FOTO DI
ELISABETTA ERRANI EMALDI
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LHUNDRUP DHECHEN
(GRANDE BENEDIZIONE)
Soggetto e sceneggiatura di
Elisabetta Errani Emaldi
(S.I.A.E.)
Copyright 2011. All rights reserved
SOTTOTITOLO
L'esperienza di tre amici nell'esplorazione di Kathmandu e
dei suoi incantevoli templi, a contatto con misteriosi
monaci tibetani ed eventi esoterici, nel monastero di Kopan
sulla collina del sole, alla ricerca dell'illuminazione.
Quando il Dharma si trasforma in una spada di diamante
che apre i cuori e vi semina luce.
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Personaggi
1. Elisabetta, italiana, cinquantenne.
2. Serena, dottoressa, cinquantacinquenne, italiana, amica di Elisabetta.
3. Franco, ex giudice in pensione, marito di Serena, settantatreenne.
4. Rosina, madre di Elisabetta, settantaseienne.
5. Alcuni passanti, un conduttore di bus.
6. Alcuni passeggeri, cinque ragazzi, un autista con taxi.
7. Due guardie nepalesi.
8. Gopal, avvocato nepalese, amico di Franco, quarantenne.
9. Autista di taxi. Kumari Devi, la Dea bambina, nepalese.
10. Gruppo dei francesi, descritti nella Scena 16.
11. Un taxi tutto sbaraccato, con autista nepalese.
12. Due guardie nepalesi in divisa militare, un gruppo di monaci.
13. Thubten Khedup, monaco tibetano quarantenne, segretario.
14. Due giovani monaci tibetani, sui venti.
15. Alcuni bambini, donne e uomini nepalesi.
16. Jolanda, quarantenne spagnola, divide la stanza con Elisabetta a Kopan
17. Karen Vslham, monaca svedese, sui quaranta. 176 studenti
18. Neil Houston, monaco, maestro australiano, sui 45 anni.
19. Tre passanti.
20. Un gatto tigrato.
21. Alcune persone sedute sotto un albero.
22. Un monaco, una giovane negra, un giovane con capelli lunghi.
23. Una donna europea, sui quaranta, robusta.
24. Lama Charo, bambino nepalese, di nove anni.
25. Quattro donne, due monaci bambini, quattro uomini.
26. Due monaci.
27. Tutti i monaci del monastero.
28. Una coppia di americani.
29. Lama Lhundrup Rigsel, tibetano sui settanta.
30. Dottoressa Eva, sui trentasei anni, svedese.
31. Monaci bambini.
32. Una ragazza che suona il campanello.
33. Un monaco.
34. Due operai e due donne anziane nepalesi, quattro persone.
35. Una neonata di cinque mesi, un prete, un gruppo di persone.
36. Un uomo e una donna in attesa.
37. Un indiano sui cinquanta, con barba e turbante bianco.
38. Un gruppo di saggi con vesti e lunghe barbe bianche
39. Due donne nepalesi, alcuni bambini, un bufalo.
40. Tre donne e due uomini nepalesi, due bambini, due bufali.
41. Gruppo nepalese di persone di tutte le età.
42. Una monaca sui ventidue anni svedese e tre monaci bambini.
43. Un monaco sui trent’anni, tibetano.
44. Gruppi di monaci in dibattito.
45. Due bambini nepalesi di sette e cinque anni.
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46. Una religiosa mendicante, due uomini e una donna.
47. Alcune persone. Scena 102. Una coppia.
47. Due monaci tibetani
49. Un monaco tibetano.
50. Vecchio monaco tibetano, ottantenne.
51. Un monaco. Una coppia di nepalesi
52. Un taxi con autista nepalese.
53. Alcune donne tibetane con vesti tradizionali.
54. Alcuni uomini nepalesi.
55. Vari autisti di taxi.
56. Una donna italiana sui trent’anni.
57. Un Buddha, un Re, una Regina e cortigiani.
58. Uomini, donne e neonati.
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0. Prima dei titoli
Dissolvenza in apertura (dissolve to fade-in), lo schermo è nero, appare
una dicitura in arancione.
Il Buddha, meditando sul modo di liberare l’umanità dall’oppressione
del dolore, giunse a questa verità: quando l’uomo consegue il suo
fine più alto, dissolvendo nell’universale tutto ciò che è individuale,
si libera dalla servitù del dolore.
Tagore
L’anima del Cristo è la vita dell’universo. La coscienza dell’unità è il
corpo di Cristo, il soffio dell’amore il suo sangue.
Inayatkhan
Dissolvenza in chiusura (dissolve to fade-out).
A intervallo scorrono i titoli su panoramica della stanza da letto, primi
piani degli oggetti nella stanza e di Elisabetta.
1. Mattino. Casa di Elisabetta. Stanza da letto 10 - 08 - 2001.
Stanza ampia di colore bianco, con grande letto in ottone, tenda di raso
di color avorio che cade sulla spalliera del letto, raccolta in cima da
un drappo in batik, fantasia bordeaux e avorio. Sulla tenda di raso è
fissata in posizione centrale un’icona greca con Madonna e
Bambino. Tendaggi al finestrone del balcone, in eguale tessuto
bordeaux avorio. Mobili in smalto bianco, con specchiere celesti.
Enorme sedia di vimini e tavolino smaltati di bianco, in stile
indonesiano, con sopra una grossa Bibbia bordeaux su cui arde una
candela bianca. Elisabetta, media altezza, longilinea, viso rotondo,
occhi e capelli neri a caschetto, sui cinquant’anni, è seduta sulla
sedia indonesiana, indossa un kimono di seta color argento con
ricami cinesi in nero e arancione, ha le mani giunte.
ELISABETTA: - Gloria al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo come era nel
principio, e ora, e sempre, nei secoli dei secoli. Amen... Prego il
Cristo, la Madonna, il Buddha e tutta la gerarchia divina affinché io
possa compiere la mia parte nel Lavoro Unico, con abnegazione,
innocuità e giusta parola. Prego per la pace nel mondo e la felicità
dell’umanità.. Om many padme hum! Om many padme hum! Om
many padme hum! Nammioho- renghe-chio! Nam-mioho-renghechio! Nam-mioho-renghe-chio!
Chiude sul titolo / Main Title:
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Lhundrup Dhechen
(Grande Benedizione)
2. Esterno. Mese di maggio 2001. Arena di Verona al tramonto.
Franco veste un paio di pantaloni e un maglione dello stesso colore blu
scuro, con camicia bianca, è un uomo sui settanta, alto, magro, viso
lungo, capelli bianchi argento. Serena, la moglie, indossa un paio di
pantaloni verde malva con maglione giallo, sui cinquantacinque anni,
media altezza, magra, viso rotondo, occhi celesti e capelli biondi che
le cadono sulle spalle. La coppia sta entrando nell’arena di Verona.
FRANCO: - Serena, hai telefonato a quella tua amica che hai conosciuto a
bordo di una nave sette anni fa?
I raggi del sole al tramonto illuminano l’arena di riflessi colorati.
SERENA: - Si, Elisabetta mi ha detto di ringraziarti per i fogli dell’iscrizione
che le hai spedito.
FRANCO: - (fermandosi ) Allora, si iscriverà al corso di studi e meditazione al
monastero di Kopan per il mese di novembre?
Franco riprende a camminare salendo alcuni scalini nell’arena.
SERENA: - Si, lei era pronta a partire anche l’anno scorso, se non avessimo
dovuto recarci in Cina.
Mentre Franco si siede a guardare il tramonto dietro le mura dell’arena,
Serena lo raggiunge e gli si siede accanto.
SERENA: - Era tutta entusiasta quando le ho detto che, dopo il ritiro nel
monastero, le avremmo fatto visitare Kathmandu e i dintorni.
FRANCO: - (pensieroso) Sono curioso di conoscere questa misteriosa
Elisabetta che scrive sceneggiature sulle sue esperienze
paranormali.
SERENA: - Rimarrai stupito, lei ha sogni premonitori, quindi prima di partire
dovrò informarmi se ha previsto qualche disavventura.
Chiude su primo piano della coppia, mentre Franco con espressione
scettica mette un braccio sulle spalle della moglie e la fissa serio
come se avesse detto un’eresia.
Dissolvenza incrociata (dissolve to fade-over).
3. Interno. 17 maggio 2001 . Mattino, stanza da letto di Elisabetta.
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Elisabetta indossa un kimono nero e rosso, è seduta sulla sedia
indonesiana, ha le mani giunte.
ELISABETTA: - (prega) Om many padme hum! Om many padme hum! Om
many padme hum! Nam-mioho-renghe-chio! Nam-mioho-renghechio! Nam-mioho-renghe-chio!
Si alza e va a sdraiarsi sul letto, mette le mani sul cuore, chiude gli
occhi, si rilassa.
ELISABETTA: - (voce fuori campo) Caro maestro interiore, vuoi dirmi se
troverò mai un produttore per le mie sceneggiature?
All’improvviso Elisabetta ha una visione: Vede centinaia di campi di
grano maturo, che si estendono all’orizzonte e un piccolo spazio di
erba verde brillante, poi appare il Cristo in una lunga veste bianca,
che le sorride, mentre dalle sue mani alzate verso il cielo azzurro
spiccano il volo due colombe bianche.
Elisabetta si siede sul letto sorpresa a riflettere sulla visione, mentre
alcune lacrime di gioia le solcano il volto.
ELISABETTA: - (voce fuori campo off screen) Caro Gesù, ti amo tanto, grazie
di cuore per il tuo prezioso messaggio e per aver affermato:
“Chiedete e otterrete; cercate e troverete; bussate e vi sarà aperto”.
Probabilmente Gesù intende dirmi che sto seminando bene, quindi
avrò un buon raccolto, anche se immagino che dovrò avere pazienza
e pregare molto.
4. Esterno. Cinque giugno 2001. Casa di Elisabetta. Giardino. Ore diciannove.
Elisabetta, che indossa un vestito lungo a fantasia, esce di casa con il
cordless in mano, attraversa il giardino e va a sedersi sotto il
gazebo, dove c’è un tavolino con quattro sgabelli in cemento bianco
di stile neoclassico, un lampione e un grosso pino che innalza i suoi
rami verso il cielo. Il sole è ancora alto, gli uccelli cinguettano nel
silenzio della sera.
ELISABETTA: - (digita un numero) Pronto, Serena.
SERENA: - Ciao Elisabetta, dimmi!
ELISABETTA: - Serena, hai saputo della strage della famiglia reale del Nepal,
il primo giugno, nel palazzo reale di Kathmandu?
SERENA: - Già, io e Franco siamo preoccupati per la rivolta popolare che è in
corso, da quando Birendra, il fratello del re, è andato al potere.
ELISABETTA: - (brontola) Speriamo che questa guerriglia finisca prima di
novembre, altrimenti dovremo rinunciare al nostro viaggio.
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SERENA: - (sospirando) Lo voglio sperare, noi abbiamo degli amici nepalesi,
quindi siamo in ansia anche per loro.
ELISABETTA: - Immagino! Ma senti, dal momento che entro il 15 di giugno
dobbiamo pagare la prenotazione al monastero di Kopan, che cosa
avete deciso di fare?
SERENA: - (decisa) Prenotiamo comunque, sperando che nei prossimi tre
mesi la situazione in Nepal si normalizzi.
ELISABETTA: - D’accordo, ora ti lascio, salutami Franco e digli che non vedo
l’ora di conoscerlo.
SERENA: - Sarà fatto, un abbraccio!
Chiude su primo piano (close up) di Elisabetta, mentre pensierosa posa
il cordless sul tavolo.
5. Esterno. Pomeriggio soleggiato. Quindici ottobre 2001. Casa di Elisabetta.
Giardino.
Un sole autunnale distribuisce i suoi raggi intorno e fra i rami degli
alberi, le foglie colorate cadono danzando lentamente alla spinta di
leggere folate di vento. Ovunque brillano, sotto cascate di luci, le
foglie morte sul tappeto verde nel giardino. Rosina ed Elisabetta
sono in giardino, sedute al tavolo, sotto il gazebo di fronte al
lampione stile neoclassico. Rosina ha settantasei anni, media
altezza, robusta, viso rotondo, occhi scuri, capelli mossi e castani,
indossa un vestito a giacca scuro con una maglietta giallo limone.
L’anziana donna fissa la figlia preoccupata; lei indossa un paio di
pantaloni neri e un maglione rosso.
ROSINA: - Io non ti capisco, dopo l’attentato alle Torri Gemelle avresti
dovuto rinunciare a intraprendere un viaggio così rischioso.
ELISABETTA: - Senti mamma, per il momento la guerriglia maoista in Nepal
si è calmata, poi dopo l’undici settembre i controlli negli aeroporti
sono raddoppiati.
LA MADRE: - (nervosa) Ma insomma, Elisabetta, il mondo intero ha smesso
di viaggiare in aereo, ci sarà poi un motivo!
ELISABETTA: - (sospira) Non c’è ragione di preoccuparsi, io non ho sognato
niente di cui allarmarmi, vedrai che andrà tutto bene.
Rosina riflette pensierosa.
ELISABETTA: - Ti ricordi l’anno scorso prima di partire per l’Australia, per
ben due volte ho sognato che sarei rimasta bloccata all’aeroporto di
Sydney e così è successo, perché Ornella perse il passaporto.
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ROSINA: - Ma si, tanto non mi ascolti.
ELISABETTA: - Senti mamma, si sa che i Lama tibetani hanno poteri di
veggenza.
ROSINA: - (stanca) Allora?
ELISABETTA: - Il sei ottobre ho ricevuto un email dal monastero di Kopan,
in cui i monaci assicuravano che, dopo i gravi attentati all’America,
avevano interpellato il loro Maestro spirituale, Lama Zopa Rimpoche,
a proposito della sicurezza del viaggio in Nepal e lui aveva risposto
di riferirci che tutto sarebbe andato bene.
ROSINA: - (tranquillizzandosi) Speriamo bene!
Chiude su primo piano (close up) delle due donne, mentre Elisabetta
sorride felice.
6. Interno casa di Elisabetta. 18 ottobre 2001. Mattino, stanza da letto.
Elisabetta sta camminando in un campo verde, quando vede il Cristo
che, insieme a un gruppo di persone, le va incontro sorridendo.
Sta dormendo nel suo letto, indossa una camicia da notte arancione, si
sveglia all’improvviso, si siede sul letto pensierosa.
ELISABETTA: - (voce fuori campo off screen) Santo cielo, ora che ci penso, il
24 giugno nel dormiveglia ho visto la Madonna che lavorava nel mio
campo di grano. Il 16 settembre, ho sognato Padre Pio, che mi
fissava serio, poi si metteva la tunica e andava all’altare a pregare. Il
15 ottobre ho sognato due grandi elefanti che procedevano uno
davanti all’altro con grossi carichi, poi la scena è cambiata e ho visto
Padre Pio che raggiungeva ansimando la cima di una montagna. Già,
e l’altra notte, tra il sonno e la veglia, ho visto alcuni monaci tibetani
che volavano via da me ed ho avuto la sensazione che mi abbiano
dettato qualcosa nel sonno.
Elisabetta si alza in piedi pensierosa e va a sedersi sulla sedia
indonesiana.
Chiude su un suo primo piano (close up) mentre sorride felice.
7. Primo Novembre. Interno, esterno stazione di Verona. Pomeriggio
soleggiato.
Nella stazione si ode una voce all’altoparlante che annuncia la partenza
di un treno. Elisabetta, che indossa un paio di pantaloni e maglietta
color ruggine, sciarpa e giacca a vento con cappuccio neri, spinge
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un carrello con una valigia e una borsa fuori dal deposito bagagli,
quando vede Serena con due codini legati da elastici rossi, pantaloni
dello stesso colore, camicetta bianca e gilet sportivo scuro, che le
va incontro.
SERENA: - Ciao, Elisabetta!!
Elisabetta blocca il carrello nel corridoio, mentre le passano davanti
alcune persone con borse da viaggio.
ELISABETTA: - (felice) Ciao Serena, lo sai che non ci vediamo da sette anni,
ma tu non sei cambiata affatto, mi sembri una ragazzina.
Le due amiche si abbracciano commosse.
SERENA: - Complimenti, anche tu sei la stessa di sette anni fa, ma dove ti sei
cacciata, io e Franco ti aspettavamo fuori dalla stazione.
ELISABETTA: - (spingendo il carrello) Hai ragione, ma da quando ci sono
stati gli attentati alle Torri Gemelle, tutto è diventato più complicato
al deposito bagagli.
Elisabetta segue l’amica fuori dalla stazione.
SERENA: - Già dimenticavo, ci sono due poliziotti che controllano tutto,
quindi hai dovuto fare la fila.
ELISABETTA: - Senti Serena, io non ho sognato niente di allarmante che
riguardi il nostro viaggio in Nepal, e tu?
SERENA: - Nemmeno io, quindi credo che potremo stare tranquille, non
dovremo subire le minacce di qualche terrorista.
Raggiungono il pullman per l’aeroporto, fermo davanti alla stazione,
mentre Franco, che indossa pantaloni e maglione scuro con giacca a
vento rossa va loro incontro sorridendo.
FRANCO: - Ciao Elisabetta!
SERENA: - Ti presento mio marito.
ELISABETTA: - (stringendogli la mano) Finalmente ho l’onore di conoscerti,
so che sei stato un giudice importante!
FRANCO: - (sorridendo) Adesso sono in pensione, quindi mi dedico a
tutt’altro.
Prende la valigia di Elisabetta e la passa al conduttore del pullman, un
uomo alto, attraente, magro, in divisa e cappello, che la sistema nel
portabagagli e chiude lo sportello. Tutti salgono.
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Chiude, mentre il pullman si mette in moto e parte.
8. Al tramonto, esterno, aeroporto di Verona. Decollo dell’aereo.
Un sole invernale scende all’orizzonte, mentre l’aereo prende velocità
sulla pista e s’alza verso il cielo rosa argento.
Chiude su inquadratura dell’aereo che diventa sempre più piccolo e
s’allontana trai i colori delicati d’un tramonto invernale.
9. Mattino del 2 novembre, ore sette. A bordo aereo in volo per il Nepal.
Tutti dormono, da alcuni oblò aperti entra la luce del giorno, quando si
ode la voce di un hostess fare un annuncio in varie lingue.
HOSTESS: - Gentili signore e signori, il capitano e l’equipaggio vi augurano
un buongiorno, fra poco verrà servita la colazione. L’arrivo a
Kathmandu è previsto per le ore undici e trenta. Temperatura
prevista venti gradi.
Alcuni passeggeri sbadigliano. Serena e Franco sono seduti alcune fila
più avanti di Elisabetta. Le luci all’interno dell’aereo si accendono.
Serena raggiunge Elisabetta.
SERENA: - Allora, hai dormito bene?
ELISABETTA: - (mezz’addormentata) Certo, e voi?
SERENA: - Non c’è male!
ELISABETTA: - Ti dispiace se più tardi ti farò compilare i miei moduli per lo
sbarco in Nepal?
SERENA: - (seria) Ah, già è vero: hai grossi problemi alla vista, non
preoccuparti ti farò io da scrivano quando ne avrai bisogno.
ELISABETTA: - Ti ringrazio di cuore, cercherò di sdebitarmi in qualche
modo.
SERENA: - (seria) Figurati.
10. Mezzogiorno soleggiato. Esterno. Aeroporto di Kathmandu.
Dall’aeroporto escono Franco ed Elisabetta che spingono ognuno un
carrello pieno di valigie, seguiti da Serena e altri passeggeri pure con
valigie. I tre amici si fermano sul marciapiede e, dopo il passaggio di
un’auto, attraversano la strada. All’improvviso un gruppo di cinque
ragazzi tutti sudati, con ciabatte, pantaloncini corti, magliette
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sporche e stinte, piombano veloci sui carrelli, afferrano le valigie e
s’avviano ad un taxi.
RAGAZZI: - (gridando) Taxi, taxi!
I tre amici non hanno il tempo di protestare, quindi lasciano i carrelli
vuoti e seguono i cinque monelli, che già stanno caricando i bagagli
sul taxi.
I RAGAZZI: - (allungano le mani e implorano) Rupie! Rupie!
Elisabetta e Franco distribuiscono delle rupie ai ragazzi, che corrono
via gridando e urlando nella loro lingua.
FRANCO: - (all’autista ) How much does it cost to go to Manaslu Hotel?
(Quanto costa raggiungere il Manaslu Hotel)?
L’UOMO: - (mal vestito e sudato) Only three hundred rupie! (solo trecento
rupie!)
FRANCO: - (salendo) Andiamo!
Elisabetta e Serena saltano sul taxi tutto scassato e sporco, che parte
rombando, tra strade di campagne arate, con poca vegetazione.
Infine rallenta la corsa, mentre entra nella città di Kathmandu, per
strade strette affollate, piene di negozi, mercati, animali ecc.
Chiude mentre il taxi procede lento fra un gruppo di donne nepalesi che
vestono stupendi sari colorati.
11. Esterno Manaslu Hotel.
Il Manaslu Hotel sembra un palazzo, è tutto bordeaux con rifiniture in
bianco, sul davanti si estende un prato verde quadrato, circondato di
piante tropicali e statue orientali, in fondo al giardino un tempio indù
con altre statue sacre. All’entrata dell’hotel c’è una tettoia con un
rampicante e magnifiche piante in fiore. Il taxi entra nel
giardino,procede e gira davanti all’entrata e si ferma, due guardie in
divisa verde con cappello escono dall’hotel, aprono gli sportelli alle
donne sorridendo. Franco estrae il portafoglio dalla tasca dei
pantaloni e paga il tassista. Mentre le due donne escono
ringraziando, le due guardie chiudono gli sportelli e vanno a
scaricare i bagagli degli ospiti e li portano all’ufficio informazioni.
Franco scende dal taxi.
FRANCO: - (alle due donne) Faccio portare i bagagli nelle nostre stanze, poi
andiamo a pranzare!
Mentre Franco, preceduto dalle due guardie, entra nell’Hotel, Elisabetta
guarda il giardino incantata.
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SERENA: - Bello, vero?
ELISABETTA: - (sorridendo) Incantevole!
SERENA: - Il giardino posteriore dell’hotel Manaslu è ancora più bello, c’è
anche un pollaio con galline, fagiani e uccelli dalle penne colorate
IL TASSISTA: - (andandosene) Bye, bye!
Chiude su inquadratura (shot) delle due donne, mentre ricambiano il
saluto sorridendo e agitando le mani. Dissolvenza Dissolve to.
12. alone. Ufficio informazioni. Bar. Interno ristorante.
Le due donne stanno per entrare, quando le guardie aprono loro la porta
sorridendo. Il salone, di fronte all’ufficio informazioni, è uno
splendore: soffitti bianchi rifiniti in oro, salotto in legno con divani in
pelle, sul pavimento e sui mobili grandi e piccole statue dorate, indù
e buddiste, alle pareti quadri appesi con pitture sacre dai colori
vivaci. Sul muro di fronte al salotto un grande quadro con il Re e la
Regina che sorridono felici.
ELISABETTA: - (sussurra) Che tristezza se penso che solo pochi mesi fa
sono stati giustiziati con tanta crudeltà insieme a tutta la famiglia
reale.
Proseguono e entrano nel bar che è tutto in legno nero, come il
ristorante alle cui pareti sono appese alcune antiche finestre tipiche
nepalesi, lavorate a mano, come il soffitto e le lampade. Alternati alle
finestre quadri dai colori vivaci con divinità Indù e Buddiste. I tre
amici sono seduti ad un tavolo, vicini ad un camino spento, stanno
gustando una zuppa di verdure, quando Elisabetta sposta il vaso con
fiori dal centro del tavolo e lo sostituisce col cestino del pane.
ELISABETTA: - Sai Franco, sarà un onore incontrare il tuo amico Gopal e mi
addolora pensare che è stato picchiato e rinchiuso più volte nelle
galere nepalesi.
FRANCO: - (serio) È un bravo avvocato che rischia la sua vita per delle
buone cause, poi insegna anche i diritti umani all’università di
Kathmandu!
SERENA: - Franco ha incontrato Gopal parecchi anni fa a Strasburgo,
proprio durante un corso sui diritti umani.
FRANCO: - Pensa, Gopal era di casta bramina, ma è stato escluso, quando
ha sposato una fanciulla di casta inferiore.
Elisabetta ascolta curiosa.
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SERENA: - Ha mandato il figlio e la moglie in America, per proteggerli, poi ha
dichiarato “Il mio paese ha bisogno di me, quindi io resto in Nepal”.
SERENA: - (spostando la scodella) Poco tempo fa l’hanno picchiato e
abbandonato sanguinante con alcune ossa rotte in mezzo alla
strada!
FRANCO: - (preoccupato) Sta per uscire un libro che Gopal ha scritto sui
diritti umani, per insegnare al suo popolo come difendersi dalle
ingiustizie. Ho paura purtroppo che, per questo, finisca ancora una
volta in galera.
Chiude su primo piano (close up) dei tre amici.
ELISABETTA: - Trovo sia un uomo straordinario!
13. Esterno. Pomeriggio. Giardino posteriore dell’Hotel Manaslu.
Il sole del pomeriggio illumina il grande giardino al cui centro si erige
una piramide nera di ferro a gradini, con sopra la statua di Ganesh
(statua indù con testa di elefante). Al centro del giardino tavolini e
sedie in ferro battuto, dove Franco e Gopal sono seduti a
chiacchierare (Gopal è un uomo attraente alto, robusto, capelli e
barba nere e ricci, viso rotondo occhi scuri, piccoli occhiali da vista,
pantaloni neri con maglione verde, camicia chiara). In fondo, davanti
al giardino, una tettoia al cui centro sta un grande tavolo rettangolare
con sedie di legno scolpite, festoni rossi e gialli, ad ogni angolo
statue sacre indù, a sinistra della costruzione il pollaio, a destra un
tempio Indù con fontane e statue suggestive, tutt’intorno canne e
alberi tropicali. Elisabetta e Serena escono dall’hotel, da una antica
porta di legno tutta lavorata a mano.
ELISABETTA: - Serena, la statua di Ganesh cosa rappresenta?
Stacco su primo piano della testa di Ganesh, posta sopra la piramide.
SERENA: - Il dio della conoscenza e della prosperità.
Si avvicinano al tavolo di Franco e Gopal, che come le vede, si alza in
piedi.
GOPAL: - (stringendo la mano a Serena) Sono felice di rivederti in Nepal,
Serena!.
GOPAL: - Tu devi essere Elisabetta, Franco mi ha parlato di te nell’ultimo
messaggio e-mail che mi ha spedito da Verona.
ELISABETTA: - (stringendogli la mano emozionata) Franco e Serena mi
hanno raccontato tante cose straordinarie su di te, perciò conoscerti
è un grande onore.
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GOPAL: - (felice) Figurati!
Si siedono sotto il sole caldo del pomeriggio, intorno gli uccelli
cinguettano, corvi e cornacchie volano sul prato verde gracchiando
incuranti delle loro presenze.
FRANCO: - (curioso) Come va la situazione politica al momento?
GOPAL: - (serio) Il mese scorso ha avuto luogo, in un clima cordiale, il primo
incontro tra esponenti del governo nepalese e dei ribelli maoisti.
FRANCO: - Da quello che ho trovato in internet, pare che sia il primo
incontro da quando il partito maoista ha scatenato una cruenta
rivolta nel paese.
GOPAL: - Già, tra le richieste dei maoisti figurano l’abolizione della
monarchia costituzionale e l’approvazione di una costituzione
repubblicana.
SERENA: - Ci saranno altri incontri?
GOPAL: - Sì, da quando il primo ministro Sher Boahadur Demba e il leader
maoista Kamal Dalil si sono accordati nei colloqui di pace, i
guerriglieri si sono astenuti da attacchi massicci contro le forze di
sicurezza.
FRANCO: - (fissa Gopal ) Speriamo che questa tregua duri!
GOPAL: - (sospirando ) La situazione in Nepal è grave, quindi ho paura che
la pace non duri a lungo.
All’improvviso una cornacchia vola sull’albero vicino alla piramide
gracchiando nervosa e dibattendo le ali contro i rami, allora Gopal
fissa gli amici serio.
GOPAL: - (sibila) Una leggenda nepalese afferma che quando una
cornacchia si comporta così, ci saranno notizie poco piacevoli.
ELISABETTA: - (seria) Speriamo che sia solo una leggenda.
SERENA: - (sussultando) E sarebbe meglio, viste le prospettive.
I quattro scoppiano a ridere divertiti, in quel mentre si presenta un
cameriere con cabaret, teiera, tazze e alcune bibite.
Chiude su inquadratura del cameriere, mentre serve i quattro
personaggi.
14 Esterno. 3 novembre. Centro Kathmandu. Durbar Square. Esterno, interno
palazzo della Kumari Devi.
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Sono le nove. Il sole splende alto ed illumina la favolosa piazza di
Durbar Square, dove discorrono turisti e nepalesi spensierati e
allegri. Un taxi con i tre amici si ferma davanti alla piazza; Elisabetta
indossa un paio di pantaloni attillati neri, con una maglietta rossa e
occhiali neri. Serena un paio di pantaloni e corpetto sportivo verde
malva con camicetta bianca, tiene i capelli stretti in due codine. Le
due amiche scendono dal taxi, mentre Franco, pantaloni neri e
maglione verde, paga il tassista, esce, chiude la portiera e le
raggiunge.
SERENA: - Elisabetta, andiamo a visitate la Kumari Chowk, dimora della dea
vivente, la bambina che è stata scelta da una particolare casta indù
per il suo coraggio e altre qualità.
ELISABETTA: - Ho visto un documentario tempo fa, che parlava della Kumari
Devi!
I tre attraversano la piazza.
FRANCO: - Le Kumari vengono scelte dall’età di quattro anni alla pubertà e
devono avere 32 qualità fisiche, incominciando dal colore degli
occhi, dalla forma dei denti, dal suono della voce, ecc...
SERENA: - Riguardo a questo personaggio, vengono fornite due
interpretazioni; secondo la prima, si tratterrebbe dell’incarnazione
della dea vergine, Kanya Kumari.
FRANCO: - In base alla seconda interpretazione più verosimile, non
saremmo di fronte ad una incarnazione, ma ad una
“rappresentazione vivente” della dea Taleju o di Durga…
ELISABETTA: - (sorridendo) Infatti, i nomi di queste tre dee fanno parte dei
72 nomi di Parvati, sposa di Shiva.
Elisabetta s’incanta a guardare i templi di Shiva e Vishnu (panoramica
(pan shot) di ciò che vede) poi si gira e si trova di fronte al palazzo
della dea vivente, ammira le sculture lignee delle finestre e le porte
sulla facciata laterale dell’antico palazzo, di rara finezza
architettonica.
SERENA: - (fissando Elisabetta) Il palazzo della dea vivente fu costruito nel
1757 per desiderio del Re, Jaya Prakash Malla, infatti la Kumari è
ritenuta la protettrice della Dinastia dei Malla.
ELISABETTA: - (avviandosi all’interno del palazzo) So che agli occhi dei
buddisti appare come la personificazione del “principio femminile
della Conoscenza o del Potere”.
FRANCO: - (segue Elisabetta) Il palazzo è un gioiello dell’architettura e
dell’artigianato nevari.
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La corte interna, di dimensione ridotte, è ornata di numerose finestre
scolpite a merletti di legno lavorato.
I tre amici vedono la Kumari alla finestra. Stacco (cut to) su primo piano
della Kumari alla finestra. Il suo volto è truccato, la fronte quasi
interamente coperta di uno strato di simrik rosso, gli occhi allungati
con tratti neri di khol. Il suo sguardo è fisso, l’espressione
impassibile, non sorride mai.
Elisabetta estrae la macchina fotografica e sta per scattare una foto,
quando la Kumari se ne va in tutta fretta.
SERENA: - (brontola) Elisabetta, non lo sai che è proibito fotografarla?
ELISABETTA: - (seria) Scusate, non lo sapevo! Per quanto ne so la Kumari è
un personaggio d’origine buddhista, vero?
FRANCO: - (mentre escono) Certo, esempio stupefacente della
compenetrazione delle due religioni e della tolleranza in materia,
caratteristica della popolazione e dei dirigenti nepalesi.
Panoramica di Durbar Square.
ELISABETTA: - Magnifico esempio di fratellanza.
15. Esterno. Kathmandu. Durbar Square.
Mentre i tre amici passeggiano tra i templi di Durbar Square, circondati
da uomini, donne e bambini nepalesi che giocano intorno rumorosi e
felici, Elisabetta scatta delle foto.
SERENA: - Con i gravi problemi che hai alla vista, come fai a inquadrare gli
oggetti?
ELISABETTA: - (sorride) Vado ad intuito, infatti riesco a scattare comunque
delle belle foto.
FRANCO: - Mi domando come fai a scrivere sceneggiature al computer?
Elisabetta si ferma a fotografare un tempio.
ELISABETTA: - Riesco a vedere la tastiera, ma posso leggere sul monitor
solo con l’aiuto di una lente di ingrandimento, facendo ovviamente
una certa fatica.
I due amici fissano Elisabetta preoccupati, ma lei sdrammatizza.
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ELISABETTA: - Io non soffro per questo, la vedo come un’esperienza che mi
serve per evolvere più in fretta, quindi non mi arrendo di fronte alle
difficoltà, ma le affronto e le supero.
SERENA: - (felice) Complimenti!
FRANCO: - Elisabetta, cosa trattano le tue sceneggiature?
SERENA: - Elisabetta scrive le sue esperienze paranormali.
Franco fissa l’amica stupito, allora lei interviene.
ELISABETTA: - Avanti, mettetevi in posa, che vi faccio una foto in mezzo a
questi magnifici templi.
Franco e Serena si abbracciano teneramente, allora Elisabetta scatta la
foto.
ELISABETTA: - (scherzando) Con quello che ci vedo spero di non avervi
tagliato fuori la testa.
Serena e Franco la fissano preoccupati. Elisabetta esplode in una risata
fragorosa, che contagia anche gli amici.
Chiude su panoramica (pan shot) di Durbar Square, mentre i passanti
puntano curiosi i loro occhi sui tre amici che ridono divertiti.
16. Interno Manaslu Hotel. Notte: ore quattro del quattro novembre. Stanza
da letto.
Una stanza con due letti, un quadro alla parete con le campagne
sconfinate del Nepal, una grande finestra che dà sul giardino
posteriore dell’hotel, che illumina un salottino composto da due
poltrone comode e un tavolino. Due grandi abat-jour sui comodini e
uno dello stesso tipo sulla scrivania. Elisabetta, che indossa una
camicia da notte color salmone, ha la seguente visione durante il
dormiveglia: vede due monaci tibetani, con teste rasate e tuniche
bordeaux e arancione che volano via alzandosi verso il soffitto e
spariscono.
ELISABETTA: - (voce fuori campo off screen) Santo cielo, anche ieri notte ho
avuto la visione dei monaci che volavano via da me e svanivano
verso il soffitto, la stessa che mi è capitata per alcune notti anche a
casa.
Si alza in piedi, va alla finestra, sposta la tenda: (panoramica shot di ciò
che vede dalla finestra) lampioni accesi che illuminano il magnifico
giardino. Poi lascia andare la tenda, socchiude gli occhi e in flash
back ha visione di un gruppo di persone che le sorride (sarà il
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gruppo di undici francesi, sei donne e cinque uomini, incluso il
monaco, che incontrerà e riconoscerà nel monastero).
ELISABETTA: - (voce fuori campo off screen): Santa Maria, mi sta ritornando
in mente un sogno flash, dove ho visto un gruppo di persone che mi
sorridevano, tra cui ricordo un giovane uomo alto, magro, dai lunghi
capelli neri e un monaco, magro, dal viso lungo, occhi vispi.
Chiude su primo piano (close up) di Elisabetta, mentre si siede sulla
poltrona a riflettere.
Descrizione degli undici personaggi che hanno un ruolo nella storia:
JEAN FRANCOIS, monaco francese alto, magro, dal viso lungo, occhi vispi,
capelli rasati, trentenne.
WILLY, alto, magro, viso lungo, capelli e occhi neri, aspirante monaco,
trentenne.
DENIS, sui quarantacinque anni, magro, media altezza, viso rotondo, occhi
azzurri, occhiali da vista, barba e baffi, pochi capelli biondi.
ALAIN, aspirante monaco, basso, magro, viso rotondo, occhi chiari,
stempiato con capelli castani, occhiali da vista.
FRANK, alto, magro, viso lungo, occhi scuri, capelli castani corti.
MARIE, piccola e magra, viso lungo, occhi scuri, taglio dei capelli a
caschetto, color castano rosso.
MIREILLE, cinquantenne, molto giovanile, magra, altezza media, viso
rotondo, occhi scuri, capelli ricci e corti.
CATHERINE, quarantenne, alta, robusta, viso lungo, occhi scuri, capelli lisci
castani.
ISABELLE, venticinquenne, media altezza, sul robusto, capelli e occhi scuri
LENA, ventiseienne, alta, magra, capelli corti, viso lungo, occhi e capelli
scuri.
LETIZIA, venticinquenne, media altezza, magra, capelli rossi corti, viso
rotondo, occhi chiari.
17. Mattino 4 novembre. Ore dieci. Esterno. In taxi attraverso le vallate di
Swayambunath e sulla collina dove si erige il monastero di Kopan.
È una splendida giornata di sole. Un taxi sgangherato attraversa alcuni
villaggi degradati e sporchi, lasciando dietro di sé una scia di
polvere, su strade piene di buche che portano sulla collina, dove si
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erge il monastero di Kopan. (Stacco interno taxi - cut to): l’autista e i
tre amici sobbalzano in continuazione sotto le tremende scosse
provocate dalle buche sulla strada.
ELISABETTA: - (sghignazza) Siamo sicuri di arrivare al monastero con tutte
le ossa a posto?
FRANCO: - (brontola) Me lo auguro, anche perché voi dovrete stare tutti i
santi giorni del mese nella posizione del fior di loto.
ELISABETTA: - (curiosa) Perché tu no?
FRANCO: - (sghignazza) A me una comoda sedia per la mia povera schiena
non me la toglie nessuno.
Stacco sul taxi che imbocca una strada asfaltata e sale sbuffando
intorno alla collina di Kopan.
ELISABETTA: - (seria) Incominciamo bene!
Chiude su panoramica (pan shot) del taxi in lontananza che sale
rumoroso, intorno al monastero di Kopan sulla collina, con sotto
terrazze di campagna arata che si estendono in lontananza,
costellate di casette con orti e giardini.
18. Esterno. Il taxi entra dentro il Kopan Monastery.
Il taxi raggiunge l’entrata principale del monastero, due guardie nepalesi
vestite con divise militari verdi e cappello intimano l’alt, l’autista dice
qualcosa in nepalese e le guardie si spostano e lasciano entrare il
taxi, che prosegue e si ferma davanti al bar del monastero. Tutti
scendono, l’autista va ad aprire il portabagagli, i tre aiutano l’uomo a
scaricare i bagagli, infine Franco paga l’uomo, che sorridendo sale
sul taxi e parte a marcia indietro verso l’uscita.
Elisabetta guarda davanti a sé (cut to stacco su ciò che vede
Elisabetta) un gruppo di monaci che scendono dalle scale
scherzando tra di loro. Le scale sono circondate da enormi mura,
sopra le quali si erige il gompa dei monaci, dipinto in bianco bordato
di bordeaux (come tutte le altre costruzioni sulla collina.). Ad ogni
angolo del tetto del gompa statue e oggetti sacri in oro. La
costruzione ha grandi finestre con un balcone in legno bordeaux,
ricoperto da tettoia in oro.
Appeso sotto il balcone un drappo bianco con tre simboli uguali in
blu. Sulla destra, al fianco della costruzione, una tettoia con di fronte
un’enorme pipal (il famoso albero del Buddha, dalle foglie a forma di
cuore). Sotto le mura di fronte ad Elisabetta una costruzione con un
tetto bianco a punta, la parte inferiore del muro è giallo e quello
superiore lavorato in bordeaux e arancione, all’interno un’enorme
ruota della preghiera, in metallo dorato, con grosse scritte, continua
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a girare lentamente su sé stessa e ad ogni giro si ode un trillo di
campanello.
Attaccata alla costruzione della ruota della preghiera, un’altra più bassa,
adibita ad infermeria. Tutto intorno altre costruzioni. I tre amici
lasciano le valigie davanti al bar e vanno all’ufficio che si trova di
fronte alle mura sopra le quali si erge il grande albero.
Un monaco tibetano (sui quaranta, media altezza, robusto, occhi scuri,
viso rotondo, capelli rasati a zero, indossa una tunica bordeaux e
arancione) esce dall’ufficio sorridendo.
IL MONACO: - Benvenuti a Kopan, io sono Thubten Khedup, l’addetto
all’ufficio accoglienza.
I TRE AMICI: - (sorridendo) Buongiorno!
Il monaco indica un pacco di moduli su un tavolo contornato da
panchine in legno scuro, fuori, vicino alla finestra.
IL MONACO: - Per favore, ciascuno di voi compili uno di quei fogli, poi venite
in ufficio a pagare e vi farò accompagnare nelle vostre stanze.
Mentre il monaco torna in ufficio, i tre amici si siedono di fronte alle
mura, Franco prende un modulo e comincia a compilarlo, Serena ne
prende due.
SERENA: - Elisabetta, dammi il tuo passaporto, così, mentre io compilo
questi fogli, tu mediti sul pipal, il famoso albero dalle foglie a forma
di cuore, sotto il quale il Buddha raggiunse l’illuminazione.
Elisabetta fissa il grande albero di fronte a lei sopra le mura, poi prende
il passaporto dalla sua borsa da viaggio, lo posa sul tavolo.
ELISABETTA: - Si chiama anche fico delle pagode e, dal momento che niente
succede per caso, il Buddha scelse le fronde del maestoso albero
per qualche ragione.
Serena smette di scrivere e fissa Elisabetta.
ELISABETTA: - Probabilmente, intendeva suggerire all’umanità di meditare
per portare il cuore alla maturazione.
FRANCO: - (ridendo con sarcasmo) Non male come interpretazione.
19. Esterno. Viale che sale alle stanze. Interno corridoio e stanza da letto.
Elisabetta e Serena, con i loro bagagli a mano, seguono due giovani
monaci che portano le loro valigie, lungo una salita che costeggia a
destra il gompa dei monaci; a sinistra una fila di nove piccoli stupa,
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sovrastante una magnifica vallata, che si estende per chilometri di
campi, terrazze e villaggi che splendono sotto il sole. Grossi alberi
circondano la collina intorno al monastero.
ELISABETTA: - Serena, dove hanno portato Franco?
SERENA: - Dall’altra parte del monastero, nella stessa costruzione dove
andremo a mangiare. Pensa, sono in quattro in una stanza.
Elisabetta s’incanta a guardare le migliaia di bandierine della preghiera
sulla collina, alla sua destra dietro al gompa, che volano sotto la
spinta leggera del vento.
SERENA: - Suggestiva la collina dove sventolano le bandierine della
preghiera, vero?
ELISABETTA: - Molto!
Intanto i due monaci scendono con le valigie giù per una scala che
costeggia una vecchia costruzione di fianco ad una nuova.
SERENA: - (indicando la vecchia costruzione) Guarda, Franco ed io abbiamo
dormito in quella vecchia costruzione per quindici giorni, anni fa.
Elisabetta la guarda, poi si affretta a seguire i monaci che nel frattempo
stanno salendo su una scala che entra nella nuova costruzione. Le
amiche entrano nel lungo e largo corridoio, in fondo al quale, sotto
una grande vetrata che si specchia sulla vallata sottostante, c’è un
bel salotto.
Intanto i due monaci posano le valigie accanto alla seconda stanza sulla
sinistra, poi uno di loro mette nella toppa la chiave, apre la porta.
UN MONACO: - Ecco, questa è la vostra stanza. Il corso inizia domani.
I due monaci se ne vanno sorridendo.
LE DUE AMICHE: - Grazie di cuore!
ELISABETTA: - (mentre entrano) Carini questi monaci!
Serena non risponde, osserva la stanza, stacco su ciò che vede (cut to
what she see): due letti con piumini a fantasia sotto ad una grande
finestra con inferriata, che si specchia sulla vallata, il terzo letto
vicino alla porta, una scrivania, due comodini, non ci sono armadi,
ma una credenza (tutti i mobili in legno), poi Serena apre la porta del
bagno e vede la caldaia.
SERENA: - (felice) Magnifico, ero preoccupata che non ci fosse l’acqua
calda!
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ELISABETTA: - (trascinando le valigie all’interno) Già, pensa che hai insistito
tanto perché portassi il sacco a pelo e ora per fortuna non ne avrò
bisogno.
SERENA: - (uscendo dal bagno) Meglio essere previdenti, piuttosto che
patire il freddo.
Elisabetta apre i tre sportelli inferiori della credenza, uno è occupato da
una piccola valigia.
ELISABETTA: - Serena, quale vuoi dei due?
Chiude mentre Serena mette una valigia sul letto vicino all’entrata.
SERENA: - Occupali tu, io la mia roba la lascio nelle valigie poi la metto sotto
il letto.
20. Esterno. Pomeriggio. Passeggiata per una strada sterrata fra case
sporche e degradate. Fontana tra le colline.
I tre amici scendono lungo una strada sterrata piena di buche, fra case
sporche e degradate, tra colline con terrazze arate e campi sotto il
sole di novembre: Serena porta sulle spalle uno zainetto argentato.
Lungo la strada alcuni bambini mal vestiti e sporchi giocano
allegramente, mentre le donne e gli uomini osservano curiosi i tre
stranieri passare. Alcune anatre bevono in un rigagnolo d’acqua
putrefatta, che costeggia la strada nel villaggio degradato e
puzzolente.
ELISABETTA: - (seria) Quanta povertà e degrado regna in questo villaggio!
SERENA: - Purtroppo non vedo miglioramenti da sette anni fa, tutto mi si
presenta come allora.
ELISABETTA: - (borbotta) Che tristezza!
FRANCO: - (sbraita) Per me è una grossa delusione, spero di riuscire a far
approvare alcuni piani per aiutare i bambini orfani.
ELISABETTA: - Franco, io sono orgogliosa di avere un amico come te e so
che tu riuscirai a fare approvare quei progetti di assistenza.
FRANCO: - (curioso) Per quale motivo credi che i miei progetti saranno
approvati?
ELISABETTA: - (sorridendo) Tutti i progetti che non si fanno per fini egoistici
ma per il bene della comunità avranno successo.
SERENA: - Elisabetta crede nell’aiuto della provvidenza, vero?
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ELISABETTA: - Certo!
FRANCO: - (scettico) Speriamo bene!
ELISABETTA: - (fissando la strada che scende) Scusa Franco, quanto tempo
si impiega a piedi per raggiungere Boudhanath?
FRANCO: - Circa trequarti d’ora.
In quel mentre Serena vede (stacco su ciò che vede cut to) ad alcuni
metri, sopra la strada, una fontana, dove tre contadine nepalesi con
sari colorati stanno lavando indumenti in catini e riempiendo d’acqua
otri di metallo.
SERENA: - Guardate che belle quelle tre contadine!
Elisabetta estrae la macchina fotografica dalla borsa e scatta una foto.
FRANCO: - Elisabetta, perché non ti metti gli occhiali da vista, quando scatti
le foto?
ELISABETTA: - Porto sempre lenti a contatto.
21. Esterno Boudhanath. Interno stupa.
I tre amici stanno percorrendo una strada stretta, che porta alla piazza
di Boudhanath, costeggiata ai due lati da case, quando dietro una
curva appare la parte centrale dello stupa, in tutto il suo splendore.
ELISABETTA: - Che meraviglia!
I tre raggiungono la piazza e si fermano ad ammirare lo stupa bianco,
che punta verso il cielo con il suo pinnacolo in oro, sulla cui parte
inferiore sono disegnati gli occhi celesti del Buddha, immersi tra lo
sfavillio dorato, che brilla sotto i raggi del sole. Migliaia di bandierine
della preghiera danzano al vento sopra lo stupa. Bambini, pellegrini e
turisti girano intorno all’enorme stupa spingendo le ruote della
preghiera che cigolano rumorose. Tutto intorno alla piazza ci sono
centinaia di negozietti pieni di souvenir.
Da un negozio di cassette si ode una musica orientale con voce cinese
che canta il mantra “Om mani padme hum”. I tre amici s’avviano ad
entrare all’interno dello stupa, fra fedeli che vanno e vengono.
Di fronte all’entrata, al secondo piano di scale alla base della cupola,
due elefanti bianchi splendono sotto i raggi del sole, ciascuno porta
un manto ricamato in oro sormontato da statue di uomini a colori. I
tre amici entrano, Elisabetta si ferma nel piccolo tempio, pieno di
ruote della preghiera, sulla sinistra osserva i disegni sul muro del
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Buddha e delle varie divinità, fa girare alcune ruote della preghiera,
poi esce e raggiunge gli amici.
ELISABETTA: - Lo stupa non è anche un monumento che racchiude reliquie,
oltre a simboleggiare la mente divina degli esseri illuminati?
FRANCO: - (mentre salgono) Certo, ma Boudhanath è costruito anche nella
forma di un mandala, simbolo dell’universo…
SERENA: - (interrompe Franco) La forma dello stupa rappresenta anche i
cinque elementi: la base rappresenta la terra, la cupola l’acqua, il
pinnacolo il fuoco, la crescente cima del pinnacolo la luce, e la forma
della fiamma sulla cima del pinnacolo l’etere.
ELISABETTA: - (mentre camminano intorno alla cupola) Ho letto in una guida
che, secondo una leggenda, questo stupa è stato costruito da una
vecchia signora, che ha chiesto un pezzo di terreno al re per
costruirci un santuario per il Buddha.
FRANCO: - Il re le promise di darle il pezzo di terra che avrebbe coperto con
la pelle di un bufalo d’acqua.
SERENA: - (sorridendo) La donna tagliò la pelle del bufalo in piccole strisce
e le unì l’una all’altra formando un grosso circolo, che diventò la
circonferenza dello stupa.
Chiude su panoramica (pan shot) dello stupa.
22. Verso sera. Esterno monastero, scala che sale alla stanza. Interno.
Corridoio, stanza da letto.
Serena, col suo zainetto sulle spalle, ed Elisabetta stanno rientrando da
Boudhanath, salgono la scala, entrano nel grande corridoio.
Elisabetta bussa alla porta della loro stanza, si ode una voce con
accento spagnolo.
LA VOCE: - Come in! (entrate!)
Elisabetta apre la porta, le due amiche vedono sul letto appoggiato al
muro, sotto la grande finestra, seduta nella posizione del fior di loto
con una corona in mano, Jolanda: indossa blue-jeans e maglietta
bianca, altezza media, magra, viso lungo, occhi chiari, gonfi e lucidi;
la donna ha appena pianto, i capelli castani le cadono sulle spalle.
Sul comodino un bastoncino d’incenso acceso brucia lasciando una
scia di fumo profumato. Come vede le due donne, Jolanda scende
dal letto sforzandosi di sorridere.
ELISABETTA: - (andandole incontro) Hello, I am Elizabeth , it is a pleasure to
meet you! (Ciao, sono Elisabetta, è un piacere conoscerti).
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Jolanda stringe la mano ad Elisabetta, poi a Serena.
JOLANDA: - I am Jolanda, from Spain ! (Sono Jolanda, dalla Spagna)
SERENA: - (sorridendo) I am Serena! We are Italian. (Sono Serena, siamo
italiane).
Il viso di Jolanda si rattrista.
JOLANDA: - Scusatemi, stavo pregando per mio figlio, spero che il profumo
dell’incenso non vi dia fastidio.
Elisabetta e Serena si fissano serie.
JOLANDA: - È morto in agosto, in un incidente stradale.
Le due amiche fissano Jolanda addolorate.
ELISABETTA: - Santo cielo, appena tre mesi fa!
Primo piano delle tre donne addolorate.
SERENA: - (borbotta) Terribile, immagino quanto devi aver sofferto.
23. Ore 19. Refettorio del monastero.
Il refettorio è una grande sala con enorme finestre che danno sulla
vallata sottostante, con tavoli e panchine dello stesso colore. Subito
dentro ci sono due tavoli, su cui spiccano cesti pieni di ciotole di
ferro, grandi pentole piene di zuppa di verdura bollente e canestri di
pane con vasetti di marmellata e burro. Vicino all’uscita che dà sul
balcone, ci sono due grandi recipienti d’acqua bollente con cesti di
tazze di ferro e scatole che contengono the verde e di gelsomino. La
sala è piena di gente di tutte le nazionalità, alcuni si servono zuppa
ecc., altri sono seduti a mangiare, tutti parlano e discorrono
allegramente. Fuori sul balcone i tavoli sono tutti occupati.
I tre amici cenano insieme a Jolanda (Franco e Serena sono seduti di
fronte a Elisabetta e Jolanda di fronte alla vallata) nel primo tavolo in
fondo al balcone che s’affaccia sulla vallata di Kathmandu, in cui
sono visibili campi arati, verdi e alcune case di contadini; sullo
sfondo la catena montuosa dell’Himalaya al tramonto, nel cielo gli
ultimi bagliori dai colori delicati vengono inghiottiti dall’oscurità, un
leggero vento caldo sibila intorno, mentre si odono i rumori dei
cucchiai che sbattono dentro le ciotole di ferro.
FRANCO: - (guardando la catena montuosa) Che meraviglia, la catena
montuosa dell’Himalaya, al momento è illuminata dagli ultimi bagliori
del tramonto, osservate!
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Elisabetta e Jolanda si girano ad ammirare il panorama.
ELISABETTA: - Allora, Jolanda, che lavoro fai a Valencia?
JOLANDA: - (posando il cucchiaio dentro la ciotola, spezza un pezzo di
pane) Faccio la cuoca in un ristorante!
SERENA: - Per una vegetariana come te non è imbarazzante dover cucinare
carne per i clienti?
JOLANDA: - (sorridendo) No!
FRANCO: - (fissando Elisabetta) Jolanda, sai che Elisabetta ha smesso di
mangiare carne da cinque mesi per prepararsi alla vita monastica di
Kopan?
ELISABETTA: - Non è la sola ragione per cui ho smesso di mangiare carne.
SERENA: - (curiosa) E quale sarebbe l’altra ragione?
Elisabetta sorride, mentre i tre amici aspettano curiosi.
ELISABETTA: - (seria) Per sviluppare il mio terzo occhio.
Serena ride divertita, Jolanda riflette.
FRANCO: - (stupito) Ho capito bene, vuoi sviluppare il terzo occhio?
ELISABETTA: - (fissando Franco) Dovresti leggere il “Trattato del fuoco
Cosmico” dettato dal Tibetano per mezzo telepatico alla scrittrice
inglese Alice A. Bailey.
SERENA: - (curiosa) Cosa suggerisce di fare il Tibetano, per sviluppare il
nostro terzo occhio?
ELISABETTA: - - Prima di tutto dobbiamo pensare e agire bene, quindi
smettere di fumare, bere alcolici e mangiare carne.
I tre osservano Elisabetta in silenzio.
SERENA: - Come potrei stare senza un grappino ogni tanto e una bella
braciola!?
FRANCO: - (sghignazza) Figuratevi, se non era per me sarebbe venuta al
monastero con una bottiglia di grappa, quando invece è proibito!
I tre scoppiano in una risata fragorosa.
ELISABETTA: - Non dimenticate che il pensiero è energia, quindi noi esseri
umani siamo dei piccoli creatori e, quando pensiamo male,
diventiamo martiri delle nostre stesse creazioni.
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Chiude su primo piano dei quattro, mentre Jolanda e Serena riflettono
serie e Franco fissa Elisabetta scettico.
24. Notte, ore 21. Scala che scende ai nove piccoli stupa.
Elisabetta si fa luce con una torcia a batterie, mentre scende giù per le
scale che portano alla fila degli stupa, seguita da Jolanda, che
stringe nelle mani sei candele colorate. Sotto la collina una vallata
scura e più in giù miriadi di luci che splendono nei villaggi vicini e
nella città di Kathmandu.
JOLANDA: - Elisabetta, teniamo un occhio sull’orologio, lo sai che alle ore
ventidue dobbiamo essere a letto e spegnere le luci.
ELISABETTA: - (mentre stanno raggiungendo gli stupa) Meglio così, altrimenti
come faremmo ad essere pronte tutte le mattine alle 5.30?
Davanti agli stupa c’è una lunga vetrina con tanti sportelli dove bruciano
candele colorate. Jolanda porge tre candele ad Elisabetta.
JOLANDA: - Queste candele sono per te, accendile perché i tuoi desideri
possano avverarsi.
ELISABETTA: - (sorpresa prende le candele) Ti ringrazio di cuore, la bianca
la offro per la pace nel mondo, la verde perché possa trovare un
produttore per le mie sceneggiature, la gialla perché la mia vista non
cali, poiché sono già al limite.
Jolanda sorride e s’appresta ad accendere le sue candele, che ha messo
dentro alla vetrina, poi passa l’accendino ad Elisabetta che fa
altrettanto.
Chiude, su primo piano (close up) delle due donne, mentre pregano
sotto voce con le mani giunte.
LE DUE DONNE: - (pregano) Om mani padme hum! Om mani padme hum!
Om mani padme hum!
25. Notte tra il quattro e il cinque novembre. Stanza da letto.
Nel dormiveglia Elisabetta ode una voce dolce di donna.
LA DONNA: - Tre colombe!
Poi ha una visione: Vede il Cristo in una lunga veste celeste, piegato su
un campo di grano intento al lavoro.
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Mentre alcuni raggi lunari entrano dalla grande finestra e delineano i
corpi delle tre donne nei loro letti, Elisabetta si siede sul letto,
osserva le compagne che dormono.
ELISABETTA: - (voce fuori campo off screen) Caro Gesù, grazie per il tuo
messaggio e per il prezioso aiuto!
Chiude su primo piano (close up) di Elisabetta che sorride felice.
26. Mattino del cinque novembre. Stanza da letto delle tre donne.
Elisabetta è seduta sul suo letto, indossa una camicia da notte color
salmone, prende dal comodino un paio di occhiali da vista e se li
mette, di fronte a lei sempre seduta sul suo letto Jolanda, in un
pigiama bianco, Serena ne veste uno rosa con dei fiori, con sopra un
maglione e una sciarpa.
JOLANDA: - (avvicinandosi alle due donne) Elisabetta, interessante il tuo
sogno delle tre colombe e del Cristo che lavora nel campo!
SERENA: - Ma tu mi hai raccontato anche che per ben due volte a distanza
di anni hai sognato il Cristo che ti insegnava alla lavagna, prima di
sapere che avresti frequentato un corso di filosofia buddista.
ELISABETTA: - Certo, sia nel 1997 che nel 1999, una ventina di giorni prima
che Roberta mi chiedesse se volevo frequentare i corsi, ho sognato
di essere sola col Cristo in un’aula vuota, dove egli mi insegnava alla
lavagna.
SERENA: - È certamente incredibile che, per ben due volte a distanza di
alcuni anni, tu sogni il Cristo che ti insegna alla lavagna e, guarda
caso, ti si presenta l’occasione di frequentare un corso di filosofia
buddhista.
ELISABETTA: - (seria) Ora che sono qui nel monastero di Kopan per fare un
altro corso, il Cristo mi fa capire che sta lavorando nel mio campo di
grano.
Jolanda ascolta sbigottita.
SERENA: - Immagino che ti stia aiutando perché tu possa apprendere il più
possibile per una buona semina.
ELISABETTA: - Immagino sia così!
SERENA: - Probabilmente sarà con le tue sceneggiature che domani, quando
diventeranno dei film, seminerai luce, quindi avrai un buon raccolto.
ELISABETTA: - (riflettendo) Ormai ho capito che il Cristo ed il Buddha
provengono dalla stessa fonte divina.
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JOLANDA: - Interessante!
ELISABETTA: - Dobbiamo ammettere che tutte le religioni, quando
insegnano l’amore e la fratellanza, provengono dalla stessa fonte.
SERENA: - (sbotta) Purtroppo le divisioni sono prodotte dai limiti umani.
ELISABETTA: - Sono d’accordo, e credo che un giorno, quando l’uomo sarà
evoluto abbastanza, ci sarà una religione sola per l’intera umanità.
Primo piano delle tre donne che si fissano.
JOLANDA: - Speriamo!
27. 5 novembre Esterno. Interno Gompa, ore 17,00.
Il sole splende alto nel cielo. Tutto attorno boschetti di bambù, grossi
alberi tra cui alcuni di frangipane in fiore, che puntano i loro rami e
fronde verso un cielo azzurro e limpido. Migliaia di cinguettii
risuonano sulla collina di Kopan. Elisabetta, Serena e Jolanda hanno
un pacco di libri racchiuso in una custodia arancione, come tutti
quelli che entrano nel gompa. La prima veste una tuta bordeaux, la
seconda pantaloni verdi chiaro con maglione chiaro ricamato, la
terza blue-jeans e maglione blu, camminano intorno al gompa tra la
gente che si dirige al meeting.
All’entrata le tre donne si tolgono le scarpe come tutti gli altri e le
lasciano fuori dalla porta rimanendo con i calzini, poi in silenzio
entrano e si fermano ad osservare sulla soglia, (stacco su cut to ciò
che osservano): soffitto del gompa in un verde - blu, sorretto da sei
colonne bordeaux come i bordi che ornano la grande sala, che
racchiudono disegni in oro, arancione, verde, blu, marrone, giallo. La
sala è piena di cuscini quadrati bordeaux con sopra altri più piccoli
rotondi, dove già molte persone siedono in attesa.
In fondo alla sala su un piano rialzato, sopra un reliquario, le fotografie
di Lama Zopa Rinpoche, Lama Yeshe e dell’attuale Dalai Lama, con
statue del Buddha e altre divinità, al centro un bellissimo trono
dipinto negli stessi colori già descritti sopra, poco lontano un
magnifico gong, ai due lati del gompa fila di finestre con tende gialle
dai disegni in oro. Primo piano (close up) di Franco, seduto su una
sedia vicino ad una finestra con il suo pacco di libri dentro la
custodia arancione sulle ginocchia, mentre le tre donne lo guardano
e ridono divertite, poi s’avviano fra le persone già sedute e vanno a
sedersi nella posizione del fior di loto, sul lato sinistro del gompa,
vicino al piano rialzato, dove Elisabetta nota sei donne francesi che
stanno preparandosi ad usare dei registratori con cuffie, per la
traduzione.
30
Mentre la gente entra numerosa, l’attenzione di Elisabetta cade anche
sul monaco francese Jean Francois che sta provando il microfono di
fronte alle francesi, infine Elisabetta viene distratta dall’arrivo di
quattro uomini che le passano davanti sorridendo, il primo è Willy
con i suoi lunghi capelli, poi Alain, Denis, Frank.
ELISABETTA: - (voce fuori campo - voice off screen) Sono gli stessi uomini
che ho incontrato nel sogno flash, l’ultima notte nel Manaslu Hotel.
Elisabetta ha un flash back del gruppo di persone che ha visto nel
sogno.
Sul palco di fianco al trono c’è una porta aperta, entra Karen, una
monaca di media altezza, magra, capelli rasati, viso lungo, occhi
chiari, sui quaranta, seguita dal monaco Neil, il maestro. È alto,
robusto, viso lungo, occhi scuri, sui quarantacinque anni.
Tutti i presenti (176 persone, da tutto il mondo) si alzano in piedi a mani
giunte, i due monaci si prostrano davanti alla statua del Buddha, tre
volte, e la maggior parte degli ospiti, inclusa Jolanda, seguono
l’esempio. Elisabetta e Serena osservano in silenzio e non si
scompongono.
LA MONACA: - (prendendo il microfono) Benvenuti al monastero di Kopan,
io sono Karen, noi faremo la meditazione e le preghiere della sera
insieme. Se sarà il caso, vi informerò sui movimenti dei maoisti in
Nepal e anche sulla guerra in Afganistan.
KAREN: - (girandosi verso Neil e sorridendogli) Noi siamo stati soddisfatti
dell’insegnamento del venerabile Neil l’anno scorso, quindi
l’abbiamo chiamato dall’Australia, anche per voi.
Chiude su panoramica (pan - shot) del maestro, che si inchina davanti
agli ospiti, mentre tutti applaudono vigorosamente.
28. Esterno. Ore 19,30. Uscita dal refettorio. Piazzale davanti al gompa dei
monaci. Scala che porta alla ruota della preghiera. Interno locale
dove gira la ruota della preghiera.
Gli ultimi bagliori vengono coperti dal buio della sera, alcune luci
attorno al monastero si accendono. Dal gompa dei monaci, che si
trova di fronte al refettorio, si odono recitazioni di mantra, canti
rauchi, suoni di corni e cembali. Elisabetta e Serena escono dal
refettorio, con altri ospiti, che s’allontanano in varie direzioni; mentre
le due donne s’avviano al piazzale del gompa, Elisabetta tira fuori la
torcia dalla borsa accendendola.
SERENA: - Mi hai detto che hai quasi finito la terza sceneggiatura, ma chi te
lo fa fare, con i problemi gravi che hai alla vista?
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ELISABETTA: - (sorridendo) Purtroppo ho raggiunto il limite minimo di un
totale di tre decimi con lenti a contatto, nei due occhi.
Le due donne si avvicinano alla scala che scende alla ruota della
preghiera, tra i canti dei monaci.
SERENA: - Insomma, tu dovresti smettere di scrivere al computer, rischi quel
po’ di vista che ti è rimasta.
Elisabetta riflettendo si appoggia al muretto vicino alle scale, con il
grande albero di pipal alle spalle, dà un’occhiata alla vallata
sottostante, dove splendono in lontananza miriadi di luci, mentre ad
intervallo si ode il campanello della ruota della preghiera sotto di lei,
tra il coro dei monaci.
ELISABETTA: - Non sarà la vista che m’impedirà di raccontare le mie
esperienze e di dare un messaggio d’amore all’umanità, attraverso
gli insegnamenti del Cristo e del Buddha.
SERENA: - (sorpresa) Complimenti, lady di ferro!
Le due amiche scoppiano in una risata fragorosa.
ELISABETTA: - Non mi sono mai sentita una vittima per il mio handicap
visivo, ma l’ho sempre accettato come un’esperienza karmica che mi
serve per crescere più in fretta e sviluppare facoltà sopite.
SERENA: - (perplessa) Quindi, intendi dire che l’handicap visivo c’è, ma per te
è come se non ci fosse, perché l’accetti.
ELISABETTA: - (sorridendo) Indovinato.
SERENA: - Stai mettendo in pratica l’insegnamento buddista!
ELISABETTA: - Comunque, ho constatato che gli insegnamenti del Cristo e
del Buddha sono similari.
SERENA: - (curiosa) Cosa intendi?
ELISABETTA: - Cristo, sacrificando se stesso sulla croce, ha indicato la via
che l’uomo deve percorrere per amore dell’umanità.
SERENA: - (seria) Capisco, intendi affermare che ognuno di noi, per
raggiungere l’illuminazione, deve sacrificarsi per il bene
dell’umanità.
ELISABETTA: - (staccandosi dal muretto) Esatto!
Le due amiche s’avviano alla scala, intanto alcune persone passano loro
accanto sorridendo, esse ricambiano, poi scendono le scale verso la
ruota della preghiera. Sulla soglia le due donne osservano (stacco su
32
ciò che vedono) i muri e il soffitto pieni di dipinti dai colori vivaci,
con il Buddha e altre divinità buddiste; mentre entrano, notano
appesa al muro centrale una mensola con dozzine di scodelle di
ferro piene d’acqua.
SERENA: - Quando vorrai fare delle offerte al Buddha, verrai qui a riempire
le tazze di acqua.
Elisabetta sorride, poi segue la ruota che continua a girare su se stessa
e Serena la imita.
Piano americano (medium shot) delle due donne.
ELISABETTA: - (recita sottovoce) Om mani padme hum! Om mani padme
hum! Om mani padme hum!
29. Sei novembre. Mattino, ore cinque e un quarto. Stanza da letto.
La stanza è quasi buia, perché la tenda copre una parte della finestra,
donde alcuni raggi argentati della luna risplendono sul letto di
Serena. La sveglia sul comodino sotto la finestra segna le 5,15.
Quando squilla, Jolanda si sveglia di scatto e la spegne, Elisabetta e
Serena si girano nel letto.
Jolanda prende la torcia dal cassetto del comodino e l’accende e se ne
va in bagno, intanto si ode il suono di una campanella che continua a
suonare sempre più forte.
Elisabetta si siede sul letto sbadigliando e tira la tenda, i colori dell’alba
appaiono in tutto il loro splendore in fondo alla vallata tra gli alberi,
avvolti nell’oscurità. Jolanda esce dal bagno, al buio si toglie la
camicia da notte e si infila un paio di blue-jeans e una maglietta
colorata.
JOLANDA: - (sussurra ad Elisabetta) Buongiorno!
Elisabetta saluta con la mano tra un sbadiglio e l’altro, mentre Jolanda
esce in tutta fretta. Intanto dal gompa dei monaci risuonano
recitazioni di mantra, canti rauchi, suoni di corni e cembali. Serena
scende dal letto, con calzamaglia, maglione e sciarpa, che si toglie
rimanendo in pigiama e accende la luce.
SERENA: - Accidenti, quel campanello mi ha svegliato!
ELISABETTA: - (sorridendo) Questa è la ragione per cui l’hanno suonato!
Serena sbadiglia, mentre va a preparare del caffè solubile.
SERENA: - Come mai non sei andata a prostrarti ai trentacinque Buddha con
Jolanda?
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ELISABETTA: - Con i problemi che ho avuto alla retina, rischio di peggiorare
la situazione, ma tu perché non vai?
Serena mette del caffè solubile in due tazze.
SERENA: - Non ci credo nelle prostrazioni. Piuttosto, quando sono
incominciati i tuoi problemi alla vista?
Intanto l’acqua bolle e Serena la versa nelle due tazze.
ELISABETTA: - Sono nata con una grave miopia, che a trentatre anni è
degenerata, provocando lesioni al centro della retina nei due occhi.
SERENA: - (addolorata) Santo cielo, che sfortuna!
Serena le porge una tazza di caffè.
ELISABETTA: - Purtroppo per molto tempo, finché il sangue non si è
riassorbito, ho visto un mondo deforme.
SERENA: - (inorridita ) Deve essere stato terribile!
ELISABETTA: - (sorridendo) Già, quando guardavo in faccia alla gente,
vedevo dei visi deformi, sembravano appartenere a dei mostri.
Elisabetta beve un po’ di caffè.
SERENA: - (seria) Come hai fatto a superare quei momenti?
ELISABETTA: - Se non avessi letto gli insegnamenti del Cristo e del Buddha,
da cui ho imparato molto, probabilmente mi sarei suicidata.
SERENA: - (beve un sorso di caffè) Ma tu mi hai anche detto che poco tempo
fa ti hanno fatto due laser nell’occhio sinistro, perché nell’altro non
si può più intervenire.
ELISABETTA: - Purtroppo si, dopo tutto, a causa della degenerazione sotto
la retina, si sono formate delle macule, che mi avrebbero portato alla
cecità, se non fosse arrivato un laser speciale dall’America.
SERENA: - Per fortuna!
ELISABETTA: - Alle 6,30 abbiamo la meditazione, sarà meglio che ci
vestiamo.
Chiude su primo piano delle due donne, mentre si affrettano a riordinare
la stanza.
30. Pomeriggio. Ore 15,00. Interno gompa.
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Dalle finestre aperte raggi di sole illuminano l’interno, dove sono seduti
sul pavimento (su cuscini) gli ospiti provenienti da tutto il mondo.
Solo una decina, incluso Franco, sono sedute su sedie appoggiate al
muro vicino all’entrata, intente ad ascoltare la lezione. Karin siede di
fianco al maestro vicino alla colonna. Il Venerabile Neil è seduto sul
suo trono, maneggia alcuni fogli, a cui dà un’occhiata, rimane un
attimo in silenzio, sfoglia un libro.
(Inquadrature alternate dei volti del maestro, del pubblico e delle
immagini della scena 30 bis che segue dopo il racconto del maestro)
IL MAESTRO: - (leggendo) La storia di Shakyamuni inizia in paradiso, dove il
grande Bodhisattva esaminò il mondo sottostante, per scegliere il
momento e il luogo opportuni per la sua ultima nascita. Si decise per
la città di Kapilavastu, capitale del clan Sakya. Il re capo del clan
Sakya, Suddhodana, e sua moglie Maya furono scelti quali genitori
adatti. Allora il grande Bodhisattva discese dal paradiso Tusita,
pienamente conscio e consapevole ed entrò nel grembo di Maya.
Certi resoconti riferiscono come il grande Bodhisattva assunse le
sembianze di un grande elefante bianco che apparve alla regina
Maya in sogno e le entrò in grembo dal fianco. Il principe crebbe nel
lusso e nell’abbondanza, una sola cosa gli era proibita, di uscire dal
palazzo, per non doversi trovare a contatto con la povertà, la malattia
e la sofferenza.
Siddharta si sposò, ebbe dei figli. Tutti i piaceri delle arti e dei sensi
erano a sua disposizione. Avvenne che il principe cominciò a sentirsi
irrequieto, relegato nei suoi palazzi da suo padre a causa della
predizione di un asceta di nome Asita che disse al re che suo figlio
aveva soltanto due destini possibili; se fosse rimasto in famiglia
sarebbe diventato un sovrano universale, se invece avesse
intrapreso una vita di vagabondaggio sarebbe diventato un Buddha
pienamente illuminato, che avrebbe condotto alla salvezza
innumerevoli esseri. Infine il re permise al principe di uscire, ma si
assicurò preventivamente che tutti gli storpi, i mendicanti e gli afflitti
fossero allontanati dalle strade.
Viaggiando sulla carrozza di Stato e accompagnato dal suo auriga, il
principe uscì dal palazzo e percorse le strade per la delizia della
popolazione A quel punto gli dei disposero che uno di loro
assumesse le sembianze di un vecchio decrepito. Mentre la carrozza
attraversava la città, questa apparizione giunse ben in vista del
principe e dell’auriga. Siddharta vide la figura curva e tremolante, dai
capelli grigi e dall’andatura zoppicante che si sosteneva con un
bastone. Il principe rimase sbalordito e da quel giorno volle sapere
tutto sulla sofferenza, le malattie, la morte ecc.. I suoi pensieri
cominciarono a rivolgersi all’idea di abbandonare tutto per cercare
un rimedio a questa afflizione universale.
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Per la quarta volta si avventurò in città con l’auriga e in questa
occasione gli dei inflissero il colpo di grazia. Provocarono la visione
di un mendicante vagabondo, che si avvicinò alla carrozza e,
interrogato, magnificò le virtù della vita di vagabondaggio, senza
averi, intento solo a raggiungere il fine supremo della liberazione
definitiva. Siddharta prese la decisione di abbandonare la vita
famigliare, prima che il figlio, appena nato, venisse ad accrescere i
legami d’affetto e coinvolgimento. A quel punto due poteri celesti
opposti esercitarono contemporaneamente la loro influenza.
Prima venne Mara, dio del desiderio e della morte, il quale promise che
entro sette giorni il principe sarebbe diventato imperatore del mondo
se solo fosse rimasto dov’era. In breve e con impazienza Siddharta
rifiutò. Mara allora promise che da allora in avanti l’avrebbe seguito
come un ombra, aspettando il primo momento di debolezza per
confonderlo. Altri dei allora fecero addormentare tutte le guardie, e
attutirono gli zoccoli del cavallo e silenziosamente aprirono le porte
del palazzo, lasciando andare il principe verso quella che divenne
nota come la grande rinuncia.
Siddharta aveva 29 anni quando si rase il capo, indossò la veste gialla
dell’asceta e si diede alla vita del monaco itinerante. A trentacinque
anni, a Uruvela, in una notte di meditazione sotto un albero di pipal,
ricevette l’illuminazione piena attraverso tre visioni: nella prima
rivide tutte le sue nascite e trasmigrazioni e comprese pertanto che il
ciclo della vita è infinito. Nella seconda vide le condizioni attuali del
mondo come risultato, costituito di luci e ombre, delle azioni
precedenti. Nella terza visione infine colse come il dolore derivi da
questo perpetuo movimento di causa ed effetto.
30 Bis. Scene della vita del Buddha che commentano il racconto del
maestro.
Dissolvenza in apertura fade-in.
1) Il futuro Buddha (un bel giovane, alto magro occhi e capelli scuri) si
affaccia dal paradiso, in una veste di luce dorata, guarda giù verso la
terra ed esamina alcuni paesi orientali. Decide di nascere nella città
di Kapilavastu nell’India nord orientale ai confini del Nepal, capitale
del clan Sakya. Il futuro Buddha osserva dall’alto il giardino della
maestosa reggia dei suoi futuri genitori, Suddhodana il Re e la
Regina Maya del clan Sakya, mentre passeggiano (il Re è uomo alto
e imponente, con rigogliosi baffi, folta barba, la Regina è una
giovane donna indiana, altezza media, corpo sinuoso, con grandi
occhi scuri e lunghi capelli neri).
2) La Regina Maya è stesa sul suo letto quando vede aprirsi la porta e
entrare un maestoso elefante bianco, che lentamente le si avvicina
senza fare rumore, la fissa negli occhi e l’accarezza dolcemente con
la sua proboscide, allora la Regina si alza dal letto e dà inizio ad una
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danza turbinosa con l’elefante, che si trasforma in un vortice di luce
e le entra nel grembo dal fianco. La Regina si sveglia di soprassalto,
si guarda intorno e si siede sul letto a riflettere sul sogno.
3) La Regina Maya, incinta, è in viaggio con il suo seguito, quando
decide di riposarsi in un parco. Lì in piedi sotto un albero e
tenendosi aggrappata ad un ramo, partorisce il futuro Buddha, che le
esce dal fianco senza provocare alla madre né dolore né fastidio.
Appena uscito, quattro dèi dei paradisi di Brahma accolgono il futuro
Buddha in una rete e lo presentano, in piedi, alla madre. Due torrenti
d’acqua si riversano dal cielo su madre e figlio.
4) Il Principe Siddharta diventato uomo si aggira nelle sale del palazzo
tra banchetti e bellissime damigelle, fra il lusso e l’abbondanza, tra i
piaceri dell’arte e dei sensi.
5) Da una finestra della reggia il Re e la Regina guardano il figlio
preoccupati, mentre esce dal palazzo sulla carrozza di Stato,
accompagnato dal suo auriga. Mentre la carrozza attraversa la città,
Siddharta vede una figura curva e tremolante, dai capelli grigi e
dall’andatura zoppicante, che si sostiene con un bastone, poi lungo
la strada vede storpi, mendicanti e un morto abbandonato sul
marciapiede. Il Principe rimane sbalordito e sorpreso da
quell’orrenda visione.
6) Il Principe è seduto sotto un albero nel giardino della reggia e,
mentre riflette addolorato sulle miserie della vita, ha un flash back
dei mendicanti, storpi e ammalati che ha visto in città.
7) Siddharta fa addormentare le guardie e attutire gli zoccoli del cavallo
e, dopo che silenziosamente gli hanno aperto le porte del palazzo e
lo hanno lasciato uscire, si affretta, sale a cavallo e scompare tra gli
alberi in una notte illuminata dalla luna.
8) Siddharta, nella posizione del fior di loto, medita sotto un grande
albero di pipal in una foresta, all’alba.
Dopo una pausa il maestro raccoglie i fogli sul suo trono e fissa gli
studenti.
IL MAESTRO: - Bene, ora Karin ha qualcosa da proporvi.
Karen si alza in piedi con alcuni fogli in mano e va dal maestro che le
allunga il microfono.
KAREN: - È raccomandato a tutti di partecipare alle attività di Karma Yoga,
cioè lavare i piatti, pulire i bagni comuni ecc. Una lista dove saranno
scritti i nomi per i turni di ognuno, sarà appesa fuori dal refettorio.
Abbiamo anche bisogno di medici volontari e assistenti per
l’infermeria del monastero.
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SERENA: - (alzando la mano) Io sono una dottoressa e mi presto volentieri.
ELISABETTA: - (alzando la mano) Io non sono infermiera ma, se Serena è
d’accordo, sarò molto felice di farle da assistente.
Altre persone alzano la mano.
KAREN: - Bene, presentatevi all’infermeria e compilate una lista con i turni
dei medici e degli assistenti. L’infermeria, per chi avesse bisogno,
sarà aperta tutti i giorni dall’una alle due.
Karen guarda un attimo i fogli che tiene in mano.
KAREN: - Ora, insieme, cercheremo di comporre i vari gruppi di discussione
sulle lezioni che vi farà il Maestro Neil, che si svolgeranno dalle ore
14,00 alle15,00. Allora incominciamo con Jean Francois che sarà il
capo gruppo dei francesi.
SERENA: - (alzando la mano) Io, mio marito Franco e la mia amica Elisabetta
parliamo francese, quindi potremmo entrare nel loro gruppo.
Tutti si girano a fissare curiosi Serena ed Elisabetta.
UNA SIGNORA: - Ma quante lingue parlate?
Le due amiche sorridono senza rispondere.
KAREN: - Ok, molto bene!
Panoramica (pan shot) del gompa e dei due monaci.
KAREN: - Ora vorrei proporre, a capo degli altri gruppi, studenti ben
preparati dell’anno scorso.
31 Cinque e trenta del pomeriggio. Scala esterna che sale al corridoio
interno. Stanza da letto delle tre donne.
Mentre Serena e Franco salgono le scale, si ode un insistente miagolio;
come entrano nel corridoio, trovano un gatto tigrato che va loro
incontro miagolando, dando la sensazione di voler comunicare con
loro.
FRANCO: - (accarezzandolo) Chissà cosa mi diresti adesso se ti capissi,
povera bestia!
SERENA: - (sorridendo) Mi dà la sensazione che voglia dirci qualcosa, ma
purtroppo non conosciamo il linguaggio dei gatti!
Mentre il gatto continua a miagolare, Serena raggiunge la porta della
stanza.
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FRANCO: - Ora vado, ci vediamo nel gompa per la meditazione guidata delle
ore diciotto.
Serena lo saluta con un cenno. Mentre Franco esce, il gatto miagolando
s’affretta a seguirlo e Serena osserva la scena sorridendo, poi bussa
alla porta e entra nella stanza, dove trova Jolanda ed Elisabetta,
ognuna seduta sul proprio letto.
JOLANDA: - (angosciata) Purtroppo da come è andato l’incidente, so che
mio figlio ha sofferto terribilmente e questa consapevolezza non mi
dà pace.
Serena si avvicina in silenzio.
ELISABETTA: - Puoi non credermi se vuoi, ma so che l’anima scossa dallo
shock d’un incidente mortale, esce in fretta dal corpo, quindi non c’è
sofferenza.
JOLANDA: - (con occhi gonfi e sofferenti) Mi hanno raccontato che durante
l’incidente mio figlio si è rannicchiato per proteggersi, ma
nell’impatto un ginocchio gli si è piantato nel cuore.
Le due amiche si fissano shockate per un attimo.
ELISABETTA: - Mia sorella Rossana ha un’amica d’infanzia, che si chiama
Katia, a cui è morto il figlio Luca di ventidue anni, carbonizzato in un
incidente stradale. Rossana non sapeva come aiutarla, perché non si
dava pace pensando alla terribile sofferenza di Luca morto tra le
fiamme. Katia però fu risollevata da un sogno che fece l’amica del
cuore di Luca; lo sognò che le andava incontro sorridendo, allora lei
sorpresa gli disse di correre da sua madre, che soffriva terribilmente
per lui. Luca rispose che non poteva andarci perché c’era troppo
dolore. Allora l’amica del cuore gli chiese se aveva sofferto molto e
Luca rispose felice di no, perché era uscito dal corpo prima
dell’incendio.
SERENA: - (pensierosa) Quindi lo spirito di Luca avrebbe visto il suo corpo
bruciare tra le fiamme, dall’alto, senza soffrirne!
JOLANDA: - (fissando Elisabetta ) Straordinario il messaggio di Luca.
ELISABETTA: - (soddisfatta) Sono sicura che anche tuo figlio non ha
sofferto, ma se vuoi che dall’alto dei cieli sia sereno, pensalo con
amore e accettane il trapasso.
SERENA: - Ho letto che, se vogliamo che vivano in pace, noi dobbiamo
accettare il loro trapasso con amore e non soffrire.
JOLANDA: - (rasserenata) Credetemi, mi sento meglio.
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Chiude su primo piano (close up) delle tre donne, mentre si guardano e
sorridono felici.
32. Sette novembre. Mattino 6,30, morning meditation nel gompa.
Tutti gli ospiti sono seduti per terra sui cuscini nella posizione del fior di
loto e stanno meditando, il gompa è semibuio. Elisabetta sta
meditando fra Jolanda e Serena. Karen è seduta nella stessa
posizione, sul piano rialzato in fondo al gompa, davanti al microfono
a dirigere la meditazione. (Mentre Karen parla, durante la
meditazione Elisabetta ha una visione Sc. 33).
KAREN: - …Visualizzate la luce e il nettare irradiante, di colore bianco,
sgorgare dal cuore del Guru Shakyamuni Buddha. Questi entrino nel
vostro corpo, nella vostra mente, purificando malattie, spirito,
sofferenza, karma negativo e oscurità. Immaginate che tutto ciò sia
portato via da voi, esattamente come lo sporco lascia i panni quando
vengono lavati.
33. Durante la meditazione Elisabetta ha questa visione.
Vede il Dalai Lama che le va incontro sorridendo e l’abbraccia
affettuosamente.
Campo medio (MLS) di Elisabetta seduta nella posizione del fior di loro
(indossa maglione nero e pantaloni rossi), mentre riapre gli occhi
sorpresa, poi sorride felice.
Karen suona il gong di fine meditazione.
Chiude su panoramica (pan shot), mentre tutti si scompongono e si
stirano le membra rilassati.
34. Mattino. Esterno. Giornata di sole. Di fianco al gompa.
Di fianco al gompa, sotto un grosso albero che protende i suoi rami
verso la vallata, alcune persone guardano discorrendo sotto voce lo
splendente paesaggio sotto il sole del mattino. Mentre Elisabetta
passa vicino al grande albero, vede Jean Francois , il monaco, e gli
va incontro.
ELISABETTA: - Bonjour, François!
François le sorride.
ELISABETTA: - Mi scusi se la disturbo, ma questa mattina, mentre facevo
meditazione, sono rimasta colpita da una visione che non mi
aspettavo.
FRANCOIS: - (curioso) Mi racconti, l’ascolto!
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ELISABETTA: - (fissando il monaco negli occhi) Veramente ero concentrata
su ciò che diceva Karen, perciò sono rimasta molto sorpresa,
quando in una visione ho visto il Dalai Lama che mi abbracciava
affettuosamente.
FRANCOIS: - (sorpreso) Ne sia felice, è certamente un buon segno!
ELISABETTA: - (raggiante di felicità) Grazie François, grazie!
Inquadratura (shot) dei due personaggi.
FRANCOIS: - (sorride e se ne va) Buona giornata e auguri!
35 Esterno. Ufficio informazioni. Cortile del monastero. Interno. Infermeria,
ore 13.00.
Un monaco (media altezza, magro, viso lungo, occhi scuri) con una
chiave in mano, seguito da Serena ed Elisabetta, esce dall’ufficio
informazioni, attraversa il cortile del monastero e raggiunge
l’infermeria di fianco alla ruota della preghiera, che ad ogni giro fa
suonare il trillo della campanella. Apre il lucchetto, poi la porta
dell’infermeria e entra. In fondo alla stanza c’è una grande finestra
che s’affaccia sulla vallata, un lettino, alcuni sgabelli, due armadietti
di vetro pieni di medicine, un lavandino. Ai due lati delle pareti,
scaffali di legno appesi, pieni di medicinali in disordine e di libri di
medicina in varie lingue; sopra uno degli scaffali due quadri, uno del
Dalai Lama e l’altro del Buddha. Di fianco all’entrata sotto una
finestra che dà sul cortile, una scrivania con una sedia.
IL MONACO: - (con un sorriso sulle labbra) Di solito sono io che mi occupo
dell’infermeria, quindi per qualunque cosa chiamatemi.
Serena s’avvicina agli scaffali e guarda le medicine.
IL MONACO: - Come vede, le medicine sono tutte in vista, basta un’occhiata
per trovarle.
SERENA: - (sorridendo) Va bene, grazie!
Il monaco se ne va.
ELISABETTA: - Prima che arrivi qualche paziente, cerchiamo di organizzarci.
Serena controlla la data di scadenza di alcune medicine, poi si guarda
intorno.
SERENA: - (brontola) Quanta polvere, questa infermeria ha bisogno anche di
una pulita.
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ELISABETTA: - (sorridendo) Un’assistente ce l’hai, devi solo dare gli ordini.
Serena ride divertita, poi prende la lista dei turni dei medici sulla
scrivania e ci dà un’occhiata.
SERENA: - (osserva) Sono pochi i medici volontari iscritti in questa lista; se
sei d’accordo, quando ce ne sarà bisogno, verremo noi.
ELISABETTA: - (dando un’occhiata in giro) Se lei, mia cara dottoressa, si
accontenta di una assistente cieca come una talpa, io sono
d’accordo.
Serena scoppia a ridere per l’ennesima volta.
SERENA: - Non avrò problemi, ormai tu sei in grado di usare il terzo occhio.
Mentre Elisabetta scoppia a ridere divertita, entra barcollando una
giovane negra con capelli ricci che le cadono sulle spalle, media
altezza, robusta, bermuda verdi con margherite, maglietta gialla.
LA PAZIENTE: - (addolorata) Dottoressa, le ginocchia mi si sono gonfiate,
non posso piegarle, mi fanno male.
Mentre Elisabetta prende uno sgabello e aiuta la ragazza che si siede
piegando lentamente le ginocchia, Serena va a rovistare in uno
scaffale tra le medicine.
SERENA: - Guarda, sei fortunata, c’è una medicina omeopatica molto
efficace.
In quel mentre un giovane attraente, alto, magro, con capelli lunghi,
s’affaccia alla porta, Elisabetta lo invita ad entrare e lo fa sedere su
un altro sgabello, lui le fa vedere un ascesso sul braccio con del pus,
intanto Serena ha preso una penna e ha scritto alcune cose sulla
scatola della medicina omeopatica.
SERENA: - (porgendola alla ragazza) Ecco, ho scritto sulla scatola le
modalità d’uso, vedrai che andrà meglio, ma ritorna a farti vedere,
OK!
LA RAGAZZA: - (alzandosi lentamente dallo sgabello) La ringrazio di cuore,
dottoressa.
La ragazza se ne va barcollando. Intanto Elisabetta si avvicina ad uno
scaffale e prende della tintura.
ELISABETTA: - Serena, il signore ha un ascesso sul braccio.
Panoramica dei tre.
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SERENA: - (osserva l’ascesso) Mi dispiace, ma dovrò farle una piccola
operazione.
36. Ore venti. Interno gompa.
Le luci nel gompa sono accese. Karen e il Venerabile Neil cantano
insieme agli studenti per 21 volte il mantra “Om mani padme hum!”.
Tutti gli studenti sono seduti nella posizione del fior di loto, hanno il
libro delle preghiere chiuso tra le mani o sul cuscino. Jolanda,
Elisabetta e Serena sono nel loro solito posto e cantano rilassate.
Poi Elisabetta osserva Jean François (stacco sul gruppo e primo piano
di Jean François), mentre sereno canta insieme al gruppo dei
francesi di fronte a lei, sul piano rialzato, di fianco a Karen e al
maestro Venerabile Neil.
Stacco su Elisabetta, mentre smette di cantare, chiude gli occhi per un
attimo ed ha la seguente visione: vede Jean François caricarsi sulle
spalle un enorme e pesante zaino bianco. Elisabetta riapre gli occhi
pensierosa e riprende a cantare in coro.
La preghiera finisce e, mentre Karen si alza in piedi e prende il
microfono in mano, fuori dal gompa si ode un gatto miagolare,
insistentemente.
KAREN: - (non si scompone) Bene, devo informarvi che da questa sera fino
alla fine del corso, dalle ventidue al pranzo di ogni giorno, si dovrà
stare in silenzio. La pratica vi aiuterà a focalizzare l’attenzione sullo
sviluppo della vostra consapevolezza esteriore e interiore…
Intanto il gatto tigrato è entrato nel gompa miagolando sempre più forte
e passa tra gli studenti, che ridono divertiti.
KAREN: - (brontola, mentre tutti continuano a ridere divertiti) Per favore,
qualcuno metta fuori il gatto e chiuda la porta.
Qualcuno prende al volo il gatto, che sembra protestare con alcuni
miagolii nervosi e ciò provoca un’ennesima risata generale.
KAREN: - Prima di augurarvi la buona notte, devo informarvi che nessuno,
durante il corso, può lasciare il monastero e siete pregati di
frequentare tutte le sessioni. Vi ringrazio per la comprensione.
Buona notte.
Serena ridendo, mentre tutti escono, racconta a Jolanda ed Elisabetta.
SERENA: - Ho sentito dire che l’anima di quel gatto è l’incarnazione di un
monaco condannato a girovagare per il monastero, per essersi
comportato male in una sua vita precedente.
43
Jolanda ed Elisabetta ridono divertite.
ELISABETTA: - Povero animale, sembrava volesse comunicarci qualcosa.
Le tre donne s’avviano fuori dal gompa.
SERENA: - Jolanda, sono preoccupata, mi chiedo come faremo a tappare la
bocca a quella chiacchierona di Elisabetta, adesso che dovremo
stare in silenzio.
Le tre amiche scoppiano a ridere divertite.
ELISABETTA: - (esclama) Senti chi parla!
37. Otto novembre. Mattino soleggiato, ore otto, breakfast. Interno refettorio.
Il refettorio è pieno di gente. Ognuno si serve la colazione tra le pentole
fumanti di porridge (zuppa di avena) e ceste di piadine fritte e pane.
Tutti fanno colazione in silenzio, si odono solo i rumori dei cucchiai
nelle scodelle. Franco, Serena, Elisabetta e Jolanda sono seduti al
solito tavolo sotto la finestra, che s’affaccia sulla vallata illuminata
dal sole del mattino. Mangiano le ultime cucchiaiate di porridge e
lasciano da parte le loro ciotole vuote, passano alle piadine fritte che
hanno posato sul tavolo e si danno delle occhiate, mentre le
spezzano con fatica. Serena sta cercando di fare lo stesso, ma il
primo tentativo fallisce, la piadina si allunga. Mentre le tre donne
cercano di trattenere le risa, Franco, che vorrebbe rispettare il
silenzio, non ci riesce.
FRANCO: - (sbraita) Santo cielo Serena…
Poi si tappa la bocca con una mano, rendendosi conto di aver attirato
l’attenzione delle persone ai tavoli vicini. Mentre Elisabetta
sghignazza, con un colpo secco Serena strappa la piadina fritta e la
mangia. Jolanda guarda preoccupata i tre, mentre sembrano
esplodere in una risata. In quel mentre si ode la campanella che
avvisa di prepararsi per la lezione delle 8.30.
Chiude su panoramica dei quattro che continuano a masticare la piadina
fritta, mentre si fissano in silenzio.
38. Mattino. Interno gompa.
Dalle finestre aperte entrano i raggi del sole che illuminano il gompa
pieno di studenti seduti sui loro cuscini, intenti ad ascoltare la
lezione del maestro Neil, seduto sul suo trono colorato, mentre ogni
tanto sfoglia un libro. Di quando in quando qualcuno tossisce, altri si
soffiano il naso.
Karen assiste alla lezione dal suo solito posto.
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IL MAESTRO: - Come sapete il Dharma è l’insegnamento spirituale del
Buddha Shakyamuni, che diede il primo giro di ruota della dottrina a
Benares, con la formula fondamentale delle Quattro Nobili Verità, che
sono:
Prima: l’esistenza nell’universo fenomenico è inseparabile dalla
sofferenza e dal dolore.
Seconda: la causa della sofferenza è il desiderio di esistere nel mondo
dei fenomeni.
Terza: la cessazione della sofferenza si ottiene sradicando ogni
desiderio di esistere nel mondo dei fenomeni.
Quarta: per cessare di soffrire occorre percorrere il Nobile Ottuplice
Sentiero, i cui principi sono: retta opinione, retto movente, retta
parola, retta azione, retti mezzi di sussistenza, retto sforzo, retta
attenzione e retta meditazione.
Appena il maestro ha finito di leggere le Quattro Nobili Verità, si ode
fuori del gompa il miagolio del gatto, che si avvicina sempre più alla
porta. Esplodono alcune risate, poi il gatto smette all’improvviso di
miagolare.
IL MAESTRO: - Ecco dunque la formula in forma concisa:
1. Tutta l’esistenza è dolore
2. La vera origine del dolore è stata scoperta.
3 L’estinzione di tale dolore è possibile.
4. La via che conduce all’estinzione del dolore è ottuplice.
Considerate alla luce della metafora del Buddha Grande Medico, questo
Quattro Verità sono definite così:
La prima verità del dolore specifica la malattia.
La seconda verità dell’origine mostra la causa della malattia.
La terza verità dell’estinzione è la cura.
La quarta verità della Via o del Sentiero è la medicina che cura.
La formula fondamentale riassume la vera situazione come viene vista da un
Buddha Illuminato e viene espressa con l’intento di convincere le persone
non illuminate della malattia prevalente, indicando i mezzi per ristabilire la
piena salute.
All’improvviso si ode per l’ennesima volta il gatto che miagola
insistente dietro la porta chiusa del gompa; mentre tutti scoppiano in
una risata generale, il maestro sorride divertito.
IL MAESTRO: - Insiste perché vuole entrare anche lui ad ascoltare le Quattro
Nobili Verità.
Chiude, mentre tutti scoppiano in una ennesima risata fragorosa.
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39. Ore 12.30. Esterno. Refettorio. Cortile del gompa dei monaci. Scale che
scendono al negozio del monastero.
Elisabetta e Marie escono dal refettorio (la prima indossa una tuta da
ginnastica nera rifinita in bianco, la seconda un paio di pantaloni neri
e una giacca sportiva verde).Costeggiano il gompa dei monaci, verso
la piazza.
MARIE: - Hai mangiato bene?
ELISABETTA: - (sorridendo) Devo ammettere che il cuoco del monastero è
molto bravo!
MARIE: - Lo sai, vero, che nelle ultime due settimane del mese dovremo
digiunare per una dozzina di giorni?
ELISABETTA: - Sì, lo so e credo mi farà bene, anche se so già che mi si
abbasserà la pressione.
Le due amiche attraversano il cortile del gompa.
ELISABETTA: - Trovo siate fortunati ad avere François come capo gruppo.
MARIE: - (sorridendo) François è speciale, tempo fa al monastero di Nalanda
si è impegnato a trovare i fondi per costruire uno stupa e c’è riuscito,
ora sta costruendo anche un nuovo monastero.
ELISABETTA: - (sorpresa) Straordinario, però non è facile trovare tanto
denaro.
MARIE: - (sospira) Per il momento ha avuto una donazione consistente da un
suo amico svizzero, ma speriamo bene, perché ce ne vuole ancora
molto!
ELISABETTA: - Ora capisco!
Le due donne scendono le scale che portano al negozio.
MARIE: - Che cosa capisci?
ELISABETTA: - (pensierosa) L’altra sera durante la preghiera ho avuto una
visione di Francois che si caricava sulle spalle un enorme e pesante
zaino bianco.
Marie riflette un attimo, mentre si avvicinano al negozio.
MARIE: - Certo, un fardello pesante materialmente, ma anche spiritualmente,
se si considera l’impegno che François ha come monaco verso gli
uomini.
ELISABETTA: - (conclude mentre s’avvicinano al negozio) Sicuro.
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40. Ore due. Interno. Corridoio. Salotto di fronte alla vetrata che dà sulla
vallata.
Un salotto in legno scuro, con due poltrone piccole e due grandi,
ricoperte di tessuto rosso e oro, tavolino basso. Sulle pareti alcuni
quadri con divinità buddiste. Davanti al salotto grande vetrata con
due finestre che danno sulla vallata, attorno alla costruzione alcuni
alberi enormi puntano i loro rami verso il cielo azzurro. Il gruppo dei
francesi è seduto sulle poltrone, una di fronte all’altra, con tavolino
al centro.
Elisabetta Franco e Serena raggiungono il gruppo.
ELISABETTA, FRANCO E SERENA: - Bonjour à tout le monde!
Si ode un altro coro di bonjour da parte del gruppo. Elisabetta sceglie
una poltrona all’ombra, Serena e Franco si siedono su un divano
vicino a Alain, al sole, dove rimane un posto libero. Appeso ad
un’anta della finestra di vetro aperta c’è un paio di blue-jeans stesi
ad asciugarsi. Subito dopo, alle due in punto, arriva Francois in tutta
fretta e va a sedersi vicino a Serena nell’unico posto libero, al sole.
FRANCOIS: - Bene, possiamo incominciare la discussione sulle Quattro
Nobili Verità.
François prende un lembo del cappuccio della veste che scende sulle
sue spalle e con una mano, per proteggersi dal sole, se lo tiene
appoggiato alla testa.
ELISABETTA: - (si alza in piedi) François, ti prego, vieni a sederti nella mia
poltrona all’ombra, è un sacrificio che faccio molto volentieri per te!.
FRANCOIS: - (sorpreso) Non ti preoccupare per me, Elisabetta, stai seduta!
ELISABETTA: - Insisto, François, è la terza volta che finisci al sole, tu sei qui
per aiutarci a capire il Dharma, quindi alzati da quel divano ribollente
e vieni all’ombra.
Il gruppo scoppia a ridere. François si alza e va a sedersi sulla poltrona
mentre Elisabetta va a sedersi al sole.
FRANCOIS: - Allora chi è il coraggioso che fa la prima domanda?
WILLY: - Possiamo parlare del significato conciso delle Quattro Nobili
Verità?
FRANCOIS: - Bene, allora che cos’è la Nobile Verità del Dolore?
Francois fissa il gruppo aspettandosi una risposta da qualcuno.
WILLY: - (riflettendo) La nascita è dolore, la decadenza è dolore, la malattia è
dolore, la morte è dolore; trovarsi in situazioni che non piacciono è
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dolore, la separazione da ciò che piace è dolore, non ottenere ciò
che si desidera è dolore.
FRANCOIS: - Insomma, i cinque gruppi di personalità dell’attaccamento
all’esistenza sono dolore!
In quel mentre l’anta della finestra a cui sono appesi i blu jeans si
chiude lentamente ed Elisabetta rimane all’ombra; tutti la guardano
incantati.
ELISABETTA: - Già, come vedete, la provvidenza interviene sempre, quando
qualcuno si sacrifica per il proprio fratello.
FRANCOIS: - (felice) Ben detto! Ora qualcuno mi spieghi che cos’è la Nobile
Verità dell’origine del dolore.
CATHERINE: - È la sete di bramosia che provoca la rinascita, insieme con il
piacere e l’avidità che cercano delizie qua e là; è la sete di bramosia
di piacere sensuale, è la sete di bramosia di un’ulteriore esistenza, è
la sete di bramosia di non esistenza.
FRANCOIS: - (soddisfatto) Che cos’è allora la Nobile Verità dell’estinzione
del dolore?
ISABELLE: - È l’estinzione di tale sete di bramosia, il rinunciarvi,
l’abbandonarla, la liberazione e il distacco da essa.
FRANCOIS: - E infine, che cos’è allora la Nobile Verità della Via che conduce
all’estinzione del dolore?
ELISABETTA: - È il Nobile Ottuplice Sentiero, vale a dire Retta Opinione,
Retta Risoluzione, Retto Parlare, Retto Agire, Retto Modo di
Sostentarsi, Retto Sforzo….e gli altri quali sono?
Il gruppo scoppia a ridere divertito.
FRANCOIS: - (sorridendo) Retta Concentrazione, Retta Meditazione.
Franco osserva la finestra che non si è mossa.
FRANCO: - (sghignazza) Elisabetta ha dimenticato una parte degli Otto
Fattori del Sentiero, ma la provvidenza non l’ha abbandonata ai
cocenti raggi del sole.
Una risata collettiva risuona nel salotto.
SERENA: - (osserva) Franco si prende gioco di Elisabetta ma il vento, oggi,
sembra non esserci mai stato.
Chiude su panoramica della finestra e degli alberi immobili senza un filo
di vento.
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41. 15 Novembre. Mattino ore 5.10. Interno. Stanza da letto.
Si ode il suono di una campanella che continua a suonare sempre più
forte. Mentre Serena ed Elisabetta dormono, Jolanda si siede sul
letto sbadigliando e tira la tenda, i colori dell’alba appaiono in tutto il
loro splendore in fondo alla vallata, tra gli alberi avvolti dall’oscurità;
si veste in tutta fretta e va in bagno. Intanto dal gompa dei monaci
risuonano recitazioni di mantra, canti rauchi, suoni di corni e
cembali, mentre il suono continuo della campanella diminuisce
sempre più fino ad estinguersi. Jolanda esce dal bagno, apre la porta
della stanza, va fuori e la chiude lentamente. La sveglia che Serena
tiene sotto il letto squilla, lei allunga una mano e la spegne. Tra i
suoni e i canti dei monaci Elisabetta, si alza in piedi e in camicia da
notte si mette a fare il letto.
ELISABETTA: - Queste recitazioni di mantra, i canti rauchi e i suoni mattutini
di corni e cembali rendono tutto più misterioso.
Serena, sbadigliando, scende dal letto, si toglie una calzamaglia, il
maglione e la sciarpa con cui ha dormito e rimane in pigiama;
arrotola il sacco a pelo che aveva sopra le coperte.
SERENA: - Senti, chiacchierona, ti sei dimenticata che bisogna fare silenzio?
ELISABETTA: - (brontola) Scusa, mi dimentico, non essendo abituata a
queste cose.
SERENA: - Se vuoi possiamo parlare, ma vediamo di non disturbare
Jolanda, lei ci tiene a rispettare le regole e fare silenzio.
Mentre Elisabetta tira la coperta, dal fondo del letto scivola per terra il
suo libretto della preghiera.
SERENA: - (lo raccoglie e lo sfoglia) Ma questo non è il libretto del sutra del
loto della Soka Gakkai?
ELISABETTA: - (mentre finisce di fare il letto) Si! Io penso che l’umanità sia
un’anima sola con Dio, quindi tutte le religioni, quando insegnano
l’amore e la fratellanza, portano alla stessa fonte.
Mentre Elisabetta si siede sulla poltrona, Serena sorride sorpresa.
SERENA: - Hai ragione!
ELISABETTA: - Io la penso come Alice A. Bailey che ha detto: “Il Cristo
venne per dare alla vita un senso e un valore, proprio come il
Buddha venne per mostrarci chiaramente i falsi valori su cui è
edificato il nostro mondo moderno.
SERENA: - (riflettendo) Chiaro il messaggio!
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ELISABETTA: - La Bailey ha anche detto che il Buddha diede le regole per i
discepoli in preparazione ai Misteri, mentre Cristo indicò le tappe
successive e mostrò i processi d’iniziazione del momento della
nuova nascita nel Regno fino a quello della risurrezione finale alla
vita.
Tra i canti e i suoni dei monaci Serena si alza in piedi e va a preparare i
caffè.
SERENA: - Ma il sutra del loto cosa c’entra con tutto ciò?
ELISABETTA: - Il sutra del loto è il mantra donato al mondo dal Buddha
Shakyamuni, la cui essenza è stata rivelata da Nichiren Daishonin, il
Buddha originale dell’Ultimo giorno della Legge.
Si odono dei passi avvicinarsi alla stanza.
SERENA: - (sussurra) Silenzio, sta arrivando Jolanda.
Chiude, mentre si apre la porta: entra Jolanda sorridendo, perché
intorno non si ode una mosca volare.
42. Mattino. Ore 6.30. Morning meditation. Interno. Gompa.
Tutti gli ospiti sono seduti nella posizione del fior di loto. Jolanda,
Elisabetta e Serena, con tute da ginnastica colorate, stanno
meditando nel loro solito posto. Ogni tanto Jolanda e Serena si
soffiano il naso, con qualche colpo di tosse. Si ode tossire e soffiare
il naso anche da parte degli altri ospiti. Le tende coprono le finestre,
poche luci illuminano il gompa. Karen sta dirigendo la meditazione,
mentre Elisabetta ha una visione.
KAREN: - (al microfono) Ognuno di voi mediti: devo raggiungere
velocemente l’illuminazione, per poter liberare gli innumerevoli tipi di
esseri umani dall’inimmaginabile oceano di sofferenza del samsara
che è causa di dolore che porta ad una totale impareggiabile
illuminazione. Quindi medito per progredire sul sentiero che porta
all’illuminazione.
Elisabetta è immobile, ha gli occhi chiusi.
ELISABETTA: - (voce fuori campo voice off screen)Troverò nel futuro un
produttore per le mie sceneggiature?
Nella mente Elisabetta vede un gruppo di monaci che sparano in cielo.
Elisabetta apre gli occhi confusa, poi riflette cercando di captare il
messaggio, mentre Karen continua a parlare lentamente.
Poco dopo Elisabetta apre gli occhi e sorride.
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ELISABETTA: - (voce fuori campo, voice off screen) Ho capito, dovrò
chiedere ai monaci di “sparare” in cielo una preghiera per le mie
sceneggiature.
43. Pomeriggio, ore 17.00. Esterno. Uscita dal gompa. Salita che porta dal
gompa all’ufficio.
Elisabetta, Jolanda e Serena escono dal gompa fra gli studenti. È una
giornata nuvolosa. Serena si soffia il naso e Jolanda tossisce,
Elisabetta tira fuori dalla borsa una scatola di caramelle .
ELISABETTA: - Ho una scatola di caramelle per la gola, le divido per tre,
ecco prendetele e guarite presto.
Girano attorno al gompa
LE DUE DONNE: - (le accettano felici ) Grazie Elisabetta!
SERENA: - Purtroppo, domani avremo la fila davanti all’infermeria, ci sono
parecchi influenzati, soprattutto tra quelli che dormono nelle tende.
JOLANDA: - (seria) Di notte fa freddo, dovremo incominciare a chiudere la
finestra, altrimenti ti raffredderai anche tu, Elisabetta.
Salgono su per la rampa verso gli stupa
ELISABETTA: - Non vi preoccupate per me, io resisto, ho la pelle dura.
SERENA: - (sghignazza) Ho paura che, se non hai la pelle resistente di un
bufalo, sarà difficile che tu possa passare indenne questa ondata di
virus.
ELISABETTA: - Ci vediamo dopo al refettorio per il the, ora devo andare un
attimo in ufficio, ciao!
Stacco su (cut to) Elisabetta che s’allontana lasciando le amiche.
Chiude, mentre scende lungo la rampa, verso l’ufficio.
44. Esterno. Interno. Ufficio.
Elisabetta s’affaccia sulla porta dell’ufficio e vede che il monaco
Thubten Khedup sta parlando con una signora robusta, di media
altezza, sui quaranta, capelli neri, mossi, occhi scuri, viso paffuto.
Elisabetta sta per andarsene.
IL MONACO: - Entri pure, stiamo solo facendo quattro chiacchiere.
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LA DONNA: - (sorridendo) Si, quando posso vengo a fargli perdere del
tempo.
IL MONACO: - (con un sorriso luminoso) In cosa posso esserle utile?
Intanto la signora che è seduta davanti alla scrivania indica una sedia
vicino a lei.
ELISABETTA: - (sedendosi) Dovrei far recitare una preghiera ai monaci,
quindi vorrei sapere chi devo pagare e se si deve partecipare alla
cerimonia.
LA DONNA: - (eccitata) Signora, la prego, vada alla cerimonia, altrimenti non
sa che cosa si perde.
IL MONACO: - (sorridendo) Non è obbligatorio, se preferisce andare a
meditazione faccia lei, perché la preghiera di solito si svolge dalle
6,00 alle 6.45.
ELISABETTA: - Veramente ero indecisa, ma la signora mi ha convinta.
La donna sorride compiaciuta.
IL MONACO: - Senta, parlerò coi monaci e le farò sapere la data in cui si farà
la preghiera, il costo si aggira sulle settantamila rupie.
ELISABETTA: - (alzandosi in piedi) Bene, vi ringrazio tutti e due, buona
serata.
IL MONACO: - Buona serata anche a lei!
Chiude su primo piano dei tre mentre si sorridono felici.
45. Ore 21.10. Esterno. Rampa che scende al piazzale. Scale che salgono al
gompa dei monaci. Interno gompa.
Elisabetta tiene in mano la torcia accesa, mentre scende con Jolanda
lungo la rampa che dà sulla vallata, dove i villaggi brillano illuminati
da miriadi di luci.
JOLANDA: - Ogni volta che chiediamo a Serena di fare una passeggiata con
noi, dice che ha freddo, come mai?
ELISABETTA: - Dice sempre che il suo sangue scorre più lento del nostro,
quindi lei sente freddo anche quando non lo è.
Raggiungono le scale del gompa.
JOLANDA: - Infatti tutte le sere prima di andare a letto si veste, come fosse al
Polo nord.
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Salgono le scale.
ELISABETTA: - (ridendo) Al mattino non viene a colazione, perché trema
soltanto al pensiero di dover uscire.
JOLANDA: - (seria) Che terribile sentirsi così condizionati dal freddo.
Attraversano il piazzale del gompa.
ELISABETTA: - Già, come vedi ognuno di noi porta la sua croce, ragion per
cui bisogna mettere in pratica il Dharma, per uscire in fretta da
questo labirinto di rinascite e sofferenze.
Mentre Jolanda riflette, raggiungono l’entrata del gompa, si tolgono le
scarpe e le lasciano accanto ad altre, vicino alla porta, ed entrano. Il
soffitto del gompa è pieno di disegni e divinità buddiste dai colori
sgargianti, in fondo al gompa tre Buddha (uno grande ai cui lati due
piccoli), in oro con vesti arancione, contornati da disegni suggestivi.
All’interno del gompa ci sono alcuni ospiti che osservano le
fotografie di Lama Yeshe e di altri defunti, riposte ai piedi del grande
Buddha.
Elisabetta segue Jolanda.
JOLANDA: - (si ferma e le sussurra all’orecchio) Ora ti faccio vedere dove
devi lasciare il mala (rosario), così quando sarà benedetto, andrai a
riprenderlo.
ELISABETTA: - (sussurra) Oggi Serena e Franco mi hanno detto di aver visto
un bellissimo mandala.
JOLANDA: - Si! Adesso ti ci porto!
Le due donne proseguono sul lato sinistro del gompa e raggiungono un
tavolino pieno di oggetti sacri, di fronte al piccolo Buddha. Jolanda
indica all’amica il tavolo.
JOLANDA: - Ecco, metti il tuo mala in mezzo a quegli oggetti sacri, così
domani durante la funzione Lama Lhundrup Rigsel lo benedirà.
Elisabetta tira fuori dalla borsa il mala e lo mette sul tavolo tra gli
oggetti, poi le due donne passano davanti al grande Buddha,
guardandolo interessate e fermandosi davanti al terzo ad ammirare il
grande e suggestivo mandala multicolore, sorretto da una base
quadrata ricoperta di carta colorata in rosso e blu. Dal soffitto
scendono fin quasi sul mandala grossi festoni variopinti. Le due
donne osservano il mandala.
ELISABETTA: - (sottovoce) Ho letto nel libro di Victoria Le Page intitolato
“Shambhala”, che il mandala trasmette conoscenza esoterica a
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menti iniziate, illuminando i tre piani della realtà: lo spirituale, lo
psichico e il fisico.
JOLANDA: - Sarei curiosa di sapere che cosa trasmette a noi che non siamo
delle iniziate.
ELISABETTA: - (sorridendo) Poiché il mandala viene costruito, poi distrutto,
ci ricorda che niente dura in eterno, però la sua forma, i suoi colori e
la sua bellezza ci trasmettono buona energia.
JOLANDA: - Interessante!
Panoramica (pan shot) del mandala e delle due donne.
ELISABETTA: - (sorridendo) Il mandala, oltre che rappresentare la casa del
Buddha, è anche un diagramma che simboleggia l’intero universo ed
è usato nelle pratiche meditative.
46. Mattino. 0re 8.30. Teaching (insegnamento). Interno gompa.
Le tende sono tirate, dalle finestre si vede un cielo nuvoloso e il vento
che soffia, i rami degli alberi danzano contro un cielo variabile con a
tratti raggi di sole che illuminano l’interno del gompa. Gli studenti
sono seduti sui loro cuscini, intenti ad ascoltare la lezione del
maestro Neil, seduto sul suo trono colorato, che ogni tanto sfoglia
un libro, dà un’occhiata e continua a parlare al microfono. Qualcuno
tossisce, altri si soffiano il naso.
Karen assiste alla lezione dal suo solito posto. Elisabetta, Serena e
Jolanda ascoltano attente nel loro solito posto.
IL MAESTRO: - Allora sappiamo che samsara, nel Buddismo, significa
esistenza ciclica; l’involontario e continuo ciclo di nascita e morte
causato dall’ignoranza che non comprende la vera natura della
realtà.
Il maestro rimane un attimo in silenzio, sfoglia un libro, poi continua tra
lo stupore impresso sui volti degli astanti.(inquadrature alternate dei
volti del maestro e del pubblico e delle immagini della scena che
segue, 46 bis)
IL MAESTRO: - Il Buddha, nella sua intuizione, percepì che tutti, anche
coloro che risiedevano nelle più elevate dimore della beatitudine,
erano soggetti a ripetute rinascite. Il samsara era pertanto quanto di
peggio potesse esistere.
L’inondazione è una similitudine molto azzeccata per la
tempesta tumultuosa e avanzante del samsara.
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Il Buddha a volte definiva il suo insegnamento un passaggio
sicuro verso l’altra sponda su una forte zattera. In altre occasioni
fece riferimento alla necessità per i suoi monaci di essere isole per
se stessi. Indubbiamente il primo insegnamento ai suoi primi
discepoli riguardava il modo in cui porre fine definitivamente al
processo di rinascita, il modo in cui sfuggire in maniera conclusiva e
sicura all’inondazione del samsara.
I suoi primi cinque convertiti, dopo la predicazione iniziale al
Parco dei Cervi di Benares, divennero tutti Arhat. Erano tutti alla loro
ultima nascita, quando il substrato di rinascita venne distrutto. Il
samsara, composto da una struttura a tre livelli con cinque o sei
regni di esseri viventi, è in un costante stato di travaglio, angoscia e
flusso tumultuoso avanzante. Senza sosta, gli esseri attraversano i
regni, umano, divino o infernale, perlopiù senza alcuna idea di ciò
che sta loro accadendo.
L’ignoranza della propria condizione e delle cause che ne
stanno alla base alimenta il processo e impedisce a tali esseri di
riconoscere la loro terribile situazione. Osservato in tutta la sua
lunghezza e profondità, il samsara è pertanto una gigantesca
inondazione cosmica di eventi, di esseri che si sollevano e
precipitano in un pandemonio perpetuo.
Eppure, all’interno dell’apparente confusione, tutto è
rigidamente governato da misteriose forze interne che determinano i
cicli ripetuti di crescita, declino e dissoluzione. Molte volte il Buddha
parlò ai suoi monaci di questo argomento, e il tenore delle sue
osservazioni era sempre lo stesso; sempre sottolineava l’enormità
del fardello che ciascuno di noi inconsapevolmente trasporta. Una
volta disse ai suoi monaci che il samsara è un mondo senza fine e
senza principio.
Neanche tutti i bastoni e i ramoscelli del continente indiano
potrebbero eguagliare il numero di madri e padri che un uomo ha
avuto nella sua lunga serie di esistenze. Un’altra volta disse che non
era facile trovare un essere che non fosse stato in precedenza
madre, padre, fratello, sorella, figlio o figlia di qualcuno.
Poi per mettere in risalto il concetto disse che ciascuno dei
suoi monaci aveva versato fiumi di lacrime per disperazione e
malattia, un volume di lacrime maggiore delle acque di tutti gli
oceani. Infine, disse, il cumulo di ossa risultante delle innumerevoli
morti di un uomo sarebbe stato altrettanto alto della montagna
chiamata Picco dell’Avvoltoio a Rajagrha.
46 bis. Mentre si ode il maestro che racconta (Sc. 46), si vedranno alternate
alle varie inquadrature dei volti degli studenti le immagini della scena
46 bis.
1) Dissolvenza in apertura fade-in.
55
Tra incidenti stradali, incendi, scontri di treni, aerei che cadono e navi
che affondano in un mare in tempesta si vedono alzarsi dai corpi
senza vita gli spiriti di uomini, donne e bambini, dei quali alcuni
scendono in vortici scuri oppure di fuoco, altri salgono verso la luce.
2) In un ospedale si vedono alcune madri partorire, altre con il neonato
al petto, alcuni neonati ancora in braccio ad infermiere in un pianto
dirotto.
3) Gente che lavora la terra sudando e faticando, altri che costruiscono
case, minatori che lavorano nelle miniere, operai in fabbriche,
marinai che soffrono su una nave nel mare in tempesta.
4) Un campo di battaglia dove gli uomini combattono, con morti e feriti
tra esplosioni di bombe, incendi, ecc.
5) Terremoti, maremoti, alluvioni, tempeste, uragani, ecc.
6) Uomini e donne malati che soffrono e muoiono. Uomini che piangono
e si disperano, poi un mucchio di ossa umane con crani ecc.
7) Spiriti che cadono tra le fiamme dell’inferno, altri che scompaiono
nell’oscurità, altri che s’innalzano alla luce splendente.
8) Infine, tra raggi di luce, appare il Buddha che tiene in mano un grosso
libro su cui sta scritto Dharma, sopra un mare liscio come l’olio dove
una zattera piena di uomini, donne e bambini fluttua sotto un
magnifico arcobaleno.
Il maestro osserva gli studenti in silenzio.
IL MAESTRO: - Ora riflettete un attimo su ciò che ho detto e, se ci sono
domande, sarò lieto di rispondere.
47. Esterno. Interno. Refettorio. Ora di pranzo.
Una coda di persone sta facendo la fila per il pranzo. Elisabetta, Franco
e Serena lentamente raggiungono i due tavoli all’entrata del
refettorio, dove ci sono dei piatti di ferro, ne prendono uno ciascuno
e lo asciugano con uno strofinaccio, passano davanti alle fila di
pentole fumanti e si servono vari tipi di cibo vegetariano andando a
sedersi al loro solito tavolo.
Di fianco a loro c’è il tavolo riservato ai monaci, dove stanno pranzando
il Venerabile Neil, Karen, Francois. I tre amici vedono arrivare
sorridendo il solito bambino di nove anni vestito da monaco, capelli
rasati, viso lungo, occhi vispi e intelligenti, con il suo piatto pieno,
che va a sedersi fra i monaci, accolto da un coro di saluti. Il bambino
felice si siede e incomincia a mangiare.
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SERENA: - (guardandolo) Lui è il Lama bambino Charo.
ELISABETTA: - Già, l’altra sera Karen ci ha raccontato che Charo Lama è un
chiaroveggente e ricorda le sue vite precedenti!
SERENA: - (soffiandosi il naso) Charo Lama è nato nel villaggio sotto il
monastero; appena in grado di muoversi o parlare portò sua madre
dall’altra parte del villaggio, entrò con aria sicura in una casa e le
presentò la famiglia della sua vita anteriore, affermando: “Questa
donna e questi due ragazzi sono stati mia moglie e i miei figli nella
mia vita precedente”. Poi, per convincere la madre e la famiglia
anteriore, raccontò storie e aneddoti noti soltanto a loro.
FRANCO: - (posando la forchetta sul piatto) Serena, hai omesso di
raccontare che Charo Lama si fece poi accompagnare al monastero
di Kopan e raccontò che lui aveva promesso a Lama Yeshe, nella sua
vita precedente, che sarebbe diventato monaco per aiutarlo ad
insegnare il Dharma e l’inglese, quindi doveva entrare in monastero
per diventare monaco.
SERENA: - Già, ma i monaci gli spiegarono che doveva aspettare fino a nove
anni per iniziare la vita monastica.
ELISABETTA: - Il monastero di Kopan non è stato fondato da Lama Yeshe e
Lama Zopa?
SERENA: - Sì, certo! Lama Zopa avremo l’onore di conoscerlo alla fine del
corso, invece Lama Yeshe è morto in California a soli 49 anni nel
1984.
FRANCO: - Elisabetta, avrai sentito parlare di Osel Hita Torres, il bambino
nato da un’ordinaria famiglia spagnola.!
ELISABETTA: - (sorridendo) Certo, a quanto pare Osel Hita Torres è stato
riconosciuto la reincarnazione di Lama Yeshe.
Jolanda, arriva con il suo piatto pieno che posa sul tavolo accanto ad
Elisabetta, le sfugge uno starnuto.
GLI AMICI: - Salute!
JOLANDA: - (sedendosi) Speriamo bene!
48. Ore 13.00. Interno. Esterno. Infermeria. Cortile davanti all’ufficio.
Il tempo è nuvoloso, raggi di sole spariscono e riappaiono fra nuvole
grigie, lanciando scie bianche che come laser colpiscono e
trapassano le nuvole nel cielo. Fuori dall’infermeria ci sono otto
persone tra cui due monaci di nove o dieci anni, la ragazza negra e il
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ragazzo con i capelli lunghi (i due pazienti precedenti): alcuni
starnutiscono, altri si soffiano il naso, dall’infermeria escono due
donne sorridendo. Elisabetta si affaccia sulla porta.
ELISABETTA: - Il prossimo per favore!
Entrano i due monaci, intanto Serena annota su un registro la visita
precedente. Elisabetta fa sedere sugli sgabelli i due monaci, sorride
stringendo loro una guancia, essi ridono divertiti.
ELISABETTA: - Allora bei fanciulli, che problemi avete?
I due monaci fanno capire attraverso dei cenni che parlano solo
tibetano, allora Elisabetta esce in tutta fretta.
ELISABETTA: - Serena, vado in ufficio a cercare un monaco tibetano che
parli inglese!
ELISABETTA: - (mentre passa accanto alla ragazza di colore) Come stanno le
tue ginocchia?
LA RAGAZZA: - (sorridendo) Molto meglio, grazie!
ELISABETTA: - (mette una mano sulla spalla del giovane dai capelli lunghi) E
il tuo braccio?
IL RAGAZZO: - (raggiante) Benissimo, grazie.
Chiude, mentre lei s’affretta verso l’ufficio.
49. Ore 14.00. Interno corridoio. Salotto davanti alla vetrata sulla vallata.
Tutto il gruppo dei francesi è in attesa, compreso François e Franco. In
quel mentre la porta del corridoio si apre e appare Serena con la sua
valigetta di pronto soccorso, seguita da Elisabetta.
SERENA: - (mentre si avvicinano al gruppo) Scusate per il nostro piccolo
ritardo, ma oggi avevamo molti pazienti.
François sorride comprensivo.
WILLY: - (sghignazza) Non tolleriamo ritardi noi: la prossima volta sarete
date in pasto ai cani randagi di Kopan.
Una risata generale esplode, mentre le due donne si siedono.
ELISABETTA: - Caro Willy, devo ammettere che hai la generosità del
monaco, infatti quei poveri cani sono talmente vecchi, che fanno
fatica a stare in piedi.
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Un ennesima risata esplode intorno.
FRANCOIS: - Bene, è ora della discussione sul samsara, chi vuole fare la
prima domanda?
Tutto ad un tratto non si sente una mosca volare.
ISABELLE: - Mi ha paralizzato di paura la prospettiva di un passaggio
attraverso i regni inferiori.
Elisabetta alza la mano, François le fa cenno di parlare.
ELISABETTA: - In questo caso credo che la paura ti possa servire a spronarti
ad agire bene, per poter così rompere le catene del samsara.
ALAIN: - Elisabetta, che cosa intendi con “in questo caso credo che la paura
ti serva”?
ELISABETTA: - Sono del parere che la paura non serva ad altro che ad
impedire la crescita interiore dell’uomo, quindi sarebbe bene
eliminarla.
DENIS: - (brontola) Non è facile con la prospettiva che la vita è in un costante
stato di travaglio, in un ciclo continuo di sofferenza, malattia, morte,
rinascita.
ELISABETTA: - (fissando il gruppo che pare depresso) Probabilmente state
pensando che a questo punto sarebbe meglio spararsi un colpo in
testa.
Un’ennesima risata esplode intorno.
FRANCOIS: - (fra le risa) Sarebbe una buona occasione per cadere nella
ruota delle rinascite nei regni inferiori e aggravare la nostra
situazione.
FRANCO: - (serio) Se riflettiamo, la via c’è per sparire per sempre dalla faccia
della terra e dalla rinascita.
SERENA: - È possibile soltanto se diventiamo dei Buddha.
DENIS: - Il Buddha ci ha donato il Dharma, la spada di diamante, con cui
combattere l’ignoranza e trionfare verso la luce.
FRANCOIS: - (sorpreso applaude) Bravo Denis, così si fa!
Chiude, mentre il gruppo fissa Denis eccitato e tra urla e grida applaude.
50. 17,30, pomeriggio. Interno. Esterno. Ruota della preghiera. Piazzale,
ufficio.
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Ad ogni giro la ruota della preghiera fa suonare una campanella,
Elisabetta entra, ci gira intorno tre volte ed esce nel cortile, dove tre
monaci tra cui Thubten Khedup, stanno parlando tra di loro in
tibetano. Quando quest’ultimo vede Elisabetta, lascia il gruppo e le
va incontro.
THUBTEN KHEDUP: - Per favore, vuole seguirmi in ufficio.
Elisabetta segue il monaco in ufficio, che le fa segno di accomodarsi
sulla sedia davanti alla scrivania, mentre anch’egli va a sedersi.
THUBTEN KHEDUP: - Allora, domani alle 6,00, ci sarà la funzione. Ma
dovremmo sapere se la preghiera sarà per i morti o per il successo
di qualche buona causa.
ELISABETTA: - (sorride) Veramente non avrei mai pensato di fare recitare
una preghiera, ma durante la meditazione ho avuto una visione che
mi suggeriva di farlo.
IL MONACO: - (fissa Elisabetta) Davvero?
ELISABETTA: - Ho quasi terminato la mia terza sceneggiatura, due le ho già
spedite a dei produttori, quindi durante la meditazione chiedevo se
nel futuro avrei trovato qualcuno interessato.
IL MONACO: - (curioso) Di cosa trattano le sue sceneggiature?
ELISABETTA: - Sono storie vere, basate su esperienze paranormali e ispirate
a concetti filosofici buddisti, per dare un messaggio.
IL MONACO: - (stupito) Bene, interessante!
ELISABETTA: - (sorridendo) Volevo dirle che durante la meditazione ho visto
un gruppo di monaci che sparavano in cielo, con dei fucili.
Il monaco scoppia in una risata fragorosa.
IL MONACO: - Ora capisco il concetto.
ELISABETTA: - (sorridendo) Trovo che il messaggio significhi che è difficile
trovare un produttore, perciò devo far “sparare” in cielo dei mantra
dai monaci.
Piano americano (medium shot), mentre i due scoppiano in una risata.
IL MONACO: - Interpretazione molto calzante!
51. Mattino. 17 novembre. Ore 5.55. Esterno. Scale. Rampa che dà sulla
vallata all’alba.
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Si apre la porta del grande corridoio, esce Elisabetta con un paio di
pantaloni e maglione nero e uno scialle rosso vino che si arrotola
sulle spalle, scende le scale e in tutta fretta sale quelle che portano
ai piedi della collina e s’avvia verso il gompa. Sulla rampa dà
un’occhiata ai bagliori del sole che sorge all’orizzonte, dietro le
colline nella valle, con pallidi colori, rosa - argento, giallo - arancione
e oro. Raggi bianchi sbucano tra nebbie vaganti sopra la valle
addormentata, poi il si ode il canto di un gallo echeggiare lontano.
Chiude su panoramica (pan shot) del sole che sorge
52. Esterno. Piazzale e scale del gompa. Interno.
Elisabetta raggiunge le scale, le sale, si toglie le scarpe e le mette vicino
ai sandali dei monaci, entra in silenzio e si trova di fronte a quattro
lunghe file di monaci (compresa una decina di bambini monaci),
seduti nella posizione del fior di loto, con cembali, corni e altri
strumenti. Le quattro file di monaci si dividono in due, una di fronte
all’altra, separate da un tappeto che porta ai tre Buddha. Si sente gli
occhi puntati addosso, ha un attimo d’imbarazzo, poi si prostra tre
volte al centro del gompa e va a sedersi su di un cuscino vicino al
muro, poco lontano dall’entrata.
Un monaco va da lei e le indica un cuscino di fronte a un tavolo nella
parte sinistra del gompa; mentre lei va e si siede sul cuscino nella
posizione del fior di loto, i monaci cominciano le recitazioni di
mantra tra canti rauchi, suoni di corni e cembali; ecc.. (riprese di lei
intenta a pregare e dei monaci, mentre cantano, recitano, suonano il
corno ed altri strumenti, dissolvenza incrociata a scandire il tempo
che trascorre).
Finita la funzione, un monaco va da Elisabetta, la invita a seguirlo al
centro delle due file di monaci, le mette una kata (sciarpa bianca di
seta, che viene offerta ai lama in segno di omaggio e rispetto)
intorno al collo.
IL MONACO: - Ora si prostri tre volte!
Elisabetta si prostra tre volte, poi il monaco le passa due grosse
mazzette di rupie.
IL MONACO: - Questo è il denaro che ha pagato lei per la funzione, ora
passerà da tutti i monaci e distribuirà a ciascuno di loro dieci rupie e
il resto li restituirà a me; serviranno per l’insegnamento.
ELISABETTA: - (imbarazzata) D’accordo!
Poi lo segue tra le fila dei monaci e distribuisce il denaro ringraziando e
sorridendo a tutti. Infine il monaco la guida davanti alle foto dei due
lama defunti e le fa offrire pure dieci rupie. Un secondo monaco
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porta due kate ad Elisabetta che le offre ai due lama, mettendole
sotto la loro foto, vicino al denaro offerto. Infine di fronte a tutti i
monaci, restituisce le due mazzette di rupie rimaste, ringraziando.
Viene quindi accompagnata al suo posto mentre entrano alcuni monaci
con anfore di metallo piene di latte e riso caldo, che distribuiscono a
tutti, compresa Elisabetta a cui vengono serviti una tazza di latte e
un piatto pieno di riso; mentre tutti mangiano, Elisabetta beve il latte,
ma non mangia.
Chiude su panoramica dei monaci, mentre mangiano e bevono in
silenzio, seduti nella loro posizione del fior di loto.
53. Ore 7.35 Interno. Stanza da letto, bagno.
Elisabetta sta lavando la sua camicia da notte color pesca nel lavandino
del bagno, la porta è aperta, quando entrano Serena e Jolanda (la
prima veste un paio di pantaloni blu con giacca a vento rossa, l’altra
blue jeans e giacca sportiva blu scuro).
JOLANDA: - Elisabetta, sei andata a ritirare il tuo mala?
ELISABETTA: - (strofinando la camicia) Si, l’ho ritirato dopo la preghiera dei
monaci!
SERENA: - (curiosa) A proposito com’è andata?
ELISABETTA: - (eccitata, mentre stringe la camicia) Una funzione stupenda,
c’erano tutti i monaci del monastero, compreso i bambini monaci,
che meraviglia, pregherò per ringraziarli tutti!
JOLANDA: - Allora venite a far colazione?
ELISABETTA: - Stendo la camicia e vengo subito!
Serena comincia a camminare avanti e indietro strofinandosi le mani.
JOLANDA: - Scommetto che tu hai freddo come al solito, quindi non vieni,
vero?
SERENA: - (sussurra) Già! Scusatemi!
ELISABETTA: - (stendendo la camicia sul filo nel bagno) Va bene Serena,
quando torniamo ti portiamo qualcosa da mangiare, altrimenti ti
dovremo raccogliere con il cucchiaio.
Chiude, mentre Elisabetta e Jolanda escono dalla stanza. Dissolvenza
incrociata a simulare le ore che trascorrono.
54. Pomeriggio 0re 14.00 Interno. Corridoio. Salotto di fronte alla vallata.
Discussione.
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Il sole splende, dalle vetrate aperte si odono i canti degli uccelli. Tutto il
gruppo è seduto in attesa, manca Mireille. In quel momento si apre la
porta vicino al séparé, sulla destra del corridoio, esce Mireille, che
s’affretta sorreggendo uno sgabello, che posa accanto al gruppo e ci
si siede sopra.
MIREILLE: - (sussurra) Scusatemi.
ELISABETTA: - (rivolgendosi al gruppo) Che ne direste se, dal momento che
alcuni giorni fa abbiamo parlato della formula concisa delle Quattro
Nobili Verità, oggi parlassimo di quella amplificata?
Si ode un coro di si.
FRANCO: - (scherzando sghignazza) Perché no, futura Lama Tenzin!
Mentre François, Willy e Serena scoppiano a ridere, Elisabetta fissa
Franco.
FRANCOIS: - (spiega) Per chi non lo sa, Lama Tenzin significa maestro
detentore degli insegnamenti.
Una risata generale esplode intorno.
ELISABETTA: - (facendo finta di arrabbiarsi) Mi prendi in giro, ma fa in modo
che io non ti incontri, quando, nelle prossime vite, prima possibile,
sarò davvero un Lama Tenzin!
Un’ennesima risata esplode intorno.
FRANCOIS: - Bene, ora parliamo dei sedici aspetti delle Quattro Nobili Verità!
Che ne dici di incominciare tu, Willy ?
WILLY: - (facendo una smorfia) Ciascuna della Quattro Nobili Verità ha
quattro generi di significato sussidiario. La prima è la verità del
dolore.
WILLY: - (girandosi verso Denis ridendo) Caro Denis, a te ora l’onore di
continuare!
DENIS: - (serio) Cosa dici François, devo obbedire a quello scarica barile?
Una risata generale esplode intorno, François annuisce.
DENIS: - Allora la natura stessa dell’esistenza è dolorosa; per via della
dipendenza di tutte le cose da cause; per via del vuoto; niente è
duraturo; perché è impersonale, non si può trovare nessun vero sé.
FRANCOIS: - Chi mi parla del secondo significato amplificato, la verità
dell’origine?
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SERENA: - È la causa, perché i semi delle azioni passate diventano cause; è
l’origine perché la manifestazione è dovuta a cause immediate; è
produzione per via di una serie di apparizione successive; è
condizione per via del concorrere di varie condizioni.
FRANCOIS: - Bene, ora il terzo significato della verità dell’Estinzione.
MARIE: - È cessazione perché i gruppi di personalità si estinguono; è
tranquillità perché avidità, odio e illusione si estinguono; è sublime
perché non può avvenire nessuna calamità; è via di fuga perché non
vi sono ulteriori cause di dolore.
ELISABETTA: - (felice Magnifico!
FRANCOIS: - (sorridendo) Allora futura Lama Tenzin, qual è il quarto
significato della verità del sentiero?
Si odono alcune risate.
ELISABETTA: - (scherzando fissa il gruppo seria) Invidiosi!
ELISABETTA: - (mentre alcuni le sorridono) È la via perché la si percorre
verso il nirvana; è il metodo corretto perché è efficace e provvisto di
mezzi; è sicurezza perché conduce al nirvana; è liberazione perché
produce un’uscita finale verso l’aldilà.
FRANCOIS: - (dando un’occhiata all’orologio) Benissimo, per oggi abbiamo
terminato, preparatevi, domani parleremo della definizione di
ciascuno degli otto fattori del sentiero.
ELISABETTA: - (scherzando) Signori, il futuro Lama Tenzin augura un buon
pomeriggio a tutti.
Chiude, mentre il gruppo scoppia in una risata.
55. Ore 17.20. Uscita dal refettorio. Salita intorno alla collina. Scala che sale
sulla collina delle bandierine della preghiera.
Franco, Serena ed Elisabetta escono dal refettorio, il bambino Lama
Charo correndo passa davanti ai tre, si gira, saluta allegramente e se
ne va, mentre Karen lo segue a passi svelti.
ELISABETTA: - Che simpatico Lama Charo, è sempre così allegro.
SERENA: - Prima, quando ha raggiunto il Maestro al tavolo con la sua tazza
di the, era così buffo che tutti sono scoppiati a ridere affascinati.
Mentre i tre amici camminano intorno alla collina, s’incontrano con una
coppia di americani, con cui scambiano un sorriso.
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FRANCO: - Serena, hai parlato ad Elisabetta del libro della giornalista Vickie
Mackenzie “ Reincarnazione. Il Piccolo Grande Lama”?
SERENA: - Già, è un libro di estremo interesse sulla reincarnazione e sulla
vita di Lama Yeshe. La giornalista lo conobbe nel 1976 qui a Kopan
durante un mese di meditazione.
ELISABETTA: - (interessata) Cosa racconta il libro a proposito della
reincarnazione di Lama Yeshe?
I tre amici raggiungono la scala che porta sulla collina.
FRANCO: - Pare che Lama Yeshe nella sua vita precedente fosse una
badessa in un monastero di monache. Durante quella vita divenne
famosa come grande yoghini, radunando attorno a sé molte
monache dotate di realizzazioni spirituali.
I tre amici salgono su per la scala che porta sulla collina.
SERENA: - Si diceva che la badessa avesse pregato intensamente per
rinascere in modo da portare il Buddhismo a persone che
dimoravano nell’oscurità spirituale.
FRANCO: - Anche Lama Zopa, che divenne poi l’allievo di Lama Yeshe, fu
riconosciuto come la reincarnazione del famoso meditatore Lawudo
Lama, che trascorse gli ultimi anni della sua vita in una caverna
dedicandosi interamente alla vita spirituale, dando consigli ed
insegnamenti non solo a coloro che si recavano da lui in cerca di
una guida, ma anche agli altri yoghi delle vicine caverne. Anche lui
prima di morire promise che sarebbe ritornato per continuare ad
aiutare la sua gente.
Mentre raggiungono la cima della collina, migliaia di bandierine della
preghiera multicolori sventolano al vento.
SERENA: - Nel 1965, mentre i due Lama si trovavano al campo rifugiati di
Buxaduar, nella loro stanza irruppe la bella e famosa principessa di
origine russa, Zina Rachevsky, che si fece avanti e chiese
audacemente come si poteva ottenere la pace e la liberazione.
ELISABETTA: - (sorridendo) Personaggio fuori del comune la principessa,
qualcuno mi ha raccontato che la sua vita era stata in un certo senso
straordinaria. Suo padre era un principe Romanov sfuggito alla
rivoluzione e la madre una ricca ereditiera americana. Zina crebbe ad
Hollywood e diventò un’attrice famosa. Mi hanno anche riferito che la
collina di Kopan la comprò lei.
FRANCO: - Già, i due Lama diedero a Zina l’insegnamento che tanto
desiderava, ella decise di diventare una monaca e acquistò
l’appezzamento di terra sulla collina di Kopan.
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Elisabetta si gira attorno a guardare il magnifico panorama, che ha
come sfondo la catena montuosa dell’Himalaya.
SERENA: - Lama Yeshe, sapendo che per Zina la miglior soluzione era
continuare a fare ritiri di meditazione, la inviò in una grotta
sull’Himalaya, dove doveva trascorrere tre anni, recitando tre milioni
e seicentomila mantra oltre alle altre pratiche meditative.
Elisabetta si gira a guardare le migliaia di bandierine della preghiera che
volano al vento, sopra le loro teste.
ELISABETTA: - Zina doveva veramente essere fuori dell’ordinario: io sono
molto coraggiosa, ma non so se potrei fare una cosa del genere.
SERENA: - (sorridendo) Figurati, per noi è già un grosso sacrificio restare
con le gambe incrociate, che subito si gonfiano le ginocchia, poi
alzarci così presto al mattino è un’altra tragedia.
ELISABETTA: - (seria) Ho saputo che Zina è morta giovane, è vero?
FRANCO: - Fino alla fine la sua fu una vita drammatica; morì all’improvviso
all’età di 42 anni, quando era giunta quasi alla metà del periodo di
ritiro nella grotta dell’Himalaya. Alcuni dicono a causa dell’epatite,
altri sostengono che avesse mangiato del cibo avvelenato.
ELISABETTA: - (riflettendo) Io credo fosse giunta la sua ora, quindi in
qualche maniera doveva morire.
Serena si incanta a guardare il panorama.
FRANCO: - Lama Yeshe si svegliò una mattina alle sei dopo aver sognato
che sarebbe morta e subito si fece portare all’aeroporto e trascorse
dieci giorni con lei nella grotta.
SERENA: - Dopo la morte di Zina, Lama Yeshe la sognò vestita di abiti
smaglianti e piena di vita. Lui disse che lei voleva fargli sapere che
era andata in un reame puro e che avrebbe avuto una rinascita molto
fortunata.
ELISABETTA: - (felice) Toccante questa storia!
SERENA: - (guardando l’orologio) Oh, santo cielo, è già l’ora della
meditazione, diamoci una mossa e continuiamo a martirizzare le
nostre ginocchia.
Chiude sui tre amici, mentre si affrettano a scendere giù dalla collina.
56. Ore 18,00. Interno gompa. Meditazione.
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Gli studenti sono quasi tutti seduti nella solita posizione del fior di loto,
altri cercano di trovare la posizione per potersi rilassare. Le tre
amiche sono immobili al solito posto con gli occhi semichiusi. Karen
dà inizio alla meditazione guidata con un colpo di gong.
KAREN: - Inspiriamo ed espiriamo nove volte chiudendo con un dito la
narice destra, poi ripetiamo la stessa cosa con la narice sinistra, fino
a quando la nostra mente si è liberata da ogni pensiero, poi
riflettiamo sul fatto che soltanto il dharma aiuta nel momento della
morte. Non sarà il denaro ad aiutarci. Nudi e senza niente lasceremo
questa vita. Il re e il mendicante vivranno la stessa esperienza nella
morte…
Elisabetta non segue Karen nella meditazione, si è estraniata e non la
ode più, ha un flash back dei monaci nel gompa, mentre pregano tra
canti, mantra e suoni dei cembali e altri strumenti, rivede i volti dei
monaci bambini con i loro sorrisi pieni d’amore durante la preghiera.
ELISABETTA: - (voce fuori campo, off screen) Ringrazio con tutto il cuore i
monaci di Kopan e prego con tutta me stessa che essi siano sempre
felici e raggiungano velocemente l’illuminazione, diventino dei
Buddha e aiutino l’umanità ad uscire in fretta dal samsara.
Inaspettatamente Elisabetta ha la visione di un magnifico fior di loto
bianco socchiuso che si apre lentamente sul suo cuore girando su
se stesso e brilla di luce intensa. Apre gli occhi e raggiante di felicità
sorride.
Panoramica degli studenti in piena meditazione.
KAREN: - ….potremmo morire in ogni momento, quindi solo il Dharma da
oggi in avanti può risolvere il problema della sofferenza, morte,
rinascita.
57. 19 novembre. Mattino. Ore 5.50. Interno. Stanza da letto.
Nella stanza la tende della grande finestra sono aperte, i raggi del sole
che sorge la illuminano. Si odono dal gompa i monaci recitare
mantra, suonare trombe, cembali, corni e altri strumenti, che si
mescolano ai canti degli uccelli e a quello di un gallo che echeggia
più volte nella vallata. Elisabetta indossa un paio di pantaloni neri,
camicia arancione e corpetto imbottito nero, Serena un paio di
pantaloni e giacca a vento blu e bianca; sono sedute nel salottino
della stanza e stanno bevendo un caffè.
SERENA: - Ieri sera ho incontrato François e mi ha fatto vedere il suo dente
del giudizio che gli duole, ma sfortunatamente nell’infermeria non c’è
l’antibiotico che gli serve.
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ELISABETTA: - Non ti preoccupare, ce l’ho io, purtroppo, alcuni giorni prima
di partire, mi è stato devitalizzato un dente.
SERENA: - (fissando l’amica) E se dopo dovesse farti male, che cosa farai?
ELISABETTA: - (sorridendo) Non credo mi farà male. Ma piuttosto come sta
Lama Lhundrup, dopo le tue cure e quelle della dottoressa Eva ?
SERENA: - (orgogliosa) Adesso sta bene!.
ELISABETTA: - (felice) Era da un pò che aveva la tosse, infatti tutte le sere,
quando veniva nel gompa a rispondere alle nostre domande sul
Dharma, tossiva.
SERENA: - (flash back della visita fatta al lama nella Sc. n. 58)
Una settimana fa siamo andate a comprare due Kate di seta,
abbiamo preso dall’infermeria la cassetta del pronto soccorso e
siamo andate da lui. Si è dimostrato amabile e sorridente, poi
l’abbiamo visitato. Aveva una forte tosse e siamo state costrette a
dargli degli antibiotici.
58. (Flash back di Serena). Interno. Stanza del Lama Lhundrup Rigsel.
Lama Lhundrup Rigsel è tibetano, un monaco di media statura, magro,
viso rotondo, occhi piccoli a mandorla e scuri, sempre sorridente,
capelli rasati. Serena con la valigetta del pronto soccorso ed Eva
(una donna magra media altezza, viso lungo, occhi e capelli scuri
legati in codini, indossa una gonna a fantasia lunga, con un
maglione intonato) entrano in una stanza e si trovano davanti ad un
lungo tavolo di legno scuro, in fondo al quale è seduto Lama
Lhundrup, che come le vede sorride. Vicino ad una parete della
stanza c’è un grande paravento, sui muri un quadro col disegno di
un mandala e le foto di Lama Yeshe e Lama Zopa, sui mobili alcune
statue sacre, tra cui quella del Buddha. Le due donne si avvicinano e
si inchinano una alla volta davanti al Lama, gli offrono le sciarpe, lui
col sorriso sulle labbra le prende e gliele mette intorno al collo.
Serena apre la valigetta del pronto soccorso e si appresta con la
collaborazione di Eva a fargli la visita.
Chiude, mentre il Lama ha un colpo di tosse.
SERENA: - Pensa che stavo per dirgli che l’antibiotico avrebbe ucciso tutti i
virus, poi mi sono trattenuta, pensando che avrei fatto una brutta
figura.
ELISABETTA: - Per quale motivo avresti dovuto fare brutta figura?
SERENA: - (divertita) Come dire a un Lama tibetano che l’antibiotico che
deve prendere gli ucciderà migliaia di virus per ristabilirgli la salute,
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quando il buddismo insegna che non bisogna uccidere neanche un
insetto.?
ELISABETTA: - (scoppia in una risata fragorosa) Complimenti, molto acuto il
tuo pensiero, se tu glielo avessi ricordato, probabilmente non
avrebbe preso l’antibiotico.
59. Mattino Ore 6,20. Scale che scendono al gompa dall’interno. Esterno.
Balcone di fronte al gompa.
Elisabetta, mentre scende le scale, ode il gatto miagolare, sorride, poi lo
vede nel corridoio sotterraneo che attraversa il gompa andarle
incontro miagolando insistentemente, perciò lei lo raggiunge.
ELISABETTA: - (accarezzandolo) Mi sembra che ti lamenti un pò troppo, non
hai ancora imparato ad accettare la tua condizione di gatto?
Siccome il gatto smette di miagolare e se ne va in silenzio, Elisabetta
riflette un attimo stupita.
ELISABETTA: - (si alza e mormora tra sé) Povero gatto infelice, sembra aver
capito ciò che ho detto, ma probabilmente ha solo bisogno d’affetto.
Poi se ne va in cerca di François, sorpassa gruppi di persone che s’avviano al
gompa, intanto una giovane donna sorridendo le passa accanto suonando il
campanello di richiamo per la meditazione mattutina: ricambia il sorriso della
donna allontanandosi
JOLANDA: - (la chiama da lontano) Elisabetta!
Lei si gira e vede Jolanda che le va incontro.
JOLANDA: - Oggi verso l’una si può andare a visitare la stanza con le
reliquie di Lama Konchok, informa anche Franco e Serena.
ELISABETTA: - Già, il Lama che ha vissuto per molti anni in una caverna
recitando un numero impressionante di mantra e prostrandosi
un’infinità di volte.
JOLANDA: - Pare che tra le sue reliquie vedremo decine di perle e un pezzo
di lingua dove è impressa l’immagine di Tara, che hanno trovato tra
le ceneri, dopo la cremazione del suo corpo.
ELISABETTA: - (allontanandosi) Non ti nascondo che sono molto curiosa.
Elisabetta raggiunge il balcone del gompa pieno di studenti che si
tolgono le scarpe e s’accingono ad entrarvi, si guarda attorno, vede
François appoggiato nell’angolo della balaustra del balcone, assorto
a fissare sofferente, con una mano su una guancia, la vallata
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sottostante avvolta dai raggi del sole mattutino. Lo raggiunge e si
appoggia alla balaustra accanto a lui.
ELISABETTA: - (estraendo dalla borsetta l’antibiotico e porgendoglielo)
François, questo è l’antibiotico di cui hai bisogno, a me non serve, ti
prego assumi subito una compressa.
FRANCOIS: - (sorridendo con riconoscenza) Grazie, Elisabetta!
60. Mattino. Ore 630. Interno gompa. Meditazione guidata.
Mentre gli studenti sono quasi tutti seduti nella solita posizione del fior
di loto, cercano di rilassarsi. Le tre amiche sono immobili al solito
posto, poi l’attenzione di Serena e Jolanda cade su Elisabetta, che si
distoglie dalla posa, apre la borsetta, prende la sua corona e se la
mette intorno al collo; le due amiche allora sorridono.
ELISABETTA: - (sottovoce) Mediterò con la mia corona benedetta al collo!
Karen osserva gli studenti e vedendoli tutti immobili dà inizio alla
meditazione guidata con un colpo di gong.
KAREN: - (dopo un breve silenzio, scandendo le parole) Meditate sulle
seguenti parole di Maitreya Buddha che ha detto: “La sofferenza
deve essere conosciuta, la causa deve essere abbandonata, la salute
deve essere conquistata e la medicina deve essere presa”.
Karen fa una lunga pausa. Elisabetta è immobile, ha gli occhi
semichiusi, poi inizia a dondolare lentamente avanti e indietro,
all’improvviso ha una visione con gli occhi della mente: vede sul suo
cuore la corona trasformarsi in un magnifico mandala, al cui centro
sta una rosa bianca radiante di luce che danza lentamente su se
stessa.
Non si scompone, il suo volto sorride immobile e il suo corpo continua a
dondolare lentamente.
KAREN: - “La sofferenza deve essere conosciuta, la causa deve essere
abbandonata, la salute deve essere conquistata e la medicina deve
essere presa”.
Dissolvenza Dissolve to.
61. Pomeriggio. Ore 13.30 Esterno. Interno. Cortile. Casa. Stanza delle
reliquie di Lama Konchok.
È una splendida giornata di sole. Elisabetta, Serena, Jolanda e Franco
scendono lungo un sentiero stretto, che porta ad una casetta, sotto il
gompa, a strapiombo sopra la vallata sottostante.
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JOLANDA: - (mentre scendono) Abbiamo dieci minuti di tempo, poi dovremo
lasciare il reliquario, per un altro gruppo in visita.
SERENA: - Ci basteranno!
FRANCO: - Ricordatevi che oggi la discussione con i francesi si farà sotto
gli ombrelloni del bar.
ELISABETTA: - D’accordo, grazie!
I quattro si trovano davanti a un muro con un’entrata che porta in un
cortile, al cui interno c’è un piccolo giardino con piante in fiore.
Da una porta con una tenda colorata esce un monaco a piedi scalzi.
IL MONACO: - (sorridendo) Prego, entrate!
I quattro si tolgono le scarpe ed entrano in un piccolo corridoio, poi
nella stanza semibuia che contiene le reliquie. Sul muro sinistro una
grande foto di Geshe Lama Konchok che sorride, sotto una poltrona
piena di kate (sciarpe di seta), al centro una finestra chiusa che dà
sulla valle.
Appoggiato al muro destro c’è un tavolo con decine di piccole ampolle
di vetro dentro cui si vedono centinaia di perle, un pezzo di lingua
con sovrimpressa l’immagine di Tara (l’immagine della madre di tutti
i Buddha del passato, del presente e del futuro), un occhio eccetera..
Il monaco accende una torcia a pila e illumina la foto del Lama.
IL MONACO: - Quella è la foto di Geshe Lama Konchok, che ha lasciato il suo
corpo il 15 ottobre scorso.
ELISABETTA: - Il tre dicembre festeggerete con una puja il 49esimo giorno
del bardo di Lama Konchok, cioè l’ultimo giorno in cui potrebbe
essersi reincarnato, vero?
Il monaco annuisce, poi passa al tavolo delle reliquie e le illumina con la
torcia.
IL MONACO: - Tutte queste ampolle contengono centinaia di perle e altre
reliquie trovate nelle ceneri di Lama Konchok, dopo la cremazione.
ELISABETTA: - Straordinario!
IL MONACO: - Nello stupa funerario, tra le ceneri, oltre alle perle abbiamo
trovato alcuni capelli neri, il cuore, la lingua e un occhio. Di solito tali
organi di alta pratica tantrica non bruciano.
FRANCO: - So che avete trovato anche dei resti di ossa, su cui alcune
settimane dopo sono cresciute molte piccole perle.
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IL MONACO: - (serio) Certo!
In fila i quatto passano lentamente davanti alle ampolle di vetro e
osservano curiosi.
IL MONACO: - Molte delle perle si sono moltiplicate e si sono riprodotte in
una grande quantità.
JOLANDA: - Incredibile!
IL MONACO: - (indica delle ampolle) In quelle due ampolle ci sono
rispettivamente l’occhio e la lingua, dove l’immagine di Tara sta
emergendo lentamente.
ELISABETTA: - Tara, la madre di tutti i Buddha del passato, del presente e
del futuro!
SERENA: - (interessata) Qualcuno mi ha raccontato che durante la
cremazione sono apparsi alcuni arcobaleni, che poi si sono dissolti
lentamente tra le nuvole.
IL MONACO: - (felice) Khenrimpoche Geshe Lhundrup ha detto” È come se il
corpo di Geshe Lama Konchok fosse un gioiello prezioso”.
Tutti osservano stupiti il monaco, mentre aggancia la torcia sopra il
tavolo, poi va ad aprire un cassetto e prende un pacco di foto.
IL MONACO: - Ecco, venite vicino a me, vi faccio vedere delle foto di Lama
Konchok.
Chiude, mentre si radunano intorno al monaco.
62. Pomeriggio. Ore 14.00. Esterno. Sotto l’ombrellone del bar.
Di fianco al bar di Kopan, con vista sulla vallata, ci sono due grandi
tavoli quadrati con panchine verdi e ombrelloni rossi a frange
bianche che volano al vento. Quasi tutto il gruppo è seduto a
discorrere, quando Willy si incanta a guardare davanti a lui stupito,
allora tutti si girano a guardare curiosi, e vedono giungere Catherine
e Letizia con i capelli rasati, allora esplodono grida e urla di
consenso.
WILLY: - (eccitato) Coraggiose le fanciulle!
ELISABETTA: - (stupita) Complimenti ragazze, questo è davvero un buon
esempio per Willy; se vuole davvero diventare un monaco, dovrà
darsi una mossa.
In quel frastuono di grida eccitate, li raggiunge Francois.
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FRANCOIS: - Bene, ora mi sembra il caso di ricordare le definizioni di
ciascuno degli otto fattori del sentiero. Che ne dite?
DENIS: - (scherzando) Ma François, lasciaci ammirare le nostre future
monache, ti prego, facci respirare un attimo, prima che ci venga un
collasso.
Una risata echeggia nella vallata.
FRANCOIS: - Serena, per favore, corri a prendere una bombola d’ossigeno,
perché se mi muoiono, sarà complicato recuperarli dall’inferno.
Un’ennesima risata esplode intorno.
ELISABETTA: - François, non ho avuto il tempo di chiederti come va il mal di
denti, ma dall’energia che sprigioni si direbbe che stai bene, vero?
FRANCOIS: - (felice) Per merito tuo, Elisabetta, grazie per l’antibiotico!
Tutti applaudono tra grida e urla di gioia.
FRANCOIS: - Bene, la nostra risata giornaliera l’abbiamo fatta, adesso
qualcuno mi spieghi che cosa si intende per Retto Parlare.
LETIZIA: - Il Retto Parlare è l’astenersi dalla falsità, dal discorso malvagio,
duro o frivolo.
CATHERINE: - Il Retto Agire è astenersi dal togliere la vita, dal rubare e dalla
cattiva condotta sessuale
FRANCO: - (ridendo) Complimenti alle nostre future monache!
Si odono alcune risate.
FRANK: - Il Retto Modo di Sostenersi è guadagnarsi da vivere con mezzi
appropriati.
Lena : - Il Retto Sforzo è impedire la formazione di cattivi pensieri e dissipare
quelli già presenti. È produzione di buoni pensieri non ancora sorti e
sostentamento di quelli già presenti.
ISABELLA: - La Retta Concentrazione è una grande attenzione al corpo, alle
sensazioni, alla mente e al Dharma.
ALAIN: - La Retta Meditazione è raggiungere e dimorare nelle Quattro
Profondità Meditative.
WILLY: - Mi pare che abbiate perso due degli otto diamanti dell’Ottuplice
Sentiero!
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FRANCOIS: - Bravo Willy, il tranello c’era, ma solo il tuo orecchio vigile se
n’è accorto, complimenti, ora però mi devi dire quali sono, per
favore.
WILLY: - (riflettendo) Allora avete dimenticato il primo e il secondo diamante
dell’Ottuplice Sentiero, i quali sono: Retta Opinione e Retta
Risoluzione.
Chiude, mentre esplode un applauso.
63. Ore 20.00. Interno gompa. Sessione di meditazione. Visualizzazione di
Vajrasattva e della consorte. (È la principale divinità utilizzata dai
praticanti di ogni livello del tantra per purificare la mente)
Le luci nel gompa sono accese. Karen e il Venerabile Neil cantano
insieme agli studenti il mantra di Vajrasattva “The Power of the
Remedy” (Il potere del rimedio) in tibetano. Tutti gli studenti sono
seduti nella posizione del fior di loto, sorreggono il libro delle
preghiere tra le mani e cantano. Elisabetta è in mezzo a Serena e
Jolanda, ha il libro chiuso sul cuscino e ascolta il delizioso coro,
estasiata. Il canto finisce.
KAREN: - (al microfono) Come sapete, Vajrasattva è la principale divinità
utilizzata dai praticanti di ogni livello del tantra per purificare la
mente. Ora mettete da parte il libro della preghiera e concentratevi
sulla meditazione.
(Durante la meditazione guidata da Karen, Elisabetta con gli occhi della
mente vede ciò che segue nella scena 64).
Tutti si preparano, si ode un colpo di gong che dà inizio alla sessione di
meditazione.
KAREN: - Immaginate che sulla corona della vostra testa, seduti su un fior di
loto, ci siano Vajrasattva Padre e Madre. I loro corpi sono bianchi;
ognuno ha una faccia e due braccia. Vajrasattva tiene nella mano
destra un dorge, simbolo di compassione che distrugge ogni
ignoranza, e nella sinistra una campana, simbolo della saggezza; lei
ha un coltello curvo e una tazza a forma di scheletro. Si stanno
abbracciando. Il padre è adornato con sei grandi sigilli, lei con
cinque. Lui è seduto nella posizione di vajra, lei in quella del loto.
Pensate che Vajrasattva è il vostro guru, la mente santa di tutti i
Buddha, che con la sua grande compassione abbraccia voi insieme a
tutti gli esseri senzienti e vi purifica. In questo modo la vostra mente
è trasformata dalla devozione al guru, che è la radice di tutte le
benedizioni e la realizzazione del sentiero dell’illuminazione.
64. Elisabetta con gli occhi della mente vede ciò che segue:
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Non avendo mai visto la rappresentazione di Vajrasattva, Elisabetta lo
crede un personaggio femminile; poiché è distratta, non ode quando
Karen dice di visualizzare Vajrasattva, il padre che abbraccia la
madre, sulla corona della sua testa, perciò visualizza solo la madre
che lei immagina essere Vajrasattva.
Sulla corona della sua testa ha visualizzato la madre seduta su un fior di
loto, che all’improvviso precipita, allora il volto di Elisabetta con gli
occhi socchiusi si rattrista di colpo; in quel mentre le appare il volto
del Cristo addolorato con la corona di spine sulla testa, infine, con la
velocità di un fulmine, appare dall’alto un filo di luce bianca che
scende a spirale intorno al suo corpo e risale a colpire il centro della
fronte, tra gli occhi, dove si esaurisce. Elisabetta avverte una leggera
pressione, apre gli occhi di colpo, mentre il cuore le batte forte sul
petto.
Chiude su primo piano (close up) di Elisabetta mentre riflette perplessa.
65. Ore 21,10. Interno. Corridoio. Stanza da letto.
La porta del grande corridoio si apre, entrano Serena Elisabetta e
Jolanda.
JOLANDA: - (sghignazza) Santo cielo Elisabetta, soltanto a te può capitare di
visualizzare la madre senza il padre Vajrasattva, non puoi lamentarti
se poi essa precipita giù dalla tua testa.
Mentre Elisabetta mette la chiave nella toppa della loro stanza da letto,
le tre donne scoppiano in una risata fragorosa.
SERENA: - (entrando nella stanza sghignazza) Come hai potuto concentrarti
solo sulla consorte di Vajrasattva, quando avresti dovuto meditare
sulla coppia?
Un’altra risata esplode nella stanza.
ELISABETTA: - (brontola) Smettetela di prendermi in giro, mi sono distratta,
quindi non ho capito, ma sarà meglio piuttosto riflettere su quello
che si è verificato successivamente.
JOLANDA: - Poiché Vajrasattva è la principale divinità utilizzata dai praticanti
di ogni livello del tantra per purificare la mente, si suppone che la
mente di Elisabetta sia stata purificata.
SERENA: - (riflettendo) Sulla collina di Kopan c’è una forte energia, io già
immaginavo che tu avresti vissuto esperienze eccezionali, ma mi
chiedo, cosa c’entra il Cristo con Vajrasattva?
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ELISABETTA: - Il Cristo e il Buddha provengono dalla stessa fonte, come
tutti i rappresentanti delle altre religioni, che insegnano l’amore e la
fratellanza.
SERENA: - (si siede alla scrivania) Non vedo altra spiegazione, perché
purtroppo sono solo gli uomini che fanno separazioni.
Elisabetta e Jolanda si siedono sul loro letto.
JOLANDA: - Mi chiedo che significhi, questo filo di luce bianca che scende a
spirale intorno al tuo corpo e risale nello stesso modo finendo al
centro della tua fronte.
SERENA: - (sghignazza) Probabilmente la pressione esercitata sulla sua
fronte da quel filo di energia bianca, le ha aperto il terzo occhio e
purificato la mente.
Un’ennesima risata esplode all’interno della stanza.
JOLANDA: - (ridendo) Anche il Buddha, in molte raffigurazioni, è
rappresentato con il terzo occhio al centro della fronte.
ELISABETTA: - Ho letto nel “Trattato del Fuoco Cosmico”, uno dei libri
dettato per mezzo telepatico ad Alice Bailey dal Tibetano, che il terzo
occhio sarebbe un’energia che si crea al centro della fronte, quando
l’uomo ha raggiunto un certo grado d’evoluzione.
Serena scherzando prende in giro Elisabetta per l’ennesima volta.
SERENA: - Jolanda ci siamo, abbiamo tra di noi un essere molto evoluto.
Le tre amiche ridono divertite, poi Elisabetta scherzando si avvicina a
Serena con fare minaccioso.
ELISABETTA: - (brontola) Serena, se continui ti riduco in una polpetta!
SERENA: - (sbraita) Non fare una cosa del genere, altrimenti sono costretta a
ritirare le mie parole e pensare piuttosto che sei un’involuta.
Dissolvenza. Dissolve to.
66. Sogno. Notte. Interno, stanza da letto.
Un gruppo di monaci con tuniche bordeaux e arancione e capelli rasati,
sorregge un grosso tronco d’albero, appuntito, e s’avvicina ad una
porta spalancandola con un colpo solo. Elisabetta si sveglia, si siede
sul letto, la stanza è in penombra, si ode il canto di un gallo
echeggiare nella vallata; guarda le amiche che dormono immobili nel
loro letto, riflette un attimo e pensa.
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ELISABETTA: - (voce fuori campo, voice off screen) Santo cielo, questo
sogno è una risposta alla preghiera che ho fatto fare ai monaci del
monastero. Dal messaggio capisco che con la preghiera “sparata” in
cielo, i monaci mi apriranno una porta. Eccezionale! Ma non devo
farmi illusioni, chissà quanti anni dovrò aspettare prima che si apra
questa benedetta porta. Infatti si sa che il tempo per gli esseri
spirituali non è lo stesso di quello per gli uomini.
Chiude, mentre Elisabetta sorride felice.
67. Mattino. 20 Novembre. Ore 6.30. Meditation session. Esterno, interno
gompa.
Elisabetta e Serena (la prima indossa un maglione blu con un paio di
pantaloni attillati gialli e scialle intonato, la seconda pantaloni neri
con giacca a vento bianca) sono leggermente in ritardo per la
sessione di meditazione; raggiungono il gompa.
SERENA: - Divertente questo sogno con i monaci che ti spalancano una
porta con il tronco appuntito di un albero.
ELISABETTA: - (felice) Soprattutto molto significativo!
Intanto raggiungono la porta del gompa e notano alcune persone che
entrano a piedi scalzi.
SERENA: - (brontola) Guardali, e poi vengono da noi a farsi curare.
Le due amiche si tolgono le scarpe e rimangono con i calzini.
ELISABETTA: - Hai ragione, dovrebbero essere più saggi!
Le due donne entrano passando tra le persone già sedute nella
posizione del fior di loto e raggiungono il loro posto accanto a
Jolanda (indossa blue-jeans con maglione nero e scialle celeste e
bianco) e si siedono nella posizione di meditazione. Elisabetta
guarda verso il gruppo dei francesi e nota che Willy, Frank e Denis
sono assenti. Le tende del gompa sono tirate, i primi raggi del sole
irradiano l’interno di luci. Il coro degli uccelli risuona fuori dal
gompa. Si odono alcuni colpi di tosse, qualcuno si soffia il naso.
All’improvviso Karen suona il gong che echeggia per tutto l’interno e
segna l’inizio della sessione meditativa.
KAREN: - (al microfono) Chiudete una narice e inspirate - espirate tre volte,
ripetete la stessa operazione con l’altra narice finché vi sarete
rilassati e avrete liberato la vostra mente da ogni negatività.
Karen (imitata da molti compresa Elisabetta) si chiude una narice,
inspira ed espira tre volte, ripete la stessa operazione con l’altra
narice e continua così più volte.
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KAREN: - Bene, ora meditate sulle seguenti parole: prendo rifugio nel
Buddha, nel Dharma, fino a quando sarò illuminato. Per il merito che
creo facendo meditazione possa io diventare un Buddha per salvare
tutti gli esseri senzienti.
ELISABETTA: - (voce fuori campo, voice off screen) Possa io diventare un
Buddha per salvare tutti gli esseri senzienti. Possa io diventare un
Buddha per salvare tutti gli esseri senzienti.
ELISABETTA: - (seguitando a ripetere) Possa io….
UNA VOCE MASCHILE: - Vuoi diventare un Sakyamuni ?
ELISABETTA: - (presa alla sprovvista, scioccata, voce fuori campo voice off
screen) No! Io non so se posso chiedere tanto!
Davanti agli occhi della mente di Elisabetta appare il Buddha
addolorato, con una lacrima che gli scende dall’occhio sinistro.
ELISABETTA: - (riprendendosi dalla sorpresa, addolorata, mentre l’immagine
del Buddha scompare, voce fuori campo, voice off screen) Dolce
Sakyamuni, ti prometto che mi impegnerò con tutta me stessa per
diventare come te e salvare tutti gli esseri senzienti dal ciclo della
rinascita.
Chiude, mentre Elisabetta apre gli occhi e sorride commossa.
68. Mattino. Ore 8.00. Discesa che costeggia il gompa dei monaci di fronte
alla vallata. Esterno. Negozio. Bar.
Serena e Franco scendono dalla collina.
FRANCO: - Domani è il 21 novembre, inizierà il digiuno che durerà dodici
giorni, quindi faremo solo un pasto al giorno.
SERENA: - (brontola) Io non so se ce la farò a resistere tanti giorni con un
pasto solo.
FRANCO: - Bene, poi vedremo, intanto però andiamo al bar a farci una
scorta di cioccolato, biscotti, salatini eccetera.
SERENA: - (ridendo) Facciamo bene, perché sarebbe imbarazzante andare al
bar a comprare cibo, quando si sa che c’è il digiuno.
FRANCO: - Bene, prepariamoci una buona scorta, perché dodici giorni sono
lunghi.
Chiude, mentre Serena e Franco entrano nel negozio - bar.
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69. Ore 8.30. Teaching. Interno gompa.
Ripresa interna al gompa, mentre Franco e Serena entrano all’ultimo
minuto, senza scarpe, passando tra gli studenti già seduti sui loro
cuscini, mentre recitano insieme al maestro la preghiera che seguirà.
Franco va a sedersi al solito posto nella sua sedia. Serena raggiunge
Elisabetta e Jolanda. Le tende del gompa sono aperte, il sole illumina
l’interno. Si odono di continuo colpi di tosse, e studenti che si
soffiano il naso, durante la recitazione. Poi altre persone entrano in
tutta fretta. Stacco sullo sguardo attento e severo del maestro
contrariato, mentre fissa gli ultimi arrivati.
IL VENERABILE NEIL: - ...così devo evitare azioni sbagliate, come togliere
la vita ad altri. Possa io velocemente ottenere l’illuminazione e
possano gli esseri umani che esperimentano le varie sofferenze
essere liberati dall’oceanico ciclo delle esistenze.
IL VENERABILE NEIL: - (finita la preghiera rimprovera severo) Raccomando
ai ritardatari di essere puntuali, in modo da recitare la preghiera tutti
insieme prima di iniziare la lezione. Grazie.
IL VENERABILE NEIL: - (dopo una pausa apre un libro) Bene, ora vi parlerò
della morte, perché possiate ricordare che nulla dura in eterno e che
essa può arrivare da un momento all’altro. Non c’è nessun potere
nell’universo che possa fermare la morte. Ogni persona nata dovrà
morire, anche i grandi Bodhisattvas e gli Yogis, perfino Buddha. Fra
cent’anni quasi tutti quelli che sono in vita oggi saranno morti. Non
possiamo sfuggire alla morte, non c’è nessun posto dove possiamo
andare. Anche se siamo molto ricchi, non possiamo corrompere la
morte. Anche se siamo molto forti e pieni di potere, non possiamo
sconfiggere la morte. Anche se abbiamo poteri miracolosi e
chiaroveggenti, non possiamo evitare la morte.
Il maestro fissa gli studenti per un attimo (ripresa di primi piani close
up): volti dalle espressioni differenti, alcuni tranquilli, altri cupi e
tristi, tra cui quello di Jolanda in lacrime, mentre Elisabetta sorride e
Serena guarda il maestro contrariata.
IL MAESTRO: - (deciso) L’uomo non può allungare la propria vita, s’avvicina
alla morte in ogni momento. Dal momento della nascita in avanti,
corriamo incontro alla morte.
Mentre il maestro continua a parlare, Serena s’accorge del pianto
convulso e silenzioso di Jolanda, che cerca di trattenere i lamenti,
ma di tanto in tanto è costretta a soffiarsi il naso.
SERENA: - (addolorata sotto voce) Elisabetta, hai visto Jolanda come
piange?
Elisabetta si gira e vede Jolanda in lacrime.
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ELISABETTA: - (sussurra) Poverina! Immagino che il maestro le abbia
ricordato la morte del figlio.
IL MAESTRO: - Anche quando stiamo dormendo o siamo distratti, ci
avviciniamo alla morte. Mentre siamo ancora in vita, il tempo libero
per praticare il Dharma è estremamente limitato. Infatti, se viviamo
settanta, metà li passiamo dormendo, il resto lavorando, mangiando,
arrabbiandoci, comprando, viaggiando, guardando la televisione,
ecc. Molto poco tempo quindi è usato attualmente per praticare il
Dharma, ricordiamoci però che solo il Dharma ci potrà aiutare in
tempo di morte.
Primo piano delle tre amiche, mentre Jolanda continua a piangere,
Serena fissa il maestro contrariata, ed Elisabetta osserva Jolanda
con compassione.
La lezione è finita; mentre tutti si alzano per uscire, Jolanda se ne va
piangendo in tutta fretta fra gli studenti senza aspettare Elisabetta e
Serena.
Le due amiche raggiungono l’uscita del gompa in silenzio, poi si
avviano fra gli studenti verso il refettorio.
ELISABETTA: - (seria) L’uomo un giorno dovrà abbandonare i falsi valori su
cui è edificato questo mondo, per diventare simile al Cristo e al
Buddha come afferma un frammento estratto da un antico
catechismo esoterico, dove un maestro domanda al suo discepolo
che ha raggiunto l’illuminazione: “Cosa vedi, o Liberato”?
SERENA: - (sorprendendo Elisabetta)Vedo molti che soffrono, Maestro, che
piangono e chiedono aiuto.
ELISABETTA: - (felice) Che farai, o uomo di Pace?
SERENA: - Tornerò là donde vengo.
ELISABETTA: - Donde vieni, divino Pellegrino?
SERENA: - Dal profondo delle tenebre, sono salito alla luce.
ELISABETTA: - Dove vai, o Viandante?
SERENA: - Torno fra le tenebre, lascio la luce del giorno.
ELISABETTA: - Perché, o figlio di Dio?
SERENA: - Vado a raccogliere quelli che incespicano all’oscuro, a illuminare
loro la via del ritorno.
ELISABETTA: - Quando avrà termine il tuo servizio, o Salvatore?
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SERENA: - Non lo so: finché qualcuno soffre, starò con lui a servirlo.
Finito di recitare il colloquio del Maestro e dell’Illuminato, Elisabetta e
Serena si fissano felici e scoppiano in una risata.
ELISABETTA: - Non immaginavo certo che anche tu sapessi a memoria il
dialogo tra il Maestro e l’Illuminato.
70. Ore 12.50 Pomeriggio, Stanza da letto.
Jolanda è sdraiata sul letto, ha gli occhi gonfi, si soffia il naso e riflette;
in quel mentre si odono dei passi nel corridoio e si sente bussare.
JOLANDA: - Avanti!
Entrano Serena ed Elisabetta, che la guardano preoccupate.
ELISABETTA: - Jolanda, non ti abbiamo visto a pranzo, come mai?
JOLANDA: - (soffiandosi il naso nervosa) Scusate ma non avevo fame, me ne
starò tutto il pomeriggio in stanza, non andrò alla discussione e
neanche alla lezione.
SERENA: - Mi sembra una buona idea, perché si discuterà sullo stesso
argomento e, conoscendo il Maestro, nella lezione del pomeriggio si
ritornerà sul discorso della morte.
ELISABETTA: - Jolanda, dedicati alla lettura di quel misterioso libro che hai
preso alla libreria del monastero alcuni giorni fa.
SERENA: - (scuote la testa) Comunque non capisco perché il Maestro debba
continuare a ripeterci gli stessi insegnamenti, anche Franco si è
lamentato per questo.
ELISABETTA: - (ridendo) Immagino che il Buddha sapesse che noi esseri
umani abbiamo la testa dura, infatti egli stesso ripeteva ai suoi
monaci gli insegnamenti più volte.
Serena prende dal tavolo la sua valigetta del pronto soccorso.
SERENA: - (avviandosi verso la porta) Elisabetta, andiamo a curare i nostri
pazienti e lasciamo Jolanda riposare in pace!
Elisabetta e Serena escono, la porta si chiude.
Chiude su primo piano (close up) di Jolanda, mentre scoppia in un
pianto dirotto.
71. Pomeriggio Ore 13.00. Interno esterno infermeria.
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Serena sta controllando le scadenze dei medicinali, Elisabetta ha tirato
fuori le medicine da uno scaffale e lo sta spolverando.
ELISABETTA: - Vedrai che in pochi giorni l’infermeria sarà in ordine.
SERENA: - (sorridendo) Qui a Kopan vola tanta di quella polvere, che poi
bisognerà ricominciare da capo.
In quel mentre entrano due operai nepalesi, statura media, magri, visi
rotondi, occhi tristi, uno sorregge l’altro che zoppica (indossano
caschi gialli, camicie e pantaloncini corti da lavoro, sporchi e
impolverati). Elisabetta va loro incontro con uno sgabello, l’operaio
ferito si siede lentamente, aiutato dall’altro, poi con dei gesti indicano
alle due donne il gonfiore, con grossi lividi neri, sulla gamba sinistra.
Serena si piega ad esaminare la ferita preoccupata. In quel mentre
entrano due anziane donne nepalesi (vestite con sari colorati da
lavoro sopra cui portano giacche di lana); una delle due donne si fa
avanti, parla in palì (lingua nepalese) all’uomo ferito.
LA DONNA: - (traduce) Dice che lavora all’ospedale che stanno costruendo i
monaci qua sotto e, mentre scaricava dei massi, uno gli è caduto sulla
gamba.
Elisabetta fissa la gamba gonfia con grossi lividi; poi osserva l’esile
uomo con compassione.
ELISABETTA: - Povero uomo, cosa si può fare per lui?
Serena si alza e va a cercare dei medicinali nello scaffale.
SERENA: - (brontolando) Non molto, purtroppo!
Infine ritorna dall’uomo, si abbassa e gli stende delicatamente una
crema sulla ferita.
SERENA: - (rivolgendosi alla nepalese) Gli dica di farsi portare all’ospedale a
fare una radiografia.
Mentre la donna traduce, Serena chiude il tubetto della crema e prende
una scatola di antidolorifici da uno scaffale.
SERENA: - (porgendoli all’uomo) Per favore gli dica di prendere una
compressa al mattino e una alla sera, finché finisce la scatola.
La nepalese traduce.
SERENA: - (rivolgendosi ad Elisabetta) Pover’uomo, qui in Nepal non c’è
l’assicurazione che copre gli infortuni.
ELISABETTA: - (addolorata) Sicuramente avrà anche molti figli da sfamare!
Che tristezza!
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LA TRADUTTRICE: - Ha detto che ha capito e ringrazia.
Elisabetta aiuta l’operaio ad alzare il ferito e li accompagna fuori
dall’infermeria, dove ci sono quattro persone in fila che si soffiano il
naso e a tratti tossiscono. Elisabetta saluta i due uomini.
ELISABETTA: - (rivolgendosi ai pazienti, mentre rientra) Ancora un attimo,
per favore.
All’interno Elisabetta trova una delle donne stesa sul lettino.
SERENA: - (mettendole una mano sullo stomaco) Qui, ha male?
72. Ore 14.00. Discussione sulla morte. Sotto l’ombrellone vicino al bar.
Il gruppo è seduto sotto l’ombrellone, in un magnifico giorno di sole, in
attesa. Serena, con la valigetta del pronto soccorso, ed Elisabetta
chiudono l’infermeria e raggiungono il gruppo, che le accoglie
gridando e urlando eccitato.
WILLY: - (ridendo) Adesso che le ultime due ruote del carro sono arrivate,
possiamo procedere.
Un’esplosione di risate echeggia nella valle.
ELISABETTA: - (ridendo) “Ancora tu…” ma non è il caso che ti tappi la
bocca? Serena ed io abbiamo lavorato, mentre tu ti sei rilassato.
Mentre le due donne si siedono negli ultimi due posti rimasti sulla
panchina al sole, un’ennesima risata esplode intorno.
FRANCOIS: - Ben detto, ora però fate silenzio e qualcuno dia inizio alla
discussione.
MARIE: - Che ne dite di meditare sull’insegnamento di Sakyamuni, su come
fermare la morte?
ALAIN: - Il Buddha è partito da casa per trovare le condizioni in cui non vi
fossero vecchiaia, malattia e morte.
WILLY: - A quanto pare scoprì che una tale condizione esisteva, ma era una
condizione che precludeva assolutamente una nascita di qualunque
genere.
ALAIN: - Infatti la nascita, di qualunque genere, mette in moto il suo arco
incorporato di declino e morte. Quando avviene la nascita, ne segue la
morte, inevitabilmente.
WILLY: - Quindi, senza la nascita niente morte. Pertanto se si arresta la
nascita, tutto il resto si arresta per sempre.
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ELISABETTA: - Permettetemi una parentesi, non pare anche a voi che i due
aspiranti monaci, Alain e Willy, si stiano meritando il nobile titolo?
Un coro di urla eccitate e applausi echeggia nella valle. Alain e Willy
sorridono soddisfatti.
FRANCOIS: - (scherzando) Elisabetta, ora però continui tu, dal momento che
ti sei presa la libertà di fare una parentesi nel bel mezzo del discorso.
ELISABETTA: - (altre urla e grida dei presenti) D’accordo, pago sempre
volentieri i miei debiti.
FRANCO: - Meglio così, perché, che tu lo voglia o no, con la legge di causa
effetto non potresti comunque sfuggire ai tuoi debiti Karmici.
FRANCOIS: - Ben detto! Allora Elisabetta, secondo te come si arriva alla non
nascita?
ELISABETTA: - (riflettendo) Eliminando ciascuno dei dodici anelli a turno,
finché si arriva a quello della nascita.
FRANCO: - Che ne direste se ora ripetessimo tutti assieme le denominazioni
dei dodici anelli, nell’ordine prestabilito?
Un coro di consensi si ode intorno.
FRANCO: - (incomincia e tutti lo seguono) Allora per eliminare la nascita,
bisogna estinguere i dodici anelli: Ignoranza, Composti, Coscienza,
Mente e Corpo, Sei Facoltà, Contatto, Sensazione, Desiderio,
Attaccamento, Divenire, Nascita o Ricomparsa, Declino o Morte.
WILLY: - (preoccupato) Ragazzi, per abbandonare questo mondo di dolore,
dobbiamo impegnarci ad affrontare una difficile battaglia e abbattere
questi dodici anelli maledetti, altrimenti l’illuminazione ce la possiamo
scordare.
Chiude su un boato di grida e urla euforiche.
73. 25 novembre. Mattino ore 6.00. Stanza da letto.
Si odono le solite recitazioni di mantra e canti tra suoni di corni cembali
ecc... Le luci dell’alba si riflettono nella stanza dalla grande finestra.
Elisabetta è seduta sulla poltrona di vimini, indossa una tuta da
ginnastica blu e bianca, Serena sullo sgabello davanti alla scrivania,
veste un paio di pantaloni neri con giacca a vento rossa. Le due
donne bevono il caffè.
ELISABETTA: - (brontola) Tu e Jolanda siete guarite, ora è il mio turno, ho la
parte sinistra della gola che mi fa male.
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SERENA: - (sbraita) Con un pasto al giorno e con tutti i raffreddati che
spargono miriadi di microbi in giro, neanche un elefante ci sarebbe
passato indenne.
ELISABETTA: - (ridendo) Serena, il mio spirito di ricerca mi spinge a
chiederti se anche tu hai avuto esperienze paranormali durante le
meditazioni.
SERENA: - (pensierosa) No, di nessun tipo!
ELISABETTA: - Tu però mi hai detto che, dall’ultima volta che sei stata a
Kopan, sei diventata più intuitiva, hai incominciato ad avere sogni
premonitori.
SERENA: - (sorride, poi racconta, mentre ha un flash back (sc. 74) di ciò che
le accadde molti anni prima in meditazione al monastero) .
Certo, ora ti racconto un’interessante esperienza che ho avuto in
meditazione, durante quel ritiro. Con grande sorpresa ho ricordato un
episodio del mio battesimo, quando avevo appena cinque mesi, che
rimanda alla reincarnazione.
74. Mattino. Battesimo di Serena. Interno di una chiesa.
(Dissolvenza in apertura). Un gruppo di parenti è intorno al prete e ai
genitori di Serena (una giovane coppia, sui venticinque anni); la
madre tiene in braccio Serena, bimba di cinque mesi, tutta vestita di
pizzo bianco. La bimba fissa il gran faccione del prete che si avvicina
a lei con la ciotola piena d’acqua.
NEONATA: - (voce fuori campo) Non me la butterà negli occhi spero,
altrimenti mi metto a piangere, ma se piango che cosa penseranno i
parenti di me?
Il prete le getta l’acqua benedetta sugli occhi, quindi la neonata scoppia
a piangere, intanto il prete prende un libro in mano, la bimba lo nota,
smette di piangere, si rasserena e sorride gioiosa.
NEONATA: - (voce fuori campo) Che gioia, i libri esistono anche qui, sono
salva!
Il prete, vedendo l’interesse della neonata, avvicina il libro alle mani
della piccola, che raggiante di felicità lo sfoglia delicatamente.
NEONATA: - (voce fuori campo) Che meraviglia, ora provo a leggere!
La neonata si ferma su una pagina, fissa la scrittura, poi il volto le si
rabbuia.
NEONATA: - (voce fuori campo) Accidenti, non conosco il carattere di questa
scrittura!
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Disperata per la delusione, la neonata scoppia in un pianto dirotto sotto
gli occhi stupiti dei presenti. Dissolvenza. (Dissolve to).
74 bis. Stanza da letto.
SERENA: - (fissando Elisabetta) Quando più tardi ho interrogato i parenti
superstiti, hanno confermato la mia versione asserendo che il prete,
vedendomi sfogliare con tanta venerazione il libro, disse - Diventerà
una letterata. ELISABETTA: - (ridendo) Interessante, la tua anima ricordava i libri e anche
che sapeva leggerli, quindi non può essere stato che il ricordo di una
vita precedente.
SERENA: - (fissa Elisabetta e la prende in giro) Sfortunatamente il mio terzo
occhio non è sviluppato come il tuo, quindi non posso ricordare le
mie vite precedenti attraverso i sogni come fai tu.
ELISABETTA: - (scoppia a ridere) Se non la smetti di prendermi in giro, ti
picchio!
75. Mattino. Ore 8.00. Interno. Scale e terrazza.
Franco (che indossa un paio di pantaloni neri e maglione azzurro) ed
Elisabetta salgono le scale per raggiungere il terrazzo, con una tazza
di cioccolata calda in mano.
ELISABETTA: - Serena dopo la meditazione si è chiusa in camera, dicendo
che era troppo freddo per andare in giro.
FRANCO: - (mentre rallenta il passo per non fare cadere la cioccolata)
Nessuno riesce a farla uscire al mattino, conoscendola è già troppo
che esca per fare meditazione.
I due amici raggiungono il terrazzo, in alcuni tavoli ci sono delle persone
che bevono cioccolata calda in silenzio, mentre ammirano la catena
montuosa dell’Himalaya illuminata dal sole del mattino. Franco indica
ad Elisabetta l’ultimo tavolo sulla vallata, lontano dalle persone.
FRANCO: - (sussurra) Noi vogliamo parlare, basta con il silenzio, quindi
appartiamoci là in fondo, di fronte al panorama.
Si siedono e sorseggiano la cioccolata.
FRANCO: - (indicando un villaggio sotto nella valle, sottovoce) Oggi, durante
l’intervallo, vado laggiù in quel villaggio a comprare delle uova
fresche, ne vuoi anche tu?
ELISABETTA: - (sorridendo) Ti ringrazio Franco, ma io ho deciso che farò il
digiuno fino in fondo. Sai, dopo alcuni giorni che lo facevo, ho
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sognato che tornavo a casa con la valigia vuota e alcuni libri sul
Dharma.
FRANCO: - (curioso) E che cosa significa secondo te?
ELISABETTA: - I precetti e le preghiere servono per purificarci e liberarci del
Karma negativo, quindi la valigia vuota indica che, con il digiuno e il
dharma, mi libererò dal mio fardello.
FRANCO: - (scettico) Continui ad avere esperienze paranormali durante la
meditazione?
ELISABETTA: - (fissandolo) Stamattina con gli occhi della mente ho avuto
una visione, dove osservavo il mondo dall’alto e vedevo campi e
montagne verdi.
FRANCO: - (curioso) Che cosa significa?
ELISABETTA: - (sorridendo) Per me è un messaggio importante, significa
che probabilmente vivrò le esperienze terrene guardandole dall’alto,
con distacco.
FRANCO: - (stupito) Interessante!
ELISABETTA: - Ma ora ti dispiace recitarmi l’ultima poesia che hai scritto?
Serena mi ha detto che è molto divertente.
FRANCO: - (sorride, poi recita sottovoce) Sulla porta del tempio un gatto
chiede di entrare.
ELISABETTA: - (scoppia a ridere) L’anima sofferente di quel povero gatto
reincarnato che si sgola inutilmente per entrare nel tempio a studiare
il dharma, ha ispirato un poeta.
Chiude su primo piano (close up) dei due amici che scoppiano in una
risata fragorosa, e (cut to) stacco sui presenti che si girano a guardare
scandalizzati verso chi ha osato disturbare il loro silenzio.
76. Pomeriggio ore 13.00 Porta. Scale. Balcone. Salotto del Venerabile Neil.
La porta del grande corridoio si apre, esce Elisabetta, scende le scale,
attraversa il piccolo cortile e sale le scale della vecchia costruzione di
fronte, raggiunge il balcone, si ferma e attende davanti alla porta del
salotto del maestro. In quel mentre arriva un giovane, poi una donna e
i tre si guardano stupiti.
ELISABETTA: - Ci deve essere un equivoco, non credo che il Venerabile Neil
ci abbia dato l’appuntamento alla stessa ora.
Prima che i due rispondano, esce il maestro.
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IL MAESTRO: - (fissando Elisabetta) Mi scusi signora, poiché molti studenti
desiderano parlarmi, devo avere fatto un po’ di confusione con gli
orari.
ELISABETTA: - (guarda i due) Dovrei fare una domanda veloce al maestro,
permettete che entri un attimo, per favore?
Le due persone gentilmente annuiscono, allora il maestro entra nel
salotto con Elisabetta, le fa segno di sedersi sul divano, mentre lui si
siede su una sedia di fronte al tavolino.
ELISABETTA: - Durante una lezione, lei ha affermato che tutti i trapassati si
reincarnano entro il quarantanovesimo giorno; com’è possibile allora
che mio padre, morto nel 1989, possa ancora oggi darmi messaggi
attraverso i sogni, che diventano premonitori?
IL MAESTRO: - (fissandola) Per caso suo padre era un uomo aggressivo, che
non aveva fede, che spesso bestemmiava?
ELISABETTA: - (sorpresa) Mio padre non era cattivo, ma non aveva fede, si
arrabbiava spesso con me e mia madre quando raccontavamo i nostri
sogni premonitori, affermando che eravamo due pazze e che le nostre
erano solo fantasie.
IL MAESTRO: - (serio) Suo padre per i suoi errori è rimasto transitoriamente
nello stato di spirito, deve riparare ai suoi debiti karmici e aiutare le
persone che ama, come lei e la sua famiglia.
ELISABETTA: - (si alza in piedi) Molto spesso mio padre, in sogno, mi ha
rivelato cose che poi si sono realizzate; allora non sapevo che i
trapassati dovessero reincarnarsi tutti entro il quarantanovesimo
giorno.
IL MAESTRO: - Già capisco, altrimenti sarebbe stato difficile spiegarsi come
possa suo padre ancora oggi inviarle messaggi attraverso il sogno, se
si fosse già reincarnato.
ELISABETTA: - (sorride felice e prima di uscire dal salotto)Con l’esperienza
che ho nel campo, capivo che c’era un equivoco, quindi sono venuta a
chiarirlo. Grazie ! Buongiorno!
IL MAESTRO: - (mentre esce) Ha fatto bene, i dubbi bisogna sempre chiarirli.
Buongiorno!
ELISABETTA: - (esce sul balcone e, passando accanto ai due in attesa,
ricambia il sorriso affermando) Vi ringrazio di cuore! Buongiorno!
77. Pomeriggio. Ore 18.00 Meditazione guidata. Interno gompa.
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Gli studenti siedono nella posizione del fior di loto. Dalle finestre la luce
del sole illumina il gompa. In lontananza si odono alcuni latrati di cani
e il miagolare di un gatto avvicinarsi, poi allontanarsi. Le tre amiche
sono sedute al solito posto in meditazione. Mentre si ode la voce di
Karen che parla lentamente, Elisabetta ha una visione. Anche Karen è
seduta nella posizione di meditazione.
KAREN: - (al microfono) … Un altro modo, oltre le quattro Nobili Verità, per
capire la natura sofferente del samsara è meditare sulla graduale
evoluzione dei Dodici Anelli Indipendenti, come il Guru Shakyamuni ci
ha mostrato. Questi sono rappresentati dal disegno simbolico della
ruota della vita, chiamata anche i dodici anelli di originazione
dipendente. Esso è tenuto nella bocca del Lord della morte,
mostrando come tutti gli esseri umani che vivono nei sei reami del
samsara sono controllati dalla non permanenza e morte. La ruota è
anche tenuta dalle sue mani e piedi, simbolizzando gli esseri umani
intrappolati dalla vera sofferenza e la vera causa di sofferenza delusione e Karma...
Mentre Elisabetta sta meditando sulle parole di Karen, davanti agli occhi
della mente vede il volto di un affascinante indiano (un uomo sui
cinquanta, con turbante e magnifica barba bianca, viso rotondo, occhi
scuri), che le sorride, poi cambia espressione, la fissa serio e apre la
sua bocca come per fare ohooooo!!! Intuisce che l’indiano le sta
chiedendo di aprire la sua, allora stupita la apre e sente un leggero
pizzicore sulla parte sinistra della gola infiammata, che all’improvviso
non le fa più male, infine il volto dell’indiano sparisce con un sorriso.
ELISABETTA: - (voce fuori campo voice off screen) Santo cielo, il mal di gola
è sparito, l’indiano mi ha guarito!
Chiude, su primo piano del volto di Elisabetta che stupita riflette
pensierosa.
78. Ore19. 00. Esterno. Interno. Galleria. Scale. Stanza da letto.
Elisabetta Serena e Jolanda attraversano la galleria.
SERENA: - (brontola) Avresti dovuto implorare l’indiano per il miracolo alla
vista!
JOLANDA: - (seria) Già, sarebbe stato meglio restare col mal di gola, ma
vederci bene!.
ELISABETTA: - (brontola mentre raggiungono le scale) Non vi nascondo che
la proposta glie l’ho fatta, ma poi mi sono vergognata, ho capito che il
mio Karma non mi permette quel miracolo.
SERENA: - (mentre salgono le scale) Per quale motivo non dovresti meritarti
il miracolo?
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ELISABETTA: - (spiega) L’indiano ha voluto farmi capire che lui è intervenuto
come Provvidenza, perché ho generosamente offerto le mie medicine
a chi ne aveva bisogno, senza pensare a me stessa.
SERENA: - (mentre entrano nel corridoio) Interessante, chi aiuta gli altri, in
realtà aiuta se stesso, ma tu non hai risposto alla mia domanda.
Jolanda mette la chiave nella toppa e apre la porta della stanza.
ELISABETTA: - Da sempre ho accettato il mio handicap e non soffro per
questo, ma credo che, per avere un miracolo, uno se lo deve
guadagnare.
JOLANDA: - (entrando nella stanza) Come, secondo te?
ELISABETTA: - (sorridendo) Impegnandosi ad aiutare il prossimo con amore,
senza però aspettarsi nulla in cambio.
SERENA: - (pensierosa, mentre va a sedersi alla scrivania) Già, è così che si
espia il proprio karma.
JOLANDA: - (sdraiandosi sul suo letto) Non solo, ma anche con il digiuno e
la preghiera!
ELISABETTA: - (allegramente) Brave, siete ragazze colte, quindi avete fatto
bingo.
Serena e Jolanda scoppiano in una risata.
ELISABETTA: - (avvicinandosi alla porta) Io vado a bere un the caldo, ciao!
Chiude, mentre apre la porta ed esce.
79. Ore 19.15. Esterno. Gompa dei monaci. Interno. Refettorio.
Mentre Elisabetta costeggia il tempio dei monaci, illuminandosi la strada
con una torcia, si odono i monaci cantare, con i soliti suoni di corni e
cembali, ecc. Infine raggiunge il refettorio e si accoda alla fila di
persone che attendono il loro turno per servirsi dal rubinetto di una
grossa tanica il the bollente. Nel refettorio, quasi pieno, tutti ridono e
discorrono allegramente, mentre bevono il loro the. Elisabetta prende
una tazza di ferro da un grosso paniere, apre il rubinetto e la riempie;
quando se ne va vede Willy, Catherine, Marie e Alain, seduti ad un
tavolo che la salutano pieni di gioia, allora li raggiunge.
ELISABETTA: - (sedendosi accanto a Willy) Allora come va il digiuno?
CATHERINE: - Speriamo di resistere fino in fondo!
Willy ha la barba incolta, gli occhi lucidi, è un pò raffreddato.
ELISABETTA: - Willy, ti vedo un pò giù, come mai?
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WILLY: - (beve un sorso di the, poi brontola) Non sono abituato a questo tipo
di vita, è troppo duro per me dovermi alzare alle cinque e trenta del
mattino con le ginocchia indolenzite, e poi adesso c’è anche il
digiuno!
ELISABETTA: - (posando la tazza) Ma senti questo dormiglione, ho notato
che spesso non ci sei alla meditazione del mattino.
WILLY: - (serio ) Già io protesto, ma il mio corpo è stanco, quindi si ribella e
non si alza..
Elisabetta, Catherine, Marie e Alain scoppiano a ridere divertiti.
MARIE: - Belle prospettive, per un cuoco aspirante monaco!
Un’altra risata esplode intorno.
ELISABETTA: - Willy, sei davvero un cuoco?
ALAIN: - Sì, fa il cuoco nel monastero di Nalanda!
ELISABETTA: - (fissando Willy sorridendo) Comunque sono convinta che,
con i capelli rasati e una bella tunica bordeaux arancione, riusciresti a
condurre molte anime dalle tenebre alla luce.
WILLY: - (mentre si odono alcune risate) Vorrei tanto crederti, io ho ancora
molti dubbi che mi assillano.
80. Ore 20.00 Interno. Evening session.
Il gompa è illuminato, le tende delle finestre sono aperte. Gli studenti
siedono nella posizione del fior di loto. Le tre amiche sono sedute
nella posizione di meditazione al solito posto. Tutti seguono in coro
Karen al microfono.
KAREN: - (canta) Om mani padme hum! Om mani padme hum! Om mani
padme hum! Om mani padme hum! Om mani padme hum! Om mani
padme hum!. Om mani padme hum!
KAREN: - Ora aprite il libro della preghiera a pagina settantaquattro.
Canteremo tutti insieme in tibetano per 21 volte il mantra di
Vajrasattva “Il potere del rimedio”.
Tutti gli studenti aprono il libro della preghiera alla pagina richiesta, poi
Karen dà inizio al canto del mantra.
Stacco (cut to) su Elisabetta che ha il libro chiuso sul cuscino, mentre
ascolta estasiata il coro in mezzo a Jolanda e Serena che fissano il
libro e cantano. Elisabetta ha gli occhi aperti, è rilassata e guarda gli
studenti davanti a lei; all’improvviso vede, sopra ognuno dei loro libri,
91
fluttuare il volto etereo di Vajrasattva (il volto è trasparente, occhi a
mandorla, rotondo, pieno di pace e dolcezza, sopra alla testa ha una
corona, dello stesso colore etereo, trasparente e bianco - azzurrino
del volto). Osserva incredula.
ELISABETTA: - (voce fuori campo) Che meraviglia, probabilmente se mi giro
a guardare nel lato opposto, l’incanto svanisce!
Elisabetta si gira a guardare gli studenti nel lato opposto, la scena non
cambia, vede lo stesso volto di Vajrasattva che danza lentamente sui
libri della preghiera.
ELISABETTA: - (voce fuori campo, of screen) Che spettacolo incantevole!
Chiude, con panoramica di ciò che vede Elisabetta (gli studenti che
cantano, con il volto etereo di Vajrasattva che danza lentamente su
tutti i libri della preghiera).
81. Notte. Ore 21.30. Esterno. Scala che scende agli stupa.
Jolanda segue Elisabetta, che tiene in mano una torcia accesa, mentre
scendono le scale verso gli stupa.
JOLANDA: - Cosa ha detto Franco a proposito delle notizie che ha ascoltato
alla radio sul Nepal?
ELISABETTA: - La tregua purtroppo è finita , il governo nepalese ha
dichiarato lo stato di emergenza, in seguito alla serie di sanguinosi
attentati, che hanno causato la morte di circa trecento persone.
Raggiungono gli stupa, dove ardono decine di candele colorate.
JOLANDA: - (brontola) Ho sentito dire che i maoisti combattono anche nelle
colline vicino al monastero!
Elisabetta posa la torcia sulla lunga vetrina dove ardono le candele.
ELISABETTA: - Non ti preoccupare, per il momento io non ho sognato niente
di cui allarmarci.
Jolanda sorride, mentre Elisabetta estrae dalla borsa sei candele e ne
porge tre a Jolanda.
ELISABETTA: - Prendi queste, sono per te!
JOLANDA: - (felice) Grazie, ne offrirò una per la pace in Nepal!
ELISABETTA: - (posando le tre candele dentro la vetrina) Già, preghiamo per
la pace nel mondo e la felicità dell’umanità!
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Jolanda posa le candele accanto a quelle dell’amica dentro la vetrina,
poi estrae dalla tasca della sua giacca un accendino e le accende.
Chiude, mentre le due donne a mani giunte pregano in silenzio.
82. 26 novembre. Mattino Ore 6.30. Interno Gompa.
Le tende sono aperte, la luce del mattino entra a illuminare il gompa
semibuio. Gli studenti sono in piedi, attendono l’arrivo di Karen, si
ode qualcuno tossire, altri soffiarsi il naso, poi dalla porta sul piano
rialzato in fondo al gompa, appare Karen che, in tutta fretta, va a
prostrarsi davanti al Buddha tre volte seguita dagli studenti. Poi tutti
si siedono nella posizione del fior di loto. Elisabetta guarda il gruppo
dei francesi, sono presenti solo le donne e François nella sua
posizione per la traduzione. Karen apre il libro della preghiera.
KAREN: - A pagina ventuno.
KAREN: - (guarda gli studenti, poi inizia la preghiera ) May the supreme jewel
bodhichitta, that has not arisen, arise end grow; and may that which
has arisen not diminish but increase more and more….
Karen chiude il libro e ne apre un altro.
KAREN: - Bene, oggi mediteremo sul karma, però prima di iniziare riflettiamo
un attimo su alcune sentenze. La prima è di Padmasambbava che ha
affermato: “Niente esiste nel modo che appare, tutto dipende dal
nostro Karma”.
KAREN: - (osservando gli studenti per un attimo) Najrjuna ha affermato:
”Tutte le azioni del corpo, del discorso e della mente creati con
un’intenzione d’ingordigia, d’attrito e d’ignoranza portano alla
sofferenza. Tutte le azioni create invece con le intenzioni opposte,
amore, compassione e saggezza, portano solo felicità. “Lama Yeshe
ha detto: “ Più uno si convince della legge interiore di causa effetto,
più energia prende per cambiare e migliorare se stesso e la sua vita”.
KAREN: - (osservando i suoi studenti con occhi indagatori) Ora vi spiegherò
i quattro schemi del Karma:
1) Il Karma basato su azioni virtuose porta alla felicità, non
virtuose porta alla sofferenza.
2) Le impronte karmiche aumentano; ne consegue che il risultato
è più grande della causa.
Stacco su (cut to) Elisabetta. Il corpo è immobile, gli occhi sono chiusi
quando ha la seguente esperienza: approda velocemente, con il suo
corpo etereo o mente o spirito, all’interno di una grotta, ha la
sensazione che la sua mente galleggi ai piedi di un gruppo di saggi
seduti nella posizione del fior di loto e li vede come se stesse
galleggiando a pochi centimetri da terra); portano lunghe vesti e
93
barbe bianche: la osservano dall’alto in silenzio. Elisabetta nota su
piani di roccia rialzati nella grotta alcuni oggetti e libri antichi, poi
tutto sparisce all’improvviso. Apre gli occhi e si guarda intorno.
ELISABETTA: - (voce fuori campo voice off screen) Ho la strana sensazione
di essere volata con la mente nella frazione di un istante all’interno di
quella grotta.
KAREN: - 3) Uno non sperimenterà mai il risultato di un Karma senza aver
creato la causa.
4) Le cause karmiche create non saranno mai perdute.
Chiude mentre Karen osserva gli studenti con spirito indagatore.
Nota: le descrizioni del paesaggio, del villaggio e dei personaggi nelle
scene seguenti, 83, 84, 85, 86, sono realistiche.
Eventualmente le scene seguenti si possono girare nei luoghi reali, su
cui si basano le descrizioni.
83. Ore 12.00. Interno monastero. Esterno.
Serena ed Elisabetta attendono Franco di fronte al bar del monastero
(Serena indossa un paio di pantaloni e corpetto blu con camicia
bianca, ha sulle spalle uno zainetto, Elisabetta indossa un paio di
pantaloni e corpetto neri con camicetta fucsia).
SERENA: - (dà un occhiata all’orologio) È mezzogiorno, ce la faremo a
tornare per le quattordici in modo da non perdere la discussione coi
francesi?
Arriva Franco.
ELISABETTA: - Se non ci faranno fuori i maoisti, dovremmo tornare in
tempo!
Franco sorride mentre i tre si avviano all’uscita del monastero.
SERENA: - Tu scherzi., ma Mireille si è rifiutata di venire con noi al villaggio,
affermando che François glielo ha sconsigliato, dicendole che era
rischioso.
ELISABETTA: - Io mi sento tranquilla!
FRANCO: - Comunque vi do una buona notizia, in Afganistan i talebani sono
vicini ad una resa totale.
ELISABETTA: - (felice) Ah, finalmente quei trogloditi sono stati sconfitti!
Serena e Franco scoppiano in una risata, mentre i tre amici escono dal
monastero e scendono lungo la strada.
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ELISABETTA: - Se non fossero dei trogloditi non ucciderebbero con tanta
crudeltà, saprebbero interpretare il Corano nella maniera giusta, e non
si permetterebbero di fare il lavaggio del cervello a degli ignoranti che
poi si trasformano in kamikaze.
Chiude su panoramica (pan shot) della valle sotto la collina del
monastero, con campagna a terrazze, costellata di casette e campi
verdi che splendono sotto il sole di mezzo giorno.
84. Esterno. Strada di campagna in mezzo alle colline costeggiata da case.
I tre amici camminano lungo una strada polverosa osservando sul
bordo una casetta con il tetto ad angolo acuto, un piccolo portico di
legno, un’aia antistante, un orto con grandi verdure. Sotto il portico
due donne setacciano il grano chiacchierando tra loro, una culla di
bambù dondola all’ombra. Sull’aia è disteso il raccolto dove alcuni
bambini scorrazzano, dietro la casa sta immobile un bufalo nero.
Mentre i tre amici camminano lungo la strada polverosa e piena di
buche, si odono echeggiare tra le colline le raffiche di un mitra.
FRANCO: - I maoisti si danno da fare anche di giorno!
ELISABETTA: - Alla radio non hanno detto che i guerriglieri attaccano
soltanto durante la notte?
FRANCO: - (ridendo) Come hai sentito, qualcuno si fa notare anche di
giorno!
Serena ed Elisabetta si fissano serie, mentre passano accanto alle
terrazze sulle quali si vede spuntare qualche filo verde.
Chiude su panoramica (pan shot) dei tre amici, mentre s’allontanano
lungo la strada polverosa in mezzo alle terrazze illuminate dal sole.
85. Esterno. Ponte con strada che s’arrampica sui fianchi di una collina.
I tre amici raggiungono un piccolo ponte che attraversa un torrente e si
appoggiano alla ringhiera per guardare alcune donne e uomini che
lavano accuratamente due bufali sdraiati in mezzo alla corrente; li
risciacquano con acqua pulita finché i loro mantelli non diventano di
un nero splendente. I due bufali hanno uno sguardo placido e dolce.
Poco più sopra due donne, che indossano sari colorati, lavano i panni
e li stendono sulle pietre al sole, mentre alcuni bambini sguazzano
nudi nelle acque del fiume.
ELISABETTA: - Che spettacolo, mi sembra di essere tornata indietro nel
tempo!
SERENA: - Già, se non fosse per la minaccia dei maoisti che incombe,
sarebbe un paradiso.
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Chiude, mentre i tre amici riprendono a camminare e s’avviano su per la
strada in salita.
86. Esterno. Villaggio sulla collina.
I tre camminano lungo le strette vie del villaggio, aggirandosi fra le case
di pietra, dove donne affaccendate in sari colorati levano il capo
sorprese al passaggio dei tre stranieri; quasi ogni casa ha un vitello
davanti alla porta; cani pacifici sono sdraiati al sole; da un interno
viene il rumore di un telaio, da una finestra si vede un uomo girare a
mano una ruota e un lungo filo di lana si dipana nella stanza scura. La
viuzza si apre su uno spiano dove troneggiano grandi covoni tra cui
becchettano galline e pulcini; due vecchiette rugose e sdentate
sorridono.
LE DUE DONNE: - (a mani giunte) Namastè! (Salutiamo il Dio che è in voi)
I TRE AMICI: - (ricambiando con le mani giunte) Namastè!
ELISABETTA: - (mentre proseguono) Franco, mi pare che mi hai detto che
Namastè significa “Saluto il dio che è in te!” Giusto?
FRANCO: - Certo!
ELISABETTA: - È ammirevole udire un saluto così profondo da gente tanto
semplice.
SERENA: - (mentre entrano in una gran cortile comune) Credo sia un saluto
che deriva dalla loro religione induista.
Nella grande piazza comune le case sono antiche, sbiadite, ma l’insieme
è accogliente e pieno di vita; sembra di entrare in una scena ben fatta
di un film sul Medio Evo. C’è la piccola statua di un dio indù, scura,
molto consunta, con qualche traccia di giallo zafferano e rosso; sullo
schienale è accovacciata un’anatra e altre passeggiano in fila.
Accanto a un altro piccolo tempio alcuni bufali. Due bambine
attingono acqua alla fontana, una donna fila davanti a casa, su un
telaio all’aperto. A una porta compare una ragazza con un sari
colorato, un’altra si affaccia a una finestra incorniciata da legno scuro
traforato con arte. Dentro un grande catino una mamma versa da una
brocca lucente l’acqua con cui lava un bambino. Elisabetta e Serena
scattano una foto, allora il bimbo e la donna ridono felici.
ELISABETTA: - Dai volti delle donne e dei bambini traspaiono una tranquillità
e una gioia inimmaginabili.
SERENA: - Sono poveri, ma felici!
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I tre amici raggiungono un piccolo tempio di fronte ad un grande albero
e osservano un vecchio e un bambino sulla porta del tempio di Shiva.
IL VECCHIO E IL BAMBINO: - (giungendo le mani) Namastè!
I TRE AMICI: - (giungono le mani e, inchinandosi, ricambiano il saluto
incantati) Namastè!
Dalla valle, dalla parte di Kathmandu, arriva l’eco dì una raffica di mitra.
FRANCO: - I maoisti stanno sparando contro il Medio Evo!
Chiude, su panoramica dei tre personaggi che s’avviano lungo la strada
in discesa.
87. 28 novembre. Ore 5.45 Mattino, stanza da letto.
Dalla grande finestra si vedono i bagliori dell’alba illuminare il cielo
nero. I canti e le recitazioni dei mantra accompagnati da suoni di
corni, cembali, ecc. risuonano intorno. Serena si sta mettendo un paio
pantaloni verdi e un maglione bianco, poi va a scaldare l’acqua per il
caffè solubile. Elisabetta sta facendo il letto (indossa pantaloni
bianchi con maglione rosso a ricami bianchi).
ELISABETTA: - (mentre finisce di sistemare il letto) Ho un messaggio per te,
Jolanda e Willy, da parte del mio maestro interiore.
SERENA: - (sghignazza) Da quando in qua hai il maestro interiore?
ELISABETTA: - (seria) Se è per questo ce l’abbiamo tutti!
SERENA: - (ridendo) Come mai che il mio non si fa vivo?
ELISABETTA: - (ride di gusto) La sera, quando vai a letto, dovresti provare a
contattarlo. Però devi stare attenta, perché spesso le risposte
provengono anche da fonti maligne o dalle tue illusioni.
SERENA: - (curiosa) Allora spiegami come devo fare a cogliere solo il
messaggio del maestro.
ELISABETTA: - (sedendosi sulla poltrona di vimini) All’inizio devi rilassarti,
poi gli farai delle domande, vedrai che prima o dopo, sempre che tu
riesca a rilassarti davvero, ti risponderà con delle immagini.
SERENA: - (stupita le porge una tazza di caffè) Interessante!
ELISABETTA: - Quando avrai stabilito un contatto e saprai rilassarti bene,
vedrai che sarà lui ad inviarti i messaggi, se lo riterrà opportuno. Ma
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bisogna stare molto attenti all’interpretazione, altrimenti intenderai
fischi per fiaschi.
Serena si siede alla scrivania, sorseggia il caffè pensierosa.
SERENA: - Ma come fai a essere sicura che il messaggio non arrivi da fonti
maligne o dalle tue illusioni?
ELISABETTA: - Ci vuole molta esperienza e pazienza. All’inizio, sarebbe bene
che tu ti scriva le immagini che ti vengono trasmesse e ci creda solo
quando si realizzano.
SERENA: - (delusa) Accidenti, non è mica facile!
ELISABETTA: - Niente è facile nella vita, ma quando avrai imparato a
purificare i tuoi pensieri, il maligno e le illusioni saranno eliminati,
allora le risposte verranno solo dal tuo maestro.
SERENA: - Il tuo maestro interiore, che messaggio ti ha dato per me?
ELISABETTA: - (seria) Mi ha fatto vedere che tu scendevi le scale!
SERENA: - (brontola) Che cosa significa?
ELISABETTA: - Scendere le scale indica che, se non fai attenzione, andrai
incontro a problemi di salute.
Si sentono dei passi in corridoio, poi entra Jolanda.
SERENA: - Jolanda, Elisabetta ha un messaggio per te, dal suo maestro
interiore.
JOLANDA: - (sorpresa sorride) Qual è il messaggio?
ELISABETTA: - Nell’immagine che mi ha inviato, tu tenevi un cane nero al
guinzaglio, quindi significa che sai controllare i tuoi istinti negativi.
Complimenti!.
JOLANDA: - (raggiante di felicità) Ringrazia il tuo maestro per me. Ma come
fai a interpretare così bene le immagini che ti manda?
ELISABETTA: - (sorride) È il frutto di molti anni di riflessione, studio ed
esperienza sui messaggi che mi ha inviato per mezzo delle immagini.
SERENA: - (sghignazza) Jolanda ti prego, vedi di non farti sfuggire quella
bestia dal guinzaglio.
Esplode una risata.
ELISABETTA: - C’è poco da sghignazzare, ricordatevi piuttosto che, quando
siamo pronti, la verità viene da dentro di noi.
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ELISABETTA: - (si alza in piedi ed esce dalla stanza) Vi saluto bambine, vado
a prendermi un latte caldo.
88. Ore 6.20 Interno refettorio.
Il refettorio è quasi vuoto quando Elisabetta entra, prende una tazza di
ferro dal grande cesto, s’avvicina al bollitore d’acqua, la riempie
aggiungendovi del latte in polvere. Quando va per sedersi ad un
tavolo, vede Willy che le fa segno di andare a sedersi al suo tavolo di
fronte alle finestre; mentre lei lo raggiunge, si ode la campana che
chiama gli studenti per l’ora della meditazione. Elisabetta si siede di
fronte a Willy.
ELISABETTA: - Dobbiamo muoverci se vogliamo arrivare in tempo per la
seduta di meditazione!
Willy è trasandato, ha la barba lunga, gli occhi stanchi e infossati, è
raffreddato.
WILLY: - (con voce roca) Elisabetta non sto bene, ho anche il mal di gola e
io, purtroppo, non ho la fortuna di trovare un maestro indiano che mi
guarisce.
Elisabetta sorridendo posa la tazza sul tavolo e cerca qualcosa nella
borsa che porge a Willy.
ELISABETTA: - Grazie all’affascinante maestro indiano mi sono rimaste
queste caramelle per il mal di gola, che ora serviranno a te.
WILLY: - (felice) Fantastico, della buona causa effetto creata dal guru indiano
raccolgo i frutti anch’io.
Elisabetta e Willy sono rimasti soli nel refettorio, le luci si spengono, la
sala viene illuminata dalle luci dell’alba che entrano dalle finestre.
ELISABETTA: - (dando un’occhiata all’orologio) Willy, siamo in ritardo per la
meditazione!
WILLY: - Non me la sento di andare, ti prego, rimani qui e parlami delle tue
vite precedenti, come mi hai promesso.
ELISABETTA: - (bevendo un sorso del suo latte) Senti Willy, stanotte ho
avuto un messaggio per te dal mio maestro interiore.
WILLY: - (curioso) Racconta!
ELISABETTA: - Nella visione, tu salivi tentennando su per una scala
pericolante, ma poi ne raggiungevi un’altra di cemento armato ed
entravi in un tempio.
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WILLY: - (serio) Che significa?
ELISABETTA: - (beve un po’ di latte) La prima parte della visione rispecchia
la tua situazione momentanea, cioè l’indecisione, aggravata dai
problemi di salute, dal digiuno, eccetera.
WILLY: - (impaziente) E la seconda parte del messaggio?
ELISABETTA: - (sorridendo) Salire in cima alla scala di cemento e entrare nel
tempio sulla collina significa raggiungere il tuo scopo.
WILLY: - (felice) Intendi dire che abbatterò tutti i dubbi e infine diventerò
monaco?
ELISABETTA: - (ammette) Il messaggio è chiaro, i tuoi dubbi derivano
dall’insicurezza provocata dalla tua debolezza fisico-mentale attuale e
dalle varie difficoltà aggiunte.
WILLY: - (raggiante di felicità si alza in piedi)Interessante! Ma ora mi sento
stanco, devo andare a stendermi sul letto.
Chiude. Elisabetta si alza in piedi e s’avviano all’uscita.
89. Esterno. Intorno alla collina. Scala che scende all’edificio delle donne.
WILLY: - (mentre camminano intorno alla collina) Elisabetta, hai veramente
ricordato alcune delle tue vite precedenti?
ELISABETTA: - Veramente io non le ho ricordate, ma le ho sognate.
WILLY: - (curioso) Interessante, ma come fai a riconoscere una vita
precedente in sogno?
ELISABETTA: - È molto semplice, di solito in sogno hai un corpo femminile o
maschile diverso da quello attuale, ma dentro di te sai con certezza
che in quel corpo ha abitato il tuo spirito.
WILLY: - Straordinario!
Elisabetta e Willy raggiungono la scaletta che scende all’edificio delle
donne sopra al gompa.
WILLY: - (mentre scendono la scala) Posso chiederti quante vite precedenti
hai ricordato attraverso il sogno?
ELISABETTA: - Come minimo una dozzina!
I due si avvicinano alla balaustra che dà sulla valle.
WILLY: - Posso sapere alcuni dei periodi in cui sei vissuta?
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ELISABETTA: - (sorridendo) Allora, all’età della pietra ero un uomo molto
robusto e selvaggio, ho poi vissuto due vite nel periodo romano, in
una delle quali ero una schiava, nell’altra la moglie di un ricco
mercante…
In quel mentre si odono alcune raffiche di mitra echeggiare nella valle.
WILLY: - Santo cielo, i maoisti si stanno avvicinando!
ELISABETTA: - (fissando Willy) Io spero che questi maoisti abbiano il buon
senso di non attaccare il monastero.
90. Mattino. Ore 8.30 Interno gompa.
Gli studenti sono tutti intenti ad ascoltare il Venerabile Neil.
IL VENERABILE NEIL: - (agitandosi sul trono) La vita è sofferenza, anche
quando siamo felici sappiamo che la cosa non durerà a lungo e quindi
non siamo contenti del tutto. Tutti siamo alla ricerca della felicità.
Questa non si trova in un’auto nuova, un nuovo abito, una nuova
moglie o al supermercato. Ci aspettiamo troppo da queste cose e
dopo un po’ ci deluderanno come le precedenti. Il buddismo, a
differenza delle altre religioni, ha un metodo per la ricerca della
felicità: la saggezza che dà il giusto valore alle cose grazie al fatto che
possiamo vedere la loro vera natura di non permanenza.
Per il principio di causa effetto tutto ciò che nasce o si crea è
destinato a morire o finire. Quindi, come prima regola, non dobbiamo
affezionarci troppo alle cose, alle persone, a noi stessi. Pensiamo
invece a coltivare la nostra mente sottile che resterà dopo la morte.
Per metterla in luce e permetterle di esprimersi bisogna meditare per
cercare di controllare la mente grossolana, la “scimmia ubriaca” dei
nostri pensieri, e farla tacere.
È davvero imbarazzante e frustrante che noi, che ci consideriamo
fini intelletti, capaci di studi difficili, di usare il computer ecc., non
riusciamo a meditare più di 3 minuti senza che ci si affaccino alla
mente mille pensieri sciocchi. Il lavoro dell’anima in meditazione
consiste nel renderla tanto positiva da impressionare la mente e in tal
modo condurre l’uomo a uniformarsi al piano eterno. Quindi
meditiamo sul Dharma, sulle vite precedenti che qualcuno ricorda,
sulla morte e su ciò che verrà subito dopo per non essere
impreparati.Il maestro osserva gli studenti per un attimo, dà un occhiata al suo
orologio da polso.
IL MAESTRO: - Bene, abbiamo pochi minuti per alcune domande, prego!
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Mentre il maestro attende qualcuno che faccia una domanda, stacco su
(cut to) Elisabetta e Serena.
SERENA: - (sottovoce) Elisabetta, ti è mai capitato che il maestro, mentre fa
lezione, risponda a una domanda che ti fai mentalmente in quel
momento?
ELISABETTA: - (sorride) Certo, alcune volte, sono arrivata a pensare che il
Venerabile Neil riesca a leggere nel pensiero.
SERENA: - (sorridendo) Non ci crederai ma è quello che ho pensato anch’io!
Stacco su (cut to)Franco seduto sulla sedia in fondo vicino al muro,
mentre alza la mano.
IL MAESTRO: - Prego!
FRANCO: - Vorrei, se fosse possibile, fare una domanda non attinente con la
lezione di oggi!
IL MAESTRO: - Mi dica.
FRANCO: - Mi sono chiesto spesso per quale motivo molti si prostrano
davanti al Buddha, quando credo che egli non si aspetti questo da
noi.
IL MAESTRO: - Vede, la prostrazione non si fa al Buddha, ma al suo
insegnamento, al Dharma.
IL MAESTRO: - (dando un’occhiata all’orologio) Bene è l’ora di pranzo,
concludiamo con la preghiera dell’offerta del cibo.
Chiude su panoramica (pan shot) degli studenti, mentre aprono il loro
libro della preghiera.
91. Mezzogiorno. Interno. Corridoio del refettorio, davanti alla bacheca, dove
si leggono le notizie.
Un gruppo di persone sta leggendo un foglio appeso alla bacheca e
scritto in inglese, Serena esce dal gruppo, poi vede Franco che le va
incontro.
FRANCO: - Hai letto le notizie dell’ambasciata americana?
Escono dal rumoroso corridoio, dove si ode il rumore di piatti, cucchiai
e gente che parla provenire dal refettorio.
SERENA: - (preoccupata) La situazione si sta aggravando, purtroppo, anche
a Kathmandu!
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FRANCO: - (brontola) Già, i ribelli maoisti hanno distrutto una fabbrica di
coca-cola, assalito due emittenti radio televisive e due caserme,
provocando morti e feriti.
S’avviano verso la collina della preghiera.
SERENA: - Che peccato!
FRANCO: - (ricorda) Lo sa Elisabetta che hanno dato il permesso di
telefonare a casa, per tranquillizzare i parenti, che probabilmente
saranno in allarme dopo le notizie sulla guerriglia in Nepal?
SERENA: - Sì, l’ho informata io, ha detto che questa sera telefonerà a sua
madre.
La coppia cammina intorno alla collina.
FRANCO: - Allora, domani andiamo con Willy e Denis a Boudhanath a
comprare le pillole preziose che fanno i monaci a Dharamsala in
India?
SERENA: - Ma se andiamo, siamo costretti a marinare la seduta di
discussione!
FRANCO: - Willy ha già chiesto il permesso anche per noi a Francois!
SERENA: - Fantastico, con queste belle giornate di sole ci farà bene una
bella camminata fino a Boudhanath.
Chiude, mentre Franco abbraccia la moglie felice.
92. Ore 13.00. Interno infermeria.
All’interno dell’infermeria Serena sta misurando la pressione ad
Elisabetta; quando ha finito, la fissa preoccupata.
SERENA: - (brontola) Insomma Elisabetta, sei sull’orlo di un collasso, devi
riprendere a mangiare, è la seconda volta che ti provo la pressione, ce
l’hai sempre a settanta, e la minima non si vede.
ELISABETTA: - (tirandosi giù la manica del maglione) Figurati, adesso faccio
come te e Franco che vi scambiate le merendine di nascosto con aria
di cospiratori carbonari.
SERENA: - (scoppia a ridere divertita, poi sghignazza) Questa battuta non è
tua!
ELISABETTA: - (ridendo) Ci credo bene che non è mia, ti ho sentito che la
dicevi a Franco, mentre ti passava delle barrette energetiche.
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SERENA: - Elisabetta non sto scherzando, stai rischiando di brutto!
ELISABETTA: - (spolverando uno scaffale) Guarda che io mi sento appena
un po’ intontita e mi chiedo come mai, perché, se avessi fatto un
digiuno a casa, a quest’ora avrei terribili giramenti di testa.
In quel mentre entra una giovane monaca che tiene fra le mani un lungo
rosario di turchese; è sui vent’anni, alta, magra, rasata a zero, occhi
chiari.
LA MONACA: - (seria) Scusate, ho trentanove di febbre e mal di gola.
Serena prende dallo scaffale un vaso, lo mette sulla scrivania, ne estrae
delle pillole che mette in un fazzoletto di carta, poi gliele porge.
SERENA: - Ingerisci tre pillole dopo i pasti principali, finché le hai finite.
ELISABETTA: - (smettendo di spolverare lo scaffale) Sei svedese, vero?
La monaca annuisce sorridendo.
SERENA: - Da quanti anni manchi da casa?
LA MONACA: - Da tre anni, da quando sono rimasta colpita dagli
insegnamenti del Buddha, quindi sono diventata monaca.
ELISABETTA: - Mi chiedo come possano aver reagito i tuoi genitori di fronte
alla tua scelta.
LA MONACA: - (sorridendo) Veramente ho informato mia madre solo dopo.
SERENA: - (stupita) Oh, santo cielo, e come ha reagito di fronte al fatto
compiuto?
LA MONACA: - (sorridendo) Ho telefonato dicendo:” Mamma, indovina che
cosa ho fatto?” e lei mi ha risposto che qualunque cosa avessi fatto,
poiché si trattava di una mia scelta, andava bene.
SERENA: - Carina tua madre, probabilmente un’altra si sarebbe arrabbiata.
ELISABETTA: - Già, anche Karen venne al monastero con il fidanzato e fu
attratta dal Dharma, quindi lasciò il fidanzato e si fece monaca.
SERENA: - Già, pare che molti monaci siano accomunati dallo stesso
destino, infatti anche il Venerabile Neil ha raccontato che andò in un
monastero per dissuadere un amico dal diventare monaco, ma rimase
folgorato dagli insegnamenti.
ELISABETTA: - (sorridendo) Già, il Dharma ha un grande potere, anche Willy
è andato al monastero per fare il cuoco, e adesso è un aspirante
monaco.
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Chiude, mentre nell’infermeria entrano tre monaci bambini, Elisabetta va
loro incontro e uno di essi apre la bocca indicandole un dente che gli
duole.
93. Ore 17.00 Interno, ufficio del telefono.
Elisabetta entra nell’ufficio del telefono: sotto la finestra c’è una
poltrona ricoperta di broccato arancione con ricami in oro, di fronte
una scrivania dove un monaco sta lavorando al computer, alle pareti
alcune immagini sacre, di fronte all’entrata in fondo una tenda gialla
con tre rombi rossi in perpendicolare.
ELISABETTA: - (rivolgendosi al monaco) Mi scusi, posso fare una telefonata
in Italia?
IL MONACO: - (indicando la tenda) Prego signora, si accomodi dietro quella
tenda!
Elisabetta entra e si siede davanti al telefono e osserva con interesse il
bellissimo mandala appeso alla parete, poi alza la cornetta e digita un
numero. Dall’altra parte del telefono si odono alcuni squilli.
LA MADRE: - Pronto!
ELISABETTA: - Ciao mamma, come stai?
LA MADRE: - (eccitata) Che sorpresa, mi avevi detto che avresti telefonato
solo il cinque di dicembre dopo l’uscita dal monastero.
ELISABETTA: - Hai ragione, di solito non si può telefonare dal monastero,
ma poiché al momento in Nepal ci sono focolai di guerriglia, volevo
dirti di non preoccuparti, perché sono al sicuro.
LA MADRE: - D’accordo! Sai, ho sognato che lavoravi nel monastero, e tutti
affermavano che eri brava, ma stai davvero lavorandovi?
ELISABETTA: - (ride ) Sì, sto facendo un po’ di volontariato all’infermeria con
Serena.
LA MADRE: - (felice) Sei davvero brava allora!
ELISABETTA: - Mi raccomando, se senti delle notizie sulla guerriglia in
Nepal, non allarmarti, perché se la situazione dovesse aggravarsi,
torno a casa. Ti abbraccio, ciao!
LA MADRE: - Ti abbraccio anch’io, a presto!
Chiude, mentre Elisabetta riattacca sorridendo.
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94. ore 21.10 Ruota della preghiera. Gompa dei monaci.
Ad ogni giro della ruota della preghiera si ode un campanello suonare;
Elisabetta e Jolanda le girano intorno, pregando sottovoce, poi al
terzo giro escono nel cortile e, mentre passeggiano sotto le mura del
gompa dei monaci, odono le loro grida in dibattito.
ELISABETTA: - Jolanda, ti andrebbe di salire al gompa ad osservare i monaci
in dibattito?
Jolanda segue l’amica che s’avvia su per le scale che portano al
piazzale del gompa.
JOLANDA: - Andiamo pure, ma dovremo accontentarci di osservarli, poiché
il dibattito sul Dharma lo fanno nella loro lingua.
Mentre arrivano in cima alla scala, le urla e le grida aumentano.
ELISABETTA: - Interessanti questi dibattiti, una maniera intelligente per
imparare l’uno dall’altro l’insegnamento del Buddha.
Le due donne si trovano di fronte a decine di gruppi di monaci, che
gridano, urlano, ridono, discutono, gesticolano ecc.; alcuni sono
seduti per terra nella posizione del fior di loto, altri in piedi. Jolanda
ne indica un gruppo ad Elisabetta.
JOLANDA: - Se osservi quel gruppo, ti accorgerai che qualcuno fa la
domanda e il più preparato risponde per primo.
ELISABETTA: - (osservando il gruppo) Immagino che, se qualcuno dà una
risposta sbagliata, gli altri intervengono e discutono sull’errore.
JOLANDA: - Una maniera molto efficace per imparare in fretta e memorizzare
i testi sacri..
Chiude, su primi piani di singoli, di gruppi dei monaci e panoramica della
piazza piena di monaci in dibattito.
95. 29 novembre Ore 14.00 Esterno. Boudhanath.
Elisabetta, Serena, Franco, Willy e Denis vestiti sportivamente, stanno
camminando lungo la strada rumorosa e trafficata da pedoni e
automobili che suonano il clacson senza controllo, che porta
all’entrata dello stupa Boudhanath.
ELISABETTA: - Willy, poco fa la dottoressa della farmacia, che mi ha
prescritto le pillole preziose, mi ha assicurato che fanno molto bene, è
vero?
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WILLY: - Certo, però ricordati, che vanno preparate in una notte di luna piena
e si beve l’intruglio un’ora prima dell’alba, dopo aver recitato un
mantra.
ELISABETTA: - Interessante!
SERENA: - Nelle indicazioni c’è scritto che si schiacciano e, dopo averle
messe in un piccolo recipiente, si aggiunge un pò d’acqua bollente e
poi si copre.
Intanto i cinque raggiungono l’arco, da dove si entra nello stupa.
DENIS: - Ricordatevi che le pillole preziose vanno schiacciate al buio, e
ricoperte, perché non devono vedere la luce.
SERENA: - (sbraita) Misteriose
dell’intruglio di una strega!
queste
pillole,
sono
più
laboriose
Una risata esplode intorno, mentre i cinque si fermano davanti alla
strada trafficata, ad osservare l’arco della porta di Boudhanath di
fronte a loro (arco con disegni sacri multicolori in rilievo). Al di là della
porta emerge una parte dello stupa, che splende sotto il sole del
pomeriggio.
Chiude, su panoramica dell’arco e dello stupa.
96. Esterno. Passaggio sotto l’arco. Attorno allo stupa.
Intorno al grande stupa turisti e nepalesi si fermano a mercanteggiare
nei vari negozi; alcuni bambini giocano allegri, mentre altri fanno
girare le ruote della preghiera, fra note di musiche sacre che
echeggiano intorno. I cinque amici passano sotto l’arco e
raggiungono lo stupa.
DENIS: - Andiamo a bere qualcosa nel piccolo bar sotto lo stupa?
FRANCO E SERENA: - (allontanandosi) Noi dobbiamo comprare qualcosa, ci
incontriamo alle due e trenta sotto l’arco, così torniamo al monastero
insieme.
Elisabetta segue Willy e Denis che camminano intorno allo stupa. Denis
entra in uno stretto negozio dove vendono delle bibite, mentre Willy
ed Elisabetta stanno fuori e lo vedono, mentre prende in mano una
coca cola.
DENIS: - Vi offro io da bere, cosa volete?
ELISABETTA E WILLY: - Coca-cola, grazie!
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Denis esce con tre bottiglie di coca cola aperte e ne offre una a ciascuno degli
amici, che bevono dalla bottiglia. Elisabetta vede due bambini scalzi,
sporchi e vestiti con pantaloni corti e maglietta sudicia (uno di circa sette
anni, l’altro più o meno di cinque), che fissano la coca cola che sta bevendo,
con le mani sui fianchi.
ELISABETTA: - (smettendo di bere)Volete la coca-cola?
Essi annuiscono seri, Elisabetta sorridendo passa la bottiglia della cocacola quasi piena al più piccolo.
ELISABETTA: - Un po’ ciascuno, ok!
Il piccolo beve avidamente, poi passa la bottiglia al più grande che
ingurgita il resto della bibita in un secondo.
IL BAMBINO GRANDE: - (tendendo una mano) Money! Money!
Elisabetta mossa da compassione apre la borsa e offre a ciascuno di
loro dieci rupie, essi di colpo strappano il denaro dalle sue mani con
avidità, lei sorride, poi segue gli amici che intanto si sono allontanati.
Mentre li raggiunge, sente qualcuno che le tira il maglione, quando si
gira vede il bambino più grande.
IL BAMBINO: - (grida) More money!
ELISABETTA: - (severa) Sorry, no more!
Mentre i tre amici guardano stupiti il ragazzo che insiste arrabbiato
seguendo i tre con la mano tesa, arriva anche il piccolo.
IL PICCOLO: - (serio allungando la mano) Money! Money ! Money!
I tre scoppiano in una risata fragorosa, che non intimidisce i due
bambini.
Panoramica della scena con i due bambini che insistono.
DENIS: - (sghignazza) Ho paura che, se non gli diamo altro denaro, non
molleranno l’osso.
Dissolvenza. Dissolve to.
97. 30 novembre. Mattino 0re 8.30. Teaching. Interno gompa.
Le tende sono aperte, dalle finestre si vede un cielo luminoso, un vento
leggero soffia tra i rami degli alberi che danzano dolcemente. I raggi
del sole illuminano l’interno del gompa. Ripresa da dentro il gompa,
mentre gli studenti lasciano le scarpe fuori dalla porta e entrano con il
loro porta libri arancione e aspettano in piedi l’entrata del Venerabile
Neil, il quale arriva sorridendo, seguito da Karen.
108
I due si prostrano tre volte davanti alla statua del Buddha, all’unisono
con la maggior parte degli studenti, mentre Elisabetta e Serena si
astengono. Infine, tutti si siedono sui loro cuscini, pronti ad ascoltare
la lezione del maestro Neil, che è seduto sul suo trono colorato e
sfoglia un libro. Qualcuno tossisce, altri si soffiano il naso. Karen
assiste alla lezione dal suo solito posto.
IL MAESTRO: - Sono spiacente di dovervi informare che, purtroppo, Lama
Thubten Zopa Rinpoche non può tornare al monastero come vi era
stato promesso.
Un coro di proteste echeggia intorno. Il Venerabile Neil osserva gli
studenti per un attimo.
IL MAESTRO: - Bene, per ottenere velocemente tutte le realizzazioni nel
sentiero verso l’illuminazione, si incomincia con il generare la
Bodhicitta e, per farlo, prima di tutto si deve riconoscere ogni essere
senziente come nostra madre. Proprio perché la natura della mente è
senza fine, la trasmigrazione involontaria del ciclo di nascita e morte
causato dall’ignoranza è senza fine e le nostre vite precedenti non si
contano; è necessario fare uno sforzo per spezzare questo ciclo
infinito di sofferenza, morte e rinascita, meditando sulle qualità che
genereranno il Bodhicitta e metterle in pratica.
Una volta maturata la motivazione altruistica che aspira a
liberare tutti gli esseri dalla sofferenza, si mediterà sulle qualità del
Bodhisattva (letteralmente, colui la cui coscienza è diventata
intelligenza, o buddhi; colui al quale manca solo un’incarnazione per
divenire buddha perfetto). Una volta messe in pratica, ci si impegnerà
a ottenere l’illuminazione, unicamente per liberare tutti gli esseri
senzienti dal samsara.
Meditando, quindi, sulle qualità del Buddha e messe in pratica, si
diventerà un risvegliato, un essere completamente illuminato che ha
superato tutti i difetti mentali e ha realizzato l’onniscienza unita
all’infinita compassione.
Il Venerabile Neil fissa i suoi studenti con sguardo indagatore.
IL MAESTRO: - (muovendosi e gesticolando dal suo tron) Mi pare che, per
raggiungere l’illuminazione e diventare un Buddha, ci sia una mole di
lavoro infinito da portare a termine sul lungo sentiero, quindi vi
auguro un buon lavoro e vi invito a non perdere tempo e a mettervi
immediatamente all’opera fin da ora, auguri!
Il maestro osserva con sguardo severo gli studenti, poi sorride e chiude
il libro.
IL MAESTRO: - Ora, se ci sono domande, sarò lieto di rispondere.
109
98. Ore 13.50. Esterno. Intorno alla collina e scala che sale sulla collina della
preghiera.
Elisabetta e Serena girano intorno alla collina, poi salgono su per la
scala che porta in cima.
SERENA: - Non mi sento bene oggi, dovrò misurarmi la pressione, forse è
aumentata.
Elisabetta si ferma a metà scala e guarda Serena sotto di lei.
ELISABETTA: - Questa notte il mio maestro interiore mi ha mostrato che
stavo in piedi sopra un precipizio!
SERENA: - (brontola) Ti sta avvisando che, se non metti fine al digiuno,
precipiterai nel vuoto.
ELISABETTA: - (girandosi dà un’occhiata al panorama) Tra alcuni giorni il
digiuno è finito!
Elisabetta riprende a salire.
SERENA: - Stanotte ci sarà la luna piena, quindi prepareremo l’intruglio con
la pillola preziosa.
ELISABETTA: - (mentre raggiungono la cima) Hai letto che strani ingredienti
contengono quelle pillole preziose?
SERENA: - (sorridendo) Si, mi pare che ci siano oro purificato, estratto di
turchese e di perla, insomma tra erbe e minerali, cinquanta ingredienti
diversi.
ELISABETTA: - (fermandosi sull’ultimo scalino e girandosi verso Serena)
Sarà meglio avvisare Jolanda, nel caso che domani mattina ci scopra
a dare i numeri.
99. Esterno. Ore 14.00. Sulla collina delle bandierine.
Il gruppo dei francesi e Franco sono seduti in cerchio sul prato verde
sopra la collina, sotto un sole pallido e migliaia di bandiere della
preghiera, che sventolano spinte da un leggero vento. Una leggera
foschia invade la valle sottostante. Elisabetta e Serena raggiungono il
gruppo e vanno a sedersi in cerchio fra Marie e Franco.
FRANCOIS: - Allora, chi vuole dare inizio alla discussione?
ELISABETTA: - (prendendo dalla borsa un libro e una lente d’ingrandimento)
Che ne direste se ognuno di noi leggesse dal Dhamma-Pada un
versetto della Legge?
Un coro di urla e grida di consenso echeggia intorno.
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FRANCOIS: - D’accordo!
ELISABETTA: - (passando il libro ad Alain) Voglio dare la possibilità al più
timido del gruppo di dare inizio alla lettura.
Mentre il gruppo grida e urla eccitato, Alain con un timido sorriso apre il
libro, lo sfoglia.
ALAIN: - (cercando di nascondere l’emozione) “Egli mi ha ingiuriato, egli mi
ha vinto, egli mi ha derubato”: in coloro che accolgono tali pensieri,
l’odio non si placa.
Il gruppo applaude eccitato, mentre Alain passa il libro a Willy.
WILLY: - “Egli mi ha ingiuriato, egli mi ha battuto, egli mi ha vinto, egli mi ha
derubato”: in coloro che non accolgono tali pensieri, si placa l’odio.
FRANK: - L’attenzione è il sentiero conducente all’immortalità, la distrazione
è il sentiero della morte; gli attenti non muoiono, i disattenti sono già
come morti.
MIREILLE: - Costoro che sono esperti nell’esercizio dell’attenzione, avendo
ciò chiaramente riconosciuto, gioiscono di essere attenti,
rallegrandosi di appartenere agli eletti.
MARIE: - Cresce la gloria dell’uomo attento, che ha realizzato se stesso, che
è raccolto in sé, le cui azioni sono pure, che opera con ponderazione,
che vive continente e secondo la Legge.
SERENA: - Mediante l’elevazione interiore, il controllo e il dominio di sé, il
saggio edifichi un’isola che l’alluvione non sommerga.
ELISABETTA: - (leggendo con una lente d’ingrandimento) L’uomo accorto,
allorché con l’attenzione scaccia la disattenzione, salito sull’alta
terrazza della saggezza, sereno, contempla gli stolti, gente turbata dal
dolore, come chi è salito in cima alla montagna guarda la gente giù in
pianura.
FRANCO: - Attento fra i disattenti, ben sveglio tra gli addormentati, egli,
giudizioso, procede distanziando gli altri come un corsiere distanzia il
ronzino.
ISABELLA: - Non badi ai torti altrui, non a ciò che altri avrebbero dovuto fare
o non fare: osservi, piuttosto, ciò che egli ha fatto o non ha fatto.
LENA: - Come si possono intrecciare molte collane da un mucchio di fiori,
così pure molte buone cose possono essere compiute da un mortale,
una volta che sia nato.
111
CATHERINE: - Fintanto che il male compiuto non giunge a maturazione (non
dà frutto), lo sciocco lo considera come se fosse miele, ma, quando
esso matura, allora lo sciocco soggiace al dolore.
Catherine passa il libro a Denis.
WILLY: - (sghignazza) Che ne dite di fare un applauso di incoraggiamento
all’ultima ruota del carro?
Un’esplosione di risate echeggia intorno, mentre Denis osserva tutti
severo, poi sfoglia il libro.
DENIS: - (ridendo) Fate attenzione, perché questo versetto che leggerò è
dedicato a un gruppo di stolti.
Un’ennesima esplosione di risa, urla e grida di proteste risuona intorno.
DENIS: - (schiarendosi la voce) Gli sciocchi, privi di intendimento, vanno con
se stessi come con un nemico, compiendo azioni cattive che portano
loro frutti amari.
Chiude sul gruppo, mentre protesta ridendo, gridando e facendo
schiamazzo.
100. Ore 21.10. Interno stanza da letto.
La stanza è buia, alcuni raggi luminosi entrano dalla finestra. Elisabetta
è seduta sulla sedia di vimini Si ode un colpo secco, poi un urlo di
Serena.
ELISABETTA: - (preoccupata) Avanti Serena, non mi dire che ti sei
schiacciata un piede, al posto della pillola preziosa.
Si ode l’ennesimo colpo e un altro grido.
ELISABETTA: - (saltando in piedi) Santo cielo, Serena, vuoi dirmi cosa stai
combinando?
SERENA: - (mentre traffica nel buio) Ma cosa rompi anche tu, queste pillole
preziose sono durissime, per romperle ho dovuto usare un sasso.
ELISABETTA: - (scoppia a ridere divertita, poi sghignazza) Dal grido che hai
fatto, ho pensavo che avessi sbagliato il bersaglio e ti fossi
schiacciata un piede.
SERENA: - (continuando a trafficare) La vuoi finire di prendermi in giro, la
prossima volta la pillola te la prepari da sola.
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Si odono dei rumori di tazze, dell’acqua bollire, poi Serena accende la
luce. In terra accanto al suo letto ci sono un fazzoletto di carta e un
sasso.
SERENA: - (raccogliendo le due cose) In quelle pillole ci sarà dell’oro, del
turchese e non so che altro ben di Dio, ma erano più dure del
cemento.
In quel mentre Elisabetta chiude gli occhi, ha una visione: vede un cane
bianco che sta bevendo il preparato della pillola preziosa nella sua
tazza.
ELISABETTA: - (riapre gli occhi e si alza in piedi brontolando) Santo cielo
Serena, ho appena chiuso gli occhi per un momento e ho avuto la
visione di un cane bianco che stava bevendo il mio intruglio.
Serena scoppia in una risata, mentre Elisabetta va a controllare e nota
che il fazzoletto di carta che Serena ha messo sopra la sua tazza si è
imbevuto di liquido. Allora prende un altro fazzoletto asciutto e
spegne la luce.
ELISABETTA: - Tu sghignazzi, ma il mio maestro interiore con quel
messaggio mi ha avvisata in tempo prima che tutto l’intruglio fosse
assorbito dal fazzoletto.
Elisabetta accende la luce e mostra il fazzoletto con una grossa chiazza
marrone a Serena.
ELISABETTA: - Guarda un po’ tu!
SERENA: - (mentre fissa il fazzoletto) Ora capisco il messaggio, il fazzoletto
bianco caduto nell’intruglio era rappresentato dal cane che beveva.
ELISABETTA: - Interessante, vero?
SERENA: - (pensierosa) Eccezionale, piccola strega!
ELISABETTA: - Pensa che questo tipo di messaggio simbolico, il Tibetano lo
chiama la voce del silenzio.
Chiude, mentre Serena fissa Elisabetta pensierosa.
101. 1 Dicembre. Ore 12.30 Esterno. Uscita dal refettorio.
Il sole di mezzogiorno illumina la collina di Kopan e le valli che la
circondano. Elisabetta, Franco e Serena (la prima indossa una giacca
bordeaux con sciarpa e pantaloni neri, il secondo pantaloni blu e
maglione giallo, la terza, pantaloni rossi con giacca a vento rossa e
bianca) escono dal refettorio, e si fermano sul terrazzo di fronte alla
valle.
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ELISABETTA: - Franco, vuoi recitarmi il tuo ultimo haiku!
FRANCO: - Sul sentiero di Kopan un nibbio e foglie d’acero. Colori
d’autunno!
Alcune persone vanno e vengono.
ELISABETTA: - (felice) Complimenti, molto carino!
FRANCO: - (sorridendo) Veramente ho saputo che all’alba, dopo aver
ingurgitato l’intruglio, hai avuto un lampo di genio che ti ha ispirata a
scrivere un pensiero.
ELISABETTA: - (scoppia a ridere divertita) Credo che la pillola preziosa mi
abbia alzato la pressione, perché mi sento forte come un leone.
Gli amici scoppiano a ridere.
FRANCO: - (brontola) Non cambiare discorso e declamami quel pensiero, per
favore!
ELISABETTA: - (sorridendo) Dall’universo infinito scaturisce un mandala di
luce, il Dharma che illumina l’umanità addormentata, strappandola alla
corsa senza fine della ruota del samsara!
FRANCO: - (sorpreso) Hai avuto un illuminazione dalla pillola preziosa!
Mentre scoppiano in una risata arriva Jolanda tutta eccitata.
JOLANDA: - Sapeste cosa mi è successo?
SERENA: - (curiosa) Racconta!
Mentre Jolanda racconta ha il flash back della scena 102.
JOLANDA: - Ero sulla terrazza a pranzare e, mentre stavo per addentare una
fetta di pizza, un nibbio è sceso in picchiata su di me e me l’ha
strappata via, terrorizzandomi per lo spavento, sotto lo sguardo
stupito di alcune persone.102. Esterno. Terrazzo all’ultimo piano del refettorio.
Jolanda è seduta sull’ultimo tavolo, con un piatto di ferro e un pezzo di
pizza; di fronte alla vallata, la catena montuosa dell’Himalaya,
illuminata dal sole di mezzo giorno. Nel tavolo vicino una coppia sta
bevendo un the, mentre medita sul panorama. Jolanda prende in
mano la pizza e sta per addentarla, quando all’improvviso un nibbio
vola in picchiata su di lei strappandogliela, Jolanda urla terrorizzata,
mentre l’uccello vola nel vuoto e la coppia sorride sorpresa.
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SERENA: - (sorridendo) Anche ai nibbi di Kopan piace la pizza!
ELISABETTA: - (scherzando) Sei stata fortunata che non ti ha strappato via
un dente!
Scoppiano in una risata.
FRANCO: - (sbraita) Sì figurati, fra un po’ il nibbio le strappava la lingua!
103. Ore 13.00. Bar-negozio. Esterno. Interno. Infermeria.
Elisabetta con una kata in mano, seguita da Serena, esce dal barnegozio del monastero.
SERENA: - (mentre attraversano il cortile) Allora domani prenderai rifugio nel
Buddha Dharma e il Lama Lhundrup Rigsel ti darà un nome in
tibetano.
ELISABETTA: - (sorridendo) Già, ed io gli offrirò questa kata che egli poi mi
metterà intorno al collo.
SERENA: - Io non prenderò il rifugio, però verrò a vedere la cerimonia.
Le due amiche raggiungono l’infermeria, Serena apre la porta.
SERENA: - Elisabetta, prepara il braccio che ti misuro la pressione, sono
curiosa di vedere se la pillola preziosa te l’ha alzata.
Elisabetta si tira su la manica del giaccone del braccio destro e Serena
le prova la pressione.
SERENA: - Vedo con piacere che da settanta ti è salita a novanta.
ELISABETTA: - L’avevo immaginato, ma ora vediamo come va la tua, prima
che arrivi qualche paziente!
Elisabetta l’aiuta a misurarsi la pressione.
SERENA: - Mi sono sentita male per alcuni giorni, ma oggi, dopo la pillola
preziosa, mi sento bene.
ELISABETTA: - Spesso hai il problema della pressione alta, probabilmente
non avresti dovuto prendere la pillola preziosa.
SERENA: - (dà un’occhiata preoccupata) Santo cielo, ho la pressione
altissima, e non me ne sono accorta!
ELISABETTA: - (seria) Quanto ce l’hai?
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SERENA: - (togliendosi la fascia) Centottanta! Se viene qualcuno, fallo
aspettare che ritorno subito, il tempo di andare in stanza a prendere
una pillola per abbassarla.
Chiude, mentre Serena esce in tutta fretta dall’infermeria.
104. Ore 12.30. 2 Dicembre. Uscita dal monastero. Esterno monastero.
Sentiero sul precipizio che porta ad una pineta.
Elisabetta e Franco escono dalla porta del monastero: lei indossa una
tuta da ginnastica bordeaux e bianca, Franco pantaloni neri e
maglione rosso. Si avviano lungo un sentiero che costeggia il
burrone.
FRANCO: - (protesta) Sono un poò contrariato, perché, ogni volta che
desidero fare una passeggiata con Serena, non ne ha voglia, poi avrei
voluto incontrare Lama Zopa, che purtroppo non ha potuto tornare.
ELISABETTA: - (ammirando lo splendido panorama sotto di lei) Beh, Tolstoj
ha detto: “La felicità non dipende dagli avvenimenti esteriori, ma dalla
maniera con la quale li consideriamo”.
I due amici proseguono sul sentiero tortuoso sopra la valle piena di
alture e colline con terrazze arate e casette di contadini riscaldate da
un sole luminoso.
FRANCO: - (sorpreso) Complimenti Elisabetta, molto significativa questa
massima di Tolstoj.
ELISABETTA: - (guardando incantata il panorama sotto di lei) Sai, nella
libreria del monastero ho trovato il libro “Reincarnazione. Il piccolo
grande Lama” di cui mi avete parlato tu e Serena.
Franco si ferma un attimo sul sentiero, dà un’occhiata alla valle che
splende sotto il sole di mezzogiorno.
FRANCO: - Hai letto come Lama Zopa ha trovato la reincarnazione di Lama
Yeshe?
ELISABETTA: - (seguendo Franco) Lama Yeshe aveva promesso a Lama
Zopa di ritornare sulla terra, per continuare la sua opera, volta a
guidare gli esseri senzienti al di fuori del ciclo incontrollato di nascita
e morte.
FRANCO: - Proprio per questo, Lama Zopa faceva molta attenzione ai suoi
sogni; in uno particolarissimo e vivido, gli era apparso Lama Yeshe
che affermava che stava per prendere un’altra forma umana.
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ELISABETTA: - Già, aveva udito i lamenti dei discepoli afflitti, quindi non
poteva più restare nel reame della beatitudine, ignorando le loro
suppliche.
FRANCO: - In un sogno successivo, Lama Yeshe gli mostrò una piccola
creatura dagli occhi luminosi e penetranti, che camminava carponi sul
pavimento di una sala di meditazione, era un maschio ed era un
occidentale.
I due amici lasciano il sentiero sulla valle e entrano in un boschetto di
pini.
ELISABETTA: - Quando si recò in Spagna all’Osel-Ling nell’autunno del
1985, vide Osel che si muoveva carponi sul pavimento del gompa, la
scena e il bimbo erano gli stessi visti in sogno.
FRANCO: - Ed era un occidentale, come aveva visto nel suo sogno
premonitore.
ELISABETTA: - (entusiasta) Toccante questa storia tra Lama Zopa e il suo
prezioso Guru, vero?
Primo piano dei due.
FRANCO: - Straordinaria direi!
Dissolvenza. Dissolve to.
105. 2 Dicembre. Ore 15.00, Esterno. Sotto l’albero che dà sulla valle di
Kathmandu. Di fianco al gompa.
Il gruppo dei francesi, Elisabetta e Serena sono seduti sotto l’enorme
albero di fianco al gompa che dà sulla valle di Kathmandu e, mentre
parlano e ridono tra di loro nell’attesa di entrare nel gompa per il voto
(rifugio nel Buddha), sopraggiunge Franco.
FRANCO: - Scusate, ma volevo sapere se vi siete preparati per il voto,
perché ho saputo che Lama Lhundrup vi interrogherà sulla definizione
di “pilastro”, secondo la Verità Relativa e la Verità Assoluta.
Elisabetta e Willy costernati si alzano in piedi.
ELISABETTA E WILLY: - Cosa?
ELISABETTA: - (mentre Franco li fissa serio) E cosa c’entra il pilastro con la
Verità Relativa e la Verità Assoluta?
Una risata collettiva esplode intorno echeggiando nella valle.
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FRANCO: - (serio ) Non c’è niente da ridere, se volete la risposta, bene,
altrimenti me ne vado e farete brutta figura con il Lama Lhundrup.
Un coro di urla e grida spinge Franco a rivelare la risposta
FRANCO: - Allora, secondo la Verità Relativa, il pilastro è una colonna che
regge il soffitto. Secondo la Verità Assoluta non esiste nessun
pilastro e il soffitto crollerà da un momento all’altro.
Un’altra risata collettiva esplode intorno, poi Willy
tranquillizzato, mentre Franco continua a ridere divertito.
si
siede
ELISABETTA: - (brontolando) Franco, vatti a far friggere, mi hai quasi fatto
venire una sincope con i tuoi scherzi balordi.
106. Ore 15.30. Esterno. Interno gompa. Voto: rifugio nel Buddha.
Una cinquantina di persone sono sedute sui cuscini. Elisabetta, Jolanda
e Serena sono ai loro posti, Willy è seduto poco lontano. Il Lama
Lhundrup Rigsel è seduto sul trono, poco lontano c’è un monaco che
lo assiste.
IL LAMA: - Le ragioni per cui bisogna prendere il rifugio nel Buddha
Dharma sono:
1) Paura della sofferenza nei tre reami bassi e in tutto il samsara.
2)Convinzione che il Buddha, il Dharma e il Sangha hanno il potere di
proteggerci.
3) Compassione per tutti gli esseri che trasmigrano.
Il Buddha mostra la via, il Dharma è il vero rifugio, il Sangha sono i
seguaci. Voi dovreste guardare a voi stessi come pazienti che cercano
il consiglio di tutta la conoscenza medica del Lord Buddha, il suo
insegnamento come medicina. Quando si prende rifugio nel Dharma,
si deve evitare di ferire gli altri intenzionalmente.
I cinque rami dei voti di un completo upasika sono l’evitare di:
1. uccidere;
2. prendere ciò che non è stato dato;
3. avere una condotta sessuale scorretta;
4. dire bugie;
5. bere alcolici.
IL LAMA: - (osservando gli studenti) Bene, ora recitiamo insieme la preghiera
di rifugio e generazione di bodhicitta.
UN CORO DI VOCI: - Fino all’illuminazione prendo rifugio nel Buddha, nel
Dharma e nel Sangha. Per i meriti accumulati grazie alla pratica della
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generosità e delle altre perfezioni, possa io ottenere lo stato di un
Buddha per il beneficio di tutti gli esseri senzienti.
Il Lama recita una preghiera in tibetano, poi prende nella mano destra
un dorge e sulla sinistra una campana e agita i due oggetti in aria
pronunciando parole sacre in tibetano.
SERENA: - (a bassa voce) Elisabetta, il Lama sta agitando un dorge, sai è
uno strumento rituale a forma di scettro a cinque raggi che simbolizza
la compassione.
Stacco su primo piano del dorge, poi su Elisabetta.
ELISABETTA: - (sussurra) Interessante, ma io sento anche il suono di una
campana.
Stacco su primo piano della campana, poi su Serena.
SERENA: - (sorridendo) Già, la campana è uno strumento rituale che
simbolizza la vacuità, la saggezza suprema, la vera natura
dell’esistenza.
ELISABETTA: - (conclude) Molto interessante!
Seguito dagli studenti, il Lama comincia una serie di preghiere in
tibetano, mentre un monaco passa tra le persone con un porta
incenso sorretto da tre catene, che fa dondolare, avanti e indietro
lasciando scie di fumo e profumo d’incenso. Finito il giro con
l’incenso, il monaco ritorna con un contenitore pieno di riso e ne
distribuisce un pò a tutti i presenti. Il Lama ripete il rituale, prende
ancora nella mano destra il dorge e nella sinistra la campana e agita i
due oggetti in aria pronunciando parole sacre in tibetano. Ad un certo
punto gli studenti all’unisono si gettano il riso sopra la testa, che cade
sulle loro spalle e per terra, come una cascata. Poco dopo l’assistente
del Lama passa tra gli studenti a distribuire foglietti con i nomi che
sono stati loro assegnati, ne consegna uno anche ad Elisabetta, e
continua a distribuirli a Willy, poi ad altri. Elisabetta dà un occhiata al
nome.
SERENA: - (curiosa, sotto voce) Allora che nome ti è stato dato?
ELISABETTA: - (le passa il foglietto dicendo) Io non leggo il tibetano, dopo la
cerimonia andrò da Thubten Khedup per farmelo tradurre e
insegnarmi la pronuncia.
SERENA: - (restituendo il foglietto) Lhundrup Dhechen, allora Lhundrup
sappiamo che è il nome del Lama, ma Dhechen è arabo per me!
Elisabetta sorride, si alza in piedi e insieme a Willy segue gli studenti
che vanno a mettersi in fila per offrire, uno alla volta, la kata al Lama.
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Intanto Serena e altri con la macchina fotografica hanno raggiunto la
posizione migliore per scattare foto. Willy ed Elisabetta sono tra i
primi.
Willy si inginocchia davanti al Lama sorridendo (tra i flashes delle foto
che scattano Serena e gli altri), gli porge la kata e, dopo che il Lama
gliela restituisce mettendogliela intorno al collo, si alza e se ne va,
lasciando il posto ad Elisabetta e alla lunga fila di studenti che la
segue.
Chiude, mentre Elisabetta si inginocchia davanti al Lama porgendogli la
kata, egli la prende sorridendo e gliela mette intorno al collo.
107. Ore 17.10. Davanti all’ufficio. Esterno. Interno ufficio.
Elisabetta sta andando verso l'ufficio, quando vede il monaco Thubten
Khedup in compagnia di un altro uscire dall’ufficio. Li raggiunge.
ELISABETTA: - (porgendo il foglio a Thubten Khedup) Mi scusi se la
disturbo, mi farebbe la cortesia di tradurmi il nome che mi hanno dato
durante la cerimonia del rifugio nel Buddha Dharma?
Il monaco prende il foglietto, sorride e ritorna nell’ufficio, Elisabetta e
l’altro monaco lo seguono. I due monaci vanno dietro alla scrivania e
leggono il foglio.
THUBTEN KHEDUP: - Si pronuncia Digein, in tibetano significa Grande
Benedizione!
ELISABETTA: - (eccitata) Davvero significa Grande Benedizione?
THUBTEN KHEDUP: - (sorridendo) Certo!
ELISABETTA: - (fissando i due monaci) Voi non ci crederete, quand’ero a
casa ho invocato spesso una benedizione per le mie sceneggiature,
ma adesso sono io che addirittura divento la Grande Benedizione.
I due monaci fissano Elisabetta con sguardi radiosi.
THUBTEN KHEDUP: - (allegramente) Questo è un buon segno, deve essere
felice!
ELISABETTA: - Ho scritto tre sceneggiature con insegnamenti filosofici
buddisti, non so se troverò mai un produttore.
THUBTEN KHEDUP: - Secondo me, lei ce la farà!
ELISABETTA: - (felice) Volevo dirle che, quando tornerò a casa, scriverò una
sceneggiatura sul buddismo e sulle esperienze che ho vissuto qui al
monastero, dal titolo Lhundrup Dhechen (Grande Benedizione).
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Primo piano (close up) dei tre, mentre sorridono.
THUBTEN KHEDUP: - Sono sicuro che avrà davvero grandi benedizioni!
108. Ore 17.55 Esterno. Scale esterne e interne e galleria che porta al gompa
dal lato opposto.
Mentre si ode suonare la campanella che richiama gli studenti alla
meditazione delle ore 18.00, si apre la porta del corridoio che dà sulle
stanze delle donne, escono Serena, Elisabetta e Jolanda.
JOLANDA: - Senti, Grande Benedizione, sarà meglio che ti imprima bene
nella mente il nome Lhundrup Dhechen e bada bene a non
dimenticarlo.
Mentre scendono dalle scale le tre donne scoppiano in una risata.
ELISABETTA: - Non credo che lo dimenticherò!
JOLANDA: - Meglio così perché, quando sarai morta e ti troverai nel bardo
per la rinascita, qualcuno ti chiamerà: Lhundrup Dhechen! Lhundrup
Dhechen!
ELISABETTA: - (curiosa) Che cosa dovrei fare allora?
JOLANDA: - (ridendo) Dovrai affrettarti a seguire colui che ti chiama, così ti
aiuterà a rinascere nei reami superiori.
ELISABETTA: - (felice) Grazie Jolanda, è un informazione d’estrema
importanza, ti sono debitrice! Ma ora sono preoccupata per Serena e
Franco.
Le tre donne camminano nel sottopassaggio e escono dal lato opposto
del gompa.
SERENA: - (curiosa) Per quale motivo sei preoccupata per me e Franco?
ELISABETTA: - (scherzando sghignazza) Voi due non avete preso il rifugio
nel Buddha, quindi nessuno vi aiuterà e probabilmente cadrete nei
reami bassi.
Mentre camminano di fianco al gompa, le tre amiche ridono divertite.
JOLANDA: - (scherzando) Non ti preoccupare Serena, sarò io l’eroina che
verrà nel bardo a tirarti fuori dall’inferno.
Un’altra risata echeggia intorno.
ELISABETTA: - (sghignazza) Sempre che Jolanda sia nel mondo delle anime,
quando giungerà il vostro momento.
121
109. Ore 18.00. Interno gompa. Meditation session.
Gli studenti sono seduti nella solita posizione del fior di loto. La porta
del gompa è socchiusa. Elisabetta, Serena e Jolanda siedono al loro
posto, in posizione di meditazione, quando odono il gatto passare
sotto la finestra miagolando.
ELISABETTA: - Serena, sta arrivando il gatto all’attacco!
Mentre il gatto gira intorno al gompa miagolando, Serena sorride.
KAREN: - (in piedi davanti al microfono) Ringraziamo di cuore tutti i volontari
che hanno dato molto e che continueranno a farlo fino all’ultimo
giorno del corso.
Gli studenti applaudono.
KAREN: - Sono spiacente di comunicarvi che, purtroppo, la guerriglia dei
maoisti si sta avvicinando sempre di più al monastero, quindi il corso
di meditazione previsto dopo questo è stato cancellato.
Mentre gli studenti vociferano tra di loro preoccupati per la notizia, il
gatto entra nel gompa miagolando di continuo.
KAREN: - (brontola) Per favore qualcuno metta fuori il gatto e chiuda la
porta.
Mentre il gatto sembra protestare miagolando ancora più forte, si ode la
porta del gompa chiudersi di colpo tra alcune risate.
KAREN: - Purtroppo dal sette all’otto di dicembre, ci sarà anche uno
sciopero generale, quindi per quelli che devono fissare le loro
partenze verrà al monastero un agente di viaggio per risolvere i loro
problemi.
All’interno del gompa tutti parlano tra di loro concitati.
KAREN: - Bene, ora facciamo silenzio e meditiamo sul vuoto.
Karen colpisce il gong e il suono echeggia nella sala dando inizio alla
seduta di meditazione.
KAREN: - Atisha ha affermato: “Qualunque cosa voi percepiate, qualunque
cosa voi proclamiate, non c’è niente che non provenga dalla vostra
mente. Capite, questa realizzazione di mente è vuoto. Comprendere la
non dualità della realizzazione di mente e di vuotezza è saggezza.
Meditazione è la continua concentrazione in questa saggezza senza
nessuna distrazione”.
Mentre Karen parla, Elisabetta in meditazione sta riflettendo sul nome
Lhundrup Dhechen
122
ELISABETTA: - (voce fuori campo, voice off screen) Ringrazio di cuore la
Gerarchia Divina per il meraviglioso nome, Lhundrup Dhechen ossia
Grande Benedizione.
Elisabetta all’improvviso vede davanti agli occhi della mente un
bellissimo angelo che, mentre le sorride, risplende di luce, ha un volto
da bambino, occhi chiari, riccioli d’oro e grandi ali bianche, che poi
svanisce.
KAREN: - Buone azioni accumulano meriti e saggezza, mentre voi realizzate
dal punto di vista di questa meditazione, che ogni altra cosa è come
un’illusione.
110. 3 Novembre. Ore 6.00. Interno. Stanza da letto.
Elisabetta indossa una tuta da ginnastica blu e bianca, finisce di fare il
letto, poi dà un’occhiata fuori dalla finestra, dove i bagliori dell’alba
esplodono nel cielo nero del mattino. Si odono le solite recite dei
mantra dei monaci accompagnate da suoni di cembali, corni, ecc.
Serena, che sta sonnecchiando con il sacco a pelo sopra le coperte e
una sciarpa al collo, apre gli occhi.
SERENA: - Buongiorno!
ELISABETTA: - Come stai, dormigliona?
SERENA: - (sedendosi sul letto) Non troppo bene, oggi non verrò a
meditazione!
ELISABETTA: - Ultimamente ne hai saltate parecchie di meditazioni!
Serena scende dal letto e va a preparare il caffè.
SERENA: - Cosa ci vuoi fare, la mia pressione non smette più di salire.
ELISABETTA: - (scherzando) Ti darò un colpo in testa, così te l’abbasso di
colpo.
SERENA: - (ridendo) Se fosse così facile ti direi di farlo, ma ho paura che mi
ritroverei con un brutto bernoccolo, un problema in più da risolvere.
Serena porta il caffè ad Elisabetta.
SERENA: - Tu, piuttosto, non hai sognato che risalivo le scale?
Elisabetta si siede nella sedia di vimini, pensierosa, sorseggia un po’ di
caffè.
123
ELISABETTA: - No mi dispiace, però ho sognato che mi veniva consegnato
un vestito dello stesso colore bordeaux delle monache e una kata
arancione.
SERENA: - (scandalizzata) Santo cielo Elisabetta, non significherà che
diventerai una monaca?
ELISABETTA: - (ridendo) No, per carità, non sono pronta a rinchiudermi in
un monastero, posso dirti che si tratta di un sogno simbolico, che si
interpreta da solo, quindi non mi pronuncio.
SERENA: - (fissandola) Ah, brava, così mi lasci da sola a spremermi le
meningi!
ELISABETTA: - (sorridendo) Rifletti e capirai il significato del sogno, è così
che si impara a interpretare.
111. - 3 Dicembre. Puja (cerimonia religiosa di offerta) in onore del
quarantanovesimo giorno del bardo di Lama Konchok. Ore 13,30.
Esterno interno gompa dei monaci.
La puja in onore di Lama Konchok ha richiamato al monastero uomini e
donne nepalesi e centinaia di monaci e monache dai monasteri vicini,
quindi una lunga fila di pellegrini si snoda dalle scale davanti al
monastero fino all’entrata secondaria. Mentre la gente entra
lentamente, Elisabetta e Jolanda sono in fila davanti all’entrata
secondaria, che dà direttamente ai tre Buddha. Si tolgono le scarpe
per entrare, tra i canti e i suoni che provengono dall’interno.
JOLANDA: - Con questi problemi di guerriglia maoista, ritornerete subito in
Italia?
ELISABETTA: - (seria) Se non sarà rischioso, resteremo a Kathmandu fino
all’undici di dicembre, poi Franco e Serena partiranno per remote
spiagge tailandesi, ed io tornerò in Italia.
La fila prosegue, Elisabetta e Jolanda entrano nel gompa trovandosi di
fronte a una schiera di monaci e monache seduti nella posizione del
loto che cantano e suonano cembali corni, eccetera. Al centro del
gompa, ai due lati del corridoio, due file di monaci sempre seduti nella
posizione di meditazione indossano cappelli con grandi pennacchi
gialli, in fondo alle due file spicca un’enorme gong variopinto.
Elisabetta e Jolanda vanno ad offrire la loro kata e la depositano sul
mucchio davanti alla foto di Lama Konchok, poi si inchinano davanti
ai tre Buddha e seguono lo stretto passaggio tra le monache e le
finestre del lato sinistro del gompa che le porterà all’uscita.
124
Chiude su panoramica, mentre Elisabetta e Jolanda attraversano lo
stretto passaggio in mezzo a una fila di persone che vanno verso
l’uscita principale del gompa.
112. Ore 1.00. 4 novembre. Esterno. Stupa. Ruote della preghiera.
Serena e Franco passano davanti alle piccole ruote della preghiera
sottostanti gli stupa facendole girare, quando arriva Mireille.
MIREILLE: - Vi stavo cercando, Francois mi ha detto che vi aspetta sulla
collina della preghiera, per l’ultimo incontro e per salutarci.
FRANCO: - Già, sarà meglio salutarci oggi perché domani François deve
andare a Kathmandu, per fissare la vostra partenza per l’India.
MIREILLE: - (allontanandosi) Ditelo anche ad Elisabetta e venite subito
perché non abbiamo molto tempo, alle 15.00 ci sarà l’iniziazione di
Cenrezig.
SERENA: - (spingendo una ruota della preghiera) Domani mattina ci sarà una
preghiera organizzata dagli studenti, che durerà parecchie ore, per
supplicare lunga vita al Lama Lhundrup Rigsel e al Lama Zopa.
FRANCO: - Sarà bene salutare tutti gli amici oggi, perché domani partiremo
appena troveremo un taxi per scendere a Kathmandu.
Chiude mentre si allontanano.
113. Ore 13.30. Esterno sulla collina della preghiera.
Il gruppo dei francesi è seduto in cerchio sul prato della collina, sotto
centinaia di file di bandiere della preghiera che sventolano, spinte da
un leggero vento, sotto un sole pallido. Si odono dei passi salire le
scale, poi appaiono Franco, Serena ed Elisabetta che vanno ad
inserirsi nel cerchio e si siedono a gambe incrociate. All’interno del
cerchio sul prato verde ci sono bevande, biscotti, cioccolato,
caramelle, ecc. François prende fuori dalla tasca della sua tunica delle
rupie.
FRANCOIS: - Bene, vi ringrazio tutti di cuore per l’offerta che avete fatto a
favore della costruzione del monastero a Nalanda in Francia.
François inizia a distribuire cinquanta rupie ad ognuno.
ELISABETTA: - (prendendole) François, per quale motivo ci distribuisci
questo denaro?
FRANCOIS: - (continuando a distribuirlo) Con questo gesto simbolico,
intendo affermare che il denaro offerto col cuore, in qualche modo
ritorna indietro al mittente.
125
ELISABETTA: - (sorridendo) Posso restituirtelo?
FRANCOIS: - Se ti fa piacere.
Elisabetta allunga le cinquanta rupie a François e altri seguono il suo
esempio.
ELISABETTA: - François, quello che hai appena affermato per me è una
grande verità!
Il gruppo fissa Elisabetta, François sorride compiaciuto.
FRANCOIS: - Donate sempre ai bisognosi e vedrete che in qualche modo, ciò
che avete donato vi sarà restituito dalla provvidenza con gli interessi.
ELISABETTA: - Purché sia fatto col cuore e senza aspettarsi niente in
cambio, altrimenti l’offerta non ha valore.
FRANCOIS: - È chiaro!
ELISABETTA: - Io posso, se volete, raccontarvi uno dei tanti esempi che mi
sono capitati, che mi hanno convinta di questa eccezionale realtà.
ALCUNI: - (gridano) Racconta.! Racconta!
Elisabetta mentre racconta ha il flash back della scena 114.
114. Interno ristorante.
All’interno di un ristorante, Elisabetta e alcuni amici (due uomini e una
donna) si alzano dal tavolo, quando una donna sui cinquanta, media
altezza, magra occhi scuri capelli corti brizzolati, che indossa una
lunga veste nera, dal cui braccio sinistro penzola una dozzina di croci
bianche sostenute da altrettanti fili dello stesso colore, si avvicina al
gruppo con la mano tesa; i tre amici di Elisabetta le passano davanti
ignorandola, lei invece prende dal portamonete un pugno di monete e
gliele lascia cadere sulla mano; la donna si mette il denaro in tasca,
poi si sfila una croce dal braccio e gliela mette al collo e se ne va
sorridendo, sotto lo sguardo dei tre amici.
ELISABETTA: - Quella sera i miei amici mi costrinsero a seguirli al casinò, io
vinsi parecchio denaro e pagai anche il taxi per il ritorno, perché essi
avevano perso tutto il denaro che avevano in tasca.
WILLY: - (sorridendo) Il Buddha ha affermato: “ Chi parli oppure operi con
mente serena, lui segue la felicità, come l’ombra che non si diparte”.
FRANCOIS: - Chi parli oppure operi con mente corrotta, lui segue la sventura
come la ruota segue il piede dell’animale che traina il veicolo.
126
Il gruppo applaude esultante.
Chiude mentre tutti festeggiano mangiando e bevendo allegramente.
115. Interno. corridoio. Stanza.
Elisabetta mette la chiave nella toppa della porta e entra, trova Jolanda
sdraiata sul letto che sta leggendo e, come la vede, chiude il libro.
JOLANDA: - Elisabetta, non vai a fare l’iniziazione di Cenrezig?
ELISABETTA: - (prendendo qualcosa dal comodino) Non me la sento, tu mi
hai detto che dopo l’iniziazione si deve recitare una preghiera, due
volte al giorno per sempre, con la responsabilità che, se non la si fa, il
Lama Lhundrup potrebbe ammalarsi o anche morire.
JOLANDA: - Così dicono!
ELISABETTA: - Jolanda, sai chi rappresenta Cenrezig?
JOLANDA: - (sorridendo) Cenrezig è una divinità, un’emanazione del Buddha
che rappresenta la compassione universale.
ELISABETTA: - Interessante! Andrò comunque a vedere la cerimonia, ma tu
non la fai l’iniziazione?
JOLANDA: - L’ho già fatta in Spagna!
ELISABETTA: - (andandosene) Vado di fretta, devo andare a comprare i
biglietti per partecipare all’estrazione della copia in miniatura dello
stupa che François ha fatto costruire a Nalanda.
Chiude, mentre Elisabetta esce e chiude la porta.
116. Esterno. Intorno al gompa. Degli studenti. Interno.
Elisabetta passa davanti all’entrata posteriore del gompa, dove c’è un
vecchio monaco, magro, basso, con la schiena curva, viso rotondo
occhi scuri e vispi, che non parla inglese, con una caraffa d’acqua,
che appena vede Elisabetta le fa un gesto come per offrirle dell’acqua.
ELISABETTA: - (voce fuori campo voice off screen ) Sei molto gentile ma,
anche se volessi bere, senza bicchiere come farei?
Il monaco la fissa serio e insistendo muove la caraffa verso di lei,
facendo cadere un po’ d’acqua per terra.
ELISABETTA: - (andandosene verso l’entrata principale) Grazie, non ho sete!
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Il monaco rattristato la fissa puntando per l’ennesima volta la caraffa
verso di lei, mentre si allontana. Elisabetta entra nel gompa, dove ci
sono una trentina di persone, fa un giro guardandosi intorno, poi, non
trovando la persona che cerca, esce. Quando l’anziano monaco la
vede ritornare, sorride felice, e le va incontro con la caraffa e sta per
versarle l’acqua sui piedi, ma Elisabetta unisce velocemente le mani
vicino al recipiente e riesce appena in tempo a prendere l’acqua prima
che cada. In quel mentre arriva Catherine che va dal monaco e si fa
versare l’acqua nelle mani, poi la sorseggia, quindi va sul prato e la
sputa.
ELISABETTA: - (stupita con l’acqua nelle mani) Scusami Catherine, per quale
motivo sorseggi quell’acqua e la sputi fuori?
CATHERINE: - (sorridendo) Serve per purificarci!
ELISABETTA: - (ridendo divertita) Ah, ma allora è acqua benedetta!
ELISABETTA: - (sorseggia l’acqua benedetta e la va a sputare sotto un
albero, poi fissa il monaco che le sorride raggiante) Ah, finalmente ci
siamo capiti!
117. Ore 15,00. Iniziazione Cenrezig. Interno gompa.
Una trentina di persone sono raggruppate davanti al lama Lhundrup
Rigsel e recitano tutte assieme un mantra in tibetano. Elisabetta è
seduta come tutti nella posizione del loto. Un monaco passa con un
porta incenso che continua a dondolare avanti e indietro tra le
persone, lasciando una scia di fumo grigio e profumo d’incenso. Il
Lama Lhundrup tiene nella mano destra il dorge e nella sinistra la
campana e, mentre recita un mantra in tibetano, agita i due oggetti.
ELISABETTA: - ( voce fuori campo, voice off screen) Sento un gran desiderio
di fare l’iniziazione, ma avrei dovuto comprare una kata da offrire al
Lama.
Mentre il monaco ritorna con una ciotola di riso e ne distribuisce a tutti,
Elisabetta si rivolge a Cenrezig.
ELISABETTA: - (voce fuori campo) Cenrezig, se vuoi che faccia l’iniziazione,
fa in modo che trovi una kata da offrire al Lama Lhundrup Rigsel.
Intanto il monaco si avvicina ad Elisabetta e le dà del riso, infine tutti si
gettano il riso sopra la propria testa. All’improvviso si ode lo
scricchiolio della porta del gompa che si apre, Elisabetta si gira a
guardare e vede Serena che entra e lascia la porta aperta andando a
sedersi accanto a lei.
SERENA: - (sussurrando sotto voce) Ho un gran mal di testa, ma sono
venuta comunque!
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IL LAMA: - (dal suo trono, finita la preghiera in tibetano, al microfono) Ora
prendete un chicco di riso, mettetelo sulla testa e visualizzatelo come
se fosse un fiore.
Elisabetta raccoglie un chicco di riso e lo mette in testa a Serena, la
quale fa lo stesso con Elisabetta. Il Lama riprende a recitare dei
mantra in tibetano seguito dagli studenti.
SERENA: - ( voce fuori campo) Non ne posso più di questo terribile mal di
testa, adesso mi alzo e vado a prendere un’aspirina.
IL LAMA RIGSEL: - Con questo gesto vi libero dai mali fisici.
Il Lama riprende a recitare in tibetano.
SERENA: - (, voce fuori campo voice off screen) Strani poteri che ha il Lama
Lhundrup Rigsel, bravo, mi ha mandato via quest’orribile mal di testa!
Mentre il Lama Lhundrup continua a recitare in tibetano, sempre seguito
dagli studenti, il monaco versa nelle mani dei futuri iniziati acqua e
zafferano benedetti, che ognuno sorseggia per un attimo sputandoli
poi nelle mani e mettendoseli sopra la testa.
ELISABETTA: - (confessa sottovoce) Serena, se avessi una kata farei
l’iniziazione di Cenrezig.
Serena sorpresa si mette una mano nella tasca dei pantaloni e prende
fuori una kata.
SERENA: - Ecco, l’ho appena comprata!
ELISABETTA: - (sorpresa e felice, sottovoce) Santo cielo, è un miracolo di
Cenrezig!
SERENA: - Per quale motivo?
ELISABETTA: - (sussurra) Prima ho chiesto a Cenrezig di farmi avere una
kata, se voleva che prendessi l’iniziazione.
SERENA: - (fissandola) Anch’io ho qualcosa d’incredibile da raccontarti
dopo l’iniziazione.
In quel mentre il monaco versa l’acqua e lo zafferano nelle mani delle
due amiche che ripetono ciò che hanno fatto gli altri. Mentre il Lama
continua a recitare i mantra in tibetano, ritorna il monaco con una
statua di Cenrezig bianca (circa mezzo metro), che posa sulla testa di
tutti i presenti, poi raggiunge le due amiche, quindi va per posarla in
testa a Serena, che gli fa segno di no, ma il monaco non l’ascolta e
gliela posa sulla testa spingendoci lievemente sopra; Serena
129
contrariata fa una smorfia, il monaco non ci fa caso, poi passa la
statua sulla testa di Elisabetta che sorride.
SERENA: - (brontola sottovoce, mentre il monaco si allontana) Per fortuna
che quella statua di Cenrezig non è di marmo, ma di burro di jak,
altrimenti adesso avrei un bernoccolo.
ELISABETTA: - (trattenendo le risa a fatica) Sicuramente ti avrebbe soltanto
abbassato le corna.
Serena si gratta la testa e fissa Elisabetta facendole due occhiacci, poi
ride divertita.
Infine il Lama Lhundrup agita in aria il dorge e la campana.
Chiude, mentre gli iniziati si mettono in fila indiana per offrire la kata al
Lama.
118. Ore 17.30. Esterno. Scale. Passeggiata sul balcone intorno al gompa
sulla valle.
Elisabetta e Serena salgono su per le scale che portano sul balcone
intorno al gompa.
SERENA: - Credimi Elisabetta, il mio mal di testa era terribile, è bastato che il
Lama Lhundrup pronunciasse quelle parole per farmelo andare via.
ELISABETTA: - (ammette) Si sa che i Lama e i monaci, dopo una vita di
rinunce, sacrifici e meditazioni, possono fare e vedere cose che
l’uomo normale non si sogna nemmeno.
SERENA: - Purtroppo l’uomo spesso è scettico, non crede neanche ai suoi
occhi..
ELISABETTA: - (sorride) Io so che, mentre l’essere umano evolve, le sue
capacità interiori si sviluppano sempre più, ma se regredisce, così
avverrà anche per i suoi poteri paranormali.
Le due amiche salgono sul balcone.
SERENA: - Già, ogni cosa si deve guadagnare a duro prezzo.
Passeggiano lungo il balcone sopra la valle.
ELISABETTA: - Solo lavorando seriamente sulla nostra mente, scacciando i
cattivi pensieri e coltivando quelli altruistici, possiamo salire verso la
luce.
Serena si appoggia al muretto del balcone, contempla la valle illuminata da
un sole pallido sopra nuvole bianche.
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SERENA: - Tu mi hai detto che il Tibetano ha affermato: “Ogni gradino della
via deve essere scavato nella roccia dall’uomo stesso e non vi è via
breve o facile per passare dalle tenebre alla luce.”
Chiude, mentre Elisabetta e Serena si fissano pensierose.
119. Mattino. 5 dicembre. Esterno. Interno Gompa dei monaci. Cerimonia per
la suprema immortalità del Lama Lhundrup e del Lama.
Zopa organizzata dai 176 studenti del corso.
Elisabetta, Serena e Jolanda stanno raggiungendo il gompa, fra monaci
e monache che vanno e vengono, tra canti e suoni.
SERENA: - La cerimonia per la suprema immortalità del Lama Lhundrup e del
Lama Zopa durerà parecchie ore, quindi non potremo restare fino alla
fine.
Raggiungono le scale, si tolgono le scarpe e le lasciano accanto a
decine di altre.
ELISABETTA: - Per me va bene!
Le tre amiche entrano e vanno a sedersi su tre cuscini nella parte
sinistra del gompa riservata agli studenti, che già occupano i loro
posti. Vicino agli studenti alcune file di monaci bambini e adulti seduti
di fronte al corridoio. Sulla destra, dall’altra parte del corridoio, altre
file di monaci e monache. Dal soffitto del gompa pendono centinaia di
festoni luccicanti.
Mentre tutti cantano un mantra in tibetano, entrano tre monaci, tra cui il
Venerabile Neil, che indossano tuniche gialle, hanno sulle spalle un
manto luccicante blu a quadri multicolori, sciarpa bianca legata dietro
la testa che copre il mento e la bocca, cappelli gialli con pennacchio. I
tre vanno a rendere omaggio al Lama Lhundrup seduto sul suo trono,
infine si siedono sulla sinistra nella posizione del fior di loto.
Tra recite, canti e suoni di cembali, corni ecc., entrano danzando
lentamente cinque monaci mascherati, con tuniche sgargianti, stesso
modello, stessa fantasia, ma dai colori diversi, maschere e cappelli
formati da rombi, con al centro un cono di fili colorati. Mentre danzano
sembrano marionette che si muovono a scatti e si avvicinano
lentamente al Lama suonando piccoli tamburi multicolori dalle lunghe
frange.
Stacco su Elisabetta, mentre osserva accanto a lei un gruppo di monaci
bambini che suonano sorridendo grosse conchiglie emettendo forti
suoni Chiude, mentre i cinque monaci danzando e suonando i loro
piccoli tamburi raggiungono il Lama Lhundrup e gli si inchinano
davanti rendendogli onore, poi uno alla volta escono danzando dal
gompa.
131
120. Ore 12.30. Interno. Stanza da letto.
Elisabetta e Serena stanno terminando di fare le loro valigie sono aperte
sui letti, Jolanda è seduta alla scrivania, ha un libretto tra le mani che
sta leggendo, (stacco sul libretto bianco con il titolo in blu “The
Bodhisattva Vows”).
ELISABETTA: - Jolanda, tu quando parti?
JOLANDA: - Ho il volo prenotato per il sette e sono un po’ preoccupata per lo
sciopero.
SERENA: - Non devi preoccuparti, Karen ha detto che, se ci saranno dei
problemi, i monaci vi porteranno all’aeroporto.
JOLANDA: - Speriamo bene!
JOLANDA: - (agitando il libretto) Elisabetta, questo è il libretto con la
preghiera che devi recitare per tutta la vita.
ELISABETTA: - (guardandolo) “ Il voto del Bodhisattva”, bene dopo vado a
comprarlo, grazie!
SERENA: - Elisabetta, la libreria apre dopo la cerimonia della suprema
immortalità in onore del Lama Lhundrup, inoltre ti ricordo che il taxi ci
sta aspettando all’uscita del monastero.
JOLANDA: - Elisabetta, intanto ti regalo il mio, poi andrò a comprarmene un
altro, però mi devi promettere di non dimenticare di recitare la
preghiera.
ELISABETTA: - (sorridendo) Puoi starne certa, Jolanda!
JOLANDA: - Già, sarebbe una dimenticanza da irresponsabile!
ELISABETTA: - (mentre sta terminando la valigia) Diventare un Bodhisattva è
un’impresa ardua, senza preghiera è ancora peggio, poi, se non la
recito, rischio la vita del Lama, quindi non c’è via di scampo!
Jolanda e Serena sorridono, infine Jolanda mette il libretto dentro la
valigia di Elisabetta.
JOLANDA: - Lo credo bene, per diventare un Bodhisattva ci vogliono molte
vite di sacrificio, infatti egli rappresenta il Capo di tutte le religioni, il
Maestro dei Maestri e degli Angeli.
ELISABETTA: - Già, sarà una dura battaglia! Comunque Jolanda, ti ringrazio
con tutto il cuore per il libretto, però io vorrei pagartelo.
JOLANDA: - (brontola) Non ti ci provare mica!
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Serena chiude la valigia.
ELISABETTA: - (sorridendo) D’accordo, grazie!
Infine Elisabetta si siede sulla valigia piena zeppa e la chiude. Serena ed
Elisabetta mettono le valigie fuori dalla porta e indossano la giacca a
vento.
SERENA: - (a malincuore) Jolanda, è arrivato il momento del fatidico addio!
Le tre amiche si abbracciano commosse, poi Elisabetta e Serena escono
in silenzio dalla stanza, infine si affacciano sulla porta.
ELISABETTA E SERENA: - Jolanda, buona fortuna!
JOLANDA: - (sorridendo) Anche a voi!
Jolanda guarda la porta chiudersi di colpo.
Chiude su primo piano di Jolanda, mentre il suo volto si rabbuia di
colpo.
121. Ore 1.00. Esterno. Porta del grande corridoio.
La porta si apre, escono Elisabetta e Serena con le loro valigie e, mentre
scendono per le scale, arriva un monaco, l’assistente d’ufficio di
Thubten Khedup, con una coppia di nepalesi.
ELISABETTA: - Mi scusi, posso disturbarla?
IL MONACO: - (sorridendo) Sì, mi dica!
ELISABETTA: - Per cortesia mi saluti Thubten Khedup, purtroppo non posso
aspettare la fine della cerimonia per salutarlo personalmente.
IL MONACO: - (sorridendo)Molto volentieri, ma chi devo dire che lo saluta?
ELISABETTA: - (ridendo) Gli dica che lo saluta Lhundrup Dhechen, l’italiana
che scrive sceneggiature, sono sicura che ricorderà chi sono.
IL MONACO: - (stringe la mano ad Elisabetta e Serena) D’accordo, buon
viaggio!
122. Esterno. Davanti al Bar.
Davanti al bar c’è un pulmino nero, Franco passa le valigie all’autista
che le mette dietro nel portapacchi. Elisabetta e Serena stanno
parlando con Isabelle e Alain che sono seduti nelle panchine sotto gli
ombrelloni.
133
ELISABETTA: - Alain, ti faccio tanti auguri per la tua carriera di monaco!
ALAIN: - (sorridendo ) Voglio diventare monaco, ma sono spesso assillato da
dubbi.
ELISABETTA: - (sorridendo) In queste cose non ci vuole fretta, quando il tuo
cuore sarà pronto ti farà un fischio e allora non ci saranno più dubbi!
Una risata esplode intorno.
FRANCO: - (avvicinandosi) Il taxi ci sta aspettando!
Isabelle e Alain si alzano e abbracciano gli amici.
SERENA: - Salutateci François e il resto del gruppo!
FRANCO: - Buona permanenza in India!
I tre amici salgono sul pulmino e chiudono le portiere; mentre il taxi va a
marcia indietro, i due francesi salutano con la mano e i tre li
ricambiano.
Chiude, mentre il pulmino esce dal portone del monastero a marcia
indietro e le due guardie in divisa verde salutano.
123. Sette dicembre. Pomeriggio. Esterno. Giardino Manaslu Hotel.
Un sole caldo splende sopra il giardino, alcuni uccelli volano
cinguettando tra gli alberi. Elisabetta e Franco sono seduti ad un
tavolino, sopra il quale stanno del the e dei biscotti.
FRANCO: - (sospirando) Fortunatamente oggi è il secondo e ultimo giorno di
sciopero, che ci costringe in hotel, domani ci faremo una lunga
passeggiata fino allo Swayabunath stupa.
ELISABETTA: - (beve del the, posa la tazza) Che solfa restare qui segregati,
ma meglio che rischiare la pelle.
In quel mentre Serena esce dall’hotel sbuffando nervosa.
FRANCO: - (mentre lei li raggiunge e si siede al tavolo) Allora hai telefonato a
tuo padre?
SERENA: - (servendosi del the in una tazza) Papà sta meglio, ma c’è Alba,
sua moglie, che ha dei problemi.
FRANCO: - (addolorato) Santo cielo, che cos’ha?
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SERENA: - (sospirando) Purtroppo nel giro di alcune settimane è dimagrita
una decina di chili, si sospetta un tumore, le hanno trovato una
grossa macchia scura allo stomaco.
Elisabetta ascolta addolorata.
FRANCO: - Povera Alba, se non c’è lei a sostenere tuo padre con tutti gli
acciacchi che ha, voglio sapere cosa potremo fare noi?
ELISABETTA: - Ma chi è che sospetta il tumore, il dottore?.
SERENA: - Si, però non hanno ancora finito di fare gli accertamenti, infatti
solo il 28 di dicembre ci saranno i risultati delle analisi.
ELISABETTA: - Allora ci sono ancora delle speranze!
Serena pensierosa beve un sorso di the, poi posa la tazza.
SERENA: - Spero di non dover interrompere le nostre vacanze in Thailandia.
FRANCO: - Speriamo bene!
124. Otto dicembre. Mattino. Interno. Manaslu Hotel. Corridoio. Stanza da
letto di Serena e Franco.
In fondo al lungo corridoio la porta di una stanza si apre, esce Elisabetta
(indossa un paio di pantaloni neri e un maglione nero con fiori rossi,
una giacca a vento nera, al braccio la borsa) e bussa alla porta
accanto.
FRANCO: - Avanti!
Elisabetta entra e vede Serena a letto.
ELISABETTA: - Santo cielo Serena, che fai a letto? Dopo due giorni chiusi in
hotel a causa dello sciopero, dovresti aver voglia di uscire!
SERENA: - Voi andate a visitare il Monkey Temple e divertitevi a salire i 365
gradini, io l’ho già visto e poi non sto bene!
FRANCO: - (mentre si mette la giacca a vento) Elisabetta, se tu avessi la
diarrea, te la sentiresti di salire 365 scalini, con le scimmie che ti
rincorrono fino in cima allo Swayabunath stupa?
ELISABETTA: - (seria) Povera Serena, ora capisco il problema!
FRANCO: - Senti dottoressa, non vuoi che ti chiami un medico?
SERENA: - (abbozzando un sorriso) Avanti, toglietevi di mezzo, prima che
perda la pazienza.
135
Chiude, mentre Elisabetta e Franco escono dalla stanza sorridendo.
125. Salita che porta allo Swayabunath stupa sulla collina.
Ripresa di Elisabetta e Franco che camminano lungo la strada in salita,
con lo stupa di Swayabunath che splende in lontananza sotto il sole
del mattino in cima alla collina.
126. Di fronte all’entrata di Swayabunath stupa e salita dei 365 scalini.
Elisabetta e Franco si fermano sotto un grande albero in mezzo alla
strada, nel traffico, ad osservare la magnifica porta che si erge davanti
a loro (stacco su panoramica di ciò che vedono): due colonne
rettangolari, con disegni in bassorilievo di fior di loto e degli occhi del
Buddha.
Le due colonne sostengono una tettoia dorata che sorregge due statue
di cerbiatti sdraiati, con al centro la ruota della Legge. Sul muro sotto
la tettoia, due animali sdraiati al cui centro sta un Buddha in oro e
veste arancione. Poco lontano dalla porta, si erge una costruzione
colorata con una grande ruota della preghiera, che ad ogni giro
emette il suono di una campanella.
Al di là della porta sotto le fronde di grandi alberi, spiccano tre grandi
Buddha vivacemente pitturati e due leoni bianchi in pietra. Attorno
alla porta e lungo la scalinata statue di animali colorate e centinaia di
piccoli stupa bianchi.
Stacco sui due amici, mentre passano sotto la porta e proseguono
verso i tre Buddha.
ELISABETTA: - Visione incantevole!
FRANCO: - Davvero suggestiva!
Elisabetta si avvicina alla statua del leone, di fronte al Buddha vestito di
rosso.
ELISABETTA: - Sai, il Leone delle nevi rappresenta il coraggio e l’assenza di
paura dell’Illuminato.
I due amici iniziano a salire le scale che portano allo stupa sulla collina.
FRANCO: - Infatti il Buddha viene raffigurato fra otto leoni, due per ogni
angolo del trono. Mentre salgono, incontrano alcune donne tibetane
nel loro costume tradizionale che scendono.
136
ELISABETTA: - Franco, mi racconteresti l’incredibile storia del contatto con
Tara, che ti è capitata in Tibet, nella città di Shigatse, all’interno del
grandioso complesso monastico di Tashilhumpo?
Continuano a salire su per i 365 gradini che portano allo stupa.
FRANCO: - Allora, Tara era una principessa indiana che raggiunse
l’illuminazione in giovane età.
ELISABETTA: - Nella religione buddhista Tara è colei che libera, rappresenta
l’espressione femminile della compassione attiva del Buddha.
FRANCO: - Tara è la principale manifestazione femminile dell’illuminazione.
ELISABETTA: - È anche la madre di tutti i Buddha del passato, del presente e
del futuro.
Franco si appoggia al muretto che costeggia la scala e ha un flash back
di ciò che gli capitò nel tempio di Tashilhumpo; scena 127.
127. Mattino. Tibet. Shigatse, interno del grandioso complesso monastico di
Tashilhumpo.
All’interno del complesso monastico di Tashilhumpo, Franco cammina
lentamente ammirando con grande stupore le colossali tombe d’oro
dei Panchen Lama, incastonate da mille gioielli, poi entra in
un’enorme stanza con centinaia di Buddha del futuro, in oro su
sfondo rosso, tra cui uno enorme, alto sedici metri, in rame laminato
d’oro. Franco abbacinato da quel luccicare, sopraffatto dalla maestà e
ricchezza dello spettacolo che gli si para davanti, esce in un cortile
che dà in una buia sala di preghiera, dove scopre una piccola cappella
con tre statue di Tara (due verdi al cui centro una bianca). Il tempio è
vuoto e silenzioso; mentre Franco ammira le tre statue, ha un fremito.
FRANCO: - (voce fuori campo) Che strano, sento una forte energia
percorrermi tutto!
In quel mentre nota su una delle due statue di Tara verdi un sorriso pieno
di simpatia.
FRANCO: - (ode una voce femminile dentro di lui, voce fuori campo, voice off
screen) Ben arrivato, sono contenta che tu sia qui, sapevo che saresti
venuto.
Franco è incredulo e nello stesso tempo commosso, quando vede che
anche l’altra Tara verde gli sorride, ma con una espressione meno
felice.
137
FRANCO: - (ode ancora dentro la sua mente la stessa voce, voce fuori
campo) Povero ragazzo, sei stato bravo a venire fin qui, ma quanta
strada hai ancora da fare!
Franco guarda la Tara bianca che le appare assorta in una dimensione
remota.
FRANCO: - (ode la stessa voce, voce fuori campo) Non puoi capire, io non
sono qui, ormai sono andata al dì là.
Chiude, mentre Franco guarda le tre Tare col cuore in tumulto, pieno di
gratitudine ed affetto.
ELISABETTA: - (stupita) Hai vissuto una straordinaria esperienza mistica!
I due riprendono a salire le scale.
FRANCO: - Profondamente colpito al cuore, sentivo che dovevo offrire
qualcosa a Tara, allora sono andato col taxi al mio albergo a prendere
la kata che mi avevano donato al monastero di Sara.
ELISABETTA: - Serena mi ha raccontato che, quando sei ritornato, il
monastero era chiuso, vero?
FRANCO: - (fissandola) Già, ma un monaco, quando gli ho spiegato che
dovevo offrire la kata a Tara, si è commosso e mi ha aperto.
ELISABETTA: - Tara, poi, ha parlato ancora alla tua mente?
Franco sorride e ha un flash back; scena 128.
128. Monastero di Tashilhumpo. Mattino, giornata di sole.
Franco entra nella cappella con la kata in mano, si avvicina alle tre Tare,
nota con stupore che Tara verde continua a sorridergli, ha un
sussulto, poi ode il suo cuore battere forte, allora posa la kata ai piedi
delle tre Tare e si affretta ad uscire; scende da una scalinata deserta
e, mentre sta per raggiungere l’uscita del monastero, ode provenire
dai tetti del complesso monastico arcani suoni di corni. Franco si gira
ad osservare il monastero avvolto dal misterioso suono che echeggia
intorno, poi esce e il suono dei corni cessa come d’incanto.
Chiude il flash back, mentre Franco stupito tende l’orecchio nel silenzio
di mezzogiorno.
ELISABETTA: - Franco, se tu me lo permetti, scriverò questa tua
straordinaria esperienza nella mia prossima sceneggiatura dal titolo
“Lhundrup Dhechen.”
138
FRANCO: - (felice) Certo, quando tornerò in Italia, ti spedirò una fotocopia
del racconto che ho scritto nel mio diario.
ELISABETTA: - (fissandolo) “L’esperienza massima è l’incontro con il
mistero”. Così ha affermato Einstein. Io so che ha ragione.
Franco sorride, mentre la sua attenzione cade su alcune scimmie che
con il sedere scivolano giù verso di loro sopra lo scorrimano che
porta allo stupa.
FRANCO: - Elisabetta, guarda quelle scimmie che scendono sullo
scorrimano!
Stacco su ciò che vedono, infine su Elisabetta, mentre osserva divertita.
ELISABETTA: - Se continueranno a scendere in quel modo, qualche volta si
vedranno le scintille sotto il loro sedere spelacchiato.
Franco scoppia in una risata.
Chiude su inquadratura (shot) dello stupa sulla collina, sotto il sole
brillante del mattino.
129. Intorno al Swayabunath stupa e panorama di Kathmandu.
Di fronte alle scale, sopra un piedistallo rotondo di pietra, intorno al
quale spiccano elefanti scolpiti in rilievo, c’è un enorme dorge in oro,
ad ogni lato due statue di leone, dipinte di bianco con rifiniture in oro
e colori sgargianti; dietro sorge il grande stupa, composto dal duomo
bianco e dal pinnacolo dorato che è visibile da tutta Kathmandu. I
misteriosi occhi del Buddha guardano fuori dai quattro lati del cubo
dorato, che sormonta il bianco emisfero del duomo.
In mezzo ad ogni paia d’occhi, dove ci dovrebbe essere il naso, sta
quello che sembra un punto interrogativo, sopra questo c’è il terzo
occhio. La parte superiore del pinnacolo consiste in tredici dischi
dorati che rappresentano i tredici scalini dell’illuminazione,che è
simboleggiata dall’ombrello che sorreggono.
L’ombrello è circondato da un tessuto rosso arancione, dal quale
scendono decine di file di bandierine della preghiera, che volano al
vento. Attorno allo stupa pullulano decine di negozi di souvenir,
piccoli templi e reliquari, dove s’aggirano turisti e nepalesi che
offrono cibo alle divinità, pregano e spingono le ruote della preghiera.
Ovunque scimmie, cani e colombi combattono per il cibo offerto alle
divinità nei tempi e reliquari, attorno allo stupa.
Franco ed Elisabetta sono di fronte al Swayabunath stupa che
osservano l’enorme dorge.
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ELISABETTA: - Magnifico dorge!
Stacco su primo piano del dorge di fronte allo stupa.
FRANCO: - (toccandolo) Questo strumento simbolizza il fulmine che
distrugge l’ignoranza, un importante simbolo nel Buddhismo
Tibetano.
ELISABETTA: - Bene, speriamo che distrugga anche la nostra.
Franco sorride, mentre si avviano intorno allo stupa fra voli di colombi,
scimmie e cani randagi intenti a mangiare i resti dei cibi offerti alle
divinità, nei templi e reliquari. Franco si ferma ad osservare gli occhi
del Buddha, che spiccano sul cubo d’oro sopra il duomo, sotto i raggi
del sole, (stacco su ciò che guarda).
FRANCO: - Gli occhi del Buddha, pitturati su tutti i lati del cubo d’oro, si
affacciano ai quattro punti cardinali.
ELISABETTA: - Come vedi, in mezzo ad ogni paia d’occhi, dove ci dovrebbe
essere il naso, sta quello che sembra un punto interrogativo, che è
attualmente il carattere nepalese per il numero uno, che simbolizza
l’unità.
FRANCO: - È l’unica via per raggiungere l’illuminazione attraverso
l’insegnamento del Buddha.
Elisabetta indica il punto in rilievo d’oro, situato sopra gli occhi del
Buddha.
ELISABETTA: - Ora guarda sopra gli occhi del Buddha al centro della fronte,
c’è disegnato, in rilievo, il terzo occhio.
Franco si avvia verso il muretto che dà sulla valle di Kathmandu.
FRANCO: - Già, che rappresenta tutta la visione e saggezza del Buddha.
Elisabetta segue Franco che si appoggia al muretto e guarda il panorama
di Kathmandu.
ELISABETTA: - Sapevi che la parte superiore del pinnacolo consiste in
tredici dischi che rappresentano i tredici scalini dell’illuminazione?
FRANCO: - Che è rappresentata dall’ombrello che i dischi sorreggono!
Franco si gira e guarda i tredici dischi che sorreggono l’ombrello d’oro
(stacco su ciò che guarda).
ELISABETTA: - (brontola) Ah, ma allora sai tutto!
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Elisabetta si appoggia al muretto e osserva una frotta di colombi che
all’improvviso s’alza in volo da sopra lo stupa.
FRANCO: - (ridendo) Tutto no, ma molto si!
Elisabetta si gira a guardare il panorama di Kathmandu.
ELISABETTA: - Lo sapevi che molto tempo fa, così la storia dice, la valle di
Kathmandu era un vasto lago, sopra il quale fluttuava un gigantesco
fior di loto risplendente della luce di Swayambhu, il primordiale
Buddha, dal quale emanò tutta la creazione?
FRANCO: - (fissandola) No, questo non lo sapevo!
ELISABETTA: - (ridendo) Ah, finalmente ti ho beccato.
Chiude, mentre i due scoppiano in una risata e s’avviano a terminare il
giro dello stupa.
130. Hotel Manaslu. Ore 22.00. Stanza da letto di Elisabetta
Elisabetta è seduta nel salottino della sua stanza da letto, sul tavolo c’è
il suo libretto della preghiera del Bodhisattva, al centro una bottiglia
d’acqua con due bicchieri, le tende coprono le finestre, si ode della
musica provenire dal giardino.
ELISABETTA: - (recitando con la corona tra le mani) Om mani padme hum!.
Om mani padme hum! Om mani padme hum!
Quando si ode qualcuno bussare alla porta, lascia la corona sul tavolo e
va ad aprire la porta.
SERENA: - Apri, sono Serena!
Elisabetta gira la chiave nella toppa e apre la porta, Serena entra con
una bottiglia di vino bianco in mano.
SERENA: - Oggi, mentre voi eravate al Swayabunath stupa, sono andata a
comprare una bottiglia di vino.
ELISABETTA: - (sorridendo) Bene, se ti è venuta voglia di bere del vino, vuol
dire che stai meglio!
SERENA: - (alzando la bottiglia) Avanti, prendi un bicchiere, dopo cena ti fa
bene bere un po’ di vino!
Elisabetta prende un bicchiere dal tavolo e Serena versa il vino.
ELISABETTA: - (brontola togliendo il bicchiere) Basta così, grazie!
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Serena allunga la bottiglia per versarne ancora, ma Elisabetta copre il
bicchiere con una mano.
SERENA: - (brontolando) Ma quante storie fai per un po ‘ di vino!
ELISABETTA: - (gustando un sorso di vino) Buono! Però basta, grazie!
SERENA: - Volevo dirti che domani andiamo a visitare Bhaktapur e
pranzeremo al Cafè di fronte ai favolosi templi Nyatapola e Bhairab .
SERENA: - (mentre sta uscendo) Hai guardato gli sposi e le donne nepalesi
dai favolosi sari che stanno festeggiando nel giardino?
ELISABETTA: - (accompagna Serena all’uscita) Sì, però da quando siamo qui
all’hotel Manaslu, quasi ogni sera si festeggiano matrimoni, ormai è
diventata una solfa!
SERENA: - (sorride) Già, buona notte!
131. Nove dicembre Verso mezzogiorno. Bhaktapur. Taumadhi Square.
Il sole di mezzogiorno splende nel cielo, quando i tre amici entrano nella
suggestiva piazza di Taumadhi. Elisabetta indossa un paio di
pantaloni e maglione color panna e una giacca vento nera con
cappuccio, Serena pantaloni e maglione rossi, giacca a vento
nera, Franco pantaloni e maglione blu, giacca a vento bianca.
Elisabetta si ferma incantata ad ammirare la piazza, (stacco su ciò che
guarda): sulla destra il Tempio Bhairab, rettangolare con tre tetti, uno
sopra l’altro, di fronte il Nyatapola, che è quadrato, con scale che
salgono su fino alla porta, passando sopra i cinque quadrati che si
restringono uno sopra l’altro, formando la base su cui si erige il
tempio, con cinque tetti a pagoda, uno sopra l’altro che si restringono
salendo verso il cielo.
A terra, ai due lati delle scale due statue di lottatori, con un bastone nella
mano destra e l’altra su una palla, sul secondo piano due elefanti, sul
terzo due leoni, sul quarto due grifoni, sul quinto due dee.
SERENA: - (attirando l’attenzione di Elisabetta) Il Nyatapola Temple è il più
bel tempio che si trovi nel Nepal!
ELISABETTA: - Infatti è favoloso!
FRANCO: - (leggendo su una guida) Il Nyatapola Temple è induista, fu
costruito nel XVIII secolo dal Re Bupathindra Malla e dedicato alla Dea
tantrica Siddhi Laxmi.
I tre amici si avvicinano al tempio e guardano le file di statue che
salgono fino alla porta del tempio.
142
FRANCO: - Le prime due statue rappresentano due lottatori molto famosi,
Jaya Mal e Patta, i quali si supponeva che avessero la forza di dieci
uomini.
Serena sale vicino alla seconda statua che rappresenta un elefante.
SERENA: - Gli elefanti superano di dieci volte la forza dei lottatori, i leoni
superano di dieci volte gli elefanti, e cosi fino alle due dee.
Elisabetta guarda le file di statue su per le scale fino alla porta del
tempio.
ELISABETTA: - Ci sarà una ragione, immagino.
FRANCO: - Questa progressione di forza vuole indicare che le due dee di
fronte alla porta del tempio devono essere molto potenti.
I tre amici vanno verso il Tempio Bhairab.
ELISABETTA: - Ho letto che il Tempio Bhairab è stato costruito nel XVIII
secolo, poi crollò durante il terremoto del 1934, quindi fu ricostruito.
Chiude, mentre i tre amici entrano nel Cafè di fronte al Tempio
Nyatapola da cui a preso il nome.
132. Cafè Nyatapola. Secondo piano sul balcone di fronte al tempio.
I tre amici sono seduti sul balcone affollato, di fronte al Nyatapola
Temple, stanno mangiando del riso fritto con del the.
SERENA: - (ridendo) Elisabetta, racconta a Franco quello che hai sognato
durante la notte, dopo aver bevuto il vino che ti ho offerto.
ELISABETTA: - (seria) Quando Serena è entrata nella mia stanza con il vino,
avevo completamente dimenticato che al monastero avevo fatto il
voto di non bere alcolici.
SERENA: - Avanti, benedetta Lhundrup Dhechen, ti ho versato due dita di
vino!
FRANCO: - (con tono canzonatorio) Intanto però ha trasgredito il voto!
ELISABETTA: - (bevendo un po’ di the) Infatti, quando Serena è uscita dalla
stanza, io ho bevuto il vino e con la testa che mi girava ho finito di
recitare la preghiera.
FRANCO: - (ridendo) Non mi dire, per due dita di vino?
SERENA: - (seria) Elisabetta ha di solito la pressione bassa, quindi è
possibile!
143
ELISABETTA: - Infatti, durante la notte, ho avuto un messaggio di rimprovero
dal mio maestro interiore.
FRANCO: - (interessato) Davvero?
ELISABETTA: - Mi ha fatto notare che ero seduta nella posizione del fior di
loto, con le mani giunte e una botte di vino sopra la mia testa.
Mentre Franco e Serena stanno mangiando, lasciano cadere la forchetta
sul loro piatto e scoppiano in una risata.
ELISABETTA: - (brontola) Guardate che non c’è niente da ridere!
Franco e Serena continuano a ridere.
ELISABETTA: - (sbraita) Ugo Foscolo ha affermato: “L’anima del saggio
nutrita nella verità è, nelle tempeste del mondo, un cielo sereno che
vede le nuvole sotto di sé”.
SERENA: - Ah, forte il nostro Ugo Foscolo!
FRANCO: - Lhundrup Dhechen, spiegami per quale motivo credi nella
preghiera.
ELISABETTA: - (sorridendo) Quando l’essere umano prega per il bene
dell’umanità l’energia segue il pensiero, quindi diventa un piccolo
creatore d’amore che darà vita a forme pensiero di luce sempre più
potenti che illumineranno il mondo.
SERENA: - Da qui la ragione per cui bisogna dirigere il pensiero verso il
positivo.
ELISABETTA: - Certo, altrimenti l’uomo che crea forme pensiero negative
contaminerà l’umanità, ma soprattutto diventerà martire delle sue
stesse creature.
FRANCO: - (pensieroso) Interessante!
ELISABETTA: - Quando l’uomo avrà compreso che il male che fa agli altri, in
realtà lo fa a se stesso, allora i mali del mondo verranno sconfitti.
SERENA: - Anche il Cristo ha detto che raccoglieremo ciò che abbiamo
seminato.
FRANCO: - (scrutando le due donne) Santo cielo, non c’è via di scampo,
dobbiamo pensare ed agire bene, altrimenti sono cavoli amari.
Primo piano (close up) dei tre amici, mentre scoppiano in una risata
fragorosa.
144
ELISABETTA: - Poiché l’energia segue il pensiero, come un uomo pensa tale
egli è. Parole del Tibetano!
133. Verso sera. Esterno e interno Hotel Manaslu.
I tre amici stanno rientrando all’Hotel Manaslu, quando le solite due
guardie in divisa verde aprono la porta ai tre ospiti, che ringraziano.
Mentre i tre passano davanti all’ufficio informazioni, l’impiegato
chiama Franco.
L’IMPIEGATO: - Excuse me Sir, I have got a message for you from Mr. Gopal!
(Mi scusi signore, ho un messaggio per lei da parte del Signor Gopal).
L’uomo passa una busta a Franco che la prende sorridendo.
FRANCO: - (mentre se ne va) Thank you!
Franco raggiunge Serena ed Elisabetta che lo stanno aspettando vicino
alle scale, prende dalla busta il foglio, ci dà un’occhiata.
FRANCO: - Gopal domani mattina ci accompagnerà a visitare Patan, poi a
pranzo.
ELISABETTA: - (sorridendo) Che gentile Gopal, infatti alcuni giorni fa nel
ristorante nepalese si è offerto di accompagnarci a visitare Patan.
FRANCO: - Gopal è un buon amico, pensa è stato ospite da noi nella nostra
villa all’isola d’Elba.
Chiude, mentre i tre amici salgono le scale.
134. Mattino verso le ore nove. Ufficio informazioni del Manaslu Hotel.
Elisabetta sta aspettando Franco e Serena all’ufficio informazioni,
quando vede arrivare Franco.
FRANCO: - Serena non viene, si sente poco bene, poi ieri sera ha telefonato
al padre, il quale le ha detto che Alba stava a letto depressa.
ELISABETTA: - (mentre escono dall’hotel) Mi dispiace molto, tra l’altro
domani tu e Serena dovete affrontare anche il viaggio per la
Thailandia.
FRANCO: - (preoccupato) L’ho lasciata mentre stava telefonando a Gopal per
scusarsi e salutarlo.
I due attraversano il giardino allungando il passo.
FRANCO: - Muoviamoci, Gopal ci aspetta nel suo ufficio!
145
135. Arrivo a Patan in taxi. Visita a Patan. Mattino illuminato da un pallido
sole invernale.
A Patan, la piazza Durbar e i suoi magnifici templi splendono sotto il
sole pallido di dicembre. Sulla destra il Sundari Chowk, il Teleju
Temple e il palazzo Reale, con la sua famosa Porta d’Oro, dietro la
quale ora c’è il museo. La Porta D’oro ha ai due lati due grossi leoni in
pietra.
La scintillante porta è incoronata da un intricato basso rilievo che
rappresenta il dio Indù Shiva e la sua consorte Parvati. Sulla sinistra
della piazza ci sono otto magnifici templi, tra cui alcuni rettangolari,
altri quadrati, con tetti a due o tre pagode e centinaia di colombi
appollaiati sopra. Il Krishna Temple è ottagonale, ha due piani con
magnifici archi e cupola, dedicato al dio Krishna, costruito agli inizi
del diciottesimo secolo dalla figlia del Re Yoganendra Malla.
Il tempio è uno dei pochi in sasso, costruito nella valle di Kathmandu ed
è disegnato nello stile indiano Shikhara, due leoni di sasso guardano
l’entrata del tempio. Accanto al tempio di Krishna c’è la grande
campana di Patan. Di fronte al Narsimha Temple la statua in bronzo
del Re Yoganendra Malla su una colonna.
La statua del Re è in ginocchio con le mani giunte e guarda il tempio
Taleju, dove si trovano le Dee dei Re Malla. Un cobra con il suo collo
sollevato sopra la cui testa siede un piccolo uccello è situato dietro la
statua del re eretta circa trecento anni fa e ritenuta la sorgente di
numerose leggende. Il Krishna Mandir è un altro tempio dedicato a
Krishna e alla consorte Radha.
Il tempio è stato costruito in sasso e integrato con differenti stili di
architettura indiana. È stato eretto nel diciassettesimo secolo dal re
Siddhi Narsimba Malla.
È alto quattro piani, intorno al secondo e al terzo piano ci sono
padiglioni decorati in oro. Tutto il Krishna Mandir è ornato da
bassorilievi, disegni e ricami finissimi., al centro dell’ultimo piano si
trova una torre in stile Shikhara. Quattro leoni di pietra costeggiano le
scale che portano all’entrata principale al primo piano. In ginocchio su
un pilone di pietra, di fronte al tempio, c’è una statua di bronzo di
Garuda eretta nel diciassettesimo secolo.
Un taxi arriva a Patan, di fronte alla piazza Durbar, davanti al tempio
ottagonale dedicato a Krishna, si ferma, Franco ed Elisabetta
scendono da dietro (Franco indossa pantaloni neri maglione bianco
con disegni scuri fantasia e tiene una giacca nera sul braccio,
Elisabetta un paio di pantaloni rossi con maglione e giacca a vento
nera, con un collier di pietre colorate, Gopal pantaloni color caffè latte
con giacca di pelle nera e maglione chiaro).
146
Gopal, che si trova accanto all’autista, lo paga e scende; mentre il taxi
parte, raggiunge gli amici che stanno osservando incantati la
magnifica piazza, fra turisti e nepalesi che vanno e vengono tra i
magnifici templi (stacco su ciò che osservano, poi sui tre amici).
GOPAL: - Questa è la Patan’s Durbar Square, magnifica, vero?
ELISABETTA: - (estasiata) Incantevole, qui sono state girate alcune scene
del film “Il Piccolo Buddha” di Bertolucci!
FRANCO: - (andando verso il tempio ottagonale) Elisabetta, questo Tempio
ottagonale, dedicato al dio Krishna, è stato costruito agli inizi del
diciottesimo secolo dalla figlia del Re Yoganendra Malla.
GOPAL: - Uno dei pochi Templi in sasso, costruito nella valle di Kathmandu
e disegnato nello stile indiano Shikhara.
Stacco sul Tempio di Krishna, poi sui tre amici.
ELISABETTA: - (estasiata) Magnifico!
I tre amici camminano fino di fronte al Narsimha Temple, poi Gopal
indica la statua in bronzo del re Yoganendra Malla su una colonna.
GOPAL: - Guardate la statua in bronzo del re Yoganendra Malla, in ginocchio
con le mani giunte, guarda il tempio Taleju, dove stanno le Dee dei Re
Malla.
Franco indica ad Elisabetta il cobra con il suo collo sollevato sopra la
cui testa siede un piccolo uccello, dietro la statua del Re.
FRANCO: - Elisabetta, guarda quel cobra dal collo sollevato sopra la cui
testa siede un piccolo uccello, situato dietro la statua del Re!
GOPAL: - Eretta circa trecento anni fa, la statua è la sorgente di numerose
leggende, infatti si dice che il Re fosse in grado di parlare con gli Dei.
FRANCO: - Pare che sia scomparso una notte dicendo che non sarebbe
morto finché il piccolo uccello di metallo sulla statua non sarebbe
volato via.
ELISABETTA: - Personaggio interessante il Re Yoganendra Malla!
I tre amici passano davanti al Narsimba Temple, poi al Charnaryan
Temple.
GOPAL: - A causa di quella leggenda, una finestra e una porta del palazzo
sono lasciate aperte ogni notte, così il Re potrà entrare in caso decida
di ritornare.
Gopal si ferma di fronte ai quattro leoni di pietra che costeggiano le
scale che portano all’entrata principale del Krishna Mandir Temple.
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ELISABETTA: - Che splendore il Krishna Mandir Temple!
GOPAL: - Un altro tempio dedicato a Krishna e alla consorte Radha. Il tempio
è stato costruito in sasso e integrato con differenti stili di architettura
indiana.
FRANCO: - È stato costruito nel diciassettesimo secolo dal re Siddhi
Narsimba Malla. Il tempio è considerato estremamente santo.
I tre amici si dirigono verso la statua di bronzo di Garunda, l’uomo
uccello, sopra un pilone di pietra di fronte al Krishna Mandir.
GOPAL: - Le statue di Garuda si trovano di solito fuori dai templi dedicati a
Vishnu, dato che Krishna è un incarnazione di Vishnu.
Elisabetta guarda estasiata la statua di Garuda, inginocchiata con le mani
giunte e le misteriose ali.
ELISABETTA: - Garuda, l’uomo uccello veicolo di Vishnu!
Di fronte al tempio al di là della strada c’è il palazzo reale con la famosa
Porta d’oro, i tre amici attraversano la strada per raggiungerla.
FRANCO: - Affascinanti gli dei della religione indù!
I tre amici si fermano davanti alla Porta d’Oro ad ammirarla.
ELISABETTA: - Magnifico il palazzo Reale, con la sua famosa Porta d’Oro!
GOPAL: - (indicando sopra la porta delle figure in basso rilievo) Come vedete
la porta è incoronata da un intricato basso rilievo che rappresenta il
dio Shiva e la sua consorte Parvati.
FRANCO: - Elisabetta, adesso all’interno del palazzo reale c’è il museo.
GOPAL: - Adesso andremo a visitare il museo, poi andremo a pranzo.
Chiude, mentre i tre personaggi entrano nel palazzo attraverso la porta
d’Oro. Dissolvenza. Dissolve to.
136. Ore 12,30. Esterno. Ristorante su una terrazza dietro al Krishna Mandir
Temple.
I tre amici sono seduti ad un tavolo sulla terrazza del ristorante, di
fianco alla Durbar Square, mangiano specialità nepalesi e bevono the,
sotto un sole pallido di dicembre. Davanti alla ringhiera della terrazza
vasi fioriti, oltre i quali si vedono alcuni templi e il Krishna Mandir. A
tratti frotte di colombi spiccano il volo e roteano intorno ai tetti a
pagoda garrendo. Alcuni nepalesi pranzano, chiacchierano e ridono
tra di loro.
148
ELISABETTA: - Allora Gopal, hai già fatto distribuire il tuo libro sui diritti
umani alla popolazione nepalese?
GOPAL: - (posa la forchetta sul piatto) Si, da alcuni giorni, nel giro di una
settimana sarà distribuito in tutto il Nepal.
FRANCO: - Dopodomani dalla Thailandia ti spedisco il mio nuovo e.mail, così
mi informerai sulla reazione delle autorità nepalesi.
GOPAL: - (serio) Certo, comunque ho già informato le più importanti
organizzazioni umanitarie mondiali, che interverranno in caso io
venga arrestato.
ELISABETTA: - Meno male, però guardati le spalle, soprattutto di notte, non
vogliamo avere brutte notizie di altre aggressioni.
GOPAL: - (sorride) Speriamo bene!
FRANCO: - Stai attento Gopal, mi raccomando, io e te dobbiamo lavorare ai
progetti per aiutare i bambini resi orfani da questa guerriglia
maledetta.
GOPAL: - (preoccupato) Purtroppo la situazione in Nepal peggiora sempre di
più, ma non vi preoccupate per me, io ho la pelle dura.
Chiude, mentre i tre amici si fissano seri.
137. Pomeriggio. Periferia e strade di Katmandu. Interno, esterno, taxi.
Un taxi sfreccia attraverso strade di periferia, poi entra nel traffico di
Kathmandu (stacco interno taxi), Franco è seduto accanto all’autista,
dietro Gopal e Elisabetta.
ELISABETTA: - Gopal, voglio che tu sappia che sono orgogliosa di avere un
amico come te che rischia la sua vita per il bene del popolo.
GOPAL: - (commosso) Potrei fare di più, ma purtroppo la situazione politica
è un disastro, quindi è molto difficile operare quando si è anche
perseguitati.
ELISABETTA: - Gopal, scriverò una sceneggiatura sulle mie esperienze in
Nepal, posso dare il tuo vero nome al tuo personaggio?
GOPAL: - (sorridendo prende dalla tasca un biglietto da visita) Si, certo, se
avrai bisogno di informazioni, spediscimi un e.mail, ecco il mio
biglietto da visita.
Stacco esterno taxi, mentre rallenta e si ferma vicino ad un marciapiede
al centro di Kathmandu. I tre amici scendono. Gopal ed Elisabetta si
baciano sulle guance.
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ELISABETTA: - Buona fortuna, Gopal!
GOPAL: - (sorridendo) Fai un buon viaggio domani e salutami l’Italia!!
ELISABETTA: - Sarà fatto!
FRANCO: - (abbracciandolo) Noi ci sentiamo dopodomani dalla Thailandia.
Mentre Elisabetta e Franco salgono sul taxi e l’autista mette in moto,
Gopal commosso saluta gli amici con la mano.
GOPAL: - Buon viaggio!
Chiude, mentre il taxi parte e Gopal smette di agitare la mano.
138. Notte tra il dieci e l’undici dicembre 2001. Aeroporto di Kathmandu.
Stanza da letto di Elisabetta.
Elisabetta, che indossa un paio di pantaloni neri, maglione giallo e
giacca a vento nera, ha un bagaglio a mano, è all’aeroporto di
Kathmandu e sta raggiungendo la saletta d’attesa per la partenza,
quando si accorge di camminare su un tappeto rosso, allora si gira e
guarda per terra dietro di lei e, stupita, si accorge che il tappeto si sta
arrotolando dietro il suo passaggio.
Si sveglia, apre gli occhi, si siede sul letto, si guarda attorno e si rende
conto di essere nella sua stanza del Manaslu Hotel, riflette un attimo
sul sogno.
ELISABETTA: - (voce fuori campo, voice off screen) Che strano sogno, di
solito i tappeti vengono stesi al passaggio di personaggi importanti.
Chiude, su primo piano - close up di Elisabetta, mentre riflette ancora un
attimo, poi sorride felice.
139. Mattino, 11 dicembre, ore 10,00. Esterno. Piazzale dell’aeroporto di
Kathmandu.
Il sole splende. Un taxi si ferma davanti all’entrata dell’aeroporto, i tre
amici scendono; fra il via vai di altri turisti, l’autista va ad aprire il
portabagagli, Elisabetta vede due carrelli abbandonati vicino
all’entrata.
ELISABETTA: - Serena, prendiamo quei due carrelli abbandonati.
Le due donne vanno a prenderli e li spingono vicino al taxi, intanto
Franco aiuta l’autista a scaricare i bagagli e a caricarli sui carrelli, poi
allunga del denaro all’autista.
L’AUTISTA: - (sorridendo borbotta) Thank you!
150
Infine sale sul taxi e parte.
Chiude, mentre i tre amici entrano con i carrelli all’interno dell’aeroporto.
140. Interno aeroporto, saletta d’attesa, ore 13,20.
La sala è piena di passeggeri in partenza che chiacchierano tra di loro,
di tanto in tanto si odono annunci in nepalese ed inglese, Franco,
Serena ed Elisabetta sono seduti accanto ad una giovane donna
italiana (trentenne, capelli corti e neri, occhi scuri, viso rotondo,
statura media, robusta, indossa pantaloni arancioni e maglione nero,
ha un bagaglio a mano con grossi rotoli di carta).
ELISABETTA: - A causa di questo ritardo perderò la coincidenza in Austria.
SERENA: - Bene, invece che a Verona, pernotterai a Vienna a spese della
compagnia aerea, così ti risparmierai anche quelli.
Elisabetta sorride.
FRANCO: - Elisabetta, probabilmente il nostro aereo partirà prima del tuo.
SERENA: - Per fortuna che lasciamo il Nepal, gli attacchi notturni dei maoisti
sono diventati più frequenti e agguerriti.
LA RAGAZZA: - Purtroppo hanno iniziato ad attaccare anche di giorno, ieri
un elicottero si è abbassato sopra una folla sparando alla cieca con
mitragliatrici, uccidendo una dozzina di persone e ferendone un
centinaio.
I tre amici ascoltano atterriti.
ELISABETTA: - Che pazzie!
LA RAGAZZA: - Ho trascorso tre mesi in una organizzazione laica, per farmi
un’esperienza come volontaria architetto, e vi assicuro che ne ho
viste di tutti i colori, con questa guerriglia maledetta.
FRANCO: - (addolorato) Mi dispiace molto, di questo passo sarà difficile
vedere la pace in questo paese.
In quel mentre dall’altoparlante si ode una voce in inglese.
HOSTESS: - Attention please, all passengers in departure to Vienna are
kindly requested to wait by gate one. (Attenzione prego, tutti i
passeggeri in partenza per Vienna sono pregati di attendere vicino
all’uscita numero uno).
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Una parte dei passeggeri nella saletta d’attesa si alza in piedi e si dirige
di fronte all’uscita numero uno. Elisabetta commossa abbraccia
Serena.
ELISABETTA: - Buone vacanze, sono sicura che in Thailandia ti rimetterai;
quanto ad Alba, speriamo che tutto si risolva nel modo migliore.
SERENA: - Me lo auguro con tutto il cuore.
Mentre Elisabetta abbraccia Franco, dall’altoparlante si ode una voce.
HOSTESS: - Attention please, all passengers in departure to Thailand are
kindly requested to wait by gate two.(Attenzione prego, tutti i
passeggeri in partenza per la Thailandia sono pregati di attendere
vicino all’uscita numero due).
FRANCO: - (commosso) Buon viaggio e manda un bacio all’Italia per me!
ELISABETTA: - Sarà fatto, buon viaggio anche a voi.Elisabetta prende il suo bagaglio a mano e si mette in fila. Le uscite
numero uno e due si aprono nello stesso momento e i passeggeri
escono per raggiungere a piedi gli aerei, i quali si trovano in direzioni
opposte.
Chiude su panoramica (pan shot) delle due file dei passeggeri che si
allontanano nei lati opposti, in fondo ai quali ci sono gli aerei fermi
nella pista, mentre Elisabetta si gira e saluta gli amici, che ricambiano.
Dissolvenza incrociata.
141. 21 dicembre 2001. Italia. Mattino. Interno casa di Elisabetta. Corridoio.
Elisabetta indossa una gonna rossa attillata, maglione nero con ricami
dello stesso colore della gonna e sta terminando di addobbare
l’albero di Natale, quando squilla il telefono; prende il cordless sul
mobiletto.
ELISABETTA: - Pronto!
SERENA: - Sono Serena dalla Thailandia, volevo dirti che ho fatto un sogno
molto incoraggiante a proposito di Alba!
ELISABETTA: - (felice) Che cosa hai sognato?
SERENA: - (eccitata) Ho sognato che Alba, raggiante di felicità, mi diceva
che il tumore sospettato non c’era.
ELISABETTA: - (felice) Speriamo sia un sogno premonitore. Comunque il
ventotto dicembre lo sapremo.
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SERENA: - (felice) Me lo auguro, ma dimmi come va con la vista?
ELISABETTA: - Purtroppo in gennaio devo fare il terzo ed ultimo laser
all’occhio sinistro, ma dimmi piuttosto come vanno le vacanze e la
salute?
SERENA: - Siamo su un’isola con una spiaggia stupenda, io sto molto
meglio.
ELISABETTA: - (curiosa) A proposito di Gopal, com’è andata la distribuzione
del libro sui diritti umani?
SERENA: - Franco ha ricevuto un e.mail incoraggiante in cui Gopal lo
informa che non ha avuto ritorsioni. Ti abbraccio forte, tanti saluti da
Franco e buon Natale.
ELISABETTA: - Ricambio con affetto, ciao!
Dissolvenza incrociata a simulare il trascorrere del tempo, dissolve to fade
over.
142. Mattino. Casa di Elisabetta, 6 gennaio 2002 . Salotto.
All’interno del salotto c’è un grande tappeto, sopra il quale un tavolino
che lascia intravedere sotto la superficie di vetro un magnifico
disegno indiano, sorretto da quattro angeli dorati. Ai lati del tavolino
poltrone in pelle nera e un magnifico caminetto in marmo dello stesso
colore, sopra il quale stanno oggetti vari e, appesa alla cappa, ombre
balinesi. Alle pareti ventagli colorati rifiniti in oro, quadri e oggetti; di
fronte al caminetto un mobile bianco e nero; tende bianche alle
finestre.
Elisabetta, che indossa una gonna lunga a fantasia rosa e nera con
maglione rosa, sta mettendo un ciocco di legno sul fuoco acceso nel
caminetto, quando ode il rumore di un’auto fermarsi davanti al suo
giardino, allora si avvicina alla finestra e vede la madre uscire
dall’auto e entrare nel giardino (stacco su ciò che vede). Elisabetta va
ad aprire la porta alla madre.
LA MADRE: - Elisabetta, hai avuto notizie da Serena sulle analisi di Alba?
Le due donne attraversano il corridoio ed entrano nel salotto.
ELISABETTA: - Sì, mi ha telefonato per informarmi che il sogno che ha avuto
in Thailandia era premonitore, infatti Alba le ha riferito di non avere un
tumore allo stomaco come si supponeva.
Si siedono accanto al caminetto.
ROSINA: - (felice) Meno male!
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ELISABETTA: - (sorridendo) Fortunatamente la macchia che le hanno trovato
allo stomaco si è rivelata essere soltanto una grossa ulcera.
ROSINA: - Ma quando tornano i tuoi amici dalla Thailandia?
ELISABETTA: - Purtroppo hanno dovuto interrompere le vacanze, sono
tornati alcuni giorni fa, perché il padre di Serena dovrà subire un
intervento.
Primo piano del camino con il fuoco che scoppietta.
ROSINA: - Santo cielo, si risolve un problema ne nasce un altro!
Dissolvenza incrociata a simulare il tempo che passa.
143. Un anno dopo. Esterno. 31 gennaio 2003 . Ore 13.00. Casa di Elisabetta.
Buchetta della posta, giardino.
Il sole splende, quando Elisabetta esce di casa con stivaletti, gonna
nera e maglione bianco, attraversa il giardino, raggiunge la buchetta
della posta, la apre, vi trova una lettera, la prende, ci dà un occhiata.
ELISABETTA: - (voce fuori campo) Una lettera di Serena dal Nepal.
Chiude, mentre Elisabetta entra nel giardino.
144. Interno casa di Elisabetta. Soggiorno.
Elisabetta va a sedersi sulla poltrona accanto al caminetto acceso, apre
la lettera e si ode la voce di Serena che legge su immagini della scena
145 che segue.
Pokhara, 15 gennaio 2003
Cara Elisabetta,
Franco è molto felice e orgoglioso di essere riuscito a far approvare i
suoi due progetti, ma anche deluso per la mancata realizzazione di
uno, perché purtroppo Gopal al momento opportuno si trovava
all’estero. Ieri 14 gennaio 2003 abbiamo concluso il primo ciclo di
controllo generale dello stato di salute dei 385 bambini inclusi nel
progetto, che faranno parte dei 20 asili di prossima apertura. Per
l’occasione c’è stata un’interminabile cerimonia. Oggi ne hanno
organizzata un’altra in mio onore, dopo un lungo discorso mi hanno
messa una ghirlanda di fiori intorno al collo, spiaccicato un intruglio
di polvere rossa sulla fronte, poi tutti i collaboratori hanno intinto fiori
di ibisco nella polvere rossa e me li hanno messi in mano; mentre
Franco rideva divertito, una stupenda nepalese mi ha spiaccicato per
l’ennesima volta l’intruglio sulla fronte. Abbiamo affittato una bella
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villetta sul lago, con alcune stanze per gli ospiti; se vorrai farmi da
assistente volontaria come stiamo facendo noi, sei benvenuta. Alcuni
giorni fa siamo saliti al monastero di Kopan per fare una visita ai
monaci. Ho saputo che Jolanda ha lasciato il suo lavoro da cuoca ed è
partita per il monastero di Dharamsala, in India, per studiare il
tibetano; fra alcuni anni diventerà un’interprete del Dalai Lama.
Namastè da Serena e
Franco
145. Interno infermeria.
Una grande stanza ai cui muri sono appesi poster di alcune divinità
indù, lettino, scrivania, scaffali sopra cui stanno medicinali, sgabelli,
alcune sedie ecc. Franco sta controllando dei fogli seduto alla
scrivania, mentre Serena visita alcuni bambini nepalesi. All’interno
della stessa infermeria uomini e donne nepalesi, che indossano
costumi tradizionali, danno inizio a una cerimonia in onore di Serena.
Sulla scrivania un ghirlanda di fiori colorati, un cestino di fiori di
ibisco, un piattino pieno di polvere rossa, un piccolo recipiente pieno
di liquido.
Un nepalese parla (la voce non si ode) di fronte a Serena e Franco e ai
presenti; quando finisce di parlare, un collaboratore mette la
ghirlanda di fiori al collo di Serena, che sorride felice, poi le spiaccica
un intruglio di polvere rossa sulla fronte. Tutti gli altri collaboratori
intingono ciascuno un fiore di ibisco nella polvere rossa e lo mettono
in mano alla festeggiata. Mentre Franco osserva la scena ridendo, una
bella nepalese, che indossa un magnifico sari e porta una lunga
treccia, spiaccica per l’ennesima volta l’intruglio di polvere rossa sulla
fronte di Serena, la quale sorride felice.
Dissolvenza dissolve to.
Chiude, su primo piano di Elisabetta, mentre piega la lettera e sorride.
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foto di elisabetta errani emaldi - Estro