Università degli Studi di Brescia
Facoltà di Ingegneria
Corso di Laurea Specialistica in Ingegneria Meccanica (N.O.)
Corso di STORIA e TECNICA dell’ AUTOVEICOLO
KDF : storia, tecnica ed evoluzione del
Maggiolino
Relatore:
Alessio Mor
Anno Accademico 2004-2005
Indice
1 L’evoluzione
1
1.1
La nascita . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
1
1.2
Lo sviluppo, la guerra e la ripresa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
5
2 La tecnica
10
2.1
Il motore ed il cambio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 10
2.2
La carrozzeria ed il telaio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 17
2.3
Le sospensioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 24
2.4
Evoluzione tecnica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 27
3 Da auto popolare a prodotto d’elı̀te
3.1
Dal KDF alla New Bettle
28
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 29
A Archivio fotografico
32
Bibliografia
36
1
Capitolo 1
L’evoluzione
Letteralmente significa vettura del popolo. La volle Adolf Hitler, perché ogni tedesco
potesse disporre di un’automobile. La costruı̀ Ferdinand Porsche, che seppe concretizzare
nella forma più razionale e longeva il concetto di vettura utilitaria.
Fondata nel 1937, la Volkswagenwerk ha raggiunto nel dopoguerra dimensioni industriali gigantesche, conquistando il primo posto nella produzione automobilistica tedesca e
detenendo per parecchi anni il terzo posto nella graduatoria mondiale, preceduta soltanto
dai colossi statunitensi General Motors e Ford. Il gruppo Volkswagen, di cui fa parte
anche la Audi-NSU-AutoUnion Spa, dispone attualmente di dieci fabbriche in Germania
e di sei stabilimenti all’estero per la produzione e il montaggio delle sue vetture. Il numero
dei dipendenti è di circa 200.000. Pur avendo risentito negli anni settanta della crisi generale del settore, forse in misura maggiore rispetto alle Case concorrenti, il gruppo VW ha
fatto registrare nel 1974 una produzione globale (comprendente i dati relativi alle affiliate
estere) di 2.068.000 autoveicoli, valore che le ha consentito di mantenere una posizione di
preminenza in campo europeo e mondiale.
1.1
La nascita
Un’auto completa, leggera e con equipaggiamenti a prova di stupido. A quest’auto pensava
Ferdinand Porsche, il geniale pioniere dell’automobile nato in quella che ai tempi del Kaiser
1
Capitolo 1. L’evoluzione
era ancora Cecoslovacchia, vissuto poi in Austria, quindi in Germania quando, nel 1931,
ideò e disegnò per la prima volta una macchina per il popolo.
La Zùndapp, azienda tedesca nota anche per la produzione di motociclette, sull’idea
di Porsche allestı̀ tre prototipi, completati alla fine del 1932, che già somigliavano a quello
che sarebbe diventato il Maggiolino: due berline ed un cabriolèt. Ferdinand Porsche si
era augurato di poter produrre la vettura l’anno successivo in collaborazione con la NSU
ma non se ne fece niente. Aveva persino sondato una possibilità di costruirla negli U.S.A.
Nel 1933 l’ incontro con Adolf Hitler, diventato il capo del regime nazista, aprı̀ a Porsche
la strada verso la realizzazione del suo progetto.
Quando nel 1934 Hitler pensò alla vettura popolare, decise in un primo tempo di commissionare il progetto, tramite la Reichverband der Automobil Industrie (l’associazione
tedesca dei costruttori di automobili), a Josef Ganz, ma emerse che costui era di origine
ebraica, handicap tremendo nella Germania di allora.
a)
b)
Figura 1.1: a) Hitler e Porsche osservano soddisfatti la realizzazione del progetto b) La
vettura come simbolo della potenza tedesca
Ganz venne automaticamente scartato (più tardi fu costretto a rifugiarsi all’estero) e
2
Capitolo 1. L’evoluzione
l’incarico di progettare la vettura passò a Ferdinand Porsche.
Porsche disegnò il primo Maggiolino nel 1934, su ordine di Hitler. Il Fuhrer, aveva
chiesto all’ingegnere una vettura per motorizzare il popolo tedesco, capace di trasportare
quattro persone, che avesse una velocità massima di 100 km/h, una potenza sufficiente
per superare agevolmente un passo alpino ed un consumo di 8 litri di benzina ogni 100
km. Ma che, soprattutto, potesse costare non più di mille marchi di allora.
Figura 1.2: Primo schizzo del primo maggiolino datato 18-1-1936
Il 22 giugno del 1934 il governo nazista, tramite il Reichsverband der Deutschen Automobil Industrie, l’associazione tedesca dei costruttori mobili, mise a disposizione di
Porsche, per il finanziamento del progetto, la somma di 20 mila marchi. La volontà di
Hitler era quella di realizzare il primo prototipo entro dieci mesi. Porsche si mise al lavoro
nel suo garage di Stoccarda.
Il 3 luglio del 1935 presentò la versione berlina: con motore boxer da 700 cm3 e 22cv; sei
mesi dopo fu il turno della cabriolet. Realizzò anche due prototipi di propulsore: il primo,
denominato V 1, aveva motore bicilindrico a quattro tempi, mentre il secondo montava un
due tempi a pistone sdoppiato.Entrambi i propulsori avevano raffreddamento ad aria ed
3
Capitolo 1. L’evoluzione
erano sistemati posteriormente. Seguirono nel 1936 altri tre prototipi, pressoché identici
fra di loro e contraddistinti dalla sigla V3. Si trattava in pratica delle prime tre Volkswagen
della storia, dotate, seppur in via non ancora definitiva, di tutte quelle particolarità che
avrebbero caratterizzato, facendone la fortuna, i futuri Maggiolini. Le V 3 avevano infatti
motore posteriore a 4 cilindri contrapposti con raffreddamento ad aria, corsa corta (70 x
64 mm per complessivi 985 cc), distribuzione a valvole in testa mosse da aste e bilancieri,
cambio di velocità a quattro rapporti e sospensioni a quattro ruote indipendenti. Anche
la carrozzeria presentava già la tipica forma aerodinamica a uovo che sarebbe poi divenuta
la caratteristica più evidente ed emblematica delle Volkswagen. La potenza del motore
era di 23,5 cv a 3000 giri/min.
Figura 1.3: Primo prototipo di maggiolino
Le prime V 3 furono sottoposte a severi collaudi tra cui una prova di durata su 50.000
km da percorrere nello spazio di due mesi. La V 3 fu seguita a breve distanza di tempo
da un’altra serie di prototipi, denominata Volkswagen 30 (fu quella la prima volta che
comparve ufficialmente la denominazione Volkswagen). Un gruppo di una trentina di VW
30, tutte costruite dalla Daimler-Benz (l’officina di Porsche era troppo piccola e inadatta
alla fabbricazione di tanti esemplari), fu sottoposto nel 1937 a prove di percorrenza ancor
più dure di quelle portate a termine dalla V 3 e alla fine dell’anno le trenta vetture avevano
già coperto complessivamente 2.400.000 km. Si trattava di un exploit assolutamente
eccezionale che evidenziò nel modo più eloquente quella che sarebbe divenuta la dote
proverbiale della vettura: la robustezza.
Finalmente nel 1937 viene costituita la Gesellschaft zur Vorbereitung des deutschen
Volkswagens mbh (Società per la preparazione della vettura del popolo tedesca) e un
anno dopo ha inizio la costruzione di un apposito stabilimento a Fallersieben a 80 km da
4
Capitolo 1. L’evoluzione
Figura 1.4: Primo modello di maggiolino
Hannover. Il governo tedesco non bada a spese nel varare il nuovo progetto: oltre alla
fabbrica, decide di costruire case di abitazione per le maestranze e di fondare una nuova
città, riunendo in un unico comune alcuni villaggi della zona, che prende il nome di Stadt
des KdF-Wagens (la KdF era l’organizzazione dopolavoristica di allora).
Denominata da Porsche Serie 38, la macchina del popolo fu ribattezzata da Hitler con
il nome di KdF-Wagen. KdF: iniziali di Kraft durch Freude, forza attraverso la gioia, il
nome della organizzazione nazionalsocialista per il tempo libero.
Nell’ottobre del 1938 la ragione sociale della Casa automobilistica viene cambiata in
Volkswagenwerk G.m.b.H. Alla fine dell’anno 169.741 clienti hanno ordinato, e pagato in
anticipo, una Volkswagen.
1.2
Lo sviluppo, la guerra e la ripresa
Tutto sembra nascere sotto i migliori auspici, ma l’entrata in guerra della Germania
modifica radicalmente la situazione.
La produzione del Maggiolino ha sı̀ inizio nel 1940, ma si tratta di una versione modificata ad uso militare, dotata di motore di 1131 cc da 25 cv; l’unità originale di 985
cc era risultata insufficiente per l’impiego del veicolo in percorsi fuoristrada. Durante
la guerra l’attività della fabbrica è totalmente concentrata nelle forniture militari. Le
Volkswagen prodotte soprattutto dal 1940 al 1943, quando Wolfsbburg subı̀ il primo duro
bombardamento alleato, non vennero destinate al popolo, ma alle forze armate del Reich,
trasformate in rustica campagnola scoperta,impiegate su tutti i fronti.
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Capitolo 1. L’evoluzione
a)
b)
Figura 1.5: a) Modifica del progetto adibito a fuoristrada b) Modello anfibio utilizzato
durante la guerra
Nel 1942 la versione da fuoristrada viene affiancata da uno speciale veicolo anfibio,
la Schwimmwagen (vedi 1.5). Le ordinazioni del 1938 per vetture normali rimangono
inevase e nel dopoguerra la Volkswagen dovrà affrontare una lunga serie di cause per
inadempienza intentate dai clienti, il cui numero era intanto salito a 336.000, che avevano
pagato in anticipo. Il 10 aprile del 1945 le truppe americane fanno il loro ingresso nella
città della Volkswagen, che un mese dopo viene ribattezzata Wolfsburg; lo stabilimento, a
causa dei bombardamenti aerei, è ridotto a un terzo con danni per 156 milioni di marchi.
Figura 1.6: Viste del mezzo anfibio costruito sulla base del Maggiolino
6
Capitolo 1. L’evoluzione
Nel maggio del 1945, alla fine del conflitto, la fabbrica della Volkswagen si presentava
come un cumulo di rovine, ma presse e attrezzature per la produzione della KdF si erano
in gran parte salvate dai bombardamenti, anche da quelli più pesanti, nel 1944. Gli
inglesi, nell’ambito della Germania del Dopoguerra divisa ed amministrata dalle quattro
potenze vincitrici, tra il 1945 ed il 1949 condussero la gestione fiduciaria della fabbrica
di Wolfsburg e ne affidarono la sua direzione ad un ufficiale, il maggiore Ivan Hirst.
Questi comprese subito che l’idea di Porsche apparteneva ormai al genio universale dell’era
moderna. E suggerı̀ al governatore militare britannico della regione di ordinare 20 mila
esemplari del Maggiolino, la cui produzione riprese nel dicembre del 1945, con 55 unità
al giorno. Un anno dopo, le catene di montaggio ne avevano già consegnate 10 mila,
in gran parte destinate a diventare vetture di servizio dell’amministrazione pubblica. Si
dovette attendere il 1947 prima di vedere il Maggiolino far mostra di sé negli autosaloni
che riaprivano le vetrine nelle città tedesche ancora semidistrutte dai bombardamenti.
Figura 1.7: Catena di montaggio della Wolkswagen
Il modello originale presentò la prima modifica: furono cambiati i cerchi delle ruote,
che recavano impresso il logo VW, poi diventato un classico. La vera storia del Maggiolino
dell’era contemporanea porta però, come data di inizio, il 10 gennaio 1948.
La situazione torna lentamente alla normalità, ma solo nel 1948, sotto l’impulso del
nuovo direttore generale Heinrich Nordhoff, si ha un netto miglioramento: in maggio la
25.000a Volkswagen esce dalla catena di montaggio da poco ricostruita. Si tratta sempre
dello stesso modello d’anteguerra, dotato però del motore di 1131 cc utilizzato durante il
conflitto sui veicoli militari. La vettura, denominata Standard-Model, resta in produzione
7
Capitolo 1. L’evoluzione
senza alcuna modifica di rilievo fino al 1953.
Nel 1949 compare il tipo Export-Model, maggiormente curato nelle finiture ma identico
nella meccanica. Nello stesso anno viene anche presentato il Maggiolino cabriolet,vettura
di grande successo ancora in produzione nel 1976 e carrozzata dalla Karmann. Da quel
momento gli indici produttivi salgono rapidamente, grazie anche ai più moderni metodi introdotti da Nordhoff e alle sue innegabili capacità organizzative. Nel 1950 viene introdotto
il primo veicolo commerciale leggero della Volkswagen, totalmente nuovo e destinato a una
larga diffusione. Con il consolidarsi della sua posizione sul mercato interno, la Volkswagen
parte alla conquista di nuovi sbocchi commerciali: nel 1952 nasce la Wolkswagen Canada
LTD., nel 1953 la Wolkswagen do Brasil S.A., nel 1955 la Wlkswagen of America INC.,
nel 1960 la Wolkswagen France.
Nel 1950 furono inviati i primi 328 esemplari negli USA e proprio negli Stati Uniti
quella piccola vettura europea diventò oggetto di culto: in pochi anni se ne vendettero
oltre 4 milioni di esemplari. Gli americani la ribattezzarono Beetle. Per sostenere l’export
in America, la Volkswagen diventò anche compagnia armatoriale: dal 1962 al 1972 la casa
di Wolfsburg, con oltre 80 navi, disponeva della più grande flotta privata da trasporto del
mondo. Nel 1955 il Maggiolino aveva già raggiunto il milione di vetture.
Figura 1.8: La vettura più diffusa del dopoguerra
Cosı̀ come in Italia furono la Fiat 600 e la Fiat 500, alla fine degli Anni Cinquanta e
negli Anni Sessanta, a dare la svolta alla motorizzazione di massa, il Maggiolino lo fu per
i tedeschi. Simbolo stesso del miracolo economico del Paese che risorgeva orgoglioso in
una nuova potenza, prima industriale, poi finanziaria. La sua silhouette tipica ed inconfondibile marcava il panorama stradale in Germania; vettura trasversale, si direbbe oggi,
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Capitolo 1. L’evoluzione
degna di stare accanto alle più nobili Mercedes. Anche nel resto dell’Europa occidentale,
Italia compresa, non tardò ad affermarsi. Da noi era comparso con i primi turisti tedeschi
che, con i marchi del loro inarrestabile boom economico, si avventuravano spensierati e
senza problemi oltre il mitico Brennero o sui tornanti del Gottardo, verso le nostre riviere.
Ovunque il Maggiolino diventò subito qualcosa di molto più che quattro ruote ed una carrozzeria. Ideato dal nazismo, assunse ad oggetto-culto della generazione hippy, fu star
del cinema e, soprattutto, costituı̀ la robusta prima pietra nella costruzione industriale di
quello che sarebbe diventato il quarto produttore del mondo. Dal punto di vista estetico
la vettura, negli anni, cambiò ben poco. La linea, sostanzialmente quella dell’originale
KdF-Wagen restò sempre invariata. I parafanghi del modello 1963 erano ancora perfettamente intercambiabili con quelli del predecessore di 10 anni prima. Il primo cambiamento
significativo rispetto al modello presentato nel 1939 a Berlino si notò soltanto nel 1953,
quando il lunotto posteriore diviso in due parti, chiamato in Germania Brezelfenster (dalla forma ad 8 allungato dei Brezel, caratteristici panini bavaresi) fu sostituito da uno
ovale, poi allargato ulteriormente. Giovan Battista Farina, già ufficialmente Pininfarina,
ai dirigenti di Wolfsburg che gli chiedevano di quali modifiche necessitasse il Maggiolino
per restare attuale, rispose semplicemente: Allargate il lunotto.
Figura 1.9: Trasformazione nel tempo del lunotto
Anche le finestrature laterali, nel 1964, furono ampliate.
Frattantanto, nel 1954, la cilindrata del Maggiolino viene portata a 1192 cc. Nell’ agosto del 1955, dopo solo 9 anni di produzione vera e propria, esce la milionesima
Wolkswagen.
9
Capitolo 2
La tecnica
Chi non lo conosce bene crede che il Maggiolino sia semplicemente una delle tante automobili costruite nel corso degli anni, ed anche piuttosto semplice o addirittura rudimentale.
Niente di più sbagliato! Il Maggiolino, fin dalla sua nascita, era un’auto rivoluzionaria
che adottava accorgimenti e soluzioni raffinatissime per l’epoca, ed alcune poco comuni
ancora oggi nelle utilitarie.
2.1
Il motore ed il cambio
Figura 2.1: Vista del motore
10
Capitolo 2. La tecnica
Motore dei prototipi
Il motore aveva cilindrata di 985 cm3 (alesaggio e corsa mm 70 x 64) e erogava 22cv a
3000 giri/minuto.
Motore delle vetture di serie
A ciclo otto, a quattro cilindri contrapposti, montato posteriormente, in posizione longitudinale, alimentazione con un carburatore Solex 28 PIC. Cilindrata 1192 cc, alesaggio
di 77 mm, corsa di 64 mm, rapporto di compressione 7:1. Distribuzione a due valvole in
testa, comandate da aste e bilancieri, e albero a camme nel basamento,con sedi valvole
fuse in blocco, poi sostituite da quelle in acciaio riportato per le versioni dopo il 1965.
Figura 2.2: Sezione del motore
L’impianto elettrico era a 6 volt, poi diventato a 12V dopo il 1967. La potenza era di
34 cv a 3600 giri/minuto, coppia 8,4 kgm a 2000 giri/minuto per le versioni dopo il 1960,
(30 cavalli a 3400 giri/minuto con rapporto di compressione 6,6:1 e coppia di 7,7 Kgm
a 2000 giri/minuto, per la versione dal 1954 al 1960). Raffreddamento ad aria forzata.
Frizione monodisco a secco e cambio con seconda, terza e quarta velocità sincronizzate e
rapporto di trasmissione finale di 4,375:1.
11
Capitolo 2. La tecnica
a)
b)
Figura 2.3: a) Spaccato del cambio b) Esploso della frizione
Cambio automatico
Poco comune qui da noi in Italia e invece molto diffuso negli USA, il Maggiolino è stato
costruito anche in versione cambio automatico come in figura 2.4. La prima versione risale
al 1967, nel 1971 divenne disponibile a richiesta anche sul Maggiolone 1302 e 1302/S.
Carter
Il carter del motore, quello del cambio (figura 2.5) e del differenziale e le teste dei
cilindri sono in lega leggera, il che accomuna il motore del Maggiolino più a quello degli
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Capitolo 2. La tecnica
Figura 2.4: Spaccato del cambio automatico del maggiolino
aerei piuttosto che a quello delle autovetture. Ciò spiega anche perché, a dispetto delle
apparenze, il Maggiolino pesi solo 780 kg (655 kg i modelli fino al 1952). Importante
poi sottolineare che gli standard qualitativi di costruzione raggiunsero un livello tale
da permettere l’eliminazione del periodo di rodaggio già nel 1954. Una curiosità: agli
inizi degli anni 60 più di metà del magnesio consumato in Germania era utilizzato dalla
Volkswagen proprio per fabbricare i motori dei Maggiolini.
Figura 2.5: Il carter del cambio
13
Capitolo 2. La tecnica
Raffreddamento ad aria
Una nota pubblicità del Maggiolino, tra le altre cose recitava: L’aria non bolle mai. In
effetti, uno dei motivi per cui durante la guerra il Maggiolino si dimostrò adatto sia
nell’infuocata Africa che nella gelida Russia è proprio questo. Del resto, se ci pensate
bene, la filosofia su cui si basa il raffreddamento ad aria è tanto semplice quanto efficace:
in un’auto tradizionale il raffreddamento dell’acqua nel radiatore dipende dalla velocità
dell’auto, quindi, ad esempio, in una salita molto ripida lo sforzo del motore è massimo, ma
a causa della bassa velocità il raffreddamento dell’acqua è minimo. Viceversa, in un’auto
raffreddata ad aria la ventola gira alla stessa velocità dell’albero motore e nell’esempio di
prima (motore su di giri e velocità bassa) il raffreddamento dei cilindri è assicurato. La
grossa ventola del Maggiolino soffia fino a 500 litri d’aria al secondo (0,53 metri3 /secondo);
inoltre il flusso è regolato da un termostato automatico che varia la quantità d’aria soffiata
in base alla temperatura del motore.
Radiatore dell’olio
Questa è davvero una raffinatezza presente (allora come oggi) solo nelle sportive più
raffinate. Il radiatore dell’olio garantisce il mantenimento ottimale della temperatura
dell’olio, contribuendo cosı̀ a mantenere bassa la temperatura di tutto il motore. Inoltre
è presente un particolare termostato che regola la canalizzazione dell’olio in base alla sua
temperatura impedendogli, ad esempio, di passare per il radiatore quando il motore è
freddo. Ciò consentı̀ anche di limitare a soli 2,5 litri la capacità del circuito. Il radiatore
è posto nella cassa del ventilatore, sistemato in modo da essere direttamente investito dal
flusso d’aria che raffredda le teste e i cilindri del motore.
Starter automatico
Lo starter automatico del carburatore è un meccanismo piuttosto semplice, ma molto efficace. E’ composto da un elemento riscaldatore elettrico affiancato ad una molla a spirale
in bimetallo, la quale è connessa ad un alberino. Tale alberino aziona contemporaneamente una valvola a farfalla che apre o chiude il passaggio dell’aria nel carburatore (e
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Capitolo 2. La tecnica
quindi arricchisce o impoverisce la miscela aria/benzina) e una ruotina scalettata sulla
quale va ad appoggiarsi la leva della valvola a farfalla principale. Quando accendiamo il
motore a freddo, la molla a spirale scatta e aziona contemporaneamente la valvola che
arricchisce la miscela e la ruotina dentata che tiene alto il regime minimo: man mano
che aumenta la temperatura dell’elemento riscaldatore, gradualmente sarà impoverita la
miscela e abbassato il minimo. Il risultato è che qualunque sia la temperatura esterna,
il Maggiolino non solo andrà in moto al primo colpo, ma terrà anche sul giusto valore
il regime minimo. Va sottolineato che se questo comportamento è oramai cosa normale
nelle auto moderne, non lo era affatto in quelle più vecchie che presentavano vari pomelli
per azionare manualmente lo starter e per alzare il regime minimo.
Figura 2.6: Schema dello starter automatico
Filtro dell’aria in bagno d’olio
Altra raffinatezza da sportiva di classe. L’aria aspirata dal carburatore passa prima attraverso una retina metallica e la polvere o le impurità eventualmente presenti si depositano sul fondo, catturate dall’olio lı̀ presente. Questo, insieme ad altri particolari (anche
il filtro dell’olio motore usa un sistema simile e quindi non va mai sostituito, ma solo
pulito periodicamente) faceva sı̀ che la manutenzione del Maggiolino fosse minima, veloce
e poco costosa.
15
Capitolo 2. La tecnica
Marmitta catalitica
In un periodo in cui, qui in Italia, si discute degli eventuali problemi che le auto più
vecchie (tra le quali il Maggiolino) potrebbero avere nel funzionare con la cosiddetta verde
(benzina senza piombo), può essere interessante sapere che il Maggiolino era catalizzato
già dal 1975 in California e dal 1976 nel resto degli Stati Uniti. Questo, naturalmente,
non significa che dovremo installare la marmitta catalitica anche sui nostri Maggiolini,
ma ci indica che quelle parti del motore che potrebbero soffrire l’assenza del piombo (le
valvole e le guide valvola), nel raffinato boxer del Maggiolino sono adatte alla verde già
da molto tempo.
Prestazioni
Questo motore riesce a spingere il K.D.F. a una velocità superiore ai 100 Km/h con una
discreta accelerazione; sotto è riportato il grafico velocità-potenza:
Figura 2.7: Curva velocità - potenza
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Capitolo 2. La tecnica
2.2
La carrozzeria ed il telaio
Nel 1937 vennero costruiti 30 prototipi poi collaudati su strada: carrozzeria in acciaio,
telaio a piattaforma con trave centrale terminante in una forcella posteriore, motore di
986 cc raffreddato ad aria con 23,5cv di potenza, avantreno e retrotreno a ruote indipendenti con sospensioni a barre di torsione, invenzione dello stesso Porsche e carrozzeria
aerodinamica con un Cx pari a 0,36. Unico problema era la visibilità posteriore, molto
limitata a causa del piccolo lunotto diviso in due parti. Il vano anteriore era accessibile
solo grazie a un piccolo coperchio a botola ovale, poi cambiata in un coperchio a sviluppo
totale. Da questa versione nasce la Type 38, la vettura di preserie, poi ripresa nelle sue
linee fondamentali per la produzione postbellica. La carrozzeria, imbullonata al pianale,
con interposta una guarnizione, non emetteva un cigolio od una vibrazione. Gli sportelli
si chiudevano con un solo colpo, ed il comfort era assicurato dalle sospensioni a barra di
torsione, un brevetto di Porsche. Infondeva sicurezza e per l’appunto la pubblicità, proprio per la sua forma, la paragonava ad un uovo; in realtà in fatto di sicurezza già offriva
soluzioni che a quei tempi nessuna altra casa costruttrice prendeva in considerazione: era
la prima vettura ad avere lo sterzo a calice con il piantone deformabile e la predisposizione
per le cinture di sicurezza (fig. 2.8).
Con la chiave 13/10 ed il giravite doppio uso, di dotazione, il proprietario avrebbe
potuto effettuare tutte le manutenzioni necessarie, peraltro meticolosamente descritte
nel libretto di istruzioni. La strumentazione era ridotta all’essenziale, perché non ne
aveva bisogno essendo un automobile. . . quasi perfetta: cosı̀ reclamizzava la pubblicità del
tempo.
Assolutamente brutta, ma decisamente diversa divenne l’auto di chi voleva distinguersi: una Volkswagen rossa rendeva intellettuali, anticonformisti, non soltanto in Europa,
ma anche negli Stati Uniti dove divenne la vettura straniera più venduta. Con i paraurti
in acciaio cromato molto simili a portasciugamani, ma di buon senso estetico ed efficienti, conquistò il mercato ed i gusti degli americani, fino al punto che negli anni settanta
Hollywood la fece diventare una star del cinema. Mentre qualcuno l’aveva già battezzata
Maggiolino, forse proprio per la diffusione del colore rosso, Walt Disney la umanizzò e la
17
Capitolo 2. La tecnica
Figura 2.8: Vista esplosa del sistema di cinghie di sicurezza montate sul KDF
chiamò Herby (fig. 2.9 ).
Telaio e scocca
Il passo di questa autovettura è di 2420 mm, per una lunghezza complessiva di 4110 mm
ed un’altezza di 1500 mm.
Il telaio, il motore e tutte le parti meccaniche annesse sono indipendenti dalla carrozzeria (body). Grazie a questa particolarità si ottiene una auto robusta e flessibile.
Il telaio con trave centrale e la scocca sono completamente in acciaio trattato con
bagni speciali anti corrosione. Questo è uno dei motivi che ha reso il Maggiolino cosı̀
18
Capitolo 2. La tecnica
Figura 2.9: Il Maggiolino come star di Hollywood
Figura 2.10: Gli ingombri del Maggiolino
robusto e longevo, anche se va segnalato che la qualità dell’acciaio utilizzato durante i
60 anni di produzione non è sempre stata uguale. Nei cabriolet in particolare (costruiti
dalla carrozzeria Karmann) sono stati usati acciai di qualità inferiore e procedimenti di
lavorazione meno sofisticati di quelli di Wolfsburg. Ad ogni modo, Maggiolini o Maggioloni
cabrio che siano, i carrozzieri sanno bene quanto sia più impegnativo (rispetto alle altre
autovetture) riparare la carrozzeria del Maggiolino.
Uno dei derivati dal Maggiolino che ha avuto una grande popolarità è stato senza
dubbio il Typ 2, un furgoncino multiuso che abbinava la praticità d’uso ad una grande
robustezza. Fu l’importatore olandese Ben Pon a suggerire, sul finire del 1948, l’idea
per un veicolo multifunzionale su telaio del Maggiolino. Prese carta e penna e tracciò
sul suo taccuino lo schizzo di un veicolo di forma squadrata, con il posto del conducente
sull’assale anteriore, le merci al centro e il motore dietro. Da questa idea nacque il veicolo
da trasporto commerciale più famoso e diffuso nel mondo: un furgoncino compatto, agile
19
Capitolo 2. La tecnica
Figura 2.11: Il telaio a nudo
e funzionale che poteva trasportare oltre 5 m3 di merce per un peso di 750 Kg. Questo
veicolo, denominato ufficialmente Typ 2, venne soprannominato dai tedeschi dapprima
Bulli e poi semplicemente Transporter (fig. 2.13).
Presentato sotto forma di prototipo nel 1949 entrò in produzione solo nel 1950 perché
il telaio del Maggiolino non raggiungeva la rigidità torsionale richiesta e quindi dovette
essere riprogettato un nuovo telaio adatto allo scopo, pur mantenendo inalterate le altri
componenti meccaniche. Contemporaneamente al furgone comparve anche la versione
minibus lusso, una versione finestrata con nove posti, il tetto apribile in tela e più avanti,
anche con i lucernari sul tetto che lo rendevano simile ad un autobus. Un precursore delle
moderne space wagons, con interni di lusso e allestimenti molto curati. Ben presto venne
messa in produzione anche una versione pick-up e comparvero nei cataloghi Volkswagen
anche allestimenti particolari come ambulanze, veicoli per polizia e pompieri e persino
la versione camper, curata però internamente dalla Westfalia che aveva progettato una
specifica mobilia interna.
La linea
Nonostante la sua linea sia rimasta praticamente immutata nel tempo, la vettura per
il popolo pensata da Hitler ha subito una lunga serie di interventi e affinamenti che ne
hanno sicuramente allungato la vita. La vettura anteguerra vantava un Cx eccezionale
per i suoi tempi . Ovviamente con il passare degli anni e con gli affinamenti stilistici il Cx
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Capitolo 2. La tecnica
Figura 2.12: Due esplosi del pianale
è peggiorato, ma almeno le linee si sono addolcite di quel tanto da rendere l’auto anche
piacevole alla vista.
Come accennato precedentemente la carrozzeria del maggiolino era completamente
indipendente dal telaio al quale era vincolata tramite dei bulloni lungo il perimetro del
body. La caratteristica principale della carrozzeria di questa vettura, oltre al fatto di
avere un trattamento anticorrosivo eccellente, è la semplicità di assemblaggio; per fissare
il parafango erano sufficienti pochi bulloni.
Poiché il Maggiolino possedeva un telaio separato e collegato con bulloni alla carrozzeria lungo il perimetro, era difficile immaginare che passasse inosservato presso i numerosi
carrozzieri che operavano all’epoca. Ed effettivamente furono in molti a cimentarsi con
esso e, non solo in Germania, molte furono le elaborazioni fatte anche in Italia.
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Capitolo 2. La tecnica
Figura 2.13: Il Volkswagen Transporter
Figura 2.14: I particolari della carrozzeria
Aerodinamica
Il Cx del Maggiolino, misurato nella galleria del vento del Politecnico di Stoccarda sul
prototipo definitivo, misurò appena 0,385. Questo dato salı̀ a 0,41 nella produzione di
serie, ma rimase in ogni caso un valore eccezionalmente basso per l’epoca (siamo nel
1938); basti pensare che l’aerodinamica Lancia Aprilia raggiungeva appena lo 0,47 (0,44
una Fiat127 e 0,41 la prima Golf). Il dato fu anche confermato dal valore particolarmente
basso della potenza assorbita per viaggiare a 100 km/h: appena 15cv. Per fare un raffronto
si pensi che una moderna Volkswagen Polo prima serie assorbe 17,2cv alla stessa velocità.
C’è da notare, però, che le modifiche estetiche introdotte nel 1967 (paraurti squadrati e
fari verticali) peggiorarono significativamente il Cx del Maggiolino che negli ultimi modelli
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Capitolo 2. La tecnica
a)
b)
Figura 2.15: a) Particolari dei parafanghi; b) Particolari della fiancata sinistra
risultò essere pari a 0,48.
Verniciatura acrilica
La verniciatura acrilica anziché al nitro fu introdotta già nel 1949. In effetti la resistenza
del Maggiolino alla corrosione (altra cosa divenuta proverbiale) è dovuta non solo alla
qualità degli acciai utilizzati, ma anche alla bontà delle vernici usate e ai metodi stessi di
verniciatura. Una pubblicità italiana degli anni 60 diceva: Se piove, piove per tutti..., ma
con la Volkswagen state meglio degli altri. Con i suoi quattro strati di vernice, la strada
è il suo garage.
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Capitolo 2. La tecnica
2.3
Le sospensioni
Barre di torsione
La barra di torsione fu inventata e brevettata nel 1931 da Ferdinand Porsche che la
adottò fin dall’inizio sulla sua creatura. Il Maggiolino dispone di barre di torsione e barre
stabilizzatrici sia all’avantreno sia al retrotreno, e le sospensioni sono indipendenti su tutte
e quattro le ruote (anche qui, tutte soluzioni poco comuni per le autovetture dell’epoca).
In particolare i bracci dell’avantreno formano dei parallelogrammi che, qualunque siano
le condizioni della strada, costituiscono un perfetto sistema geometrico di direzione e di
molleggio ( 2.16 e 2.17).
Figura 2.16: Esploso dello sterzo e sospensioni anteriori
Ciò rende la guida del Maggiolino particolarmente confortevole ed adatta a qualunque
tipo di terreno, assicurandogli un’ottima trazione (divenuta proverbiale) anche su sabbia,
fango e neve. L’avantreno, nella sua forma più classica, era costituito da bracci longitudinali oscillanti con barre di torsione trasversali contenute in un elemento tubolare, e solo
sul Maggiolone del 1971 venne montato un più convenzionale MacPherson. Le sospensioni
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Capitolo 2. La tecnica
Figura 2.17: Sistema di sospensioni all’avantreno
anteriori sono fissate alla struttura portante utilizzando un telaietto ausiliario in acciaio
nel quale sono contenute le due barre di torsione necessarie per il quadrilatero anteriore
ed lo smorzatore idraulico telescopico.
Il retrotreno seguiva la stessa concezione dall’avantreno: bracci longitudinali e barre
di torsione trasversali.
Figura 2.18: Sistema di sospensioni al retrotreno
Nel retrotreno si è optato per una soluzione sempre a barra di torsione ma struttural25
Capitolo 2. La tecnica
mente più semplice (fig. 2.18). La sospensione è formata da un solo braccio oscillante con
molleggio a barra di torsione ed ammortizzatore idraulico telescopico. Queste sono fissate
al telaio, oltre che dalla barra, da un sostegno obliquo vincolato mediante un supporto
in elastomero; questo consente di sopportare carichi laterali ed il recupero dell’angolo di
camber. Nel caso in cui la sospensione affondi troppo, un tampone in gomma attutisce
gli urti e sorregge l’autovettura.
La sospensione a barra di torsione consente una cedevolezza variabile in funzione
dell’abbassamento della vettura; a vettura scarica il comfort di viaggio è buono, mentre a
vettura carica la sospensione si irrigidisce consentendo il trasporto di elevate masse senza
che la sospensione affondi troppo. L’accoppiata di due barre di torsione, che vanno a
formare un quadrilatero, migliorano la stabilità del veicolo rispetto alla singola.
Figura 2.19: Particolari delle sospensioni posteriori
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Capitolo 2. La tecnica
2.4
Evoluzione tecnica
Figura 2.20: Stadi dell’evoluzione tecnica nel tempo
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Capitolo 3
Da auto popolare a prodotto d’elı̀te
Ferdinand Porsche era un genio dell’ingegneria automobilistica. Suo nipote Ferdinand
Pièch anche. Sessant’ anni di storia dell’automobile sono racchiusi in due vetture create
una dal nonno ed una dal nipote: il Maggiolino Volkswagen ed il New Beetle. Confrontando le due macchine è evidente che è avvenuta rivoluzione: il motore da dietro è
passato davanti, il raffreddamento ad aria è diventato ad acqua (o meglio ad una miscela
anticongelante) ed oggi il Diesel offre prestazioni paragonabili al modello a benzina ma
con minor consumo. La carrozzeria a due porte presenta una abitabilità simile nei due
modelli ma le esigenze della clientela di oggi sono evidenti nel maggior lusso degli interni,
per non parlare della climatizzazione, del servosterzo , dell’ ABS e degli airbag, inesistenti
nel Maggiolino.
Figura 3.1: La recente New Bettle
Il New Beetle è stato prodotto nel 2002 e l’esemplare di figura 3.1 ha il motore tur28
Capitolo 3. Da auto popolare a prodotto d’elı̀te
bodiesel da 1896 cm3 di cilindrata (alesaggio e corsa mm 79,5 x 95,5) e 101cv. Ha il
cambio manuale a 5 marce di grande precisione negli innesti ed una ottima ripresa in
tutte le condizioni. Il Diesel ha l’iniezione diretta col sistema della pompa-iniettore che
la Casa sembra preferire al Common rail. L’avviamento richiede un tempo brevissimo
di preriscaldamento. La macchina sembra piccola ma è lunga 4,08 m larga 1,72 m ed il
bagagliaio è più capiente di quello del Maggiolino. La versione illustrata può raggiungere
i 178 km/h e nella media generale di uso consuma poco più di 5 litri di gasolio per 100
km. Un punto a favore del Maggiolino sono i suoi robusti paraurti. Con il New Beetle
si vive nella preoccupazione di rovinare la vernice della carrozzeria. Non tutto il nuovo è
meglio del vecchio.
Figura 3.2: Interni della New Bettle
3.1
Dal KDF alla New Bettle
Lo straordinario successo del Maggiolino ha rischiato per un momento di mettere in crisi
la Volkswagen, alla ricerca di un modello degno di sostituirlo (ma non del tutto come si sa)
ed anche per allargare la gamma. Dopo il modello derivato come impostazione meccanica
ancora dal Maggiolino tipo 1600, e la K 70 che era un progetto NSU con motore e trazione
anteriore, la Volkswagen fa nuovamente centro con la Golf, presentata nel 1974 e che con
la quinta generazione supera i trent’anni di successi.
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Capitolo 3. Da auto popolare a prodotto d’elı̀te
La Golf rappresentava e, con i continui miglioramenti, continua a rappresentare lo
stato dell’arte dell’industria automobilistica. La Golf IV è nata nel 1997, ha il motore
anteriore trasversale, con raffreddamento ad acqua, a quattro cilindri a benzina o Diesel
ma anche con un potentissimo motore V6. Cambio a 5 marce (talvolta sei in alcune
versioni estreme) oppure automatico ed una costruzione molto curata in tutti i dettagli.
Sospensioni indipendenti e freni a disco, servosterzo e servofreno. Da una costola della
Golf IV nasce la New Beetle: di fronte alla constatazione che la gente continua a comprare
il Maggiolino, la Casa si chiede se non ci sia posto per una vettura simile nell’aspetto ma
con la meccanica della Golf.
Figura 3.3: Viste della New Bettle
Al Salone di Detroit del 1994 viene esposto un prototipo chiamato Concept 1 ed è un
successo: la nuova vettura derivata da quel prototipo viene presentata sempre a Detroit
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Capitolo 3. Da auto popolare a prodotto d’elı̀te
quattro anni dopo e va in produzione. Attualmente viene offerta con motorizzazioni da
1,6 litri e 102cv, 2 litri e 116cv, 1,8 litri con 5 valvole per cilindro e 150cv, 2,3 litri e
cinque valvole per cilindro e 170cv, due versioni turbodiesel a iniezione diretta con 90 e
101cv rispettivamente ed una versione sportiva con motore V6 3,2 litri e 224cv dotata di
un vistoso alettone posteriore.
A nostro parere, ben poco è stato conservato del vecchio Maggiolino, a parte il nome
naturalmente, preso nella versione inglese. Ed ormai anche il principale scopo per il quale
il Maggiolino era stato ideato, è stato del tutto abbandonato se non chè, la vettura che
avrebbe dovuto essere alla portata del popolo, è ora diventata quasi un oggetto d’elite.
Inoltre, mentre il Maggiolino ha segnato un’epoca ed ha in un certo senso indirizzato
l’automobilismo europeo verso forme tondeggianti, l’attuale New Bettle non è altro che
un riadattamento della diffusissima Golf atto a far ricordare, seppur a nostro parere con
risultati decisamente dubbi, il fascino del vecchio mito che nonostante ciò continua e
continuerà ad essere un insostituibile punto di riferimento che non necessita di imitazioni
o processi di modernizzazione.
La recente New Bettle resta un’ ottima automobile dei giorni nostri, molto sicura, confortevole, spaziosa e prestante ma ci sembra forzato il paragone con l’antenato Maggiolino
in quanto rappresentano due generazioni diverse e decisamente non confrontabili tra loro
sia per le loro differenze di età, sia per lo stile ed il carattere.
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Appendice A
Archivio fotografico
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Capitolo A. Archivio fotografico
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Capitolo A. Archivio fotografico
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Capitolo A. Archivio fotografico
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Bibliografia
[1] dal mensile La Manovella, Il sogno che diventa mito, Settembre 2003.
[2] dal mensile La Manovella, Da auto popolare a prodotto d’elite, Marzo 2003.
[3] dal periodico Milleruote n.128.
[4] dal periodico Milleruote n.11.
[5] Marco Batazzi, Vimodrone, Giorgio Nada, Volkswagen Maggiolino, dalla collana Le
vetture che hanno fatto la storia, 1989.
[6] John Harold Haynes, VW Beetle e Karmann Ghia 1954 thru 1979.
[7] dal periodico Auto d’epoca, Storia dell’auto, Giugno 2002.
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