Definizione di parlamento
L’analisi strutturale dei parlamenti
L’analisi funzionale dei parlamenti
Il significato della rappresentanza politica
Le concezioni della rappresentanza
Gli stili di rappresentanza
Le componenti della ricettività
Le degenerazioni dei parlamenti
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I parlamenti democratici sono
ASSEMBLEE ELETTIVE in grado di rivendicare ed
esercitare la rappresentanza politica di una
società, dei suoi interessi e delle sue preferenze.
Storicamente, i parlamenti sorgono quando si pone il
problema di limitare e di controllare il potere dell’esecutivo
e del suo capo, generalmente il re.
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I parlamenti possono essere:
MONOCAMERALI
BICAMERALI
Quando il parlamento è
composto da una sola
assemblea legislativa
Quando il parlamento è
composto da una sola
assemblea legislativa
A sua volta, il BICAMERALISMO può essere:
ASIMMETRICO
SIMMETRICO
Quando una delle due camere
prevale sull’altra, svolgendo
anche differenti funzioni
Quando le due camere
hanno gli stessi poteri e
svolgono le stesse funzioni
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DIRETTAMENTE
INDIRETTAMENTE
Es. Stati Uniti d’America,
Svizzera, Italia, Australia
Es. Austria, Canada,
Germania, Gran Bretagna
Le seconde camere si contraddistinguono anche in
base alle DIMENSIONI e ai POTERI dell’assemblea.
Anche in paesi come Francia e Spagna, dotati di forti autonomie locali, le
seconde camere hanno di norma meno poteri rispetto alle camere basse.
Inoltre, a eccezione della Camera dei Lords, le camere basse sono sempre
più piccole, in riferimento al numero dei componenti.
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Per Walter Bagehot, le principali funzioni del parlamento sono:
 ELETTIVA (eleggere bene un governo);
 ESPRESSIVA-RAPPRESENTATIVA;
 PEDAGOGICA («insegnare alla nazione ciò che non sa»);
 INFORMATIVA (riguarda, soprattutto, la diffusione di informazioni sulla legislazione
spicciola, sugli affari correnti);
 LEGISLATIVA;
 FINANZIARIA.
All’elenco di Bagehot, si possono aggiungere la FUNZIONE:
• NEGOZIALE (riconciliazione degli interessi in cerca di rappresentanza);
• DI CONTROLLO (il parlamento e, in particolare, i partiti all’opposizione devono
controllare l’operato del governo).
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La rappresentanza politica non si esaurisce mai né nelle organizzazioni
partitiche né nelle aule parlamentari. Non è uno stato di fatto, un
rapporto statico: è un fenomeno complesso, stratificato e dinamico
che si esprime in più sedi, a più stadi e con diverse finalità.
Le principali teorie riguardanti la rappresentanza sono:
TEORIA PARTECIPAZIONISTA
TEORIA ELETTORALE
Il popolo può partecipare variamente
alla formazione delle decisioni che lo
riguardano, sia attraverso l’attività nei
partiti sia attraverso altre modalità di
partecipazione politica diretta.
Configura la concezione più diffusa
di rappresentanza democratica,
sottoposta a regolare e periodica
verifica attraverso il voto espresso
dai cittadini.
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Giovanni Sartori (1995) individua 7 concezioni della
rappresentanza:
1.
TEORIA ELETTORALE DELLA RAPPRESENTANZA: il popolo elegge liberamente e
periodicamente un corpo di rappresentanti;
2.
TEORIA DELLA RAPPRESENTANZA COME RESPONSABILITÀ: i governanti
rispondono responsabilmente nei confronti dei governati;
3.
TEORIA DELLA RAPPRESENTANZA COME MANDATO: i governanti sono agenti o
delegati che seguono istruzioni;
4.
TEORIA DELLA RAPPRESENTANZA COME IDEM SENTIRE: il popolo è in sintonia
con lo Stato;
5.
TEORIA CONSENSUALE DELLA RAPPRESENTANZA: il popolo consente alle decisioni
dei suoi governanti;
6.
TEORIA PARTECIPAZIONISTA DELLA RAPPRESENTANZA: il popolo partecipa in
modo significativo alla formazione delle decisioni politiche fondamentali;
7.
TEORIA DELLA RAPPRESENTANZA COME SOMIGLIANZA: i governanti
costituiscono un campione rappresentativo dei governati.
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Wahlke et al. (1962) individuano 3 stili della rappresentanza:
1.
il DELEGATO: non prende direttamente ordini dal suo elettorato. Il
suo mandatario è, nella maggior parte dei casi, il partito che lo ha
candidato e fatto eleggere. Risponderà agli elettori del suo personale
attraverso la mediazione del partito;
2.
il FIDUCIARIO: ritiene di avere gli strumenti tecnici e la forza
politica di scegliere di volta in volta come votare e quali posizioni
sostenere;
3.
il POLITICO: cerca il punto di equilibrio fra le esigenze del partito e
gli impegni presi con l’elettorato, fra la propria autonomia di giudizio
e le proprie conoscenze tecniche.
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1.
RICETTIVITÀ DI POLITICHE: il rappresentante cercherà di affrontare le grandi
politiche e di offrire soluzioni generali in sintonia con le preferenze degli elettori;
2.
RICETTIVITÀ DI SERVIZI: si configura come un insieme di tentativi di ottenere
vantaggi particolaristici per gruppi di elettori della sua circoscrizione;
3.
RICETTIVITÀ DI ASSEGNAZIONE: il rappresentante avrà di mira l’interesse
complessivo della circoscrizione, protetto e promosso attraverso l’incanalamento
di fondi, risorse varie, investimenti, opere pubbliche, insediamenti produttivi
(pork barrel);
4.
RICETTIVITÀ SIMBOLICA: si traduce nei tentativi di intessere un rapporto
generale di fiducia, di sostegno, al limite di identificazione fra l’elettorato e il
rappresentante.
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 TRASFORMISMO: i parlamentari si prestano a essere manovrati dai
governanti, anche di diversa posizione politica, pur di ottenere in cambio
risorse, cariche oppure l’opportunità di una ricandidatura;
 CONSOCIATIVISMO: riguarda le modalità dei rapporti fra gruppi
organizzati e, in particolare, fra coalizioni di governo frammentate e
l’opposizione. Gli scambi fra questi attori avvengono spesso sottobanco,
non riguardano cariche ma si preoccupano della distribuzione di risorse
collettive, attraverso politiche pubbliche approvate da larghissime
maggioranze;
 ASSEMBLEARISMO: colpisce non i singoli parlamentari, ma il parlamento
stesso come struttura nel suo insieme. In questo caso, il governo non riesce
a esercitare un controllo sull’attività parlamentare, a fissare l’agenda dei
lavori e, in ultima analisi, a governare efficacemente.
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