alex triglias ARCHETIPO romanzo di folli passioni di vita e di morte 1 2 ARCHETIPO romanzo di folli passioni di vita e di morte alex triglias ‐ acrilico su tela 70x90 Alzare lo sguardo e allungarlo nel vuoto, lontano Diritto infinito che buca la linea, orizzonte di luce Pezzetti di luce scomposta che deviano il raggio Se l’anima umana potesse carpirne i segreti Chi ha l’idea che un tramonto si possa affittare Non ha che pulsioni legate ad un nulla totale 3 4 contenuto INTRO................................................................................9 DUE Æ.............................................................................11 Å TRE .............................................................................21 QUATTRO Æ...................................................................26 Å CINQUE ......................................................................33 SEI Æ...............................................................................39 Å SETTE.........................................................................45 OTTO Æ ..........................................................................54 Å NOVE ..........................................................................63 DIECI Æ...........................................................................66 Å UNDICI ........................................................................74 DODICI Æ........................................................................81 Å TREDICI ......................................................................90 QUATTORDICI Æ............................................................99 Å QUINDICI ..................................................................106 SEDICI Æ ......................................................................117 Å DICIASSETTE...........................................................126 DICIOTTO Æ .................................................................131 Å DICIANNOVE ............................................................140 VENTI Æ........................................................................146 5 6 note dell’autore Le due fasi di vita di Marco Rambaldi, temporalmente divise, un prima ed un dopo, una vita passata e finita, e una nuova che arriva, inizia con delle aspettative chiare, ma si sviluppa con scenari inattesi e sconvolgenti, che trascinano l’uomo in un baratro apparentemente senza ritorno, ancora più fondo di quello dal quale si era risollevato a fatica. Questo romanzo sgorga dalla mente di un autore che conosce di luoghi e di vite vissute. alex triglias – acrilico su tela 80x120 La femmina nella radura sprigiona odori d’amore Il maschio la scruta e l’annusa dall’alto roccioso Presto la danza rituale avrà luogo 7 I personaggi di questo libro sono immaginari. Ogni riferimento a persone, cose, luoghi è puramente casuale. 8 INTRO Gli sembrava proprio un momento magico, la vita scorreva veloce e quell’istinto primordiale di animale ferito sembrava essere svanito. Almeno apparentemente. Poi, di fatto, nella mente frullavano parole e frammenti di ricordi che si ripresentavano ogni volta che si trovava da solo a riflettere, anche se la novità era che riusciva ad affrontarli in modo sereno e riflessivo, senza dover combattere ipertensioni e malumori che fino a qualche tempo fa lo rendevano indomabile. Cambiare lavoro era stata una svolta, lasciare la vecchia Italia e lanciarsi in questo mondo lontano gli avevano ridato speranza e fiducia in se stesso. Franca oramai era un ricordo del passato. Se la ricordava bene quella giovane amazzone, quando la vide per la prima volta dietro il bancone della reception dell’hotel Manhattan nel cuore di Roma. Che donna – aveva pensato un istante - metterebbe soggezione ad un giovane fante che avesse l’ardire di tenere il suo sguardo… Era nata cosi quella passione travolgente, cosi come si possa sognare che le storie d’amore nascano ma non è possibile che accadano nella realtà, ed invece… ti ci ritrovi dentro senza capire come mai sia successo… ma poi perché mai sprecare il tuo tempo a capire, ti va bene cosi e l’adrenalina riesce a coprire ogni cosa… non esiste un contorno, solo il caldo profumo di una travolgente passione. Quando un amore è eterno non può morire, ti resta nel cuore fino all’ultimo battito di vita. 9 10 DUE Æ - Morning Sir, nice to see you, how are you today, have a nice day, thank you… Era sempre la stessa canzone, piacevole in fondo, uscire di casa e sentire il portiere, il giardiniere del compound, il barista di Starbucks, il security guard all’ingresso del building uffici, la receptionist al piano, la segretaria executive,,, - Good morning everybody! Wonderful life, isn’t it? La riunione mattutina con il suo team era il momento topico, un’iniezione di fiducia che dava la giusta spinta per una giornata di creazione e risultati. - Abbiamo fatto un buon lavoro ma dobbiamo fare meglio, questo cliente non si può proprio perdere, mi auguro che abbiate delle idee. La gara sta scadendo, fra due giorni al massimo vorrei vedere una presentazione snella ma chiara con pochi punti essenziali che vadano al sodo. Buon lavoro. L’assenza di incertezza e paura del suo staff lo faceva star bene. Quelle poche settimane erano bastate per trasmettere loro il giusto messaggio di una conduzione forte ma serena nel rispetto totale del ruolo di ognuno. Sembra facile ma non lo è affatto. Marika era sempre discreta, entrava in silenzio portando con se il suo dolce profumo e quelli occhi da maga, il suo corpo infilato nel tailleur Valentino, porgeva con garbo il caffè, le news di agenzia e restava in ascolto. - Può fermarsi per pranzo? Abbiamo dei commenti arretrati da fare al progetto, qualche decina di emails 11 - alle quali rispondere ed un paio di lettere importanti… Lo so che sono invadente e non vorrei esagerare ma sono sicuro che lei capisca la situazione (bella frase fatta). Non si preoccupi Mr. Rambaldi, non avevo di meglio da fare che rendermi utile. La ringrazio… per favore mi chiami Paul, ho bisogno di vederlo urgentemente per una mezz’ora, magari poi resti anche lei cosi prende appunti. Quante di lettere da firmare… delle volte sembriamo una fabbrica di scrittori. - - - Marco, mi hai fatto chiamare? Si vieni Paul, per favore accomodati al tavolo tondo che rivediamo un paio di cosette. Ecco, per esempio quei corridoi a ponte fra i tre edifici, mi sembrano eccessivamente pesanti, voglio dire nelle linee. Non c’è armonia con il resto dei volumi, queste linee delle travi portanti le vorrei più marcate, ed invece i tunnel assolutamente più leggeri, come fossero eterei… mi rendo conto di essere un visionario, ma sono sicuro che tu abbia capito il messaggio. Marco non ti preoccupare, ho capito. Cercherò di dare corpo alla tua idea di etereo, apporteremo le modifiche e ti risottometterò la cosa nel giro di… per domani mattina al meeting va bene? No per favore, preferisco qui da me, poi semmai la faremo circolare. OK, a domani Marika per favore prepari una piccola minuta, un’email va benissimo, riassumendo quanto detto. === Il suo loft a Marina non era male, ad angolo al 34° piano di un bel grattacielo di vetro, lo aveva scelto fra i tanti proposti dalle agenzie di real estate, non era enorme e era 12 arredato con gusto lasciando liberi gli spazi che un loft dovrebbe “avere e ridare”. Dalle grandi vetrate la sera si vedevano a perdita d’occhio le luci della città ed i puntini delle navi in transito sul mare infinito. Una sensazione di pace da vivere con se stessi nei momenti di relax, quelli notturni. La classica camera da letto ricavata nel mezzanino a balconata sul living era la cosa che gli era piaciuta di più, un enorme letto basso e lineare che comunque lasciava spazio e faceva vivere al meglio i grandi volumi. Marco si addormentava osservando le luci della notte e godendo di questa sua nuova vita che tanto aveva voluto. Il telefono suonava da un po’ mentre si stava radendo, ma chi mi cerca alle 7 del mattino… raccolse il telefono che aveva lasciato sul letto la sera prima e rispose. - - - - Marco scusa l’ora, sono Paul… Dimmi Paul, nessun problema, mi stavo radendo e non avevo sentito gli squilli. Mi ha appena chiamato il giapponese, dice che vogliono accelerare l’agreement e che si aspettano una proposta decisiva per domani mattina alle 10. Minchia! Già, ci restano appena 27 ore per chiudere il tutto ed andare lì con le idee chiare e una buona presentazione che non lasci spazio a facili critiche. Va bene, ci vediamo in ufficio alle 8:30, cosi abbiamo un paio d’ore per discutere i dettagli fra noi, poi voglio tutto il team pronto alle 11 intorno al tavolo della sala riunioni con tutta la documentazione aggiornata. OK Il primo espresso era sempre il migliore, certo che queste capsule avevano dato una svolta… una macchinetta, una capsula, qualche secondo e l’espresso è servito, annusi, sorseggi e in meno di un istante sei in paradiso… what else!? 13 Wonderful life. Non ci volevano più di trenta minuti da casa all’ufficio, ultimamente il traffico era decisamente migliorato. Il governo aveva investito miliardi nella viabilità e il risultato era stato eccellente, niente più code chilometriche, al massimo qualche rallentamento nelle ore di punta. Anche la metro e i nuovi autobus avevano contribuito, togliendo dalla strada un numero enorme di minibus di aziende private che portavano avanti e indietro, casa lavoro casa, migliaia di lavoratori e impiegati. Guidare comunque la mattina sotto il sole caldo da Marina a Business Bay piaceva molto a Marco. La nuova azienda dove Marco era approdato, nuova per lui naturalmente, era la Arteko, famosa nel campo della progettualità creativa in tutti i possibili campi di applicazione. Dopo un’accurata selezione avevano scelto lui come Direttore Esecutivo della nuova branch di Dubai, posizione del tutto consona alla sua esperienza. Compenso adeguato, bonus in caso di obiettivi raggiunti, full benefit package, e una certa libertà di azione. Quando era arrivato qualche mese prima, l’azienda gli aveva chiesto che macchina desiderasse. Fra quelle disponibili, aveva scelto una Panamera bianca, pensava fosse una macchina che lo avrebbe soddisfatto, ed infatti cosi era stato. Confortevole, grande personalità, finiture eccellenti, meccanica al top, insomma una vera Porsche last generation, nient’altro da aggiungere. Il nuovo progetto al quale stava lavorando, di importanza strategica per l’Arteko, era stato chiamato Archetipo, un complesso amministrativo e commerciale commissionato dalla JO-Pung International, una società giapponese di investimenti nel campo dell’energia, con un nuovo e 14 consistente programma di sviluppo nel campo delle nuove energie compatibili con l’ambiente. L’idea della JO-Pung per la nuova sede di Dubai era alquanto semplice: un grande volume di tre piani per accogliere tutti gli spazi comuni, lobby, commerciale, esposizioni, eventi, etc, Tre torri da 45/50 piani l’una, collegate con dei “corridor bridges” ad un terzo e a due terzi dell’altezza totale. Facciate continue di vetro. Nessun vincolo particolare, a parte il fatto che la torre centrale avrebbe dovuto avere dei connotati di superiorità rispetto alle altre due essendo destinata agli uffici della JOPung Dubai Branch. Le atre due torri sarebbero state destinate una ad uffici da affittare e l’altra ad hotel 5 stelle. - - - Buongiorno Marika, come mai è già qui… mi lasci indovinare, l’ha chiamata Paul dicendole di venire in anticipo vero? Esatto Mr. Rambaldi, ma ci tengo a dire che sono venuta di corsa e con piacere, lei è il mio capo e è quanto basta per essere pronta e reattiva. La ringrazio Marika. Prendiamoci un bel caffè insieme che poi si comincia… giornata lunga! Ci pensa lei? Sorseggiando il caffè, Marika per la prima volta gli chiese come mai avesse lasciato l’Italia e scelto proprio Dubai. Marco la guardò per qualche istante arricciando le labbra, non sapeva esattamente cosa rispondere… la verità? Troppo complicata! Meglio una semplice bugia - Volevo delle esperienze lavorative nuove, ero semplicemente stufo della solita vita e delle solite facce. Marika non si sforzò di crederci neanche un po’, ma annuì e raccolse le tazze per sottrarsi con garbo. Come spesso accadeva, Marco lasciò andare lo sguardo oltre la vetrata perdendosi nei ricordi che sembravano si 15 cosi lontani, ma dolorosamente ancora cosi vicini. Sapeva bene che non se ne sarebbe mai liberato e provava disagio per questo, ma sapeva benissimo che i ricordi sono il bagaglio della propria vita e fanno parte di essa. Rien à faire, malheureusement... - Eccomi Marco, puntuale, e tu lo sei anche più di me! Ciao Paul, sì, ho fatto prima del previsto, niente traffico e voglia di arrivare in fretta. Allora, mettiamoci al lavoro, ci sono ancora un bel po’ di cose da chiarire, a parte gli appunti di ieri credo che anche la lobby e gli ingressi vadano leggermente rivisti per rendere il tutto più fluido alla vista e sicuramente anche all’utilizzo. Alle 11 in punto il team era seduto intorno al tavolo della sala riunioni, tutti pronti con le loro cartellette e le matite ben appuntite. Marco e Paul entrarono dalla porta laterale che era il collegamento diretto con l’ufficio di Marco. - Buongiorno a tutti, vi ringrazio di essere qui. Abbiamo novità, sarete stati informati che l’appuntamento è stato anticipato a domani mattina… abbiamo 24 ore per essere pronti con la nostra presentazione al cliente. Forza e coraggio, sono sicuro che ce la faremo e confidente che il cliente apprezzerà. Voglio credere che il contratto si possa chiudere senza aggiungere tempi morti. La parte commerciale è cosa mia, adesso concentriamoci sui dettagli tecnici, ce ne sono diversi da rivedere e finalizzare. Eccolo lì il suo Executive Team al lavoro, “pochi ma buoni”, cosi come gli aveva insegnato il suo mentore storico. Sei persone. Quattro erano già in altre sedi dell’azienda prima del suo arrivo, e lui le aveva scelte fra le tante candidature, e le altredue erano state prese a bordo perché conosciute e volute da lui; in gergo si direbbe “se le 16 era portate dietro”. o o o o Marc Legrand Victoria Guvovitch Lester Joung Mansour Ahwadi Erano i quattro che aveva trovato nell’azienda. o Paul White o Jennifer Connelly Erano i due che lo avevano seguito dal passato. Tutti architetti. E poi c’era Marika, la sua assistente esecutiva, l’aveva assunta alla fine di una lunga selezione, era risultata la migliore sotto ogni profilo. Parlava e scriveva perfettamente cinque lingue, ne capiva altre due, era veloce e fotografava immediatamente parole ed scenari, ricordava sempre nomi, luoghi, date, facce, sfumature, era sempre disponibile e presente ma discreta, insomma una vera assistente esecutiva. Oltre ogni aspettativa era anche una bella donna, capelli biondi e caldi come il sole, occhi azzurri infiniti, lineamenti nord-europa, alta e magra con un bel portamento da indossatrice, sempre elegante. La riunione si protrasse per tutta la giornata e verso le sette di sera decisero di scendere al pub nella lobby per un’oretta di riposo, qualcosa da mettere sotto i denti. Sembravano tutti a proprio agio e discorrevano con serenità. Marco li osservava con una certa soddisfazione. Erano passati solo pochi mesi dal suo arrivo in azienda eppure il team sembrava affiatato come se lavorassero insieme da anni. 17 Diciamo che questa abilità nel creare un team coeso ed affiatato era una sua prerogativa, lo era sempre stata. Non aveva mai amato i classici giochetti manageriali e di potere, lui amava parlava chiaro con tutti mettendo le cose sul tavolo apertamente, si lavorava insieme, e i risultati erano per tutti, nel bene e nel male. Certamente nessuno era obbligato ad avere una vita con i colleghi al di fuori dell’ambito professionale, eppure le persone si vedevano anche al di fuori, e questo era di più di un semplice segno di coesione. La libertà di pensiero e di espressione era la cosa più apprezzata, cosi come erano assolutamente bandite le critiche sterili che non portavano a niente. In fondo il metodo adottato da Marco era molto semplice, essere se stessi, lavorare in complicità e sinergia, avere degli obiettivi chiari e condivisi. Verso le 23 erano praticamente pronti, tutte le modifiche erano state apportate, la presentazione tecnica era pronta, da rivedere un’ultima volta “a mente fresca” l’indomani mattina prima dell’incontro con il cliente. Sembravano tutti soddisfatti. - Grazie a tutti per la disponibilità e la collaborazione, ci si rivede domattina puntuali alle 9, buonanotte. Marco rimase seduto ad osservarli andare via. Paul lo aveva salutato con complicità strizzandogli l’occhio, lo faceva sempre quando era soddisfatto. Come accadeva qualche volta, quando si tirava tardi, Marco avrebbe accompagnato Marika a casa, il suo appartamento non era lontano da quello di Marco. La notte era calda e pulita. Anche se la Sheik Zayed Road presentava un traffico scorrevole lui scelse la meno impersonale Jumeira Road, guidando lentamente e con cura. Marika sembrava stanca e non parlava molto, la musica 18 jazz riposava le menti. Dopo qualche minuto lei si era addormentata con la testa leggermente reclinata di lato. Marco non disse nulla rispettando il momento. Continuando a guidare con cura verso Marina, se ne tornò lentamente a passeggiare sui sentieri infiniti dei ricordi… Milano, Roma, il vecchio lavoro, le vecchie abitudini… e poi Franca, sempre Franca, quell’indomabile creatura cosi affascinante e folle che gli aveva riempito la vita in maniera cosi travolgente e cosi distruttiva. Scese la rampa del garage del building di Marika guidando piano fino all’ascensore, posò dolcemente una mano sul braccio di lei che apri gli occhi confusa: - Dove siamo? disse lei sussurrando… giusto un attimo e si rese conto di essersi addormentata (che figura, pensò!) Stava per dire qualcosa ma Marco la precedette sorridendo: - - Ehi, spero tu abbia fatto un bel sogno breve di quelli che ti danno speranza in una vita migliore. Vai a dormire che domattina si ricomincia e non manca molto a domani. Buonanotte e grazie. Grazie a lei Mr. Rambaldi, mi scusi per prima… a domani. Qualche isolato ancora per raggiungere casa ed entrò fluido nel garage interrato per parcheggiare l’auto. Gli ascensori di queste torri sono rapidissimi, in pochi secondi ti sparano al quarantaquattresimo piano succhiandoti il respiro. Essendo l’ultimo loft della torre, l’ascensore ti portava direttamente in casa e la porta si apriva con l’utilizzo di una carta elettronica dedicata, praticamente si passava dalla vettura all’appartamento senza dover incontrare nessuno. Entrando nel loft le luci della città attraverso le grandi vetrate furono come un’iniezione di valium, ogni volta si sentiva affascinato e rapito, non riusciva ancora ad abituarsi a tanta bellezza… In genere rimaneva cosi nella semi oscurità per permetter agli occhi di abituarsi. 19 Il divano era una meraviglia, comodo e accogliente, ci si potevano passare ore a pensare, a leggere o a dormicchiare. Quando si accomodava immergendosi in questo scenario notturno, la mente volava e i ricordi affioravano, d’altronde erano appena sei mesi che aveva “cambiato vita” lasciandosi alle spalle anni di storia e di vita vissuta, non si poteva pretendere che tutto fosse sparito con un clic, e poi forse non era neanche questo che avrebbe voluto. Il tempo avrebbe smussato le ansie e i ricordi avrebbero avuto il giusto ruolo che avrebbero dovuto avere, un bagaglio di esperienza vissuta che aiuta a vivere la vita che vivi, magari con più consapevolezza e serenità. 20 Å TRE Era la quinta volta che veniva a stare all’hotel Manhattan per lavoro e Franca era sempre più affascinante. Esplodeva nelle sue camicette, il sorriso non era sempre una costante, piuttosto quello sguardo a volte aggressivo quando socchiudeva gli occhi e sembrava scavare profondo… l’attrazione si faceva più forte ogni volta e gli sguardi si incrociavano a lungo, parole sottili quasi sussurrate, un’eccitazione costante dei sensi che faceva girare a momenti la testa. Quando lui la guardava lei si mordeva il labbro inferiore sinistro e respirava profondamente, e le tette seguivano il respiro. Una volta le aveva portato un regalo da Hong Kong e lei si era commossa. E questa quinta volta Marco non potette abdicare ancora. - Franca parliamoci chiaro, è arrivato il momento di andarsene a cena lasciando che gli eventi accadano, senza preconcetti e speranze, lasciamo che gli istinti seguano il corso del fiume, senza privazioni e senza limiti, se deve accadere accadrà altrimenti sapremo che non era destino. Franca sembrò avesse già la risposta pronta. - Ti aspetto alle 21 all’angolo alla fine della strada, preferisco nessuno ci veda qui dell’hotel, e non mi fare aspettare! Quelle ore erano state interminabili, pensieri confusi nell’attesa del cosa accadrà, di quali parole, di quali profumi, di quanto lunga è una notte. La vide lontana in attesa all’incrocio, un paio di passi al secondo e sarebbe arrivato da lei in meno di un minuto. Era prima impaurito, eppure la reazione che sentiva 21 avvicinandosi era contraria, più si accorciava la distanza e più il suo cuore si calmava, lasciando posto ad un dolce calore che dal ventre risaliva sempre più su fino alla gola, al collo e alla testa. Lei si voltò come se lo avesse avvertito. Il suo sguardo tagliò l’aria come per aprirsi un varco privilegiato in mezzo a tutta quella gente che alle 21 di sera si muoveva rapida tutto intorno senza alcuna passione. Lui le si fermò ad una cinquantina di centimetri ma esitava, la guardava negli occhi ed esitava. Pensò giusto “ci siamo”. Ma fu lei che guardandolo fiera negli occhi, quasi a dar voce al pensiero di lui, disse - Ci siamo! Un brivido, quasi una scarica elettrica, attraversò la spina dorsale di Marco dalla nuca verso il basso. Camminando nella sera con il braccio infilato nel suo, Franca discorreva prevalentemente della sua vita e delle sue aspettative. Era un fiume in piena. Voleva metterlo al corrente. D’altronde era la prima volta che si incontravano fuori cosi in libertà dagli occhi indiscreti del Manhattan. Aveva studiato lingue, laureata con lode, master in business and relazioni, aveva fatto delle utili esperienze di public relation in vari hotel, e da un anno aveva avuto la fortuna di poter lavorare nel mitico Hotel Manhattan di Roma, una garanzia per quelli che come lei avevano bisogno di una esperienza di alto livello per poter spiccare il volo e dedicarsi come independant consultant alle public relation internazionali in giro per il mondo. Ancora qualche anno al Manhattan, ancora un master in comunicazioni e il target sarebbe stato raggiunto. L’inizio della vera carriera internazionale cominciava ad avvicinarsi. - Trentacinque anni in fondo sembrano ancora un’età ideale per cominciare, non trovi? Era amabile, parlava d’istinto e ti guardava negli occhi. 22 Mangiarono con calma ottimo pesce ed ottimo vino gelato. Erano passate più di due ore e sembravano pochi minuti, non si stancavano mai di parlare e frugarsi con sguardi profondi, quel vino secco e gelato aveva fatto la sua parte. Gli animi liberi, le menti infuocate e voraci, le dita che sgranellano il pane per poi intrecciarsi in piccoli amplessi. Nel taxi andando da lei, Marco si sentiva etereo e le parole continuavano a venir fuori come lava incandescente, nessun vizio di forma e tanta sostanza, contrappunti armoniosi che appaiono solo (e purtroppo) nella fase dell’innamoramento passionale, facendosi spazio nel cuore e fra i sensi senza offendere mai. L’unico contatto fisico continuava ad essere le dita della mano destra lui e della sinistra lei. Si toccavano e giocavano, si intrecciavano e fuggivano, lasciavano impronte infuocate che sarebbero passate alla storia. La chimica c’entra e c’entra di brutto. L’ascensore li vide baciarsi con cura, sfiorarsi le labbra, aprirle, protendere le lingue, intrecciarle, scambiarsi il respiro ansimante, mischiare saliva e sapori. Marco le teneva le terga strette nelle mani mentre Marika gli cingeva il collo con le braccia, la nuca nel palmo delle mani, lo stringeva a se con forza e dolcezza come fa caldamente una femmina in calore. Ventre contro ventre si strusciarono e spintonarono fino a che l’ascensore, arrivato da un pezzo, non riprese la corsa in discesa chiamato da qualcuno. Franca rapidamente schiacciò il pulsante dell’alt e poi il pulsante del suo piano, cosi che l’ascensore riprese la corsa in salita e si arrestò al piano. I due uscirono di corsa e si resero conto di essere nel mondo reale, chissà quanto tempo di trance avevano passato in quella cabina prima di riemergere nella realtà. 23 Restarono lì per un attimo ancora a guardarsi sgomenti negli occhi davanti la porta d’ingresso. Franca frugò nella borsa e tirò fuori il mazzo di chiavi, scelse quella giusta e la infilò con impaccio nella serratura. Quando la porta si aprì le luci soffuse del monolocale si accesero automaticamente. L’occhio allenato dell’architetto inquadrò subito la scena. La stanza doveva essere di una trentina di metri quadrati, sulla destra un angolo cottura con penisola in granito nero, nel fondo un grande finestrone con tende a pacchetto, un tavolo tondo di vetro con quattro sedie tonneau ed un grande divano ad elle di tessuto grigio scuro. Un paio di quadri di arte moderna, un mobile lungo non alto con ante scorrevoli in cristallo acetato su una delle pareti, delle lampade a stelo cromato. - Allora, sarebbe questo il tuo rifugio, complimenti, arredato con cura e nel rispetto dei volumi. Avresti dell’acqua? Ho la bocca asciutta, deve essere l’adrenalina… Marco sorrise guardandola, Franca respirava ancora profondamente, sembrava affannata, si morse il labbro inferiore sinistro e si girò dirigendosi all’angolo cottura, apri il frigorifero e tiro fuori una bottiglia di acqua gassata porgendola a Marco. Lui bevve dalla bottiglia con piccoli sorsi, continuando a guardarla negli occhi. Franca non ne poteva più di questa attesa, le gambe le tremavano ed il cuore rimbombava belle tempie, fece un paio di passi indietro verso il mobile a parete, si girò verso la parete e dandogli le spalle si tirò su la gonna sui fianchi, mettendo a nude le natiche… un attimo di esitazione e si sfilò le mutandine sottili piegandosi in avanti. Marco non credeva ai suoi occhi, gli girava la testa ma non si mosse continuando ad ammirarla. Franca si rimise eretta e si girò tenendo su la gonna sui fianchi, indietreggiò giusto un pochino e, appoggiando le 24 mani sul mobile a parete, con un live saltello si mise a sedere. Con le gambe socchiuse e guardandolo dritto negli occhi cominciò ad aprire lentamente i bottoni della camicetta, uno, poi un altro, un altro ancora e poi il quarto, aprendola e scostandola sui due lati. Il seno proruppe imponente, velato da uno di quei reggiseno di pizzo che avvolgono dolcemente le mammelle e lasciano intravedere i capezzoli sotto il toulle… le sue mani aperte ci si posarono sopra comprimendolo con una certa energia e spingendolo al centro e in alto. Restò cosi per un attimo e, insistendo il suo sguardo negli occhi di lui, piegò le gambe alzando le ginocchia, appoggiò i talloni al bordo del mobile e con delicatezza spalancò le gambe mostrandosi in tutta la sua intimità. - Sono pronta per te, voglio sentirti dentro, fino in fondo, ti prego. Nota dell’autore: Quanto raccontato era stato l’inizio di una passione fuori dal comune, qualcosa che travalicava la realtà e la fantasia e che li avrebbe uniti per tre lunghi anni. 25 QUATTRO Æ La mattina seguente erano tutti schierati in sala riunioni, pronti per dare il meglio e fare una buona impressione con i giapponesi della JO-Pung Investments. Quando Mr. Pung entrò nella sala riunioni si alzarono tutti in piedi, Marco attese il suo solito inchino reverenziale e stringendogli la mano disse soltanto: - Mr. Pung welcome, we are ready to show you our last efforts, I am quiet sure you will be impressed. I wish Mr. Rambaldi. Mr. Pung si sedette composto, schiena dritta e avambracci appoggiati educatamente sui braccioli, e rimase in silenzio fissando lo schermo bianco. Marika abbassò le luci e la prima slide comparve sullo schermo. Silenzio totale. Marco iniziò con calma il suo speech, che sarebbe durato circa un’ora e trenta, almeno sulla carta. Mr. Pung non interruppe mai, quasi neanche un cenno per tutta la durata della presentazione. - … that’s why we think the project has all the potentialities to become a success! Concluse Marco, che era rimasto in piedi durante tutta la presentazione. Poggiò delicatamente il puntatore laser sul tavolo e bevve un gran sorso di acqua prima di sedersi in attesa. Silenzio assoluto… solo ansia pesante come un macigno. Mr. Pung si passò lentamente la mano tra i capelli abbassando lo sguardo sul tavolo per un istante, poi guardando Marco dritto negli occhi disse semplicemente 26 quello che tutti speravano lui dicesse: - Mr. Rambaldi, despite some minor adjustments, this will be our project, congratulations! Mr. Pung tese il braccio verso Marco e i due suggellarono il momento con un’energica e lunga stretta di mano. Un secondo ancora di gelo e un applauso generale sgorgò come un’onda liberatoria. - - Mr. Pung, ho prenotato un grande tavolo per tutti noi questa sera alle 21;00 al “420”, cucina internazionale di alto livello, la prego di farmi l’onore di partecipare con il team di fedelissimi. La ringrazio Mr. Rambaldi, saremo puntuali, consideri quattro persone me compreso. Allora a questa sera e grazie ancora per il suo generoso supporto. È stato un piacere Mr. Marco, un vero piacere che ha confermato le mie aspettative. === Nota dell’autore: È dal “420” in poi che la nuova vita di Marco comincia a cambiare di nuovo senza che lui se ne renda minimamente conto. Il “420” è un resto/lounge situato a 420 metri di altezza nella torre più alta del mondo, il Burj Khalifa (831 metri totali). Classe da vendere, cucina internazionale di altissimo livello, servizio impeccabile, cantina di vini da fare invidia ai ristoranti cinque stelle di Parigi, piuttosto che di Londra o New York. La vista notturna era mozzafiato, le pareti esterne vetrate permettevano di ammirare a perdita d’occhio la città 27 illuminata e pulsante. Gli incredibili getti d’acqua delle famose fontane musicali, visti cosi dall’alto, davano poi una sensazione inebriante. Il team Archetipo, arrivato all together verso le 20:30, se la sbevazzasa allegramente al bar della lounge. Questo contratto sarebbe stata per la Arteko, che soffriva la crisi mondiale come tutte le aziende, un’iniezione di energia da cavallo, E poi rappresentava la prima vittoria del nuovo team capitanato da Marco Rambaldi. Paul era al settimo cielo, gli si era stampata sul viso un’espressione quasi comica, come quella di un bambino che a Natale riceve tutti i regali giusti da Babbo Natale, non stava più nella pelle, continuava a muoversi avanti e indietro alle spalle dei colleghi appoggiati al bancone del bar della lounge sparando cazzate inenarrabili sul senso della vita e della felicità terrena… un giullare, si era trasformato in un giullare liberando tutte le follie tenute per lungo tempo sotto chiave! Marco arrivò dieci alle nove, vestito casual senza problemi, una polo vinaccia su un jeans chiaro, mocassino Ecco, e al polso un gran bel IWC Aquatimer Limited Edition Cousteux Diver. - - 28 Allora ragazzi, eccoci qui, vi vedo già su di giri… speriamo che Mr. Pung non sia troppo formale, altrimenti ci rovina la festa… oddio, sarà difficile vederlo ballare la salsa sui tavoli, ma almeno speriamo che non passi la serata tutto inchini e serietà. Dai Marco, godiamoci questi 10 minuti tutti per noi – si inserì Paul – questo champagne per festeggiare il contratto, il buon lavoro fatto, ma soprattutto per suggellare un patto di sangue fra i mitici componenti del nostro super team… ragazzi, siamo i migliori !! e per il nostro capitano, in alto i calici !! Marco era entusiasta, ci avevano provato ed i risultati erano arrivati, e questo voleva dire che avevano lavorato bene, che il team era un buon team, che lui era ancora un buon leader. - Ma sì, si disse in silenzio, godiamocela e affanculo le tristezze e i ricordi di merda, ora è questa la mia nuova vita! - Grazie a tutti, ladies & gentlemen, and don’t forget: this is just the take-off but the destination will be the moon! In quell’istante vide tutte le facce cambiare espressione e puntare dritto gli sguardi alle sue spalle. Aveva immediatamente capito che i giapponesi erano arrivati, ma non si girò d’istinto, un attimo ancora per lasciarli avvicinare. Si girò nel preciso istante in cui Mr. Pung diceva: - Mr. Rambaldi, here we are. Stretta di mano automatica e vigorosa. Solo che nello stesso istante Marco rimase spiazzato e il sorriso di convenienza gli si fermò sulle labbra… Mr. Pung aveva al suo fianco una donna stupenda! Marco ebbe veramente un attimo di vuoto, la bellezza e l’eleganza di quella donna lo metteva in imbarazzo. - Mr. Rambaldi, let me introduce my wife Hykoro Li Ban Nice to meet you, it is a real pleasure Madam Li Ban My pleasure, Marco, nice to meet you… ma mi chiami più semplicemente Li Ban Quel chiamarlo per nome lo colpì come una scudisciata. Dietro di loro due uomini evidentemente giapponesi, dei quali uno era un giovane fante (come Marco amava chiamare i ragazzi) - This is Pung Junior, my son Ryo This is Mr. Kintaro, my Executive Manager, you have already met him once 29 Marco si riprese dallo stupore, attese un attimo i soliti inchini e strinse caldamente la mano ai due. - Una coppa di champagne per festeggiare! Mr. Pung indossava un jeans e una camicia azzurra entrambi di Armani, un piccolo foulard giallo nel taschino della camicia, un mocassino blu Tod’s e al polso un Audemar Piguet Royal Oak Chrono Offshore in oro bianco. Pung Junior e Kintaro erano praticamente vestiti uguali, camicia bianca e jeans, mocassini color cuoio, griffe miste, solo gli orologi erano visibilmente diversi, Rolex Daytona acciaio fondo nero per Junior e Brietling acciaio Old Navitimer per Kintaro. Gli orologi erano la grande passione di Marco, lo erano sempre stati, era praticamente la prima cosa che osservava in un uomo, non aveva neanche bisogno di pensarci, lo sguardo si posava automaticamente sul polso di tutti gli uomini che incontrava, una specie di malattia. Ancora non aveva riacquistato il coraggio di voltarsi di nuovo. Veramente si sentiva a disagio nel guardare la donna anche perché cosi come ci provava incrociava lo sguardo di lei che invece sembrava non levargli gli occhi di dosso. Fece uno sforzo enorme per sembrare sciolto. - 30 Madam Li, è tanto che vive a Dubai? Le piace questa città? Vede Marco, sono già 4 anni che sono qui e mi sembra di essere appena arrivata, la mia curiosità non si riposa mai, ci sarebbe cosi tanto da vedere e da capire in questo mondo eppure per ora adoro vivere qui! Mio marito ovviamente viaggia molto fra qui e il Giappone ma io non lo seguo quasi più, questa città sembra divenuta la mia casa e, se non fosse che una volta l’anno ho bisogno di andare a trovare i miei genitori… beh, probabilmente non viaggerei più… Un sorriso generoso le illuminò ancora di più il volto, denti bianchissimi e perfetti, non poteva essere altrimenti. - Madam Li, mi permetta di presentarle il mio team di creativi… Con vero piacere, Marco Naturalmente cominciò dalle donne, in ordine Victoria, Jennifer e per ultima Marika: - la mia assistente esecutiva! - - - I’m very glad to meet you… vedo che ci sono ben tre donne nel team, mi fa molto piacere, sicuramente una scelta voluta, vero Marco? Certamente voluta, devo confessarle che se potessi avrei solo donne nel team creativo! Uhh, non mi dica che vorrebbe essere… come dite voi italiani?… il solo gallo del pollaio? Diciamo che cosi come ogni donna ama essere sottomessa ma anche sottomettere… anch’io sarei un po’ gallo e un po’ servitore! Ci avrei scommesso Marco, ci avrei scommesso! Una calda risata di lei coinvolse spontaneamente anche Marika, Victoria e Jennifer, che sicuramente stavano pensando di non aver mai visto il loro capo cosi intrigante e sfrontato. Ma in fondo cosa ne sapevano di Marco? Poco, veramente poco, ancora troppo poco per poter capire e giudicare. Mr. Pung sembrava divertirsi, in fondo per avere accanto una donna come lei, doveva essere un uomo di grande carattere e di grande umorismo… mah, in fondo chissà cosa c’era veramente fra di loro. 31 Marco introdusse gli uomini del team, Paul White, il suo braccio destro, from London, Marc Legrand, l’accento francese del gruppo, Lester Young, from New York City, Mansour Ahwadi, il solo Emiratino del gruppo. - Hello gentlemen, I am very glad to meet you Disse lei con tono molto cordiale, supportato da un leggero cenno del capo in avanti… tutti risposero cordialmente ma nessuno si sentì di porgerle la mano, chissà poi perche… Le donne del team non nascondevano il divertimento nel vedere i “maschi” cosi impacciati davanti alla dea Li Ban… che spasso! Marco decise di togliere tutti da questo scenario surreale: - 32 Tutti d’accordo di accomodarci al tavolo? Å CINQUE In pieno Agosto, Roma era una città affascinante, praticamente vuota, persone poche, traffico zero, giornate pazzesche di sole e tranquillità e notti calde di eventi nei monumenti storici più belli del mondo. Marco l’amava Roma in Agosto, cercava di passarci un po' di giorni affilati per potersela godere a pieno. Ancora di più da quando Franca era entrata nella sua vita. Marco continuava ad usare il Manhattan anche se passava le notti nel monolocale di Franca. Era solo una scelta formale anche se il loro rapporto era divenuto di dominio pubblico al Manhattan, ma nessuno lo dava a vedere o faceva battute scomode come in genere succede. Ed è proprio in una di queste notti magiche…. Erano andati a mangiare a Trastevere in uno di quelle trattorie che l’estate mettono i tavoli sui marciapiedi o sul lastricato delle piazzette. Ad Agosto preferivano stare all’aperto e mangiare piatti caratteristici romani, mentre invece d’inverno preferivano comunque fare una serata dal mitico Ciarla… il solo entrare da Ciarla, accomodarsi in un tavolo d’angolo, dedicarsi al vino bianco di alto sommelier-aggio, a quei piatti raffinati di pesce crudo… niente di più sensuale, , la loro passione si scatenava oltre ogni senso umano e terreno… Comunque stasera avevano deciso di stare fuori a godersi l’estate e un bel piatto di bucatini all’amatriciana, voilà! Il vino dei Castelli alla brocca era fresco e saporito e mentre aspettavano la pasta sgranocchiavano una focaccia appena sfornata. Parlavano allegramente del più e del meno, del fatto che Franca avrebbe dovuto passare un mese a Parigi per un master organizzato dalla direzione del Manhattan, del fatto che Marco più o meno lo stesso periodo l’avrebbe invece 33 passato a Houston per seguire il FEED di un nuovo progetto. La cosa era dura ma quasi comica, un mese intero lui in una parte del mondo e lei nella parte opposta, il destino delle volte era quasi infame! Erano ormai due anni e mezzo che stavano insieme e, dato le due vite professionali completamente incompatibili per luoghi e tempi, erano costretti a rincorrere i tempi e a ritagliarsi degli spazi possibili per potersi vedere. Più o meno ci riuscivano bene, ma per questo mese cosi lontani non sarebbero riusciti a trovare nessuna possibilità di incontro. La pasta fumante fu servita e il profumo era sconvolgente, dei veri bucatini all’amatriciana con pecorino appena grattugiato… buon appetito! Dopo cena, un po' per favorire la digestione, un po' per godersi la serata, passeggiarono a lungo per le viuzze e le piazze di Trastevere, senza accorgersi di nulla… c’era molta gente d’altronde che passeggiava come loro e si godeva la serata. Franca passeggiava al suo fianco con il braccio nel braccio di lui, leggermente sbilanciata verso di lui, quasi appoggiata a lui, e lui amava sentirsela addosso, sentire il suo peso e il suo calore, il suo profumo di femmina che lo faceva impazzire dal primo momento che l’aveva baciata. Era un’unione passionale, senza dubbio, un’unione di componenti chimici, di profumi, di odori, di umori e sudori, di forme e sostanza, e di sesso, tanto sesso. Franca era pazzesca, una donna potente, nel corpo e nell’anima, per lei non esistevano le cose a metà, o il tutto o il niente, e nel mezzo c’era solo il vuoto. E quando decideva di donarsi si donava totalmente, non esistevano vie di mezzo, il suo uomo era il suo uomo, il suo maschio, e lei era la sua donna, la sua femmina, il suo animale primordiale. Spesso gli diceva, dopo aver fatto l’amore in maniera sempre unica e pazzesca: 34 - Se scoprissi che tu non fossi solo mio, penso ti ucciderei… Qualche volta lo diceva sorridendo, qualche altra lo diceva con una serietà che quasi metteva a disagio Marco, anche se lì per lì lui si sentiva orgoglioso di questa follia. D’altronde, l’innamoramento e la passione erano cosi forti che non lasciavano intravvedere alcuna crepa nel loro rapporto. Mentre passeggiavano, ad un tratto Marco sentì il braccio di lei irrigidirsi, quasi scattare in una presa da spavento. Lì per lì non aveva realizzato, ma un po' più avanti di loro, lungo la viuzza, c’erano due ragazzotti sul lato destro, uno appoggiato al muro e uno appoggiato alla moto di grande cilindrata. Fumavano tranquillamente senza chiacchierare. Pensò subito che Franca si fosse spaventata per quella presenza, niente di particolare, solo magari aveva pensato ad un possibile pericolo, uno scippo, una rapina. Eppure non sembrava possibile, l’ora non era ancora cosi tarda e le strade erano affollate, perché mai quei due avrebbero dovuto far parte della loro serata? Intanto la distanza era diminuita e i due erano più visibili. Marco non era preoccupato, li osservò più attentamente e gli sembrarono solo due ragazzotti che passavano del tempo per fatti loro, niente di più. Eppure la presa di Franca non accennava ad allentarsi, anzi era più forte di prima, non parlava più da quando si era irrigidita, ed aveva assunto un’espressione seria, rigida, contrariata e impaurita. Ancora qualche passo e passarono al loro fianco, nessuno dei due si mosse particolarmente, giusto alzarono lo sguardo focalizzandolo su di lei ma senza dire nulla, ancora. Marco e Franca tirarono dritti ovviamente senza sostenere lo sguardo dei due. Non avevano fatto più di un passo oltre loro, che uno dei due disse a voce alta rivolgendosi 35 all’altro: - A Franco, me sa che nun ce semo capiti, annamo che pe oggi s’è fatto tardi, ma la pazienza sta pe finì… Franco sentì il rombo del motore della moto che veniva accesa, un paio di sgassate e lo sgommare del copertone sui sampietrini lucidi, e poi via, sparita lontano in pochi istanti. Franca era rigida come un pezzo di legno, respirava affaticata, le sue mani erano sudate, non disse nulla. Marco l’abbracciò con affetto e le disse piano: - Ma dai, ti sei spaventata, non era nulla, hai preso paura per nulla, non ce l’avevano con noi, non erano lì per noi, dai, riprenditi, è tutto passato. Franca tremava e ci mise qualche minuto per riprendersi, balbettando: - Scusami, mi sono spaventata, non so che mi ha preso, adesso va meglio, sta passando, stammi vicino, stringimi. Se ne tornarono abbracciati e in silenzio alla macchina. Marco guidava piano per evitare i sobbalzi dei sampietrini, in una mezz’ora furono sotto casa di lei. Nell’ascensore Franca sembrava meno tesa, entrarono in casa e lei corse al frigorifero per bere dell’acqua direttamente dalla bottiglia, e quando staccò le labbra tirò un sospiro profondo, liberatorio. - 36 Amore mettiti comodo, io mi faccio una doccia cosi mi riprendo e poi ci facciamo un po' di coccole, ok? Certo amore mio, non ti preoccupare, vai pure, e torna rinata che ho bisogno di te, non posso resistere a lungo. Dembrava essere stato un episodio a se stante, occasionale, Marco non vedeva nessun’altra spiegazione plausibile. Si servì un dito di cognac, si mise comodo sul divano, si accese una sigaretta e con il telecomando fece partire lo stereo, quasi sicuro di sapere quale musica era su. Quando Franca dopo una mezz’ora usci dal bagno in accappatoio, trovò Marco addormentato sul divano con la testa piegata di lato, si avvicinò piano per dargli una sistemata, Marco si girò leggermente continuando a dormire. Franca rimase lì a guardarselo, il suo Marco addormentato, e si disse che l’amava veramente questo uomo cosi generoso e maschio, cosi dolce e violento, cosi amante e compagno. Aveva voglia di fare l’amore ma non voleva svegliarlo, si versò un mezzo bicchiere di cognac e lo mandò giù d’un fiato. Si accomodò anche lei sul divano e si raggomitolò in posizione fetale, addormentandosi a sua volta. Il chiarore dell’alba invadeva il monolocale, Marco e Franca erano ancora cosi addormentati sul divano. Fu Franca ad aprire gli occhi per prima e rendersi conto che era praticamente giorno, si dette una sgranchita come fanno le gatte e decise di fare il caffè. L’odore del caffè raggiunse le narici di Marco che con un lungo respiro aprì gli occhi. La vide in piedi, di spalle, appoggiata in avanti alla penisola della cucina mentre probabilmente versava il caffè nelle tazze. Si avvicinò piano da dietro senza farsi sentire e l’abbracciò infilandole le braccia sotto le ascelle fino ad afferrarle i seni. Franca trasalì per un istante trattenendo il respiro ma subito si rilassò al massaggio inarcandosi e spingendo in avanti il seno, movimento che automaticamente mise in risalto le sue terga dalla parte apposta. Percepì orgogliosa che il suo uomo era pronto, senza girarsi si sfilò l’accappatoio e lo lasciò cadere, rimanendo 37 nuda e appoggiata con la pancia al marmo freddo della penisola della cucina. Girò leggermente la testa da una parte e guardandolo negli occhi gli sussurrò: - Marco che aspetti, fammi volare! E spiccarono il volo, con figure eleganti, come fenicotteri innamorati su limpide acque, come tigri rombanti su enormi savane. Volarono in alto e planarono lievi sulla loro radura assolata. 38 SEI Æ La cena era allegra, i conviviali si erano rilassati, complici gli aperitivi ed i brindisi, tutti discorrevano cordialmente, ma la vera regina della serata senza di dubbio era proprio Madam Li Ban. Gli occhi a mandorla, all’insù, davano un senso di aria al suo viso ovale. Le labbra perfette e carnose, il naso dritto e armonioso, la pelle perfetta vellutata e bianca del viso e del lungo collo, i denti perfetti e bianchissimi. Capelli nerissimi e lisci, luccicanti. Quelle pupille di un nero infinito ti penetravano come spade affilate. - Marco, lei deve essere un uomo solitario, quel fondo di tristezza che si porta negli occhi,,, common, non ci vorrà mica far credere di essere un lupo solitario? Marco era leggermente imbarazzato, non tanto perché il giudizio corrispondeva esattamente alla realtà, ma per essere stato analizzato cosi sfacciatamente da una persona sconosciuta e davanti a tutto il suo team (come se anche loro poi non lo sapessero, era solo che non si erano mai permessi di farglielo notare). Ed allora attaccò: - Li Ban, lei deve aver centrato il problema… essendo stato smascherato cosi sfacciatamente, sono costretto a rivelare la mia vera identità. Ho talmente fatto abuso di donne e di amori, totalmente concedendomi il con corpo e con l’anima, che ho meritatamente bisogno di una pausa di pace e di serenità solitaria. Almeno per il momento, ed aggiungerei per il prossimo futuro, il mondo femminile non farà parte della mia vita sentimentale e nessuna donna avrà il piacere di godere del mio corpo e della mia anima. 39 Tutti erano in attesa della risposta di Li Ban ammiccando e cercando di nascondere i sorrisini di assenso e stupore. - OK Mr. Solitary Wolf, a questo punto sono costretta a proporle una scommessa… un mese per godere del suo tracollo. Lei non ne ha conoscenza, ma qui c’è una femmina a caccia del suo lupo solitario! Nessuno sa chi sia ma se ne percepisce la presenza, ed è la donna per la quale lei soccomberà prima che un mese sia trascorso… Un attimo di gelo comune per tanta sfrontatezza, cuori battenti ed orecchie tese in attesa della risposta. - E quale sarebbe la posta in gioco? Quando avrà perso la scommessa, dovrà farsi crescere la barba per almeno tre mesi. Quella donna la sta cacciando a sua insaputa e la farà suo nei prossimi giorni. Nessuno di noi sarà autorizzato a diffondere né patto né le ragioni del patto che stiamo facendo, solo la sua barba parlerà per le,i confermando che la caccia ha avuto esito positivo. Marco era talmente sicuro di se stesso che non esitò un solo instante: - - 40 Li Ban, certo che accetto la scommessa, sarà un piacere vederla perdere! Non canti vittoria prima del tempo! Quando la barba apparirà sul suo volto tutti sapranno che lei avrà perso la scommessa. La certezza che io abbia vinto sarà evidente, nessuno avrà il piacere di vedermi con la barba. Non che io sia capace di rinnegare il patto in caso di perdita, ma perché non potrà mai accadere in un mese quello che lei si augura sfidandomi. Lei perderà miseramente Li Ban. Un applauso spontaneo suggellò la scommessa. Mr. Pung era li che aveva seguito tutta la cosa, ed era talmente divertito che non stava più nella pelle, quasi perdeva la proverbiale saggezza di comportamento giapponese. - Marco-San, mi creda, si è messo in un brutto guaio! Mia moglie Li Ban è una specialista di profili umani, laureata in psicologia del comportamento e pluri masterizzata nelle varie sfumature del campo, costruisce ed analizza profili per il coroner giapponese e mi creda (ripeté), se Li Ban l’ha sfidata vuol dire che ha buone probabilità di vincere! Marco a quelle parole deglutì la saliva a fatica, ma si rilassò subito pensando… - Ma che minchia dicono questi due… ma vaffanculo, sono solo dei giullari che si divertono alle mie spalle! La serata continuò tra racconti e barzellette occidentali ed orientali, racconti di vita e di famiglie, di amici e di nemici, in tutta cordialità… e il vino faceva la sua parte. Le tre donne del team erano visibilmente divertite e si lanciavano occhiatine tra di loro facendo riferimento alla pazza scommessa accettata da Marco. Solo Paul era leggermente preoccupato - Speriamo che questa stupida storiella non coinvolga Marco… proprio adesso che abbiamo bisogno di serenità e coesione per il successo del progetto… ma che vado pensando anche io, figurati se Marco non è padrone di se stesso e non ha capito che è solo una sfida dei Pung organizzata per testare la sua integrità professionale! - Ladies! It’s time to dance! Let’s go! Sparirono tutte. 41 Intanto gli uomini si erano spostati nella lounge per un buon cognac ed un buon sigaro. Rimasero a chiacchierare per tutto il tempo della situazione congiunturale del mondo occidentale, di quello asiatico, di quello orientale, di quanto l’uomo fosse stato avido di false macro economie che dietro non avevano nulla di concreto, e naturalmente di quanto la crisi avesse colpito anche l’esplosiva Dubai. La JO-Pung International non aveva praticamente risentito della crisi, il campo energetico anzi era esploso in maniera esponenziale. Finalmente in questo mondo globale ci si era resi conto che era tempo di pensare al futuro e quindi aveva aperto al futuro, alle energie alternative compatibili con l’ambiente, elettrico, eolico, idrogeno, etc. La JO-Pung stava sviluppando un progetto pilota completo di distribuzione elettrica cittadina e relativa flotta, a) di trenini elettrici a monorotaia che avrebbero servito le green zone e b) city car a ricarica rapida da noleggiare e restituire a piacimento ad una qualsiasi delle stazioni con parcheggi a silos a distribuzione automatica… metti la tessera e la macchinetta arriva, la prendi e vai e poi la restituisci dove ti fa più comodo. Alla fine del mese ti arriva la fattura con addebito bancario automatico. Nei centri delle nuove città che avrebbero adottato questo progetto, l’unica alternativa ai trenini sarebbero state le city car, che avrebbero rimpiazzato totalmente altri tipi di auto circolanti. In pratica se avevi un’auto di altro tipo eri costretto a lasciarla nei parcheggi periferici all’ingresso delle green zone dove potevi munirti di una city car o servirti dei trenini. La JO-Pung aveva scelto Dubai per installare il suo quartier generale per una serie di motivi, fra i quali la posizione favorevole di Dubai rispetto al vecchio continente ma anche all’Asia e all’Africa, poche tasse, libertà di circolazione di capitali non tassati, free zone dove poter importare, trasformare e riesportare in tax free, 42 basso costo di manodopera e servizi… insomma ce n’era abbastanza! Le donne tornarono che erano le 2:00 passate, oramai non restava che accomiatarsi, saluti cordiali e promesse di rivedersi presto. Mr. Pung prese da parte gentilmente Marco: - - - Mr. Rambaldi, domattina saremo da lei verso le 11 per formalizzare il preliminare del progetto, mi raccomando sia puntale e fresco, le nostre firme saranno apposte e l’avventura di fatto comincerà. Non si preoccupi Mr. Pung, sarà l’inizio di una lunga e proficua collaborazione, non sarà messo mai nella condizione di doversi pentire per averci affidato il progetto Archetipo. Buonanotte Buonanotte a lei, a domani Madam Li Ban si avvicinò e porgendo la mano a Marco lo salutò cordialmente ringraziandolo per la serata, La sua mano era ferma e calda: - Marco, sapesse cosa le sue colleghe mi hanno detto lei, credo che siano più o meno tutte innamorate segreto di lei… ma voglio tranquillizzarla, nessuna loro è la femmina che lo sta cercando e che presto troverà! di in di la Marco guidava piano verso casa lungo la Jumeira, si sentiva ancora eccitato per aver vinto l’assegnazione del contratto, si sentiva ancora eccitato per la serata andata bene, e si sentiva ancora eccitato per quella stupida scommessa che aveva deciso di accettare. - Che puttanata! Ma come le sarà venuto in mente a quella stronza di provocarmi cosi… ma che tipo! Va bene che bella com’è può permettersi tutto, ma proprio a me doveva 43 rompere le palle? Accese lo stereo e mise su Lateralus dei Tool ad alto volume cosi come un superbo “progressive rock” meritava. La musica rock, jazz, blues, fusion, era la musica che l’aveva accompagnato per tutta la vita, ma ultimamente era il progressive rock e l’heavy metal di livello e di ricerca che preferiva in assoluto. Non girava mai senza un IPod in tasca o nella borsa, non volava mai senza il suo IPod, ci stoccava la musica nuova per potersela gustare da solo nei suoi momenti di transizione. Quando poteva, passava un’oretta o poco più in uno dei due Virgin Store di Dubai e ascoltava in cuffia le novità da poter comprare, ma non solo le novità, insomma qualcosa di buono da poter mettere in macchina e nell’IPod e da poter consumare a piacimento secondo il momento e lo stato d’animo. Ci sono delle cose che si possono fare unicamente da soli, ed “ascoltare” la musica è una di queste. 44 Å SETTE Marco Un mese cosi lontani non era il massimo, ma il lavoro è lavoro, come si dice e come di fatto è, per cui era inutile piangersi addosso, si sarebbero sentiti via webcam tutte le sere, che era meglio di niente. Franca era già a Parigi e si erano sentiti poco prima che Marco si imbarcasse sul volo per Houston. 14 ore di volo non finivano mai, menomale che fra la musica in cuffia, lo champagne e una cenetta deliziosa, era riuscito a dormire un cinque o sei ore, per il resto aveva visto un film, chiacchierato con le hostess, letto qualcosa, scritto qualcosa… non finiva mai! L’hotel era un classico Hilton, bello e moderno, suite plus, pacchetto business, eccellente. Gli uffici associati non erano neanche troppo lontani dall’hotel, e comunque avrebbe avuto a disposizione a tempo pieno una vettura con autista per andare e venire e anche per muoversi nel tempo libero. Quattro settimane non erano come un breve periodo di missione, in qualche maniera si sarebbe dovuto organizzare anche per il tempo libero. Avrebbe fatto delle corse, un po' di palestra e cibo sano, era tanto tempo che si era trascurato e visto che aveva finalmente del tempo a disposizione, l’avrebbe dedicato a se stesso ed a un buon periodo di disintossicazione. Franca Franca avrebbe dovuto lavorare duro, questo corso era determinante per la sua carriera, era un corso accessibile a pochi e lei era stata scelta fra i tanti. Comunque Parigi era sempre Parigi, avrebbe certamente trovato il tempo di godersela un po'! Quando dal corso tornò in hotel erano quasi le 7:00 di 45 sera. Considerando le dieci ore di differenza di fuso orario (indietro), a Houston erano le 9:00 di mattina… troppo tardi per poterlo beccare ancora in hotel, uffa! Avrebbe dovuto aspettare le 7:00 della mattina seguente, da lui sarebbero state le 9:00 di sera. Franca si fece una doccia e scese a mangiare qualcosa al ristorante dell’hotel, una breve passeggiata nel parco e tornò su per verso le 22:00 per andare a dormire. Quella notte dormì poco, gli incubi tornavano su, quelle parole in romanesco di quella notte a Trastevere continuavano a bombardarle la testa… - A pazienza sta pé finì… Se li vedeva ancora davanti, lì in mezzo alla strada, che la stavano aspettando per avvisarla che la pazienza era finita e che avrebbe dovuto affrontare la realtà. La sveglia suonò puntuale alle 6:00, un’ora prima dell’appuntamento per avere il tempo di farsi bella e farsi trovare pronta ed invitante per il suo uomo che purtroppo era dall’altra parte del mondo! Era tutta sudata ed il letto era tutto in disordine, come se durante la notte ci fosse stata una battaglia. Quei maledetti incubi non accennavano a lasciarla in pace… e sapeva che prima o poi sarebbe arrivata al capolinea. Si preparò un Nescafè usando il bollitore e le bustine a disposizione, si accese una sigaretta e si sedette in bagno, l’accoppiata caffè e sigaretta era un toccasana, un paio di sorsi al caffè bollente, un paio di tirate alla sigaretta e l’evacuazione era immediata. La doccia semifredda fu una sferzata di vita. Si asciugò i capelli spazzolandoli con cura ed usci in terrazza ancora in accappatoio per fumare ancora. Mancava soltanto un quarto d’ora alla chiamata via Skype. Marco 46 Marco nel pomeriggio aveva fatto giusto un salto agli uffici associati, almeno per registrarsi e farsi fare il pass, cosi l’indomani mattina non avrebbe perso tempo. Si rese conto che l’hotel non era cosi lontano e non era indispensabile andare in macchina. Decise quindi di fare una camminata, almeno per rendersi conto di dove fosse. La zona era tranquilla, con dei giardini pubblici lungo tutto il percorso da lì all’hotel, di giorno sembrava affollata, ma ci avrebbe scommesso che dopo le 18:00 si sarebbe svuotata come tute le zone dedicate ad uffici. Comunque era strapulita, non c’era un pezzettino di carta o un mozzicone di sigaretta neanche a cercarli, rinunciò perfino ad accendersi una sigaretta, d'altronde nessuno fumava tutto intorno. In una mezzora aveva raggiunto l’hotel ed erano quasi le 18:00, aveva tutto il tempo di bere una birra, tornare su, farsi una doccia, scendere a mangiare qualcosa veloce in uno dei ristoranti dell’hotel… alle 21:00 sarebbe stato bello pronto di fronte al computer. Il BB avvertì l’arrivo di un sms. In genere erano le email che arrivavano a tutte le ore, gli sms erano quasi sempre delle pubblicità, delle promozioni o dello spam, per cui non lo controllò… magari dopo. Bevve la sua birra al bancone del bar e se ne tornò in camera. Il telefono gracchiò ancora per l’arrivo di un nuovo sms, ma lui era già sotto la doccia. Un quarto alle 20:00 scese nella hall e si guardò intorno, c’era un pannello che listava i sei ristoranti dell’hotel: Chinese, Indian, steak house, German, Italian, International buffet… scelse l’italiano, magari facevano la pizza. Non era poi cosi male la margherita cotta al forno a legna, la mozzarella era autentica e il cameriere sudamericano era simpatico, anche se gli fece due palle cosi con le origini italiane dei suoi nonni. 47 Il BB era rimasto in camera… - Fa niente, al massimo guarderò le email sul laptop dopo lo Skype con Franca - si disse. Alle 20:45 era in camera, accese il computer, controllò che la connessione fosse buona (figurati se a Houston non lo era), ed uscì in terrazza a fumare. in America non esistevano più da un pezzo le camere fumatori ed anche in terrazza era proibito… che vuoi che mi facciano! La serata era magnifica, calda e tranquilla, mi sa che aveva ragione: - Dopo le 18:00 non c’è anima viva in giro in questo posto. Parigi: 7:00 di mattina Æ Houston: 9:00 della sera prima Æ - - Buongiorno tesoro, ti vedo fresca e riposata e bellissima! Sei ancora in kimono? Marco mi prendi in giro? Ho dormito malissimo, devo ancora vestirmi ma ho già fatto la doccia. Veramente avevo pensato di farti vedere la nuova guepiere che ho comprato a Parigi… mi però sa che non te la sei affatto meritata… Attenta… cosi mi ecciti Io lo sono già Dai fammi vedere Dalle 7:00 alle 8:00, cosi come dalle 21:00 alle 22:00, ci passa esattamente un’ora, un’ora di webcam che fu una delle ore di webcam che sarebbero staste per sempre una pietra miliare del loro erotismo di coppia. Marco si svegliò alle 7:30 della mattina successiva e alle 8:30 era pronto per uscire, l’autista lo attendeva puntuale nel parcheggio dell’hotel. Alle nove in punto era già seduto in ufficio. Estrasse il BB per dare un’occhiata e sfogliando si accorse di un sms arrivato da mittente sconosciuto. Il solito spam 48 probabilmente, ma prima di cancellarlo lo aprì lo stesso che non si sa mai. Rimase di stucco… < la pazienza sta finendo > Il telefonino gli sfuggì di mano cadendo e rimbalzando sul tavolo… lo raccolse, la mano tremava, e sperò per un attimo di aver letto male. No, era proprio vero, il messaggio era li, e quelle parole rimbalzarono subito nel ricordo di quella notte a Trastevere. Respirò forte cercando di calmarsi e di affrontare la situazione a mente lucida. Ma come diavolo avevano avuto il suo cellulare, e cosa diavolo volevano!? Nella mente si sommavano possibilità, le più strane e confuse… uno scherzo? Un’intimidazione? Un ricatto per qualcosa? Ma poi per cosa? Non aveva pendenze con nessuno, non aveva nemici, non aveva mai avuto a che fare con gente poco rispettabile… non era possibile! Era forse solo una coincidenza, anche se assurda, sarebbe rimasto in attesa degli eventi senza parlarne con nessuno, tantomeno con Franca . La prima vera riunione negli Studi Associati ebbe luogo dopo un paio di giorni dal suo arrivo a Houston. Fu una vera tortura, l’accento degli americans era forte e faceva fatica a stargli dietro. Arrivavano in riunione col tazzone di caffè che durava un paio d’ore di sorsi, certamente qualcuno era simpatico, ma in generale Marco non si sentiva a proprio agio. Dopo i primi giorni passati cosi, pensò che quel mese non sarebbe passato mai. Il lavoro non era interessante, il progetto di un nuovo quartiere residenziale completo di ogni ben di dio, già visto e rivisto decine di volte… niente di nuovo. Oramai quel lavoro gli stava stretto, ma non tanto per il lavoro in se, è che non aveva più stimoli. 49 Guidare sempre la stessa squadra di tecnici solo a valle di un concettuale già approvato non gli interessava davvero più, aveva bisogno di spazio e creatività. Ma era chiaro che per anni sarebbe dovuto restare allo stesso livello, senza poter accedere al livello creativo, quello dove si tirano fuori le idee vere e le si mettono sul tavolo prendendosene tutte le responsabilità. Insomma non vedeva davanti a sé nessuna salita irta di ostacoli da conquistare e da superare… sarebbe stata ancora e forse per sempre una dolce stradella pianeggiante dove andare in bicicletta pedalando lentamente come si farebbe la domenica mattina andando a comprare il giornale. Ci pensava da mesi… comunque la rigirasse, la situazione non aveva nessuna via di uscita. Era ora di prendere una decisione, tornato da Houston si sarebbe messo in cerca di un nuovo lavoro che gli avrebbe dato le soddisfazioni che meritava, bisognava continuare a “pensare positivo”. Pensare positivo era sempre stata una filosofia di vita per Marco, restare lucidi e pensare positivo era la sola strada per trovare le soluzioni giuste ai problemi, che fossero piccoli problemi quotidiani o grandi problemi di vita. Non puoi prendere nessuna decisione consistente se ti lasci andare alla confusione dell’ira. Non amava farsi prendere dall’ansia davanti a un problema, non amava portare rancore, non amava urlare in faccia alle persone, non amava avere paura, non amava farsi grande, non amava essere arrogante, non amava umiliare gli altri, e neanche se stesso, insomma non amava un sacco di cose e di comportamenti. In compenso ne amava profondamente molti altri, e come se li amava. Dopo qualche giorno era di nuovo venerdì. Uno dei colleghi con il quale aveva legato, Philippe era di origini francesi, lo invitò a casa per un classico barbecue 50 domenicale: - - - Dai vieni, vedrai che ti divertirai e passerai una domenica simpatica, un po' di amici e di amiche, big steaks, birra a volontà… insomma la solita domenica yankee! Ok Dave, mi fa piacere ricevere il tuo invito! Se spieghi al mio autista dove si trova la casa, sarò da te domenica verso le 11:00. Quando vuoi, ci saranno delle belle ragazze, bien sure! Quella sera era rientrato in anticipo, come ogni venerdì non c’era nessuno in giro e quindi decise di darsi una curatina al corpo e alla mente. Un po' in palestra, due di vasche in piscina e per finire una bella sauna tonificante e rilassante. Franca Franca a Parigi passava le giornate seguendo il master e studiando. Qualche volta usciva per passeggiare o per andare a mangiare qualcosa al Quartiere Latino, ma di preferenza si concentrava sul lavoro, anche per attenuare quel senso di disagio che l’accompagnava da tempo. Franca era sempre stata una ragazza cocciuta ed intraprendente, e anche se i suoi non avevano avuto abbastanza soldi da poterla mantenere all’università, lei ce l’aveva fatta. Non importa come ma ce la farò. Non importa come, ce l’ho fatta. Se lo ripeteva come un mantra. E ce l’aveva fatta, era uscita col migliore dei voti, tante lodi e cotillions, ed era la ragazza più orgogliosa del mondo. Purtroppo il periodo dell’università era stato il periodo buio della sua vita durante il quale era stata obbligata ad accettare compromessi che l’avrebbero segnata sempre. Parigi le piaceva molto, ci avrebbe vissuto volentieri, forse, 51 o forse no. Venire dal sud non era mai stata cosa facile per nessuno, ma dopo tanto soffrire ora si sentiva libera, cittadina del mondo. In fondo non le importava molto dove era e dove sarebbe finita a vivere, quello che le importava veramente era vivere da qualche parte con un uomo da amare, una famiglia da crescere e un po' di rispetto, se lo meritava dopo tanti sacrifici… le sembrava di stare sulla strada giusta, inshallah. Le passavano talmente tanti pensieri e tanti sogni in quella testa che spesso pensava fossero troppi e non si sarebbero mai avverati. Franca era bella, lo era sempre stata, una donna mediterranea con il fascino del sud, procace e sensuale in tutta se stessa. Lei si piaceva cosi com’era, e sapeva bene quanto fascino e quanta spontanea femminilità emanava con cosi tanta naturalezza. Eppure non se ne approfittava, e non aveva bisogno di usare la sua innata sensualità per far cadere gli uomini ai suoi piedi… proprio non le interessava. A Parigi, come in ogni luogo del mondo dove era transitata, stava facendo strage di maschi dal testosterone impazzito, senza donarsi a nessuno di loro. Franca aveva un solo uomo nella testa da un po' di tempo, ed era il suo Marco, quell’uomo che l’aveva fatta innamorare dal primo istante che lo aveva visto entrare nella hall del Manahattan. E rimasta subito colpita dal quel viso reale, sincero, sereno, da quegli occhi caldi e voluttuosi, da quel misto di espressioni a tratti di uomo e a tratti di bambino, da quel portamento dinoccolatamente sincero. Ed aveva sentito tutti i classici sintomi del colpo di fulmine, l’adrenalina irrorarle il corpo e la mente, il battito del cuore salirle in gola e il sudore inumidirle il palmo delle mani. Ed una notte magica quell’uomo era entrato pesantemente 52 nella sua vita, lasciandola rapita e sconvolta come mai avesse potuto immaginare possibile. Franca aveva sempre paura di perderlo. Che qualcosa tornasse fuori dal passato per mettere in pericolo la sua vita che stava costruendo da tempo con cosi tanta determinazione, non era proprio una cosa da escludere. Il suo passato turbolento era sempre in agguato, sapeva bene che gli errori fatti non si cancellano mai con un colpo di spugna, che le persone che aveva frequentato durante quel periodo potevano riapparire all’improvviso… purtroppo gente che non ha nulla da perdere e quindi sempre qualcosa da guadagnare sulla pelle e dagli errori degli altri. Delle volte si sentiva sporca, sporcata e violata di fuori e di dentro, nel fondo del corpo ma soprattutto dell’anima. Le cose che aveva fatto per denaro avevano raggiunto livelli pazzeschi e le ferite le erano rimaste tutte appiccicate addosso, ferite che non si vedevano ma si sentivano, e facevano male, molto male! 53 OTTO Æ Quante volte se ne era già andato a camminare da solo sulle lunghe spiagge di Marina verso Jumeira il venerdì mattina molto presto, quando Dubai dorme e la notte appena passata è stata protagonista di cene, di drink, di danze e di amori. Era successo anche a lui qualche volta di andarsene per locali con il mio amico Paul. Una serata al Jambase, un bel locale del Medinat, il lungo bancone del bar, l’ottimo cibo, la musica dal vivo, era esattamente quello che preferivano. Ci andavano verso le 20:30, un paio di drink al bar ascoltando musica funky dal vivo, e poi un bel tavolo prenotato per una superba bistecca rib eye irlandese. Verso le 21:00 il locale comincia a riempirsi piano piano, gente di provenienza internazionale che lavora a Dubai comincia ad ammassarsi al bar, a riempire i tavoli per la cena, mentre i musicisti ci danno dentro col funky e con i virtuosismi di guitar & bass. La gente si scalda, si beve e si chiacchiera, si beve e si ascolta, le ragazze e le donne tutte in tiro ed eccitate, con i maschi che annusano e fremono… un vero spettacolo! Ci sono storie che si intrecciano e diventano calde. Dopo la cena la musica dal vivo diventa dance, anni 70 & 80, con cantanti vivaci, e la pista da ballo diventa una bolgia di corpi… che spettacolo! Verso le 2:00 la serata comincia a scemare, le carte di credito fanno la fila per pagare i conti della serata, e la gente si avvia. Fuori dal Medinat c’è la fila per prendere il taxi che ti riporta a casa, in hotel, da qualche parte, alla tua vita reale della quotidianità metropolitana. E nell’alba di Dubai, Marco se ne andava passeggiando sulla spiaggia, gustandosi l’alba limpida e godendo del sole che sale e comincia a scaldare le ossa. La vita vissuta, i ricordi che aleggiano intorno come se 54 fossero li, violenti o dolcissimi, che volano in alto lontani e planano ancora cosi lentamente per farsi sentire, vedere e gustare, negli attimi folli di lucida solitudine. === Giusto cinque minuti alle 11:00 del giorno dopo quando Mr. Pung, suo figlio Junior ed il Contract Manager entrarono nell’ufficio di Marika, grande sorriso ed inchino giapponese. - - - Miss Marika, are how you? Vedo che è sopravvissuta senza conseguenze alla serata… nottata, spero si sia divertita! Mr. Pung, una bellissima serata e mi lasci dire… sua moglie Li Ban è una donna speciale, cordiale e simpatica e direi ha qualcosa di veramente speciale Senza di lei non sarei quello che sono., ma non lo dica in giro! Parole apparentemente scontate, che non avrebbero lasciato il segno in quel momento, ma che prima o poi sarebbero riemerse. - - Mr. Rambaldi l’attende nel suo ufficio… giusto un attimo per informarlo del suo arrivo, si accomodi un istante. Restiamo in piedi, grazie, sono sicuro che Mr. Rambaldi ci riceverà prima di aver il tempo di sederci. In quel preciso istante la voce di Marco riempi la stanza, si era appena affacciato dalla porta del suo ufficio: - Mr. Pung, gentlemen, good morning! Preciso al secondo come sempre, ma la prego si accomodi, è un piacere vederla! Mr. Pung aveva un’aria impeccabile, sembrava che la 55 serata (la nottata), non lo avesse neanche sfiorato da lontano. Gessato blu leggerissimo di alta fattura con camicia bianca aperta senza cravatta, era invidiabilmente perfetto. L’occhio di Marco andrò diritto al polso sinistro per scoprire quale orologio avesse indossato, ma la manica della giacca sfortunatamente copriva il polso… poco male, l’attesa della scoperta sarebbe stata più eccitante. Si accomodarono sui divanetti, d’altronde non c’era alcun bisogno di andare in sala riunioni. - - - - - Marco-San, devo ringraziarla per la splendida serata, diciamo pure nottata… mia moglie Li Ban le manda i saluti e la ringrazia. In effetti, è stata una magnifica sorpresa trovarsi tutti cosi a proprio agio come se ci conoscessimo da anni. Concordo totalmente con lei Mr. Pung, e la ringrazio a nome di tutto il mio team per l’onore che ci ha concesso nell’accettare il nostro invito. Sua moglie Madam Li Ban è una donna speciale e ha riempito di luce la serata. La ringrazio. Ma veniamo a noi Mr. Rambaldi, il mio Contract Manager Mr. Kun è qui per controllare i termini della lettera di intenti e darmi l’autorizzazione a firmare. Faccio portare subito la documentazione cosi da rileggerla insieme prima di apporre le nostre firme. I signori preferiscono un caffè, un the? Dell’acqua andrà benissimo, grazie. Ieri sera abbiamo un po' esagerato, ricorda? Pung era rimasto cosi composto con gli avambracci cosi ben ordinati ai lati del corpo, che quel fottuto orologio era ancora coperto. In quel preciso istante il Direttore Finanziario della Arteko entrò in ufficio con un paio di cartellette in mano, salutando caldamente. Si accomodò su uno dei divanetti dall’altra parte del tavolo basso e appoggiò le due cartellette sul vetro: 56 - Mr. Pung, quando vuole possiamo cominciare, i due files sono perfettamente uguali, possiamo rileggere insieme l’accordo e se avesse dei commenti li potremo discutere prima di incorporarli nella versione finale da firmare, prenda pure una delle cartelle. Pung fece quello che Marco si aspettava, si sporse in avanti con il busto allungando le braccia per prendere con delicatezza la sua cartelletta. Immancabilmente le maniche della giacca si tirarono in su… e voilà, eccolo li, in tutto il suo splendore: Patek Philippe Calatrava 36mm, oro bianco, quadrante bianco con lancette blu, secondi a ore 6, cinturino nero di coccodrillo, meccanico a carica manuale, pulito come un angelo. Un classico intramontabile di un’eleganza senza tempo. Marco era finalmente soddisfatto, direi appagato. Il Direttore Finanziario della Arteko lesse lentamente l’accordo scandendo bene la parole. Pung era fisso sulle pagine senza alzare la testa, senza annuire, senza commentare, in un’espressione assolutamente asettica. Alla fine della lettura un attimo di silenzio generale che sembrò un’eternità, poi Pung sollevò la testa guardando i suoi interlocutori: - Molto bene, ho visto solo delle piccole correzioni che non impattano sui termini sull’accordo, il nostro Contract Manager sarà lieto di ritirarsi con lei per apportare le correzioni, io e Mr. Rampaldi attenderemo la versione finale da firmare, intanto avremo tempo di parlare del nostro viaggio a Tokyo della prossima settimana… Marco fu sorpreso da questa novità: - Stiamo andando a Tokyo?? Certo Marco-San, vorrei che lei visitasse il nostro Corporate Head Quarter per familiarizzare con il nostro 57 - - - - - - “modus vivendi et operandi”, in modo da affrontare la progettazione avendo la giusta conoscenza di noi. Ah, certamente Mr. Pung, nessun problema, mi sembra un’ottima idea, naturalmente verrò a Tokyo con Paul che è la mia interfaccia creativa ed operativa con il team di progetto, per quando la missione? Possiamo partire domani sera in modo da essere a Tokyo per la mattina seguente, uno degli aerei della JO-Pung sarà pronto al decollo… diciamo alle 21:30. Nessun problema, mi faccia avere i dati del volo e saremo al gate in tempo utile. Quanto pensa rimarremo a Tokyo? Diciamo una settimana? Naturalmente sarà ospite in uno dei nostri magnifici hotel ed avrà una vettura con autista a sua totale disposizione. Grazie, very kind of you, I appreciate. Mr. Marco, lei è mai stato a Tokyo? Solo di passaggio scalando negli hotel aeroportuali, quindi possiamo dire che non conosco affatto la città, né tantomeno le usanze e il costume dei Giapponesi, se non quello che più o meno è nelle conoscenze comuni di tutti. Le assicuro che rimarrà stupefatto! Non ne dubito, Mr. Pung, non ne dubito affatto!. I due manager tornarono con le due cartellette contenenti la documentazione, il Contract Manager della Jo-Pung non disse nulla, si limitò a guardare Pung e a fare un breve cenno affermativo col capo. Il Direttore Finanziaro disse sorridendo: - Tutto a posto, si può procedere alla firma. Mr. Pung prese una delle due cartellette, la apri e cominciò a siglare le pagine in basso a destra, mentre Marco faceva la stessa cosa con il secondo originale dell’accordo, poi la firma per esteso con data sull’ultima pagina: Si scambiarono le cartellette per completare il rituale delle firme. Era il momento della foto di rito con lo scambio dei 58 documenti e la stretta di mano. E voilà, les jeux sont faits, rien ne va plus. Marika era rimasta tutto il tempo seduta su una sedia in modo discreto a fianco di Marco, e Pung le si rivolse con cordialità: - Miss Marika, lei non verrà a Tokyo? Marika non sapeva cosa rispondere, si sentiva leggermente in imbarazzo, la risposta non toccava a lei ma al suo capo… - - - Mr. Pung, lei sicuramente scuserà Miss Marika per questa volta, abbiamo degli altri impegni da portare a termine e la sua presenza qui è indispensabile. Nessun problema, capisco, ma la prossima volta non potrà rifiutare. Mr. Rambaldi, allora ci vedremo domani sera in aeroporto alle 20:00, riceverà in giornata i dettagli del volo e del terminal. A domani Mr. Pung, porga i miei più cordiali saluti alla sua signora. Non mancherò Marco-San, non mancherò! Marco restò solo in ufficio, si accomodò alla scrivania reclinando lo schienale della poltrona e chiuse gli occhi, restando per qualche minuto così, da solo e in silenzio a gustarsi la vittoria. Era questa la sua nuova vita che aveva voluto. E di questo era sicuro, almeno era sicuro di esserlo (sicuro). Come spesso accadeva, aveva voglia di stare da solo, volare via su un altro pianeta per un po' per starsene in pace con se stesso, come aveva sempre amato. Fin da quando era bambino, si nascondeva nell’armadio e li 59 passava i suoi momenti intimi migliori, pensando alla vita, al passato, al presente, al futuro cosi sconosciuto, al senso di questa vita cosi piena di tutto e di niente, al sogno inconfessato di poter diventare una mente libera, democratica, tollerante e serena, aperta al pensiero degli altri e alla critica costruttiva da proporre o ricevere con lo stesso metro di valutazione, e tutto questo non era facile, non era affatto facile, la gente, il mondo, la vita, non era affatto cosi amabilmente semplice. Come per tutto il genere umano dotato di cervello pensante, intrinsecamente, la vita cambiava ad ogni scandire del tempo, ogni secondo passato non sarebbe ripassato mai più, ogni minuto, ogni ora, ogni giorno, ogni mese, ogni anno… il tempo passato non poteva in nessun modo essere emendato. Era questo il problema essenziale di una vita vissuta coscientemente alla luce del proprio sole e della propria luna. Il tempo scandito… era per questo che amava gli orologi, queste piccole macchine rotanti piene di classica tecnologia che da sempre scandiscono il tempo, piccole macchine perfette che da un paio di secoli escono dalle mani di artigiani e designer creativi in ogni parte del mondo, di ogni nazionalità, sulla scorta del centro Europa che ne è stata la patria e continua a creare magnifici esemplari che segnano il tempo e che non moriranno mai. Primo fra tutti Breguet, l’inventore dell’orologio da persona cosi come lo conosciamo oggi. Chiaramente si parla di orologi meccanici, non certo di quelle patacche al quarzo che non hanno nulla di umano, niente cuore, nessun ticchettio, nessun bilanciere oscillante e nessuno degli altri mille piccoli fanti che compongono il plotone al galoppo del tempo. E poi le lancette, due sole essenziali, che con moto perenne scandiscono la tua vita che passa, senza curarsi se tu sia all’inizio o alla fine. Stereotipo: orologio da polso meccanico, possibilmente a carica manuale, in quanto questa tipologia presuppone un 60 rapporto mutuale (nel senso che se non dai la corda lui si ferma). Marco si era sempre sentito attratto dagli orologi da polso, ma la vera passione iniziò da quando aveva recuperato l’orologio del nonno, un cronografo Britix anteguerra meccanico a carica manuale, un vero gioiello meccanico, di quelli con i pulsanti del crono che ne senti bene lo scatto quando li premi, anzi devi proprio insistere perché non ci sono compromessi, devi sbloccare direttamente il cane d’acciaio del crono come se fosse un cane di una pistola a tamburo. Lo aveva fatto restaurare magnificamente ed era una di quelle piccole cose che l’avrebbero seguito per la vita. Qualche anno dopo si aggiunse l’orologio del padre, uno Zenith Elite Quadrato, in oro giallo, anni 50/60, meccanico automatico, quadrante bianco con lancette oro e datario a ore 5, anche questo fatto restaurare magnificamente, anche questo parte delle piccole cose che l’avrebbero seguito per la vita Negli anni la sua collezione di orologi era cresciuta, piano piano, prima con pezzi di marche conosciute (classico di chi si affaccia al mondo dell’orologeria meccanica), e poi alla ricerca di piccole case artigianali o quasi che fanno pochi pezzi di concezione ed evoluzione propria, che hanno il coraggio di sperimentare evoluzioni per un mercato di nicchia, e che oltretutto non costano una fortuna come quelli delle brand commerciali, che più che un prodotto si fanno pagare per il nome che hanno e per la lunga storia secolare che rappresentano. - Mr. Rambaldi, mi scusi se la disturbo, c’è il Presidente in linea che la sta cercando Oh grazie, si me lo passi qui Presidente buongiorno! Marco, ti stavo cercando per congratularmi con te e la tua squadra. Questo è un grande giorno per la Arteko e per noi tutti, la tua prima vittoria mi da la conferma che non mi ero sbagliato ad appoggiare la tua candidatura 61 - - - - Presidente mi scusi ma il telefono era off, eravamo qui con il giapponese per la firma dell’accordo… la ringrazio di cuore a nome mio e del mio team per il suo appoggio, abbiamo lavorato bene e il progetto sarà un successo, vedrà che non la deluderemo! Senti Marco presto sarò a Dubai per una breve visita per ribadire a tutti il sostegno mio e del CA dell’Arteko, vi voglio tutti a cena all’Atlantis, ti farò sapere il giorno esatto. Presidente, tenga conto che fra due giorni vado a Tokyo con Pung per una settimana, per familiarizzare con la JO-Pung e il loro modo di lavorare, un po' di Giappone per osservare gli stili di vita, dettagli essenziali per sviluppare il progetto in maniera consistente con loro… la terrò informata sui tempi del mio rientro a Dubai cosi che lei potrà pianificare la sua visita. Perfetto Marco, allora ancora congratulazioni e in bocca al lupo! Crepi! La saluto, a presto! Marco era alle stelle, l’adrenalina correva veloce nel suo corpo. - 62 Marika, per favore mi chiami il team in sala riunioni, ho bisogno di vedere tutti fra 15 minuti. Å NOVE Da ragazzo, come ogni buon ragazzo, Marco aveva cominciato a riconoscere nel mucchio le persone che inconsapevolmente avrebbe indirizzato la sua vita, il suo carattere sociale, i suoi gusti, insomma tutto quel bagaglio di esperienza vissuta che ognuno di noi si porta nel fardello che ci accompagna, ci segna, ci forma, ci aiuta a capire il senso della vita. Il primo gruppo, il primo vero amico, la prima canna, il primo amore, il primo sesso, una sequenza di cose nuove che non erano nulla di quello che la famiglia ti aveva detto. Era il mondo fuori, osservato e scoperto nella luce e nelle tenebre dei meandri dell’adolescenza. Come ognuno di noi, Marco si ricordava perfettamente facce, situazioni, odori, colori, corpi, pericoli, allegria e cameratismo, sofferenza e solitudine, tutto così squisitamente impagabile, che ti rimane appiccicato addosso per la vita intera, che ti entra cosi in fondo nei nascondigli del cuore e dell’anima, che vive e cammina con te. Da adulto navigato, quando aveva conosciuto Franca, non aveva avuto dubbi: - Questa donna sarà la compagna della mia vita! E cosi sembrava fosse. Franca A Parigi Franca si muoveva fra il traffico e i casini con nonchalance, ma per una persona che spende la vita lavorando, la grande città è sempre pesante, almeno di giorno. La notte è diversa, chi non ama la notte? Un fascino particolare, sembra che non ci siano limiti, che tutto ti sia permesso. Che tu sia in un luogo appartato a sentire del jazz o che tu stia sfrecciando nel buio fra le luci 63 dei locali che trasformano la realtà. Può accadere di tutto di notte. Qualcuno si sente appagato nel restare al calduccio delle mura di casa, qualcuno si sente appagato nel farsi schizzare la testa e sentirsi sparato dal nulla nel tutto. - Ma chi se ne frega! Ognuno può vivere e morire come vuole! Era questo che Franca pensava ai tempi dell’università. Ai tempi dell’università, frequentando i locali notturni di Roma, si era trovata spesso in situazioni imbarazzanti e anche pericolose. La gente di notte si trasforma, quasi che il buio sia come una specie di lasciapassare, alcool a fiumi e droghe di ogni genere scaldano il corpo e bruciano i cervello, si entra in un limbo di disinibizione, ed ogni volta hai bisogno di un tantino di più per metterti al livello… e basta veramente poco per andare fuori di testa, dapprima di senti un leone e con l’andare del tempo diventi uno zombie. E poi ci sono i furboni, quelli che su queste storie ci vivono e ci guadagnano soldi veri, quelli che “ognuno di noi o di voi o di loro” non è una fonte di guadagno, e dal privato al pubblico non cambia nulla quando si fanno soldi sulla pelle della gente. Sono quelli che tirano le fila della vita di menti deboli e forse innocenti. Franca si rendeva conto di essere sola, ma conosceva il suo target e per questo si era immolata al qualunquismo, al menefreghismo. Tanto lo so che è una merda, ma questa merda è a tempo e ne sarò fuori una volta raggiunto il mio scopo. La sua era stata una stata una scelta consapevole, se lo ripeteva sempre. Il giorno e la notte di Franca ai tempi dell’università, due spaccati di vita drasticamente incompatibili. Ed eccola qui Franca, a Parigi, assorta nei mille pensieri di 64 vite passate e di vite a venire. - Bonsoir Madame Oui bonsoir… ce n’est que moi, qui merci, oui oui, c’est parfait Un bicchiere di vino bianco gelato in un bistrot del Quartiere Latino alle otto di sera vale bene lasciare l’hotel. Se poi ci aggiungi uno di quei “piattini” di cibo cosi delicati ed insulsi che solo i francesi sono capaci di preparare (ma che comunque fanno tanto chic), la giornata di lavoro lascia il posto al relax e la beauté Parisienne rapisce la mente ed il cuore, portandoti a spasso in favole fatte di dame e di fanti. E la sua favola sembrava prendere forma, ed il suo fante di cuori era Marco. Aveva paura che fosse realmente una favola, eppure quell’uomo sembrava reale, vivo e raggiante come solo un fante innamorato sa essere. Questo mese sarebbe passato e Franca sarebbe tornata al Manhattan ad attendere Marco. Rapirselo tutto per lei per vivere notti di lucida e folle passione, nella sua piccola casa che divenuta oramai la loro segreta e confortevole alcova. 65 DIECI Æ - - - - Cari colleghi, per cominciare vi riporto i saluti e i complimenti del nostro Presidente. Detto questo… insomma qui si comincia a fare sul serio, i sogni sono finiti, il contratto l’abbiamo portato a casa, si passa alla fase esecutiva. Domani sera io e Paul voliamo a Tokyo con Pung per una settimana di full immersion con i Giapponesi. Contiamo di tornare con le idee chiare. Sicuramente durante la nostra permanenza potremmo organizzare delle video conferenze con voi per potervi passare quello assorbiamo. Tokyo è cinque ore avanti rispetto a Dubai, quindi ad ora di pranzo noi possiamo collegarci quando voi sarete in ufficio da poco. Mi sembra perfetto (Jennifer) A proposito di Tokyo, sarebbe il caso di comprare un presente per Pung. Cosa pensate sia la cosa adatta per un uomo come lui che ha di tutto di più? Non parliamo di orologi naturalmente, da quel poco che ho visto non ne ha certo bisogno! Io proporrei una collezione di 5 cinque cravatte di Marinella (Jennifer), un classico italiano di stile. Una buona idea, e tu che dici Victoria? Una penna Montegrappa… roba da intenditori Marika… e tu? Mr. Marco, io avrei pensato a qualcosa di Ferrari, ha presente un pistone in bacheca di plexiglas che ha fatto parte reale di una delle monoposto famose? Vedo che si va a finire sempre sui prodotti italiani! (Paul) D’altronde la classe è classe, dear! (Jennifer) OK, qua la cosa si fa difficile, la scelta non è semplice… facciamo cosi, ci scambiamo un’email e ognuno dice la sua fra le tre cose proposte, sarà acquisita quella che prende più voti al primo turno, con 2 alla pari si va al ballottaggio. Il team scemò e Marco si sedette di nuovo alla sua 66 scrivania, guardando e riguardando i bozzetti del nuovo centro Archetipo… più li guardava e più gli piacevano. Certamente il progetto aveva bisogno di un enorme lavoro per essere sviluppato, ma questo non lo metteva a disagio, anzi era uno stimolo e una sfida, non vedeva l’ora di entrare nel vivo. Certo entrare nella mentalità dei giapponesi non sarebbe stato facile… non era chiaro esattamente cosa Pung gli stesse chiedendo, però non pensava sicuramente ad un’enclave giapponese nel cuore di Dubai, piuttosto ad un complesso internazionale dinamico e moderno con una fusione non di stili ma di modus vivendi, qualcosa che rendesse fluidi e facilmente fruibili gli spazi e i volumi lavorativi, probabilmente in un versione familiare alla concezione giapponese di fluidità e fruibilità. Certamente non sarebbe stato facile riportare su carta la sintesi di millenni di storia di un paese e di un popolo cosi diverso dalla nostra cultura occidentale… era proprio questo il punto e lo percepiva come un “tallone d’Achille”. Paul lo chiamò dal suo ufficio: - - Marco i ragazzi sono gasatissimi, stiamo già lavorando sulle linee essenziali delle facciate e dei bridges, stavamo provando a marcare le linee della torre centrale con degli elementi filanti doppi, in modo da distinguerla dalle altre due e darle una presenza più marcata, che anche in 2D la porta al centro della visuale anche trovandosi su un piano arretrato. Inoltre vorrei il tuo parere… o meglio abbiamo bisogno di idee per le linee di chiusura delle teste delle torri, che anche in questo caso devono conservare una presenza più marcata per la torre centrale. Paul, andate pure avanti, domattina a mente fresca ci sediamo e vediamo di dare un senso compiuto alle linee principali… scusa ma oggi sono completamente svanito… capirai, con tutte le emozioni degli ultimi giorni mi sento scombussolato… mi sa che mi sto 67 - - - facendo vecchio… Ma quale vecchio! Non è questione di vecchiaia, hai solo avuto il tuo primo risultato importante nella Arteko e non mi pare cosa da niente! “Abbiamo” avuto Certo che “abbiamo”, ma sei tu quello che ci rappresenta da entrambe le parti… lo sai meglio di me, vittorie e sconfitte ricadono principalmente sulle tue spalle! Andiamo a mangiare una pizza e bere qualcosa stasera, dai ci rilassiamo un po’. Con piacere, facciamo cosi… vattene pure a casa e riposati un pochino, ti prendo io verso le otto ok? Dopo una mezzoretta Marco si mosse veramente per andare a casa. In genere non l’avrebbe mai fatto (figurati, non l’avrebbe schiodato neanche una bomba), ma questa era un’occasione unica e meritava qualche ora di riposo per fare il punto della situazione. Il suo loft gli sembrò bellissimo quando varcò la soglia di ingresso, molto ma molto più bello del solito. Mise su Dexter Gondon, si distese sul divano e chiuse gli occhi, erano appena le 16:30. Il telefono suonava insistentemente da alcuni minuti… quando se ne rose conto ed apri gli occhi, dalle grandi finestre del loft il sole aveva lasciato da un pezzo la scena alle luci notturne. Naturalmente era Paul: - 68 Cavolo, che ora è… scusa devo essermi addormentato sul divano Te lo dico io che ora sono: le otto e un quarto!! Ricordi che eravamo d’accordo che sarei venuto a prenderti alle otto per andare fuori? Si si, certo, sei di strada? Mi faccio una doccia cosi mi rilasso, ti lascio la porta accostata cosi puoi entrare. Sto arrivando, anzi facciamo cosi, passo prima a - - prendere due amiche che avevo invitato e poi sono da te, cosi ti lascio il tempo di restaurarti. Lo sapevo io! Non posso proprio fidarmi della tua testa da puttaniere! Cosi come sei conciato, ho pensato che un paio di gnocche ti avrebbero fatto piacere, la compagnia femminile è quello che ci vuole… e poi decidi tu se ti va di approfondire, sennò hai passato qualche ora di svago e ciao. OK mi faccio la doccia, quando arrivi squilla. La doccia lo svegliò del tutto, un jeans e una camicia pulita e voilà, si sentiva brand new! Si accomodò sul lato passeggero del SUV di Paul, e si girò sorridendo per salutare le due ragazze sedute sui sedili di dietro. Prima di riuscire ad arrivare con lo sguardo all’altezza delle facce, la visuale fu riempita da lunghe cosce accavallate e minigonne… wow! – Mi sa che stasera si mette male - Pensò Marco. Come c’era da aspettarsi, Pamela e Liza erano due splendide ragazze, naturalmente giovani e simpatiche, ma non volgari, non sembravano escort… infatti non lo erano affatto, erano solo due normali impiegate conosciute da Paul ad ora di pranzo in uno dei “resto” della piazza centrale del DIFC. I posti erano tutti occupati e si erano ritrovati con un solo piccolo tavolo da due, lui aveva ceduto il passo a loro anche che se era arrivato prima, ed allora le due l’avevano invitato a sedersi con loro. Chiacchierare simpaticamente all’aperto sotto il sole “invernale” di Dubai e cosa magnifica, le parole volano, le menti sono aperte, multi etniche ed abituate a vedere e parlare con persone provenienti da ogni parte di mondo, cosi che viene facile intavolare una conversazione, se solo cominci a scambiare notizie tipo “di dove sei, cosa fai, dove eri prima di arrivare a Dubai, etc etc”. E poi le cose vanno da se, ci si scambia i numeri di telefono e, sempre che ci sia stato un minimo di feeling, 69 prima o poi ci si ricontatta e magari si va fuori per un drink o per una cena, o per tutti e due. - - Allora, Paul, dove ci porti? (Marco) Ragazze, va bene se prima andiamo a bere un drink al quarantaquattresimo e poi scendiamo giù a mangiare qualcosa al Buddha Bar? Vista l’ora evitiamo il traffico. It’s sound brilliant, let’s go! Il quarantaquattresimo è un bar “chiccoso” che si trova appunto al quarantaquattresimo piano del Grosvenor Housel all’inizio di Marina, ci sono vetrate a tutt’altezza sui tre lati, un bancone circolare al centro, proprio all’ingresso, e poi divanetti e tavolini con poltroncine posizionati nelle due ali laterali. Un bel pianoforte nero a coda con pianista ed una cantante garbata, che canta canzoni jazzate ad un volume accettabile e mai fastidioso. Dalle vetrate vedi una bella fetta della città, Marina con i suoi centinai di grattacieli, il mare, la Jumeira Palm da una parte, e dall’altra tutta l’area residenziale degli Emirates Hills con il famoso campo da golf. Le ragazze erano cordiali e simpatiche, si conversava davanti ad un paio di flute di champagne. Paul teneva banco come al solito, al momento opportuno sapeva essere un giullare di corte (e gli piaceva esserlo). Delle due, Marco era stato attratto da Pamela, una ragazza australiana sulla trentina che da un paio di anni viveva e lavorava a Dubai come Finance Advisor in una delle tante società con ufficio nei palazzi del DIFC. Pamela era bionda, i tacchi contribuivano ad evidenziare la sua già naturale altezza, non era magrissima ma le forme, vista l’altezza, le stavano benissimo, e poi aveva un sorriso smagliante con denti bianchissimi e modi soavi. Durante la cena, al Buddha Bar si riesce a parlare ma devi alzare il tono della voce, peggio se il tavolo è vicino al bar dove c’è sempre un gran casino, musica e gente che parla. 70 Pamela anche per questo si era accostata a Marco con la sedia ed il busto, e si parlavano vicini, respiravano i propri odori e la chimica faceva la sua parte. Più tardi, non facevano quasi più attenzione a Paul e Liza, che d'altronde stavano egualmente discorrendo fra loro senza curarsi di cosa e di chi fosse intorno. Gli champagnini del quarantaquattresimo e il vino bianco della cena avevano scaldato gli animi, Pamela era radiosa e raccontava le proprie storielle di vita vissuta divertendosi un mondo. Marco era eccitato come un lupo di steppa sulla cresta di una collina che annusa gli odori portati dal vento di una femmina a fondo valle. Non pensava neanche più a chi fosse, dove stesse, che stesse facendo… ma poi in fondo non poteva fregargliene di meno… era una vita che non aveva rapporti e questa sera si sentiva euforico e libero da tutto e da tutti. Pamela se lo guardava e se lo mangiava con gli occhi quel maschio italiano dagli occhi cosi dolci e cosi tristi nel fondo. Uscirono prima di Paul e Liza ed all’esterno dell’hotel con un cenno del capo il loro taxi fu pronto in un baleno, staccandosi dalla fila ed accostandosi a loro. Il dopocena tardi, fuori dal Grosvenor House, è chiaramente un casino, persone che attendono, macchine che arrivano e che partono, taxi, voci… il cortile è più popolato di notte che di giorno! Il taxi andava via veloce, e poi dal Grosvenor House a casa di Marco ci vogliono giusto pochi minuti. Nell’ascensore si strusciavano e si baciavano, quando entrarono nel loft erano a mille, Pamela si lasciò andare sul divano a gambe aperte, mostrando le cosce e lo slip di seta nera bagnato d’umori. Marco restò lì a guardare un istante e si lasciò cadere in ginocchio tuffandosi fra quelle cosce aperte che lo chiamavano urlanti. Non era facile svegliarsi la mattina seguente dopo una 71 notte di alcool e sesso, la testa pesante, e il cervello faceva fatica a connettersi. Cercò di fare mente locale e come un flash la figura di Pamela rimbalzò nella mente… ma dove era finita, lui si era svegliato nel letto e lei non c’era,,, si levò a fatica e si diresse al parapetto affacciandosi sul salone di sotto… sembrava non ci fosse nessuno… forse in cucina… - Pamela? Sei lì da qualche parte? Nessuna risposta. Dette un’occhiata veloce nel bagno ma niente. Scese le scale e si diresse alla macchinetta Nespresso per farsi un caffè. Evidentemente era andate via… mah, forse era meglio cosi, un angelo arrivato dal nulla e scomparso nel nulla. Perfetto. Il caffè era buono, se ne preparò un altro ed usci sul balcone a fumare. Dubai era bella, era stata una buona decisione cambiare vita e lavoro, e poi questa città sembrava fatta su misura per lui, cosi viva, cosi multi etnica e multi culturale, cosi pulita e funzionante, cosi senza criminalità. Insomma, sembrava proprio la sua città. Era tardi e doveva fare in fretta per arrivare al lavoro in tempo ragionevole. La giornata non sarebbe stata così lunga, e la sera stessa lui e Paul sarebbero dovuti partire con Pung. Si diresse su per prepararsi. Quando entrò nel bagno per radersi e farsi la doccia trovò un post-it giallo sullo specchio, lo prese e lo lesse: Marco, you great! Thank you for the wonderful night! Pamela Una punta d’amaro gli punse la gola, avrebbe voluto che lei fosse ancora lì in quel preciso istante per poterle dire qualcosa, per poterla baciare… mah, in fondo era meglio 72 cosi! Non stava di certo cercando un rapporto, non era il momento, era ancora un animale ferito, e poi questa fase professionale era troppo importante per lasciarsi andare ad altre distrazioni. Il BB chiaramente iniziò a suonare, e la suoneria dedicata era quella di Paul: - - Morning Marco, sei sveglio? Devo mandarti un dottore? (sghignazzava come un cretino) Che bastardo che sei, mi hai incastrato ieri sera e non me ne sono neanche reso conto! Ma dai! Sei sempre lì a fare il lupo solitario! Ha ragione Li Ban? Ogni tanto un diversivo ci vuole, altrimenti lo stress si accumula e picchi la testa nei muri. E te che fine hai fatto? Niente di strano… notte con Liza e ciao! Tu non hai mai avuto un briciolo di cuore, sei proprio un bastardo puttaniere. Ascolta Marco, ci vediamo tra un’oretta in ufficio? Ti ricordi che stasera dobbiamo partire col Giap? Figurati se me lo scordo… la cosa più importante della mia vita! Ci vediamo in ufficio. 73 Å UNDICI Houston gli stava proprio rompendo le balle, si domandava in continuazione come facesse questa gente a vivere in una città cosi asettica. Comunque oggi era il giorno del barbecue del suo collega, il francese Philippe lo stava aspettando con i suoi amici, magari si sarebbe divertito e rilassato. Si mise su un jeans ed una camicia chiara, tenuta fuori, e scese nel parcheggio davanti all’ingresso ad aspettare l’autista. Giornata bellissima, poco traffico, si andava via leggeri sulle highway. C’era uno di quei mega mall sul percorso dove si fermò ad acquistare un paio di buone bottiglie di vino da portare. Il quartiere dove Philippe abitava era un classico quartiere residenziale di villette raggruppate in compounds, viali alberati e prati verdissimi, si vedevano bimbi, signore, persone fare jogging, accompagnare cani, giocare con i cani, andare in bicicletta… insomma un classico spaccato domenicale di un quartiere residenziale. La villa era la numero 26 della strada 13 del compound 2. - - Sir, here we are Grazie Mike, facciamo cosi, una volta che sono dentro ti faccio un sms per dirti se tutto è ok e a che ora puoi tornare a riprendermi. All right Sir In quel preciso istante venne fuori dalla villetta un ragazzo sulla quindicina: - Hey man, you Marco? Yes I am Welcome, I am Toby, my father is in the garden waiting for you… please follow me. La villetta era carina, su un solo livello, come si direbbe in 74 Italia “all’americana”, una bella sala spaziosa con cucina a giorno e vetrate sul giardino. Philippe era lì in giardino in un angolo intento a curare la carbonella del barbecue, con una birra nella mano sinistra. C’erano diverse persone sparse qua e là, ad occhio sette o otto fra maschi e femmine. - - Marco! Benvenuto!! (disse Philippe alzando la birra in alto). Per prima cosa serviti, prendi una birra dal cool box! Ciao Philippe, tutto ok? Ho portato un paio di bottiglie di vino, tuo figlio credo le abbia sistemate in cucina. Grazie… non era necessario, dai serviti che ti presento i miei amici! Philippe era gentile come sempre, e gli amici erano simpatici, tutti di origine francese, le ragazze erano quattro ed erano mediamente belle e giovani, diciamo tra i ventotto e i trentacinque, e gli sembrarono tutte lo stereotipo di un’impiegata da agenzia immobiliare… chissà poi perché a Marco avevano fatta questa impressione… comunque sembravano amiche da parecchio perché chiacchieravano in maniera familiare e confidenziale fra loro. Le domande si sprecarono, tutti i presenti avevano chiesto a Marco da dove venisse, di cosa si occupasse, come mai fosse Houston, per quanto tempo, etc etc… NOTA DELL’AUTORE Dovunque tu possa andare nel mondo, essere Italiani è una specie di “passepartout” al dialogo e alla meraviglia delle “prerogative” italiane, dalla pizza agli spaghetti, dalla mafia al Padrino (inteso come film), dalla torre di Pisa al Vaticano, dal Milan alla Ferrari, da Berlusconi all’immondizia di Napoli … insomma chi più ne ha più ne metta… menomale che non si parla più di Brigate Rosse (in un certo senso appartengono ad un passato remoto)… E poi ultimamente era tutto un luogo comune (che palle!). Con i francesi poi la cosa diventa ancora più pesante… Sarkò e 75 Carla Bruni (italiana), tanto per dirne una (che palle!)… Questa volta comunque la combriccola era simpatica, e i discorsi scorrevano fluidi fra battute e risate. La carne era ottima, T-Bon Steak enormi di prima qualità, a parte le immancabili salsiccette francesi “marquise” (che a Marco avevano fatto sempre abbastanza schifo!), patate tagliate a metà e ben cotte sulla brace, Le birre andavano giù che era una meraviglia. In effetti, tutte e quattro le ragazze lavoravano nella stessa agenzia immobiliare, due di loro assunte regolarmente e le altre due invece lo erano state, ma con la crisi immobiliare erano state messe a provvigione, se vendevano qualcosa beccavano una percentuale e se non vendevano niente… niente! Spiegarono che ultimamente il mercato sembrava avere una leggera ripresa, soprattutto perché gran parte delle case in vendita erano in mano alle banche (riprese a compratori che non avevano più potuto pagare il mutuo) e quindi i prezzi si erano dimezzati. E poi c’era il fattore euro cosi forte sul dollaro, così che molti europei stavano investendo nelle città americane della costa… si spendeva di meno che in Europa per belle case e gli affitti erano alti, un buon investimento che rendeva molto di più che in Europa. I ragazzi, se cosi si può dire, gli amici di Philippe, erano invece in diverse aziende francesi con interessi nel campo Oil & Gas, diciamo società di servizi alle compagnie petrolifere. Il pomeriggio passò in fretta e il tramonto cominciava il suo corso, Marco si sentiva appesantivo dalla birra e dalla carne, però la giornata era stata bella e spensierata e in cuor suo ringraziava Philippe per averlo invitato. 76 Si rese conto di non aver quasi mai pensato a Franca! Strano ma vero! – Sarà che uscire da quel cavolo di albergo e la buona compagnia mi hanno “spensierato” per un po'. A proposito, alle 21:00 dovrei essere in hotel per la solita chat con Franca… ma come faccio ad andarmene cosi? Philippe ci resterebbe male, proprio non posso… Passarono un’oretta in relax ascoltando della buona musica e fumando, erano quasi le 20:00. - - Philippe, hai mica degli spaghetti in questa casa francoamericana? Testina di italiano presuntuoso… certo che ce li ho! Che ne dite se faccio due spaghi aglio e olio e piccante? Un classico italiano? Sempre che ci siano tutti gli ingredienti… Ci sono, ci sono, per il piccante puoi usare l’harissa, sempre che tu sappia cosa sia! Ma li mortè! Un’uscita in romanesco significava che Marco si sentiva bene, a proprio agio, e poi tanto non l’avrebbe capito nessuno… - Li mortaccitua Scandì una delle ragazze con forte accento francese… risata generale con varie prese per il culo sul romanesco! La serata si concluse con una bella spaghettata e tante promesse di rivedersi presto. Marco non aveva più pensato veramente a Franca e si era anche dimenticato di avvertirla che quella sera non avrebbero potuto sentirsi via Skype. Tornando in macchina le fece un sms scusandosi, ma chiaramente non ricevette risposta, oramai Franca era a lezione e avrebbe riacceso il cellulare direttamente nel pomeriggio. 77 Franca non ci era rimasta proprio male… forse un pochino si… era la prima volta che Marco spariva cosi… doveva aver avuto un contrattempo, non era collegato in internet, non aveva risposto al telefono… pazienza, ne avrebbe saputo di più l’indomani. Quando se ne andò a dormire verso le 23 non riusciva a prendere sonno, questo “buco” di collegamento, o meglio il non averlo sentito senza aver ricevuto neanche una spiegazione, l’aveva tirata facilmente in uno stato di paura, paura per quello che era potuto succedere… no, diciamo pure paura che Marco l’avesse trascurata… magari la stava tradendo… o magari si stava stufando di questo rapporto cosi intenso… o magari era soltanto un segnale per ricordarle che era lei la parte fragile del rapporto… Si addormentò solo dopo aver preso un leggero sonnifero e la notte la avvolse. Franca stava andando al lavoro e camminava come ogni mattina per andare a prendere la metro sul marciapiede di una delle traverse abbastanza strette da essere a senso unico. Un furgone bianco che procedeva a passo d’uomo si fermò mentre la superava e il conducente si sporse dal finestrino per chiedere un’informazione su un indirizzo, sembrava un ragazzo cordiale e gentile. Franca non vedeva ragioni per non rispondere cortesemente e quindi si accostò al furgone per capire esattamente cosa l’uomo le stesse chiedendo… non le restò neanche il tempo di capire… il portellone laterale si spalancò scorrendo sulle guide e op! quattro braccia robuste comparvero e afferrandola con forza per le ascelle la issarono a bordo coprendole contemporaneamente la bocca con un panno che emanava un odore terribilmente pungente… Neanche il tempo di realizzare cosa stesse accadendo che le palpebre si chiusero pesanti come il piombo e tutto intorno a lei svanì nel nulla. Quando Franca si svegliò, cominciando lentamente a 78 realizzare, si rese subito conto in quale cavolo di situazione fosse finita. Aveva gli occhi bendati e non riusciva a vedere, un cerotto che le tappava la bocca che le impediva di parlare, le braccia in alto, con i polsi tenuti insieme da polsiere attaccate in alto ad una corda, forse ad un gancio… insomma era quasi appesa, anche se le piante dei piedi nudi toccavano il pavimento freddo. Sentiva caldo, era sudata, ansimava e… si rese conto di essere nuda! Non si sentiva i vestiti! Ca-zo era nuda! Mache-caz-zo succede? Dove-caz-zo? Chi-caz-zo? In quel preciso instante un getto di acqua gelata la investi in piena pancia facendola arretrare di un po' sui talloni, E non smetteva, acqua gelata a pressione sulle gambe, sul seno, sull’inguine, acqua gelata che le faceva male come una lama di rasoio, che la bruciava come una lama di rasoio arroventata, era irresistibile! Non poteva gridare, il cerotto le serrava la bocca, riusciva solo a mugolare ed ad ansimare come un animale impaurito, legato e violentato prima del colpo di grazia! Il getto d’acqua si arrestò, Franca tremava vistosamente, sentì all’improvviso un respiro caldo vicino l’orecchio e una voce che senza alcuna enfasi, quasi sospirando: - - Franca perché stai facendo questo a te stessa, noi non vogliamo farti del male, non vogliamo torturarti e non vogliamo ucciderti, vogliamo solo quello che hai rubato con l’inganno, poi ti lasceremo andare e potrai sparire per sempre. Adesso ti diamo 10 minuti per riflettere e poi ti farò la stessa domanda. Mii attendo solo un cenno del capo, positivo o negativo… naturalmente se la risposta sarà negativa te ne assumerai tutta la responsabilità. Il trattamento sarà incredibilmente lungo e doloroso e terremo in vita il più possibile per fartelo gustare fino in fondo, ti do solo un assaggino che ti aiuterà a riflettere e poi resto lì in attesa per 10 minuti. 79 Silenzio glaciale… percepì giusto il calore della persona allontanarsi da lei… nessun rumore, niente di niente… Franca scandiva i secondi che passavano. Un passo felpato dietro di lei, lo schiocco secco di qualcosa nell’aria ed ancora qualche secondo di nulla. All’improvviso, senza nessun avvertimento, una scudisciata si abbatté sulla sua schiena con una violenza inaudita… Franca grugnì come un animale e il respiro le si strozzò in gola, il dolore ed il bruciore erano insopportabili, agitava la testa come una forsennata a destra e sinistra, le lacrime le invasero gli occhi, sentiva la carne della schiena lacerata dove aveva ricevuto la scudisciata. Mentre perdeva i sensi e la testa si abbandonava sulla spalla sinistra, percepì quasi lontana la voce che sussurrava: Rifletti Franca… rifletti… - AAAAAHHHHHHH!!!!!!!!!!! NOOOOOOO!!!!!!!!!!!!!!!!! Franca non si rendeva esattamente conto cosa stesse succedendo, era scattata a sedere sul letto gridando come una pazza… apri gli occhi serrati e si guardò intorno smarrita… era fradicia di sudore e tremava forte… Merda! Merda! Si rese conto che aveva vissuto un incubo terribile, ma si sentiva spossata come se fosse stato reale… ripercorse con la mente tutto lo scenario dell’incubo… si girò a guardare l’orologio elettronico sul comodino e vide che erano le 4 meno 5. Si lasciò andare di nuovo sul letto e si rannicchiò in posizione fetale coprendosi con lenzuolo e coperta, sentiva freddo e continuava a tremare… tutto si annebbiò e sprofondò lentamente ancora nel sonno. 80 DODICI Æ Il risultato della votazione per il regalo da fare a Pung era netto: 5 su 8 avevano scelto Montegrappa. Non restava che fare un salto al Dubai Mall a comprare la penna, anche se chiamarla penna è riduttivo e non si trattava di comprarne una di serie, bisognava scegliere fra quelle a Edizione Limitata, una del tipo “capolavori”, quasi inutilizzabili e che vengono esposti perlopiù in vetrina per collezionisti incalliti. - - - Marika, tu conosci i miei gusti… potresti accompagnare Victoria ad acquistare la Montegrappa? Confido ciecamente nel vostro gusto femminile! Certo Sir, no problem, possiamo andare e tornare in un paio d’ore… quanto volete spendere? Marika! Abbiamo appena firmato un accordo come Archetipo e tu ti preoccupi dei soldi? Fai comandare il gusto e l’amore a prima vista, il resto non conta! OK Boss, sorry! Era la prima volta che lo chiamava Boss ma Marco non ci fece caso, era troppo preso dalle tante cose da fare prima di sera. - - Paul ha che punto sei? Mi raccomando portati tutti i file non solo nel portatile, fai un backup anche su una flash memory… anzi su due, non si sa mai! Non ti preoccupare Marco, stai tranquillo, sto pensando a tutto, non avremo problemi, vedrai! OK Paul, sono solo in apprensione… possiamo vederci più tardi per un’oretta di meeting con la truppa? Certo, più tardi ti faccio sapere. Il pomeriggio non passava, i secondi sembravano minuti e i minuti sembravano ore, Marco si sforzava di stare tranquillo ma il momentum era topico, non si poteva permettere di non avere tutto sotto controllo; era sicuro di 81 se stesso, certo, ma si sentiva addosso il peso della responsabilità del buon esito del progetto ed anche della gente che ci stava lavorando. Forse si faceva troppi scrupoli, forse non aveva proprio bisogno di auto caricarsi di questi macigni, in fondo era bravo e il primo step lo aveva acchiappato, in fondo adesso non rimaneva che fare un buon lavoro in tutta serenità… - Hai detto niente! Alle 19:00 c’era del traffico per andare in aeroporto, e qualche rallentamento era normale, ma di tempo ce n’era. Capirai, pur di non arrivare tardi erano partiti una mezz’ora prima in caso fossero stati rallentati dal traffico. Il terminal dei voli privati era anch’esso in linea con le installazioni aeroportuali, anche se non era cosi sgargiante come quelli di linea. Erano le 20:15 quando varcarono la soglia della sala d’attesa… < BANG!! > Li Ban era li, maneggiando il cellulare ben accomodata su uno dei divani… Marco rimase di stucco dalla sorpresa ma non ebbe il tempo di realizzare che la voce di Pung si materializzò alle sue spalle: - - - 82 Marco-San, vorrà perdonare la mia audacia, ma la mia signora ha espresso la volontà di viaggiare con noi per avere la possibilità di sbrigare delle faccende personali a Tokyo durante la settimana, spero non le dia fastidio questa nostra libertà in un viaggio d’affari. Mr. Pung, assolutamente no, lei è troppo gentile, ci mancherebbe… e poi in tutta verità ci fa piacere rivedere Madam Li Ban, una donna gentile e bellissima Marco! Allora come sta? Proprio ieri chiedevo di lei a mio marito e voilà… ci si ritrova a viaggiare insieme nella mia terra natia, non sa che piacere mi fa, anzi, sarò felice di mostrarle la città e le sue meraviglie… Mr. Paul, tutto bene? Mamma mia, Li Ban era più bella che mai! Gonna plissettata bianco avorio giusto sopra al ginocchio, camicetta ecru aderente con polsini larghi, scarpe decolté rosso opaco con tacchi da 10, una larga cintura di pelle in vita con un medaglione centrale, capelli raccolti sulla parte alta della nuca, un filo di perle al collo e un orologio Cartier Tank Francais con diamanti, trucco leggero… la camicetta attillata avvolgeva i seni e lasciava intravedere un reggiseno di pizzo bianco… Marco non aveva tralasciato nessun particolare. Paul era senza parole, era rimasto in piedi, lì, fermo come uno scemo… sembrava un idiota imbambolato! Rimasero seduti sul divano a chiacchierare, la situazione era un po’ tesa ma il sorriso di Li Ban riusciva a colmare ogni incertezza ed imbarazzo. Pung si divertiva compostamente, quasi senza parlare, d’altronde ci pensava sua moglie a riempiere ogni possibile vuoto. Erano quasi le nuove quando il pilota entrò nella sala d’attesa, facendo il classico inchino, e quasi sussurrando disse qualcosa in coreano indirizzandosi a Pung: - Il pilota avverte che l’aereo è pronto, it’s time to go! Marco rimase qualche instante seduto per godersi Li Ban quando si sarebbe alzata… ed eccola li la venere orientale, scavallare le gambe e tirarsi su con incredibile leggerezza quasi fosse una farfalla. In appena dieci minuti furono a bordo. Sembrava di essere in un salotto, ma senza fronzoli, qualcosa di puro design da architetto nordeuropeo, linee perfette e pelle beige a due toni che dava subito un accogliente calore, inserti e accessori in legno chiaro laccato trasparente lucido, ferramenta in acciaio satinato quasi ghiaccio. 83 Una spada volante come quella certamente meritava una riflessione. Certo Pung non era uno sprovveduto, e anche la scelta del jet non era casuale. Niente era casuale in Pung, si percepiva subito la sua classe nel scegliere le cose, che non aveva nulla del falso arricchito né tantomeno del falso colto, ed il tutto era sempre ordinato e quasi armonioso; niente ostentazione, niente superbia, solo una confortevole sottile eleganza. Il Gulfstream G650 non è un giocattolo per tutti, circa 13000 km di range per otto passeggeri comodamente accomodati in varie isole living, working and resting. Dubai Tokyo sono circa 8000 km, quindi niente scali tecnici per fare propellente, anzi addirittura si potrebbe raggiungere Houston senza scali, se non fosse che i 13000 km di distanza Dubai/Houston, che corrispondono al total range dell’aereo, presuppongono uno scalo tecnico intermedio per non arrivare alla meta, in andata e/o ritorno, a serbatoi quasi vuoti; troppo pericoloso se si è costretti per ogni evenienza a cambiare rotta o a volare per una mezz’ora in tondo in attesa dell’autorizzazione ad atterrare. L’hostess era chiaramente giapponese e riverenziale come nello stile giap, ma come per il contesto era uno stile discreto che non risultava affatto stucchevole. Marco cominciava a domandarsi insistentemente cosa l’avrebbe aspettato a Tokyo e se sarebbe sopravvissuto a tutto questo… Li Ban scelse la seconda poltrona rivolta verso la cabina, mentre Pung si scusò dicendo che aveva un pochino da lavorare e poi avrebbe fatto una dormita: 84 - Marco-San mi scusi, mia moglie le terrà compagnia, d’altronde oramai avrà capito che Li Ban è una donna di compagnia… delle volte devo obbligarla a darmi la parola altrimenti non riesco a parlare! L’ilarità di Pung fu contagiosa e tutti risero caldamente mentre lui scompariva dietro la porta scorrevole che divideva la zona living dalla zona relax. - - - Marco, si accomodi qui nella poltrona di fronte, potremo chiacchierare un po' se anche lei non pensa di “dover lavorare” come mio marito! Ma certo che no, e visto sono in viaggio verso una nuova realtà spero di carpire qualche anteprima da lei. Il mondo e la cultura orientali sono troppo distanti da quelli occidentali per non averne timore… soprattutto per me in questo momento. Non abbia timore Marco. Vede, la nostra tendenza,,, preoccupazione direi, è di mettere sempre a proprio agio il nostro ospite, nel fisico e nell’anima, senza creare barriere, anzi, cercando di allentare e rimuovere quelle che troviamo. Non è sempre facile, anzi, ma con lei sono sicura che le sue eventuali barriere saranno vulnerabili e cadranno senza insistere troppo. Mentre pronunciava questa ultima frase, Li Ban fletté il capo in avanti senza abbassare lo sguardo, giusto un leggero chiudersi di palpebre, lieve come il battito di ali di una farfalla. Una scarica di adrenalina invase la spina dorsale di Marco, un brivido caldo lo avvolse nel collo… la sensualità di quello sguardo e l’inflessione nella pronuncia di quelle parole… adesso Marco si sentiva leggermente in imbarazzo, considerando anche che Li Ban aveva percepito completamente il suo imbarazzo alla sua provocazione. I minuti e le mezz’ore scorrevano veloci, Li Ban parlava quasi senza sosta, passando dalla moda giapponese alle 85 tendenze dei giovani, dall’arte moderna alla famiglia. NOTA DELL’AUTORE: Li Ban cita Naoto Hattori (1975‐alive) un’icona della Vision Art, ma anche una sorta di moderno Hieronymus Bosch (1450‐1516). Quel che dice lui di se stesso e della sua arte: “My vision is like a dream, whether it’s a sweet dream, a nightmare, or just a trippy dream. I try to see what’s really going in my mind, and that’s a practice to increase my awareness in stream‐of‐consciousness creativity. I try not to label or think about what supposed to be, just take it in as it is and paint whatever I see in my mind with no compromise. That way, I create my own vision”. === La famiglia di Li Ban evidentemente era stato un nucleo coeso, consolidato nel tempo dalla buona riuscita del progetto, e soprattutto dall’amore e dal rispetto reciproco. - 86 Mia madre era una donna affascinante e giovanile, grande studiosa di letteratura e filosofia sia orientale che occidentale. Con cinque figli aveva dovuto rinunciare alla sua carriera di professoressa universitaria, ma non aveva mai abbandonato lo studio e la ricerca. Quando non poteva di giorno, beh... lo faceva di notte dopo essersi assicurata che tutti fossimo andati al letto sereno, a volte dopo aver fatto l’amore con mio padre, cosi come una coppia sposata e con cinque figli può fare solo dopo essersi accertata che tutto è a posto, che tutti dormono sereni e anche “questa giornata è passata senza complicazioni ed in tutta serenità”. Come vede la parola “serenità” è un qualcosa, direi un concetto che ricorre spesso... quante volte l’avrò già nominata? Beh, era la parola preferita dai miei genitori, in primis mia madre che non smetteva mai di ripeterla: “stai serena”, “una vita serena”, “ un rapporto sereno”, “siamo una famiglia serena”, “Li Ban, affronta le cose della vita con serenità”... la verità e’ che - era lei la donna serena Non l’ho mai vista una sola volta piangere se non di gioia, ed il suo animo sereno ci ha accompagnato nella crescita, da quando eravamo dei cuccioli indifesi fino alla sua morte 5 anni fa per un tumore al seno. Ed ancora ci accompagna, mi accompagna ovunque, anche adesso, in questo preciso istante lei è qui con me e mi rassicura e mi dice di stare serena. Con lei mi sento particolarmente rasserenata Marco, sarà forse questa sua aria da tenebroso riflessivo e imperscrutabile… non so, ma le si legge negli occhi una ferita legata al passato che vive li nel profondo del suo cuore e che non si risarcirà mai malgrado lei abbia potuto cambiar vita, luoghi, persone, lavoro… non è forse cosi Marco? Marco non sapeva esattamente cosa rispondere. Li Ban lo guardava forzando lo sguardo, insistente e diritto negli occhi di lui. E lui era lì, senza parole, sentendo il dolore riaffiorare dal profondo del ventre, sentiva la spada affilata delle parole di lei entrargli lentamente nel fegato togliendogli il respiro. - - Non si preoccupi più di tanto Marco, pensi solo che le poche persone che riescono a cogliere i sui lati deboli dietro la sua forte corteccia di gomma, sono solo persone che hanno avuto delle esperienze simili alla sua, non importano modalità e dettagli. Mi riferisco solo a quelle persone che sanno cosa è veramente la vita. Ne colgono e ne vivranno, sempre ed apertamente, tutte le modalità e le sfaccettature, senza negarsi mai, senza mai pretendere nulla prima di aver dato il meglio di se stessi. In fondo la vita “è uno stato mentale” ed ognuno ne soffre e ne gode del proprio. Marco trasalì… ma come cavolo faceva questa qui a conoscere questa icona della letteratura e della filmografia 87 occidentale degli anni settanta? - Mi scusi solo un attimo, ho bisogno della rest room Li Ban si alzò dalla poltrona sulla quale stava rannicchiata con le gambe piegate di lato sulla seduta, e nel compiere la manovra la gonna inevitabilmente si tirò su scoprendo quasi totalmente le cosce e lasciando intravedere per un attimo il pizzo nero dello slip. Lei se ne rese conto ma senza imbarazzo sorrise leggermente guardandolo arrossire al suo posto. Sgattaiolò via come una libellula e Marco percepì giusto lo scatto della serratura della porta della toilette. Cavolo che situazione! Non è che Marco si sentisse proprio a suo agio… questa donna lo teneva sempre sul filo del rasoio e i suoi colpi erano sempre ben mirati e colpivano dritti nel segno. Forse aveva ragione Paul, cosi come gli aveva detto la sera della cena, forse era tutta una tattica di Pung per mettere alla prova la sua integrità intellettuale e professionale… merda, gli ci sarebbe voluto uno scudo spaziale per riuscire a difendersi da quello tsunami intelligente e sensuale che era Li Ban… però che pezzo di figa… se la sarebbe fatta li sulla poltrona in tutti i modi possibili, a dispetto di Pung che apparentemente era lì che dormiva al di là del separé. Paul si era tenuto in disparte per tutto il tempo, aveva lavorato al computer e oramai dormiva del suo. === I tempi dei giovani fanti erano finiti da un pezzo, Marco se ne rendeva conto benissimo. Eppure li rimpiangeva sempre quando la mente sorvolava il passato e i ricordi della sua gioventù, le giovani ragazze che si facevano desiderare, le scorpacciate di sesso acerbo e tutto da scoprire, le mani sotto i maglioni e sotto le gonne, i peli del 88 pube… già, che oramai erano una vera rarità. Oggi era tutto così diverso, tutti così conosciuto, tutto così scontato. Ma che belli quei tempi da giovani fanti e donzelle! La permanenza di Li Ban nella toilette durava più del previsto, Marco non aveva per nulla sonno e si sentiva l’adrenalina a mille come se fosse al suo primo giorno di scuola. Dopo circa 15 minuti Marco percepì lo scrocco della serratura della porta della toilette, il flap della porta che si apriva a libretto ed infine il profumo di Li Ban venirne fuori. - - Marco mi scusi se ci ho messo del tempo ma avevo da riflettere un pochino in disparte e godermi degli attimi che non è possibile condividere fisicamente con lei. P er farmi perdonare le racconterò i dettagli, ma non adesso, solo quando sarò più sicura della sua discrezione e affidabilità. Non sono sicuro di aver capito bene… Io invece credo che lei abbia capito benissimo, caro Marco… non faccia l’ingenuo… o lei crede che starsene qui a parlare con me sia una cosa scontata? Il tono di Li Ban era improvvisamente divenuto tagliente, pur sempre mantenendo la cortesia e l’aplomb di sempre. Era lo sguardo più che il tono della voce, gli occhi fessurati e gli zigomi esposti… quel cavolo di sguardo lo trapanava senza mollarlo un solo istante, incalzava e avanzava… facendosi breccia. 89 Å TREDICI Franca Quando un mese sembra lungo e sembra non debba passare mai… non passa mai! Erano tre settimane e la lontananza pesava come un macigno sul cuore di Franca. Sordida in fondo al suo cuore la leggera paura di perdere Marco era sempre in agguato. Anche perché da qualche giorno, anzi da quella notte di quel sogno cosi forte, la paura del passato era tornata più forte che mai. Purtroppo non se ne sarebbe mai liberata di quel passato, e la sua assicurazione sulla vita, se vogliamo chiamarla cosi, forse non sarebbe mai bastata a tenere lontano da lei la vendetta di quel pezzo di merda. Neanche le puntatine rilassanti al Quartiere Latino riuscivano a tirarle su il morale più di tanto. Le webcam con Marco si erano un po' diradate a causa degli orari che non riuscivano proprio a combaciare, e poi francamente la webcam è una di quelle cose che dopo un po' comincia a dare noia, va bene ogni tanto ma non tutti i giorni, è fredda e non presuppone nessun odore e tanto meno nessun contratto fisico… Franca sapeva bene che tutti questi pensieri “globalmente negativi” erano il risultato del suo stato d’animo… una volta a Roma con il suo Marco le cose si sarebbero di nuovo stabilizzate. Voleva crederci. Marco A Marco mancavano un paio di giorni e sperava passassero in fretta, il lavoro a Houston era praticamente concluso, un paio di giorni per rivedere e condividere la relazione finale sarebbero stati più che sufficienti. Catherine, una delle amiche del suo collega francese, da 90 giorno del barbecue a casa di Philippe gli aveva fatto il filo senza ottenere un bel nulla da Marco. Gli sms, anche piccanti, si erano sprecati, ma Marco niente, le aveva cortesemente risposto ai primi due o tre e poi stop. Non aveva proprio voglia di distrarsi con un’altra donna, non era proprio il momento, e poi, di fatto, lui era innamorato di Franca e anche molto, non vedeva nessuna scusa plausibile nel passare qualche ora con una sconosciuta seppur bella come Catherine. In quel momento il sesso per il sesso non lo interessava affatto. Pensava di essersene liberato. Quando invece nel tardo pomeriggio varcò la soglia dell’hotel tornando dall’ufficio, se la trovò lì nella hall, ben accomodata su uno dei divani d’angolo, che evidentemente lo aspettava da un pezzo! - Catherine… ma che ci fai qui? Marco per favore non ti arrabbiare, volevo solo vederti, lo so che stai partendo, e siccome probabilmente non ti vedrò mai più, beh… ho deciso di passarti a salutare. Catherine era bella nei suoi fuseaux color fuxia, e la T-shirt bianca e attillatissima la fasciava mettendo in risalto il ventre piatto, le spalle dritte e i piccoli seni appuntiti… un corpo da fitness e la giovane età… poteva avere non più di 25 o 26 anni e se li portava tutti meravigliosamente bene. - Catherine… Ripeté Marco piegando le spalle in avanti - - Lo sai che sono un uomo impegnato stabilmente con una donna che amo, mi pareva di essere stato chiaro… e poi non ho nessuna intenzione di approfittare di te, tu sei bella e simpatica ma non mi pare il caso. Marco, ma insomma! Sono venuta fin qui per vederti prima che tu parta e tu mi dici che sei innamorato di 91 un’altra. Ma che centra col fatto che io sia venuta a salutarti… sarai normale? E poi non trattarmi come una ragazzina stupida e noiosa, non lo sono affatto e vorrei solo passare qualche minuto con te per avere da te dei consigli professionali. Ho capito che non mi vuoi scopare, anche se mi sarebbe piaciuto, però per favore, abbandonando l’ipotesi scopare, potresti darmi qualche consiglio che ne ho tanto bisogno? Non sei tu il famoso architetto Rambaldi invidiato da tutti? Beh, io ho bisogno di qualche buona dritta per avere il coraggio di tentare il take-off professionale. Marco rimase in silenzio a cercare di metabolizzare quello che la ragazza gli aveva appena detto e si rese conto di aver esagerato. La ragazza non lo mollava mica lo sguardo! - … OK, ordiniamo un drink e raccontami in che cosa ti posso aiutare, ti prometto di ascoltare e dirti cosa penso sia giusto per te, magari se posso ti do’ un paio di dritte con un paio di nomi ai quali rivolgerti. Catherine era giovane e dopo la laurea in architettura conseguita a Parigi era venuta a Houston per un master in uno degli studi polifunzionali di ingegneria e architettura più accreditati degli USA. Dopo i primi sei mesi di master ci era rimasta a lavorare con uno stipendio da fame che non riusciva a coprire le spese, ma un anno e mezzo di lavoro con architetti d’avanguardia le aveva dato la possibilità di fare un’esperienza che non avrebbe potuto fare da nessun’altra parte. Adesso era il momento di lasciare e di prendere il volo, tentare altre strade in altri studi creativi di architettura, proponendosi con il suo CV di esperienza accumulata in questi due anni. D’altronde non poteva rimanere nello stesso studio, non avrebbe funzionato. Diciamo che viene da se, si fa il 92 master e si accumula esperienza più che si può per un paio di anni, e poi ci si mette sul mercato sperando in un colpo di fortuna. Certo è che se non hai una qualche dritta… rischi di rimanere appesa per chissà quanto tempo! - OK, ti chiederai perché sono venuta proprio da te… beh, per il semplice fatto che di te si parla bene nell’ambiente, non c’è una sola persona che ti abbia criticato o denigrato, sei considerato una persona seria ed intellettualmente onesta, ed è questa la dote che ti si attribuisce di più al di là della tua notevole esperienza e dei notevoli progetti firmati. Marco la prese come una sviolinata ma ora si era rilassato. Dopo il primo drink cominciò a parlarle di come lui vedeva la cosa, di quello era veramente rappresentava per lui l’architettura creativa, di quello che lei avrebbe dovuto e non dovuto fare per andare dritta alla meta, ma anche del fatto che neanche lui era ancora riuscito a realizzarsi nella maniera voluta, che la strada era lunga e tutta in salita. Catherine ascoltava con attenzione e con passione ed il tempo passava veloce. Senza che i due se ne rendessero conto si erano fatte le 21:30 e la fame si faceva sentire, cosi decisero di continuare la conversazione davanti ad una pizza e una birra. Verso le 23:30 fumarono un paio di sigarette nel giardino dell’hotel e Catherine sembrava felice di aver ottenuto un pieno di informazioni e di dritte, era quasi commossa e non finiva mai di ringraziarlo. - Marco, scusami se mi sono permessa di farti delle avances, ma d'altronde sono una ragazza libera e sessualmente attiva, nel senso che a me il sesso piace e se consensuale non è mai un tabu. Credimi per me non ci sarebbe stato nessun clash ma rispetto ed apprezzo la tua sincerità. Ed ho capito che anche questo fa parte della tua onestà intellettuale, cosa posso dire… complimenti! 93 - - - C’è solo una cosa che ho bisogno di dirti prima di andare. Sono stata seduta sul quel cavolo di divano nell’angolo della hall per più di un’ora aspettando il tuo arrivo, ero assorta nel tipo di scuse che avrei dovuto snocciolare al tuo arrivo, quando mi sono accorta che qualcuno si era avvicinato e me lo sentivo alle spalle, in silenzio. Ho fatto piano il gesto di voltarmi ma una voce di uomo, quasi sussurrata, mi ha detto gentilmente: Per favore non si volti Catherine, non ce n’è bisogno, devo solo lasciarle un messaggio da dare a Mr. Rambaldi. Sia gentile, glielo dia senza fare domande. Merde, mi sono irrigidita come una stecca e non sono neanche riuscita a girare la testa di un solo millimetro… ma come cavolo fa questo a saper che… Ho visto una piccola busta bianca appare sulla spalla sinistra e cadermi giù sulle gambe… qualche secondo e mi sono voltata… non c’era nessuno! Ma la busta era lì sulle mie gambe ed eccola qui. Catherine la sfilò dalla piccola borsa che aveva con lei e la porse a Marco. Marco la fissò per un istante e la prese delicatamente. La piccola busta del formato di un quarto di A4, tipo biglietti di auguri per intenderci, era bianca senza una sola parola né davanti né dietro ed era sigillata. - - - 94 OK, grazie Catherine, non ti allarmare, magari un messaggio di lavoro, me lo leggerò con calma più tardi, comunque grazie, ambasciator non porta pena, ricordi? Si certo, nessun problema, magari è solo una coincidenza, magari quello ha chiesto alla reception alla stessa persona alla quale anche io avevo chiesto se tu eri già tornato, e la persona della reception gli ha detto che io ti stavo aspettando… Ma sì, non c’è da farsi dei film, direi piuttosto che è ora di salutarci, ti faccio i miei migliori auguri per una carriera sfolgorante, sono sicuro che lavorando duramente e con un po' di fortuna diventerai un architetto creativo di fama… magari ne riparliamo fra - una ventina d’anni! Ti ringrazio di cuore e ti prometto che un giorno ci rivedremo… magari quando sarò bella e famosa! Bella lo sei anche adesso! Catherine si avvicinò e gli dette un bacio sulle labbra, sussurrandogli: - Peccato per il sesso, ti volevo proprio! Sgattaiolò via senza voltarsi e la vide sparire nel nulla. Si incamminò verso l’ascensore. Non l’avrebbe più rivista. Quando entrò nella camera, si disse solo che finalmente domani sarebbe stato l’ultimo giorno, anche questa cavolo di camera non l’avrebbe più rivista. La busta era lì nella tasca dei pantaloni, la sfilò e la poggiò sul tavolo insieme a sigarette, accendino e ai due cellulari, l’avrebbe letta dopo, prima una doccia. Quando uscì dalla doccia era oramai mezzanotte e mezza e francamente era troppo stanco per pensare ad altro, si distese un attimo nudo sul letto per gustarsi l’aria condizionata e nel giro di un paio di minuti dormiva profondamente. Riaprì gli occhi che la luce dell’alba aveva invaso la camera, si rese conto che erano appena le 5:45, era nudo e nella stessa posizione di quando qualche ora prima si era disteso per godersi un po' di fresco, solo che adesso sentiva quasi freddo, si infilò sotto le lenzuola e si riaddormentò. Alle 8:00 il BB suonava come un’orchestra sinfonica, madonna che fiati! Era ora di alzarsi ad affrontare l’ultima giornata negli “studi associati” di Houston, finalmente stasera avrebbe chiuso le pratiche e via sull’aereo che l’avrebbe riportato a Roma. Non vedeva l’ora di riabbracciare Franca e farle tutto 95 quello che aveva sognato di farle durante questo mese costretti lontani. Quando si avvicinò al tavolo per raccogliere le sue cose, si rese conto che aveva completamente dimenticato la piccola busta… chi se ne frega, sarà senz’altro una rottura di balle, magari proprio qualcuno che voleva una raccomandazione o roba del genere… se la mise in tasca pensando di aprirla più tardi in ufficio. La giornata fu impegnativa, chiudere la relazione finale non fu proprio una passeggiata, cavilli e postille a decine, ma alla fine Marco era riuscito a mettere tutti d’accordo e tirare abbastanza d’acqua al proprio mulino. La firma finale fu una vera liberazione, arrivederci e grazie! Erano circa le 18:00 quando finalmente lasciò gli studi associati per andarsene in aeroporto, il volo Emirates era a mezzanotte e mezza, aveva tutto il tempo di passare in hotel, prendere la valigia, fare il check-out e dirigersi in aeroporto per arrivare tranquillamente verso le 22:00, in pieno orario per fare il check-in, bere una cosa alla business lounge, quattro passi di prassi al duty free, e via al gate ad un quarto alla mezza. - - - 96 Tesoro, allora come stai? Sei già arrivata? No, sono a Marsiglia, ho deciso di tornare in auto per godermi un po’ di costa e di sole, sarò comunque a Roma in tempo per preparare la nostra alcova prima del tuo arrivo. Eccitata? Io sono in aeroporto, ancora 14 ore di volo ma quando arrivo ti segrego in casa per un paio di giorni fino allo sfinimento totale dei sensi! Non ti farai mica venire le tue cose per sfuggirmi? Amore mio, mi sento eccitata come una bimba che riceve per la prima volta una bambola… direi che mi sento anche una femmina in calore da un mese senza maschio, quando vieni ti sbrano e mi faccio sbranare senza limiti fino alla morte! Senza limiti? - Nessun limite! Finalmente Marco era in aereo comodamente accomodato in business, champagnino gelato e hostess gentili. Tirò fuori dalla tasca la busta bianca e la rigirò un paio di volte, il contenuto al tatto era abbastanza rigido, sembrava contenesse un biglietto di auguri o un biglietto di invito. Alzò con cura un lembo e ci infilò sotto la punta della penna per poter tagliare la busta lungo il bordo senza rovinarla. Con il pollice e l’indice della mano destra sfilò il contenuto, quello che credeva essere un cartoncino. Non era un cartoncino, era una fotografia, anzi era un pezzo di fotografia ritagliato da una fotografia molto più grande. Essendo appunto solo un pezzo di fotografia non era molto chiaro, Marco lo girò e rigirò un paio di volte fino a decidere che forse era quello il verso giusto. A questo punto l’immagine lo colpi come uno schiaffo! Era chiaramente una porzione di tatuaggio identico a quello che Franca aveva sul fondo schiena, una sorte di aquila stilizzata con le ali aperte che sembrava venire fuori dall’incavo delle natiche per aprire le ali in volo. Era un tatuaggio comune, diverse donne lo hanno cosi simile. Ad un occhio esperto, ogni tatuaggio è un pezzo unico nello stile, nel tocco del disegnatore, nei colori, ma quello li era facilmente riconoscibile anche da un profano come lui. Era uguale a quello di Franca, anzi “era” quello di Franca, visto che guardando proprio bene fra le linee del disegno si riconosceva un piccolo neo che era esattamente quello di Franca! Marco rimase interdetto. Poteva solo essere stato uno scherzo (a sfondo erotico) di Franca… aveva organizzato mandando il ritaglio della foto all’hotel e chiedendo a qualcuno della reception di farglielo avere senza far capire che… Marco non vedeva altra spiegazione plausibile. Franca 97 Franca aveva un paio di giorni a disposizione e quindi aveva deciso di tornare in treno, Parigi Lione Marsiglia, e poi in macchina fino a Roma. Avrebbe affittato una vettura a Marsiglia e se la sarebbe goduta guidando lungo la Costa Azzurra, avrebbe pernottato a Nizza o a Montecarlo e poi via, Genova, Livorno, Civitavecchia, tutta una tirata lungo la costa Tirrena fino a Fiumicino, e poi finalmente Roma. Ed è quello che fece. A conti fatti sarebbe arrivata una mezza giornata prima di Marco, il tempo di arieggiare la casa, fare la spesa, preparare un bel letto di lenzuola di raso di seta, parrucchiere, estetista, e voilà! Sarebbe stata pronta e perfetta per accogliere il suo uomo nella loro piccola e confortevole alcova d’amore. 98 QUATTORDICI Æ Tokyo L’Aeroporto Internazionale di Haneda tratta una cosa come 64 milioni di passeggeri l’anno, è al quinto posto nel mondo. Quando arrivi con l’aereo e guardi giù dall’oblò, non ti riesce di capire quanto grande possa essere Tokyo… 13 milioni di persone assembrate in una densità di 6000 persone per km quadrato, probabilmente la più elevata del mondo. NOTA DELL’AUTORE In verità Tokyo non è neanche una città, per la legge Giapponese è una Metropoli, cioè un vasto agglomerato di quartieri e città riuniti (e) sotto un unico governo chiamato Tokyo‐to (Metropoli di Tokyo). Tokyo è uno degli agglomerati urbani più grandi del mondo per estensione e per densità di popolazione. Tokyo “centro” (circa 8,5 milioni di residenti) è suddivisa in 23 “quartieri speciali”, municipalità che si autogovernano, ogni quartiere con un proprio centro (solitamente una stazione ferroviaria). Setagaya è il quartiere più popolato. Tokyo comprende inoltre altre 26 città, 5 paesi e 8 villaggi, ognuno dei quali possiede un governo locale. Il Governo Metropolitano di Tokyo è condotto da un governatore pubblicamente eletto e da un'assemblea metropolitana con sede nel quartiere di Shinjuku. Capitale Orientale del Giappone in quanto si trova più ad oriente rispetto alla precedente capitale imperiale Kyoto, Tokyo è indicata comunemente come capitale del Giappone dato che il Governo Giapponese e l'attuale Imperatore risiedono lì nel quartiere di Chiyoda. 99 Quartieri speciali Adachi ‐ Aoyama ‐ Arakawa ‐ Bunkyo ‐ Chiyoda ‐ Chūō ‐ Edogawa ‐ Itabashi ‐ Katsushika ‐ Kita ‐ Kōtō ‐ Meguro ‐ Minato ‐ Nakano ‐ Nerima ‐ Ōta ‐ Setagaya ‐ Shibuya ‐ Shinagawa ‐ Shinjuku ‐ Suginami ‐ Sumida ‐ Toshima ‐ Taitō Pung era ricomparso da una mezz’ora, fresco e profumato, jeans Armani con cintura di cuoio ed camicia bianca Polo RL con i polsi ripiegati due volte. Al polso un invidiabile Ulisse Nardin Maxi Marine Le Locle in acciaio, quadrante classico bianco, cinturino di gomma nera. Mocassino Tod’s cuoio. Veramente l’impressione di Marco fu che Pung era un po’ troppo perfettino, quasi stucchevole. 100 D’altronde è vero che le cose belle sono belle anche perché le sai portare bene, però non bisogna mai esagerare e sconfinare nel modello “reclame”. Paul si era svegliato da un pezzo e si era subito riattaccato al laptop, sembrava una macchinetta impazzita, chissà poi cosa cavolo voleva finire per forza prima dell’atterraggio che non avrebbe potuto finire anche dopo. È anche vero che le idee le devi mettere giù quando ti vengono, se aspetti che il momentum passi sei fregato, non saranno mai più come quando ti sono arrivate. Ecco perché tutti gli architetti, un po' come tutti gli artisti, sono dei grafomani. Il G650 atterrò come un alieno frenando in pochissimi metri e svoltando per andare al parcheggio. Sotto l’aereo c’erano due Lexus Land Cruiser LX570 nere, immacolate, con autisti in divisa nera. - - Mr. Marco, una vettura è per voi, a vostra totale disposizione 24 ore al giorno per tutta la durata del vostro soggiorno, l’autista parla perfettamente inglese e conosce a perfezione la città. Adesso passiamo insieme a fare i controlli doganali e poi ci dividiamo, l’autista vi accompagnerà all’hotel dove sarete ospitati e se non ha nulla in contrario ci rivedremo direttamente domattina in ufficio. Nessun problema, Mr. Pung, il programma mi sembra perfetto, e la sua cortesia “even more”. Le pratiche al customs gate non presero più di una quindicina di minuti… Li Ban era sempre più splendida: - Marco, mi dispiace doverla salutare, veramente pensavo di ospitarvi da noi, ma mio marito ha suggerito che sareste stati più liberi in hotel, probabilmente ha ragione. Tokyo è una città che offre tutto e stando in hotel sarete liberi di spaziare a vostro piacimento. 101 Anche se non penso che due persone adulte abbiano bisogno di consigli speciali, è bene non dimenticare che Tokyo è una città enorme e in alcune zone anche molto pericolosa, come d’altronde tutte le metropoli del mondo. Tranne Dubai, come ben sapete. Per cui fate molta attenzione, ci si perde facilmente e non parlate la lingua. Comunque non pensi di essersi liberato di me! Vorrò essere il suo cicerone per mostrarle la Tokyo che da solo non avrebbe mai la possibilità di scoprire, sempre che lei abbia la vitalità e il coraggio necessari! Lo guardò diritto negli occhi senza mollare lo sguardo, inalando un profondo respiro e mordendosi per un istante la parte sinistra del labbro inferiore. Ma che cavolo, questa qui non mollava mai! - Li Ban, sa benissimo che non potrei mai rinunciare, una occasione tanto interessante non potrebbe ripresentarsi mai più in tutta la mia vita… scoprire una città accompagnato da un autoctono cambia completamente le cose. La Tokyo per tutti lasciamola ai turisti! Quando vuole, Li Ban, a sua completa disposizione, potrà fare di me tutto quello che vorrà! Le chiederò solo di farmi uscire vivo… non sono ancora così vecchio per poterci lasciare la pelle! La risata fu contagiosa, e Pung sembrava diversi più di tutti. - Allora a domani! Alle 10 nel mio ufficio. A domani. E grazie di tutto Mr. Pung. Madam Li… La macchina correva veloce sulle highway, traffico medio ma sostenuto, chissà quanto tempo ci sarebbe voluto per raggiungere l’hotel. 102 Non più di mezz’ora, quaranta minuti, Mr. Pung (disse - cortesemente l’autista), speriamo che il traffico non aumenti, Minato-Ku è il primo distretto, praticante ci siamo già dentro. Nessun problema, si figuri, per noi è la prima volta a Tokyo e osservare un po' la città dalla macchina non ci annoierà affatto. Paul sembrava pensieroso, o meglio, dalla dogana si era evidentemente impensierito… - - - Marco, la tipa mi preoccupa, non è che ti lasci sedurre e mi tocca venirti a cercare per recuperarti col cucchiaino? La partita è troppo importante per perdere la testa! Paul ma che dici? Cavolo, mi conosci fin troppo bene, figurati se mi lascio intorpidire da un paio di gambe e da uno sguardo la gatta in calore, ma dai! Ma non l’hai visto che è tutto un gioco? Si sono messi d’accordo per testare la mia integrità e vedere fino a che punto sono disposto a lasciarmi andare senza mettere in pericolo il progetto… ma dai! Ti sembro forse un bambino? Ma quale bambino, Marco, queste sono cose da adulti e la tipa la sa lunga. È chiaro che il test continua, ma non farti fregare! Ok, non ne parliamo più, ma se ti vedo coinvolto ti spacco la faccia e ti riporto alla realtà a calci nel culo, chiaro? Paul concluse la frase sghignazzando per non creare tensione, ma era sicuro che il messaggio fosse arrivato a segno. Grand Hyatt Tokyo. Era quanto di meglio potesse sperare Marco, lui era un fan dei Grand Hayatt. - Allora signori, sarò qui domattina alle 9:00 in punto per essere in ufficio alle 10:00 precise: Benvenuti a Tokyo e buon riposo… domani comincerà la kermesse! 103 - Grazie… mi scusi, non credo di aver capito il suo nome… Ken, Sir, my name is Ken. Perfetto Ken, grazie, saremo nella hall alle 9:00 in punto. La hall era ovviamente enorme, la reception di conseguenza. All’ingresso poterono rinfrescarsi con dei tovaglioli imbevuti di acqua di rose, cortesemente offerti da ragazze in kimono. Non erano arrivati a metà della distanza dalla porta girevole alla reception che una bella ragazza in tailleur nero e capelli raccolti sulla nuca venne loro incontro sorridendo e chiamandoli per nome: - - Mr. Rambaldi, Mr. White, you are most welcome to the Grand Hayatt Hotel of Tokyo Minato-Ku. The flight was ok? I am sure you will enjoy your staying in the Grand Hayatt and in Tokyo. You don’t need any formality, just give me your passports and take a seat on the sofa for a second; I will be back with your keys… something to drink? Some sparkling water will be perfect. La ragazza tornò indietro in un paio di minuti con le due card elettroniche, le porse a Marco e Paul: - 104 Grand Executive Suites 3701 e 3721, i vostri bagagli li troverete già in camera, avete accesso libero ai quattro business club aperti 24h e a tutte le facilities dell’hotel Grand Hayatt, palestre, piscine, health centre, spa. I nostri pub, bar, discoteche e ristoranti sono a vostra completa disposizione. La vostra sola incombenza sarà quella di firmare i ticket. Naturalmente è tutto incluso nel soggiorno offerto dalla Jo-Pung. Come tutto incluso? (chiese Marco) All included, Marco-san. Enjoy your stay. Grand Executive Suite… praticamente un appartamento completo di ogni confort, con vetrate sulla città di Tokyo che di notte è uno scenario mozzafiato di luci e colori, cuori che esplodono pulsando streams di sangue di vari colori nelle arterie, nelle vene e nei capillari della metropoli sconfinata. Marco era senza parole. Pung ci teneva a far vedere che poteva offrire il meglio senza problemi. OK, forse il tutto era anche un pochino esagerato: - Ma in fondo chi se ne frega, se lo ha fatto è perché voleva farlo, e poi evidentemente ce lo meritiamo! Marco alzò la cornetta del telefono: - - - Ehi Paul, che ne dici di farci un giretto dell’hotel fra una mezzora? Poi ce ne andiamo a cena nel miglior ristorante dell’hotel alla faccia di Pung e tanti saluti! Ma si dai, ci vediamo agli ascensori fra mezz’ora… ma perché poi ci avranno dato due suite ai lati opposti del trentasettesimo invece di darcene due contigue? Mah, forse erano tutte occupate… Sarà… ci vediamo fra un po' OK La doccia lo rimise al mondo, una camicia pulita e profumata di fresco era proprio quello che ci voleva prima di andare a cena. Malgrado non avesse sudato per niente durante il viaggio, era sua abitudine comunque darsi una rinfrescata e cambiarsi almeno la camicia prima di uscire la sera. Tirò fuori dal bagaglio la scatola da viaggio con i 4 orologi che lo avevano seguito, scelse il Reverso Grand Taille meccanico a carica manuale e lo caricò con cura prima di indossarlo. Aggiunse un paio di sprizzi del suo amato Chanel Blue e si chiuse la porta alle spalle. 105 Å QUINDICI Franca Marsiglia le era sempre piaciuta. A parte la città in quanto tale, Marsiglia le stava simpatica perché sembrava una città del sud dell’Italia, persone schiette e solari, facce aperte e pochi orpelli, gente vera che ha da sbarcare la vita e si ingegna per questo. E poi c’è la lingua, la pronuncia è bellissima come tutte le città del sud di ogni paese. Franca aveva prenotato una Golf cabriolet e passò a ritirarla, il rent a car era proprio fuori dalla stazione ferroviaria. Guidava dolcemente, voleva godersi il sole e la musica. La verità è che voleva rivivere delle sensazioni lontane nel tempo, quando ai tempi dell’università si erano prese a nolo una 205 cabriolet bianca e con la sua amica se ne erano andate in giro per l’Italia a fare le Telma & Luise. Sara l’aveva conosciuta in facoltà, le era piaciuta subito, uno spirito libero e ribelle come il suo, senza catene e senza legami. Sara maneggiava denaro con disinvoltura ed era sempre generosa con Franca, praticamente pagava sempre lei e le diceva sempre: - 106 Franca non stare sempre lì a scusarti e a ringraziare, toccherà a te quando ne avrai le possibilità, per il momento sono io che ho il grano e l’importante è divertirsi. L’unica cosa che non dobbiamo però mai perdere di vista è la laurea, a quella non si rinuncia. Si studia, si fanno gli esami, si fanno i sacrifici, e solo quando abbiamo del tempo libero, un po' di grano e la voglia di divertirci… beh, ci divertiamo! E poi i soldi costano e vanno spesi bene, prima per le necessità e poi per il divertimento, se ne avanzano. Franca lo sapeva bene che “i soldi costano”, quasi tutte le mattine all’alba se ne andava a pulire un pub o un ristorante per tirare su quanto le occorreva per pagare l’affitto e tutto il resto. Sara invece i soldi li aveva sempre senza lavorare, forse aveva alle spalle una famiglia che non le faceva mancare nulla. Dopo qualche tmepo scoprì che non era proprio cosi. Una notte erano in una discoteca dove non erano mai andate, qualche drink e la musica alta le avevano mandate un po' su di giri, si divertivano come due pazze scatenate ballando fra loro, senza prestare nessuna attenzione ai ragazzi che cercavano di attaccare bottone in tutti i modi. Sara si allontanò per la terza volta per andare in bagno, niente di anormale solo che questa volta non tornava. Dopo una ventina di minuti, dato che le scappava anche a lei, Franca si diresse verso le toilette, magari l’avrebbe trovata lì. Il lungo corridoio per raggiungere i servizi era in fondo alla sala, con una fontana a mezza strada che faceva da rondò, i bagni per gli uomini a sinistra e quelli per le donne a destra. Il corridoio poi continuava per una manciata di metri e girava ad angolo retto, non era dato sapere dove conducesse, c’era un cartello ben evidente il “vietato l’accesso”. Franca entrò nei bagni delle donne e si guardò intorno, era pieno di ragazze che discutevano, si truccavano, si lavavano, che entravano ed uscivano dalle toilette. No, sembrava che Franca non ci fosse, forse aveva fatto la fila per usare le toilette e ora era dentro. Franca si mise in fila. Dopo cinque o sei minuti era arrivato il suo turno ma di Sara neanche l’ombra. Quando tornò fuori si diresse ai lavabi per lavarsi le mani. Di Sara nessuna traccia. Tornò in sala da ballo, poi al bar, poi di nuovo in sala, niente. 107 Si diresse di nuovo verso i bagni. Arrivata all’altezza della fontana sentì delle voci piuttosto animate provenire dal corridoio privato, litigavano… ma una delle voci era quella di Sara! Cavolo, ma che sta succedendo? Franca si irrigidì preoccupata e rimase in ascolto facendo più attenzione. Era proprio la voce di Sara. Franca si fece coraggio e si incamminò lungo il corridoio ma prima di svoltare l’angolo si fermò ancora ad origliare. Ora le voci erano chiare, Sara e la voce di un uomo… I due litigavano pesantemente. - - - - Hai capito che devi fare quello che diciamo noi? O vuoi passare un guaio? O magari la tua bella faccina non ti piace più? Vuoi che te la sfascio per sempre? Sei un bastardo! Mi avevate promesso libertà totale, solo se e quando ti va! Invece adesso che volete? Che diventi la vostra schiava? Io non sono una puttana di strada, e non erano questi i patti… solo con chi e quando ne vale la pena… erano questi i patti giusto? Carina, le cose cambiano, hai capito che cambiano? C’è poco da fare la schizzinosa, adesso il periodo è cosi e tu ti adegui senza rompere le palle, chiaro? Ti è piaciuto fare i soldi facili fino ad ora o mi sbaglio? E non voglio più ritornare sull’argomento. Quando chiamo voglio solo sentire un sì, un ok, un nessun problema… e non le tue stupide lamentele da troia! E adesso vattene e non ci provare mai più a rifiutare un appuntamento! Siamo intesi? Sei un bastardo! Ma parlerò con chi di dovere. Fai pure deficiente, solo che non te lo consiglio, ti faranno a pezzi prima che tu te ne accorga. Ma vaffanculo! Franca sentì i passi di Franca risalire il corridoio, non voleva assolutamente farsi trovare li, corse indietro e si sedette di spalle sulla panchina rotonda della fontana in modo da non essere vista da Sara. 108 Si girò giusto un po' per vedere Sara entrare nei bagni e a quel punto tornò in sala andando dritta al bancone del bar. - Un Martini cocktail col Tanquerey (le tremavano le gambe) Il barista fu velocissimo e le porse il calice, Franca lo prese, tirò via lo stecchino con l’oliva verde, portò il calice alle labbra e con un grande sorso ne buttò giù la metà. Cavolo che storia! Ma chi era veramente Sara? E quel tipo? Come era possibile? Pensava di sapere tutto di lei. Forse aveva solamente capito male o mal interpretato le parole. Sara arrivò di lì a poco piuttosto sconvolta, disse giusto: - Franca, andiamo via, forse mi ha fatto male bere o chissà cosa, non mi sento bene, voglio tornare a casa. Certo, nessun problema, andiamo a casa. Quella notte Franca non chiuse occhio, non era possibile… Sara aveva rapporti con tipi poco raccomandabili che la minacciavano. Ma di cosa? Sinceramente più ci pensava e più non riusciva a collegare. Verso le undici la sveglia suonò e Franca si accorse di essere sola nel letto, forse Sara era andata via senza svegliarla. Si alzò e si incamminò verso il bagno che era dall’altra parte del corridoio della sua casa da studentessa fuori sede, vicino al cucinotto. Adesso sentiva chiaramente i singhiozzi provenire dal bagno, si affrettò, spalancò la porta e vide Sara nella vasca da bagno, immersa nell’acqua calda schiumosa, che piangeva come una bambina. 109 - Sara ma che cavolo succede? Questa notte ero lì che ti cercavo ed ho sentito tutto… ma chi era quel tipo che ti minacciava? In che guaio ti sei cacciata? Sara scoppiò a piangere più forte, non si tratteneva più. Franca la prese tra le braccia, la tirò su e l’abbracciò forte, cosi, tutta bagnata, poi l’avvolse nel suo accappatoio e cingendola forte la riportò in camera facendola stendere sul letto: - Adesso mi dici tutto, ok? E Sara le raccontò tutto. Passarono un paio di giorni e Sara era tornata quella di sempre. Non ne aveva più parlato e Franca non le chiese più niente per qualche giorno. Franca però non riusciva a trattenere curiosità ed attrazione. Forse avrebbe potuto farlo anche lei per un po’. Insomma un po' di soldi facili le avrebbero fatto comodo anche a lei per pagare l’affitto, mangiare, qualche extra. Altro che spaccarsi la schiena pulendo dei pub per pochi euro. In fondo era il mestiere più antico del mondo, e poi non era mica per strada come una battona qualunque. Escort era la parola magica, escort! Ti chiamano, vai a cena con uno con i soldi, poi ci vai a letto, ti becchi cinquecento euro puliti e ciao, chi si è visto si è visto. Se lo faccio una volta a settimana, cinque per quattro fa venti, duemila euro cash per qualche scopata protetta, niente rischi e soldi buoni, lo faccio per un po' e poi ciao! Magari se lo faccio sei volte invece di quattro mi metto anche un po' di soldi da parte. Fu cosi che convinse Sara ad introdurla nel giro. Se la ricordava ancora la prima volta, un uomo interessante sulla cinquantina, pulito, simpatico, e tanti soldi. Quella notte tornò a casa con mille euro in contanti, metà per lei e metà da versare ai referenti (era cosi che si 110 facevano chiamare). Sara si era poi trasferita da lei. Studiavano e studiavano e non perdevano neanche un esame. Franca non doveva più andare a spezzarsi la schiena la mattina all’alba nei pub e nei ristoranti per 6 o 7 euro l’ora. Un paio di volte la settimana arrivava la chiamata e via, qualche ora di sacrificio e i soldi crescevano, nessun problema per affitto, spese, mangiare, bollette… nessun problema. Qualche volta la serata gliela combinavano insieme, ed allora perché no, insieme si alzavano più soldi, nessun problema. E poi il lavoro è lavoro… e quello non era che un lavoro! Se lo ripetevano sempre, smetteremo quando ne avremo voglia e soldi abbastanza da dire addio. Erano passati un paio di anni, Franca cominciava ad essere stanca di tutto quello schifo, aveva accumulato diversi soldi che le avrebbero permesso di terminare l’università. Era ora di farla finita. In questi due anni ne aveva viste di tutti i colori, oramai ne aveva la nausea, i tempi del divertimento, perché in fondo si era anche divertita, e poi del “chi se ne frega tanto è solo un lavoro” erano passati, oramai si sentiva sporca e sporcata nel più profondo di se stessa, nella carne e nell’anima, nel corpo e nella mente. Negli ultimi mesi aveva cominciato a capire che era proprio uno schifo, non aveva più pulsioni se non di repellenza, oramai quegli occhi e quelle mani su di lei le facevano solo un grande schifo. Le mancava appena un anno per arrivare alla laurea. Sara oramai anche lei era sulla stessa linea d’onda, lei oltretutto aveva cominciato ben prima di Franca. Aveva provato a dire di volerne uscire fuori, ma in risposta aveva ricevuto aggressioni verbali e minacce. - Franca è ora di dire basta, siamo andate oltre ed è ora 111 - di farla finita. Che ne dici se ci trasferiamo in un’altra città per l’ultimo anno di università? Questi qui non ci lasceranno mai in pace se restiamo qui. Potrebbe essere una soluzione. Pensiamoci bene perché non è così semplice come dirlo, dovremmo sparire dalla sera alla mattina senza lasciare alcuna traccia per non farci ritrovare. Franca aveva anche un problema di più. Erano circa tre mesi che aveva avuto un incontro con un tipo piuttosto duro, un tipo che aveva tutto l’aspetto di essere un arricchito della mala, ma non uno che viene dalla strada, piuttosto uno con un passato di famiglia per bene che un bel giorno ha incontrato delle persone adatte con le quali ha messo su un bel giro d’affari, coperture comprese, che rende bene e che non crea troppi rischi. Tutto sotto controllo, niente mani sporche di rapine e omicidi, niente di tutto questo, piuttosto del buon traffico di cose preziose, oppure di denaro, oppure di società offshore, insomma qualcosa del genere. Era un bell’uomo sulla quarantina, sempre ben vestito e gentile, sempre con copertura al seguito, sempre di poche parole. Normalmente gli incontri con escort non professioniste non hanno mai una frequenza costante, si, magari ci si vede un paio di volte, o magari ci si rivede dopo mesi, ma non è comune che un cliente cominci a chiedere con insistenza sempre della stessa escort, magari un giorno si e l’altro pure. Non va, non funziona cosi, non è possibile. Franca le prime volte non aveva fatto storie, lo aveva preso come un cliente come tanti, che magari era lì per qualche settimana e lei gli era piaciuta particolarmente. Poi il tipo era diventato geloso, appiccicoso, quasi ossessivo: - 112 Te sei solo mia e non ti voglio dividere con nessun altro, ti do quello che vuoi ma tu devi essere solo mia! “Ma sì, chi se ne frega, tanto questo sgancia un sacco di soldi, prima o poi sparirà”… aveva detto a Sara. Ma lui non era sparito, e questi tre mesi Franca aveva lavorato praticamente solo con lui. Durante i rapporti sessuali il tipo era diventando anche violento. Era tempo di chiudere, Franca lo sapeva, la cosa stava diventando troppo pesante e pericolosa. Era un giovedì pomeriggio quando la chiamata arrivò dopo un paio di giorni di silenzio. Franca si disse ok, oggi è l’ultima volta, gli dico che abbiamo passato il segno, mi spiego con calma e lui capirà. L’hotel era uno di quelli di sempre, oltre il raccordo in zona neutra, era un hotel di lusso ma nessuno ti guardava o ti faceva domande, perfetto e “coperto” per quel tipo di lavoro. Il tipo era tranquillamente spaparazzato sul divano, fumava un sigaro e beveva un drink, sembrava rilassato. - - Ciao Franca, finalmente! Lo sai che non mi piace aspettare. E poi io sono qui per te, quando ti chiamo vuol dire che ho bisogno di te, subito! Ho solo trovato del traffico, niente di più. Piuttosto vorrei parlarti seriamente… Andrea, sono stanca. Cosa sei? Sì, sono stanca, hai capito bene, perché non la facciamo finita? Lo sai che per me è solo un lavoro, e anche un temporaneo, insomma questa non è proprio l’aspirazione della mia vita. Cerca di capire, io non faccio la puttana a tempo pieno, ho solo bisogno di pagarmi le spese per poter completare l’università, e ci sono quasi! Adesso tu che vorresti da me… sposarmi? Scusami, devo andare in bagno, torno subito. Il tipo era rimasto di stucco, occhi bassi e duri, fumava senza dire una parola. Era un uomo ferito. Franca nel bagno si senti persa, si guardò allo specchio e 113 capi di avere paura, chissà che tipo di reazione avrebbe trovato uscendo da li, quello era anche capace di riempirla di botte… merda! Sentì all’improvviso dei rumori ovattati, forse a causa della moquette che li smorzava, un leggero tafferuglio e poi una voce con accento spagnolo che diceva: - Stai fermo, oramai siamo qui, non ti agitare, non ne vale la pena, siamo venuti per te e se collabori faremo presto senza farti soffrire… A Franca le si gelò il sangue nelle vene ma non ce la fece a resistere, se stavano cercando anche lei, voleva almeno vedere chi l’avrebbe ammazzata. Aprì non più di 4 o 5 cm la porta scorrevole del bagno, un’anta scorrevole senza serratura quindi niente rumore, solo un lieve fruscio. Nella stanza c’erano due uomini oltre ad Andrea. Andrea era seduto su una seggiola. Uno dei due lo aveva immobilizzato tenendogli le braccia tirate con forza dietro lo schienale della seggiola. L’altro era in piedi davanti ad Andrea e lo guardava con un certo disprezzo. Fu più forte di lei… Franca cominciò a riprendere con la camera del telefonino, quasi un gesto automatico, una sorte di inconscio contratto di assicurazione per la sua vita se mai ne fosse uscita viva. Aveva tutta la scena inquadrata, immagini nitide di facce impegnate in un crimine efferato. L’uomo in piedi si sedette sulle ginocchia di Andrea, rivolto verso di lui con le gambe larghe, come se volesse cavalcarlo. Andrea aveva un cerotto sulla bocca, di quelli da pacco, quindi non poteva parlare, piuttosto mugugnava qualcosa ma i due non erano minimamente interessati ad eventuali parole. La sua espressione era indefinibile. L’uomo con la mano sinistra afferrò i capelli al centro del capo di Andrea, tenendolo fermo e continuando a guardarlo negli occhi con aria seria, quasi inespressiva. 114 Con la mano destra estrasse dalla tasca posteriore dei jeans una specie di cacciavite, sembrava un cacciavite ma con lo stelo a punta. Il manico era pure di acciaio, più che un cacciavite sembrava uno strumento da sala operatoria, un punteruolo lungo una ventina di centimetri. L’uomo lo mostrò ad Andrea che sgranò immediatamente gli occhi mugugnando forte e scuotendo la testa… aveva oramai capito le modalità dell’esecuzione. L’uomo con voce secca disse soltanto: - Questo te lo manda Pedro Romero, con i suoi omaggi. L’uomo spinse indietro la testa di Andrea con la mano sinistra che stringeva i capelli, fino all’estensione completa del braccio. Caricò il braccio destro ruotando le spalle ed aprendolo all’indietro e verso il basso, come una molla. Osservò la posizione per un istante immaginando la traiettoria che avrebbe dovuto seguire. Andrea chiuse gli occhi. Il braccio destro scattò violentemente e il punteruolo penetrò nella parte sinistra del collo di Andrea, a fianco all’esofago sotto la mascella, con un angolo di circa quarantacinque gradi in direzione della parte posteriore del cervello. La violenza del colpo fece affondare il punteruolo completamente fino al manico. Andrea emise giusto un rantolo irrigidendosi completamente per un istante, giusto l’istante nel quale moriva. Poi Il corpo si rilassò. L’uomo lasciò la presa della mano sinistra e la testa oramai inerte di Andrea rimase inclinata all’indietro, con il punteruolo ancora piantato nel collo. Non c’era praticamente sangue, solo una goccia veniva giù lungo il collo fra la pelle e il punteruolo. L’altro uomo, che aveva tenuto Andrea immobilizzato da dietro sulla seggiola, aveva lentamente mollato la presa, accompagnando verso il basso le braccia oramai inermi. Andrea era lì, abbandonato, oramai solo nella sua morte. Non una parola dai due, solo uno sguardo serio e un 115 leggero cenno di capo. L’assassino, comprimendo la mano sinistra aperta sul viso di Andrea, estrasse con un colpo secco il punteruolo dal collo, scartando di lato per non essere colpito dal getto di sangue che cominciò a sgorgare dal buco ormai libero, scendendo lungo il corpo a imbrattare di rosso scuro la camicia bianca di Andrea. L’uomo si mosse verso il letto ed usando il bordo del lenzuolo ripulì con calma dal sangue il punteruolo. Se lo rimise nella tasca dei pantaloni. - Job done, vamos. Furono quelle le sole parole pronunciate prima di uscire dalla scena del crimine. I due sparirono dalla sua vista e Franca sentì la porta della camera aprirsi e richiudersi con un leggero clap. Silenzio assoluto. Il rumore dei movimenti era stato assorbito dalla moquette spessa del pavimento. Franca era impietrita ma fece mente locale. In una situazione del genere doveva pensare velocemente e trovare una via di fuga. Le impronte… pensò intensamente a cosa avesse toccato… le maniglie delle porte, il marmo del ripiano del lavabo… prese un piccolo asciugamano da bidet e ripulì con perizia sia le maniglie che il ripiano, anche i rubinetti, e se lo mise in borsa. Uscendo dal bagno fu invasa da una pena infinita, quel corpo abbandonato le faceva ribrezzo, ma anche tanta pietà. La stanza era al piano terreno e la porta finestra che dava sul giardino nella parte posteriore dell’hotel era aperta. Uscì con calma sul giardino guardandosi intorno, non c’era anima viva. S’incamminò lentamente al parcheggio, si infilò in macchina, accese, fece manovra e andò via infilandosi nel traffico. Con la sua assicurazione in tasca, se mai un giorno fossero arrivati anche a lei. 116 SEDICI Æ L’Head Quarter della JO-Pung era impressionante. Un solo grattacielo di 160 metri, completamente vetrato color argento, a base quadrata di una quarantina di metri di lato, nessuna modanatura sulle facciate, solo vetro, nient’altro che vetro, di una eleganza sollite, con una sola grande scritta nero lucido sul grande ingresso principale: JO‐Pung HQ 38 piani di uffici con 5 ascensori centrali, di cui uno dedicato al 38° piano, quello della Direzione. 10 minuti alle 10 c’era una ragazza ad attenderli nella hall, che venne loro incontro non appena li vide varcare la porta girevole: - Mr. Rambaldi, Mr. White, welcome to the JO-Pung Head Quarter, please follow me, I will drive you to the top of the tower at the 38th floor, Mr. Pung is waiting for you. L’ascensore era incredibilmente veloce, in pochi secondi raggiunsero il piano. La reception del piano era molto bella, tutto parquet, col bancone circolare e le pareti di legno bordeaux e grigio scuro, poltroncine nere con modanature cromate. L’impiegata li guidò lungo i corridoi di moquette rosso bordeaux fino all’ufficio dell’assistente di Pung, che scattò in piedi come una molla pre caricata facendo loro segno di seguirla. Le due ante di una grande porta di legno a pannelli orizzontali si spalancarono, mettendo in mostra un ufficio enorme, praticamente una sala da ballo con pareti vetrate sui due lati esterni. La scrivania di Pung era enorme anch’essa ma risultava proporzionata alle dimensioni dell’ufficio. Sulla destra un tavolo da riunioni, sulla sinistra una zona divani. 117 La superficie libera del pavimento, fra zone moquettate e parquettate, era almeno 3 volte quella occupata dai mobili. Pung era seduto alla sua scrivania immerso nel lavoro. Come li vide entrare si alzò e venne loro incontro: - - Marco-San… Paul-San… siete i benvenuti al JO-Pung Head Quarter, è un onore avervi qui nel mio ufficio! Mr. Pung, l’onore è tutto nostro. Complimenti per l’ufficio, sinceramente non avevo mai visto un ufficio dirigenziale così imponente in vita mia. Degno di un vero generale! È la prima osservazione da registrare… pensi quante ne avrà alla fine della missione. Pung sorrise, le battute reciproche erano arrivata a segno. - - Prego, accomodiamoci nella zona divani, saremo più comodi e potremo stilare il programma della vostra visita. Con molto piacere Mr. Pung Non c’era niente di scontato, mai, le parole bisognava saperle usare ed i momenti anche. Una parola sbagliata può incrinare anche le migliori relazioni, sia professionali che private. Era una delle ragioni per cui Marco era riflessivo e parco, pensava sempre prima di parlare, in passato aveva pagato una certa “libertà di espressione” che gli aveva creato dei problemi. Marco non era uno che alzava la voce, preferiva sempre prima ascoltare e poi parlare, come preferiva sempre riflettere un attimo di più prima di dare un consiglio, un ordine, una risposta. Era proprio questo che lo rendeva “speciale”. Dava il giusto valore all’aspetto umano delle persone, osservando poi come le stesse si comportavano da un punto di vista professionale e con i colleghi. Marco era un convinto fautore del fattore umano come cosa determinante per una buona riuscita professionale. 118 Il fattore umano incide su quello professionale. Se sei una persona equilibrata, lucida ed intellettualmente onesta, interagisci positivamente con la tua vita professionale. Se al contrario sei un animale insicuro e aggressivo di tuo, inevitabilmente sarai insicuro e aggressivo anche professionalmente, rischiando la solitudine. Marco era sempre più convinto dei successi non si conquistino con l’arroganza del potere, ma con l’umiltà di un vero leader. La prima visita guidata dallo stesso Pung durò circa tre ore, e fu giusto una passeggiata attraverso i vari dipartimenti nei 38 piani della JO-Pung HD Tower, dei quali 35 erano adibiti ad uffici e laboratori tecnici veri e propri. Dei rimanenti 5, uno era l’enorme mensa con le cucine ed i quarters degli addetti, uno accoglieva gli asili per i figli degli impiegati da zero ad età scolare ed una nutrita libreria con testi sia cartacei che in supporto elettronico, ed uno infine una bellissima palestra con annessa piscina, saune, massaggi, etc. Insomma, per gli impiegati della JO-Pung, l’Head Quarter era una sorta di casa nella quale trascorrevano la giornata fino alla sera, per poi tornare nelle loro case periferiche dovendosi preoccupare solo di una parte delle loro necessità quotidiane. Questa non era una prerogativa solo della JO-Pung, molte società si preoccupano di dare ai loro dipendenti il massimo che possono. In genere le coppie si formano all’interno della Società stessa, diventano famiglie, i figli nascono. L’imprenditore preferisce che famiglie non si disgreghino, che restino in seno all’azienda che si cura in parte anche della loro vita privata. In fondo è solo una strategia per tenerli legati per il resto della vita. I vari dipartimenti erano impressionati, decine e decine di impiegati per ogni piano che lavoravano come formiche senza quasi emettere neanche un suono, tutto sembrava perfetto, profumato, anche se ad occhi occidentali di Marco 119 e Paul tutta questo doveva sembrare molto alienante. Ma la percezione occidentale è lontana anni luce da quella orientale. E viceversa. Questi giorni di visita gli avrebbero dato l’opportunità di capire in parte le necessità di base, che poi in parte sarebbero state integrate nel nuovo progetto. Quando alle 18.00 uscirono dalla torre la serata era bella e serena, c’era ancora luce, il sole sarebbe tramontato alle 19:00. - - - Paul che ne dici, passiamo in hotel, ci facciamo una doccia e poi ci facciamo portare in un bel ristorante tipico e ci facciamo una mangiata di sushi e sashimi. Approvo, d'altronde se non approfittiamo qui… Ken ci aspetterebbe una mezz’ora? Facciamo una doccia e poi vorremmo andare a mangiare dove lei ci consiglierà, Japanese cuisine of course! My pleasure Sir! Tokyo di notte è un gran casino, traffico da matti e fiumane di persone che si cercano, si incontrano, si trovano, si esibiscono, si scrutano, si parlano. I ragazzi nei centri commerciali e fuori i locali alla moda ti fanno impazzire solo a vederli. Il quartiere di Shibuya (il quartiere dei giovani) ne è l’apoteosi. All’esterno della, Shibuya Crossing è probabilmente il punto di incontro più trafficato del mondo. Il venerdì e il sabato sera c’è l’estremismo del fashion pompato fino e oltre l’esasperazione dei trend. Capelli, colori, piercing, vestiti, stivali, scarpe, unghie, trucchi, occhiali. Bellissimi, punkissimi, darkissimi, barbygirllissimi, dandyssimi, heavymetalissimi… fra la statua a grandezza naturale del cane Achiko e il fashion shopping mall 109 è una totale follia. Ken aveva parcheggiato in un multipiano ed ora Marco e Paul lo seguivano a fatica nella folla davanti ai ristoranti e ai locali notturni. Eccolo finalmente quello che Ken 120 cercava. Il Sushiko, un buon ristorante dove si tratta solo pesce freschissimo sfilettato dietro i grandi vetri della cucina, tutto a vista per rassicurare il cliente dell’onestà della casa. C’è un lungo rullo continuo che trasporta ai tavoli i piattini di sushi e sashimi freschissimi (simile ai rulli per i bagagli in arrivo negli aeroporti). Si sceglie man mano che i piattini passano, alla fine si paga quello che è stato consumato. Questo tipo di ristoranti giapponesi sono divenuti famosi nel mondo, a Dubai ce ne sono diversi. - - Paul, credo la prossima settimana sarà interessante ma sicuramente molto impegnativa per noi. Da quello che abbiamo visto oggi, en passant, la cosa mi sembra seria. Questa gente ha delle abitudini ben precise e strutturate. Sicuramente si aspetta un cambiamento evidente, ma anche il mantenimento degli schemi di base, una sorte di compromesso non traumatico. Hai ragione Marco, stessa netta impressione. Consiglio una tre giorni di full immersion nei vari dipartimenti cosi così da farci una idea di chi sono, cosa fanno, come lo fanno, che tempi hanno, quale filosofia di base e di dettaglio adottano, e poi ce ne torniamo da Pung con un minimo di idee per capire fino a che punto lui è disposto ad arrivare, che tipo di compromesso è disposto a fare. In quel preciso istante il BB di Marco emise il suono di un sms in arrivo. – Che palle! Pensò Marco, gli sms continuavano a non piacergli, come non gli erano mai piaciuti. Fece uno sforzo solo perché poteva essere Pung. < Marco cena da noi domani alle 20:00. La prego di farci l’onore di accettare. L’autista è già stato istruito. Li Ban > - Pau, si comincia con le danze. domani sera a cena dai coniugi Pung. Dimmi pure che non te l’aspettavi! 121 < Ci saremo senz’altro, grazie e a domani > === La casa di Pung era strabiliante. Una Penthouse all’ultimo piano di uno dei grattacieli nel modernissimo quartiere Odaiba. Il garage sembrava un salotto, completamente piastrellato com’era pavimento e pareti. Ascensore dedicato direttamente dal garage al Penthouse. L’ascensore arrivò al piano con la solita velocità supersonica, giusto un fruscio. Le porte si aprirono e alla loro vista si presentò un enorme patio piastrellato di pietra grigia, con aiuole fiorite e pratini di erba inglese, piante di limoni e camelie. La luce veniva su da spot armoniosamente integrati alla base delle piante ed ai bordi delle zone pavimentate. Pung venne loro incontro sorridendo come sempre, solito jeans firmato e camicia di lino bianca con i polsini delle maniche arrotolati su un paio di volte, questa volta però la camicia era di quelle con il colletto tagliato alla “coreana”, ed era lasciata libera fuori dai pantaloni. Nel patio si aggiravano un paio di donnine minute in vestiti orientali, si muovevano in silenzio a passettini, proprio come un occidentale immagina che si muovano le donne orientali stile Geisha. In questo magnifico giardino pensile c’erano un paio di grandi zone divani, una piscina a gradoni, una grande Jacuzzi, lettini in legno ed ombrelloni quadrati in tela color ecru. E poi la zona pranzo, sotto un grande gazebo di tela anch’esso color ecru. Un grande tavolo in legno di quercia, impressionante, almeno 2 metri per 6 per 2 pollici di spessore, e delle sedie in midollino con schienale alto. Candele di tutti i tipi e colori e profumi erano dappertutto. La vista di Tobyo by night era mozzafiato. Si accomodarono in una delle zone divani. Una delle donnine si avvicinò spingendo un carrellino, era 122 un contenitore di acciaio lucido, con un cupola di vetro trasparente incernierata, all’interno una bottiglia di champagne e dei flute adagiati su un letto di graniglia bianca di ghiaccio. - - Mia moglie ci raggiunge fra qualche istante, è busy a telefono con qualcuno della sua famiglia. Quando Li Ban è a Tokyo non la mollano mai, comprensibile. Nessun problema Mr. Pung, piuttosto devo farle dei gran complimenti per questa meraviglia. C’è molto di Li Ban in tutto questo, è stata lei l’architetto ideatore Marco rimase colpito da quelle parole… Li Ban aveva delle doti notevoli, non era solo una bella donna. In quel preciso momento Li Ban stava uscendo dalla vetrata del living e si avvicina alla zona divani. Bellissima come sempre, con una tunica azzurra, piedi nudi e niente gioielli, capelli neri lucidissimi sciolti sulle spalle. - - Buonasera Marc, buonasera Paul, siate i benvenuti in casa Pung! Madam Li Ban, è un onore per noi. Suo marito ci ha appena informati che lei ha curato di persona la realizzazione della vostra casa, mi inchino al suo talento, non pensavo avesse un ingegno così orientato all’architettura creativa. Marco, lei non sa molte cose, forse è per questo che è qui. Ha ragione… ma questa quanto è grande città? Anche da qui, così in alto, non se ne intravede la fine. Tokyo è enorme, non basterebbe una vita per riuscire a scoprirla tutta, forse neanche per scoprire i soli “quartieri centrali”… una metropoli come Tokyo non è solo grande, è un contenitore di ceti sociali, culture, dialetti, mentalità. Mi creda, non è facile conoscere questa città, neanche per noi che ci siamo nati. Per voi 123 occidentali credo proprio sia impossibile. Ma beviamo una coppa di champagne, è tempo di brindare alla vostra presenza. Marco combatteva con se stesso, sentirsi a proprio agio non era semplice, la presenza di Li Ban lo metteva sempre in soggezione. La sua sicurezza, la straordinaria bellezza, quel fascino che non si negava mai, la consapevolezza di poter fare di ogni uomo il suo personale adulatore. Chissà cos’altro si nascondeva dietro quegli occhi famelici. Da quella donna ci si poteva aspettare di tutto. Marco non era mai stato attratto da questo tipo di donna, per molto meno le aveva sempre scansate. Purtroppo Li Ban era la moglie di Pung, il committente di Archetipo, non era proprio possibile scansarla dal suo cammino. Avrebbe cercato di non darle ulteriori spunti per affondare le unghie nella sua carne, anche se Li Ban lasciava intendere senza troppa indiscrezione di conoscere il suo potere e di volerlo esercitare. La cosa che Marco non riusciva tanto a capire era come si ponesse Pung di fronte a tutto questo. O era un tonto totale, succube, o era consenziente. In tal caso il gioco era testare la resistenza di Marco. fino a che punto fosse affidabile per portare avanti un progetto come Archetipo senza lasciarlo a metà. Era questa la teoria di Paul, glielo aveva già detto più di una volta. Durante la conversazione, piccole quantità di cibo arrivavano in continuazione, piattini prelibati, coppettine di varie zuppe di pesce, sashimi freschissimo con erbe speziate, tazzine di the diversi da abbinare ai diversi piattini, bicchierini di sakè caldo per sciacquare via i sapori fra un piattino ed un altro. Si andò avanti lentamente, senza fretta e senza tempo, parlando e scherzando, per circa tre ore, con la partecipazione totale dei conviviali. 124 Marco non si era conto di essere brillo. Quando si alzò per andare in bagno, per un instante barcollò… si riprese subito con una battuta di spirito e si incamminò verso le toilette ridendo fra se e se. Quando si guardò nel grande specchio al disopra del piano di marmo dei lavabi, scoppiò in una risata liberatoria - Marco sei grande! È questa la vittoria che volevi su te stesso! Vai avanti cosi! Quando uscì dalla toilette qualche minuto dopo, c’era ancora una volta Li Ban sulla sua strada. I due quasi si scontrarono, arrestandosi ad una distanza impercettibile. Marco più che sorpreso si sentiva frustrato da questa nuova situazione inattesa. Lei invece era lucidissima e come sempre padrona di se. Con il suo solito sguardo perforante, si avvicinò pericolosamente con la sua guancia a quella di lui e gli sussurrò quasi impercettibilmente: - Marco, c’è un regno nel quale non è dato di accedere a tutti i mortali. Ci vuole coraggio ma credo di potermi fidare di lei. Domani le comunicherò il nome del luogo e l’ora dell’incontro. Buonanotte. 125 Å DICIASSETTE Franca naturalmente glielo aveva confessato a Sara. Le aveva raccontato tutto per filo e per segno. Anche del video preso col telefonino. Le aveva anche detto: - - - Se mai dovessero scoprire qualcosa ed arrivare a me, andrei direttamente alla polizia, racconterei tutto e consegnerei il video clip che li inchioderebbe tutti, esecutori e mandante. Vai a sapere chi è questo Pedro Romero… dal nome sudamericano sembrerebbe una storia di droga. Credo comunque di poter stare tranquilla, non si sono accorti che ero lì, altrimenti mi avrebbero uccisa subito. Sei sicura che non ti abbia visto nessuno, né entrare né uscire? Lo sai anche tu come funzionano queste cose, non ci sono telecamere e nessuno ti vede. Non perdiamo la testa e aspettiamo gli eventi, se nel giro di qualche settimana non succede nulla vuol dire che la storia è finita li. Ho trasferito il videoclip su un CD, dovrò nasconderlo per bene, è la mia assicurazione. Intanto pensiamo a finire l’università, ci mancano solo un paio di esami e la tesi. Franca aveva commesso l’errore più grande della vita. Ci sono cose che non possono essere raccontate, neanche ad una sorella, neanche ad una madre, neanche ad un prete! E questa era una di quelle. In realtà non successe nulla né durante le settimane né durante i mesi successivi. La storia sembrava conclusa ma Franca avrebbe convissuto sempre con la paura. Con l’assassinio di Andrea, i “referenti” sembravano spariti, forse erano implicati in una qualche maniera direttamente o indirettamente. Magicamente la vita era tornata alla normalità, niente più 126 chiamate, niente più prostituzione. Tutto quello schifo sembrava appartenere al passato. L’università era finita. Le due ragazze passarono ancora qualche mese insieme, si concessero un bel viaggio e dei bei regali. Con il passare del tempo inevitabilmente le strade si sarebbero divise. Franca cominciò a muoversi fra corsi, stage, master, e poi trovò il primo lavoro. Cosi fu anche per Sara. In diverse città. Come spesso accade, la lontananza aiuta ad allontanarsi. Passarono degli anni. Franca aveva trovato lavoro al Manhattan di Roma ed era contenta, la sua vita scorreva benone, era oramai divenuta una donna formata e cominciava a guardarsi intorno. Un rapporto stabile con un uomo con il quale avrebbe potuto costruire una vita. Ed eccolo lì il suo uomo, quel Marco Rambaldi che le aveva fatto girare la testa dalla prima volta che lo aveva visto entrare al Manhattan. Sentiva di amarlo al di là di ogni passione, anche se quest’ultima stava giocando un ruolo troppo forte. Quel mese passato lontani era finito. Franca guidava lungo la costa alla volta di Roma. Marco l’avrebbe trovata ad aspettarlo, più bella ed innamorata e passionale che mai. Chissà che fine aveva fatto Sara. No news, good news! Era sicura che anche lei avesse imboccato la strada giusta, I tempi dell’università erano finiti da un pezzo, finiti e sepolti, no shit anymore, ciao! Sara Purtroppo non era cosi. Le cose per Sara avevano ripreso una brutta piega. 127 Dopo un paio di esperienze lavorative non esaltanti, Sara si era ritrovata di nuovo senza soldi, era disperata. Non avuto il coraggio di chiedere aiuto a Franca, non poteva farlo, era una sconfitta troppo grande e la vergogna non le aveva lasciato campo. Il salto nel passato era stato fin troppo facile, ed aveva ricominciato a fare la escort. Di nuovo le notti nei letti di ricchi porconi, nelle toilette dei ristoranti di lusso fra una portata ed un’altra. La depressione aveva cominciato a prendere il sopravvento, si sentita fallita, umiliata, distrutta nel corpo e nel cuore. La cocaina era stata il principio della fine. Aveva cominciato a sniffare cosi, per tirarsi su, per reggere allo schifo, per sopportare se stessa nell’abisso nel quale era ripiombata. I tempi dell’università erano un ricordo e le speranze di una giovane ragazza erano svanite. La cocaina le stava bruciando il cervello. Anche il fisico ne risentiva, la cocaina e l’alcool la stavamo minando, la sua bellezza svaniva. Di conseguenza il numero delle prestazioni era aumentato e i compensi erano drasticamente diminuiti. Ben presto i soldi che faceva non le bastavano più per pagarsi la cocaina. Quando cominciò a chiedere soldi in anticipo sulle prestazioni era oramai nelle mani dei “papponi”, ai quali i “referenti” l’avevano ceduta. Passava le giornate a cercare la cocaina che le avrebbe dato la forza di affrontare le notti e passava le notti a farsi umiliare nel corpo e nell’anima per i soldi che le servivano a comprare la cocaina. Non aveva più nulla da perdere. Vendere Franca era l’ultima cosa che avrebbe voluto mai fare nella vita… Però quella stronza ce l’aveva fatta, in qualche modo meritava una lezione. - 128 Perché lei sì e io no!? Adesso tocca a me. Con i soldi che mi farò dare potrò ricominciare da capo, andarmene via, disintossicarmi, dall’altra parte del mondo! rifarmi una vita Ed è quello che fece. Vendere Franca. Ne parlò col pappone raccontando la storia dell’omicidio di Andrea e della prova filmata che Franca aveva con se. Non le fu difficile essere creduta, quel delitto di qualche anno prima era rimasto nella memoria di tutti nel giro. Un tipo duro e rispettato come Andrea si era fatto credere capace di poter sfidare il “colombiano”. La sua vita era finita velocemente in una stanza d’albergo con un solo foro di arma di taglio che dal collo gli aveva raggiunto il cervello. Anche per il pappone era una occasione unica. Rivendette la notizia direttamente a Pedro Romero, o meglio ad uno dei suoi uomini che si interessava delle “relazioni esterne”. Il pappone fu considerato attendibile ed incassò l’anticipo della vendita. Cosi come vanno queste cose, decise di tenersi tutto per se. Figurati cosa poteva fregargliene di una puttana bruciata come Sara. Quando il video clip sarebbe stato recuperato, e cosa ne avrebbero fatto di Franca non era affar suo, avrebbe intascato la seconda tranche ed il suo potere sarebbe aumentato, il rispetto nell’ambiente sarebbe cresciuto, e magari sarebbe riuscito a comprarsi una fetta di mercato da gestire direttamente come un vero boss. Bisognava che Sara sparisse. Eliminarla fu cosa assai facile. Una buona dose di cocaina tagliata con polvere chimica letale. Sara era contenta, questo regalo le sembrò una specie di grazie per l’affare concluso. - Divertiti bella, che fra un paio di giorni l’affare si chiude! Furono le ultime parole che le fu possibile udire da viva. Una come tante, una drogata bruciata da una overdose di merda. La trovarono dopo una settimana a causa del cattivo odore che usciva dal suo appartamentino. 129 Franca Franca arrivò a Roma in mattinata, fece tutte le cose che si era ripromessa di fare, restituire la macchina a nolo, aprire la casa, fare la spesa, passare dal parrucchiere e dall’estetista, tornare a casa in tempo per preparare una cenetta romantica. Tutto secondo i piani, in orario perfetto. Marco Quando l’aereo da Houston atterrò a Fiumicino, il tramonto romano era splendido. Mentre l’aereo rullava lentamente verso il finger, Marco riaccese il BB e chiamò Franca ma il cellulare di Franca era spento. Forse era scarico, o forse l’aveva dimenticato spento, forse si era addormentata… ma com’era possibile, sapeva bene che lui sarebbe arrivato a quell’ora! Niente di niente, il telefonino era spento, mentre aspettava il bagaglio, mentre aspettava il turno per il taxi, mentre viaggiava nel traffico. 130 DICIOTTO Æ Marco era eccitato ed impaurito come un ragazzino, alle 22:00 Ken sarebbe passato a prelevarlo per accompagnarlo all’appuntamento con Li Ban. Si era vestito di nero, con un vestito leggero di misto lino, camicia grigio scuro, cinta e scarpe nere. Apri la scatola di pelle da viaggio e scelse il Rolex Cellini Prince oro rosa con cinturino in alligatore nero, uno dei suoi preferiti, lo caricò con cura, rimise l’ora esatta e lo indossò con soddisfazione. Si sentiva in ordine e ben curato, pronto ad affrontare l’apparente follia della donna, a contrastarla se mai fosse accaduto qualcosa di strano. Non pensava affatto ad un classico menage sessuale, troppo semplice e scontato, piuttosto ad una trappola per metterlo davanti ad un qualche fatto compiuto eclatante per verificare come Marco avrebbe reagito per difendere la sua integrità. Era lì che fumava ansioso nel valet dell’hotel quando vide arrivare la Lexus di Ken, spense la sigaretta e si avvicinò, aprì la porta destra posteriore e si infilò nella vettura velocemente quasi non rendendosi conto che sulla parte sinistra del sedile posteriore era già seduta Li Ban. Un colpo al cuore inaspettato. Pensava l’avrebbe incontrata direttamente nel luogo indicatogli, ed invece eccola lì, era venuta a prenderlo di persona. - Li Ban… Sì, sono venuta di persona, avevo timore che avrebbe dato forfait Marco optò per una risposta diplomatica. In realtà aveva solo voglia di prenderla a sberle per farle confessare cosa mai volesse da lui e quale strategia stesse adottando per metterlo in difficoltà. 131 In effetti se la prese con se stesso. Che cosa ci faceva in questa situazione? Perché si stava facendo coinvolgere? Aveva firmato con merito il contratto della sua nuova vita, era venuto a Tokyo per lavoro, e si ritrovava di notte in macchina diretto chissà dove con la moglie del suo cliente… avrebbe dovuto prendere a schiaffi se stesso! Li Ban lo guardò sorridendo: - Marco la vedo nervoso, ha forse paura? Assolutamente no Li Ban, altrimenti non sarei qui! Relax… le prometto che ci divertiremo Dove siamo diretti? Adesso chiede troppo, mi distrugge la sorpresa La macchina correva della notte, stranamente i vetri erano più scuri del normale, quasi non si riusciva a vedere fuori. Li Ban era vestita di bianco con una vestito morbido si seta lungo fino ai piedi. Come sempre era bellissima, i capelli neri sciolti sulle spalle le davano un’aria da dea, il rossetto rosso fuoco risplendeva sul viso leggermente velato di bianco. Emanava un profumo particolarmente speziato che riempiva prepotentemente l’abitacolo della Lexus. Marco inalò profondamente e chiuse gli occhi per un attimo, lasciandosi andare. - - Una sola raccomandazione Marco. Mio marito non è a conoscenza di questo nostro incontro, la prego quindi di non farlo partecipe del nostro segreto, vorrebbe dire infliggergli una sofferenza gratuita ed inutile… le chiedo la sua parola. Non si preoccupi, non avrei nulla da guadagnare, ne andrebbe anche della mia credibilità personale e professionale. Un grande cancello nero, anonimo, iniziò a spalancarsi davanti a loro. Giusto il tempo di attendere che le ante 132 fossero completamente aperte e la macchina proseguì rullando piano lungo un viale alberato leggermente in discesa, illuminato da spot a led piazzati sui bordi, che ne delineavano il percorso. Quando la macchina arrivò davanti alla villa erano passati circa una decina di minuti. Da quello che si riusciva ad intravedere attraverso i vetri scuri, la villa doveva essere enorme, ad un piano, uno stile modernissimo quasi essenziale nelle linee e nei volumi. - Marco siamo arrivati Dove siamo? Lo scoprirà da solo fra qualche istante La Lexus aveva parcheggiato sotto il patio. Le porte della macchina vennero aperte dall’esterno, Marco scese e rimase in attesa che Li Ban venisse fuori dalla parte opposta. Le luci erano soffuse, i valletti erano uomini vestiti di nero, eleganti, con il classico auricolare di sicurezza. - Venga Marco, le faccio strada L’ingresso era chiaro, illuminato da un grande lampadario di cristallo. Entrarono in un grande salone ovattato da moquette. Un certo numero di isole con grandi divani ne spartiva i volumi. Il colore predominante era il beige in varie tonalità. Le isole erano in parte delineate da separé con struttura di legno nero e pannelli chiari, alti non più di un metro e mezzo, che assicuravano un minimo di privacy. C’erano parecchie persone, indistintamente uomini e donne, che chiacchieravano, passeggiavano, sorridevano, occupavano parte dei divani. Sul lato destro del salone c’era un lungo bancone da bar, con avventori intenti a bere o ad attendere il loro drink. Nel fondo del grande salone il bel palcoscenico con un gruppo musicale che suonava musica jazz. 133 Al loro passaggio tutti salutavano Li Ban con rispetto ed inchini e lei ricambiava con leggerissimi cenni del capo. Marco si sentiva tutti gli occhi addosso. Si diressero in una delle piccole isole composta da tre divanetti a due posti ed un tavolino basso centrale. - - - - Marco eccoci qui… allora, le sembra un posto cosi strano? Deluso? Cosa si aspettava, un macello per uomini soli? Ma no Li Ban! è lei che mi mette consapevolmente in soggezione con la sua bellezza e il suo fascino, per il resto non ho nessun motivo di essere preoccupato. La ringrazio per i complimenti ma come dice lei sono consapevole e mi piace approfittarne, mi scusi ma mi diverte vedere un uomo che entra in confusione per un battito di ciglia! Fosse solo un battito di ciglia! Non sia falsamente modesta adesso, le sue prerogative sono ben altre! Devo prendere anche questo come un complimento? Una delle donne dedicate alla sala in vestito classico tipo geisha (a Marco vestite cosi sembravano tutte delle geishe) si avvicinò, il solito inchino e disse qualcosa in giapponese a Li Ban, lei assentì e la donna si ritirò. - - Sono invidioso… cosa le ha detto la geisha? Ah ah, lei non distingue una geisha da una cameriera… non ha idea di quale differenza ci sia! Comunque mi ha solo informato che il direttore del club arriva subito da noi. Mah… per me sono tutte uguali! Marco si stava rilassando, forse aveva esagerato nel preoccuparsi, in fondo Li Ban voleva solo essere gentile ad introdurlo in un club esclusivo, cosi come sembrava fosse. Poteva essere un segno di stima e di amicizia. 134 - Li Ban-Sama! Quale onore! Perché non mi ha avvertito della sua presenza a Tokyo? Un uomo sulla quarantina si era avvicinato al tavolo. Il suo inchino e le sue parole erano particolarmente reverenziali. - - - Ryo-San, le presento un mio caro amico, Mr. Marco, un famoso architetto italiano, che ci ha fatto l’onore di accettare una notte nel nostro club esclusivo. Mi raccomando, voglio il meglio per lui! Cominciamo con uno spettacolo classico, poi passiamo ad uno estremamente moderno, non più di una mezz’ora ognuno, e poi… vedremo, lasciamo gli sviluppi al proprio destino. Li Ban-Sama, può fidarsi di me, sarà tutto perfetto! Per favore faccia servire del Dom Perignon millesimato, del caviale beluga, sushi & sashimi, e ci dedichi una delle migliori che si prenda cura di noi. Mr. Marco, benvenuto e buona serata, è un onore averla qui. L’inchimo fu il più reverenziale che Marco avesse mai visto dal suo arrivo a Tokyo. - - Li Ban, come mai tutta questa attenzione? Semplicemente perché il club mi appartiene, ma non si faccia ingannare dalle apparenze, tutti i nostri soci sono trattati in maniera estremamente professionale. Questo è il 121 e non siamo sulle guide turistiche, per esser socio devi essere una persona estremamente altolocata culturalmente ed economicamente. Accidenti! Non la facevo un’imprenditrice… Passione Marco, diciamo solo passione pura, niente di solamente economico… non si può fare qualsiasi cosa solo con soldi! Marco piano piano cominciava a perdere la testa, anche se non poteva ancora rendersene conto, sicuramente ne 135 rifiutava l’idea. Tutto questo era inaspettato e pazzesco. Da quando la sua prima fase di vita si era conclusa, era la prima volta che si sentiva fatalmente attratto da una donna. Non solo fisicamente, questo era scontato data l’estrema bellezza e la sensualità di Li Ban, ma anche mentalmente, visceralmente, con un coinvolgimento totale ed imbarazzante che lui cercava inutilmente di respingere. Presto avrebbe capito la portata del suo coinvolgimento, molto presto. Il primo spettacolo, quello classico, iniziò di lì a poco. Questa volta c’erano veramente le geishe, Marco chiese conferma a Li Ban. Lei annui sorridendo. Musiche calme, melodiche ma anche stridule, archi, campanelli e piattini di bronzo, una musica che se non la conosci non riesci ad apprezzarla, cosi lontana dal concetto di melodia occidentale. Però il tutto era estremamente gradevole, gli attori danzavano elegantemente nei loro abiti. Li Ban gli spiegò che si rappresentava il destino di una ragazza che era nata in un famiglia per bene ed era stata scelta per diventare una geisha, lei non era contenta del suo destino prefissato, ma aveva comunque accettato il volere della famiglia ed aveva studiato tutta la vita per diventare la migliore geisha del Giappone. La morale era che anche se sei costretto a fare una cosa che non vorresti fare, la soluzione è farla al meglio per essere comunque fiero di te stesso. Alla fine della rappresentazione Li Ban, divertita più che mai, spiegò a Marco che gli attori che aveva visto erano rigorosamente tutti uomini, come nella tradizione del teatro giapponese… Marco rimase di stucco… non se ne era accorto minimamente! Si rese conto di essere lontano migliaia di anni luce. Lo champagne aveva fatto il suo effetto, Marco si sentiva completamente disinibito. 136 Lo spettacolo “estremamente moderno”, come l’aveva definito Li Ban, era un happening di danza moderna tirata all’estremo, scenografia completamente bianca e corpi di ambo i sessi fasciati di bianco che si intrecciavano e volteggiavano in performance di una difficoltà estrema, danzando su basi musicali ritmiche sia strumentali che digitali tirate all’estremo. Sullo sfondo venivano proiettati fasci di colori e di immagini in rapida successione. Uno spettacolo veramente esaltante. - - - - - Complimenti Li Ban, tutto altamente affascinante, non avevo chiaramente mai assistito a delle performance cosi diverse dai nostri canoni occidentali Mi fa piacere che stia apprezzando Marco, spettacoli di questo livello sono assolutamente rari da vedere anche nei migliori teatri di Tokyo. Li Ban, voglio essere onesto con lei. Non so esattamente perché, o forse lo so, ma mi aspettavo oltre questo qualcosa di più particolare. Voi giapponesi siete famosi per la vostra filosofia fetish. Mi aspettavo che me lo chiedesse, crede di sentirsi pronto per affrontare l’argomento? Non saprei esattamente, questa notte mi sento pronto a tutto, sarà lo champagne e la sua sensuale presenza, ma sono disposto a tutto. Disposto a tutto è un’affermazione pericolosa Marco, solo se lei insiste ed è “veramente” disposto a tutto Per te sarei disposto a tutto Li Ban, solo per te! Li Ban rimase in silenzio per alcuni secondi che a Marco sembrarono un’eternità. Marco era completamente risucchiato dalla situazione e l’adrenalina lo stava bruciando. - OK Marco… mi segua! Li Ban si avviò verso l’entrata dalla sala, oltrepassò l’ingresso e svoltò a destra imboccando un corridoio 137 soffusamente illuminato lungo una decina di metri. Alla fine del corridoio una porta d’ascensore in acciaio satinato, Li Ban schiacciò il pulsante e le porte si aprirono. L’ascensore non era molto grande ed era rivestito di tessuto rosso bordeaux e la luce era ancora più soffusa. Le porte si chiusero e cominciarono a scendere. Marco si avvicinò a Li Ban per annusare il suo profumo. Lei si sporse in avanti con il capo sussurrando: - Da qui non si torna più indietro… voglio proprio vedere la tua resistenza e scoprire i tuoi limiti. Sono pazzo di te, sono disposto a tutto per averti, fai di me quello che vuoi, senza limiti. Io non conosco limiti. Marco tentò di baciarla ma lei si ritrasse. - Non avere fretta Marco, devi avere pazienza, molta pazienza. Non mi fare impazzire però. È proprio quello che voglio. Uscirono dall’ascensore ed entrarono in una piccola saletta con due poltroncine blu e un tavolinetto basso di acciaio, sul tavolo c’era una piccola brocca di vetro e due coppette di acciaio. Si accomodarono sulle due poltroncine. Li Ban riempi una delle coppette e la porse a Marco: - Bevi, questo è un miscuglio di alcool e veleno di serpente, un’antica specialità giapponese che dona forza e durata all’uomo, ti darà la forza per affrontare le prossime ore. Marco rimase un attimo in bilico se accettare o no… la mente spaziava veloce fra le varie possibilità che potevano presentarsi… aveva paura ma la follia che si stava impadronendo della sua mente lo spingeva ad andare avanti. Voleva quella donna più di ogni altra cosa al 138 mondo, non c’era limite che potesse tenerlo oramai. Buttò giù d’un sorso il contenuto della coppetta… il sapore era terribilmente amaro e l’alcool puro gli tagliò la gola come una lama affilata. Li Ban lo fissava senza parlare, il suo sguardo era cosi penetrante che Marco si senti perforare le pupille, un fuoco tremendo risaliva dallo stomaco infuocandogli il petto, la gola, il collo, le orecchie. Il cuore sembrava scoppiargli nel petto. All’improvviso non vide più nulla, aveva perso conoscenza abbandonandosi sul divano. Li Ban restò a fissarlo per qualche istante, assaporando la vittoria, con un lieve sorriso stampato sulle labbra. Schiacciò un piccolo pulsante al lato del tavolo di acciaio e prontamente due inservienti vestiti si nero entrarono nella saletta. Li Ban non alzò neanche lo sguardo e disse in maniera secca: - Preparatelo! Lo voglio pronto in trenta minuti. 139 Å DICIANNOVE Marco suonò al citofono dell’appartamento di Franca. Nessuna risposta. Suonò ancora. Ancora nessuna risposta. Frugò nella borsa in cerca delle chiavi, sperava di averle portate con se durante la trasferta. Invece no. Si diresse nella parte posteriore del fabbricato da dove si potevano vedere le due finestre dell’appartamento. Le luci erano spente. Scese la rampa del garage per controllare se la vettura fosse li. Non c’era. Cosa poteva esserle capitato, forse un contrattempo? OK ma Franca avrebbe potuto telefonare, fare un sms, insomma qualsiasi cosa per tranquillizzarlo. Decise di andare al Manhattan. Il traffico era tanto e il taxi ci mise 40 minuti. Quando entrò nella hall del Manhattan, la receptionist lo salutò caldamente ma con aria sorpresa: - - - 140 Sig. Rambaldi! Cosi ci fa qui? Ha dimenticato di prenotare? Lo sa bene che siamo sempre pieni. Buonasera Gabriella, mi scusi, sono rientrato a Roma da Houston ma non pensavo di fermarmi. Posso farle una domanda riservata? Ha notizie di Franca? Non riesco a trovarla. Sarebbe dovuta rientrare a Roma stamattina dal master di Parigi, ma da quando sono arrivato e ho riacceso il BB, il suo telefonino risulta spento, a casa sua non c’è, la sua macchina non è in garage… pensavo fosse qui. No, qui non è venuta, aveva qualche giorno di ferie dopo il master, credo tre o quattro, non aveva nessun motivo per passare di qui oggi. Mah, forse avrà avuto un contrattempo durante il viaggio di ritorno, anche se mi sembra strano che non abbia avuto modo di avvertire. Senta, potrebbe fare un qualche miracolo e trovarmi una stanza libera per un paio di giorni? La prego… - Mi lasci vedere cosa posso fare, si accomodi pure nell’area divani, la chiamo appena riesco ad avere uno slot libero. Marco raggiunse uno dei divani e si lasciò andare, accusava la stanchezza del jetlag e poi era veramente preoccupato per Franca. Si erano fatte le 23 quando Gabriella riuscì a trovargli una stanza libera grazie ad un cliente che non era arrivato. Marco aveva provato a chiamare ancora Franca almeno una decina di volte. Niente. Cadde addormentato vestito sul letto per la grande stanchezza. La mattina seguente Marco fu svegliato dai raggi del sole che invadevano la camera, si levò a fatica, riprese conoscenza e provò ancora a chiamare Franca. Niente. Barba, doccia, vestiti freschi, scese nella hall e Gabriella era ancora li, il suo turno di notte stava per terminare. - - Sig. Rambaldi, ha avuto notizie di Franca? Niente, il telefonino è sempre spento, vado a fare ancora un giro a casa sua per controllare se sia arrivata durante la notte… speriamo non le sia successo nulla. La prego mi faccia sapere, questo è il numero del mio cellulare. Ci conti, grazie per la camera e a presto. Marco tornò a casa di Franca, ripeté tutta la trafila della sera prima. Non c’era traccia né di Franca né del suo passaggio. Cominciava ad essere seriamente preoccupato. Gli venne in mente una prova per verificare se Franca fosse arrivata a Roma: gli aveva detto di aver preso una Golf alla Hertz di Marsiglia. Si recò direttamente nel punto Hertz del quartiere, non lontano dalla casa di Franca, dove si supponeva che lei avrebbe restituito la vettura. L’impiegata lo riconobbe, aveva restituito proprio lì diverse 141 volte le macchine noleggiate in aeroporto. Marco le disse di Franca, l’impiegata non lo fece neanche terminare: - - Certo Sig. Rambaldi, la signora Franca ha riportato una Golf presa in Francia proprio ieri mattina prima di pranzo, c’ero io di turno quindi sono sicurissima. Ah si? Beh, almeno è rientrata a Roma… OK la ringrazio per la sua cortesia, a presto. Cosa rimaneva da fare? Era arrivata, aveva restituito la macchina, e poi era sparita. L’unica cosa da fare era andare dai Carabinieri, ed è quello che fece. Si sentì rispondere molte cose, che non era un parente, che era passato troppo poco tempo dalla presunta scomparsa, che magari la donna si era recata urgentemente da qualche parte. Prima di tutto bisognava attendere almeno l’indomani, nel frattempo Marco poteva cercare di rintracciare dei parenti della donna. Marco si rese conto all’improvviso di non sapere nulla di Franca: niente di più che del fatto che era nata in un paese della Calabria… non si ricordava neanche il nome del paese. Se ne tornò in hotel per fare mente locale e pensare con tutta calma ad una possibile soluzione per mettere in moto le ricerche ufficiali. La giornata passò invano, la notte pure, telefonino spento, nessuna notizia di Franca. La mattina seguente tornò al commissariato e riuscì a parlare con un commissario che si occupava proprio di persone scomparse. - 142 Signor Rambaldi, ci vorrebbe una denuncia di un parente, dopo 48 ore in genere cominciamo le ricerche. Comunque ho capito benissimo la situazione, entro stasera faccio partire una ricerca d’ufficio, vediamo cosa riusciamo a scoprire. Senz’altro cominceremo dalla Hertz per accertarci esattamente a che ora la signora ha restituito la vettura, poi passeremo - all’abitazione chiedendo ai vicini e ai negozi intorno, per verificare se qualcuno l’ha vista fra ieri ed oggi, controlleremo la porta di casa se dall’esterno ci fossero dei segni di infrazione, etc. Ho delle foto di Franca nel mio BB, se ha un cavetto USB le può scaricare nel suo computer. Certamente, lo facciamo subito. Le posso dire fin d’ora che dopo un primo giro di accertamenti, se non abbiamo riscontri, possiamo chiedere al magistrato l’autorizzazione ad entrare nell’appartamento. Intanto lei resti qui a Roma e si tenga a disposizione, la terrò al corrente degli sviluppi. Marco era distrutto, intanto aveva chiamato in società ed avvisato che avrebbe preso una settimana di ferie. Dopo una giornata in hotel a rimuginare come un cane bastonato, decise di fare anche lui qualche indagine intorno a casa di Franca. Sapeva dove lei era abituata a fare la spesa, quale era il suo parrucchiere, e anche l’estetista. Mentre usciva per prendere un taxi e recarsi sul posto, il commissario lo chiamò sul BB: - - Signor Rambaldi, abbiamo accertato che la signora è tornata la mattina secondo il suo programma e come lei sa ha restituito la vettura alla Hertz. Poi sappiamo per certo che è andata a casa, una vicina ci conferma di averla incrociata verso le 13 nella hall del palazzo e di averci scambiato un paio di parole. Poi la signora è andata dal parrucchiere e dall’estetista, anche questi passaggi confermati, ed infine a fare la spesa al supermercato. Dal supermercato in poi, erano circa le 16, si sono perse le tracce. Pensiamo sia rientrata in casa, ma la macchina non è nel parcheggio. Ho chiesto alla centrale operativa di rintracciare il segnale del cellulare, e al magistrato l’autorizzazione per entrare in casa. Grazie commissario, per favore mi faccia sapere a che 143 - ora entrate in casa, vorrei essere lì con lei, potrei essere utile conoscendo bene l’appartamento. Veramente non si potrebbe ma lei si faccia trovare domattina alle 11:30 sotto al palazzo, vedremo di gestire la cosa. Alle 11:15 Marco era davanti al portone, il commissario con due agenti e un fabbro arrivarono di lì a pochi minuti. - Signor Rambaldi, ho ottenuto dal magistrato autorizzazione verbale a che lei sia presente all’apertura della porta e alla perlustrazione in quanto è l’unica persona che conosce la signora da tempo e che saltuariamente viveva con lei. Ad un patto però. Non faccia nulla, non tocchi nulla, non dica nulla se non interrogato da me. Il fabbro non ci mise più di 15 minuti liberare la serratura della porta, anche se era di quelle blindate e ben sigillate. Si allontanò dalla porta e il commissario dette l’OK con un cenno del capo ad uno degli agenti che spinse l’anta con un piede tenendo la pistola spianata davanti a se. In quel preciso istante Marco capi che tutto era finito, il mondo crollava e anche lui insieme al mondo, risucchiati in un buco nero senza fine. Una zaffata potente di puzza di morte aveva investito il ballatoio. Marco svenne e andò giù come un sacco. NOTA DELL’AUTORE Questo segna la fine della prima fase della vita di Marco. I sei mesi seguenti furono un inferno per lui. Fortunatamente la morte di Franca fu stabilita fra le 17 e le 19, quando l’aereo che lo riportava da Houston atterrava a Fiumicino, quindi il suo coinvolgimento personale fu totalmente escluso. Franca l’avevano trovata riversa sul divano con un foro sul collo da arma da taglio, piuttosto un punteruolo, l’autopsia accertò che era arrivato fino al cervello. 144 La casa non era un granché in disordine, sembrava non mancasse niente, l’assassino o gli assassini avevano fatto un lavoro pulito, da professionisti. Probabilmente erano andati via con la macchina della vittima, che non fu mai ritrovata. Marco fu risucchiato in un vortice di disperazione e depressione, si congedò dal lavoro e si mise in cura da uno psichiatra per mesi, fino a quando, sentendosi fuori dalla fase critica, decise di trovare un nuovo lavoro con la possibilità di dare un taglio al passato ed iniziare una nuova vita da qualche altra parte del mondo. I colloqui con la Arteko andarono bene e la trattativa andò in porto. La società gli affidava la conduzione della nuova branch di Dubai come Direttore Creativo. 145 VENTI Æ Tokyo, una città senza limiti. Marco si risvegliò in un letto, aprì gli occhi e vide che intorno a lui tutto era bianco. Era confuso, non riusciva ad inquadrare bene tempo e luogo, non ricordava nulla. Si guardò intorno ruotando la testa, forse era in ospedale, sembrava proprio un ospedale. Aveva una flebo infilata nel dorso della mano sinistra, se ne rese conto perché l’ago pungeva. Tentò di sollevare la testa ma non ci riuscì, era pesantissima. In quel momento comparve un’infermiera, il volto schermato dietro la mascherina, che accarezzandolo sulla fronte gli disse: - Sir, non si muova, è una bella cosa vedere che si è svegliato, adesso chiamo il dottore, stia giù, non c’è niente da preoccuparsi. Il volto dell’infermiera svanì. Marco non riusciva a prendere contatto con la realtà; cercava di ricordare cosa fosse successo, perché si trovasse lì, ma nessun ricordo sembrava affiorare dalla mente confusa. Dopo un paio di minuti nella penombra della stanza si materializzò la figura di un uomo in camice. - 146 Mr. Rambaldi, finalmente si è svegliato, ottimo. Come si sente? Provi a parlare se se la sente… OK, no non è importante per il momento, stia solo tranquillo, più tardi i miei colleghi verranno a constatare le sue condizioni e proveranno a scambiare due chiacchiere. Tutti attendiamo con ansia di rivederla in piena forma il più presto possibile. Avvertirò personalmente il suo amico e collega Mr. Paul, vedrà che prestissimo arriverà a trovarla! Marco chiuse gli occhi e sprofondò di nuovo in una nebbia pesante. - Mr. Rambaldi può sentirmi? Apra gli occhi Una nuova voce arrivava da lontano. Aprì gli occhi a fatica e vide ancora un uomo con la mascherina. - - Può sentire la mia voce? Coraggio Mr. Rambaldi è di nuovo tra noi! Riesce a dire qualcosa? Provi lentamente, senza fretta Dove sono? Cosa mi è successo? Bisbigliò Marco a fatica… - - - - Siamo in ospedale. Dieci giorni fa lei è stato trovato per strada in stato confusionale, era ferito e senza vestiti, è stato soccorso e trasportato al pronto soccorso dove le hanno riscontrato ferite multiple su tutto il corpo, probabilmente è stato vittima di un’aggressione. E’ rimasto in uno stato di semi coscienza per tutto questo tempo. Non è possibile… Stia tranquillo, le sue condizioni sono ancora precarie, ha riportato un importante trauma cranico e il versamento di sangue le ha creato una compressione endocranica. È stato operato e credo si riprenderà. Occorre tempo e una buona dose di pazienza. Al momento devo metterla a conoscenza del fatto che la funzionalità degli arti inferiori risulta parzialmente compromessa, ma confidiamo in un completo recupero. Paul? Fra poco sarà qui… ma non si stanchi più del necessario, solo pochi minuti di colloquio, è ancora troppo debole. Grazie… 147 Marco chiuse di nuovo gli occhi, faceva una fatica enorme a tenerli aperti. Cadde di nuovo in un torpore senza luce. - Mi raccomando non lo faccia stancare. Marco mi senti? Sono Paul, mi senti? Marco riapri di nuovo gli occhi. - - - - - Paul… finalmente… ma cosa diavolo mi è successo? Questo dovresti dirmelo tu, Marco. Cosa diavolo ti è saltato in mente di andartene in giro da solo per Tokyo di notte senza dire nulla? Potevi rimetterci la pelle! Ti hanno trovato nudo in un quartiere malfamato a luci rosse, gettato per strada come un cane e con il corpo completamente coperto di ecchimosi e ferite… ma ti rendi conto? Sei un pazzo! Li Ban… ma io ero con Li Ban… Ma quale Li Ban… i Pung si sono preoccupati quando non sei arrivato all’appuntamento per andare a teatro e mi hanno chiamato. Ho risposto loro che tu eri già uscito, allora sono sceso giù e ho trovato Ken che nell’attesa si era addormentato sul sedile. Era passata più di un’ora… ma tu che fine avevi fatto? Cosa ti è saltato in mente? Ma io… ma è tutto falso! Io sono uscito non Li Ban che è venuta a prendermi con la vettura di Ken per andare a vedere uno spettacolo! Veramente non mi ricordo più cosa sia successo poi… non ricordo, sono stanco… Vaneggi! I Pung non sanno darsi una spiegazione, si sentono in qualche modo responsabili. Li avvertirò più tardi del tuo risveglio. Ma ti rendi conto? Sei salvo per miracolo! Mr. Paul basta cosi, adesso per favore lasci riposare il paziente, domani avrà modo di tornare ancora. Il medico si avvicinò con cortese fermezza. Marco, ancora sotto l’effetto dei sedativi, ripiombò in uno stato di incoscienza. Paul se ne andò nel giardino 148 dell’ospedale a fumare tentando per l’ennesima volta di trovare una qualche plausibile spiegazione. Erano dieci giorni che non pensava ad altro e non riusciva a trovare il bandolo della matassa. Cercò di riordinare ancora una volta le idee. I Pung li avevano invitati per una serata a teatro per assistere ad uno spettacolo classico giapponese. Paul aveva ringraziato ma si era defilato con una scusa; in effetti, non si sentiva troppo bene, troppo sushi, sashimi, troppi sapori, troppi odori. Aveva preferito una serata di riposo. Marco per ovvi motivi non si era potuto negare, i Pung gli avevano cortesemente messo a disposizione l’auto. Ken sarebbe passato a prenderlo dopo cena. Marco, preciso per sua natura come un orologio svizzero, un quarto alle dieci era giù che lo aspettava. Tutto secondo i programmi. Alle 23, o giù di lì, Pung aveva chiamato Paul dicendo che Marco non si era presentato, che lui aveva chiamato Ken scoprendo che era ancora nel parcheggio dell’hotel in attesa, ma che nel frattempo si era addormentato… Insomma, dov’era Marco? E perché mai il suo BB era spento? Paul lo aveva cercato in camera, al bar, dovunque poteva… niente. - Mr. Pung… io non l’ho trovato, mi spiace… Forse Marco non ha incontrato Ken e ha deciso di prendere un taxi per raggiungervi? Vedrà che fra poco sarà da voi! Paul sapeva bene che Marco non è il tipo che crea casini e tutta la faccenda non lo convinceva affatto. - OK, se arriva da noi la contatto immediatamente, lei mi chiami pure a qualsiasi ora. Siamo estremamente preoccupati. 149 L’attesa di tutti risultò vana, Marco non era riapparso né durante la notte né la mattina seguente. Ad una certa ora Paul fu contattato dal direttore dell’hotel, Marco era stato ritrovato per strada nudo in totale stato confusionale ed era stato trasportato in ospedale. A Paul crollò il mondo addosso… si precipitò in ospedale. Le condizioni di Marco erano molto serie. Tutta la faccenda era una cosa seria, molto seria. I coniugi Pung arrivarono in ospedale nel pomeriggio, apparivano sconvolti per l’accaduto, sembrava non potessero perdonarsi di non aver potuto evitare quanto accaduto. Sul volto di Li Ban apparvero lacrime silenziose nel vedere Marco inerme oltre il vetro. Dopo il delicato intervento per rimuovere l’ematoma endocranico i giorni passarono nell’attesa del suo risveglio. Lentamente Marco cominciò a migliorare e dopo un paio di settimane Paul spingeva dolcemente la sedia a rotelle lungo i viali del giardino dell’ospedale. Sarebbero occorsi mesi per riabilitare l’uso degli arti. - - 150 Ti ripeto…. quella sera sono andato via con Li Ban che è venuta a prendermi in hotel, l’auto ci ha condotto in un club privato per assistere ad uno spettacolo. La vettura era la solita e l’autista era Ken… almeno credo… Ricordo che abbiamo bevuto e a un tratto Li Ban mi invitato in un privè. Credo che fosse nel piano sottostante, ma da quell’attimo i miei ricordi svaniscono nel nulla. Non essere ridicolo! Tutta questa storia è nella tua fantasia, non è accaduto niente di tutto questo! I Pung ti aspettavano a teatro e tu non sei andato, anche se non si riesce a capire perché… Forse perché ti sei - - avventurato da solo, di notte, per Tokyo? Non hai pensato che poteva essere pericoloso? Chissà in quale situazione ti sei cacciato e ora non hai il coraggio di ammetterlo. Che devo pensare? Che eri talmente fatto che non ti ricordi niente… Non capisco però perché tu debba insistere con la storia di Li Ban! Ti dico che è andata come dico, perché non vuoi credermi? Ma perché non è plausibile cavolo! Ma ti rendi conto che stai accusando la moglie di Pung di averti ridotto così? Hai perso la testa? Avrebbero già potuto rispedirci a casa con un bel calcio nel culo… porca miseria! Proprio non me l’aspettavo da te, cacciarti in un guaio simile. Oltretutto hai creato un danno enorme al progetto e alla Arteko, il presidente mi ha chiamato, è dispiaciuto per quello che ti è accaduto, ma è furioso per la situazione assurda che si è creata. Sicuramente perderemo il contratto e anche la reputazione. Ma io sono una vittima! Vuoi capirlo o no che è tutta colpa di quella puttana? I giorni passarono con il solito scenario fatto di sogno e realtà, di eventi forse accaduti e negati, di percezioni divenute forse concrete emozioni, di crude e contrastanti realtà. Ma dove iniziavano e da cosa scaturivano le solitarie fantasie di Marco… Marco non poteva pensare ad altro e nel vortice dei suoi pensieri e dei ricordi, che a sprazzi si affacciavano alla mente, cominciava a temere di impazzire. Perchè Li Ban gli aveva fatto tutto questo? Perché lo aveva distrutto cosi violentemente nel corpo e nell’anima? Forse era pazza, era una pazza malata che con il suo fascino fatale adescava le prede per appagare le sue follie criminali. E il marito? Che cosa era successo veramente quella notte? Domande, martellanti domande… certo solo la misteriosa e sfuggente Li Ban avrebbe potuto fornire risposte. 151 Con il passare dei giorni, Marco sprofondò lentamente in una depressione profonda, il costante uso di sedativi lo rendeva sempre più introverso e taciturno. Paul lo accompagnava spesso in giardino e gli parlava della loro vita comune, lo stimolava nel tentativo di riportarlo alla realtà. Lo confortava con la sua amicizia e lo teneva legato a sé per permettergli di risalire la china. Niente, nessuna emozione. Solo parole confuse che riportavano sempre a lei, a Li Ban… perché gli aveva fatto tutto questo, perché. In un pomeriggio assolato, uno come tanti già trascorsi, Marco era in giardino sulla sedia a rotelle, lo sguardo perso nel vuoto e Paul al suo fianco, seduto sulla solita panchina. Una Lexus LX570 nera imboccò il viale dell’ospedale e si fermò nel parcheggio di fronte ai giardini. Ken, ancora lui, scese dall’auto e con il consueto gesto, aprì lo sportello posteriore. Dopo un interminabile attimo due gambe di donna apparvero sotto la linea della portiera, pantaloni bianchi slim fit e mocassini viola chiaro. Ed eccola apparire in tutto il suo splendore, camicetta a maniche lunghe dello stesso colore dei mocassini, un filo di perle bianche al collo, i capelli neri e lisci, liberi sulle spalle, il rossetto rosso carminio che metteva in risalto le sue labbra fatali. Occhiali da sole scuri. Marco la intravedeva camminare lentamente verso di lui, pensava stesse sognando, ma lei si avvicinava sempre di più e in attimo gli fu davanti. Si sfilò gli occhiali da sole e lo guardò con i suoi occhi penetranti. Sorrideva lievissima. - 152 Marco come sta? Non la disturbo, spero. Mi creda, ho pensato a lei in ogni istante! Che terribili giorni. Mi sento responsabile di quanto accaduto… se io e mio marito non l’avessimo invitata a teatro quella sera, forse non sarebbe accaduto nulla. Ho saputo che non è stato in grado di ricostruirne la dinamica. Purtroppo andarsene in giro da soli di notte in una metropoli come Tokyo può riservare dei pericoli veri. E’ una città bella e misteriosa e nella notte tutto può accadere all’improvviso. In fondo come in ogni altra grande città del mondo. Mi creda, io e mio marito le siamo profondamente vicini. Speriamo di cuore nella sua rapida e totale guarigione. Marco aveva ascoltato le parole di Li Ban come in sogno, non se ne faceva capace… avrebbe voluto saltarle addosso e strangolarla con le sue mani quella puttana criminale… ma non ne aveva la forza… non riuscì neanche a gridarle tutto il suo disprezzo per quello che era stata capace di fare… si sentiva perso. La sua parola contro quella di tutti, la sua storia tanto assurda, ma tragicamente vera, alla quale nessuno sembrava credere. Restò in silenzio e chiuse gli occhi per non vederla più. - Marco, mi dispiace ma devo andare, tornerò presto a trovarla di nuovo. Si piegò verso Marco sfiorandone la guancia e gli sussurrò nell’orecchio: - A proposito… lo sa che la barba le dona? Si levò e fissando lo sguardo di Paul nell’atto di andare: - A presto Paul, non lo faccia stancare! fine 153 154 autore Alex Triglias (Alessio D’Ascenzo) Nasco in Italia a L’Aquila il 8 giugno 1959, cresco, studio e lavoro a L’Aquila fino al 1990. Vivo e lavoro all’estero dai primi anni ’90 e, oltre la mia vita professionale, ne coltivo una parallela fatta di pittura, scultura e scrittura. pubblicazioni POESIE cinquanta emozioni la vita è uno stato mentale ROMANZO ARCHETIPO romanzo di folli passioni di vita e di morte Libri pubblicati e disponibili su: www.ilmiolibro.it & Librerie Feltrinelli 155