Attualità e Costume n. 141 l’ O culista italiano Le voci della Collina di Spoon River “If the doors of perception were cleansed everything would appear to man as it is: Infinite” “Se le porte della percezione fossero ripulite, tutto apparirebbe all’uomo come realmente è: Infinito” William Blake, “The Marriage of Heaven and Hell” Ballate dall’ammaliante ritmo barocco, che descrivono arditi desideri ed umane bassezze e che trasmettono una struggente nostalgia: sono le storie dei personaggi che “dormono” sulla collina di Spoon River. Molti di noi sono cresciuti ascoltando la voce di Fabrizio De André raccontare le vite di quei morti, che rendevano omaggio “Non al denaro, né all’amore, né al cielo”. Era il 1971 quando veniva pubblicato quel primo album a tema (oggi diremmo “concept album”), destinato a divenire un vero e proprio “cult” musicale, rimasto in auge dai primi anni 70’ fino all’inizio del nuovo millennio, conservando intatto il suo fascino originario. I testi delle 9 ballate sono stati liberamente rielaborati da De André e Giuseppe Bentivoglio, e musicati dal giovanissimo Nicola Piovani, partendo dai 244 epitaffi dell’“Antologia di Spoon River”. Questo strano ed accattivante volumetto venne pubblicato in lingua inglese nel 1915 dal poeta americano Edgar Lee Masters (1869-1950), raccogliendo gli epitaffi in forma poetica che nei due anni precedenti aveva scritto per il “Reedy’s Mirror”, un quotidiano di St. Louis. 22 Pagina In realtà Lee Masters faceva di professione l’avvocato ed in quegli anni stava patrocinando un’importante causa presso la Corte Suprema dell’Illinois. Per lavoro incontrava moltissime persone, di cui ascoltava le storie personali, spesso tristi e talvolta drammatiche. Questi incontri, uniti ai suoi ricordi giovanili, hanno alimentato la sua ispirazione come ha scritto lo stesso Lee Masters: “Entravo in contatto con la natura umana e con storie di umana sofferenza che mantenevano alta la marea Attualità e Costume delle mie emozioni e ingrandita e lucida la lente del mio occhio interiore”. L’“Antologia di Spoon River” contiene una ventina di storie, sviluppate attraverso i ritratti intrecciati di 244 abitanti, ormai defunti, del paesino di Spoon River. L’idea di Lee Masters era proprio di descrivere la vita di una cittadina, che costituisce una sorta di microcosmo, attraverso le storie dei suoi abitanti. I personaggi sono i più disparati per estrazione sociale e professione e Lee Masters sembra essersi ispirato per le sue poesie alle biografie di persone autentiche, vissute nei paesini di Lewistown e Petersburg, vicino a Springfield. Infatti si racconta che alcune persone (ancora in vita quando venne pubblicato il libro) si sarebbero riconosciute nei personaggi descritti ed avrebbero protestato per il fatto che le loro vicende private erano state rese pubbliche, anche se in forma poetica. D’altronde l’aspetto più interessante del libretto di Lee Masters è proprio la particolare situazione dei personaggi che, in quanto defunti, possono esprimere senza ipocrisia e rispetto delle convenzioni sociali i loro desideri e la loro percezione del mondo. La bella traduzione in lingua italiana dell’“Antologia di Spoon River”, che De Andrè ha utilizzato come punto di partenza per le sue canzoni, ha una storia particolare che merita di essere raccontata in quanto nasce da un vero e proprio “innamoramento” letterario. Infatti la prima edizione italiana della raccolta di Lee Masters è stata curata dalla scrittrice Fernanda Pivano e porta la data 9 marzo 1943. Premettiamo che nel ventennio fascista in Italia era pressoché bandita la letteratura americana, soprattutto di ispirazione “liberal” come nel caso di Lee Masters. Racconta, infatti, la Pivano: “Ero una ragazzina quando vidi per la prima volta l’Antologia di Spoon River: me l’aveva portata Cesare Pavese, una mattina che gli avevo chiesto che differenza c’è tra la letteratura americana e quella inglese”. I primi libri americani che le propose Pavese, lei li guardò “con grande sospetto”, ma nel caso del volumetto di Lee Masters rimase come folgorata da una frase letta in una pagina aperta a caso: “mentre la baciavo con l’anima sulle labbra, l’anima d’improvviso mi sfuggì”. La fortissima suggestione che le aveva provocato quel verso la spinse in seguito ad impegnarsi in una traduzione che nel tempo si è rivelata capace di commuovere ed attrarre persone delle generazioni più diverse. All’inizio, addirittura, la Pivano tradusse il testo di Lee Masters di nascosto, senza dirlo a Pavese, perché temeva che la prendesse in giro. Un giorno, però, proprio Pavese scoprì per caso il manoscritto in un cassetto e convinse Einaudi a pubblicarlo. Incredibilmente si riuscì ad evitare la censura del ministero della cultura popolare cambiando il titolo in “Antologia di S. River” e spacciando il volumetto per una raccolta di pensieri religiosi di (uno sconosciuto) San River. Le nove poesie che nel ’71 De André scelse per il suo album erano incentrate su due grandi temi, in qualche modo centrali nella vita di provincia: l’invidia, intesa sia come desiderio di potere che come reazione agli atteggiamenti di sufficienza degli altri, e la scienza, rappresentata come il contrasto tra l’aspirazione del ricercatore e le rigidità del sistema costituito. Al tema dell’invidia sono dedicate: “Un matto”, “Un giudice”, “Un blasfemo”, “Un malato di cuore”. Il giudice, ad esempio, è un nano che, deriso ed emarginato per la sua statura, trasforma la sua invidia in sete di potere e, divenuto “arbitro del bene e del male”, sfrutta la sua posizione per condannare e far soffrire gli altri. Le ballate “Un medico”, “Un chimico”, “Un ottico” sono, invece, dedicate alla Scienza. Il medico, in particolare, vive il conflitto tra il suo sogno giovanile di “donare” la salute ai malati ed un sistema in cui bisogna adeguarsi ad una logica di puro mercato. Tutti i protagonisti delle ballate di De André Pagina 23 Attualità e Costume n. 141 l’ O culista italiano non hanno un nome ed un cognome (a differenza dei personaggi delle poesie di Lee Masters) proprio per sottolineare che le loro storie sono esempi di comportamenti umani che è possibile ritrovare in ogni epoca e in ogni luogo. C’è però un’eccezione, il suonatore Jones, che è anche l’unico personaggio che potremmo definire “risolto”. Infatti, durante tutta la sua vita il suonatore Jones ha sempre fatto ciò che desiderava ed è arrivato al momento della morte senza “nemmeno un rimpianto”. Come lo stesso De Andrè ha dichiarato, è questa la figura con cui il cantautore genovese si identificava, in quanto rappresentava la sua filosofia di vita: per il suonatore Jones la musica non è un mestiere, ma una scelta di libertà. Anche De André ha cercato di sottrarsi alle “pressioni” dell’industria discografica, soprattutto negli ultimi anni di vita, pubblicando pochi album, a una distanza di più di sei anni uno dall’altro, e riducendo notevolmente le sue apparizioni in pubblico. Una conferma dell’attualità dell’Antologia di Spoon River e dell’opera di De André è arrivata proprio qualche mese fa dalla pubblicazione di un album che è una fedele rilettura di “Non al denaro, né all’amore, né al cielo”. La voce che ripropone le ballate di Spoon River è quella di Marco Castoldi, in arte Morgan, cantante dei Bluvertigo, alla sua quarta produzione da solista. Morgan ha dichiarato di aver realizzato nella musica pop una sorta di remake, simile a quelli cinematografici, o se vogliamo una ricostruzione filologica dell’album originale in vinile. L’idea di una riedizione, in realtà, è venuta a Dori Grezzi, compagna di De André e presidente della fondazione dedicata all’artista genovese, che ha raccontato: “Ho sempre pensato che il disco di Spoon River fosse da tener vivo, rappresentato, per essere portato ai giovani”. La sua scelta è caduta su Morgan dopo averlo ascoltato cantare alcune canzoni di De André in un concerto romano. Rispetto all’album del ’71 le ballate del disco di Morgan sono ancora più marcatamente barocche ed i brani sono stati un po’ allungati (circa 12 minuti), aggiungendo metafore e conclusioni, tratte dai contenuti delle canzoni stesse, oppure raccordi musicali che conferiscono un ritmo più lento. È possibile che alcuni “aficionados” di De André trovino la versione proposta da Morgan una forzatura, non all’altezza del primo interprete… ma anche ammesso che sia così, avrebbe pur sempre avuto il merito di creare un’occasione per riparlare di bella musica combinata a bella poesia. Ada Puglisi L’album “Non al denaro, né all’amore, né al cielo” include due brani che descrivono rispettivamente un medico ed un ottico (o un oculista?) e di cui riproponiamo i testi perché costituiscono un “volo”, colorato di poesia e di sogno, in quel mondo di problemi dolorosi in cui i nostri lettori sono soliti lavorare. A fianco, per chi conosce l’inglese, le poesie originali di Edgar Lee Masters. 24 Pagina Attualità e Costume UN OTTICO -I. PARTE Daltonici presbiti, mendicanti di vista il mercante di luce, il vostro oculista, ora vuole soltanto clienti speciali che non sanno che farne di occhi normali. Non più ottico ma spacciatore di lenti per improvvisare occhi contenti, perché le pupille abituate a copiare inventino i mondi sui quali guardare. Seguite con me questi occhi sognare, fuggire dall’orbita e non voler ritornare. -II. PARTE (1° cliente) Vedo che salgo a rubare il sole per non aver più notti, perché non cada in reti di tramonti, l’ho chiuso nei miei occhi, e chi avrà freddo lungo il mio sguardo si dovrà scaldare. (2° cliente) Vedo i fiumi dentro le mie vene, cercano il loro mare, rompono gli argini, trovano cieli da fotografare. Sangue che scorre senza fantasia porta tumori di malinconia. (3° cliente) Vedo gendarmi pascolare donne chine sulla rugiada, rosse le lingue al polline dei fiori ma dov’è l’ape regina? Forse è volata ai nidi dell’aurora, forse è volata, forse più non vola. (4° cliente) Vedo gli amici ancora sulla strada, loro non hanno fretta, rubano ancora al sonno l’allegria all’alba un po’ di notte: e poi la luce, luce che trasforma il mondo in un giocattolo. Faremo gli occhiali così! Faremo gli occhiali così! DIPPOLD THE OPTICIAN (Un Ottico) What do you see now? Globes of red, yellow, purple. Just a moment! And now? My father and mother and sisters. Yes! And now? Knights at arms, beautiful women, kind faces. Try this. A field of grain -- a city. Very good! And Now? A young woman with angels bending over her. A heavier lens! And Now? Many women with bright eyes and open lips. Try this. Just a goblet on a table. Oh I see! Try this lens! Just an open space -- I see nothing in particular. Well, now! Pine trees, a lake, summer sky. That’s better. And now? A book. Read a page for me. I can’t. My eyes are carried beyond the page. Try this lens. Depths if air. Excellent! and now? Light, just light, making everything below a toy world. Very well, we’ll make the glasses accordingly. UN MEDICO Da bambino volevo guarire i ciliegi quando rossi di frutti li credevo feriti la salute per me li aveva lasciati coi fiori di neve che avevan perduti. Un sogno, fu un sogno ma non durò poco per questo giurai che avrei fatto il dottore e non per un Dio ma nemmeno per gioco: perché i ciliegi tornassero in fiore, perché i ciliegi tornassero in fiore. E quando dottore lo fui finalmente non volli tradire il bambino per l’uomo e vennero in tanti e si chiamavano gente ciliegi malati in ogni stagione. E i colleghi d’accordo i colleghi contenti nel leggermi in cuore tanta voglia d’amare mi spedirono il meglio dei loro clienti con la diagnosi in faccia e per tutti era uguale: ammalato di fame incapace a pagare. E allora capii fui costretto a capire che fare il dottore è soltanto un mestiere che la scienza non puoi regalarla alla gente se non vuoi ammalarti dell’identico male, se non vuoi che il sistema ti pigli per fame. E il sistema sicuro è pigliarti per fame nei tuoi figli in tua moglie che ormai ti disprezza, perciò chiusi in bottiglia quei fiori di neve, l’etichetta diceva: elisir di giovinezza. E un giudice, un giudice con la faccia da uomo mi spedì a sfogliare i tramonti in prigione inutile al mondo ed alle mie dita bollato per sempre truffatore imbroglione dottor professor truffatore imbroglione. DR. SIEGFRIED ISEMAN (UN MEDICO) I said when they handed me my diploma, I said to myself I will be good And wise and brave and helpful to others; I said I will carry the Christian creed Into the practice of medicine! Somehow the world and the other doctors Know what’s in your heart as soon as you make This high-souled resolution. And the way of it is they starve you out. And no one comes to you but the poor. And you find too late that being a doctor Is just a way of making a living. And when you are poor and have to carry The Christian creed and wife and children All on your back, it is too much. That’s why I made the Elixir of Youth, Which landed me in the jail at Peoria, Branded a swindler and a crook By the upright federal judge! Pagina 25