CORRIERE EVENTI SCALA 2001-2002 Le curiosità Il librettista Jago, per Boito giovane e bello Il librettista Arrigo Boito dava precise disposizioni sceniche per l’opera. Nel caso di «Otello», queste furono le sue disposizioni: «Il più grossolano errore, l’errore più volgare nel quale possa incorrere un artista che s’attenta di interpretare codesto personaggio è di rappresentarlo come una specie di uomo-démone! E’ di mettergli in faccia il ghigno mefistofelico, è di fargli fare gli occhiacci satanici. Codesto artista mostrerebbe di non aver capito Shakespeare, né l’opera intorno alla quale ci intratteniamo. Ogni parola di Jago è da uomo, da uomo scellerato, ma da uomo. Deve essere giovane e bello, Shakespeare gli dà 28 anni (...) dev’essere bello e apparire gioviale e schietto e quasi bonario (...). Se in lui non ci fosse un grande fascino di piacevolezza nella persona e d’apparente onestà, non potrebbe diventare nell’inganno così potente come è». IL DIBATTITO 6 36 ore dura la tragica vicenda dell’opera: da quando Otello sbarca vittorioso a Cipro, viene ingannato da Jago, fino al momento in cui soffoca l’amata Desdemona 3 i melodrammi di Verdi tratti da opere di Shakespeare: oltre all’«Otello», il «Macbeth» (1847) e il «Falstaff» (1893). Non fu mai realizzato, invece, il progetto del «Re Lear» 16 anni trascorsi dall’«Aida» (1871) all’«Otello» (1887). Tra le due opere, il rifacimento di due capolavori: il «Simon Boccanegra» (1857-1881) e il «Don Carlo» (1867-1884) XV il secolo in cui si svolge la tragedia del Moro di Venezia. I fatti accadono in una città fortificata, prospiciente il mare, nell’isola di Cipro RITRATTI UNO PSICOTERAPEUTA E DUE LETTERATI ANALIZZANO LA PERSONALITA’ DEI PROTAGONISTI Eros negato e fantasmi dell’inconscio per gli eroi di un’opera in nero Giuseppina Manin Cena di Gala A tavola con Desdemona Anche una tovaglia contribuirà a celebrare il ritorno di «Otello» alla Scala. Si tratta di un’accurata riproduzione di quella realizzata oltre un secolo fa dalla casa milanese di filati «Frette», per rendere omaggio alla prima mondiale di «Otello» avvenuta il 5 febbraio 1887 sempre alla Scala. In quell’occasione, Frette creava «Desdemona», tovaglia in lino finissimo liberamente ispirata al celeberrimo fazzoletto protagonista della vicenda scespiriana. Lo stesso modello, in bisso di lino con inserti di pizzo al centro e ai bordi, ricoprirà i tavoli del dopo Scala il 7 dicembre alla Società del Giardino. Il libro Ezio Frigerio scenografo Quarant’anni di lavoro alla Scala e al Piccolo Teatro, concentrati nel libro «Ezio Frigerio scenografo a Milano», a cura di Vittoria Crespi Morbio (in uscita a marzo, ed. La Scala). Oltre al racconto diretto del protagonista parlano di lui amici e collaboratori: gli scrittori Giuseppe Pontiggia e Sergio Ferrero, i registi Nuria Espert e Giorgio Strehler. Infine Franca Squarciapino, che ha diviso con Ezio la vita e il lavoro. Internet La Scala entra nell’eCommerce Basta un ordine via Internet per ricevere i prodotti (libri, locandine, poster, ecc.) della Scala. L’indirizzo: www.lascalabookstore.com. Gli ordini vengono ricevuti dalla società che gestisce la vendita di merchandise del Teatro (La Scala Bookstore) e trasmessi alla «6log», ditta specializzata nell’eCommerce, che gestisce il magazzino e le consegne. IN PRIMO PIANO I tre protagonisti dell’«Otello» che inaugura la stagione della Scala: Placido Domingo (Otello), Barbara Frittoli (Desdemona), Leo Nucci (Jago) tello, l’opera in nero. Il nero della pelle del Moro (che magari era solo ambrata, ma sufficiente per bollarlo come tale), il nero dell’anima di Jago, il nero di un intreccio morboso di passioni, invidie, gelosie, capaci di perdere, pur se in modi diversi, i suoi tre protagonisti, inestricabilmente uniti in un fatale viluppo. Otello, Desdemona, Jago, un nero e due bianchi, triangolo di amore e morte, ma anche triangolo analitico costellato da simboli e archetipi. «Qui non si tratta di un dramma della gelosia ma di un delirio di gelosia - conferma Mauro Mancia, psicoterapeuta, membro didattico della Società Psicoanalitica Italiana -. E il geloso non è Otello ma Jago. Ne teme la diversità, la sessualità "nera", immaginata come iperfallica e bestiale. La odia ma insieme la invidia. Una ferita narcisistica a cui se ne aggiunge un’altra, forse anche più profonda: l’avergli il Moro preferito un altro, Cassio, più bello, più elegante, più colto, più seduttore di lui. Cassio come Otello, sospettato da Jago di aver avuto rapporti erotici con la moglie Emilia». O Ed è proprio questo «eros negato» che Alessandro Serpieri, docente di Letteratura Inglese all’Università di Firenze, ha messo al centro di un suo saggio «Otello, l’eros negato» (ed. Il Formichiere, 1978). «Jago è la chiave di tutto - spiega il professore -. Nel libretto dell’opera Boito ne ha fatto un personaggio mefistofelico, un’incarnazione del male. Coleridge, da parte sua, lo riteneva un cattivo senza perché. Shakespeare invece di perché a Jago ne fornisce più di uno: la mancata promozione, le supposte insidie alla moglie, la non troppo celata attrazione per Desdemona. Tutte vere e tutte parziali. Al contrario del candido Otello, il cuore di tenebra del bianco Jago è abitato da fantasmi intollerabili, lui è il personaggio più lussurioso mai uscito dalla penna del Bardo. Una lussuria nascosta e censurata, una libidine negata e riversata sugli altri». Insomma, se si vuol capire Jago, bisogna frugare tra le sue fantasie erotiche. Che nella vita reprime ma sfoga appena può, verbalmente. Così, per attizzare Brabanzio, il padre di Desdemona, gli racconta in dettaglio di amplessi proibiti: «Il vecchio caprone nero sta montando la vostra agnella bianca», «Farete coprire vostra figlia da uno stallone di Barberia?», «Vostra figlia in questo momento sta giocando col Moro alla bestia con due schiene». Immagini scioccanti per un padre, tanto più in un’epoca dove la donna o era angelo o puttana. E la seconda ipotesi è quella che Jago lascia intravvedere, la perdizione dell’innocente, travolta dal turbine di un sesso incontrollato e bestiale. «Per Brabanzio una trasformazione inaccettabile, spiegabile solo con l’intervento di forze occulte - ribadisce Serpieri -. Così Otello viene accusato di magia nera, di usare filtri e droghe. Accuse a cui lui ribatte, davanti al Doge, svelando le armi usate per sedurre Desdemona: il racconto delle sue gesta, delle sue sofferenze, delle sue fantastiche avventure di terra e di mare. Una lunga fiaba epica e meravigliosa. Questa è tutta la magia che io ho usato, la magia più alta, quella della Parola, conclude il Moro». Non di sesso dunque si trattava. Ma allora, tutti quei dettagli proibiti, quelle descrizioni scabrose di Jago? «Pure fole, frutto della torbida fantasia dell’alfiere. Trecento anni prima di Freud Shakespeare aveva già intuito tutto assicura Mancia -. In realtà, Otello e Desdemona non hanno mai fatto l’amore. Non prima delle nozze, come assicura lui stesso al Doge, non la prima notte a Cipro, quando le nozze dovrebbero essere consumate ma vengono interrotte da una violenta baruffa in guarnigione. E poiché l’azione dura in tutto lo spazio di 36 ore, "il letto di nozze" che Desdemona chiede a Emilia di prepararle la sera dopo diventa, prima che talamo, il suo catafalco». Desdemona quindi morrebbe vergine? «Proprio così - conferma lo psicoanalista -. E la conferma viene proprio dal celebre fazzoletto. Se lo leggiamo col codice dei sogni, non sarebbe difficile identificare quell’oggetto prezioso, da custodire con la massima cura dalla donna, come simbolo dell’imene. Ma il fazzoletto si perde, e il tanto atteso dono della purezza sfuma con esso». Ma i fantasmi dell’inconscio non basta- no a esplorare i mille segreti di «Otello». «Uno degli aspetti più interessanti del Moro ai nostri occhi di oggi è quello politico - commenta Sergio Perosa, docente di Letteratura anglo-americana all’Università di Venezia -. Otello è uno straniero acculturato. Uno che viene da fuori, diverso in tutto, fin dal colore della pelle, che però ha voluto e saputo accogliere in pieno la "civiltà superiore". Musulmano si è fatto cristiano, combatte gli Ottomani, diventa un eroe della Serenissima, sposa la figlia del potente, uno dei migliori partiti della potentissima Venezia. Troppo per un extracomunitario. Davanti a questo trionfo di un "nero" vincente, a Jago non resta che il ruolo del "povero bianco" pieno di risentimento verso un essere "inferiore" che l’ha scavalcato in tutto». Eppure... Jago intuisce che, dietro l’Otello trionfale, si nasconde un altro, fragile, insicuro, profondamente legato ad altre radici, barbare e violente. Ed è lì che lui fa leva. Piccoli colpi ben Mauro Mancia: «Jago teme Otello per la diversità, la sessualità "di colore" immaginata come iperfallica e bestiale». Alessandro Serpieri: «E’ un personaggio mefistofelico con il gusto di scioccare». Sergio Perosa: «Il Moro, uno straniero acculturato e integrato eppure pieno di insicurezze» «C assestati, ed ecco che la fortezza-Otello s’incrina, crolla miseramente. «Le insicurezze dello straniero, del nero, riaffiorano: Otello dubita di sé. S’interroga del dubbio che legge negli occhi degli altri: com’è possibile che lei così bella, giovane e bianca abbia scelto proprio me? Un dubbio che gli mangia l’anima, che lo fa regredire rapidamente alla sua condizione originaria. Nel suo animo semplice tornano a galla superstizioni, credenze tribali, pulsioni sanguinarie». Una regressione emotiva che coinvolge anche Desdemona. «La donna volitiva, decisa, anticonformista pronta a sfidare le convenzioni, a mettersi contro famiglia e società, non riesce a fronteggiare la crisi del suo sposo. Spaesata e confusa, il lato oscuro del "diverso" la spaventa, la fa tornar bambina. Come Ofelia canta la Canzone del salice, e quindi si fa strozzare senza proteste. Quasi a voler scontare una ribellione troppo grande per lei». E Jago? «Un piccolo uomo senza gran- La Rame: Desdemona? Meglio Emilia he barba quella noiosa di Desdemona — sbuffa Franca Rame —. Una piccola botta di trasgressione, tanto per farla vedere al papà, e subito torna a far la bambina, a bamboleggiare. E’ una che crede alle favole, si è fatta incantare dall’eroe. Tanto che forse non si è neanche accorta che lui era nero. Una sciocchina che non mi ha mai messo di buon umore, sarà che quando la interpretavo, ero una ragazza, intorno ai 16 anni, avevo sempre a che fare con degli Otelli tremendi. Quella della mia famiglia era una compagnia di guitti, gli attori ci davano dentro nella parte. Così una volta ho rischiato davvero di venir strangolata. Lui, preso da un impeto realistico, stringeva, stringeva. E io, che ero già cianotica, gli sferrai un calcio nel basso ventre». Desdemona bocciata. Chi salviamo allora? «Non certo il Moro, con le sue ossessioni: uno che ripete 18 volte "dov’è il mio fazzoletto?" Ma che vada al diavolo. Come dice peraltro Emilia. Quella sì che è una donna: tosta, intelligente, coraggiosa. Capace di tener testa a Otello e al marito. Una che dice frasi sagge quali "la colpa è dei mariti se le mogli tradiscono" o anche "sappiano i signori (foto Graziella Vigo) mariti che le mogli hanno sensi come loro". Quando capisce che il suo Jago è il responsabile di tutto, non esita: lo denuncia. Ha senso della giustizia e della dignità. Ma è anche ironica, quando Desdemona fa la mammola proclamando che mai, "per la luce del cielo", potrebbe tradire il marito, lei ribatte che alla luce no, ma al buio le verrebbe benissimo». «Lei rappresenta la cultura di Venezia, che le apparenze siano salve e ciascuno faccia i fatti suoi. Un po’ ipocrita, ma aperta e tollerante, l’unica città a non accettare un tribunale dell’Inquisizione, unica a dar asilo a ebrei e stranieri. Con cui le dame locali certo intrallazzavano, ma senza troppi impegni. Due commedie dell’epoca lo testimoniano: La venexiana di Andreini racconta di una bella signora non più giovane che si sollazza con un ragazzotto milanese assolutamente di passaggio. Ancora più esplicita la situazione de La venesiana, stavolta di Anonimo, dove due ricchi mercanti fanno il patto di unirsi l’uno con la figlia dell’altro in modo che la "roba" non esca di casa». G. Ma. dezze faustiane - lo definisce Perosa -. Ma sono proprio i piccoli uomini come lui, come Hitler, che riescono a distruggere per invidia, per rancore, per miseria privata, gli altri, che creano catastrofi perché incapaci di costruire cose positive». «Jago? Uno di noi, un cattivo come tanti - conferma Mancia -. Alla pari di Otello anche lui gran fabulatore, capace di evocare visivamente gli incubi e le paure del Moro». Alla parola epica, iperbolica, di Otello si contrappone la parola negatrice, di Jago. Che alla fine sceglie di tacere. «Un machiavellico che non sa o non vuol spiegare le sue ragioni, anche perché la vera ragione del male è indicibile», analizza Serpieri. Perché l’hai fatto? La domanda finale che i presenti, inorriditi, stravolti da tanta malvagità, rivolgono a Jago, all’onesto Jago, la stessa domanda del pubblico e di chiunque assista a questa tragedia, rimane ineluttabilmente senza risposta. «Non domandatemi niente: quello che sapete, sapete; d’ora in poi non pronuncerò più parola», sillaba lui. «Una battuta straordinaria, la definitiva barriera del Senso - conclude Serpieri -. Solo un drammaturgo come Shakespeare poteva osare tanto, rischiare di deludere l’aspettativa del pubblico, impaziente di mettersi l’anima in pace condannando il "vilain" con l’etichetta di un preciso peccato. In questo modo invece il pubblico resta coinvolto, non trova un rassicurante capro espiatorio, è condannato all’ambiguità del non detto». Tutto il resto, come dice Shakespeare, è silenzio.