. 30
Sono in strada alle 8. I primi tranquilli 13
chilometri in assoluta solitudine. Si viaggia
ancora a fianco di una strada, prima con un
traffico inesistente, poi ci si immette in un’altra
che avvicinandosi a Leon diventa man mano
più trafficata di auto e camion. Non è un bel
camminare. So che si tratta dell’ultimo tratto,
se si può dire: noioso, e mi consolo. La mia
idea di non fermarmi a Leon mi porta alle porte
della città, mentre tutti gli altri si fermano un
po’ prima, in modo da arrivare nella capitale
della regione e fermarsi il giorno successivo. A
me di visitare le città grandi,a parte il centro,
non va molto per cui avevo impostato il mio
88
viaggio prevedendo di attraversare la città ma
di dormire oltre.
Così sono solo nell’albergue privato di
Arcahueja.
19) /9 – 24 marzo giovedì
Arcahueja – Villar de Mazarife Km. 29
Da Arcahueja hanno allestito un percorso
alternativo a quello lungo la statale, non è un
gran chè, ma è meglio, per il solo fatto che per
un certo tratto è lontano dal traffico. Entro in
Leon, mi fermo un’ora a visitare il centro: la
casa costruita da Gaudì, la splendida cattedrale
(imperdibile), la chiesa di San Isidoro con il
chiostro e l’annessa cappella dipinta. Poi
riparto verso la periferia e finalmente fuori città
il panorama cambia. Da la Virgen del Camino
vi sono due possibili itinerari, scelgo quello che
si allontana dalla statale e attraversa la
campagna con i suoi piccoli borghi. Sulle guide
è scritto che si tratta di un tragitto più lungo di
5 km., in realtà, confrontando i chilometraggi
ufficiali dati dalla regione Castillia e Leon, il
percorso è quasi uguale, forse poche centinaia
di metri meno in quello che viene indicato più
lungo. Ho constatato, durante il Cammino, che
a volte si fanno giri strani, altre volte vieni
89
indotto a passare in luoghi che non sono quelli
originali, solo per farti passare in un punto
preciso o in un paese particolare. Interessi?
Comunque ero stufo di camminare vicino ad
una strada e non ho avuto dubbi. Col senno di
poi ho fatto bene. Mi fermo, come previsto,
all’albergue San Antonio da Padua: sono
ancora da solo in uno stanzone con 40 letti, ma
trascorro una piacevolissima serata davanti al
camino acceso con Pepe, un vecchio medico
che ha allestito l’albergue qualche anno fa e
Nuria, che si occupa della cucina e parla molto
bene l’italiano. Discutiamo sul significato del
Cammino, concordiamo col fatto che prima o
poi tutti durante questo viaggio, anche
interiore, piangono. “Si piange” dice Pepe “per
i dispiaceri passati o per l’impotenza del
presente”. Non so se sia così, ma succede a
tutti.
20) /10 – 25 marzo venerdì
Villar de Mazarife – Astorga Km. 31
Riparto alle 8,30. Piove. Sono, come ogni
volta che piove, vestito come un palombaro. La
mantella, i pantavento, i guanti. Ma dopo
neanche mezz’ora smette, mi tolgo il tutto e
proseguo in mezzo alla campagna; incontro tre
90
ragazze tedesche, come sempre ci salutiamo e
auguriamo “Buen Camino”. Più avanti, un altro
pellegrino si sta cambiando la maglia. Mi
avvicino e mi fermo per fare due chiacchiere: è
un finlandese, tira fuori un salamino piccante,
me lo offre e, dopo un mio cortese rifiuto, lo
addenta e se lo mangia in tre bocconi. Troverò
ancora altre volte quest’uomo. I pellegrini che
mi avevano accompagnato nella prima parte
sono indietro ed ora trovo altri compagni di
viaggio. La tappa di oggi è bella anche se ad un
certo punto, dopo essere passato all’interno di
un piccolo borgo, mentre mi trovo su un
tratturo all’interno di un boschetto, arrivo ad un
bivio. Le direzioni possibili sono tre: avanti, a
destra o a sinistra. Cerco la freccia che mi
indichi la strada, mi giro in ogni direzione,
percorro uno spezzone di ogni direzione, ma
della freccia gialla o di una qualunque
indicazione, nulla. Decido di tornare indietro e
con la piantina della tappa in mano passo da
un’altra parte che però so essere nella direzione
giusta. Dopo circa un chilometro, come per
magia, ritrovo le frecce. Avrei dovuto girare a
sinistra. Gli ultimi tre chilometri prima di
Astorga sono brutti, come ogni ingresso in
città. Trovo subito l’albergue, che è il primo sul
91
tracciato. Mi accoglie una ragazza ungherese, è
gentilissima. Nella camera vi sono due letti a
castello, su uno vi è già sdraiato il finlandese
conosciuto nel pomeriggio. Dopo una
tonificante doccia vado a vedere la città che è
veramente bella, piccola, ma con un bellissimo
centro in cui spicca la piazza del municipio, il
palazzo vescovile (opera ancora di Gaudì) e la
cattedrale, che non potrò visitare perché chiusa.
La notte i miei piedi mi implorano di fermarmi
almeno un giorno. Mi fanno male le piante dei
piedi, anche se non ho né vesciche né tendiniti.
Fatico a dormire.
21) /11 – 26 marzo sabato
Astorga – Rabanal del Camino Km. 21
Era mia intenzione andare fino a
Foncebadon, ma strada facendo mi sono detto
che i miei piedi non me lo avrebbero
perdonato.
Anche oggi piove, smetterà e riprenderà tutto il
giorno, il percorso è bello, sale gradatamente in
mezzo alla natura. Ad un tratto un quadretto
strampalato: su un filo della luce vicino ad un
traliccio dell’alta tensione, ad una decina di
metri di altezza, due scarponi legati tra loro
penzolano al vento! Non riesco a pensare a chi
92
possa essere stato così stolto. L’unica cosa che
mi viene in mente, qualcuno che ha deciso con
quel gesto plateale di dire: “Basta me ne torno
a casa!”. All’albergue di Rabanal c’è un
ragazzo di Bologna, Fabio, che è fermo da due
giorni per una tendinite. C’è anche una ragazza
australiana, Susan, anche lei ospite da due
giorni perché non sta bene: è li, con la testa
appoggiata ad una mano, mentre mangia
schifata un riso in bianco preparatole dalla
ospitalera. Ci informano che alle 18 in chiesa si
potranno ascoltare canti gregoriani. Piove, tira
vento e fa freddo, per uscire mi metto tutto
quello che ho, tre maglie la giacca e la
mantella. Ascoltiamo con piacere i canti dei
monaci; erano anni che non sentivo cantare il
“Magnificat” in latino! Poi tutti a cena
nell’unico ristorante del luogo. Ad un unico
tavolo ci sono io, con l’altro italiano, un danese
e uno svedese della mia età, poi le due ragazze
tedesche che avevo incontrato due giorni
prima, un altro ragazzo tedesco e una ragazza
olandese. Facciamo già un bel miscuglio di
umanità, usando una lingua che assomiglia al
patchwork.
93
22) /12 – 27 marzo domenica
Rabanal del Camino – Molinaseca Km. 26
Facciamo colazione tutti insieme, al mio
fianco una signora che non avevo visto la sera
prima. Siamo tutti un po’ su di giri, sappiamo
che questa è una tappa importante del
cammino, per me sarà una delle più belle. Si
passa alla “Croce di Ferro”, tutti tiriamo fuori
la nostra pietra che abbiamo portato da casa,
c’è un attimo di esitazione prima di partire,
piove a dirotto, Fabio dice. “Vedrete che fra
mezz’ora smette” (parole profetiche).
Guardo con curiosità Susan che sta meglio e ha
deciso di partire. A differenza di tutti gli altri
che viaggiano con giacche a vento, lei ha un
cappottino di lana a quadrettini e sorride.
Partiamo, ognuno col proprio passo, davanti a
me, a poche decine di metri, la ragazza
olandese. Dopo circa mezz’ora la vedo
fermarsi, mi aspetta e mi guarda interrogativa.
“Sì è neve” le dico e scoppiamo a ridere. Man
mano che si sale la neve comincia ad
imbiancare gli alberi, la strada e noi. Arrivati a
Foncebadon ci rifugiamo tutti nell’albergue che
ci ospita offrendoci caffè e dolci da gustare
davanti al camino acceso, davanti al quale
sistemiamo le nostre scarpe fradice. Arriva
94
anche Fabio e dice solo: “Te l’avevo detto”. Mi
fermo mezz’ora, poi saluto la compagnia che
sembra intenzionata a rimanere ancora per
parecchio tempo e riparto. La neve scende che
è uno splendore, io adoro camminare nella
neve, in più i miei piedi, che nei giorni
precedenti si lamentavano, trovano la soffice
coltre un vero toccasana. Arrivo alla “Croce”
da solo con una commozione indescrivibile.
Lascio la mia pietra, provo a fare qualche foto
perché non voglio proprio scordare questo
momento, poi riprendo, questa volta in discesa.
Raggiungo Manjarin, mi fermo a salutare
Tomas l’ospitalero che vive da solo qui e che
dice di essere l’ultimo templare. Su una
mensola, una candela con sopra scritto “la luz
del Camino”. Chiedo spiegazioni e Tomas mi
dice che ogni sera accende la candela e se
qualcuno si trova nel buio sul Cammino può
ritrovare la strada seguendo quella luce.
Poetico! Man mano che si scende, la neve si
trasforma in pioggia. Arrivo a un paesino più in
basso ed entro nell’unico bar da cui sta uscendo
Toni, l’italo tedesco che dice che insieme ad
altri due ha chiamato un taxi per farsi portare a
Ponferrada, non ce la fanno più: sono fradici e
sopraffatti dalla stanchezza; mi chiede se
95
voglio approfittare del passaggio, ma mi
guarda stranito quando gli dico che non sono
mai stato meglio e che ho proprio voglia di
continuare a camminare. Nel bar trovo la
signora che aveva fatto colazione vicino a me,
parliamo un po’ e scopro che viene
dall’Australia: le chiedo se aveva conosciuto
l’altra ragazza che veniva anch’essa dalla sua
terra, ma mi dice che non sapeva ci fosse
un’altra australiana nell’albergue e che non
aveva parlato con nessuno. Usciamo insieme e
lei parte velocissima, non la rivedrò più. Arrivo
a Molinaseca alle 17. A fianco del mio letto c’è
uno con una guida in italiano: chiedo
ovviamente se è italiano, no è austriaco, ma
aveva acquistato quella guida all’aeroporto di
Milano. Dice che fa ogni giorno almeno 40 km,
però quando gli dico che per mangiare bisogna
andare nel centro del paese a circa mezzo
chilometro, mi dice che è troppo stanco e che
salta la cena. Io vado nel ristorante
consigliatomi e trovo due coniugi che avevo
visto uscire in mattinata dall’albergue di
Foncebadon. Vengono dall’Alaska e hanno già
fatto il Cammino una volta oltre alla via
francigena da Cantherbury a Roma. Passiamo
insieme una bella serata. E mi stupisco di come
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le nostre idee siano simili, pur provenendo da
continenti diversi.
23) /13 – 28 marzo lunedì
Molinaseca – Villafranca del Bierzo Km. 31
Parto tardi la mattina, alle 8,30. Arrivo a
Ponferrada dopo 2 ore, attraverso la città, passo
a fianco del castello dei templari: sembra quasi
una ricostruzione tanto è perfetto. L’uscita è
brutta e in mezzo al traffico. Oggi sono stanco,
mi fanno male i muscoli, perciò mi fermo
spesso. Si attraversa di nuovo la campagna, si
sale e si scende in continuazione. Ad un certo
punto vedo due ragazze che arrivano da una
strada laterale, mi chiedo chi abbia sbagliato
strada, comunque l’importante è che ora siamo
su quella giusta. Arrivo stremato a Villafranca,
finisco di nuovo solo in un albergue. Dato che
ci sono solo io non si premurano di accendere
il riscaldamento. Per la prima volta rinuncio
alla doccia. Fortuna che nella camera con 6
letti c’è un po’ di caldo e con tre coperte riesco
a dormire decentemente. Mi insulto da solo,
perché non sono andato nell’altro albergue che
per di più era consigliato!
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24) /14 – 29 marzo martedì
Villafranca del Bierzo –La Faba Km. 25
Esco da Villafranca, minaccia pioggia. La
prima parte del tragitto si svolge a fianco della
strada che è sulla destra del sentiero, mentre
sulla sinistra scorre un bel fiume. Sulla strada
non c’è traffico perché poco sopra passa
l’autostrada dove è invece sfrecciano auto e
camion. Si cammina in una bella valle, solo a
tratti deturpata dai viadotti autostradali. Passo
in un paesino che doveva essere un luogo
piacevole qualche tempo fa, ora è sormontato
da un viadotto alto forse più di cento metri che
ne deturpa il panorama. Su una spianata, vicino
al fiume, pascola un cavallino pezzato, poco
distante un telone ripara un gruppo curioso: un
uomo con i capelli rasta in compagnia di sei
cani, non si capisce se è spagnolo, portoghese o
francese, racconta di sè di vivere sul Cammino,
offre un caffè in cambio di spiccioli. Una delle
presenze che si incontrano cammin facendo.
Incontro due giovani donne spagnole che
stanno percorrendo il Cammino insieme.
Camminano fumando e chiacchierando come
per una passeggiata, non hanno gli zaini che si
fanno portare tappa per tappa dal servizio
apposito, mi chiedono di far loro una foto e si
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piazzano davanti ad un pilone dell’autostrada;
consiglio di piazzarsi nella parte opposta dove
il panorama è bucolico, accettano stupite. Inizia
la salita verso il temuto O’Cebreiro, si prende
un sentiero sterrato, una bella mulattiera di
montagna, e si sale per quasi cinque chilometri,
fino ad arrivare a La Fapa dove ho deciso di
fermarmi. L’albergue è accogliente, ci
ritroviamo in un nutrito gruppo: ci sono le due
spagnole, due cugini francesi (maschio e
femmina) che provengono dalla Bretagna,
Gwendal e Gwenaelle, due coniugi francesi del
nord, uno spagnolo di Majorca di 68 anni che
non smette mai di parlare e che cammina con i
due coniugi. Arriva anche il finlandese
incontrato giorni prima e sembra soffrire molto
ai piedi, ed infine Toni l’italo tedesco che va
molto più forte di me ma che a giorni alterni
ritrovo. Nel villaggio non c’è un luogo dove
mangiare, per cui ci si deve arrangiare nel
rifugio. C’è un negozietto che però ha
pochissimo scatolame e per il resto scaffali
vuoti. In qualche modo si mangia, mettendo
insieme quello che si ha tra tutti. Una delle
ospitalere si presta a fare massaggi ai piedi, ne
approfittano le due spagnole e la giovane
francese, mentre io, trovata una chitarra,
99
allieto, si fa per dire, gli astanti che mi
gratificano anche con calorosi applausi. Di
notte mi pento di non aver approfittato dei
massaggi ai piedi, ancora una volta mi dolgono
e fatico a dormire.
25) /15 – 30 marzo mercoledì
La Faba – Tricastela Km. 26
Si parte per una delle tappe più dure, almeno
così viene descritta su quasi tutti i testi. Fatta di
mattina, freschi, non è che una normale
mulattiera che gradatamente ti conduce al
passo. Ad un certo punto trovo il cippo che
segnala l’ingresso nell’ultima regione toccata
dal Cammino la Galizia. Da ora in avanti ci
sarà quasi sempre un cippo di pietra ogni
cinquecento metri. La prendo comoda per non
sforzare i piedi e i muscoli, in un’ora e
quaranta percorro i cinque chilometri che da La
Fapa mi separano da O’Cebreiro. Il luogo è
veramente magico, specie se visto nella nebbia
piovigginosa. Entro nel convento dei
francescani dove mi faccio apporre il sello e
scambio due parole con il frate addetto.
Sosta d’obbligo al bar. C’è Toni che mi aveva
superato di slancio sulla salita mezz’ora prima;
mi dice che ha percorso la salita in un’ora, però
100
ora è costretto a fermarsi perché tutta la sua
roba è fradicia di sudore e deve aspettare che si
asciughi al calore del camino. Mi prendo la
prima fetta di torta di Santiago che gusto con
piacere. Ora è tutta discesa, la prima parte è
graduale e si viaggia abbastanza bene anche se
piove a tratti. Poi patisco alla grande l’ultimo
tratto prima di Tricastela. La discesa è ripida ed
impegnativa, vado pianissimo, temo per i
tendini e le ginocchia, i bastoncini mi tornano
utili come non mai. Arrivo all’albergue col
finlandese, ci assegnano due letti in una
stanzetta con due letti a castello, ma siamo solo
noi nella stanza. Lui prima di dormire si mette
a parlare nella sua lingua in un registratore e va
avanti dieci minuti. Usa questo mezzo invece
del diario che quasi tutti hanno.
26) /16 – 31 marzo giovedì
Tricastela – Barbadelo Km. 22
Questa notte abbiamo dormito così bene che
ci siamo svegliati alle 8. Faccio con comodo
colazione e chiedo informazioni sul tragitto. Da
Tricastela ci sono due possibilità: quella del
Cammino originale che passa da San Xil e
quella più lunga e più frequentata che passa da
Samos. Prendo la prima che attraversa i monti
101
e non è, se pur in piano, sempre a fianco della
strada come l’altra. Il tragitto è bello e vario, si
sale per cinque chilometri e poi tutta discesa
fino a Sarria. Durante la discesa incontro un
portoghese che sta andando con una specie di
carrettino in senso contrario, dice che sta
andando da Santiago a Roma, poi mi vende un
braccialetto fatto da lui. Ritroverò gli stessi
braccialetti ai polsi di vari pellegrini. A Sarria
ritrovo, in un bar, Toni con il danese con cui
avevo cenato a Rabanal. Toni dice che deve
andare molto avanti e riparte come sempre
spedito. Dopo Sarria si sale in mezzo a un
bosco, con ruscelli e bella campagna. Mi
superano lo spagnolo che parla sempre e la
coppia francese che è sempre con lui. Sono
partiti molto prima di me ma al buio non hanno
trovato la strada per Xil e hanno preso l’altra
molto più lunga e che a loro non è piaciuta
affatto. Taccio sulla bellezza della mia tappa
per non amareggiarli troppo. E ancora una
volta mi chiedo il significato di far passare il
cammino in luoghi diversi.
Arrivo all’albergue di Barbadelo, il primo
gestito dalla Xunta de Galizia; ho il tempo di
fare il bucato e stenderlo in un bel prato di
fronte, dove mi stendo a leggere il libro che ho
102
con me. Arrivano anche i due cugini francesi e
insieme allo spagnolo e agli altri francesi
ceniamo in un bel locale, prendendo come al
solito il menù del dia.
27) /17 – 1 aprile venerdì
Barbadelo – Hospital de la Cruz – Km. 30
Ci svegliamo tutti presto perché lo spagnolo
e i francesi sono sempre molto mattinieri. Non
c’è modo di fare colazione e parto che è ancora
buio alle 7,30. Dopo qualche chilometro un bar
e ci fermiamo tutti. Saluto i cugini francesi
perché loro pensano di fare una tappa breve in
quanto lui ha una forte tendinite. Ci facciamo
foto reciproche pensando di non rivederci.
Ancora un bel tratto di campagna con bei
saliscendi, anche se alcune discese sono molto
dure per me. In un paesino vengo avvicinato da
tre cuccioli, tre cagnolini simpatici, mi
soffermo un attimo e li fotografo mentre mi
rincorrono. Questo mi fa distrarre giusto
quell’attimo per non farmi vedere una freccia
che indica la direzione. Proseguo dritto e mi
accorgo dopo poco che qualcosa non va. Ad un
bivio non c’è la freccia che dovrebbe indicarmi
la strada; mi fermo, vado un po’ avanti finchè
chiedo in una cascina, mi rimandano indietro
103
indicandomi la direzione giusta. Sono un po’
contrariato, so che devo fare una tappa lunga
con molte salite e sbaglio pure strada. Poco
dopo incontro una ragazza, Anna: sembra
giovanissima, scopro poi che ha 33 anni, è di
Praga ed ha una figlia di due anni e mezzo.
Aveva iniziato a Puy, in Francia, sette anni fa,
il Cammino, che aveva poi interrotto. Sapeva
che doveva per forza terminarlo e aveva deciso
di fare gli ultimi 100 km. Così io l’ho
incontrata proprio all’inizio del suo Cammino
di quest’anno. Arriviamo dopo poco al cippo
che segnala i cento chilometri da Santiago, mi
faccio fotografare e la fotografo con la mia
macchina perché lei aveva dimenticato di
portarsene una. Proseguo da solo, a
Portomarin, per la seconda volta nella giornata
mi viene da improperiare. Si giunge al paese
attraversando un lungo ponte su un lago
artificiale, la freccia ti indica una ripida
scalinata, sali, poi la direzione ti porta nel
centro del paese fino alla grande chiesa che
sembra un castello. Da qui si ridiscende per
una strada parallela e opposta a quella
precedente, fino a tornare a 200 metri dal ponte
da cui sei giunto per attraversarne un altro che
ti riimmette sul Cammino. Un chilometro e più
104
assolutamente inutili per chi non deve fermarsi
in questo luogo. Accidenti! Nel pomeriggio mi
raggiunge Fabio di Bologna ma si ferma a
Calvor. A Hospital ancora una volta sono solo
all’albergue, una camerata con venti letti a
castello solo per me.
28) /18 – 2 aprile sabato
Hospitale de la Cruz – Melide – Km. 26
Mi avvio alle 8. Il tratto è bellissimo tutto in
mezzo alla campagna che attraversa piccoli
villaggi che paiono rimasti al medioevo. Gli
horreos per il granoturco, le mucche e i cavalli;
i contadini che, nonostante i mezzi moderni
come i trattori e macchinari vari, tagliano
l’erba con la falce. Attraverso Palas del Rei e
proseguo su un bel sentiero che evita
accuratamente la strada principale. Mi sorpassa
ancora una volta Fabio che dice di voler tentare
di arrivare a Santiago in due giorni. Arrivo a
Melide dove l’albergue è pieno; vicino a me
c’è Giuseppe che avevo incontrato il primo
giorno di Cammino, andava molto più veloce
di me ed ora è qui. Dice di essersi dovuto
fermare per due giorni a causa di una tendinite;
500 chilometri dopo siamo insieme. Lancia
un’imprecazione quando vede entrare un tale e
105
mi informa che questa notte non dormiremo. Si
tratta di un Californiano, il più gran “roncador”
di tutti i tempi! Nella notte si sentirà imprecare
in tutte le lingue conosciute e uno soltanto avrà
la possibilità di dormire.
A cena nella famosa pulperia di Melide con
Hole il danese, Anna la ceca, Andrea, un
italiano di Vicenza e uno spagnolo: posto
veramente da consigliare.
29) /19 – 3 aprile domenica
Melide – Arca – Km. 33
Prima di partire vedo due che si infilano le
mantelle, chiedo se piove, mi dicono di si.
Accidenti
bisogna
tirare
fuori
tutta
l’attrezzatura per la pioggia, speravo proprio di
trovare una bella giornata. Non mi convince,
esco e scopro che non c’è una nuvola. Non ho
parole. Mi mangio una fetta di torta di Santiago
che avevo preso ieri sera, per fortuna, perché
per 12 chilometri non c’è un solo bar aperto, è
domenica. Ancora una tappa bella con molti
sali scendi nei boschi. Ritrovo Anna e insieme
arriviamo a Santa Irene: tutte due avevamo
intenzione di fermarci li, ma scopriamo che
l’unico posto in cui si può mangiare è un
chilometro indietro. Facciamo un po’ i conti e
106
decidiamo che è più saggio fare 3 chilometri in
avanti che 2 per rimanere sul posto. Lei parte
un po’ prima di me, io mi fermo un attimo per
riprendermi, speravo di essere a fine giornata e
invece ho ancora un bel tratto da fare. Non so
dove, ma non vedo il cartello che segnala
l’albergue di Arca e proseguo sul cammino
fino a quando, dal bosco, vedo spuntare, in
senso inverso, Andrea che mi dice che abbiamo
sbagliato strada e che dobbiamo tornare
indietro. Così invece di 3 km ne faccio quasi 5,
ma alla fine si arriva all’agognato rifugio.
Nell’errore sono stato fortunato perché ho
trovato quasi subito Andrea che era con
Giacomo, il quale ha preferito fare altri 10 km
piuttosto che tornare indietro di 2. Ceno con
Anna che mi dice di essersi preoccupata
quando non mi ha visto arrivare. Ci scambiamo
le nostre sensazioni e molto presto andiamo a
dormire. Domani è il grande giorno.
30) /20 – 4 aprile lunedì
Arca – Santiago – Km. 20
Notte tranquilla, la stanchezza di ieri mi ha
fatto fare un bel sonno. Tutti abbiamo
apprezzato il fatto che non ci fosse il
Californiano. Faccio colazione con calma, ho
107
quasi paura di partire. E’ l’ultimo giorno del
Cammino e voglio proprio gustarmelo. In
realtà appena parto mi rendo conto che sto
facendo una media più rapida del solito. Mi
sento bene e la meta vicina mi sprona. Fino al
Monte Gozo il cammino è vario e ancora bello,
poi si avvicina la città, si passa ai bordi
dell’aeroporto e vicino a strade trafficate, ma
questo ora non importa più. Incontro Anna che
mi offre un pezzo di mela, accetto volentieri
ma proseguo, sento che devo andare avanti. Mi
raggiunge, poco prima del Gozo, Andrea, mi
supera. A 12 km dalla meta terminano,
inspiegabilmente, le pietre miliari che ci
avevano accompagnato per quasi 150 km.
Finalmente si attraversa un ponte e si entra in
Santiago. Cammino con più calma alla volta
della cattedrale, poi alle 13 e 45 entro in
piazza. Cammino fino al centro della piazza,
mi fermo davanti alla chiesa e mi appoggio ai
bastoncini. Ce l’ho fatta! E mi siedo per terra.
Circa mezz’ora dopo arriva Anna, ci
abbracciamo e ci facciamo fotografare da un
inglese di passaggio.
Ho prenotato una stanza in una pensioncina a
poco prezzo nel centro, mi danno un
108
appartamento con cucina, salotto camera e
bagno.
Nel pomeriggio vado finalmente in cattedrale.
Purtroppo stanno restaurando il Portico della
Gloria che è tutto coperto da impalcature,
tranne la colonna centrale, quella con la testa di
Matteo e l’impronta delle mani che per secoli si
sono posate su di essa. Anche a questa però
non ci si può avvicinare. Mi accontento di
guardarla e di immaginare di aver posto la mia
mano dove altre migliaia di persone hanno
toccato e di aver avvicinato la mia fronte a
quella di Matteo. Vado però ad abbracciare San
Giacomo e lo posso fare con tranquillità perché
non c’è nessuno. Ora il mio Cammino è finito
per davvero.
Infine
A sera vado con Anna e Andrea a ritirare la
mia Compostela, poi a cena insieme ancora una
volta.
Il giorno successivo ci ritroviamo alle 12 per la
messa del pellegrino, nel mio banco c’è anche
il californiano, ma qui non russa. La messa è
suggestiva anche se non viene usato il
109
“butafumeiro”. Poi usciamo e salutiamo
Andrea che riparte per fare le tappe fino a
Finisterra. Anna parte nel pomeriggio per
Praga: ci salutiamo e promettiamo di rivederci.
A sera incontro i due cugini bretoni, così
trascorriamo un po’ di tempo insieme ai
tavolini di un bar. Passa anche Toni che ci
saluta calorosamente.
L’ultimo giorno di permanenza a Santiago, il 6
aprile, mi ritrovo ancora una volta davanti alla
Cattedrale insieme ai due cugini, arrivano lo
spagnolo loquace e i due coniugi francesi:
mentre si chiacchiera vedo un’andatura
inconfondibile quella di Sam Min, la coreana!
La raggiungo, è raggiante, mi dice di essere
arrivata il giorno prima, poi con il suo sorriso
ingenuo mi dice che sa che dovrebbe fare
qualche cosa nella cattedrale, ma non sa cosa.
Così l’accompagno a vedere quel che si può del
Portico e la invito ad abbracciare il santo.
Usciti dalla chiesa vedo arrivare un gruppo di
pellegrini al centro della piazza, dico a Sam
Min: “Ma quello è Dani”, e ci sono anche Pilar
e Ester. Corriamo verso di loro, Dani mi
abbraccia gridando: “Lo sapevo che ti
ritrovavo!”. Abbracci con tutti e ci sono
110
proprio tutti quelli che ho incontrato il primo
giorno a Belorado: è veramente una bella festa!
Alla fine ci salutiamo perché devo andare in
aeroporto e Pilar mi avvicina e mi dice che
vuole ringraziarmi per quella bella serata in cui
ho suonato per tutti loro.
Ho scritto tante cose, ma non ci sono parole per
spiegare le sensazioni provate, i sentimenti, i
dolori e le riflessioni. Solo chi ha fatto il
Cammino può capire e per questo auguro a tutti
di poter avere questo privilegio un giorno.
Quando si finisce il Cammino si ha una sola
certezza: che bisognava farlo.
Se lo volete potete vedere le foto del mio
Cammino su www.fulgro.altervista.org
111
LE TAPPE
La scelta delle tappe che si è fatta qui è quella
che prevede di fare il cammino in 30 giorni.
Studiando il percorso e le distanze ho cercato
di avere tappe per quanto possibile omogenee,
non troppo lunghe, ma neanche esageratamente
corte. Per fare questo ho tenuto conto che in
alcune parti del percorso vi sono distanze, tra
un luogo e l’altro, anche di 17 chilometri.
Naturalmente ognuno potrà prendere in
considerazione una scansione più consona alle
proprie esigenze, al periodo che ha a
disposizione e al periodo dell’anno che intende
utilizzare per questa avventura.
E’ necessario partire dalla consapevolezza che,
in linea di massima, si percorrono in un’ora
circa quattro chilometri, naturalmente in
pianura, che possono diventare anche la metà
in salita o in discesa. Tenuto conto di questo, si
può pensare a quanti chilometri si possono fare
in una giornata.
112
Si sentono, sul Cammino, persone che dicono
di fare 40 o addirittura 50 km al giorno, ma
direi che questa andatura non è per tutti.
A dire il vero, molti di quelli che viaggiano
molto veloci spesso li ritrovi, magari dieci
giorni dopo, fermi in qualche albergue con un
tendine
infiammato,
impossibilitati
a
proseguire.
Molti (specialmente gli spagnoli) considerano
come prima tappa quella che parte da
Roncisvalle, ma a mio parere, evitare di
attraversare i Pirenei nei luoghi più belli e con
un fascino storico come questi, è un vero
peccato. Per cui, per chi volesse fare per intero
il Cammino, consiglio di iniziare dalla Francia.
Essendo questa la scelta di tappe che io
personalmente ho fatto, ho aggiunto anche la
descrizione di alcuni albergue in cui mi sono
fermato ed il mio sintetico parere.
Un ultimo consiglio: al momento della
partenza, alla descrizione delle tappe è utile
affiancare le carte geografiche, del Cammino,
edite dalla Michelin.
113
1 - SAINT JEAN PIED DE PORT RONCESVALLES
Km. 28
(Rispettivamente Donibane-Garazi e Orreaga
in basco)
In questo primo tratto tutti i paesi hanno 2
nomi: uno in lingua nazionale, l’altro nella
lingua basca, (tra parentesi in questa guida).
La prima tappa, che porta da Saint Jean Pied de
Port a Roncesvalles, è anche una delle più
dure, se si decide di percorrere la così detta
“via alta”. E’ anche molto lunga e, per essere la
prima, mette a dura prova il fisico di chi la
percorre.
E’ però possibile scegliere tra due alternative.
Arrivati a Saint Jean Pied de Port (l’ultimo
treno arriva alle ore 16,30), una volta passati
all’ufficio di accoglienza per farsi mettere il
primo “sello” e, per chi non l’avesse ancora,
acquistare la credential (qui si può anche
trovare la conchiglia da appendere allo zaino),
si hanno più alternative: la prima, in ordine di
tempo, prevede di partire immediatamente per
la cosiddetta “via bassa” (via comunque
sempre consigliata in caso di maltempo, neve,
nebbia) in direzione Valcarlos (Luzaide). Il
tragitto è in parte sulla strada statale che porta
verso la Spagna. All’inizio è moderatamente
114
trafficata, ma una volta arrivati in territorio
spagnolo il traffico diventa esiguo. In tre ore
circa si può arrivare a Valcarlos (10 km da
Saint Jean). Se siete partiti dopo l’ultimo treno,
ricordatevi di tenere a portata di mano una
torcia, solo per segnalare la vostra presenza alle
auto in transito quando inizierà ad imbrunire.
A Valcarlos rivolgetevi al bar che trovate in
una piccola piazzetta sulla destra della strada
per accedere all’albergue del paese, che ha la
capienza di dieci letti, nuovo, con cucina,
carino. Si può mangiare nel ristorante proprio
di fronte, e così avvicinarsi al primo menù del
pellegrino.
Il giorno seguente si può partire da Valcarlos
con comodo, sapendo che il rifugio a
Roncisvalle non apre che alle 16. Si sale per la
strada asfaltata, se il tempo è brutto, o peggio
c’è neve, conviene seguire la strada fino al
colle. Se il tempo è buono proseguite fino a
trovare un segnale a sinistra che vi manda su
un sentiero che conduce, dopo una lunga, ma
non faticosa salita, al colle. . Attenzione! I
segnali che vi indicano la direzione sono due: il
primo che trovate porta verso una frazione (la
strada è asfaltata), ignoratelo e prendete il
secondo, qualche centinaio di metri dopo, su
115
sentiero sterrato, che vi eviterà un inutile giro.
Non scoraggiatevi camminando sul sentiero; in
questa tappa i segnali sono pochi, ma quando li
vedete vi rincuorano. Dal colle, dove si trova la
lapide che ricorda lo scontro tra i mori e
Rolando, si scende fino alla Collegiata, luogo
in cui trovate l’albergue che, come detto prima,
apre alle 16.
La via più seguita è la cosiddetta “via alta”, o
“Route Napoleon”. Si parte al mattino presto,
come già detto la tappa è lunga, e con un
dislivello in salita di circa 1300 metri, ma è
anche molto bella. Ricordatevi di fare
rifornimento di acqua e cibo, dopo Orisson non
ci sono sorgenti e dalla partenza non ci sono
negozi fino all’arrivo.
Usciti da Saint Jean si sale rapidamente su una
stradina asfaltata, poi negli ultimi dieci
chilometri si cammina su sentiero. Tutta la
tappa è ben segnalata, nei primi 17 chilometri,
in territorio francese, si seguono i segnali rosso
e bianco della Grande Randonnè 65, poi,
entrati in Spagna, si troverà la freccia gialla che
non ci abbandonerà fino a Santiago. Se avete la
fortuna di iniziare il vostro Cammino in una
giornata di sole potrete godere dei panorami
che vi offre questa tappa. Si dorme in un antico
116
magazzino di epoca medioevale, ben
ristrutturato, che sembra la navata di una
chiesa, con settanta letti a castello appaiati in
tre file, particolare per l’atmosfera. Non
dimenticate, prima di cena, la suggestiva messa
del pellegrino officiata dai monaci.
2 – RONCESVALLES – ZUBIRI Km 21,5
La seconda tappa è, anche questa, di montagna,
anche se si tratta di declivi più dolci. In parte si
tratta di una tappa in discesa; si scende dai 956
metri di Roncisvalle ai 535 di Zubiri, ma non
mancano le salite che caratterizzano questo
tratto della regione Navarra,
Si esce dalla Collegiata di Roncesvalles per un
bel sentiero tra gli alberi. Non fatevi
sconfortare dal cartello che indica: Santiago
790 Km… E’ il primo che troverete e vi
accorgerete che, man mano che procedete, vi
farà sempre piacere constatare la diminuzione
dei chilometri e il costante avvicinamento alla
meta!
Arrivati a Burguete prestate attenzione, nel
centro del paese si svolta a destra prendendo
un sentiero ben segnalato (vi è una chiara
indicazione sul muro di una casa, ma siete
appena all’inizio, poi vi verrà naturale seguire
117
le indicazioni). Si raggiunge l’Alto de
Mezquiriz (930 mt.), poi si attraversano piccoli
paesini e ancora l’Alto de Erro (810 mt.) dopo
di che è tutta discesa fino a Zubiri. Se piove
sarà un po’ faticoso per via del fango. Se
invece il tempo è buono e se è estate, ci si potrà
rinfrescare nel fiume Arga che scorre per un
buon tratto a fianco del sentiero. Si entra in
Zubiri per il ponte medioevale “della rabbia”,
così detto in quanto si faceva transitare il
bestiame facendolo girare intorno ad un pilone
sul ponte per preservarlo da questa malattia.
Se non si intende fermarsi a Zubiri si prosegua
senza attraversare il ponte. Albergue privato
Zaldiko, appena passato il ponte, 12 posti letto
in due stanzette, carino. L’albergue municipal è
poco più avanti.
3 – ZUBIRI – PAMPLONA (Iruna) Km. 21,5
Anche questa tappa ha i suoi bei saliscendi,
anche se la differenza tra la partenza e l’arrivo
non è significativa. Queste prime tappe non
sono molto lunghe, proprio per abituare
gradatamente il nostro fisico allo sforzo
duraturo che ci porterà fino a Santiago.
Si segue la valle del rio Arga. Arrivati a
Larrasoana si attraversa il rio su un ponte, poi
118
si prosegue con varie salite e successive
discese, Alto Cantera, Monte Nerval e Monte
Miravalles, fino a Trinidad de Arre in cui si
entra, attraversando un bel ponte medioevale,
detto “los peregrinos”, che attraversa il rio
Uzama. Sette chilometri dopo si entra in
Pamplona. Si entra dal Puente de Magdalena,
un simbolo del Cammino, passando poi per una
delle porte della città.
Pamplona è la prima città importante del
Cammino, ex fortezza romana, capitale della
Navarra, è famosa per la sua “feria”, la corsa
dei tori di San Fermin. Merita un giro in centro.
Nonostante la fatica non potete perdervi le
bellezze che in questo viaggio si trovano lungo
il Cammino. La cattedrale, il palazzo comunale
e tutto il centro storico meritano una visita.
Albergue de Jesus y Maria con più di 100 posti,
grande ma ben attrezzato e con una certa
privacy tra i letti a castello.
4 – PAMPLONA – PUENTE LA REINA
Km. 23,5
Tappa tranquilla, con una salita facile all’Alto
del Perdon ed invece una brutta discesa per
scendere dalla parte opposta.
119
Si esce da Pamplona attraversando la zona
dell’università, si prosegue per Cizur Menor
quasi in piano, mentre si osserva l’alto in cui
siamo diretti; è inconfondibile in quanto sulla
cima si vedono numerose pale eoliche che
troverete enormi quando sarete nei loro pressi.
La salita è graduale e senza particolari
difficoltà. A pochi metri dalla cima c’è la
“fuente de la reniega” (del rinnegamento): il
demonio offriva qui l’acqua ai pellegrini, ma
voleva che rinnegassero la loro fede. Non lo
troverete ora, la fonte è secca. Ricordatevi di
rifornirvi di acqua, non ne troverete fino a
Urtega (nei mesi estivi spesso vi è un furgone
con bibite e bocadillos in cima all’Alto, ma non
è sicuro). Arrivati in cima potrete finalmente
vedere uno dei simboli del Cammino, il
monumento ai pellegrini, che si staglia con
sullo sfondo i Pirenei. Si tratta di una
suggestiva carovana di persone, muli e cavalli,
a grandezza naturale, che viaggiano verso
Santiago, sferzati dal vento che arriva da valle.
Da qui si può vedere indietro il percorso già
fatto.
La discesa, come accennato, è veramente
brutta, si tratta di un tratturo pieno di pietre
appuntite che franano ad ogni passo; non è
120
lunghissima, ma prendetela con calma,
specialmente se il fondo è bagnato.
Finita la discesa, il tracciato è facile e senza
difficoltà; si attraversano i villaggi di Urtega,
Muruzabal e Obanos prima di arrivare a Puente
la Reina che prende il nome dal ponte a sei
arcate sul fiume Arga. Cittadina dal centro
medioevale, punto d’incontro del cammino
navarro (quello che qui si descrive) e del
cammino aragonese (che proviene dal passo
pirenaico di Samport) e che da questo punto si
uniscono diventando un unico “cammino
francese”. Albergue Padres Reparadores, non
male.
5 – PUENTE LA REINA – ESTELLA
Km. 22
Non vi sono difficoltà in questa tappa. Si esce
da Puente la Reina attraversando il famoso
ponte, si prosegue nel fondovalle su sentieri in
terra. Passato Maneru si giunge a Cirauqui
(“nido di vipere” in basco), un villaggio
medioevale ben piazzato sulla collina, dietro ai
resti delle antiche mura, con una bella piazza
(ci si passa obbligatoriamente). Dopo questo
centro si prosegue calpestando le pietre di
un’antica strada romana (purtroppo li vicino vi
121
è anche l’autostrada). Si attraversa in questa
tappa, e anche nelle seguenti, più volte
l’autostrada, non è un gran che, ma la nostra
meta ci impone di proseguire anche in luoghi
non sempre affascinanti.
Arrivati a Villatuerta, dove troviamo ancora
una volta (e sarà così per molte volte ancora)
un vecchio ponte medioevale, si prosegue sino
alla bella cittadina di Estella. Non mancate di
fare un giro per il centro e di vedere la bella
chiesa gotica di San Pedro de la Rùa ed il bel
chiostro adiacente, osservate le colonne e i
capitelli del chiostro uno diverso dall’altro.
Albergue de Peregrinos de Estella su vari piani
abbastanza ben tenuto, se si vuole, con
colazione.
6 – ESTELLA – LOS ARCOS Km. 21
Questa è l’ultima tappa che attraversa la
regione della Navarra ed è la prima che
annuncia i grandi spazi in cui ci inoltreremo
nelle tappe successive.
Si esce da Estella e, seguendo le indicazioni, si
arriva al monastero di Irache a fianco del quale
vi è la famosa “fontana del vino” da cui si può
attingere un bicchiere che darà forza per il
cammino. Si tratta di una trovata pubblicitaria,
122
adiacente ad una cantina di vini tipici; può far
piacere, oltre ad assaggiare il vino della fonte,
farsi apporre il sello sulla credenzial. La
fontana ha anche una bocchetta per l’acqua
fresca. Dopo Azqueta si prosegue su una strada
di campagna e si passa davanti ad un’antica
fonte medioevale del XIII sec. detta “de los
moros”. L’acqua non è potabile, ma il posto è
suggestivo, d’estate si può trovare refrigerio e
se invece piove si può sostare al riparo per
qualche istante.
Si prosegue fino a superare Villamayor de
Monjardin, si attraversano vigneti e campi
coltivati poi, dopo un pioppeto, inizia un lungo
tragitto tra campi e colline che ci dà un’idea
dello spazio immenso e della grande solitudine
che i pellegrini hanno patito nei secoli passati.
Sono 12 chilometri che ci portano fuori dal
nostro tempo, prima di giungere a Los Arcos,
piccola cittadina medioevale. Albergue Isaac
Santiago con 72 posti, un po’ confusionario,
ma accettabile.
123
7 – LOS ARCOS – LOGRONO Km. 28
Dopo tre tappe non eccessivamente lunghe e
con modesti rilievi, si parte per una tappa con
vari saliscendi e con una discreta lunghezza.
Si entra nella regione della Rioja, nota per la
grande produzione vinicola e ne avremo una
chiara visione nell’attraversare decine di vigne
nel nostro peregrinare. Si attraversano vasti
spazi che conciliano la meditazione, molti
campi coltivati e vigneti, ma pochi alberi.
Si inizia, uscendo da Los Arcos, su una strada
sterrata fino ad arrivare ad una prima salita su
un sentiero (se piove scivoloso). Si giunge a
Torres del Rio dove troverete uno dei
monumenti più noti del Cammino, la chiesa del
Santo Sepolcro, costruita su pianta ottogonale,
forse dai templari, nel XII secolo. Si prosegue
in mezzo ai campi fino a Viana, piccola
cittadina con palazzi rinascimentali, subito
dopo “l’ermita del la Trinidad”, sulla sinistra,
poco fuori del tragitto.
Poco prima di Logrono si trova la casa della
signora Felicia che per tutta la vita ha dissetato
i viandanti. Ora, dopo la sua morte, la figlia
prosegue l’opera della madre, e se lo desiderate
vi apporrà il sello.
124
Si entra in Logrono, capitale della Rioja, città
abbastanza grande (130.000 abitanti), con un
bel centro. Come tutti i grandi centri, con una
brutta periferia. Albergue Juvenil: carino con
una bella cucina e stanze su più piani. Se si
dorme in mansarda, non ci sono letti a castello.
8 – LOGRONO – NAJERA Km. 30
Si esce da Logrono superando i corsi e gli
incroci trafficati; poco fuori si cammina in una
bella zona alberata a fianco di un piccolo lago
artificiale.
La tappa si snoda senza grandi saliscendi. Si
passa prima per il poco consistente “alto de la
Grajera”: qui molti pellegrini piantano piccole
croci con rami e piccoli pezzi di legno, non è
proprio un bel vedere, ma è una delle tradizioni
del Cammino. Si giunge a Navarrete, anch’essa
con un bel centro storico, all’uscita si passa
accanto al cimitero con un antico portale
gotico. Poco più in là, una lapide ricorda una
pellegrina belga morta sul Cammino. Si
troveranno diverse di queste lapidi lungo il
viaggio verso Santiago, non è che il Cammino
sia così duro, ma con il passare di milioni di
persone è matematico che qualcuno trovi la sua
125
ora proprio qui e non nel suo letto a casa
propria.
La strada passa su una pista pedonale a fianco
della strada nazionale ( di queste piste ne
troveremo diverse lungo tutto il percorso).
Dopo Ventosa si sale all’alto “de San Anton” ,
poi si riscende fino ad arrivare a Najera;
nell’avvicinarsi al paese, si lascia la campagna
e si passa in una non bella zona industriale. Se
lo vedete, sul muro di una fabbrica vi è un
piccolo poema sul Cammino, scritto da un
prete del luogo.
Dopo il passaggio, su ponte pedonale, sul rio
Yalde si entra in paese. Questo è l’unico luogo
in cui ho dormito in un “hostal”: ce ne sono
parecchi lungo tutto il cammino e se si è
particolarmente stanchi una volta si può
concedere.
9 – NAJERA – SANTO DOMINGO DE LA
CALZADA Km. 21
Tappa bucolica, si passa tra campi e vigneti.
Bei saliscendi in mezzo alla campagna, poca
ombra e, come spesso accade, ricordarsi di far
rifornimento di acqua: ne troverete, ma non in
abbondanza.
126
Usciti da Najera si fiancheggiano le curiose
pareti di roccia rossa punteggiate da piccole
grotte scavate dai primitivi abitanti del luogo. Il
percorso è piacevole, con piccole salite, a volte
anche con una discreta pendenza, ma non
lunghe. Si passa da Azofra, poi per 16 km. si
attraversano campi coltivati; in estate si tenga
conto che è tutta sotto il sole. Si giunge ad un
piccolo paesino, Ciruena, dove è stato costruito
un anacronistico quartiere di villette a fianco di
un piccolo campo da golf. Si prosegue fino a
Santo Domingo, bella cittadina. Nella
cattedrale, su un altare laterale, un gallo ed una
gallina vivi a ricordo di un antico miracolo.
Albergue Casa del Santo, in un bel edificio
antico, si può dormire in mansarda.
10 – SANTO DOMINGO DE LA
CALZADA – BELORADO Km. 23
Usciti da Santo Domingo si cammina su una
pista appositamente approntata per i pellegrini,
a fianco della strada statale. Troveremo varie
volte questa soluzione che gli amministratori
locali hanno adottato per agevolare i pellegrini,
permettendogli di proseguire senza che siano
costretti a camminare sulla strada spesso
trafficata. Giunti a Granon si devia dalla statale
127
e per un po’si viaggia nella tranquillità della
campagna. Si lascia la Rioja per entrare nella
regione di Castiglia e Leon, provincia di
Burgos proseguendo tra vigneti e campi di
cereali, si attraversano i paesini di Redecilla de
Camino, Viloria de la Roja e Villamajor del
Rio. Da qui in avanti ci sentiremo spesso
osservati dalle cicogne che hanno i loro grandi
nidi sui campanili e sui pali della luce. Infine si
raggiunge Belorado, piccolo centro con una
bella piccola piazza. In Belorado ho dormito
due notti, nell’ultima tappa della mia prima
parte di Cammino, e alla partenza del mio
cammino
definitivo.
Albergue
Cuatro
Cantones, un piccolo rifugio nel centro del
paese, con cucina e una stanza con una decina
di posti letto. Non male, ma d’inverno poco
riscaldato, invece d’estate deve essere una vera
delizia. Albergue A Santiago, è il primo che si
trova arrivando da Santo Domingo, ha anche
annesso il ristorante, ma vi è anche la cucina.
11 - BELORADO - AGES Km. 27,5
Tappa con discrete salite, non c’è più la strada
che infastidisce al fianco del pellegrino, ma un
percorso più campestre, a volte duro, che porta
128
dai 700 metri di Belorado a superare i 1.100 sul
passo più alto.
Si lascia Belorado iniziando con un tratto
pianeggiante, si attraversa Villambista dove è
possibile vedere, scavata nella roccia,” l’Ermita
de la Virgen de la Pena”, si prosegue fino a
Villafranca Montes de Oca, da qui si comincia
a salire sui Montes de Oca. E’ il tatto più duro
della tappa, specialmente se piove! Poco dopo
aver lasciato Villafranca, sulla destra del
sentiero vi è un tavolo con una panca, riparati
da un bel tetto: se piove vi conviene pensare di
pranzare qui perché dopo, fino a San Juan de
Ortega, 12 km. non vi sono più ripari. Si
scollina sull’Alto de la Pedraja a 1.120 mt. di
altitudine, nei pressi una fonte di acqua fresca,
la fuente de Mojapan (sul luogo scrivono che
non è potabile), poi da qui è quasi tutta discesa
fino a San Juan, che si vedrà dall’alto con il
suo grande convento e la bella chiesa in stile
romanico. Da San Juan si prosegue diritti per
circa 350 mt. fino all’incrocio della statale per
Burgos, un cartello, sotto una grande croce di
legno, indica la via verso Ages, su una stradina
di campagna in mezzo ad un bosco di piccole
piante e poi campi fino alla meta. Albergue
privato S. Rafael con ristorante, non male.
129
12 - AGES - BURGOS Km. 24
Anche questa tappa dà il suo bel contributo alla
fatica che si è accumulata nei giorni precedenti.
Uscendo da Ages un’indicazione ci ricorda che
mancano ancora 517 chilometri a Santiago! Un
po’ ci spaventa, ma nel contempo ci rendiamo
conto che oggi superiamo i 300 chilometri
percorsi finora. Si cammina su strada asfaltata
fino ad Atapuerca, località famosa per essere il
più antico sito preistorico della Spagna. Dopo
questo luogo si sale su un tratturo veramente
duro, non tanto per la pendenza quanto per la
durezza del terreno e per le pietre aguzze che
non agevolano certo la salita. Giunti sulla
sommità di questa salita, la sierra di Atapuerca
1.060 mt., un piccolo pianoro su cui spicca una
croce e da cui si può già vedere la città di
Burgos e la immensa pianura (in realtà si tratta
di un altopiano che varia tra gli 800 e i 900 mt.
di altitudine) che dovremo affrontare nei giorni
seguenti.
Non sono molto chiare le indicazioni in questo
luogo, ma prestando un po’ di attenzione si
trovano le frecce che indicano la direzione da
prendere.
Scesi dalla sierra le frecce ci conducono su una
strada asfaltata. La sensazione è che ci stiano
130
facendo fare un giro vizioso solo per farci
attraversare paesi che altrimenti non avrebbero
alcun passaggio. Villaval, Cardenuela, Rio Pico
e Orbaneja sono i piccoli borghi che
incontriamo. Una volta attraversata l’autostrada
vi sono due possibilità per entrare in Burgos:
andare dritti verso Villafria o prendere verso
sinistra per Castanares. In entrambe i casi si
farà un lungo tratto costeggiando l’aeroporto.
Se si prosegue per Villafria si possono fare gli
8 km. che ci separano dalla nostra meta sul
marciapiede di uno stradone a 4 corsie che
attraversa l’orribile periferia della città, dove
rimarremo veramente stupiti dall’estensione di
una fabbrica di gomme che avremo al nostro
fianco per molti minuti, oppure, in alternativa,
se lo si vuole, si ha la possibilità di prendere un
autobus che porta fino nel centro di Burgos.
L’altra possibilità è invece quella di andare,
come detto, verso Castanares e poi, seguendo il
fiume, fino al centro della bellissima Burgos. Il
centro della città è magnifico e la Cattedrale, in
cui potrete accedere pagando un biglietto
scontato per i pellegrini, è una delle chiese più
belle che vi capiterà di vedere. (Ricordate di
portare sempre con voi la credential perchè
molti monumenti e musei a pagamento hanno
131
un biglietto speciale proprio per i pellegrini)
Albergue Municipal, proprio dietro la
Cattedrale, bello e funzionale, con i letti a
castello divisi gli un dagli altri da piccoli
separè.
13 – BURGOS - HONTANAS Km. 31
Si inizia da qui le tappe delle mesetas. E’
meglio rifornirsi in città perché nei paesini che
si attraversano spesso non vi è neanche un
negozio.
Si esce da Burgos e, dopo aver superato la
periferia, ci si trova nella campagna anche se,
per un certo tempo, si deve viaggiare passando
e ripassando l’autostrada che scorre li vicino e
per qualche tratto si deve anche viaggiare al
bordo strada. Si giunge a Tardajos sempre in
piano. Si arriva dopo non molto a Rabè della
Calzada, in cui troverete una fontana dov’è
possibile rifornirsi di acqua. Subito dopo inizia
la salita verso la meseta. Una volta in cima, a
qualche chilometro, vi è un luogo di sosta poco
sulla destra con tavoli e panche, “la fuente di
Prao”: è una fonte, ma non è detto che vi sia
sempre l’acqua! Dopo Hornillas del Camino si
affronta un’altra meseta; l’orizzonte si estende
e non è facile calcolare le distanze a occhio.
132
Alla fine di questa meseta, una piccola conca in
cui, sulla sinistra, vi è Arroyo de San Bol. Qui,
poco fuori dal sentiero, vi è una bella fonte di
acqua fresca che, secondo la leggenda,
consente al pellegrino che vi immerge i piedi,
di arrivare a Santiago senza problemi. Ancora
una salita e un’altra parte di meseta fino a
veder apparire quasi d’incanto Hontanas, che si
raggiungerà dopo una discreta discesa.
Hontanas è un piccolo paesino disposto intorno
alla chiesa dell’Immacolata del XVI secolo.
Albergue “Hospital de Peregrinos de San
Juan”, in un’antica casa. Non male, ma
d’inverno dimenticano di accendere il
riscaldamento in cucina: sarà perché il sindaco
è anche il proprietario dell’unico ristorante?
14 - HONTANAS- BOADILLA DEL
CAMINO Km.28
Questa è una tappa che può dare grandi
emozioni. Si cammina tra campi immensi e
orizzonti infiniti, ci si sente soli, ma anche
parte del tutto. (Questo è il mio parere, altri
trovano monotona questa tappa, giudicate voi).
Si esce da Hontanas camminando fino a
Castrojeriz sul ciglio della strada. Prima però si
passa per un luogo veramente suggestivo,
133
l’antico e diroccato Convento di San Anton; la
strada gli passa proprio in mezzo, in estate vi è
anche un albergue. Se è possibile fate un giro
all’interno della chiesa diroccata, ne vale la
pena. Superata la simpatica Castrojeris si può
vedere in lontananza il tragitto che ci stiamo
apprestando a fare. La strada in terra battuta
sale abbastanza ripida verso l’alto de
Mosterales e ci porterà su un’altra meseta;
quello che c’è di buono è che si vede dove
finisce. Al culmine, un posto per riposare e per
osservare il vasto panorama che si estende a
perdita d’occhio. La discesa è stata
orrendamente cementata da qualche imbecille,
ma non è molto lunga. Poi ci si inoltra in un
mondo di solitudine e immensità, lasciatevi
trasportare. Prima di Puente de Itero sul bordo
della strada trovate l’Ermita de San Nicolas, un
bellissimo albergue ristrutturato come nel
medioevo. Anche se non pensate di dormire
qui, se è aperto fermatevi per un saluto;
l’Ermita è tenuto dalla Confraternita di San
Jacopo di Perugia, vi accoglieranno con calore.
Poco dopo, attraversato il ponte sul Rio
Pisuerga si lascia la provincia di Burgos e si
entra in quella di Palencia. Superato Itero de la
Vega ci attende un’altra meseta. Sulle mesetas
134
tenete conto che di ombra ce n’è proprio poca,
in estate non dimenticate mai l’acqua. Sempre
su strada di campagna si arriva a Boadilla,
piccolo paese con una chiesa e nel centro della
piazza una colonna gotica del XV secolo, il
“rollo jurisdiccional”, che rappresenta il potere
giudiziario. L’albergue “il Putzu” è veramente
particolare. Ci sono solo dodici posti, ma
l’accoglienza di Serafin, un giovane basco, è
cordiale e i fortunati che riescono a trovare un
posto in estate possono godere, oltre che del
giardino, anche di una piccola piscina.
15 BOADILLA DEL CAMINO
CORRION DE LOS CONDES Km. 25
Purtroppo le prossime quattro tappe sono
quelle che mettono a prova la nostra volontà di
continuare. Si cammina quasi sempre a fianco
di una strada asfaltata, sempre diritti per
chilometri e chilometri; qui va bene se si ha
compagnia almeno si può parlare e trascorrere
il tempo senza annoiarsi.
Si esce da Boadilla su un bel sentiero a fianco
del canale de Castilla, fino a Fromista, che si
attraversa e poi, su un sentiero pedonale a
fianco della strada statale, punteggiato da
frequenti piloncini contrassegnati dalla
135
conchiglia, si arriva senza mai una deviazione
fino a Corrion de los Condes, attraversando
minuscoli paesini in un panorama che non ha
confini. Albergue Santa Maria del Carmine
(bocciato). E’ tenuto dalle suore, con camere
piccole, con i letti vicinissimi l’uno all’altro, da
non consigliare.
16 - CORRION DE LOS CONDES TERRADILLOS DE LOS TEMPLARIOS
Km. 27
Uscendo da Corrion per 17 chilometri non c’è
nulla, un sentiero rettilineo che ci fa
attraversare questa sconfinata landa fino a
Calzadilla de la Cueza, poi un altro sentiero a
fianco della strada asfaltata fino a Ledigos. Qui
due possibilità: a sinistra passando in mezzo ai
campi o a destra sempre a fianco della strada.
Questa seconda possibilità ha il pregio di avere
alberi per tutto il tratto, ben posizionati sulla
sinistra per poter far ombra al pellegrino. Si
troverà questo particolare segno di gentilezza
in molte parti del Cammino, fa certamente
piacere avere sulla sinistra (la parte da cui
arriva il sole) un albero frondoso che ci ripara.
Purtroppo non è così ovunque ed in alcune
parti gli alberi sono ancora molto piccoli.
136
Albergue Terradillos de los Templarios Jaques
de Molay: è privato, piacevole, con piccole
stanze con quattro/sei letti normali e con
annesso ristorante. Il paese è piccolissimo.
17 TERRADILLOS DE LOS
TEMPLARIOS - EL BURGO RANERO
Km. 31
Altra tappa tutta pianeggiante, nella prima
parte quasi tutta a fianco della vecchia strada
statale, ormai poco trafficata perché a poca
distanza passa l’autostrada. Qui si entra nella
provincia di Leon, si passa per san Nicolas e
poi avanti fino a Sahagun, un grande paesone,
carino da attraversare. Prestate attenzione alle
frecce che in centro sono un po’ carenti.
Comunque si dovrà uscire attraversando il
fiume dal Puente de Canto e proseguire su un
bel viale alberato, che sarà seguito da uno
sterrato, praticamente sempre diritto, che passa
prima da Bercianos del Real Camino per poi
arrivare a El Burgo Ranero. L’albergue del
Peregrino, dedicato a Domenico Laffi:
simpatico, con una bella sala comune con stufa
e stanze non troppo grandi, si richiede solo
un’offerta.
137
18 EL BURGO RANERO
ARCAHUEJA Km. 30
Molti preferiscono fare questa tappa arrivando
fino a Leon, ma occorre aggiungere sette
chilometri a quelli qui previsti e questa tappa,
per i miei gusti, è già abbastanza snervante
così. Altri si fermano prima, a Mansilla, e nella
tappa successiva arrivano a Leon.
Si inizia con un sentiero da poco alberato che
prosegue diritto nella pianura fino a Religios,
13 chilometri dopo la partenza, poi ancora il
sentiero fino a Mansilla de las Mulas, poi
un’interminabile stradone accanto al quale
siamo costretti a camminare fino a Puente de
Villarete. Di qui un sentiero un po’ più discosto
ci permette di arrivare, dopo un ultimo strappo
in salita, fino ad Arcahueja. Albergue privato
La Torre, con 12 posti letto, ristorante annesso,
riposante.
19 – ARCAHUEJA - VILLAR DE
MAZZARIFE Km. 29
Io ho scelto questa scansione perché, vivendo
tutto l’anno in una grande città, non mi attira
troppo l’idea di restare in una città se non vi
sono obbligato. Quindi ho pensato a questa
tappa che dà il tempo, a metà della giornata, di
138
visitare il centro di Leon e poi di proseguire
oltre.
Da Arcahueja si inizia con un primo percorso
fuori dal traffico, ma dopo pochi chilometri si è
costretti a passare strade trafficate su passerelle
pedonali e sentieri laterali che ci portano alla
periferia di Leon. Da qui, in meno di un’ora, si
arriva al centro dove non si può perdere la
stupenda Cattedrale e, lì vicino, la casa Botines
progettata da Gaudì e ancora la Basilica di San
Isidoro dove vi è anche una cripta magnifica,
detta il Pantheon Real. Tutte queste bellezze
sono situate in un breve spazio che si può
visitare in meno di due ore.
Per chi avesse fatto tutto il tratto da El Burgo
Ranero e fosse al limite della stanchezza (ma
anche per chi non avesse voglia di attraversare
tutta la periferia di Leon), all’ingresso della
città il capolinea del bus n.8 vi permetterà di
arrivare in una piazza centrale poco lontana
dalla Cattedrale,
risparmiandovi un po’ di
energia. (Dalla stessa piazza passa un bus che,
per chi lo desidera, vi fa uscire dalla città
evitandovi la periferia dalla parte opposta; il
bus arriva a La Virgin del Camino).
Visitato il centro della città si riprende,
seguendo le indicazioni, (dopo aver
139
attraversato la trafficata periferia) si arriva a La
Virgin del Camino. Qui, finalmente, si esce ed
inizia un nuovo tratto, di nuovo in mezzo alla
natura e alla tranquillità della campagna,
passando per Oncina de la Valdoncina, poi
Chozas de Abajo ed ancora su una strada diritta
fino a Villar de Mazarife.
Attenzione! A La Virgin del Camino,
attraversata la strada, sulla sinistra, vi è
l’indicazione di due diverse alternative del
Cammino: a sinistra per Viallar de Mazarife, a
destra per Villadangos del Paramo. Il mio
consiglio è per il primo tracciato, più bucolico
e lontano dalla statale. (Alcune guide indicano
una lunghezza maggiore di 5 chilometri per
questo tratto, in realtà le due vie hanno una
lunghezza praticamente uguale. Anche qui
qualcuno, per interesse, vuole confondere le
carte). Albergue privato San Antonio da Padua,
non essendoci ristoranti in paese l’albergue
provvede per la cena. Confortevole.
20
- VILLAR DE MAZZARIFE
ASTORGA Km. 31
Finalmente le tappe sono cambiate e il
paesaggio comincia a variare, cominciano a
vedersi di nuovo le montagne e il percorso ci fa
140
attraversare una bella campagna, per il
momento ancora con poche salite, ma
all’orizzonte si prospettano i Monti di Leon.
Si cammina per un po’ su una strada senza
traffico, ma in mezzo alla campagna, si
prosegue su sterrato facile e in piano, si arriva
anche ad attraversare la linea ferroviaria
passando sulla massicciata. Si entra in Ospital
de Orbigo attraversando il bel ponte di origine
romana. Uscendo dal villaggio, due indicazioni
con chilometraggi diversi indicano due
direzioni opposte: a sinistra l’indicazione ci
porterà sulla statale da percorrere fino quasi ad
Astorga, a destra una strada sterrata ci porta in
una tranquilla campagna fino a San Felix de
Orbigo. Di qui, le frecce indicano di seguire un
viottolo oltre la strada asfaltata. Pochi metri più
avanti troverete una piccola stradina di
campagna che taglia il viottolo: qui le frecce
sono difficili da vedere, per cui prendete verso
sinistra, dopo qualche centinaio di metri si
troverà una strada asfaltata che sulla destra vi
porterà verso Santibanez de Valdeiglesias,
piccolo villaggio da attraversare, poi di qui
senza problemi di direzione, si arriva in
prossimità di Astorga di cui si scorgono subito
le torri della Cattedrale. Come sempre
141
l’avvicinamento di centri medio grandi non è
piacevole, ma comunque non è molto lungo.
Ancora un piccolo sforzo per salire la ripida
strada che porta verso il centro della cittadina.
Astorga è veramente bella, con una bella piazza
e il suo palazzo di città, la rossa Cattedrale e il
palazzo
vescovile
inconfondibilmente
disegnato da Gaudì. Bellissima atmosfera.
Albergue Amigos del Camino de Santiago, il
primo che si trova entrando in città sulla
sinistra. Non molto grande, con piccole stanze
con due/tre letti a castello e un’atmosfera
simpatica.
21 - ASTORGA - RABANAL DEL
CAMINO Km. 21
Da qui, a parte l’uscita da Astorga, che è in
discesa, si sale gradatamente verso il punto più
alto del Cammino. Si inizia passando, su strada
asfaltata, da Murias de Rechivaldo, poi sempre
mantenendo una più o meno graduale salita su
una pista appositamente approntata per i
pellegrini, si può finalmente godere della vista
di queste belle montagne. Si attraversano così
piccoli borghi: Santa Caterina de Somoza (980
mt.), più avanti El Ganso (1.015 mt.) fino ad
arrivare a Rabanal, antico presidio dei
142
Templari, piccolo paesino che resiste grazie al
Cammino. La sera, prima di cena, i frati del
luogo cantano in chiesa canti gregoriani: se è
da un po’ di tempo che non sentite cantare il
Magnificat in latino, non perdete l’occasione!
Albergue Gaucelmo ben sistemato in un bel
casale, due grandi stanze con letti a castello,
con gradevole sala di ritrovo e colazione
famigliare al mattino.
22 RABANAL DEL CAMINO –
MOLINASECA Km. 26
Una bella colazione ci permette di iniziare bene
una delle tappe più importanti di questo
Cammino. In questa tappa si passerà il punto
più alto, ma soprattutto si arriverà alla Cruz de
Hierro, uno dei luoghi più ricordati del
Cammino.
La salita inizia graduale e costante. Si arriva,
dopo non molto, a Foncebadon: si tratta di un
villaggio abbandonato in cui però è aperto un
albergue molto particolare, con un’atmosfera
amichevole e tranquilla. Si continua la salita
assaporando l’aria fresca e il bel panorama che
le montagne tutt’intorno offrono, (sempre che
il tempo sia buono, in inverno qui non è raro
che nevichi) fino a quando, ad un tratto,
143
davanti a voi potete scorgere finalmente la
Cruz. Si tratta di un monumento di una
semplicità commovente: un palo in legno alto
sei o sette metri con alla cima una semplice
croce di ferro ed ai suoi piedi un cumulo
enorme di pietre portate dai pellegrini in secoli
di passaggi. Qui depositerete la pietra che
avrete avuto cura di portare da casa secondo le
vostre intenzioni. Vi sembrerà di aver lasciato
sotto questo simbolo tutti i pesi che vi
portavate dietro! Una piccola radura, qualche
panchina, una cappella, inseriti in un bel
boschetto di abeti, rendono il luogo fatato. Qui
si è a oltre 1.500 metri di altezza; si salirà
ancora un po’, ma da quì è sostanzialmente
tutta discesa fino alla fine della tappa. Poco più
in giù un altro luogo famoso: Manjarin. Si
tratta anche qui di un villaggio disabitato se si
esclude il piccolo rifugio gestito da Tomas, uno
strano personaggio che sostiene di essere
l’ultimo dei Templari! Fuori dal rifugio, una
serie di cartelli ci indicano le distanza tra
questo luogo e una serie di luoghi in tutto il
mondo: Roma, Gerusalemme, Machu Pichu
ecc… e, naturalmente, Santiago a 222
chilometri. Si continua a scendere fino a El
Acebo, un piccolo borgo che sembra si sia
144
fermato al medioevo. Ancora in discesa, su un
sentiero che taglia la montagna fino ad arrivare
a Molinaseca, bel luogo sul rio Meruelo che si
attraversa su un ponte romano nelle vicinanze
del Santuario de las Angustias. Albergue
Municipal, alla fine del paese: sobrio con
camerate con letti singoli, abbastanza nuovo.
23 - MOLINASECA - VILLAFRANCA
DEL BIERZO Km. 31
Tappa non difficile che ci porta, all’inizio in
discesa, fino a Ponferrada. Qui l’antico castello
del XII secolo sembra una ricostruzione tanto è
ben tenuto, con la sua forma da perfetto
castello medioevale. Si attraversa il centro
della cittadina e poi un lungo tratto nella
periferia toglie un po’ della poesia del luogo.
Fino a Cacabelos il tragitto è pressoché in
piano, poi, attraversando un zona di campagna
con molte coltivazioni, si arriva, su un sentiero
che viaggia su e giù tra le colline coperte di
vigne, a Villafranca. Albergue Ave Fenix,
rifugio storico tenuto da Jesus Jato, famoso
hospitalero, bella atmosfera.
145
24 - VILLAFRANCA DEL BIERZO - LA
FABA Km. 25
Questa è una tappa che molti fanno finire a O
Cebreiro; è considerata una delle tappe più
dure per il dislivello. Per spezzare la difficoltà,
se è possibile, ci si può fermare a La Faba. In
inverno accertatevi che vi sia un rifugio aperto,
altrimenti sarà giocoforza arrivare fino in cima.
Si esce da Villafranca sul ponte che attraversa
il rio Burbia, poi si trova una pista a fianco
della strada statale che ha poco traffico, in
quanto proprio sopra scorre l’autostrada. Si
attraversa una valle verde e fresca con a fianco
un bel corso d’acqua, il rio Valcarce, che scorre
allegro,
non
fosse
per
l’incombere
dell’autostrada che passa in alto con viadotti
orribili che a volte fanno da tetto anche a
piccoli borghi, il luogo sarebbe veramente
bello per il suo aspetto bucolico. Si passa così
da Pereje, poi Trabadelo, Ambasmestas, poi, da
Vega de Valcarce, non si vede più l’autostrada
e il panorama diventa veramente maestoso.
Ancora si attraversano piccoli borghi, qualcuno
con il suo bar pronto a fornire i suoi servigi ai
pellegrini; Ruitelan e Las Herreiras. Fino qui il
tracciato è stato in lieve salita, ma dopo
quest’ultimo borgo si sale su una mulattiera
146
tutta tra alberi che garantiscono una fresca
ombra degna delle nostre montagne, ma la
fatica si fa sentire. L’arrivo a La Faba, un
piccolissimo borgo con una piccola chiesa a
fianco della quale l’albergue gestito da una
confraternita tedesca. A La Faba non ci sono
ristoranti ma un piccolo negozio è d’uopo
prepararsi da mangiare nella cucina
dell’albergue. A La Faba c’è anche un albergue
privato con la dicitura “vegetariano”: tenete
conto eventualmente anche di questa
opportunità.
25 - LA FABA - TRICASTELA Km. 26
La sosta a La Faba permette di dividere in due
parti la salita ai quasi 1.300 metri di O
Cebreiro. Partendo al mattino non si faticherà
poi più del dovuto a raggiungere questo magico
luogo, uno dei più noti di tutto il cammino.
Si sale un po’ più gradatamente con un
paesaggio che man mano si apre: se ci si volta
si potranno vedere i monti di Leon e la valle
sottostante. Salendo verso il passo si incontra il
primo cippo in pietra che ci indica che si entra
nella regione della Galizia. Da qui, per 142
chilometri, ogni cinquecento metri avremo
l’esatta percezione di quanto manca alla nostra
147
meta: a volte è di conforto, a volte sembra che
non arrivi mai il segnale successivo!
Ancora un piccolo sforzo e si arriva al mitico O
Cebreiro, piccolo villaggio di fattura
medioevale con le tipiche case col tetto di
paglia dette pallozas, e l’antica chiesa
conservata dai francescani. E’ anche un luogo
turistico ed in estate è difficile trovare posto
negli albergue.
Si prosegue prima un po’ in discesa sino
all’Alto de San Roche, con un grande
monumento al pellegrino, poi sempre in
discesa, prima in modo graduale, a fianco della
strada asfaltata, poi abbastanza ripida su
sentiero, specialmente quando ci si avvicina a
Tricastela. Qui si cominciano a vedere i
caratteristici “horreos” utilizzati in campagna
per far seccare il granturco . Albergue della
Xunta de Galicia: funzionale con piccole
camere con due letti a castello. In Galizia molti
albergue sono gestiti dalla Xunta. Sono tutti
simili, all’entrata vi daranno una federa e un
coprimaterasso in carta; hanno però in comune
il fatto che in ognuno di essi c’è la cucina ma
non ci sono suppellettili, per cui chi volesse
prepararsi da mangiare sappia che deve avere
tutto, dalle posate al sale!
148
26 - TRICASTELA - BARBADELO
Km. 22
Come già in altri punti da qui il Cammino si
divide in due tracciati: uno, quello originale,
passa per San Xil attraversando le colline e le
belle campagne della provincia di Lugo; l’altro
passa per il monastero benedettino di Samos, è
più lungo di 6 chilometri, è però quasi tutto in
piano. Il perché, anche qui, vi siano due
possibili alternative è inspiegabile se non per la
pretesa di alcuni centri di avere il beneficio del
passaggio dei pellegrini sul proprio territorio
(leggi nei propri negozi, bar, ristoranti).
Comunque le due vie sono entrambe segnalate
bene, fare solo attenzione all’uscita da
Tricastela. Arrivati in fondo alla strada del
paese si possono scegliere solo due direzioni,
ma, stranamente, non vi è un segnale chiaro
proprio in quel punto. Se intendete passare per
San Xil prendete a destra e, dopo qualche
decina di metri, troverete l’indicazione e sul
percorso non mancheranno i cippi ogni 500 mt.
Il tragitto è bello e vario; si sale per circa
cinque chilometri, prima su una piccola strada
asfaltata, si attraversano piccolissimi borghi
come Balsa, San Xil. Più avanti si cammina su
149
una sterrata fino a giungere all’Alto de Riocabo
(900 mt. circa) ed infine, su un sentiero in
discesa, si passa Montan e poi Furela ed ancora
Calvor.
Comunque a Calvor i due percorsi si
ricongiungono e si arriverà, seguendo la strada
asfaltata, a Sarria piccola cittadina da cui
partono per il Cammino molti pellegrini, in
quanto ci si trova a circa 120 chilometri da
Santiago. Usciti da questo piccolo e poco
turistico centro, si attraversa un rio su un bel
ponte con piccoli archi e si prende per un
sentiero. Si attraversa (scavalcando le
traversine) prima la ferrovia e poi si sale, tra
alberi secolari e piccoli rii, fino ad arrivare a
Barbadelo, un piccolissimo centro immerso
nella campagna. Albergue della Xunta, ricavato
in una vecchia scuola, con un bel prato sul
davanti: riposante.
27 - BARBADELO - HOSPITAL DE LA
CRUZ Km. 30
Altra tappa bella, come praticamente tutte
quelle della Galizia. Non si finisce mai di
riempirsi gli occhi di sentieri, boschi, ruscelli,
prati, piccoli borghi, prati e campi coltivati.
150
Si sale uscendo da Barbadelo. La mattina è
brumosa, perché in questa regione l’umidità è
accentuata rispetto al percorso precedente. Si
attraversano campi e piccole colline sempre su
bei sentieri, alcuni attraversamenti di ruscelli
su pietra sono veramente da ammirare. Si
passano piccolissimi agglomerati di case senza
che vi sia segnata la località. Prestare
attenzione in questi piccoli borghi alle frecce,
ci sono molte deviazioni. In questa tappa si
trova il cippo dei 100 chilometri, è obbligatoria
la foto ricordo! Si giunge così a Portomarin
attraversando un lungo ponte sul lago
artificiale. Attenzione! Se siete intenzionati a
proseguire e non avete la necessità di
acquistare qualche cosa nel centro, quando
arrivate in fondo al ponte, un cartello vi
indicherà la scalinata di fronte a voi: non
seguite l’indicazione. Quella porta in centro,
dove vi è una chiesa fortezza di San Nicolas, è
praticamente l’unica cosa da vedere, in quanto
questo paese è stato ricostruito nel 1960
quando l’antico borgo è stato sepolto dalle
acque del lago. Quindi arrivati in fondo al
ponte, girate a sinistra e dopo circa 200 mt.
troverete un piccolo ponte pedonale in ferro
che porta sul Cammino. Da qui ancora un
151
sentiero, poi un sentiero parallelo alla strada
che prosegue, salendo e scendendo, fino
Hospital de la Cruz. Questo è un luogo con
giusto quattro case, ma è scelto perché si trova
ad una distanza consona. Albergue de la Xunta,
come gli altri.
28 - HOSPITAL DE LA CRUZ MELIDE Km. 26
Tratto molto bello quello che si percorre in
questa tappa, si cammina in mezzo alla
campagna attraversando piccoli villaggi che
paiono rimasti al medioevo. Si possono
osservare numerosi horreos dallo stile ogni
volta differente. Tanti animali, mucche e
cavalli, e contadini al lavoro.
Si esce da Hospital de la Cruz su una stradina
che porta a Ligonde passando per l’alto
omonimo (730 mt.), dopo di che si troverà il
famoso Cruceiro de Lameiros, uno dei
crocefissi più interessanti del Cammino: posto
in un bel sito con alberi secolari, il basamento
è costituito da un antico altare celtico (secondo
un’antica leggenda, si devono fare tre giri
intorno alla pietra in senso antiorario per
scongiurare malanni). Si prosegue ancora nella
campagna, si passa Palas de Rei e si
152
attraversano tre vallate su sentieri bellissimi
con boschi e corsi d’acqua. A Leboriero si può
apprezzare l’antica chiesa di Santa Maria con,
proprio di fronte, un “cabazo” restaurato (un
grande cesto di legno con coperchio in paglia
che, come gli correo, fungeva da essiccatoio
del mais). Si giunge così alla piccola cittadina
di Melide. Melide è abbastanza grande, con un
centro storico e un piccolo museo vicini
all’albergue della Xunta (da tenere presente che
è anche usato come albergue Juvenil e potrebbe
essere pieno). Non saltate la cena alla famosa
pulperia Ezequiel (sulla via principale) dove
potrete gustare il tipico pulpo galliego (polipo
alla galiziana).
29 - MELIDE - PEDROUZO (ARCA)
Km. 33
Ancora una tappa bella e con saliscendi mai
duri, anche se alcuni si fanno sentire,
specialmente col caldo. Si passa nei boschi di
castagni, querce e pini che lasceranno il posto,
man mano che si procede, agli eucalipti. Tanti
ruscelli: è irresistibile la tentazione di
immergervi i piedi affaticati. Piccoli villaggi
transitano davanti ai nostri occhi, ma il
pensiero è già alla prossima tappa.
153
Uscendo da Melide si incontra il cippo dei 50
km. e ciò sprona il passo. Senza alcuna
difficoltà si passano molti piccoli paesini, solo
Arzuà è un po’ più grande, con negozi e bar, e
con la solita brutta periferia, ma lo si attraversa
in fretta. Lasciata Arzuà, si prosegue tra salite e
discese attraversando più volte la strada
nazionale, ma almeno non si cammina a fianco
del traffico. Si potrebbe anche fare tappa a
Santa Irene dove c’è un albergue della Xunta,
ma bisogna prevedere di portarsi da mangiare,
sapendo che non ci sono stoviglie, perché il
ristorante più vicino è indietro di un chilometro
e siccome per arrivare alla fine della tappa ne
mancano tre, il gioco non vale la candela.
Prima di arrivare a Pedrouzo prestare
attenzione alle indicazioni, perché il Cammino
prosegue diritto in mezzo ai boschi passando
dietro il paese, mentre il paese e l’albergo sono
sulla sinistra. Pedrouzo è un paese che vive del
Cammino con un lungo stradone con negozi e
ristoranti. L’albergue della Xunta è considerato
da taluni il più bello, ma, a mio avviso, è
esattamente uguale a tutti gli altri albergue di
questa regione: è funzionale e impersonale.
154
30 - PEDROUZO - SANTIAGO Km. 20
La testa è piena di pensieri: questa è l’ultima
tappa e, se da una parte non si vede l’ora di
arrivare, si fa una certa fatica a partire, sapendo
che la meta è vicina. E ancora, dopo tante tappe
lunghe e faticose, 20 chilometri ci sembrano
una pura formalità.
Uscendo da Pedrouzo, si cammina ancora tra
boschi di eucalipti con piccole salite e relative
discese. Si raggiunge l’aeroporto di Lavacolla
costeggiandolo per un po’, poi si prosegue tra il
verde fino al famoso Monte Gozo o Mon Xoi
in galego (monte della Gioia) dove, per il
pellegrinaggio di Giovanni Paolo II, è stato
costruito un enorme albergue con ristoranti e
negozi: un po’ stile centro commerciale, non
propriamente bello da vedere. Da qui si
lasciano definitivamente i sentieri e, su strada,
si scende e si prosegue avendo però di fronte la
visione della meta. Si entra finalmente nella
periferia di Santiago. Non si ha tempo di
guardarsi intorno, se mai lo si farà in seguito, e
si prosegue sino nelle strette viuzze del centro
che portano alla Plaza de Obradorio, di fronte
alla Cattedrale. Dopo la meditativa sosta sulla
piazza, non rimane che salire gli ultimi
trentatre gradini che ci portano al Portico della
155
Gloria, al maestro Mateo e all’altare dove
finalmente si potrà abbracciare la statua di San
Giacomo!
In Santiago gli albergue sono grandi e sono
nella parte nuova della città, vi sono però anche
numerosi hostal e affittacamere a prezzi
decisamente buoni. Sempre che non si
preferisca andare nell’antico hospital dei
pellegrini, proprio sulla piazza, ora Hospital de
los Reies Catolicos, un albergo a 5 stelle super
lusso. Come cambia il tempo!
Da SANTIAGO a FINISTERRE
Come già detto in precedenza, molti pellegrini
intendono proseguire a piedi sino a Finisterre,
al fine di arrivare all’Oceano e alla fine delle
terre conosciute (ovviamente nel Medioevo) e
raccogliere l’acqua con la conchiglia che si
sono portati, attaccata allo zaino, per tutti i
chilometri fino a Santiago, o ancora per
raccogliere una conchiglia, come prova di
essere arrivati fino alla fine del mondo. Per fare
156
ciò vi sono due possibilità: se non si ha molto
tempo, si può prendere un autobus che in poco
più di due ore vi porterà a destinazione, invece,
se si vuole, è possibile continuare il Cammino
con altre 3 tappe molto belle, percorrendo circa
90 chilometri.
I – SANTIAGO – NEGREIRA Km. 22
Tappa con continui saliscendi, ma senza
difficoltà; le frecce gialle continuano ad essere
il riferimento per proseguire nel percorso.
II – NEGREIRA - OLVEIROA Km. 33
Con l’allenamento precedente, la lunghezza di
questa tappa può essere superata senza
difficoltà. In estate non dimenticate l’acqua, la
tappa è molto assolata, ma ancora senza
difficoltà particolari.
III – OLVEIROA - FINISTERRE Km. 32
Anche questa tappa porta ad affrontare vari
saliscendi, ma senza grandi difficoltà.
Attenzione! Dopo Hospital il cammino si
biforca. A destra il Cammino prosegue verso
nord fino a Muxia (28 Km da Olveiroa); questa
deviazione porta ad una tappa ulteriore (da
Muxia a Finisterre Km. 30) e ovviamente ad
157
un giorno in più di Cammino. A sinistra invece
si procede direttamente verso Finisterre, meta
ultima di questa splendida avventura.
A tutti coloro che intendono percorrere il
Cammino di Santiago un solo augurio:
Buen Camino!
Fulvio Grosso
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Indirizzi e siti utili per
preparazione del Cammino
la
www.fulgro.altervista.org è il mio sito su cui
potrete trovare le foto del Cammino.
www.trenoproblem.it vi permette di visionare
tutti gli orari dei treni in Europa.
www.alsa.es www.autobusesjimenez.com
www.movelia.es www.turgalicia.es
www.vibasa.es qui trovate gli orari degli
autobus in Spagna.
www.pellegrinando.it sito molto ben fatto, in
particolare leggere i diari dei pellegrini
www.mundicamino.es sito spagnolo dove
potrete trovare gli albergue e molte altre
notizie.
www.caminodesantiago.consumer.es sito
spagnolo utile per i commenti agli albergue.
[email protected] indirizzo della Confraternita
di San Giacomo a cui richiedere la Credential.
[email protected] indirizzo di Don Lucio
Longhi che può ospitare, a Bergamo, coloro
che transitano per l’aeroporto di Orio al Serio.
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Indice
Prefazione
Il Cammino di Santiago
Notizie utili e non
Le parole del Cammino
Diario I parte
Diario II parte
Le tappe
Indirizzi e siti utili
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7
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51
75
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Scarica

Il CAMMINO di SANTIAGO - Fulvio Grosso