FULVIO GROSSO Il CAMMINO di SANTIAGO PICCOLA-GUIDA-RAGIONATA al Cammino Francese ValDan Copyright Titolo del libro: Il Cammino di Santiago. Piccola Guida Ragionata Autore: Fulvio Grosso © 2011, Fulvio Grosso www.fulgro.altervista.org Cinque anatre andavano a sud, forse una soltanto vedremo arrivare, ma quel suo volo certo vuole dire che bisognava volare, che bisognava volare. (F. Guccini) Prefazione Perché una nuova guida? Ce ne sono già tante in giro, cosa può aggiungere questa alle precedenti? Forse nulla, ma mi sono accorto che quando ho intrapreso l’avventura del Cammino ho dovuto documentarmi leggendo guide, articoli e siti internet. Alla fine sono partito con una serie di fogli che ho tratto da diverse fonti e che mi sono serviti per destreggiarmi tra problemi pratici, indicazioni varie e geografiche. Per cui ho pensato ad una piccola guida che potesse mettere in condizione, chiunque volesse, di trovare tutte le indicazioni che possono servire per partire con cognizione di causa. Non troverete foto (le potrete vedere sul mio sito internet www.fulgro.altervista.org, se lo desiderate), né cartine (vi consiglio una carta preparata dalla Michelin, denominata proprio “il Cammino di Santiago”, veramente ben fatta, formato “libretto”; con informazioni essenziali: rifugi, hotel, ristoranti, farmacie e fontane. Con 5 indicazione dei chilometri percorsi e quelli da percorre e, molto importante, l’altimetria). A chi è indirizzata questa guida? A tutti coloro che vogliono saperne qualcosa di più sul Cammino di Santiago e a quelle persone che intendono provarci. E’ indirizzata poi a quelle persone che fanno una vita normale di lavoro o di studio, che conducono una vita non proprio sedentaria, ma non certo sportiva (io ho fatto un lavoro impiegatizio tutta la vita) e non sanno se questa avventura sia alla loro portata o meno. Qui troverete informazioni su ciò che vi aspetta sul Cammino e i link e i siti internet per approfondire ciò che più vi interessa o è utile. Ovviamente non si può prescindere dal conoscere gli aspetti più caratteristici che contraddistinguono il Cammino di Santiago. Questa guida è divisa in tre parti: una prima parte generica, dove si tratta della storia, della preparazione e di alcuni consigli pratici. La seconda è un diario che ho redatto durante il mio Cammino personale; con questo si può avere un’idea della vita e degli incontri che si fanno durante questa esperienza. La terza è una proposta per affrontare il Cammino in 30 tappe. 6 Il Cammino di Santiago piccola guida ragionata STORIA / LEGGENDA San Giacomo (Sant Jago in spagnolo) era uno dei dodici apostoli, figlio di Zebedeo e Salomè, nato a Betsaida, fratello di Giovanni l’evangelista. Secondo i vangeli i due fratelli erano a pescare sul lago Tiberiade quando Gesù li chiamò con se. Giacomo rimase con Gesù durante tutta la sua predicazione e alcuni episodi dimostrano come fosse uno degli apostoli più vicini a Gesù. Con Pietro fu testimone della trasfigurazione di Gesù. Ed era ancora con lui nell’orto del Getsemani. Subì il martirio a Gerusalemme dove fu decapitato per ordine del re Erode Agrippa. Dopo la decapitazione i suoi discepoli, secondo la Legenda Aurea, si impadronirono del corpo e lo traslarono fino nella regione spagnola della Galizia dove, pare, il santo si fosse recato per predicare il Vangelo. Qui seppellirono l’apostolo in un luogo nascosto. Secondo la 7 tradizione, un anacoreta di nome Pelayo, nell’814, in un campo vicino alla città di Iria Flavia (ora Padron), vide, una notte, delle stelle cadenti che illuminavano un punto preciso (da qui il nome di Compostella – Campus-stellae). Il vescovo Teodomiro si recò sul luogo, dove si trovavano i resti di una necropoli di epoca romana, e in una piccola costruzione, secondo quanto viene tramandato, rinvenne la tomba dell’Apostolo Giacomo. Da quel momento la tomba dell’Apostolo Giacomo fu meta di un pellegrinaggio continuo che ebbe un enorme sviluppo nel medioevo ma che si è tramandato sino ai giorni nostri. Nel luogo del ritrovamento del corpo dell’Apostolo, Alfonso II fece costruire una prima chiesa che però risultò subito troppo piccola e nell’872 Alfonso III fece erigere una basilica. Dopo la distruzione di Santiago nel 997, ad opera del comandante musulmano Almanzor (che però risparmiò i resti del santo), nel 1075 si cominciò a costruire una nuova basilica. Al maestro Mateo, autore del Portico della Gloria, nel 1168 fu affidato l’incarico di concludere i lavori e la cattedrale fu consacrata nel 1211. 8 Purtroppo vi sono altre leggende legate al nome di Santiago: una leggenda, cara agli spagnoli, narra che nell’anno 840, dopo che la Spagna era stata conquistata dai mussulmani. Gli spagnoli iniziarono la “reconquista” e durante la battaglia di Clavjio alla testa delle truppe degli spagnoli apparve un cavaliere, che tutti riconobbero come l’Apostolo Giacomo. San Giacomo, su un cavallo bianco lanciò la carica contro i nemici uccidendoli in grande quantità. E fu ancora vista questa figura durante la riconquista di Coimbra nel 1064; da qui l’appellativo di “matamoros. Ho scritto prima “purtroppo” perché non credo che a nessun santo, e tantomeno ad un apostolo, possa far piacere di essere ricordato come uccisore di qualcuno, (anche se parliamo di una persona che, al momento dei fatti, era morta da più di ottocento anni!), ma questa è la leggenda. IL CAMMINO DI SANTIAGO Come si è detto dal momento del ritrovamento del corpo di San Giacomo, Santiago divenne una delle tre mete di pellegrinaggio per i 9 cristiani, essendo la seconda città ad avere le spoglie mortali di un apostolo. Roma con la via Francigena e Gerusalemme, raggiungibile da Brindisi via mare, erano le atre due. I pellegrini nei primi tempi seguivano le strade consolari romane. Il continuo passaggio di persone provenienti da varie parti d’Europa e da tradizioni profondamente diverse ha permesso alle diverse culture europee di venire in contatto influenzansi vicendevolmente. Secondo Goethe “la coscienza d’Europa è nata sulle vie del pellegrinaggio”. A seconda della provenienza, le vie verso Santiago hanno preso diverse denominazioni: - La via Tolosana, per chi proveniva dal centro/sud Italia attraverso Arles e Tolosa attraversando i Pirenei al passo di Somport. - La via Podense, da Lione e Le Puy-en-Velay che passava i Pirenei a Roncisvalle - La via Lemovicense, da Vezelay per Roncisvalle - La via Turonense, da Tours per Roncisvalle, su cui confluivano i pellegrini provenienti dalla Germania, dai Paesi Bassi e dall’Inghilterra. Il cammino che passa da Roncisvalle è chiamato Camino Frances, mentre quello proveniente da Somport Camino Aragones. 10 Vi sono poi le strade che portano dal sud della Spagna e dal Portogallo. Quasi tutte le strade si ricongiungono a Puente la Reina. In questa guida ci soffermiamo sul Cammino Francese perché è il più frequentato ed è certamente quello che mi sento di consigliare. Sono stati scritti numerosi libri, trattati e guide sul Cammino, ma il primo trattato, e il più illustre, è il Liber Sancti Jacobi, scritto intorno al 1260. Si tratta di un insieme di testi in gloria di San Giacomo, attribuito dalla tradizione a Papa Callisto II ed è più conosciuto con il nome di Codex Calixtinus. Il Codex è diviso in cinque parti: 1. Anthologia liturgica (himni et homiliae): il primo volume del Liber è dedicato alla liturgia del culto. 2. De miraculis Sancti Iacobi: finalizzato alla devozione del santo, che è stata per secoli la molla principale al pellegrinaggio. 3. Liber de translatione: in cui si spiega come il corpo sia arrivato in Galizia. 4. Historia Karoli Magni et Rotholandi: noto con il titolo di Historia Turpini in quanto 11 attribuito a Turpino arcivescovo di Reims. E’ il libro più conosciuto in quanto in Europa fu molto di moda il “ciclo carolingio”, e narra delle gesta di Carlo Magno. 5. Iter pro peregrinis ad Compostellam: scritto da un frate di nome Aimery Picaud. Si tratta della prima vera guida al Cammino di Santiago, con le indicazioni di tappe, rifugi, ospedali e stazioni per il cambio dei cavalli. Sono indicati i luoghi da attraversare ed in alcuni casi i pericoli che si possono incontrare. 12 Notizie utili e non PERCHE’ FARE IL CAMMINO? Questa domanda ve la sentirete porre innumerevoli volte dal momento in cui deciderete di intraprendere questo percorso. Nel medioevo si partiva con uno spirito religioso che doveva essere veramente radicato, se si pensa ai pericoli che si potevano correre; al tempo che si impiegava, perché queste persone partivano da casa propria a piedi per arrivare dopo mesi a Santiago e impiegavano altrettanti mesi per tornare a casa. A noi le cose sono alquanto facilitate, quasi nessuno parte da casa propria, ma inizia il Cammino chi a 800 chi a 500 chi a 100 chilometri dalla meta e torna a casa col treno o con l’aereo. Ho incontrato persone che erano partite da casa, un olandese per esempio e uno svizzero, più numerosi quelli partiti dal centro della Francia (Puy en Velay), rari quelli che fanno anche il ritorno, ma ci sono. 13 Il problema è che non c’è una risposta unica alla domanda iniziale. Alcuni fanno il Cammino per motivi religiosi. Ognuno ha una sua motivazione personale; molto spesso, parlando durante il Cammino di questo argomento con altri pellegrini, non c’è neppure una risposta. Tutte le persone con cui ho parlato, da qualsiasi nazione provenissero, non avevano una motivazione chiara, ma avevano la certezza che era ciò che desideravano fare. Per quanto mi riguarda posso dire che prima di partire avevo la certezza che dovevo fare questa esperienza e una volta terminato il Cammino ho avuto la conferma che bisognava farlo. DA DOVE SI PARTE - IL VIAGGIO Il Cammino non è una gara, nessuno controllerà il tuo percorso né il tempo che hai impiegato. Nessuno sindacherà sulla tua decisione di partire da un punto piuttosto che da un altro. Tutto dipende da te, dalla tua voglia e dal tempo che puoi dedicare a questa tua decisione. 14 Il Cammino che prendiamo in considerazione in questa guida è quello detto “Francese”, è il Cammino che storicamente veniva percorso dalle genti di tutta Europa ad esclusione di quasi tutti gli spagnoli e i portoghesi per ovvi motivi geografici. Il Cammino francese è il più frequentato ed è anche quello con le maggiori strutture dedicate ai pellegrini che lo percorrono. L’inizio di questo cammino è a Saint Jean Pied de Port, un piccolo paese della regione Basca francese. Molti preferiscono partire da Roncesvalles (Roncisvalle), perché temono la prima tappa in quanto è veramente una delle più dure (anche se, come si vedrà in questa guida, è possibile, se lo si desidera, affrontarla senza troppi problemi). Partendo dalla Francia il Cammino è lungo circa 800 Km. Ho scritto “circa” perché lungo il cammino vi sono diverse varianti che possono allungare più o meno le distanze. Come detto più sopra, ovviamente si può partire da dove si vuole; c’è chi parte da Burgos, chi da Leon. La maggior parte di coloro che lo percorrono, parte da Sarria che è a circa 120 km da Santiago; questo per poter ricevere, all’arrivo, la Compostella. 15 Per arrivare a Saint Jean Pied de Port quasi tutti preferiscono prendere il treno che passa da Ventimiglia fino a Nizza e di qui un treno che porta a Bajonne ed infine un altro, per l’ultimo tratto, fino a Saint Jean. In inverno però non vi sono gli stessi collegamenti, per cui bisognerà fare un tragitto con vari treni. Oppure prendere un aereo per Pau e di lì il treno. O ancora un aereo per Saragozza e di lì, con vari pullman, si può arrivare a Roncisvalle e da qui, in taxi fino a Saint Jean Pied de Port. Per quanto riguarda le linee ferroviarie e gli orari, interessante è il sito www.trenoproblem.it in cui trovate tutte le indicazioni sui treni in Europa, linee e orari. Purtroppo nessun sito vi saprà dare il prezzo della tratta che desiderate percorrere. Sappiate che il treno è il mezzo più caro sia per arrivare in Spagna che per muoversi all’interno. Se cercate bene potrete trovare un passaggio aereo a basso costo. Il modo meno caro per viaggiare in Spagna è l’autobus, vi è una rete di linee che vi portano ovunque. Se dovete raggiungere una località intermedia del Cammino vi sarà indispensabile usarne uno. Per questo è utile consultare i seguenti siti: www.alsa.es – 16 www.autobusesjimenez.com www.movelia.es –– www.turgalicia.es www.vibasa.es. Se pensate di partire da un punto intermedio del Cammino è consigliabile, per coloro che vivono nel nord Italia, il nuovo collegamento Ryanair tra Bergamo e Santiago, per poi tornare indietro con un pullman fino al punto in cui si è deciso di iniziare il cammino. Le stesse considerazioni si devono fare per il ritorno. Se si è scelta la Ryanair per il ritorno si dovrà fare il check-in online (per evitare di pagare 40 € di supplemento) non prima di quindici giorni prima del volo, per cui non lo potete fare a casa, potrete invece farlo negli albergue in cui spesso vi è internet, a volte libero, a volte a pagamento. Tenete presente che a Bergamo Don Lucio Donghi, che dirige la Casa del Giovane, mette a disposizione uno spazio di accoglienza, riposo e ristoro per i pellegrini che devono partire o che atterrano in quell’aeroporto (il volo da Santiago arriva alle ore 23) in attesa della coincidenza per il giorno successivo. Nello spirito del Cammino un’offerta e una preghiera saranno sufficienti. Per contattare il gentile sacerdote [email protected] . 17 QUANDO FARE IL CAMMINO Il Cammino si può fare in qualsiasi momento dell’anno. Ovviamente la data della partenza dipende solo da chi parte, dalla disponibilità di scelta della data e dal tempo che ha a disposizione. E’ ovvio che nei mesi di giugno, luglio, agosto e settembre troverà molta gente (tenete conto che in certi anni vi sono più di 250.000 persone che arrivano a Santiago dopo aver effettuato il pellegrinaggio). Si aggiunga che, com’è ovvio, d’estate fa molto caldo, anche se per quasi tre quarti del tragitto il caldo è solitamente secco, mentre l’ultima parte del Cammino, quella più vicina all’Atlantico, è più umida. Si dovrà perciò partire molto presto al mattino per poter arrivare a fine tappa il più presto possibile, onde evitare di viaggiare nelle ore più calde. E’ altresì ovvio che si ha meno probabilità di prendere pioggia. D’estate sono aperte tutte le strutture ricettive dedicate ai pellegrini, per cui c’è molta disponibilità di posti ma anche molto affollamento e a volte si è costretti a girare per trovare un posto in cui dormire, oppure è necessario dormire in qualche luogo di fortuna. 18 Negli altri mesi dell’anno vi sono meno pellegrini sul Cammino, si può camminare per giornate intere senza vedere nessuno e anche trovarsi soli negli albergue. Bisogna tenere conto che molte strutture sono chiuse e che non sempre si sceglie dove dormire o dove mangiare, ma semplicemente si va nell’unico posto aperto. Il tempo è quello che è, si può trovare molta pioggia e, in qualche caso, anche neve, ma anche belle giornate di sole. A differenza che in estate, al mattino non è necessario partire troppo presto perché si può tranquillamente camminare per tutto il giorno e non c’è pericolo di non trovare un posto per dormire (sempre che vi siate accertati preventivamente che nel luogo dove intendete fermarvi vi sia un alloggio). COME PREPARARSI AL CAMMINO Abbiamo detto che tutti possono affrontare questa avventura, che è un pellegrinaggio, ma essendo una lunga camminata di vari giorni è necessario prepararsi adeguatamente in modo da poter partire con una certa tranquillità. Se non si è degli atleti, è necessario fare un 19 minimo di allenamento iniziando gradatamente, possibilmente almeno due mesi prima, ma se possibile anche prima. Trovate un tracciato vicino a casa vostra che vi permetta di camminare su sterrato, se c’è anche della salita è meglio. Iniziate camminando un’ora al giorno, per poi passare a due, fino ad arrivare a fare quattro ore senza sforzo. Mantenete nell’ultimo mese un costante allenamento di almeno tre ore giornaliere. Se potete fate qualche gita lunga, ma non sforzatevi a fare ciò che farete nei giorni del Cammino; a mio parere non è utile stancarsi troppo, si avrà tutto il tempo per soffrire e non è il caso di anticiparne l’occasione. Bisogna comunque sapere che l’allenamento non è paragonabile allo sforzo che si fa durante i giorni del pellegrinaggio. Infatti non è usuale fare dai 20 ai 30 chilometri al giorno, per molti giorni consecutivi, e solo la volontà di andare avanti permette di proseguire. Se qualcuno fosse obbligato, certamente troverebbe il modo di mollare. Il semplice fatto che il Cammino dipende dalla nostra volontà fa sì che sia possibile e alla fine fattibile. Trovate il vostro passo che vi deve portare, in linea di massima, a fare 4 km all’ora; questo è 20 un passo congruo per poter fare tutto il tragitto in un tempo accettabile. Cercate di avere un’andatura costante senza accelerazioni. Questo deve valere per l’allenamento, ma soprattutto durante il Cammino. Se si cammina con qualcuno sarà quello che va più veloce che si adegua al passo di chi va più piano, non viceversa. Cercare di tenere il passo di chi va più forte può precludere la vostra possibilità di arrivare fino in fondo. Va da sé che l’allenamento deve essere fatto con l’attrezzatura che si userà in seguito, per prima cosa le scarpe e le calze, poi gli indumenti ed infine provate anche lo zaino carico. La preparazione deve essere fisica, ma è bene oltre all’allenamento avere una conoscenza, almeno parziale, di ciò che vi aspetta. Ho conosciuto persone sul cammino che dichiaravano di essere partite da casa senza sapere cosa li aspettava, non avevano idea di quale fosse il tragitto che avrebbero percorso, non conoscevano i luoghi che avrebbero attraversato, non sapevano quale fosse la meta della tappa successiva. Questo può andare bene per chi non ha limiti di tempo e quindi può decidere di fare tappe di chilometraggi vari, 21 senza una chiara idea di quando arriverà a Santiago. Se, invece, si ha un tempo non illimitato, bisogna programmare il viaggio e prevedere tappe fattibili da chi ha deciso di partire. E’ necessario valutare che vi sono tratti in cui per 15/18 Km non vi sono paesi né luoghi in cui fermarsi, per cui bisogna preparare il proprio Cammino in modo da poter arrivare a Santiago nel tempo che ci si è prefissati. Sarà utile leggere resoconti di chi ha già fatto il Cammino, specialmente quelli fatti nel periodo in cui si presume di partire: in questi racconti si può capire quali difficoltà, dovute al tempo o all’afflusso di pellegrini, si incontreranno. Potete trovare vari diari su questo argomento nel sito www.pellegrinando.it nella pagina “contributi dei pellegrini”. Per chi avesse problemi di schiena che sconsigliassero il peso dello zaino per lunghi tragitti, si sappia che è possibile usufruire di un servizio di trasporto zaini tra una località e l’altra, permettendo quindi l’opportunità di affrontare il Cammino senza pesi sulle spalle. Va da sé che questa opportunità va considerata solo per coloro che hanno problemi; quando si cammina verso Santiago, è motivo d’orgoglio 22 lo zaino sulle spalle con legata la conchiglia che vi contraddistingue quale pellegrino. E utile anche sapere che in qualsiasi località, per ogni evenienza, è possibile chiamare un taxi e farsi portare al luogo che si desidera raggiungere. Questi sono servizi che sono nati proprio per aiutare i pellegrini in difficoltà CON CHI FARE IL CAMMINO Molte persone credono che sia assolutamente indispensabile andare verso Santiago in compagnia di qualcuno, amico, conoscente o anche semplicemente con un interlocutore trovato su internet. Molte donne, ma anche molti uomini, temono di affrontare da sole questa esperienza. Per prima cosa si deve chiarire che di pericoli lungo il Cammino non ce ne sono, se non si pensa al pericolo di attraversare una strada o di inciampare in uno scalino, cosa che può capitare sotto casa. Si tenga conto che, come dice una canzone di Jovanotti “Io lo so che non sono solo anche quando sono solo”, lungo il cammino non si è mai soli, anche se spesso si ha questa sensazione. Anche quando 23 all’orizzonte o dietro di te non c’è nessuno, se ti fermi, prima o poi arriverà certamente un pellegrino che ti sorriderà. Io ho fatto il Cammino quasi tutto da solo. Ho visto molte persone, sia donne che uomini, che camminavano in solitaria. Ho incontrato anche gruppi di due persone, donne, uomini o misti. Ho visto molti aggregarsi durante il viaggio in tre o quattro e proseguire insieme. A volte si cammina a gruppi chiacchierando e a volte si incontrano gruppi di giovani che rallegrano il tragitto. Ho incontrato, conosciuto e fatto amicizia con persone provenienti da ogni parte del mondo e, quando dico ciò, non sto amplificando i miei ricordi! Vi basti sapere che ho avuto contatti con pellegrini provenienti da Francia, Germania, Olanda, Belgio, Finlandia, Svezia, Repubblica Ceca, Danimarca, Norvegia, Austria, Svizzera, Grecia, Portogallo, Canada, Stati Uniti (Alaska, California), Corea. Naturalmente ho incontrato anche italiani, molti spagnoli e altri ancora. 24 COME SI VIVE SUL CAMMINO La mattina vi è fin, dalle prime ore del giorno, un certo movimento nel rifugio in cui si dorme. Chi parte molto presto è pregato di cercare di fare il minor rumore possibile; è già possibile che qualche “roncador” (russatore) abbia disturbato il sonno di tutti durante la notte, quindi abbiate riguardo verso coloro che intendono partire un po’ più tardi. Si fa colazione (se l’albergue la offre o se ci si è premuniti per prepararsela), poi in strada, per iniziare una giornata di cammino! In estate si cammina fino alla meta prefissata cercando di raggiungerla prima che faccia troppo caldo, mangiando magari un panino che ci si è preparati o acquistandolo in uno dei numerosi bar che sono lì ad allettarvi. Nelle altre stagioni in cui si può viaggiare tutto il giorno si parte con più calma e ci si ferma per uno spuntino a metà giornata, per poi proseguire sino alla meta del giorno. Se si ha l’esigenza di nutrirsi ad ore stabilite è bene acquistare preventivamente il cibo, magari la sera prima: è possibile che molti esercizi siano chiusi in bassa stagione, specialmente la domenica. 25 Arrivati all’albergue, ci si registra facendosi mettere il sello (timbro) sulla credencial, si paga il dovuto e si prende possesso del giaciglio assegnato. Poi non può mancare una doccia e appena dopo si passa al lavaggio degli indumenti che necessitano di una ripulita. Dopo aver steso (o fatto asciugare la roba nell’asciugatora), finalmente si ha un po’ di tempo per sè. Se si è in un luogo interessante da visitare non si può perdere l’occasione per un giro nel centro storico, una visita alla cattedrale o ai maggiori monumenti. Ovviamente compatibilmente con la stanchezza accumulata e con l’andatura tipica dei pellegrini a zonzo, che è quella di persone che sembrano camminare sulle uova…. Quasi tutti partono da casa con un quaderno su cui segnare le impressioni di viaggio ed è nei momenti trascorsi nei rifugi che si ha il tempo di scrivere. A sera si può cenare usufruendo della cucina dell’albergue (dove c’è e dove vi sono le attrezzature), oppure si può andare nei locali quasi sempre vicini dove vi sarà proposto il “menù del dia” o “del peregrino”, in genere un pasto abbondante per ripristinare le energie 26 perdute ad un prezzo che è quasi ovunque lo stesso (10 € - dati 2011). Ritornati dalla cena, la maggior parte dei pellegrini si butta su un letto e si addormenta di botto in attesa di una nuova giornata. DOVE DORMIRE Per i pellegrini vi sono una serie di possibilità: la prima è quella degli “ALBERGUE”, di strutture ad uso esclusivo dei pellegrini con Credential, poi vi sono gli hostal e ovviamente gli hotel e gli alberghi veri e propri. Gli Albergue possono essere pubblici o privati. Questi rifugi offrono spesso la possibilità di lavare la propria biancheria in lavatrice ed asciugarla con un’asciugatrice; in alternativa è possibile lavarsi gli indumenti e stenderli al sole (in estate) o metterli ad asciugare sui termosifoni (in inverno). In molti vi è la possibilità di avere un accesso in internet, a volte gratuitamente, altre a pagamento. Albergue pubblici: possono essere gestiti dal comune, dalla regione, come in Galizia, o da qualche ente religioso. 27 I primi vengono tenuti da addetti, gli altri generalmente da volontari, gli “ospitaleri”, che prestano il loro tempo, in modo assolutamente gratuito, per qualche settimana o mese. Vi sono poi quelli annessi a conventi o monasteri che sono gestiti ovviamente da suore o monaci. In genere sono alloggiamenti come si possono trovare nei nostri rifugi alpini. Camere più o meno grandi con, di norma, letti a castello. Per dare un’idea, potete trovare, come a Roncisvalle, una grande camerata ricavata da una costruzione medioevale delle dimensioni di una navata di una chiesa, in pietra, con la volta molto alta. I letti sono a castello, appaiati, su tre file, una contro una parete l’altra contro l’altra e la terza nel mezzo. In questa struttura ci stanno circa 120 persone. Altri albergue, magari ubicati in piccoli comuni, possono essere ricavati in una vecchia casa o in una scuola dismessa ed hanno ovviamente camere più piccole di quella descritta prima, con 4, 6, 12, 20 o 30 letti a seconda delle dimensioni. In questi rifugi (perché è di questo che si tratta) vi è spesso la cucina che si può utilizzare, ma non sempre ci sono pentole o stoviglie. I servizi sono a volte divisi tra maschi e femmine 28 e a volte no; per quanto riguarda le docce, vi sono docce chiuse e docce aperte, non c’è una regola. In Galizia la giunta regionale ha aperto una serie di albergue che sono pressoché tutti uguali, un po’ impersonali, ma funzionali: in essi viene fornita una federa e un coprimaterasso in carta, però, pur essendoci la cucina, non vi sono né stoviglie, né piatti, né pentole. Negli albergue annessi ai conventi e monasteri spesso si mangia anche, ma non è una regola. In tutti vi sono, “alla bisogna”, coperte per la notte. La regola che li accomuna è che si aprono nel pomeriggio tra le 12 e le 16, chiudono alle 22/22,30 e tassativamente si deve essere fuori alle 8 della mattina seguente. Non è possibile pernottare più di una notte (a meno di malattia o malanno che impedisca il Cammino) Diverso per gli albergue di Santiago che permettono di soggiornare per più notti. In generale il costo del pernottamento è di 5 € (2011). Albergue privati: il crescente interesse per il Cammino ha permesso il proliferarsi di un gran numero di albergue privati. Spesso queste strutture sono annesse ad un ristorante che vi fornirà anche il pasto serale, e si può avere la colazione. Di solito, insieme a caffè, latte o the, 29 vi verrà servito del pane tostato con burro e marmellata. In genere queste strutture sono fornite di camere più piccole, dai 4 ai 12 posti letto, anche se alcuni hanno anch’essi camere molto più grandi. Anche in questi rifugi è necessaria la credencial del pellegrino essendo strutture pensate proprio per questo tipo di persone. In questi rifugi si paga dai 7 ai 12 €. Nei mesi invernali spesso non è possibile scegliere l’albergue in cui rifugiarsi la sera, in quanto, specie nei piccoli paesi, un solo albergue è aperto e questo può essere indifferentemente pubblico o privato. Hostal: si tratta in realtà di piccoli alberghetti di campagna, tipo pensioni che sono stati aperti lungo il Cammino; in questi non è necessaria la credencial, essendo vere e proprie strutture alberghiere. Dispongono, spesso a prezzi modesti (dai 20 € a persona in su), di camere a due, tre o quattro letti con bagno e quasi sempre hanno annesso un ristorante. Il pellegrino generalmente non si ferma in queste strutture, se non per staccare un giorno o perché non ha trovato altra sistemazione, ma va pur detto che vi sono persone che fanno tutto il tragitto del Cammino appoggiandosi a queste strutture. 30 A Santiago ci sono alcuni albergue che però sono un po’ fuori dal centro, sono grandi e vanno molto bene per i gruppi. Vi è comunque una grandissima offerta di pensioni, camere e alloggi: se avete l’accortezza di prenotare (tramite internet), potrete trovare una sistemazione a prezzi modici. Se ci arrivate fuori stagione, sarà sufficiente arrivare sulla piazza davanti alla cattedrale dove troverete senz’altro qualcuno che vi offrirà una camera in zona a buon prezzo. Dopo aver stabilito a grandi linee le tappe che intendete fare, potrete trovare l’indicazione dei principali albergue del Cammino sul sito www.mundicamino.es. Si tratta di un sito spagnolo in cui vi sono tutte le notizie sul Cammino, molto utile per la preparazione delle tappe. Non troverete invece commenti sulla loro bellezza o funzionalità, o sulla simpatia degli ospitaleri. Infatti questi giudizi sono spesso soggettivi e variano a seconda delle circostanze o dell’umore di chi li esprime. Ho potuto leggere, in altre guide, di rifugi considerati confusionari, che a mio avviso erano invece particolarmente simpatici; in un altro resoconto si dichiarava che un tal 31 albergue era il migliore del Cammino, mentre il mio giudizio era che non fosse diverso da molti altri e che per me altri albergue fossero stati migliori. Per cui quando avete stabilito, in linea di massima, la vostra tabella di marcia e i luoghi in cui intendete fermarvi, vi consiglio di visitare il seguente sito: www.caminodesantiago.consumer.es . Anche questo è un sito in spagnolo, ma assolutamente comprensibile; potrete trovare in esso i commenti dei pellegrini sui vari albergue. Un consiglio: cercate di capire, da ciò che scrivono coloro che ci sono stati, quali sono le cose veramente importanti. Ad esempio non fate caso se scrivono che l’ospitalero è antipatico, in quanto potrebbe non essere più lo stesso quando passerete voi, o potrebbe essere successo solo un diverbio di cui non conosciamo l’origine. E’ certamente più importante sapere se c’è un luogo dove stare nelle ore pomeridiane; in estate farà sicuramente piacere distendersi in un prato all’ombra di un albero, o stare con i piedi nell’acqua di un ruscello che scorre li a fianco, o ancora approfittare di una piccola piscina. In 32 inverno sarà importante capire non solo se c’è il riscaldamento e, ma anche se viene acceso. COME FARE PER NON PERDERSI Per tutto il percorso del Cammino troverete indicazioni che vi guideranno e sarà estremamente difficile perdersi. La conchiglia, posizionata in ogni luogo, vi indicherà che siete sulla strada giusta. In alcune città e in molti paesi le conchiglie sono annegate nei marciapiede, le trovate su quasi tutte le case e sui bordi della strada. Ciò che guiderà i vostri passi saranno le frecce gialle che troverete ovunque, sui muri delle case, sui muretti a secco in campagna, sulle pietre nelle mulattiere, sui pali della luce, sugli alberi ed ovunque possiate immaginare. Quando vi state chiedendo se siete sulla strada giusta guardatevi intorno e troverete certamente la freccia che vi rassicura. Pietre accumulate da pellegrini passati prima vi daranno la certezza del tragitto. In altri casi troverete a terra una freccia fatta con rami o con pietre. In Galizia ogni cinquecento metri un cippo in pietra vi 33 segnalerà quanti chilometri mancano a Santiago. Nelle città e in tutti i luoghi abitati troverete qualcuno disposto ad indicarvi la direzione giusta. E’ molto utile avere una carta del tragitto. In questa guida non vi sono cartine delle tappe perché è consigliabile avere le carte della Michelin del Cammino di Santiago, che sono fatte professionalmente e vi indicano con precisione le distanze e l’altimetria; si tratta di un blocchetto di carte suddiviso per tappe e costa relativamente poco. LA FATICA Durante il Cammino la fatica si farà sentire più volte; i piedi sono sollecitati in modo non normale per le nostre abitudini. Camminare per ore e ore e per diversi giorni di seguito ci porterà ad agognare la meta. Vale lo stesso per le spalle che devono sopportare il peso dello zaino. Con avverse condizioni di tempo si rischia che oltre alla fatica fisica si aggiunga lo sconforto; camminare nella pioggia o sotto il vento sferzante può acuire lo sforzo e 34 accentuare la stanchezza. A me è capitato di camminare durante una copiosa nevicata: per me è stato magnifico posare i piedi su una candido manto nevoso e ho goduto del paesaggio fiabesco. Ma altri, lo stesso giorno, non hanno retto all’avversità e, giunti in una località abitata, hanno preferito proseguire in taxi alla fine della tappa. Camminando si ha la facoltà e il tempo di sentire il proprio corpo e ogni suo piccolo problema. E’ possibile che si avverta l’insorgere di un qualche malanno, un dolore ad un tendine, ad una caviglia o ad un ginocchio; a mio avviso è bene in questi momenti diminuire l’andatura, spesso è solo un’avvisaglia che si sistema caricando meno, per un certo periodo, la parte interessata. Se è il caso, ovviamente, ci si ferma. In alcuni albergue e in molti centri vi sono massaggiatori professionisti che possono alleviare le fatiche della giornata o della settimana. CONSIGLI In realtà vi sarebbe un solo ed unico consiglio che si potrebbe dare a chi intraprende il 35 Cammino: “usare il buon senso”. Tuttavia proverò a sintetizzare qualche piccolo consiglio, senza pretendere che sia esaustivo. 1 – Ognuno di noi ha un proprio passo e forzarlo può essere dannoso. E’ utile che ognuno sappia qual è l’andatura che può tenere per arrivare a Santiago. Bisogna tenere conto che si devono percorrere ottocento chilometri, cosa che normalmente non facciamo, per cui è assolutamente sempre necessario sapere che, oltre ai venti/trenta chilometri che si stanno percorrendo in quella giornata, ve ne saranno altrettanti il giorno seguente e così nei giorni successivi. Ed è per questo che si deve tenere conto che è sempre meglio avere un passo non troppo veloce, ma costante. In linea di massima (per le persone che svolgono una vita normale, non atleti) si percorrono in pianura quattro chilometri all’ora. Ho incontrato diversi pellegrini che andavano molto più veloci di me, altri che percorrevano più chilometri al giorno, ma quasi tutti li ho rivisti prima di Santiago, avevano dovuto fermarsi uno o due giorni per vari malanni, in special modo tendiniti o infiammazioni al ginocchio. Ho saputo di altri che hanno dovuto abbandonare e tornare a casa 36 senza aver raggiunto la meta agognata. Una tendinite ti obbliga a fermarti e ad aspettare che l’infiammazione passi. La tendinite solitamente viene se si son sollecitati troppo gli arti inferiori, di solito se si è forzata l’andatura oppure se si è presa una discesa troppo alla “garibaldina”. A questo proposito mio padre, che ha fatto per tutta la vita il camionista, mi ha sempre detto: “Nella discesa usa la stessa marcia che hai usato in salita”, ed io ho fatto mio questo consiglio anche per quanto riguarda l’andare in montagna o, in questo caso, sul Cammino. La discesa ti mette sotto pressione le ginocchia e i tendini ed è per questo che bisogna prenderla con calma. Io uso i bastoncini e mi sono sempre trovato a mio agio usandoli anche come freno. Va da se che quando si programma una tappa con tratti in montagna bisogna tenere conto che la media chilometrica non sarà più la stessa, i 4 km all’ora possono diventare 3 o anche 2 a seconda della pendenza che si dovrà affrontare. 2 - Prestate sempre attenzione alle frecce che indicano la direzione. Se ad un bivio non vedete la freccia gialla o una qualunque altra indicazione, fermatevi, osservate il luogo e se proprio non trovate nulla e non potete chiedere 37 a qualcuno indicazioni, tornate all’ultima freccia che avete visto. Nel tragitto, sicuramente, troverete un’indicazione che vi era sfuggita. A me è capitato di trovarmi, sotto ad un temporale, in un piccolo borgo con due frecce che indicavano due direzioni diverse: mi sono fermato a cercare un’indicazione che chiarisse, la pioggia non mi permetteva di vedere molto avanti, ho osservato sui muri delle case, sui lampioni, prima a terra, poi in alto, nulla. Infine mi sono girato e, nella casa alle mie spalle, ho visto ad una finestra una signora che mi indicava la direzione! 3 - D’estate fate sempre attenzione ad avere sufficiente acqua con voi. In alcune tappe vi sono molti chilometri tra un paese e l’altro e trovarsi sotto il solleone senza niente da bere non è piacevole, oltre al fatto che si rischia la disidratazione. 4 - Se avete l’esigenza di mangiare in determinate ore, vale l’avvertimento di cui sopra, provvedete in tempo a fare scorta di cibo. Fate anche attenzione al giorno in cui state camminando, la domenica i negozi sono chiusi, proprio come da noi, 5 - Prima di partire fate un programma del vostro Cammino. Decidete, in linea di 38 massima, le tappe e le percorrenze da effettuare giornalmente, tenendo conto di alcuni fattori: prima di tutto le vostre esigenze, il tempo a disposizione, le città che volete visitare e la possibilità di trovare alloggio. Studiate il percorso e cercate di prevedere delle tappe che non vi sfianchino. In questa guida c’è una proposta di tappe che in alcuni casi prevede di dividere i passaggi più impegnativi in due parti. Ad esempio nella tappa di avvicinamento a O’Cebreiro (considerata da molti una delle asperità più faticose) io ho percorso la prima parte della salita la sera, al termine della tappa, e l’altra parte il mattino successivo, col fresco, e vi assicuro senza sforzo eccessivo. 6 – Non caricate in modo eccessivo il vostro zaino. Lo dovete portare per tanti chilometri e meno è pesante e più facile sarà procedere. EQUIPAGGIAMENTO Due sono gli elementi fondamentali a cui bisogna fare un’estrema attenzione per l’equipaggiamento: le scarpe e lo zaino. 39 Scarpe: sono l’elemento più importante, che dovrete scegliere con cura maniacale. Normalmente non siamo abituati a camminare per otto/dieci ore al giorno, per molti giorni di seguito. 25 0 30 chilometri al giorno sono una distanza che nel nostro quotidiano non percorriamo mai se non in macchina o con altro mezzo di locomozione. Ebbene queste ore e questi chilometri sono tutti, se così si può dire, sulle spalle dei nostri piedi. E’ superfluo dire che le scarpe vanno collaudate, dovete testarle nelle varie condizioni e su terreni diversi e usarle per molte ore prima di partire, sia in piano, che in salita e naturalmente in discesa. Fondamentale è la suola. Anche se alcuni tratti del Cammino si potrebbero fare agevolmente con delle scarpe da ginnastica, vi sono situazioni in cui una suola spessa e sagomata è indispensabile. Il fatto che la scarpa sia alta sopra la caviglia o appena sopra il malleolo è una scelta personale. Tenete conto che non si tratta di un percorso di alta montagna e quindi non necessariamente si debbono usare scarponi molto pesanti. E’ evidente che, specialmente se pensate di fare il Cammino non in estate, le scarpe devono 40 reggere l’acqua. Non pensiate che esistano scarpe che possano reggere l’acqua per un’intera giornata di pioggia! Infatti dopo ore e ore di pioggia e fango qualsiasi indumento, se non è pura plastica, si bagnerà e voi con esso: l’importante è che continui a proteggervi. Corollario alle scarpe sono le calze; prendete quelle adatte al trekking, senza cuciture e provatele mentre provate le scarpe. Zaino: in esso metterete tutto ciò che vi serve per il tempo che starete lontano da casa. Lo zaino deve adattarsi al corpo di chi lo ha in spalla, deve essere possibile regolare l’altezza degli spallacci. Fondamentale la cinghia in vita che deve essere sempre ben stretta in modo da levare gran parte del peso dalle spalle. Provatelo fino a quando sentirete lo zaino una parte di voi stessi, non un intralcio o peggio un fastidio. Il peso dello zaino carico non dovrebbe superare il 10 per cento del peso di chi lo sostiene. Otto chili sono un peso che non dovreste mai superare. Come fare? Un metodo potrebbe essere il seguente: mettete sul letto tutto quello che pensate sia indispensabile avere, togliete subito quello che pensate userete, forse, una volta, poi provate a mettere 41 il tutto nello zaino, pesatelo e se la bilancia segna 12 chilogrammi rivedete le vostre priorità. Ogni cosa ha un peso, per cui cominciate con gli involucri: non è necessaria la borsa porta effetti per l’igiene o quella porta medicinali, sono sufficienti sacchettini di plastica. Così come non è necessario il sapone per le mani, il bagnoschiuma, lo shampo e il detersivo per la biancheria, per un mese potrete benissimo usare, per tutto, il sapone di Marsiglia, forse i vostri capelli ne risentiranno in lucentezza, ma le vostre spalle e soprattutto i vostri piedi vi ringrazieranno. Acquistate poi indumenti leggeri e facilmente lavabili, non portatevi ricambi come se andaste in ferie: dovete pensare che quello che sporcate durante il giorno lo laverete la sera e quindi uno o due ricambi sono sufficienti. Alla fine comunque dovrete giungere alla conclusione che il vostro zaino dovrà pesare 8/9 chili e niente di più. Salvo poi decidere, durante il Cammino, di spedire parte della roba che avevamo ritenuto assolutamente indispensabile. Le poste spagnole, avendo ormai esperienza di anni, hanno istituito un servizio che ti permette di spedire a te stesso un pacco a Santiago che potrai ritirare al tuo 42 arrivo. Dividete gli indumenti in sacchetti di nailon da riporre nello zaino, in modo che anche in caso di acquazzone improvviso, i vostri capi rimangano asciutti. Abbiate cura di utilizzare sacchetti che non facciano rumore! E’ antipatico, al mattino, svegliarsi o svegliare gli altri con lo sfregolare dei sacchetti mentre si rifà lo zaino. Sacco a pelo: come ogni cosa che si mette nello zaino, deve pesare poco! In commercio ci sono sacchi dal peso di meno di 700 grammi, vanno bene anche perché, se fa freddo, negli albergue ci sono le coperte. Bastoncini da trekking: c’è chi cammina senza niente, chi con il classico “bordone” (un bastone di legno, spesso con una punta di ferro). Io ho fatto tutto il Cammino con i bastoncini, ho trovato che mi aiutassero in tutte le situazioni: in piano, per dare un senso anche al movimento delle braccia, in salita, per la spinta in più data, e soprattutto in discesa, in quanto mi consentivano di frenare la spinta che il peso dello zaino imprime a tutto il corpo. Ci sono poi situazioni in cui è bene avere qualcosa per bilanciarsi: nel fango, nell’attraversamento di piccoli corsi d’acqua, e nei tratturi molto pietrosi. In ultimo, ma non essenziale, 43 passando per la campagna, molti cani razzolano liberi; nessuno è pericoloso, sono abituati al passaggio dei pellegrini, ma è meglio essere sicuri con qualcosa in mano. Vestiario: portate, come detto prima, l’indispensabile: non avrete certo occasioni di gala, per cui tenetevi leggeri! Non eccedete con maglie pesanti, è più utile, e meno pesante, vestirsi a cipolla, strato su strato, a seconda della temperatura esterna. Varie: è usanza portarsi un quaderno per scrivere un diario, farà piacere rileggerlo. Non dimenticate la macchina foto, una pila, la borraccia (o bottigliette varie). 44 Le parole del Cammino CREDENCIAL E’ il documento che attesta che siete un/una pellegrino/a. Lo si può avere nel primo luogo da cui si parte (Saint Jean Pied de Port ad esempio), oppure lo si può richiedere alla Confraternitas Sancti Jacobi Compostellae di Perugia che ve lo invia a casa chiedendo un’offerta per la partecipazione delle spese ([email protected]). La Credencial è indispensabile per entrare negli albergue dei pellegrini, su essa vengono apposti i timbri (sello in spagnolo) che certificano il vostro passaggio in quel luogo. Sulla credencial verrà posto l’ultimo timbro a Santiago, dove vi verrà consegnata la Compostella. Ogni albergue, molte chiese e perfino esercizi commerciali (ristoranti, bar) hanno un loro sello; è bello rivederli una volta tornati a casa, ma sulla Credencial non possono starci tutti, perciò vi consiglio di farvi apporre i timbri in sovrappiù sul vostro quaderno. 45 COMPOSTELLA E’ il foglio rilasciato a Santiago che certifica che avete compiuto e terminato il pellegrinaggio; viene dato a chi ha percorso a piedi almeno 100 chilometri (200 in bicicletta). Non si fa il Cammino per la Compostella, ma certamente fa piacere ritirarla al momento della fine del pellegrinaggio e poterla rivedere, una volta a casa, inquadrata. PELLEGRINO Un pomeriggio attraversando un paesino, ho incrociato una signora col suo bambino di circa cinque anni per mano. Com’è d’uso ho salutato, ricambiato, ma il bambino, rivoltosi alla madre, ha chiesto: “Chi è mamma?” “Un pellegrino” ha risposto la signora. Perché, dal momento in cui legate la conchiglia allo zaino che vi issate, con sforzo, sulle spalle e fate il primo passo verso Santiago, voi siete un pellegrino. Lo dichiara la credencial che portate con voi, ve lo ricorda ogni giorno la gente che incontrate che vi augurerà “buen camino!” A volte lo dichiarerete per entrare in un museo o in una cattedrale. Insomma dal 46 momento in cui iniziate il Cammino, il vostro status sarà quello di pellegrino e non un altro. E alla fine la Compostella lo certificherà con un bel papiro in latino in cui campeggia il vostro nome. CONCHIGLIA E’ il simbolo del Cammino, chi parte per questo pellegrinaggio ne lega una allo zaino e sarà, per tutti i chilometri percorsi, ciò che lo identificherà agli occhi degli altri come pellegrino. Conchiglie si trovano ovunque: sulle case, nei marciapiedi, nelle chiese, sui municipi. Si tratta quasi sempre di capesante che provengono dall’oceano, luogo in cui termina idealmente il Cammino. Si possono acquistare in qualunque luogo lungo il Cammino; a Saint Jean Pied de Port potete prenderle nell’ufficio dell’accoglienza con una piccola offerta. BUEN CAMINO Questo è il saluto e l’augurio che vi sentirete fare per tutto il tragitto, un augurio che scambierete con gli altri pellegrini, sempre 47 ricambiato. Vi capiterà di trovarvi fermi per una sosta e un pellegrino vi passerà di fronte e, con un largo sorriso e un cenno della mano, vi apostroferà con un “Olà ! Buen Camino”! Non potrete fare a meno di sorridere e rispondere con un altro sonoro “Buen Camino”. Uscendo da un negozio in cui avrete acquistato qualcosa da mangiare, fosse anche un supermercato, questo augurio vi sarà di conforto. Attraversando una città o un piccolo villaggio, molti vi augureranno un Buen Camino e, vi assicuro, questo augurio vi ripagherà della momentanea stanchezza e vi strapperà un sorriso. RITI E USANZE LUNGO IL CAMMINO Al mio arrivo a Santiago una pellegrina coreana, con cui avevo condiviso alcune tappe e diverse cene, mi ha detto che sapeva che avrebbe dovuto fare qualcosa, una volta arrivata alla cattedrale, ma non sapeva cosa. Così l’ho accompagnata in chiesa e le ho spiegato cosa fare. Nel compiere il pellegrinaggio vi sono alcuni riti, o per meglio dire usanze, che i pellegrini sono soliti fare, lungo il Cammino, una volta 48 arrivati a Santiago e anche una volta giunti di fronte all’oceano a Finisterra. In alcuni luoghi è d’uso posizionare una croce (fatta con piccoli pezzi di legno): le croci fatte dai pellegrini sono una costante su tutto il tracciato. Nella chiesa di Santo Domingo de la Calzada andate a vedere il gallo e la gallina, vivi, posti sopra un altare laterale; sono lì a ricordo di un miracolo che in quel luogo si è compiuto. Prima di entrare in Logrono, per molti anni una signora (Felicia) ha dissetato i pellegrini, ancora oggi la figlia vive sul Cammino ed è buona norma passare, salutare e farsi apporre il “sello”. A Hiroche c’è la “fonte del vino”. Si tratta di una trovata pubblicitaria di un produttore di vino che, a fianco di una fonte d’acqua, ha canalizzato una fontanella che vi permette di approfittare di un bicchiere di buon vino prodotto nella Roja. Ogni pellegrino porta con sè una pietra che ha raccolto nei pressi della sua casa e che lascerà ai piedi della Cruz de Hierro (Croce di Ferro) che si trova nel punto più alto del Cammino, punto in cui io ho trovato molta neve. Nei secoli, il cumulo di sassi depositati dai passanti 49 ha raggiunto un’altezza di oltre cinque metri per una circonferenza che supera i dieci! Dopo Ligonde in una delle ultime tappe, il Cruceiro de Lameiros è una croce in pietra elevata sopra un antico basamento celtico: è usanza fare tre giri in senso antiorario. Questa si dice sia un’antica usanza precristiana. Una volta giunti a Santiago, nella Cattedrale, la colonna centrale del Portico della Gloria ha incisa la forma delle migliaia di mani che li si sono appoggiate. Proprio sotto di essa, la testa di Mateo, il costruttore del portico, su cui vi appoggia la fronte il pellegrino. Poi il rito più importante, l’abbraccio al Santo. Salendo dietro l’altare si arriva alle spalle della statua di San Giacomo, che ogni pellegrino abbraccia secondo le proprie intenzioni, e questo simbolico abbraccio segna la fine del Cammino. Vi è poi ancora un’usanza, arrivati a Finisterre si usa bruciare qualcosa che si è indossato lungo il Cammino; si vedono molte braci di calzini lungo il litorale! Arrivati sino qui non perdete l’occasione di mettere i piedi nell’oceano. 50 Diario I Parte Il Cammino di Santiago di Fulvio Quello che segue è il diario che ho tenuto durante il Cammino. E’ diviso in due parti: la prima si riferisce al primo tratto che ho percorso, dal 23 ottobre al 2 novembre 2008, da Sait Jean Pied de Port a Belorado; la seconda, dal 16 marzo al 4 aprile 2011, riguarda il secondo tratto da Belorado a Santiago. Erano alcuni anni che pensavo al Cammino, e mi lambiccavo per trovare il tempo per iniziare questa avventura. L’azienda presso cui lavoravo aveva deciso che era necessario sfoltire il personale, per cui si era deciso per un esodo pilotato ed io rientravo nella categoria degli esodabili. Dunque si profilava la possibilità di mettere in cantiere il progetto “Cammino” per la fine del 2009. A settembre di quest’anno arriva un’e. mail in cui mi fanno presente che ho ancora troppe ferie da smaltire 51 e che è necessario che entro il 15 di dicembre mi liberi di un po’ di giornate. Il pensiero corre immediatamente a Santiago e mi decido per una parte del Cammino, ripromettendomi di concluderlo una volta esodato. Butto li l’annuncio una sera a cena con amici e, subito, Paola si dice desiderosa di accompagnarmi, almeno per una parte. E’ deciso: io farò dieci tappe, fino a Belorado e Paola sei fino a Los Arcos. Allenamenti per un mese e più; dieci chilometri circa ogni giorno. Non tutti i giorni però! Ed arriva così il fatidico giorno in cui abbiamo deciso di partire, 22 ottobre 2008. (dal diario di Fulvio) Viaggio di andata - 22 ottobre 2008 – Torino partenza Alla fine siamo partiti. Questa mattina ero veramente disperato, avevo male alla pancia, così come nei giorni precedenti. Sono settimane che non mi sento bene, ho sempre la sensazione che il mio corpo stia passando un brutto momento. Se fossi stato da solo avrei 52 rimandato la partenza, ma tutto era ormai programmato e quindi….. Sono nella cuccetta del treno che ci porta a Perpignan, sto abbastanza bene, anche se sento un peso sullo sterno. Incrociamo le dita! Divido lo scompartimento con uno che non spegne la luce e mi pare pure inizi a russare. Anche qui speriamo bene. Abbiamo dovuto fare un giro lungo per andare a Saint Jean perché in inverno non ci sono treni più comodi. Viaggio di andata - 23 ottobre - Perpignan – Narbonne – Bordeaux – Bayonne – Saint Jean Pied de Port – Valcarlos (Luzaide) Il treno da Torino è arrivato a Perpignan con un’ora e mezza di ritardo, appena in tempo per prendere quello per Narbonne (pioviggina), poi il TGV per Bordeaux che arriva puntuale e ci permette di salire su quello per Byonne. Alla stazione vediamo altri con lo zaino, chiaramente pellegrini: due ragazze insieme ed un’altra da sola sono sicuramente straniere per noi. In realtà le conosceremo più tardi, le due sono tedesche e quella da sola è Giulia (italiana); prendono il nostro treno e poi quello successivo. Passiamo nei pressi della “duna del Pilat”, ma non riusciamo a scorgerla. 53 Finalmente l’ultimo treno, il quinto della giornata; quasi per incanto siamo riusciti a prendere tutte le coincidenze! Il tempo è stupendo, non c’è una nuvola, sembra di viaggiare su un treno nelle Ande, i Pirenei sono qui alla nostra destra, tutto è verde e bellissimo. Sain Jean Pied de Port, ci arriviamo alle 16 e 20, andiamo verso l’accoglienza seguendo una decina di zainati; lì ci mettono il primo sello sulla credencial e ci danno la conchiglia che sarà il nostro segno distintivo per i giorni seguenti. 1) – 23 ottobre giovedì Saint Jean Pied de Port – Valcarlos – Km. 10 Tutti gli altri si fanno accompagnare all’albergue, noi avevamo preventivato di spezzare la prima tappa in due (dato che sappiano si tratti della più dura) così, dopo aver tergiversato forse un po’ troppo, tra foto e video, partiamo che è relativamente tardi, sono le cinque passate. Abbiamo deciso di passare per la via più bassa e meno faticosa dell’altra che si inerpica subito dopo la partenza. Iniziamo la marcia sulla statale che è anche abbastanza trafficata nella 54 parte francese, ma una volta in Spagna, il traffico diminuisce fino ad essere assente. Il buio incombe e siamo costretti ad estrarre una pila per farci vedere dai pochi automobilisti. C’è da dire che quasi tutti, quando ci scorgono, mettono la freccia per segnalare che ci hanno visto e per evidenziare la nostra presenza a quelli dietro. Una ragazza, incrociandoci, si sbraccia a salutarci; è il primo dei saluti che riceveremo lungo il Cammino! Arriviamo a Valcarlos (Luzaide) alle ore 20. Qui i nomi sono sempre doppi, uno in lingua spagnola o francese, a seconda del versante, l’altro in basco e sono spesso completamente diversi. In Valcarlos, alla ricerca dell’albergue, incontriamo due signori anziani e chiediamo loro dove si trovi il rifugio, ovviamente ci parlano in spagnolo: - Andate al bar e cercate una “chica ruja”.- “Chica?”, “ruja?”, cosa vorrà dire? Nel bar dietro al bancone, una ragazza dai capelli rossi: ecco cosa voleva dire. La ragazza ci indica dove andare: così facciamo e accediamo al nuovo albergue. Siamo soli e, dopo una rinfrescata, ci dirigiamo al ristorante che ci propina il primo menù del pellegrino. 55 1bis) - 24 ottobre venerdì Valcarlos (Luzaide) Roncesvalles (Orreaga) – Km. 18 Partiamo con comodo, all’alba delle 10, dopo aver acquistato viveri per il pranzo e fatto colazione nel bar della “chica”. Facciamo i primi chilometri sul ciglio della strada, poi, al 2° cippo che indica il Cammino, prendiamo per lo sterrato che ci porterà fino al passo. Avevamo trovato in precedenza un’indicazione che ci portava verso l’interno, ma un abitante del luogo ci aveva consigliato di prendere il tratturo alla seconda indicazione. Il sentiero, a tratti è quasi invisibile, tanto da farci pensare di aver sbagliato strada, poi una provvidenziale conchiglia, la prima di un’infinita serie, ci indica la via. Pecore, falchi e tanti colpi di fucile. Cacciatori? O invece eliminazione dei pellegrini che hanno osato sfidare la via alta? Senza grande fatica arriviamo al passo e poi, dopo una veloce discesa, arriviamo verso le 16 a Roncisvalle dove troviamo il primo rifugio pieno di pellegrini. L’albergue, ricavato in un vecchio convento, è un grande locale stile navata di una chiesa gotica, con un gran numero di letti a castello. Ceniamo a “Casa Marcelito” insieme a Josè, uno spagnolo 56 taciturno, e a Jan, un olandese un po’ pazzo che è partito tre mesi fa dall’Olanda (ha preso un anno sabbatico) e ci racconta della grande fatica dell’ultima tappa. In effetti, tutti quelli che abbiamo poi incontrato, ci diranno della fatica di questa prima tappa; due orientali, che conosceremo più tardi, coreane, sono letteralmente distrutte. Noi, avendo scelto la via più semplice e avendo spezzato la tappa in due, siamo relativamente freschi. 2) - 25 ottobre sabato Roncesvalles – Zubiri – Km. 21,5 Usciamo che è ancora buio, sono le otto, mi fermo ad osservare un falco insieme ad un inglese ed ai suoi due figli. Entriamo nel paesino poco sotto la Collegiata, vediamo altri davanti a noi, li seguiamo, tutti entrano in un negozio di commestibili; noi siamo gli unici che invece proseguono senza fermarsi. Poco dopo si apre una finestra sul lato opposto della strada, e un uomo ci informa che stiamo sbagliando strada, dobbiamo tornare indietro e svoltare a sinistra. E’ il primo errore che facciamo. Paola si cambia le scarpe (lo farà diverse volte nei giorni a venire), si fermano anche le coreane per fare la stessa cosa. Il 57 tragitto è fatto di tanti sali e scendi. Sono peggio le discese, ma i piedi vanno bene. Arriviamo a Zubiri alle 16 e 30, ci fermiamo ad un albergue privato; c’è un bambino che ci informa sulla dotazione (docce, bagni, internet) e sul prezzo 10€. Più tardi passerà il padre e poi la madre a salutarci e a darci la combinazione dell’apertura elettrica della porta. Andiamo a cena in un ristorante abbastanza distante, ma mangiamo sufficientemente bene. L’unica pecca è che in Spagna si può ancora fumare nei locali pubblici e spesso osserviamo bar e ristoranti avvolti da una nebbia di fumo. Sulle porte dei locali c’è spesso la scritta “se puede fumar”, ma osservando l’interno si ha il dubbio che la dicitura significhi “si deve fumare”, tanto che, quasi sempre, si è serviti da un/una barista con la cicca in bocca. Nell’albergue siamo da soli, molti hanno proseguito per il paese successivo Larrasoana e alcuni hanno preferito l’albergue municipal, certamente ad un prezzo più basso. Abbiamo incontrato in un bar Jan l’olandese che ci dice di aver preso una stanza in una pensione perché voleva dormire, negli albergue sei invitato a lasciare il posto per le otto! 58 3) - 26 ottobre domenica Zubiri – Pamplona (Iruna) – Km. 21,5 Siamo in strada alle 9 e 10 (in realtà sono le 8,10 è stata ripristinata l’ora solare nella notte), ma impieghiamo due ore ad arrivare a Larrasoana a soli cinque chilometri dalla partenza, dico a Paola che dobbiamo accelerare un po’ il passo. Il cammino ancora una volta ci porta su e giù per le colline, ci fermiamo in un’area da pick-nick, ci sono anche le coreane, sorridono. Ripartiamo e indico a Paola, sulla collina opposta un sentiero che si inerpica parecchio. Le dico che saremmo passati di li, voglio prenderla in giro, ridiamo per la stupidità della cosa, ma poco dopo ci accorgiamo che proprio quello dobbiamo affrontare! E’ duro e fa caldo, il tempo finora è stato magnifico, fin troppo caldo. Arriviamo a Pamplona alle 15 (ora solare) L’albergue è grande e troviamo per la prima volta un gruppo di francesi, ragazzi e accompagnatori (18 in tutto) di una parrocchia di un paese nei pressi di Bordeaux. Facciamo un giro per la città, i muscoli gridano no! no! ma noi imperterriti, siamo decisi a fare i turisti. Solita cena e a dormire presto. In tutti 59 gli albergue la ritirata è alle 22 e l’uscita alle 8 della mattina. 4) - 27 ottobre lunedì Pamplona – Puente la Reina – Km. 23,5 Dopo una buona colazione, ci avviamo alle 8 e 30. Passiamo davanti all’università (due giorni dopo l’ETA farà esplodere un auto proprio qui davanti) ci sono molti studenti che si avviano, alcuni ci augurano un ”buen camino” (questo augurio ci verrà rivolto decine di volte e lo scambieremo a nostra volta con gli altri pellegrini che incontreremo). Un uomo sui settant’anni ci affianca e ci dice che va veloce perché ha un appuntamento per pranzo a Burgos e alla sera deve essere a Santiago! Ride, ci saluta e se ne va. Camminiamo nella campagna soleggiata, in lontananza vediamo le pale eoliche sull’altura che dovremo superare. I negozi sono tutti chiusi, così non abbiamo nulla da mangiare, Paola mi rimprovera di aver buttato via mezza baguette! Dopo un gran camminare arriviamo ad una delle mete mitiche del Cammino: “l’Alto del Perdon”, con il suo monumento ai pellegrini e le pale che girano lungo tutto il crinale. Ci sono una gran parte dei pellegrini che già conosciamo, le due 60 tedesche che avevamo visto in stazione, le due coreane (madre e figlia) che ci salutano felici e ci scattano una foto con una strana polaroid da cui esce una piccola istantanea. C’è Josè lo spagnolo che ci scatta le foto con la nostra macchina. Non avendo di che sfamarci, ripartiamo e cominciamo la discesa: una pietraia orribile che mette a dura prova caviglie e ginocchia. Andiamo pianissimo, non riesco a immaginarmi questa discesa con la pioggia. Arriviamo ad un paese impronunciabile e ci facciamo un bocadillo (panino). Due chilometri prima della meta incomincia a piovere, tiriamo fuori le mantelle. All’albergue ci sono quasi tutti i nostri compagni di viaggio. Conosciamo Giulia, che avevamo visto il primo giorno, con Mirko ed uno spagnolo, Helios, che lavora ad Ibiza e che parla tutte le lingue conosciute sul Cammino. Quello della lingua è un capitolo a parte: negli ostelli si intrecciano conversazioni che mescolano lo spagnolo al francese, l’inglese all’italiano ed ognuno si arrangia per spiegarsi e farsi capire. Insieme ai tre c’è un altro spagnolo Roc, che ha una voce, proprio come il suo nome, roca. E’ simpatico e di buon umore. Ritroviamo Josè, lo spagnolo taciturno, Jan l’olandese, le due tedesche e ovviamente le 61 due coreane a cui se n’è aggiunta un’altra. Ho chiesto a Ci Hè (che significa saggezza) la ragazza di 28 anni coreana, cosa ci fanno i coreani sul “Cammino”: mi ha risposto che è molto noto in Corea. Il perché mi è poco chiaro, ma tant’è. Guardando, negli albergue, i libri in cui i pellegrini scrivono i loro pensieri, ho osservato scritture in ogni lingua; alcune erano incomprensibili anche nei segni grafici. Una, che ricorreva abbastanza spesso, mi dava l’impressione di una scrittura a caratteri cuneiformi: la nostra amica coreana mi ha svelato che si trattava proprio della sua lingua! 5) - 28 ottobre martedì Puente la Reina – Estella – Km. 22 Alla partenza, alle 9 e 15, piove, ma smette subito. C’è vento, fa freddo, tanto fango rosso, ma si viaggia bene. Ci fermiamo a mangiare in un boschetto vicino al Cammino. Passano vari pellegrini, ad un tratto sentiamo il canto allegro e squillante di una signora che incontreremo più tardi; sono in quattro, tre donne ed un uomo, spagnoli della Mancha. Li ritroviamo nei pressi di una cascina, il percorso è bloccato da un enorme toro che mostra le sue intenzioni nei confronti di una mucca che non sembra ben 62 disposta. Lo spagnolo si avvia con un bastone, nel tentativo di allontanare gli animali dal sentiero; lo fermo e gli ricordo che ha dimenticato “la muleta” (spiritoso!). Incontreremo gli spagnoli altre volte, viaggiano leggeri, senza “muchilla” (zaino) e non vengono negli albergue. Alcuni fanno il Cammino con servizio zaini da hotel ad hotel. Un pomeriggio di grande pioggia li troviamo in un piccolo bar, prendono quattro “bocadillos” (panini) enormi e se ne vanno; un ospitalero che era nel bar dice: “Questi non sono veri pellegrini, non è così che si fa il Cammino”. Poi aggiunge che qualche settimana prima era passata una ragazza elegantissima, vestita all’ultima moda con uno zainetto griffato con poco o niente dentro! Mi guardo, il fango mi arriva alle ginocchia, la mantella ha terminato da un po’ di trattenere l’acqua e sono fradicio, lo zaino è stracolmo, mi rivolgo all’ospitalero e gli chiedo: “E io non sono elegante?”. “Tu vai bene così, tu sei un vero pellegrino!”. Prima di un paese incrociamo un uomo, sta sbucciandosi una mela con un coltello a serramanico e ce ne offre un quarto a testa. Il Cammino è anche questo uno sconosciuto che ti dà una parte di ciò che ha. Arriviamo alle 17 ad Estella una 63 cittadina magnifica, con una cattedrale superba ed un chiostro graziosissimo. Strade pedonali curiose con molti negozi, ma sopratutto con una dimensione umana. L’albergue è bello, con colazione compresa. C’è, tra gli altri, un austriaco che viaggia da due mesi e percorre 50 chilometri al giorno insieme ad un ragazzo che fa il vigile del fuoco alle Canarie; l’austriaco è sbruffone ed antipatico a tutti, fortunatamente non lo rivedremo. Cena in un ristorantino vicino. 6) - 29 ottobre mercoledì Estella – Los Arcos – Km. 21,8 I due corridori (austriaco e spagnolo delle Canarie) sono partiti alle 6 e 30, noi partiamo con comodo alle 9, dopo colazione. Prima tappa alla “Fonte del vino” dove si può assaggiare il vino da una fontana pubblica a fianco del grande monastero di Irache. Si tratta di una trovata pubblicitaria di una cantina sul tracciato. Comincia la pioggia. Pioggia che bagna, poi sole e vento che asciuga, poi di nuovo pioggia, ancora sole e vento, così per quattro volte nella giornata. Le nuvole corrono veloci, ci passano sopra e scaricano la pioggia che hanno in corpo. Paesaggi stupendi esaltati 64 dall’atmosfera da tempesta, gran finale per Paola alla sua ultima tappa. Ci fermiamo in un bar nel punto più alto di quella giornata, ci annunciano che nei prossimi giorni ci sarà ancora pioggia e che per quel pomeriggio si prevede neve in quel luogo. Nel telegiornale della sera vedremo che più avanti sta nevicando e mostrano i pellegrini che proseguono nella neve; non sembrano affatto abbattuti, anzi. Arriviamo all’albergue e fuori incontriamo Damien, il più piccolo del gruppo di ragazzi francesi; lo saluto e lui, con sguardo interrogativo, mi chiede: “Mi conosci?”. “Sono quello che ti ha dato il biscotto questa mattina” gli dico, e lui si illumina e mi riconosce. Al mattino, mentre facevamo colazione, avevamo detto a Damien di prendere qualche biscotto che avevamo sul tavolo, ma lui aveva risposto che non poteva perché non avevano pagato per la colazione, e noi abbiamo insistito finché, guardando che nessuno lo scorgesse, aveva accettato. A Los Arcos l’albergue è colmo, gli ospitaleri ci danno una camera per noi due, ci credono marito e moglie, dormiremo tranquilli. 65 7) - 30 ottobre giovedì Los Arcos – Logrono – Km. 28 Paola parte alle 8 e 30 col bus alla volta di Logrono e poi con un altro che la porterà a Saragozza. “Io lo so che non sono solo anche quando sono solo, io lo so che non sono solo, e rido e piango e mi fondo con il cielo e con il fango”, canto e mi avvio verso la meta di oggi, e di fango ne vedrò tanto. Faccio la prima parte della tappa con i francesi, fortuna che ho le mie racchette, loro arrancano nel fango rosso, specialmente in salita. Ho rivisto i 4 spagnoli, ci siamo fermati insieme in un bar a prendere un caffè. Piove e piove, tutto il giorno, ma senza grande fastidio. Mi sono fermato in un albergue per poter magiare all’asciutto, l’ospitalera mi chiede di togliere gli scarponi infangati, lo faccio e lei arriva con due ciabatte. Per pranzo avevo acquistato un bocadillo” credendo fosse alla frittata: era pesce, ma era buono lo stesso, o forse, dopo cinque ore di marcia e acqua, qualunque cosa sarebbe stata ottima. Nella cucina c’è una donna francese, si sta preparando il pranzo; chiacchieriamo e lei ci accomuna, loro con Sarkozy e noi con Berlusconi e ci facciamo 66 coraggio. Le dico che io continuo, lei mi fa notare che piove troppo, io le rispondo che non è così, fuori c’è un sole magnifico, lei alza le spalle e mi dice “noi il sole ce lo portiamo dentro”. Poi mi offre un caffè solubile, bevo, la saluto e la lascio. Prima di Logrono ho visto la mitica figlia della mitica signora Felicia; ho suonato al campanello della casa che sta proprio sul cammino, è uscita, mi ha fatto entrare nel ripostiglio a fianco della casa, pieno di ogni cosa, e mi ha apposto il “sello”. L’ho salutata con calore e le ho scattato una fotografia. Arrivo alle 17 a Logrono, nell’albergue, ci sono tutti: gli italiani (Giulia e Mirko), lo spagnolo taciturno (Josè), lo spagnolo pazzo (Roc), lo spagnolo mezzo svizzero (Helios), le coreane (Ci Hè e sua madre), le due tedesche, insomma la carovana viaggia di pari passo, almeno fino a qui. Ceniamo insieme nell’albergue: io, Giulia, Mirko, Helios e Roc, ridiamo e beviamo dell’ottimo vino acquistato da Roc. C’è una, qui in cucina, che dopo aver tagliato una cipolla sta tritando dell’aglio (orrore), speriamo che lei e lui non siano nella mia camera. Ah! Ecco, non potevano mancare i cavolini! 67 Dormo nella mansarda, vicino ad un’ungherese di nome Melinda, ha male ad un piede, è caduta nel pomeriggio, le do il “no dol” che mi ha lasciato Paola. 8) - 31 ottobre venerdì Logrono – Najera – Km. 29 Parto alle 8, dagli albergue ti buttano fuori a quell’ora. E’ gioco forza incamminarsi, attraverso la città e, quasi alla fine, trovo un bar decente per fare colazione. Piove e pioverà tutto il giorno. Incrocio Roc che torna indietro, dice che deve tornare a casa, ci salutiamo e abbracciamo cordialmente come fossimo amici da sempre. Mi spiace, era un compagno di viaggio piacevole, con la sua voce roca, ma sempre allegra; lui era la terza volta che faceva il cammino, va a sapere le ragioni. Dopo 13 chilometri di pioggia incessante, a Navarrete entro in un bar, mi sono promesso un caffè. Trovo all’interno Giulia ed Helios con una delle tedesche - si sono separate, non avevano gli stessi ritmi!?-. L’alemanna parte quasi subito. Ci incamminiamo in tre nel fango, ma a Ventosa ci separiamo, loro vanno più veloci. All’entrata di Najera, 12 chilometri dopo la nostra separazione, li ritrovo seduti su una 68 panchina, sotto la pioggia; Helios dice di essere distrutto e di volersi fermare un giorno, Giulia dice che è d’accordo, mi propongono di dividere una camera in un Hostal, costa il doppio, ma per una notte può andare, si può dormire tranquilli e fare una doccia in un vero bagno. Intanto Mirko non si è mosso, non ce la fa, ha un ginocchio gonfio, forse li raggiungerà con il bus il giorno successivo. 9) - 1 novembre sabato Najera – Santo Domingo de la Calzada – Km. 21 Dopo tre giorni di pioggia continua, finalmente una bella giornata. Sole e grandi nuvoloni, a sottolineare il paesaggio, ma neanche una goccia. Ho lasciato Giulia ed Helios all’Hostal e sono partito solo; ho viaggiato tutto il giorno sempre da solo, sono giusto stato superato da quattro spagnoli in gita. A pranzo, si fa per dire pranzo (un panino con tonno e pomodoro!), mi sono fermato in un luogo piacevole. Dopo una salita abbastanza faticosa, un piccolo luogo attrezzato in mezzo alla campagna. Una fontanella per l’acqua, due panche e tre buffe sedie in pietra somiglianti più a triclini, con lo schienale 69 arrotondato ed un quadrato delimitato da legno con all’interno piccoli sassi rotondi dove appoggiare i piedi. Mi mangio soddisfatto il panino, sdraiato su una sedia, mentre passa un austriaco che fa un cenno e va via. Arriva anche Rosemary, un’australiana partita il 22 settembre da Puy (me lo dirà dopo nell’albergue), si toglie lo zaino, si posiziona su una panca pochi metri davanti a me e si mette a fare ginnastica, poi si sdraia; la vedo, lei sulla panca, lo zaino al suo fianco, le montagne sullo sfondo, le faccio una foto (le ho promesso che gliela manderò al mio ritorno). All’albergue, in cui arrivo alle 16, ci sono le 3 coreane, la tedesca, lo spagnolo taciturno e i due francesi che all’inizio avevamo scambiato per preti o frati, ma non era vero; la casa è vecchia, ma molto accogliente, si dorme nella mansarda, non ci sono ovviamente i soliti letti a castello. Faccio il consueto giro della città, visito la cattedrale dove, per tradizione, vivono, sistemati sopra ad un altare, un gallo e una gallina. Le tradizioni del Cammino sono semplici, ma anche suggestive. 70 10) - 2 novembre domenica Santo Domingo de la Calzada – Belorado – Km. 23 Piove, piove, piove. Faccio colazione in una bellissima pasticceria e parto poco prima delle 9. Faccio quasi tutto il tragitto da solo, unico riferimento le frecce gialle che ti guidano verso la meta, In un piccolo villaggio sul muro di una casa ci sono due frecce, una indica una direzione, l’altra un’altra: mi fermo. Ormai ho imparato a mie spese che quando si ha un dubbio bisogna fermarsi e cercare una conferma. Di solito si vede un cippo qualche metro più avanti, o un cumulo di pietre, o ancora un’altra freccia disegnata sull’asfalto o su una pietra o su un lampione. Guardo in tutte le direzioni, niente! Mi giro alla ricerca di un indizio, in mezzo alla pioggia vedo un uomo ad una finestra al primo piano di una casa, mi guarda e mi indica la direzione, nello stesso tempo al piano di sotto una ragazza che sta lavorando al computer si sbraccia ad indicarmi la stessa direzione, sorrido e saluto ringraziando. Poco prima di mezzogiorno mi fermo in un bar a prendere un caffè e una pasta, non riuscirò più a trovare un luogo dove 71 fermarmi, piove e non ci sono ripari, sono costretto a camminare fino alla meta che raggiungerò molto presto, alle 15 e 15. Nel primo pomeriggio, in mezzo alla campagna, mi viene incontro una figura nella pioggia, un cappellaccio sopra a una mantella che traina un curioso carretto al posto dello zaino; ci parliamo in inglese prima di capire che siamo entrambe italiani! Luca sta tornando da Santiago, ma quella non era la sua meta; partito da Sondrio con l’intenzione di andare in Irlanda a piedi voleva vedere Andora, che lo ha deluso, poi ha pensato di passare da Madrid, poi da Porto e, ancora da Santiago. Ora, poco fuori Redecillia del Camino, sotto la pioggia battente, mi racconta che è intenzionato a proseguire per l’Irlanda, ovviamente sempre a piedi. Lo saluto augurandogli buona fortuna, pensando a quanti incontri strani si fanno su questa antica via. A cinque chilometri da Belorado raggiungo Josè, lo spagnolo taciturno, e facciamo insieme gli ultimi chilometri fino all’albergue, dove troviamo le due coreane. Faccio la doccia e, dopo circa un’ora e mezza vedo entrare una figura chiusa nella mantella, fradicia e distrutta: è Giulia, si è fatta 44 chilometri oggi, 72 da sola, ha lasciato gli altri perché andavano troppo piano. Abbiamo tutti trascorso una giornata faticosa e fradicia. Nonostante l’attrezzatura tecnica, nulla riesce a fermare l’acqua oltre un certo tempo. Preparo per tutti un the e ci dividiamo una girella e una mela che avevo acquistato questa mattina; le coreane mettono in tavola frutta secca e uvetta, non è un gran ché, ma la stufa e il the caldo ci rincuorano. Io sono arrivato alla mia ultima tappa, per quest’anno, e mi dispiace. Viaggio di ritorno - 3 novembre Belorado – Saragozza – Orio al Serio – Collegno In poco più di un’ora di bus ho percorso il tragitto fatto in quattro giorni; questo dà il senso del Cammino, vivere in una dimensione spazio/temporale tutta sua. Il tempo si dilata e si misura in mattino, pomeriggio, sera e notte. Lo spazio è ciò che comprende il tuo sguardo, “fino là” e non oltre. I pensieri vagano nella tua mente senza fretta non c’è nulla oltre il camminare e l’orizzonte, che ci sia il sole, la pioggia o il vento. Non so se sia corretto, ma questa mi sembra “pace”. Ripenso al giorno della partenza, a come mi sentivo male; durante 73 il Cammino non ho avuto un solo giorno di malessere, mal di testa o un qualunque malanno, credo sia un vero toccasana. Il bus viaggia nella campagna spagnola costellata di pale eoliche (a centinaia) e di piccole centrali solari; mi viene il magone a pensare all’insensibilità del nostro paese! Giunge puntuale a Saragozza da dove prendo un volo, un po’ ballerino verso l’arrivo, ma anch’esso puntuale. All’aeroporto trovo subito il bus per la stazione di Milano e arrivo in tempo per prendere il treno che mi ero prefissato, con poche speranze a dire il vero, ma tutti gli orari si erano compenetrati in modo perfetto, da quando al mattino alle 9 e 15 avevo preso il primo bus, fino al treno delle 20 e 10. Vorrei terminare qui perché dire che quel treno, che doveva impiegare un’ora e cinquanta, ha avuto più di due ore di ritardo proprio non me la sento, per cui non ne parlo. 74 Diario II Parte 14 marzo 2011 Sono trascorsi due anni e tre mesi e finalmente ecco che arriva il giorno della partenza, verso Santiago. C’è voluto tutto questo tempo per trovare il momento per partire, ma ciò che ha dato il definitivo via alla decisione è stata la scomparsa prematura di Renato il nostro amico di Villafranca il 2 gennaio. Il 10 gennaio una piccola operazione di ernia, per altro prevista, mi aveva fatto ritardare l’inizio della preparazione, ma venti giorni dopo, l’allenamento era già iniziato. Prima con brevi giri di un’ora, poi pian piano con camminate più lunghe. Sapevo che nulla era simile alle tappe del Cammino per cui decisi che l’importante era abituarsi gradatamente a camminare per più ore, tutti i giorni. Così ho fatto, approfittando del fatto che nel frattempo la mia azienda mi aveva messo in “esodo”. Mai 75 parola mi trovava più in sintonia; l’esodo sa di biblico, di un cammino verso una terra promessa, di un nuovo inizio. Così la sera del 14 marzo prendo un treno che da Torino mi porta a Barcellona. Mi sento in colpa, ieri notte Mariella è stata male, le ho persino chiesto se voleva che la portassi al pronto soccorso. Al mattino ha detto che stava meglio e che non dovevo assolutamente pensare a rinunciare al viaggio. Al mattino arrivo a Barcellona, piove in maniera esagerata, riesco a bagnarmi tutto solo scendendo dal treno. Con un treno che fa da metrò tra una stazione e l’altra mi trasferisco alla stazione Saints dove prendo un treno veloce per Saragozza. Sul treno si può ascoltare la radio, così prendo confidenza con lo spagnolo. Da qualche parte c’è un’importante fiera della “truffa”, pare che anche in Italia ve ne sia, così dicono alla radio. Cosa sarà mai? Vengo a sapere poi che stanno parlando di tartufi, chissà perché avevo pensato ad altro? Da Saragozza prendo un autobus che mi porta fino a Belorado il luogo in cui il mio cammino si era fermato nel novembre del 2008. Trovo l’Albergue (diverso da quello della scorsa volta) grazie a Kate, una ragazza 76 svizzera che mi fa strada, e così comincio ad entrare nell’atmosfera. Per la prima volta consegno la mia “credencial” al gestore, il primo “sello” si aggiunge agli altri e faccio la conoscenza dei pellegrini che sono giunti nel pomeriggio. La prima cena con Dani, un giovane spagnolo di Palencia che vive a Madrid, Ester e Pilar due ragazze di Pamplona, Nadine una ragazza tedesca e Kate la svizzera. Ci sono altre tre persone che però non mangiano con noi, due uomini e una ragazza coreana, che conoscerò in seguito. La notte trascorre serena, non vedo l’ora di iniziare. 11) /1 - 16 marzo 2011 mercoledì Belorado – Ages Km. 27,5 Sveglia prima delle 7, come d’uso, fuori piove, d’altra parte quando ero arrivato la volta scorsa pioveva e non potevo aspettarmi qualcosa di diverso. Esco alle 8 coperto dalla mantellina, faccio dieci metri e sono costretto a tornare indietro, mi ero dimenticato di mettermi le ghette e i pantavento. Falsa partenza. Piove e c’è molto fango, non importa, l’euforia del primo giorno mi spinge avanti. Salgo verso il colle dell’Oca, c’è un tavolo con panca riparato da un bel tetto, fatto apposta per 77 i pellegrini; sono solo le undici, non posso ancora fermarmi per un boccone, penso: ne troverò un altro più avanti. Per chilometri non c’è più un riparo o un posto dove riposare un attimo e mangiarsi un panino; ad un tratto arriva da dietro uno “Holà, Buen Camino” e se ne va veloce. Alle due e mezza, in un momento di relativa calma della pioggia, mi decido ad entrare nel bosco e a sedermi sull’erba fradicia per dare un po’ di riposo ai miei piedi e per mangiare. Riprendo, mi supera il tipo di prima, chissà dove l’ho superato? E’ un italiano, Giuseppe di Verona, è partito a piedi da Pau, perché l’aereo lo aveva portato li, Dice di essersi perso a Roncisvalle nonostante avesse il GPS! Parliamo per qualche minuto, ma lui va molto più veloce di me e ci salutiamo. Sicuramente non lo rivedrò più, il suo ritmo è di gran lunga superiore al mio. A San Juan mi fermo mezz’ora dentro la chiesa, che fortunatamente è aperta. Arrivo a Ages alle 15,30, trovo un Albergue privato, il S. Rafael. Entro, sono il primo, strano, chissà dove sono tutti gli altri? So che alcuni si fermavano a S. Juan, ma qualcuno dovrebbe comunque arrivare. Invece no sono solo in una stanza con sei letti. Prima di andare a dormire il 78 gestore mi lascia le chiavi, mi fa vedere dov’è il telefono e mi indica un numero “in caso di necessità”, poi se ne va. 12) /2 - 17 marzo giovedì Ages – Burgos Km. 24 Anche oggi piove, parto alle 8 e mezza, un cartello mi ricorda che mancano 517 chilometri a Santiago. Nella mattinata smette di piovere. Dopo Atapuerca, famosa per i suoi ritrovamenti preistorici, c’è una salita abbastanza faticosa; mi viene da ringraziare il fatto di avere scarponi con una suola resistente, il tratturo è disseminato di roccia e pietre taglienti. Dall’alto si vede Burgos, ma guardando la città e osservando il tragitto che le frecce ti indicano, si ha la sensazione che ti facciano fare un giro inutile. Quando si arriva a Villafria questa sensazione è una certezza: dal basso si vede l’altura da cui si è scesi ed è evidente che ti hanno costretto ad un lungo giro con il solo scopo, almeno credo, di farti attraversare due piccoli borghi. Sapendo che l’ingresso in Burgos è una strada molto trafficata e che ti fa camminare per lungo tempo a fianco di fabbriche e concessionarie di auto, decido di prendere l’autobus n.8 che mi 79 porta nei pressi del centro, posso così osservare la grande fabbrica di pneumatici che occupa un lunghissimo tratto di strada. L’albergue è proprio dietro la cattedrale, il tempo risparmiato mi permette di visitare la grande costruzione, a pagamento con sconto per i pellegrini, e il centro città. La cattedrale è sicuramente da vedere, una delle più belle chiese che si possono ammirare in questo Cammino. La sera, su indicazione di una delle ospitalere, vado a cenare in un bel locale della città, frequentato prevalentemente da spagnoli, insieme alla svizzera Kate, ad una signora francese, Terese e ad Andreas, un canadese che dice che di mestiere cammina, chissa cosa intende dire. 13) /3 - 18 marzo venerdì Burgos – Hontanas Km. 31 Partenza alle 7,30; per fortuna prendo un caffè alla macchinetta dell’albergue e una brioche confezionata, perché fuori è ancora tutto chiuso e dopo Burgos si trovano solo piccoli paesi. Faccio i primi 10 km con Giuseppe, quello di Verona, che mi racconta di una sua amica che non mangia per scelta ascetica, secondo una non meglio definita 80 filosofia indiana; lui è alla ricerca della sua strada. Poi riprende, perché, come avevo visto due giorni prima, lui va molto veloce, ma, nonostante ciò, lo ritroverò ancora. Passano i paesini, ma non c’è neppure un negozio; io, per scelta, non mi porto mai niente da mangiare, conto di trovarne cammin facendo. Un colpo di fortuna: all’ultimo paese, prima di salire sulle mesetas, arriva un camioncino strombazzando e si ferma sulla strada in mezzo al paese: le signore escono di casa e si apprestano verso questo furgone che vende pesce fresco e frutta. Acquisto un’arancia, una mela e una banana che saranno il mio pasto per quel giorno. Arrivo ad Hontanas alle 16,45. Nell’albergue, una vecchia casa ristrutturata, ritrovo Dani e le due ragazze di Pamplona; alla sera arriva un amico di Dani da Madrid che, siccome lavora, farà due giorni con loro. In mio onore decidono che devono preparare una pasta alla bolognese, tirano fuori due pacchi di “tajarin” (è proprio scritto così sulla confezione!), e, con carne, sugo e un uso spropositato di cipolla, preparano questo piatto. Mi intrometto solo per scongiurare che la pasta si trasformi in colla, ma alla fine ceniamo chiacchierando allegramente, bevendo abbondante vino dato 81 che in cucina riscaldamento. non è stato acceso il 14) /4 - 19 marzo sabato Hontanas – Boadilla del Camino Km. 28 Oggi è una bella giornata, si cammina bene, il tragitto passa in parte sulla strada provinciale, non c’è traffico ed ho un colpo di fortuna. La strada passa tra le rovine del convento di San Anton del sec. XIV, la struttura si vede in parte, perché l’interno è parte di una tenuta privata. In estate c’è anche un albergue, che in questa stagione è chiuso, ma quando arrivo, un’auto si avvicina alla cancellata e, dopo aver chiesto il permesso, mi lasciano entrare e fotografare l’interno della chiesa a cielo aperto. Dopo Castrojeriz si risale verso la meseta; la salita è dura, ma si vede dove finisce e quindi si ha il senso della distanza. Arrivati in cima, un bel colpo d’occhio ti fa vedere la strada già percorsa e ti dà il senso dell’infinito della strada ancora da percorrere. Purtroppo qualche amministratore, che sicuramente non ha mai fatto il Cammino, ha pensato che la discesa, molto ripida, subito dopo il passo, dovesse essere cementata. Sembra quasi che gli amministratori locali, 82 lungo tutto il tragitto, si divertano a sistemare le strade secondo un loro criterio che è l’esatto contrario di ciò che vorrebbero i pellegrini. Lastricano ingressi nei paesi, cementano salite o discese, con il risultato che ai bordi di questi manufatti, certamente costosi, c’è sempre una scia sulla terra battuta dove passano i pellegrini che preferiscono la terra o l’erba all’asfalto o al cemento. Il panorama è superbo e ti riempie di emozione, una grande emozione (e dire che su una guida avevo letto che si trattava di una tappa noiosa). La giornata è stata un gran prologo per una serata davvero speciale. Arrivo a Boadilla, l’albergue che doveva essere aperto è chiuso, invece è aperto l’albergue Putzu. Mi riceve Serafin, ragazzo Basco che ha deciso di aprire un albergue; ha appena finito di interrare una piccola piscina nel giardino (sarà un gran privilegio per questa estate). Mi invita a casa sua e mi specifica subito che per questa giornata sarà anche casa mia. Nell’albergue c’è già Jago un giovane medico di Bilbao e Sam Min, anche lei medico di Seul (Corea del Sud). La ragazza mi dice che il suo nome significa “pietra preziosa per tutte le genti”, (che poesia). Arrivano anche i quattro spagnoli, con 83 me la sera precedente, e Pablo, un portoghese che vive in Francia. Le regole della casa sono che qualcuno prepara la cena e gli altri fanno le pulizie. A me, in quanto italiano, l’incarico di allestire una cena. Serata davvero speciale, usciamo tutti sul prato ad osservare la luna piena. Posso anche suonare la chitarra che è li nel soggiorno a disposizione, per la prima volta si va a dormire tardi, dopo un paio di bottiglie bevute tra amici. 15) /5 - 20 marzo domenica Boadilla del Camino – Corrion de Condes Km. 25 Ieri pomeriggio c’era un sole magnifico e, dopo aver fatto il bucato, ho approfittato del giardino di Serafin per stendere la mia roba; purtroppo non mi sono ricordato di ritirarla a sera e questa mattina ho trovato che la mia biancheria era un pezzo di ghiaccio, poichè la temperatura era scesa sotto zero durante la notte. Parto per ultimo alle 8,30, il primo tratto è abbastanza bello, si cammina a fianco di un canale, poi inizia la parte noiosa del Cammino, si viaggia su uno sterrato a fianco di una strada che non è affatto trafficata, ma quell’andare 84 sempre dritti e senza un rilievo non è troppo piacevole; fortuna che, ad un certo punto raggiungo Sam Min e Jago e tra una chiacchiera e l’altra si arriva abbastanza stanchi a Corrion de Condes. L’albergue è gestito dalle suore e non mi piace molto, sarà quello in cui mi sono trovato meno a mio agio in tutto il viaggio. Si dorme in una piccola stanza in 12, con letti a castello troppo vicini l’uno all’altro. Bocciato! A cena, col menù del dia, insieme ai miei due compagni di questa tappa, si parla del Cammino, delle rispettive nazioni, del perché si è li e così via, ridendo nonostante le differenze di latitudine e di lingua. 16) /6 - 21 marzo lunedì Corrion de Condes – Terradillos de los Templarios Km. 27 I roncadores si sono dati da fare, ma in qualche modo sono riuscito a dormire! Sveglia prima delle 7 e partenza, dopo colazione in un bar dove ritrovo gli spagnoli che avevano scelto un altro albergue. La strada anche oggi è tutta dritta, ma il paesaggio è tipicamente rupestre. A Ledigos ci sono due frecce leggermente divergenti: prendo a destra, è a fianco della strada, ma per tutto il 85 percorso vi sono alberi sulla sinistra a riparare dal sole. Oggi non c’è un gran sole, ma credo che in estate possa essere piacevole approfittare dell’ombra. Cammino ancora un po’ con la coreana e lo spagnolo Jago. Poi proseguo con i tre spagnoli; Dani decide che devo imparare la sua lingua e si comincia col verbo “ser”, ma sbaglio sempre la seconda persona plurale, così mi minaccia col bastone che usa per camminare. Ridiamo e così la fatica non si fa troppo sentire. Sam Min decide di proseguire per Sahagun, Jago mi abbraccia perché deve tornare a Bilbao, lui aveva solo pochi giorni da trascorrere sul Cammino e sono finiti. Mi fermo a Terradillos con gli spagnoli, l’albergue è privato ed è anche ristorante così non si deve andare a cercare altrove, anche perché non ci sarebbe altro in questi piccoli paesi che attraversiamo. Il padre di Dani, che vive a Palencia, viene a trovare suo figlio (Dani vive a Madrid) che passa nelle vicinanze e porta dolci che ci mangiamo per cena e saranno molto utili per il giorno successivo. 86 17) /7 – 22 marzo martedì Terradillos los Templarios – El Burgo Ranero Km. 31 Riparto alle 8,30, viaggerò tutto il giorno solo. La tappa ancora una volta mi dice poco, c’è il sole ma si viaggia sempre a fianco della strada in linea retta. Si attraversano piccoli paesini, ma anche Sahagun che è una cittadina anche carina. Qui prendo una decisione che rimuginavo da un paio di giorni. Il mio zaino è decisamente troppo pesante, supera i 10 chili. E dire che lo sapevo dalla prima volta che bisognava portare solo l’indispensabile, solo che avevo ritenuto indispensabili cose che alla prova dei fatti potevano essere lasciate a casa. Così vado alla posta e metto, in una scatola fornitami dall’impiegato, le scarpe che usavo la sera e un maglione. Peso: 2 chili. Ora lo zaino è diventato umano, le mie spalle, ma soprattutto i miei piedi sorridono. Sgravato dell’inutile fardello, mi compro anche una crema solare che non mi ero portato e che è diventata utile, essenzialmente per la parte sinistra della faccia e per la mano sinistra che si è scottata. Io cammino sempre con i bastoncini e questo fa sì che le mie mani siano sempre esposte. E’ vero che al mattino, essendo la temperatura quasi 87 sempre sotto zero, metto i guanti, ma durante la giornata, se c’è il sole, è un’altra cosa. All’albergue c’è un francese come ospitalero, dice di essere pranoterapeuta, racconta di aver fatto il Cammino percorrendo giornalmente 50 km. Trovo come sempre i 3 spagnoli, ancora la coreana e Tony, un italiano che vive in Germania. Ceniamo nel ristorante di fronte e finiamo col Paciaran, un liquore di quelle terre. Buono! 18) /8 – 23 marzo mercoledì El Burgo Ranero – Arcahueja Km. 30 Sono in strada alle 8. I primi tranquilli 13 chilometri in assoluta solitudine. Si viaggia ancora a fianco di una strada, prima con un traffico inesistente, poi ci si immette in un’altra che avvicinandosi a Leon diventa man mano più trafficata di auto e camion. Non è un bel camminare. So che si tratta dell’ultimo tratto, se si può dire: noioso, e mi consolo. La mia idea di non fermarmi a Leon mi porta alle porte della città, mentre tutti gli altri si fermano un po’ prima, in modo da arrivare nella capitale della regione e fermarsi il giorno successivo. A me di visitare le città grandi,a parte il centro, non va molto per cui avevo impostato il mio 88 viaggio prevedendo di attraversare la città ma di dormire oltre. Così sono solo nell’albergue privato di Arcahueja. 19) /9 – 24 marzo giovedì Arcahueja – Villar de Mazarife Km. 29 Da Arcahueja hanno allestito un percorso alternativo a quello lungo la statale, non è un gran chè, ma è meglio, per il solo fatto che per un certo tratto è lontano dal traffico. Entro in Leon, mi fermo un’ora a visitare il centro: la casa costruita da Gaudì, la splendida cattedrale (imperdibile), la chiesa di San Isidoro con il chiostro e l’annessa cappella dipinta. Poi riparto verso la periferia e finalmente fuori città il panorama cambia. Da la Virgen del Camino vi sono due possibili itinerari, scelgo quello che si allontana dalla statale e attraversa la campagna con i suoi piccoli borghi. Sulle guide è scritto che si tratta di un tragitto più lungo di 5 km., in realtà, confrontando i chilometraggi ufficiali dati dalla regione Castillia e Leon, il percorso è quasi uguale, forse poche centinaia di metri meno in quello che viene indicato più lungo. Ho constatato, durante il Cammino, che a volte si fanno giri strani, altre volte vieni 89 indotto a passare in luoghi che non sono quelli originali, solo per farti passare in un punto preciso o in un paese particolare. Interessi? Comunque ero stufo di camminare vicino ad una strada e non ho avuto dubbi. Col senno di poi ho fatto bene. Mi fermo, come previsto, all’albergue San Antonio da Padua: sono ancora da solo in uno stanzone con 40 letti, ma trascorro una piacevolissima serata davanti al camino acceso con Pepe, un vecchio medico che ha allestito l’albergue qualche anno fa e Nuria, che si occupa della cucina e parla molto bene l’italiano. Discutiamo sul significato del Cammino, concordiamo col fatto che prima o poi tutti durante questo viaggio, anche interiore, piangono. “Si piange” dice Pepe “per i dispiaceri passati o per l’impotenza del presente”. Non so se sia così, ma succede a tutti. 20) /10 – 25 marzo venerdì Villar de Mazarife – Astorga Km. 31 Riparto alle 8,30. Piove. Sono, come ogni volta che piove, vestito come un palombaro. La mantella, i pantavento, i guanti. Ma dopo neanche mezz’ora smette, mi tolgo il tutto e proseguo in mezzo alla campagna; incontro tre 90 ragazze tedesche, come sempre ci salutiamo e auguriamo “Buen Camino”. Più avanti, un altro pellegrino si sta cambiando la maglia. Mi avvicino e mi fermo per fare due chiacchiere: è un finlandese, tira fuori un salamino piccante, me lo offre e, dopo un mio cortese rifiuto, lo addenta e se lo mangia in tre bocconi. Troverò ancora altre volte quest’uomo. I pellegrini che mi avevano accompagnato nella prima parte sono indietro ed ora trovo altri compagni di viaggio. La tappa di oggi è bella anche se ad un certo punto, dopo essere passato all’interno di un piccolo borgo, mentre mi trovo su un tratturo all’interno di un boschetto, arrivo ad un bivio. Le direzioni possibili sono tre: avanti, a destra o a sinistra. Cerco la freccia che mi indichi la strada, mi giro in ogni direzione, percorro uno spezzone di ogni direzione, ma della freccia gialla o di una qualunque indicazione, nulla. Decido di tornare indietro e con la piantina della tappa in mano passo da un’altra parte che però so essere nella direzione giusta. Dopo circa un chilometro, come per magia, ritrovo le frecce. Avrei dovuto girare a sinistra. Gli ultimi tre chilometri prima di Astorga sono brutti, come ogni ingresso in città. Trovo subito l’albergue, che è il primo sul 91 tracciato. Mi accoglie una ragazza ungherese, è gentilissima. Nella camera vi sono due letti a castello, su uno vi è già sdraiato il finlandese conosciuto nel pomeriggio. Dopo una tonificante doccia vado a vedere la città che è veramente bella, piccola, ma con un bellissimo centro in cui spicca la piazza del municipio, il palazzo vescovile (opera ancora di Gaudì) e la cattedrale, che non potrò visitare perché chiusa. La notte i miei piedi mi implorano di fermarmi almeno un giorno. Mi fanno male le piante dei piedi, anche se non ho né vesciche né tendiniti. Fatico a dormire. 21) /11 – 26 marzo sabato Astorga – Rabanal del Camino Km. 21 Era mia intenzione andare fino a Foncebadon, ma strada facendo mi sono detto che i miei piedi non me lo avrebbero perdonato. Anche oggi piove, smetterà e riprenderà tutto il giorno, il percorso è bello, sale gradatamente in mezzo alla natura. Ad un tratto un quadretto strampalato: su un filo della luce vicino ad un traliccio dell’alta tensione, ad una decina di metri di altezza, due scarponi legati tra loro penzolano al vento! Non riesco a pensare a chi 92 possa essere stato così stolto. L’unica cosa che mi viene in mente, qualcuno che ha deciso con quel gesto plateale di dire: “Basta me ne torno a casa!”. All’albergue di Rabanal c’è un ragazzo di Bologna, Fabio, che è fermo da due giorni per una tendinite. C’è anche una ragazza australiana, Susan, anche lei ospite da due giorni perché non sta bene: è li, con la testa appoggiata ad una mano, mentre mangia schifata un riso in bianco preparatole dalla ospitalera. Ci informano che alle 18 in chiesa si potranno ascoltare canti gregoriani. Piove, tira vento e fa freddo, per uscire mi metto tutto quello che ho, tre maglie la giacca e la mantella. Ascoltiamo con piacere i canti dei monaci; erano anni che non sentivo cantare il “Magnificat” in latino! Poi tutti a cena nell’unico ristorante del luogo. Ad un unico tavolo ci sono io, con l’altro italiano, un danese e uno svedese della mia età, poi le due ragazze tedesche che avevo incontrato due giorni prima, un altro ragazzo tedesco e una ragazza olandese. Facciamo già un bel miscuglio di umanità, usando una lingua che assomiglia al patchwork. 93 22) /12 – 27 marzo domenica Rabanal del Camino – Molinaseca Km. 26 Facciamo colazione tutti insieme, al mio fianco una signora che non avevo visto la sera prima. Siamo tutti un po’ su di giri, sappiamo che questa è una tappa importante del cammino, per me sarà una delle più belle. Si passa alla “Croce di Ferro”, tutti tiriamo fuori la nostra pietra che abbiamo portato da casa, c’è un attimo di esitazione prima di partire, piove a dirotto, Fabio dice. “Vedrete che fra mezz’ora smette” (parole profetiche). Guardo con curiosità Susan che sta meglio e ha deciso di partire. A differenza di tutti gli altri che viaggiano con giacche a vento, lei ha un cappottino di lana a quadrettini e sorride. Partiamo, ognuno col proprio passo, davanti a me, a poche decine di metri, la ragazza olandese. Dopo circa mezz’ora la vedo fermarsi, mi aspetta e mi guarda interrogativa. “Sì è neve” le dico e scoppiamo a ridere. Man mano che si sale la neve comincia ad imbiancare gli alberi, la strada e noi. Arrivati a Foncebadon ci rifugiamo tutti nell’albergue che ci ospita offrendoci caffè e dolci da gustare davanti al camino acceso, davanti al quale sistemiamo le nostre scarpe fradice. Arriva 94 anche Fabio e dice solo: “Te l’avevo detto”. Mi fermo mezz’ora, poi saluto la compagnia che sembra intenzionata a rimanere ancora per parecchio tempo e riparto. La neve scende che è uno splendore, io adoro camminare nella neve, in più i miei piedi, che nei giorni precedenti si lamentavano, trovano la soffice coltre un vero toccasana. Arrivo alla “Croce” da solo con una commozione indescrivibile. Lascio la mia pietra, provo a fare qualche foto perché non voglio proprio scordare questo momento, poi riprendo, questa volta in discesa. Raggiungo Manjarin, mi fermo a salutare Tomas l’ospitalero che vive da solo qui e che dice di essere l’ultimo templare. Su una mensola, una candela con sopra scritto “la luz del Camino”. Chiedo spiegazioni e Tomas mi dice che ogni sera accende la candela e se qualcuno si trova nel buio sul Cammino può ritrovare la strada seguendo quella luce. Poetico! Man mano che si scende, la neve si trasforma in pioggia. Arrivo a un paesino più in basso ed entro nell’unico bar da cui sta uscendo Toni, l’italo tedesco che dice che insieme ad altri due ha chiamato un taxi per farsi portare a Ponferrada, non ce la fanno più: sono fradici e sopraffatti dalla stanchezza; mi chiede se 95 voglio approfittare del passaggio, ma mi guarda stranito quando gli dico che non sono mai stato meglio e che ho proprio voglia di continuare a camminare. Nel bar trovo la signora che aveva fatto colazione vicino a me, parliamo un po’ e scopro che viene dall’Australia: le chiedo se aveva conosciuto l’altra ragazza che veniva anch’essa dalla sua terra, ma mi dice che non sapeva ci fosse un’altra australiana nell’albergue e che non aveva parlato con nessuno. Usciamo insieme e lei parte velocissima, non la rivedrò più. Arrivo a Molinaseca alle 17. A fianco del mio letto c’è uno con una guida in italiano: chiedo ovviamente se è italiano, no è austriaco, ma aveva acquistato quella guida all’aeroporto di Milano. Dice che fa ogni giorno almeno 40 km, però quando gli dico che per mangiare bisogna andare nel centro del paese a circa mezzo chilometro, mi dice che è troppo stanco e che salta la cena. Io vado nel ristorante consigliatomi e trovo due coniugi che avevo visto uscire in mattinata dall’albergue di Foncebadon. Vengono dall’Alaska e hanno già fatto il Cammino una volta oltre alla via francigena da Cantherbury a Roma. Passiamo insieme una bella serata. E mi stupisco di come 96 le nostre idee siano simili, pur provenendo da continenti diversi. 23) /13 – 28 marzo lunedì Molinaseca – Villafranca del Bierzo Km. 31 Parto tardi la mattina, alle 8,30. Arrivo a Ponferrada dopo 2 ore, attraverso la città, passo a fianco del castello dei templari: sembra quasi una ricostruzione tanto è perfetto. L’uscita è brutta e in mezzo al traffico. Oggi sono stanco, mi fanno male i muscoli, perciò mi fermo spesso. Si attraversa di nuovo la campagna, si sale e si scende in continuazione. Ad un certo punto vedo due ragazze che arrivano da una strada laterale, mi chiedo chi abbia sbagliato strada, comunque l’importante è che ora siamo su quella giusta. Arrivo stremato a Villafranca, finisco di nuovo solo in un albergue. Dato che ci sono solo io non si premurano di accendere il riscaldamento. Per la prima volta rinuncio alla doccia. Fortuna che nella camera con 6 letti c’è un po’ di caldo e con tre coperte riesco a dormire decentemente. Mi insulto da solo, perché non sono andato nell’altro albergue che per di più era consigliato! 97 24) /14 – 29 marzo martedì Villafranca del Bierzo –La Faba Km. 25 Esco da Villafranca, minaccia pioggia. La prima parte del tragitto si svolge a fianco della strada che è sulla destra del sentiero, mentre sulla sinistra scorre un bel fiume. Sulla strada non c’è traffico perché poco sopra passa l’autostrada dove è invece sfrecciano auto e camion. Si cammina in una bella valle, solo a tratti deturpata dai viadotti autostradali. Passo in un paesino che doveva essere un luogo piacevole qualche tempo fa, ora è sormontato da un viadotto alto forse più di cento metri che ne deturpa il panorama. Su una spianata, vicino al fiume, pascola un cavallino pezzato, poco distante un telone ripara un gruppo curioso: un uomo con i capelli rasta in compagnia di sei cani, non si capisce se è spagnolo, portoghese o francese, racconta di sè di vivere sul Cammino, offre un caffè in cambio di spiccioli. Una delle presenze che si incontrano cammin facendo. Incontro due giovani donne spagnole che stanno percorrendo il Cammino insieme. Camminano fumando e chiacchierando come per una passeggiata, non hanno gli zaini che si fanno portare tappa per tappa dal servizio apposito, mi chiedono di far loro una foto e si 98 piazzano davanti ad un pilone dell’autostrada; consiglio di piazzarsi nella parte opposta dove il panorama è bucolico, accettano stupite. Inizia la salita verso il temuto O’Cebreiro, si prende un sentiero sterrato, una bella mulattiera di montagna, e si sale per quasi cinque chilometri, fino ad arrivare a La Fapa dove ho deciso di fermarmi. L’albergue è accogliente, ci ritroviamo in un nutrito gruppo: ci sono le due spagnole, due cugini francesi (maschio e femmina) che provengono dalla Bretagna, Gwendal e Gwenaelle, due coniugi francesi del nord, uno spagnolo di Majorca di 68 anni che non smette mai di parlare e che cammina con i due coniugi. Arriva anche il finlandese incontrato giorni prima e sembra soffrire molto ai piedi, ed infine Toni l’italo tedesco che va molto più forte di me ma che a giorni alterni ritrovo. Nel villaggio non c’è un luogo dove mangiare, per cui ci si deve arrangiare nel rifugio. C’è un negozietto che però ha pochissimo scatolame e per il resto scaffali vuoti. In qualche modo si mangia, mettendo insieme quello che si ha tra tutti. Una delle ospitalere si presta a fare massaggi ai piedi, ne approfittano le due spagnole e la giovane francese, mentre io, trovata una chitarra, 99 allieto, si fa per dire, gli astanti che mi gratificano anche con calorosi applausi. Di notte mi pento di non aver approfittato dei massaggi ai piedi, ancora una volta mi dolgono e fatico a dormire. 25) /15 – 30 marzo mercoledì La Faba – Tricastela Km. 26 Si parte per una delle tappe più dure, almeno così viene descritta su quasi tutti i testi. Fatta di mattina, freschi, non è che una normale mulattiera che gradatamente ti conduce al passo. Ad un certo punto trovo il cippo che segnala l’ingresso nell’ultima regione toccata dal Cammino la Galizia. Da ora in avanti ci sarà quasi sempre un cippo di pietra ogni cinquecento metri. La prendo comoda per non sforzare i piedi e i muscoli, in un’ora e quaranta percorro i cinque chilometri che da La Fapa mi separano da O’Cebreiro. Il luogo è veramente magico, specie se visto nella nebbia piovigginosa. Entro nel convento dei francescani dove mi faccio apporre il sello e scambio due parole con il frate addetto. Sosta d’obbligo al bar. C’è Toni che mi aveva superato di slancio sulla salita mezz’ora prima; mi dice che ha percorso la salita in un’ora, però 100 ora è costretto a fermarsi perché tutta la sua roba è fradicia di sudore e deve aspettare che si asciughi al calore del camino. Mi prendo la prima fetta di torta di Santiago che gusto con piacere. Ora è tutta discesa, la prima parte è graduale e si viaggia abbastanza bene anche se piove a tratti. Poi patisco alla grande l’ultimo tratto prima di Tricastela. La discesa è ripida ed impegnativa, vado pianissimo, temo per i tendini e le ginocchia, i bastoncini mi tornano utili come non mai. Arrivo all’albergue col finlandese, ci assegnano due letti in una stanzetta con due letti a castello, ma siamo solo noi nella stanza. Lui prima di dormire si mette a parlare nella sua lingua in un registratore e va avanti dieci minuti. Usa questo mezzo invece del diario che quasi tutti hanno. 26) /16 – 31 marzo giovedì Tricastela – Barbadelo Km. 22 Questa notte abbiamo dormito così bene che ci siamo svegliati alle 8. Faccio con comodo colazione e chiedo informazioni sul tragitto. Da Tricastela ci sono due possibilità: quella del Cammino originale che passa da San Xil e quella più lunga e più frequentata che passa da Samos. Prendo la prima che attraversa i monti 101 e non è, se pur in piano, sempre a fianco della strada come l’altra. Il tragitto è bello e vario, si sale per cinque chilometri e poi tutta discesa fino a Sarria. Durante la discesa incontro un portoghese che sta andando con una specie di carrettino in senso contrario, dice che sta andando da Santiago a Roma, poi mi vende un braccialetto fatto da lui. Ritroverò gli stessi braccialetti ai polsi di vari pellegrini. A Sarria ritrovo, in un bar, Toni con il danese con cui avevo cenato a Rabanal. Toni dice che deve andare molto avanti e riparte come sempre spedito. Dopo Sarria si sale in mezzo a un bosco, con ruscelli e bella campagna. Mi superano lo spagnolo che parla sempre e la coppia francese che è sempre con lui. Sono partiti molto prima di me ma al buio non hanno trovato la strada per Xil e hanno preso l’altra molto più lunga e che a loro non è piaciuta affatto. Taccio sulla bellezza della mia tappa per non amareggiarli troppo. E ancora una volta mi chiedo il significato di far passare il cammino in luoghi diversi. Arrivo all’albergue di Barbadelo, il primo gestito dalla Xunta de Galizia; ho il tempo di fare il bucato e stenderlo in un bel prato di fronte, dove mi stendo a leggere il libro che ho 102 con me. Arrivano anche i due cugini francesi e insieme allo spagnolo e agli altri francesi ceniamo in un bel locale, prendendo come al solito il menù del dia. 27) /17 – 1 aprile venerdì Barbadelo – Hospital de la Cruz – Km. 30 Ci svegliamo tutti presto perché lo spagnolo e i francesi sono sempre molto mattinieri. Non c’è modo di fare colazione e parto che è ancora buio alle 7,30. Dopo qualche chilometro un bar e ci fermiamo tutti. Saluto i cugini francesi perché loro pensano di fare una tappa breve in quanto lui ha una forte tendinite. Ci facciamo foto reciproche pensando di non rivederci. Ancora un bel tratto di campagna con bei saliscendi, anche se alcune discese sono molto dure per me. In un paesino vengo avvicinato da tre cuccioli, tre cagnolini simpatici, mi soffermo un attimo e li fotografo mentre mi rincorrono. Questo mi fa distrarre giusto quell’attimo per non farmi vedere una freccia che indica la direzione. Proseguo dritto e mi accorgo dopo poco che qualcosa non va. Ad un bivio non c’è la freccia che dovrebbe indicarmi la strada; mi fermo, vado un po’ avanti finchè chiedo in una cascina, mi rimandano indietro 103 indicandomi la direzione giusta. Sono un po’ contrariato, so che devo fare una tappa lunga con molte salite e sbaglio pure strada. Poco dopo incontro una ragazza, Anna: sembra giovanissima, scopro poi che ha 33 anni, è di Praga ed ha una figlia di due anni e mezzo. Aveva iniziato a Puy, in Francia, sette anni fa, il Cammino, che aveva poi interrotto. Sapeva che doveva per forza terminarlo e aveva deciso di fare gli ultimi 100 km. Così io l’ho incontrata proprio all’inizio del suo Cammino di quest’anno. Arriviamo dopo poco al cippo che segnala i cento chilometri da Santiago, mi faccio fotografare e la fotografo con la mia macchina perché lei aveva dimenticato di portarsene una. Proseguo da solo, a Portomarin, per la seconda volta nella giornata mi viene da improperiare. Si giunge al paese attraversando un lungo ponte su un lago artificiale, la freccia ti indica una ripida scalinata, sali, poi la direzione ti porta nel centro del paese fino alla grande chiesa che sembra un castello. Da qui si ridiscende per una strada parallela e opposta a quella precedente, fino a tornare a 200 metri dal ponte da cui sei giunto per attraversarne un altro che ti riimmette sul Cammino. Un chilometro e più 104 assolutamente inutili per chi non deve fermarsi in questo luogo. Accidenti! Nel pomeriggio mi raggiunge Fabio di Bologna ma si ferma a Calvor. A Hospital ancora una volta sono solo all’albergue, una camerata con venti letti a castello solo per me. 28) /18 – 2 aprile sabato Hospitale de la Cruz – Melide – Km. 26 Mi avvio alle 8. Il tratto è bellissimo tutto in mezzo alla campagna che attraversa piccoli villaggi che paiono rimasti al medioevo. Gli horreos per il granoturco, le mucche e i cavalli; i contadini che, nonostante i mezzi moderni come i trattori e macchinari vari, tagliano l’erba con la falce. Attraverso Palas del Rei e proseguo su un bel sentiero che evita accuratamente la strada principale. Mi sorpassa ancora una volta Fabio che dice di voler tentare di arrivare a Santiago in due giorni. Arrivo a Melide dove l’albergue è pieno; vicino a me c’è Giuseppe che avevo incontrato il primo giorno di Cammino, andava molto più veloce di me ed ora è qui. Dice di essersi dovuto fermare per due giorni a causa di una tendinite; 500 chilometri dopo siamo insieme. Lancia un’imprecazione quando vede entrare un tale e 105 mi informa che questa notte non dormiremo. Si tratta di un Californiano, il più gran “roncador” di tutti i tempi! Nella notte si sentirà imprecare in tutte le lingue conosciute e uno soltanto avrà la possibilità di dormire. A cena nella famosa pulperia di Melide con Hole il danese, Anna la ceca, Andrea, un italiano di Vicenza e uno spagnolo: posto veramente da consigliare. 29) /19 – 3 aprile domenica Melide – Arca – Km. 33 Prima di partire vedo due che si infilano le mantelle, chiedo se piove, mi dicono di si. Accidenti bisogna tirare fuori tutta l’attrezzatura per la pioggia, speravo proprio di trovare una bella giornata. Non mi convince, esco e scopro che non c’è una nuvola. Non ho parole. Mi mangio una fetta di torta di Santiago che avevo preso ieri sera, per fortuna, perché per 12 chilometri non c’è un solo bar aperto, è domenica. Ancora una tappa bella con molti sali scendi nei boschi. Ritrovo Anna e insieme arriviamo a Santa Irene: tutte due avevamo intenzione di fermarci li, ma scopriamo che l’unico posto in cui si può mangiare è un chilometro indietro. Facciamo un po’ i conti e 106 decidiamo che è più saggio fare 3 chilometri in avanti che 2 per rimanere sul posto. Lei parte un po’ prima di me, io mi fermo un attimo per riprendermi, speravo di essere a fine giornata e invece ho ancora un bel tratto da fare. Non so dove, ma non vedo il cartello che segnala l’albergue di Arca e proseguo sul cammino fino a quando, dal bosco, vedo spuntare, in senso inverso, Andrea che mi dice che abbiamo sbagliato strada e che dobbiamo tornare indietro. Così invece di 3 km ne faccio quasi 5, ma alla fine si arriva all’agognato rifugio. Nell’errore sono stato fortunato perché ho trovato quasi subito Andrea che era con Giacomo, il quale ha preferito fare altri 10 km piuttosto che tornare indietro di 2. Ceno con Anna che mi dice di essersi preoccupata quando non mi ha visto arrivare. Ci scambiamo le nostre sensazioni e molto presto andiamo a dormire. Domani è il grande giorno. 30) /20 – 4 aprile lunedì Arca – Santiago – Km. 20 Notte tranquilla, la stanchezza di ieri mi ha fatto fare un bel sonno. Tutti abbiamo apprezzato il fatto che non ci fosse il Californiano. Faccio colazione con calma, ho 107 quasi paura di partire. E’ l’ultimo giorno del Cammino e voglio proprio gustarmelo. In realtà appena parto mi rendo conto che sto facendo una media più rapida del solito. Mi sento bene e la meta vicina mi sprona. Fino al Monte Gozo il cammino è vario e ancora bello, poi si avvicina la città, si passa ai bordi dell’aeroporto e vicino a strade trafficate, ma questo ora non importa più. Incontro Anna che mi offre un pezzo di mela, accetto volentieri ma proseguo, sento che devo andare avanti. Mi raggiunge, poco prima del Gozo, Andrea, mi supera. A 12 km dalla meta terminano, inspiegabilmente, le pietre miliari che ci avevano accompagnato per quasi 150 km. Finalmente si attraversa un ponte e si entra in Santiago. Cammino con più calma alla volta della cattedrale, poi alle 13 e 45 entro in piazza. Cammino fino al centro della piazza, mi fermo davanti alla chiesa e mi appoggio ai bastoncini. Ce l’ho fatta! E mi siedo per terra. Circa mezz’ora dopo arriva Anna, ci abbracciamo e ci facciamo fotografare da un inglese di passaggio. Ho prenotato una stanza in una pensioncina a poco prezzo nel centro, mi danno un 108 appartamento con cucina, salotto camera e bagno. Nel pomeriggio vado finalmente in cattedrale. Purtroppo stanno restaurando il Portico della Gloria che è tutto coperto da impalcature, tranne la colonna centrale, quella con la testa di Matteo e l’impronta delle mani che per secoli si sono posate su di essa. Anche a questa però non ci si può avvicinare. Mi accontento di guardarla e di immaginare di aver posto la mia mano dove altre migliaia di persone hanno toccato e di aver avvicinato la mia fronte a quella di Matteo. Vado però ad abbracciare San Giacomo e lo posso fare con tranquillità perché non c’è nessuno. Ora il mio Cammino è finito per davvero. Infine A sera vado con Anna e Andrea a ritirare la mia Compostela, poi a cena insieme ancora una volta. Il giorno successivo ci ritroviamo alle 12 per la messa del pellegrino, nel mio banco c’è anche il californiano, ma qui non russa. La messa è suggestiva anche se non viene usato il 109 “butafumeiro”. Poi usciamo e salutiamo Andrea che riparte per fare le tappe fino a Finisterra. Anna parte nel pomeriggio per Praga: ci salutiamo e promettiamo di rivederci. A sera incontro i due cugini bretoni, così trascorriamo un po’ di tempo insieme ai tavolini di un bar. Passa anche Toni che ci saluta calorosamente. L’ultimo giorno di permanenza a Santiago, il 6 aprile, mi ritrovo ancora una volta davanti alla Cattedrale insieme ai due cugini, arrivano lo spagnolo loquace e i due coniugi francesi: mentre si chiacchiera vedo un’andatura inconfondibile quella di Sam Min, la coreana! La raggiungo, è raggiante, mi dice di essere arrivata il giorno prima, poi con il suo sorriso ingenuo mi dice che sa che dovrebbe fare qualche cosa nella cattedrale, ma non sa cosa. Così l’accompagno a vedere quel che si può del Portico e la invito ad abbracciare il santo. Usciti dalla chiesa vedo arrivare un gruppo di pellegrini al centro della piazza, dico a Sam Min: “Ma quello è Dani”, e ci sono anche Pilar e Ester. Corriamo verso di loro, Dani mi abbraccia gridando: “Lo sapevo che ti ritrovavo!”. Abbracci con tutti e ci sono 110 proprio tutti quelli che ho incontrato il primo giorno a Belorado: è veramente una bella festa! Alla fine ci salutiamo perché devo andare in aeroporto e Pilar mi avvicina e mi dice che vuole ringraziarmi per quella bella serata in cui ho suonato per tutti loro. Ho scritto tante cose, ma non ci sono parole per spiegare le sensazioni provate, i sentimenti, i dolori e le riflessioni. Solo chi ha fatto il Cammino può capire e per questo auguro a tutti di poter avere questo privilegio un giorno. Quando si finisce il Cammino si ha una sola certezza: che bisognava farlo. Se lo volete potete vedere le foto del mio Cammino su www.fulgro.altervista.org 111 LE TAPPE La scelta delle tappe che si è fatta qui è quella che prevede di fare il cammino in 30 giorni. Studiando il percorso e le distanze ho cercato di avere tappe per quanto possibile omogenee, non troppo lunghe, ma neanche esageratamente corte. Per fare questo ho tenuto conto che in alcune parti del percorso vi sono distanze, tra un luogo e l’altro, anche di 17 chilometri. Naturalmente ognuno potrà prendere in considerazione una scansione più consona alle proprie esigenze, al periodo che ha a disposizione e al periodo dell’anno che intende utilizzare per questa avventura. E’ necessario partire dalla consapevolezza che, in linea di massima, si percorrono in un’ora circa quattro chilometri, naturalmente in pianura, che possono diventare anche la metà in salita o in discesa. Tenuto conto di questo, si può pensare a quanti chilometri si possono fare in una giornata. 112 Si sentono, sul Cammino, persone che dicono di fare 40 o addirittura 50 km al giorno, ma direi che questa andatura non è per tutti. A dire il vero, molti di quelli che viaggiano molto veloci spesso li ritrovi, magari dieci giorni dopo, fermi in qualche albergue con un tendine infiammato, impossibilitati a proseguire. Molti (specialmente gli spagnoli) considerano come prima tappa quella che parte da Roncisvalle, ma a mio parere, evitare di attraversare i Pirenei nei luoghi più belli e con un fascino storico come questi, è un vero peccato. Per cui, per chi volesse fare per intero il Cammino, consiglio di iniziare dalla Francia. Essendo questa la scelta di tappe che io personalmente ho fatto, ho aggiunto anche la descrizione di alcuni albergue in cui mi sono fermato ed il mio sintetico parere. Un ultimo consiglio: al momento della partenza, alla descrizione delle tappe è utile affiancare le carte geografiche, del Cammino, edite dalla Michelin. 113 1 - SAINT JEAN PIED DE PORT RONCESVALLES Km. 28 (Rispettivamente Donibane-Garazi e Orreaga in basco) In questo primo tratto tutti i paesi hanno 2 nomi: uno in lingua nazionale, l’altro nella lingua basca, (tra parentesi in questa guida). La prima tappa, che porta da Saint Jean Pied de Port a Roncesvalles, è anche una delle più dure, se si decide di percorrere la così detta “via alta”. E’ anche molto lunga e, per essere la prima, mette a dura prova il fisico di chi la percorre. E’ però possibile scegliere tra due alternative. Arrivati a Saint Jean Pied de Port (l’ultimo treno arriva alle ore 16,30), una volta passati all’ufficio di accoglienza per farsi mettere il primo “sello” e, per chi non l’avesse ancora, acquistare la credential (qui si può anche trovare la conchiglia da appendere allo zaino), si hanno più alternative: la prima, in ordine di tempo, prevede di partire immediatamente per la cosiddetta “via bassa” (via comunque sempre consigliata in caso di maltempo, neve, nebbia) in direzione Valcarlos (Luzaide). Il tragitto è in parte sulla strada statale che porta verso la Spagna. All’inizio è moderatamente 114 trafficata, ma una volta arrivati in territorio spagnolo il traffico diventa esiguo. In tre ore circa si può arrivare a Valcarlos (10 km da Saint Jean). Se siete partiti dopo l’ultimo treno, ricordatevi di tenere a portata di mano una torcia, solo per segnalare la vostra presenza alle auto in transito quando inizierà ad imbrunire. A Valcarlos rivolgetevi al bar che trovate in una piccola piazzetta sulla destra della strada per accedere all’albergue del paese, che ha la capienza di dieci letti, nuovo, con cucina, carino. Si può mangiare nel ristorante proprio di fronte, e così avvicinarsi al primo menù del pellegrino. Il giorno seguente si può partire da Valcarlos con comodo, sapendo che il rifugio a Roncisvalle non apre che alle 16. Si sale per la strada asfaltata, se il tempo è brutto, o peggio c’è neve, conviene seguire la strada fino al colle. Se il tempo è buono proseguite fino a trovare un segnale a sinistra che vi manda su un sentiero che conduce, dopo una lunga, ma non faticosa salita, al colle. . Attenzione! I segnali che vi indicano la direzione sono due: il primo che trovate porta verso una frazione (la strada è asfaltata), ignoratelo e prendete il secondo, qualche centinaio di metri dopo, su 115 sentiero sterrato, che vi eviterà un inutile giro. Non scoraggiatevi camminando sul sentiero; in questa tappa i segnali sono pochi, ma quando li vedete vi rincuorano. Dal colle, dove si trova la lapide che ricorda lo scontro tra i mori e Rolando, si scende fino alla Collegiata, luogo in cui trovate l’albergue che, come detto prima, apre alle 16. La via più seguita è la cosiddetta “via alta”, o “Route Napoleon”. Si parte al mattino presto, come già detto la tappa è lunga, e con un dislivello in salita di circa 1300 metri, ma è anche molto bella. Ricordatevi di fare rifornimento di acqua e cibo, dopo Orisson non ci sono sorgenti e dalla partenza non ci sono negozi fino all’arrivo. Usciti da Saint Jean si sale rapidamente su una stradina asfaltata, poi negli ultimi dieci chilometri si cammina su sentiero. Tutta la tappa è ben segnalata, nei primi 17 chilometri, in territorio francese, si seguono i segnali rosso e bianco della Grande Randonnè 65, poi, entrati in Spagna, si troverà la freccia gialla che non ci abbandonerà fino a Santiago. Se avete la fortuna di iniziare il vostro Cammino in una giornata di sole potrete godere dei panorami che vi offre questa tappa. Si dorme in un antico 116 magazzino di epoca medioevale, ben ristrutturato, che sembra la navata di una chiesa, con settanta letti a castello appaiati in tre file, particolare per l’atmosfera. Non dimenticate, prima di cena, la suggestiva messa del pellegrino officiata dai monaci. 2 – RONCESVALLES – ZUBIRI Km 21,5 La seconda tappa è, anche questa, di montagna, anche se si tratta di declivi più dolci. In parte si tratta di una tappa in discesa; si scende dai 956 metri di Roncisvalle ai 535 di Zubiri, ma non mancano le salite che caratterizzano questo tratto della regione Navarra, Si esce dalla Collegiata di Roncesvalles per un bel sentiero tra gli alberi. Non fatevi sconfortare dal cartello che indica: Santiago 790 Km… E’ il primo che troverete e vi accorgerete che, man mano che procedete, vi farà sempre piacere constatare la diminuzione dei chilometri e il costante avvicinamento alla meta! Arrivati a Burguete prestate attenzione, nel centro del paese si svolta a destra prendendo un sentiero ben segnalato (vi è una chiara indicazione sul muro di una casa, ma siete appena all’inizio, poi vi verrà naturale seguire 117 le indicazioni). Si raggiunge l’Alto de Mezquiriz (930 mt.), poi si attraversano piccoli paesini e ancora l’Alto de Erro (810 mt.) dopo di che è tutta discesa fino a Zubiri. Se piove sarà un po’ faticoso per via del fango. Se invece il tempo è buono e se è estate, ci si potrà rinfrescare nel fiume Arga che scorre per un buon tratto a fianco del sentiero. Si entra in Zubiri per il ponte medioevale “della rabbia”, così detto in quanto si faceva transitare il bestiame facendolo girare intorno ad un pilone sul ponte per preservarlo da questa malattia. Se non si intende fermarsi a Zubiri si prosegua senza attraversare il ponte. Albergue privato Zaldiko, appena passato il ponte, 12 posti letto in due stanzette, carino. L’albergue municipal è poco più avanti. 3 – ZUBIRI – PAMPLONA (Iruna) Km. 21,5 Anche questa tappa ha i suoi bei saliscendi, anche se la differenza tra la partenza e l’arrivo non è significativa. Queste prime tappe non sono molto lunghe, proprio per abituare gradatamente il nostro fisico allo sforzo duraturo che ci porterà fino a Santiago. Si segue la valle del rio Arga. Arrivati a Larrasoana si attraversa il rio su un ponte, poi 118 si prosegue con varie salite e successive discese, Alto Cantera, Monte Nerval e Monte Miravalles, fino a Trinidad de Arre in cui si entra, attraversando un bel ponte medioevale, detto “los peregrinos”, che attraversa il rio Uzama. Sette chilometri dopo si entra in Pamplona. Si entra dal Puente de Magdalena, un simbolo del Cammino, passando poi per una delle porte della città. Pamplona è la prima città importante del Cammino, ex fortezza romana, capitale della Navarra, è famosa per la sua “feria”, la corsa dei tori di San Fermin. Merita un giro in centro. Nonostante la fatica non potete perdervi le bellezze che in questo viaggio si trovano lungo il Cammino. La cattedrale, il palazzo comunale e tutto il centro storico meritano una visita. Albergue de Jesus y Maria con più di 100 posti, grande ma ben attrezzato e con una certa privacy tra i letti a castello. 4 – PAMPLONA – PUENTE LA REINA Km. 23,5 Tappa tranquilla, con una salita facile all’Alto del Perdon ed invece una brutta discesa per scendere dalla parte opposta. 119 Si esce da Pamplona attraversando la zona dell’università, si prosegue per Cizur Menor quasi in piano, mentre si osserva l’alto in cui siamo diretti; è inconfondibile in quanto sulla cima si vedono numerose pale eoliche che troverete enormi quando sarete nei loro pressi. La salita è graduale e senza particolari difficoltà. A pochi metri dalla cima c’è la “fuente de la reniega” (del rinnegamento): il demonio offriva qui l’acqua ai pellegrini, ma voleva che rinnegassero la loro fede. Non lo troverete ora, la fonte è secca. Ricordatevi di rifornirvi di acqua, non ne troverete fino a Urtega (nei mesi estivi spesso vi è un furgone con bibite e bocadillos in cima all’Alto, ma non è sicuro). Arrivati in cima potrete finalmente vedere uno dei simboli del Cammino, il monumento ai pellegrini, che si staglia con sullo sfondo i Pirenei. Si tratta di una suggestiva carovana di persone, muli e cavalli, a grandezza naturale, che viaggiano verso Santiago, sferzati dal vento che arriva da valle. Da qui si può vedere indietro il percorso già fatto. La discesa, come accennato, è veramente brutta, si tratta di un tratturo pieno di pietre appuntite che franano ad ogni passo; non è 120 lunghissima, ma prendetela con calma, specialmente se il fondo è bagnato. Finita la discesa, il tracciato è facile e senza difficoltà; si attraversano i villaggi di Urtega, Muruzabal e Obanos prima di arrivare a Puente la Reina che prende il nome dal ponte a sei arcate sul fiume Arga. Cittadina dal centro medioevale, punto d’incontro del cammino navarro (quello che qui si descrive) e del cammino aragonese (che proviene dal passo pirenaico di Samport) e che da questo punto si uniscono diventando un unico “cammino francese”. Albergue Padres Reparadores, non male. 5 – PUENTE LA REINA – ESTELLA Km. 22 Non vi sono difficoltà in questa tappa. Si esce da Puente la Reina attraversando il famoso ponte, si prosegue nel fondovalle su sentieri in terra. Passato Maneru si giunge a Cirauqui (“nido di vipere” in basco), un villaggio medioevale ben piazzato sulla collina, dietro ai resti delle antiche mura, con una bella piazza (ci si passa obbligatoriamente). Dopo questo centro si prosegue calpestando le pietre di un’antica strada romana (purtroppo li vicino vi 121 è anche l’autostrada). Si attraversa in questa tappa, e anche nelle seguenti, più volte l’autostrada, non è un gran che, ma la nostra meta ci impone di proseguire anche in luoghi non sempre affascinanti. Arrivati a Villatuerta, dove troviamo ancora una volta (e sarà così per molte volte ancora) un vecchio ponte medioevale, si prosegue sino alla bella cittadina di Estella. Non mancate di fare un giro per il centro e di vedere la bella chiesa gotica di San Pedro de la Rùa ed il bel chiostro adiacente, osservate le colonne e i capitelli del chiostro uno diverso dall’altro. Albergue de Peregrinos de Estella su vari piani abbastanza ben tenuto, se si vuole, con colazione. 6 – ESTELLA – LOS ARCOS Km. 21 Questa è l’ultima tappa che attraversa la regione della Navarra ed è la prima che annuncia i grandi spazi in cui ci inoltreremo nelle tappe successive. Si esce da Estella e, seguendo le indicazioni, si arriva al monastero di Irache a fianco del quale vi è la famosa “fontana del vino” da cui si può attingere un bicchiere che darà forza per il cammino. Si tratta di una trovata pubblicitaria, 122 adiacente ad una cantina di vini tipici; può far piacere, oltre ad assaggiare il vino della fonte, farsi apporre il sello sulla credenzial. La fontana ha anche una bocchetta per l’acqua fresca. Dopo Azqueta si prosegue su una strada di campagna e si passa davanti ad un’antica fonte medioevale del XIII sec. detta “de los moros”. L’acqua non è potabile, ma il posto è suggestivo, d’estate si può trovare refrigerio e se invece piove si può sostare al riparo per qualche istante. Si prosegue fino a superare Villamayor de Monjardin, si attraversano vigneti e campi coltivati poi, dopo un pioppeto, inizia un lungo tragitto tra campi e colline che ci dà un’idea dello spazio immenso e della grande solitudine che i pellegrini hanno patito nei secoli passati. Sono 12 chilometri che ci portano fuori dal nostro tempo, prima di giungere a Los Arcos, piccola cittadina medioevale. Albergue Isaac Santiago con 72 posti, un po’ confusionario, ma accettabile. 123 7 – LOS ARCOS – LOGRONO Km. 28 Dopo tre tappe non eccessivamente lunghe e con modesti rilievi, si parte per una tappa con vari saliscendi e con una discreta lunghezza. Si entra nella regione della Rioja, nota per la grande produzione vinicola e ne avremo una chiara visione nell’attraversare decine di vigne nel nostro peregrinare. Si attraversano vasti spazi che conciliano la meditazione, molti campi coltivati e vigneti, ma pochi alberi. Si inizia, uscendo da Los Arcos, su una strada sterrata fino ad arrivare ad una prima salita su un sentiero (se piove scivoloso). Si giunge a Torres del Rio dove troverete uno dei monumenti più noti del Cammino, la chiesa del Santo Sepolcro, costruita su pianta ottogonale, forse dai templari, nel XII secolo. Si prosegue in mezzo ai campi fino a Viana, piccola cittadina con palazzi rinascimentali, subito dopo “l’ermita del la Trinidad”, sulla sinistra, poco fuori del tragitto. Poco prima di Logrono si trova la casa della signora Felicia che per tutta la vita ha dissetato i viandanti. Ora, dopo la sua morte, la figlia prosegue l’opera della madre, e se lo desiderate vi apporrà il sello. 124 Si entra in Logrono, capitale della Rioja, città abbastanza grande (130.000 abitanti), con un bel centro. Come tutti i grandi centri, con una brutta periferia. Albergue Juvenil: carino con una bella cucina e stanze su più piani. Se si dorme in mansarda, non ci sono letti a castello. 8 – LOGRONO – NAJERA Km. 30 Si esce da Logrono superando i corsi e gli incroci trafficati; poco fuori si cammina in una bella zona alberata a fianco di un piccolo lago artificiale. La tappa si snoda senza grandi saliscendi. Si passa prima per il poco consistente “alto de la Grajera”: qui molti pellegrini piantano piccole croci con rami e piccoli pezzi di legno, non è proprio un bel vedere, ma è una delle tradizioni del Cammino. Si giunge a Navarrete, anch’essa con un bel centro storico, all’uscita si passa accanto al cimitero con un antico portale gotico. Poco più in là, una lapide ricorda una pellegrina belga morta sul Cammino. Si troveranno diverse di queste lapidi lungo il viaggio verso Santiago, non è che il Cammino sia così duro, ma con il passare di milioni di persone è matematico che qualcuno trovi la sua 125 ora proprio qui e non nel suo letto a casa propria. La strada passa su una pista pedonale a fianco della strada nazionale ( di queste piste ne troveremo diverse lungo tutto il percorso). Dopo Ventosa si sale all’alto “de San Anton” , poi si riscende fino ad arrivare a Najera; nell’avvicinarsi al paese, si lascia la campagna e si passa in una non bella zona industriale. Se lo vedete, sul muro di una fabbrica vi è un piccolo poema sul Cammino, scritto da un prete del luogo. Dopo il passaggio, su ponte pedonale, sul rio Yalde si entra in paese. Questo è l’unico luogo in cui ho dormito in un “hostal”: ce ne sono parecchi lungo tutto il cammino e se si è particolarmente stanchi una volta si può concedere. 9 – NAJERA – SANTO DOMINGO DE LA CALZADA Km. 21 Tappa bucolica, si passa tra campi e vigneti. Bei saliscendi in mezzo alla campagna, poca ombra e, come spesso accade, ricordarsi di far rifornimento di acqua: ne troverete, ma non in abbondanza. 126 Usciti da Najera si fiancheggiano le curiose pareti di roccia rossa punteggiate da piccole grotte scavate dai primitivi abitanti del luogo. Il percorso è piacevole, con piccole salite, a volte anche con una discreta pendenza, ma non lunghe. Si passa da Azofra, poi per 16 km. si attraversano campi coltivati; in estate si tenga conto che è tutta sotto il sole. Si giunge ad un piccolo paesino, Ciruena, dove è stato costruito un anacronistico quartiere di villette a fianco di un piccolo campo da golf. Si prosegue fino a Santo Domingo, bella cittadina. Nella cattedrale, su un altare laterale, un gallo ed una gallina vivi a ricordo di un antico miracolo. Albergue Casa del Santo, in un bel edificio antico, si può dormire in mansarda. 10 – SANTO DOMINGO DE LA CALZADA – BELORADO Km. 23 Usciti da Santo Domingo si cammina su una pista appositamente approntata per i pellegrini, a fianco della strada statale. Troveremo varie volte questa soluzione che gli amministratori locali hanno adottato per agevolare i pellegrini, permettendogli di proseguire senza che siano costretti a camminare sulla strada spesso trafficata. Giunti a Granon si devia dalla statale 127 e per un po’si viaggia nella tranquillità della campagna. Si lascia la Rioja per entrare nella regione di Castiglia e Leon, provincia di Burgos proseguendo tra vigneti e campi di cereali, si attraversano i paesini di Redecilla de Camino, Viloria de la Roja e Villamajor del Rio. Da qui in avanti ci sentiremo spesso osservati dalle cicogne che hanno i loro grandi nidi sui campanili e sui pali della luce. Infine si raggiunge Belorado, piccolo centro con una bella piccola piazza. In Belorado ho dormito due notti, nell’ultima tappa della mia prima parte di Cammino, e alla partenza del mio cammino definitivo. Albergue Cuatro Cantones, un piccolo rifugio nel centro del paese, con cucina e una stanza con una decina di posti letto. Non male, ma d’inverno poco riscaldato, invece d’estate deve essere una vera delizia. Albergue A Santiago, è il primo che si trova arrivando da Santo Domingo, ha anche annesso il ristorante, ma vi è anche la cucina. 11 - BELORADO - AGES Km. 27,5 Tappa con discrete salite, non c’è più la strada che infastidisce al fianco del pellegrino, ma un percorso più campestre, a volte duro, che porta 128 dai 700 metri di Belorado a superare i 1.100 sul passo più alto. Si lascia Belorado iniziando con un tratto pianeggiante, si attraversa Villambista dove è possibile vedere, scavata nella roccia,” l’Ermita de la Virgen de la Pena”, si prosegue fino a Villafranca Montes de Oca, da qui si comincia a salire sui Montes de Oca. E’ il tatto più duro della tappa, specialmente se piove! Poco dopo aver lasciato Villafranca, sulla destra del sentiero vi è un tavolo con una panca, riparati da un bel tetto: se piove vi conviene pensare di pranzare qui perché dopo, fino a San Juan de Ortega, 12 km. non vi sono più ripari. Si scollina sull’Alto de la Pedraja a 1.120 mt. di altitudine, nei pressi una fonte di acqua fresca, la fuente de Mojapan (sul luogo scrivono che non è potabile), poi da qui è quasi tutta discesa fino a San Juan, che si vedrà dall’alto con il suo grande convento e la bella chiesa in stile romanico. Da San Juan si prosegue diritti per circa 350 mt. fino all’incrocio della statale per Burgos, un cartello, sotto una grande croce di legno, indica la via verso Ages, su una stradina di campagna in mezzo ad un bosco di piccole piante e poi campi fino alla meta. Albergue privato S. Rafael con ristorante, non male. 129 12 - AGES - BURGOS Km. 24 Anche questa tappa dà il suo bel contributo alla fatica che si è accumulata nei giorni precedenti. Uscendo da Ages un’indicazione ci ricorda che mancano ancora 517 chilometri a Santiago! Un po’ ci spaventa, ma nel contempo ci rendiamo conto che oggi superiamo i 300 chilometri percorsi finora. Si cammina su strada asfaltata fino ad Atapuerca, località famosa per essere il più antico sito preistorico della Spagna. Dopo questo luogo si sale su un tratturo veramente duro, non tanto per la pendenza quanto per la durezza del terreno e per le pietre aguzze che non agevolano certo la salita. Giunti sulla sommità di questa salita, la sierra di Atapuerca 1.060 mt., un piccolo pianoro su cui spicca una croce e da cui si può già vedere la città di Burgos e la immensa pianura (in realtà si tratta di un altopiano che varia tra gli 800 e i 900 mt. di altitudine) che dovremo affrontare nei giorni seguenti. Non sono molto chiare le indicazioni in questo luogo, ma prestando un po’ di attenzione si trovano le frecce che indicano la direzione da prendere. Scesi dalla sierra le frecce ci conducono su una strada asfaltata. La sensazione è che ci stiano 130 facendo fare un giro vizioso solo per farci attraversare paesi che altrimenti non avrebbero alcun passaggio. Villaval, Cardenuela, Rio Pico e Orbaneja sono i piccoli borghi che incontriamo. Una volta attraversata l’autostrada vi sono due possibilità per entrare in Burgos: andare dritti verso Villafria o prendere verso sinistra per Castanares. In entrambe i casi si farà un lungo tratto costeggiando l’aeroporto. Se si prosegue per Villafria si possono fare gli 8 km. che ci separano dalla nostra meta sul marciapiede di uno stradone a 4 corsie che attraversa l’orribile periferia della città, dove rimarremo veramente stupiti dall’estensione di una fabbrica di gomme che avremo al nostro fianco per molti minuti, oppure, in alternativa, se lo si vuole, si ha la possibilità di prendere un autobus che porta fino nel centro di Burgos. L’altra possibilità è invece quella di andare, come detto, verso Castanares e poi, seguendo il fiume, fino al centro della bellissima Burgos. Il centro della città è magnifico e la Cattedrale, in cui potrete accedere pagando un biglietto scontato per i pellegrini, è una delle chiese più belle che vi capiterà di vedere. (Ricordate di portare sempre con voi la credential perchè molti monumenti e musei a pagamento hanno 131 un biglietto speciale proprio per i pellegrini) Albergue Municipal, proprio dietro la Cattedrale, bello e funzionale, con i letti a castello divisi gli un dagli altri da piccoli separè. 13 – BURGOS - HONTANAS Km. 31 Si inizia da qui le tappe delle mesetas. E’ meglio rifornirsi in città perché nei paesini che si attraversano spesso non vi è neanche un negozio. Si esce da Burgos e, dopo aver superato la periferia, ci si trova nella campagna anche se, per un certo tempo, si deve viaggiare passando e ripassando l’autostrada che scorre li vicino e per qualche tratto si deve anche viaggiare al bordo strada. Si giunge a Tardajos sempre in piano. Si arriva dopo non molto a Rabè della Calzada, in cui troverete una fontana dov’è possibile rifornirsi di acqua. Subito dopo inizia la salita verso la meseta. Una volta in cima, a qualche chilometro, vi è un luogo di sosta poco sulla destra con tavoli e panche, “la fuente di Prao”: è una fonte, ma non è detto che vi sia sempre l’acqua! Dopo Hornillas del Camino si affronta un’altra meseta; l’orizzonte si estende e non è facile calcolare le distanze a occhio. 132 Alla fine di questa meseta, una piccola conca in cui, sulla sinistra, vi è Arroyo de San Bol. Qui, poco fuori dal sentiero, vi è una bella fonte di acqua fresca che, secondo la leggenda, consente al pellegrino che vi immerge i piedi, di arrivare a Santiago senza problemi. Ancora una salita e un’altra parte di meseta fino a veder apparire quasi d’incanto Hontanas, che si raggiungerà dopo una discreta discesa. Hontanas è un piccolo paesino disposto intorno alla chiesa dell’Immacolata del XVI secolo. Albergue “Hospital de Peregrinos de San Juan”, in un’antica casa. Non male, ma d’inverno dimenticano di accendere il riscaldamento in cucina: sarà perché il sindaco è anche il proprietario dell’unico ristorante? 14 - HONTANAS- BOADILLA DEL CAMINO Km.28 Questa è una tappa che può dare grandi emozioni. Si cammina tra campi immensi e orizzonti infiniti, ci si sente soli, ma anche parte del tutto. (Questo è il mio parere, altri trovano monotona questa tappa, giudicate voi). Si esce da Hontanas camminando fino a Castrojeriz sul ciglio della strada. Prima però si passa per un luogo veramente suggestivo, 133 l’antico e diroccato Convento di San Anton; la strada gli passa proprio in mezzo, in estate vi è anche un albergue. Se è possibile fate un giro all’interno della chiesa diroccata, ne vale la pena. Superata la simpatica Castrojeris si può vedere in lontananza il tragitto che ci stiamo apprestando a fare. La strada in terra battuta sale abbastanza ripida verso l’alto de Mosterales e ci porterà su un’altra meseta; quello che c’è di buono è che si vede dove finisce. Al culmine, un posto per riposare e per osservare il vasto panorama che si estende a perdita d’occhio. La discesa è stata orrendamente cementata da qualche imbecille, ma non è molto lunga. Poi ci si inoltra in un mondo di solitudine e immensità, lasciatevi trasportare. Prima di Puente de Itero sul bordo della strada trovate l’Ermita de San Nicolas, un bellissimo albergue ristrutturato come nel medioevo. Anche se non pensate di dormire qui, se è aperto fermatevi per un saluto; l’Ermita è tenuto dalla Confraternita di San Jacopo di Perugia, vi accoglieranno con calore. Poco dopo, attraversato il ponte sul Rio Pisuerga si lascia la provincia di Burgos e si entra in quella di Palencia. Superato Itero de la Vega ci attende un’altra meseta. Sulle mesetas 134 tenete conto che di ombra ce n’è proprio poca, in estate non dimenticate mai l’acqua. Sempre su strada di campagna si arriva a Boadilla, piccolo paese con una chiesa e nel centro della piazza una colonna gotica del XV secolo, il “rollo jurisdiccional”, che rappresenta il potere giudiziario. L’albergue “il Putzu” è veramente particolare. Ci sono solo dodici posti, ma l’accoglienza di Serafin, un giovane basco, è cordiale e i fortunati che riescono a trovare un posto in estate possono godere, oltre che del giardino, anche di una piccola piscina. 15 BOADILLA DEL CAMINO CORRION DE LOS CONDES Km. 25 Purtroppo le prossime quattro tappe sono quelle che mettono a prova la nostra volontà di continuare. Si cammina quasi sempre a fianco di una strada asfaltata, sempre diritti per chilometri e chilometri; qui va bene se si ha compagnia almeno si può parlare e trascorrere il tempo senza annoiarsi. Si esce da Boadilla su un bel sentiero a fianco del canale de Castilla, fino a Fromista, che si attraversa e poi, su un sentiero pedonale a fianco della strada statale, punteggiato da frequenti piloncini contrassegnati dalla 135 conchiglia, si arriva senza mai una deviazione fino a Corrion de los Condes, attraversando minuscoli paesini in un panorama che non ha confini. Albergue Santa Maria del Carmine (bocciato). E’ tenuto dalle suore, con camere piccole, con i letti vicinissimi l’uno all’altro, da non consigliare. 16 - CORRION DE LOS CONDES TERRADILLOS DE LOS TEMPLARIOS Km. 27 Uscendo da Corrion per 17 chilometri non c’è nulla, un sentiero rettilineo che ci fa attraversare questa sconfinata landa fino a Calzadilla de la Cueza, poi un altro sentiero a fianco della strada asfaltata fino a Ledigos. Qui due possibilità: a sinistra passando in mezzo ai campi o a destra sempre a fianco della strada. Questa seconda possibilità ha il pregio di avere alberi per tutto il tratto, ben posizionati sulla sinistra per poter far ombra al pellegrino. Si troverà questo particolare segno di gentilezza in molte parti del Cammino, fa certamente piacere avere sulla sinistra (la parte da cui arriva il sole) un albero frondoso che ci ripara. Purtroppo non è così ovunque ed in alcune parti gli alberi sono ancora molto piccoli. 136 Albergue Terradillos de los Templarios Jaques de Molay: è privato, piacevole, con piccole stanze con quattro/sei letti normali e con annesso ristorante. Il paese è piccolissimo. 17 TERRADILLOS DE LOS TEMPLARIOS - EL BURGO RANERO Km. 31 Altra tappa tutta pianeggiante, nella prima parte quasi tutta a fianco della vecchia strada statale, ormai poco trafficata perché a poca distanza passa l’autostrada. Qui si entra nella provincia di Leon, si passa per san Nicolas e poi avanti fino a Sahagun, un grande paesone, carino da attraversare. Prestate attenzione alle frecce che in centro sono un po’ carenti. Comunque si dovrà uscire attraversando il fiume dal Puente de Canto e proseguire su un bel viale alberato, che sarà seguito da uno sterrato, praticamente sempre diritto, che passa prima da Bercianos del Real Camino per poi arrivare a El Burgo Ranero. L’albergue del Peregrino, dedicato a Domenico Laffi: simpatico, con una bella sala comune con stufa e stanze non troppo grandi, si richiede solo un’offerta. 137 18 EL BURGO RANERO ARCAHUEJA Km. 30 Molti preferiscono fare questa tappa arrivando fino a Leon, ma occorre aggiungere sette chilometri a quelli qui previsti e questa tappa, per i miei gusti, è già abbastanza snervante così. Altri si fermano prima, a Mansilla, e nella tappa successiva arrivano a Leon. Si inizia con un sentiero da poco alberato che prosegue diritto nella pianura fino a Religios, 13 chilometri dopo la partenza, poi ancora il sentiero fino a Mansilla de las Mulas, poi un’interminabile stradone accanto al quale siamo costretti a camminare fino a Puente de Villarete. Di qui un sentiero un po’ più discosto ci permette di arrivare, dopo un ultimo strappo in salita, fino ad Arcahueja. Albergue privato La Torre, con 12 posti letto, ristorante annesso, riposante. 19 – ARCAHUEJA - VILLAR DE MAZZARIFE Km. 29 Io ho scelto questa scansione perché, vivendo tutto l’anno in una grande città, non mi attira troppo l’idea di restare in una città se non vi sono obbligato. Quindi ho pensato a questa tappa che dà il tempo, a metà della giornata, di 138 visitare il centro di Leon e poi di proseguire oltre. Da Arcahueja si inizia con un primo percorso fuori dal traffico, ma dopo pochi chilometri si è costretti a passare strade trafficate su passerelle pedonali e sentieri laterali che ci portano alla periferia di Leon. Da qui, in meno di un’ora, si arriva al centro dove non si può perdere la stupenda Cattedrale e, lì vicino, la casa Botines progettata da Gaudì e ancora la Basilica di San Isidoro dove vi è anche una cripta magnifica, detta il Pantheon Real. Tutte queste bellezze sono situate in un breve spazio che si può visitare in meno di due ore. Per chi avesse fatto tutto il tratto da El Burgo Ranero e fosse al limite della stanchezza (ma anche per chi non avesse voglia di attraversare tutta la periferia di Leon), all’ingresso della città il capolinea del bus n.8 vi permetterà di arrivare in una piazza centrale poco lontana dalla Cattedrale, risparmiandovi un po’ di energia. (Dalla stessa piazza passa un bus che, per chi lo desidera, vi fa uscire dalla città evitandovi la periferia dalla parte opposta; il bus arriva a La Virgin del Camino). Visitato il centro della città si riprende, seguendo le indicazioni, (dopo aver 139 attraversato la trafficata periferia) si arriva a La Virgin del Camino. Qui, finalmente, si esce ed inizia un nuovo tratto, di nuovo in mezzo alla natura e alla tranquillità della campagna, passando per Oncina de la Valdoncina, poi Chozas de Abajo ed ancora su una strada diritta fino a Villar de Mazarife. Attenzione! A La Virgin del Camino, attraversata la strada, sulla sinistra, vi è l’indicazione di due diverse alternative del Cammino: a sinistra per Viallar de Mazarife, a destra per Villadangos del Paramo. Il mio consiglio è per il primo tracciato, più bucolico e lontano dalla statale. (Alcune guide indicano una lunghezza maggiore di 5 chilometri per questo tratto, in realtà le due vie hanno una lunghezza praticamente uguale. Anche qui qualcuno, per interesse, vuole confondere le carte). Albergue privato San Antonio da Padua, non essendoci ristoranti in paese l’albergue provvede per la cena. Confortevole. 20 - VILLAR DE MAZZARIFE ASTORGA Km. 31 Finalmente le tappe sono cambiate e il paesaggio comincia a variare, cominciano a vedersi di nuovo le montagne e il percorso ci fa 140 attraversare una bella campagna, per il momento ancora con poche salite, ma all’orizzonte si prospettano i Monti di Leon. Si cammina per un po’ su una strada senza traffico, ma in mezzo alla campagna, si prosegue su sterrato facile e in piano, si arriva anche ad attraversare la linea ferroviaria passando sulla massicciata. Si entra in Ospital de Orbigo attraversando il bel ponte di origine romana. Uscendo dal villaggio, due indicazioni con chilometraggi diversi indicano due direzioni opposte: a sinistra l’indicazione ci porterà sulla statale da percorrere fino quasi ad Astorga, a destra una strada sterrata ci porta in una tranquilla campagna fino a San Felix de Orbigo. Di qui, le frecce indicano di seguire un viottolo oltre la strada asfaltata. Pochi metri più avanti troverete una piccola stradina di campagna che taglia il viottolo: qui le frecce sono difficili da vedere, per cui prendete verso sinistra, dopo qualche centinaio di metri si troverà una strada asfaltata che sulla destra vi porterà verso Santibanez de Valdeiglesias, piccolo villaggio da attraversare, poi di qui senza problemi di direzione, si arriva in prossimità di Astorga di cui si scorgono subito le torri della Cattedrale. Come sempre 141 l’avvicinamento di centri medio grandi non è piacevole, ma comunque non è molto lungo. Ancora un piccolo sforzo per salire la ripida strada che porta verso il centro della cittadina. Astorga è veramente bella, con una bella piazza e il suo palazzo di città, la rossa Cattedrale e il palazzo vescovile inconfondibilmente disegnato da Gaudì. Bellissima atmosfera. Albergue Amigos del Camino de Santiago, il primo che si trova entrando in città sulla sinistra. Non molto grande, con piccole stanze con due/tre letti a castello e un’atmosfera simpatica. 21 - ASTORGA - RABANAL DEL CAMINO Km. 21 Da qui, a parte l’uscita da Astorga, che è in discesa, si sale gradatamente verso il punto più alto del Cammino. Si inizia passando, su strada asfaltata, da Murias de Rechivaldo, poi sempre mantenendo una più o meno graduale salita su una pista appositamente approntata per i pellegrini, si può finalmente godere della vista di queste belle montagne. Si attraversano così piccoli borghi: Santa Caterina de Somoza (980 mt.), più avanti El Ganso (1.015 mt.) fino ad arrivare a Rabanal, antico presidio dei 142 Templari, piccolo paesino che resiste grazie al Cammino. La sera, prima di cena, i frati del luogo cantano in chiesa canti gregoriani: se è da un po’ di tempo che non sentite cantare il Magnificat in latino, non perdete l’occasione! Albergue Gaucelmo ben sistemato in un bel casale, due grandi stanze con letti a castello, con gradevole sala di ritrovo e colazione famigliare al mattino. 22 RABANAL DEL CAMINO – MOLINASECA Km. 26 Una bella colazione ci permette di iniziare bene una delle tappe più importanti di questo Cammino. In questa tappa si passerà il punto più alto, ma soprattutto si arriverà alla Cruz de Hierro, uno dei luoghi più ricordati del Cammino. La salita inizia graduale e costante. Si arriva, dopo non molto, a Foncebadon: si tratta di un villaggio abbandonato in cui però è aperto un albergue molto particolare, con un’atmosfera amichevole e tranquilla. Si continua la salita assaporando l’aria fresca e il bel panorama che le montagne tutt’intorno offrono, (sempre che il tempo sia buono, in inverno qui non è raro che nevichi) fino a quando, ad un tratto, 143 davanti a voi potete scorgere finalmente la Cruz. Si tratta di un monumento di una semplicità commovente: un palo in legno alto sei o sette metri con alla cima una semplice croce di ferro ed ai suoi piedi un cumulo enorme di pietre portate dai pellegrini in secoli di passaggi. Qui depositerete la pietra che avrete avuto cura di portare da casa secondo le vostre intenzioni. Vi sembrerà di aver lasciato sotto questo simbolo tutti i pesi che vi portavate dietro! Una piccola radura, qualche panchina, una cappella, inseriti in un bel boschetto di abeti, rendono il luogo fatato. Qui si è a oltre 1.500 metri di altezza; si salirà ancora un po’, ma da quì è sostanzialmente tutta discesa fino alla fine della tappa. Poco più in giù un altro luogo famoso: Manjarin. Si tratta anche qui di un villaggio disabitato se si esclude il piccolo rifugio gestito da Tomas, uno strano personaggio che sostiene di essere l’ultimo dei Templari! Fuori dal rifugio, una serie di cartelli ci indicano le distanza tra questo luogo e una serie di luoghi in tutto il mondo: Roma, Gerusalemme, Machu Pichu ecc… e, naturalmente, Santiago a 222 chilometri. Si continua a scendere fino a El Acebo, un piccolo borgo che sembra si sia 144 fermato al medioevo. Ancora in discesa, su un sentiero che taglia la montagna fino ad arrivare a Molinaseca, bel luogo sul rio Meruelo che si attraversa su un ponte romano nelle vicinanze del Santuario de las Angustias. Albergue Municipal, alla fine del paese: sobrio con camerate con letti singoli, abbastanza nuovo. 23 - MOLINASECA - VILLAFRANCA DEL BIERZO Km. 31 Tappa non difficile che ci porta, all’inizio in discesa, fino a Ponferrada. Qui l’antico castello del XII secolo sembra una ricostruzione tanto è ben tenuto, con la sua forma da perfetto castello medioevale. Si attraversa il centro della cittadina e poi un lungo tratto nella periferia toglie un po’ della poesia del luogo. Fino a Cacabelos il tragitto è pressoché in piano, poi, attraversando un zona di campagna con molte coltivazioni, si arriva, su un sentiero che viaggia su e giù tra le colline coperte di vigne, a Villafranca. Albergue Ave Fenix, rifugio storico tenuto da Jesus Jato, famoso hospitalero, bella atmosfera. 145 24 - VILLAFRANCA DEL BIERZO - LA FABA Km. 25 Questa è una tappa che molti fanno finire a O Cebreiro; è considerata una delle tappe più dure per il dislivello. Per spezzare la difficoltà, se è possibile, ci si può fermare a La Faba. In inverno accertatevi che vi sia un rifugio aperto, altrimenti sarà giocoforza arrivare fino in cima. Si esce da Villafranca sul ponte che attraversa il rio Burbia, poi si trova una pista a fianco della strada statale che ha poco traffico, in quanto proprio sopra scorre l’autostrada. Si attraversa una valle verde e fresca con a fianco un bel corso d’acqua, il rio Valcarce, che scorre allegro, non fosse per l’incombere dell’autostrada che passa in alto con viadotti orribili che a volte fanno da tetto anche a piccoli borghi, il luogo sarebbe veramente bello per il suo aspetto bucolico. Si passa così da Pereje, poi Trabadelo, Ambasmestas, poi, da Vega de Valcarce, non si vede più l’autostrada e il panorama diventa veramente maestoso. Ancora si attraversano piccoli borghi, qualcuno con il suo bar pronto a fornire i suoi servigi ai pellegrini; Ruitelan e Las Herreiras. Fino qui il tracciato è stato in lieve salita, ma dopo quest’ultimo borgo si sale su una mulattiera 146 tutta tra alberi che garantiscono una fresca ombra degna delle nostre montagne, ma la fatica si fa sentire. L’arrivo a La Faba, un piccolissimo borgo con una piccola chiesa a fianco della quale l’albergue gestito da una confraternita tedesca. A La Faba non ci sono ristoranti ma un piccolo negozio è d’uopo prepararsi da mangiare nella cucina dell’albergue. A La Faba c’è anche un albergue privato con la dicitura “vegetariano”: tenete conto eventualmente anche di questa opportunità. 25 - LA FABA - TRICASTELA Km. 26 La sosta a La Faba permette di dividere in due parti la salita ai quasi 1.300 metri di O Cebreiro. Partendo al mattino non si faticherà poi più del dovuto a raggiungere questo magico luogo, uno dei più noti di tutto il cammino. Si sale un po’ più gradatamente con un paesaggio che man mano si apre: se ci si volta si potranno vedere i monti di Leon e la valle sottostante. Salendo verso il passo si incontra il primo cippo in pietra che ci indica che si entra nella regione della Galizia. Da qui, per 142 chilometri, ogni cinquecento metri avremo l’esatta percezione di quanto manca alla nostra 147 meta: a volte è di conforto, a volte sembra che non arrivi mai il segnale successivo! Ancora un piccolo sforzo e si arriva al mitico O Cebreiro, piccolo villaggio di fattura medioevale con le tipiche case col tetto di paglia dette pallozas, e l’antica chiesa conservata dai francescani. E’ anche un luogo turistico ed in estate è difficile trovare posto negli albergue. Si prosegue prima un po’ in discesa sino all’Alto de San Roche, con un grande monumento al pellegrino, poi sempre in discesa, prima in modo graduale, a fianco della strada asfaltata, poi abbastanza ripida su sentiero, specialmente quando ci si avvicina a Tricastela. Qui si cominciano a vedere i caratteristici “horreos” utilizzati in campagna per far seccare il granturco . Albergue della Xunta de Galicia: funzionale con piccole camere con due letti a castello. In Galizia molti albergue sono gestiti dalla Xunta. Sono tutti simili, all’entrata vi daranno una federa e un coprimaterasso in carta; hanno però in comune il fatto che in ognuno di essi c’è la cucina ma non ci sono suppellettili, per cui chi volesse prepararsi da mangiare sappia che deve avere tutto, dalle posate al sale! 148 26 - TRICASTELA - BARBADELO Km. 22 Come già in altri punti da qui il Cammino si divide in due tracciati: uno, quello originale, passa per San Xil attraversando le colline e le belle campagne della provincia di Lugo; l’altro passa per il monastero benedettino di Samos, è più lungo di 6 chilometri, è però quasi tutto in piano. Il perché, anche qui, vi siano due possibili alternative è inspiegabile se non per la pretesa di alcuni centri di avere il beneficio del passaggio dei pellegrini sul proprio territorio (leggi nei propri negozi, bar, ristoranti). Comunque le due vie sono entrambe segnalate bene, fare solo attenzione all’uscita da Tricastela. Arrivati in fondo alla strada del paese si possono scegliere solo due direzioni, ma, stranamente, non vi è un segnale chiaro proprio in quel punto. Se intendete passare per San Xil prendete a destra e, dopo qualche decina di metri, troverete l’indicazione e sul percorso non mancheranno i cippi ogni 500 mt. Il tragitto è bello e vario; si sale per circa cinque chilometri, prima su una piccola strada asfaltata, si attraversano piccolissimi borghi come Balsa, San Xil. Più avanti si cammina su 149 una sterrata fino a giungere all’Alto de Riocabo (900 mt. circa) ed infine, su un sentiero in discesa, si passa Montan e poi Furela ed ancora Calvor. Comunque a Calvor i due percorsi si ricongiungono e si arriverà, seguendo la strada asfaltata, a Sarria piccola cittadina da cui partono per il Cammino molti pellegrini, in quanto ci si trova a circa 120 chilometri da Santiago. Usciti da questo piccolo e poco turistico centro, si attraversa un rio su un bel ponte con piccoli archi e si prende per un sentiero. Si attraversa (scavalcando le traversine) prima la ferrovia e poi si sale, tra alberi secolari e piccoli rii, fino ad arrivare a Barbadelo, un piccolissimo centro immerso nella campagna. Albergue della Xunta, ricavato in una vecchia scuola, con un bel prato sul davanti: riposante. 27 - BARBADELO - HOSPITAL DE LA CRUZ Km. 30 Altra tappa bella, come praticamente tutte quelle della Galizia. Non si finisce mai di riempirsi gli occhi di sentieri, boschi, ruscelli, prati, piccoli borghi, prati e campi coltivati. 150 Si sale uscendo da Barbadelo. La mattina è brumosa, perché in questa regione l’umidità è accentuata rispetto al percorso precedente. Si attraversano campi e piccole colline sempre su bei sentieri, alcuni attraversamenti di ruscelli su pietra sono veramente da ammirare. Si passano piccolissimi agglomerati di case senza che vi sia segnata la località. Prestare attenzione in questi piccoli borghi alle frecce, ci sono molte deviazioni. In questa tappa si trova il cippo dei 100 chilometri, è obbligatoria la foto ricordo! Si giunge così a Portomarin attraversando un lungo ponte sul lago artificiale. Attenzione! Se siete intenzionati a proseguire e non avete la necessità di acquistare qualche cosa nel centro, quando arrivate in fondo al ponte, un cartello vi indicherà la scalinata di fronte a voi: non seguite l’indicazione. Quella porta in centro, dove vi è una chiesa fortezza di San Nicolas, è praticamente l’unica cosa da vedere, in quanto questo paese è stato ricostruito nel 1960 quando l’antico borgo è stato sepolto dalle acque del lago. Quindi arrivati in fondo al ponte, girate a sinistra e dopo circa 200 mt. troverete un piccolo ponte pedonale in ferro che porta sul Cammino. Da qui ancora un 151 sentiero, poi un sentiero parallelo alla strada che prosegue, salendo e scendendo, fino Hospital de la Cruz. Questo è un luogo con giusto quattro case, ma è scelto perché si trova ad una distanza consona. Albergue de la Xunta, come gli altri. 28 - HOSPITAL DE LA CRUZ MELIDE Km. 26 Tratto molto bello quello che si percorre in questa tappa, si cammina in mezzo alla campagna attraversando piccoli villaggi che paiono rimasti al medioevo. Si possono osservare numerosi horreos dallo stile ogni volta differente. Tanti animali, mucche e cavalli, e contadini al lavoro. Si esce da Hospital de la Cruz su una stradina che porta a Ligonde passando per l’alto omonimo (730 mt.), dopo di che si troverà il famoso Cruceiro de Lameiros, uno dei crocefissi più interessanti del Cammino: posto in un bel sito con alberi secolari, il basamento è costituito da un antico altare celtico (secondo un’antica leggenda, si devono fare tre giri intorno alla pietra in senso antiorario per scongiurare malanni). Si prosegue ancora nella campagna, si passa Palas de Rei e si 152 attraversano tre vallate su sentieri bellissimi con boschi e corsi d’acqua. A Leboriero si può apprezzare l’antica chiesa di Santa Maria con, proprio di fronte, un “cabazo” restaurato (un grande cesto di legno con coperchio in paglia che, come gli correo, fungeva da essiccatoio del mais). Si giunge così alla piccola cittadina di Melide. Melide è abbastanza grande, con un centro storico e un piccolo museo vicini all’albergue della Xunta (da tenere presente che è anche usato come albergue Juvenil e potrebbe essere pieno). Non saltate la cena alla famosa pulperia Ezequiel (sulla via principale) dove potrete gustare il tipico pulpo galliego (polipo alla galiziana). 29 - MELIDE - PEDROUZO (ARCA) Km. 33 Ancora una tappa bella e con saliscendi mai duri, anche se alcuni si fanno sentire, specialmente col caldo. Si passa nei boschi di castagni, querce e pini che lasceranno il posto, man mano che si procede, agli eucalipti. Tanti ruscelli: è irresistibile la tentazione di immergervi i piedi affaticati. Piccoli villaggi transitano davanti ai nostri occhi, ma il pensiero è già alla prossima tappa. 153 Uscendo da Melide si incontra il cippo dei 50 km. e ciò sprona il passo. Senza alcuna difficoltà si passano molti piccoli paesini, solo Arzuà è un po’ più grande, con negozi e bar, e con la solita brutta periferia, ma lo si attraversa in fretta. Lasciata Arzuà, si prosegue tra salite e discese attraversando più volte la strada nazionale, ma almeno non si cammina a fianco del traffico. Si potrebbe anche fare tappa a Santa Irene dove c’è un albergue della Xunta, ma bisogna prevedere di portarsi da mangiare, sapendo che non ci sono stoviglie, perché il ristorante più vicino è indietro di un chilometro e siccome per arrivare alla fine della tappa ne mancano tre, il gioco non vale la candela. Prima di arrivare a Pedrouzo prestare attenzione alle indicazioni, perché il Cammino prosegue diritto in mezzo ai boschi passando dietro il paese, mentre il paese e l’albergo sono sulla sinistra. Pedrouzo è un paese che vive del Cammino con un lungo stradone con negozi e ristoranti. L’albergue della Xunta è considerato da taluni il più bello, ma, a mio avviso, è esattamente uguale a tutti gli altri albergue di questa regione: è funzionale e impersonale. 154 30 - PEDROUZO - SANTIAGO Km. 20 La testa è piena di pensieri: questa è l’ultima tappa e, se da una parte non si vede l’ora di arrivare, si fa una certa fatica a partire, sapendo che la meta è vicina. E ancora, dopo tante tappe lunghe e faticose, 20 chilometri ci sembrano una pura formalità. Uscendo da Pedrouzo, si cammina ancora tra boschi di eucalipti con piccole salite e relative discese. Si raggiunge l’aeroporto di Lavacolla costeggiandolo per un po’, poi si prosegue tra il verde fino al famoso Monte Gozo o Mon Xoi in galego (monte della Gioia) dove, per il pellegrinaggio di Giovanni Paolo II, è stato costruito un enorme albergue con ristoranti e negozi: un po’ stile centro commerciale, non propriamente bello da vedere. Da qui si lasciano definitivamente i sentieri e, su strada, si scende e si prosegue avendo però di fronte la visione della meta. Si entra finalmente nella periferia di Santiago. Non si ha tempo di guardarsi intorno, se mai lo si farà in seguito, e si prosegue sino nelle strette viuzze del centro che portano alla Plaza de Obradorio, di fronte alla Cattedrale. Dopo la meditativa sosta sulla piazza, non rimane che salire gli ultimi trentatre gradini che ci portano al Portico della 155 Gloria, al maestro Mateo e all’altare dove finalmente si potrà abbracciare la statua di San Giacomo! In Santiago gli albergue sono grandi e sono nella parte nuova della città, vi sono però anche numerosi hostal e affittacamere a prezzi decisamente buoni. Sempre che non si preferisca andare nell’antico hospital dei pellegrini, proprio sulla piazza, ora Hospital de los Reies Catolicos, un albergo a 5 stelle super lusso. Come cambia il tempo! Da SANTIAGO a FINISTERRE Come già detto in precedenza, molti pellegrini intendono proseguire a piedi sino a Finisterre, al fine di arrivare all’Oceano e alla fine delle terre conosciute (ovviamente nel Medioevo) e raccogliere l’acqua con la conchiglia che si sono portati, attaccata allo zaino, per tutti i chilometri fino a Santiago, o ancora per raccogliere una conchiglia, come prova di essere arrivati fino alla fine del mondo. Per fare 156 ciò vi sono due possibilità: se non si ha molto tempo, si può prendere un autobus che in poco più di due ore vi porterà a destinazione, invece, se si vuole, è possibile continuare il Cammino con altre 3 tappe molto belle, percorrendo circa 90 chilometri. I – SANTIAGO – NEGREIRA Km. 22 Tappa con continui saliscendi, ma senza difficoltà; le frecce gialle continuano ad essere il riferimento per proseguire nel percorso. II – NEGREIRA - OLVEIROA Km. 33 Con l’allenamento precedente, la lunghezza di questa tappa può essere superata senza difficoltà. In estate non dimenticate l’acqua, la tappa è molto assolata, ma ancora senza difficoltà particolari. III – OLVEIROA - FINISTERRE Km. 32 Anche questa tappa porta ad affrontare vari saliscendi, ma senza grandi difficoltà. Attenzione! Dopo Hospital il cammino si biforca. A destra il Cammino prosegue verso nord fino a Muxia (28 Km da Olveiroa); questa deviazione porta ad una tappa ulteriore (da Muxia a Finisterre Km. 30) e ovviamente ad 157 un giorno in più di Cammino. A sinistra invece si procede direttamente verso Finisterre, meta ultima di questa splendida avventura. A tutti coloro che intendono percorrere il Cammino di Santiago un solo augurio: Buen Camino! Fulvio Grosso 158 Indirizzi e siti utili per preparazione del Cammino la www.fulgro.altervista.org è il mio sito su cui potrete trovare le foto del Cammino. www.trenoproblem.it vi permette di visionare tutti gli orari dei treni in Europa. www.alsa.es www.autobusesjimenez.com www.movelia.es www.turgalicia.es www.vibasa.es qui trovate gli orari degli autobus in Spagna. www.pellegrinando.it sito molto ben fatto, in particolare leggere i diari dei pellegrini www.mundicamino.es sito spagnolo dove potrete trovare gli albergue e molte altre notizie. www.caminodesantiago.consumer.es sito spagnolo utile per i commenti agli albergue. [email protected] indirizzo della Confraternita di San Giacomo a cui richiedere la Credential. [email protected] indirizzo di Don Lucio Longhi che può ospitare, a Bergamo, coloro che transitano per l’aeroporto di Orio al Serio. 159 Indice Prefazione Il Cammino di Santiago Notizie utili e non Le parole del Cammino Diario I parte Diario II parte Le tappe Indirizzi e siti utili 160 5 7 13 45 51 75 112 159