Giù
dallo
Scaffale!
un lavoro degli alunni della sezione C
Perchè "Giù dallo scaffale"?
Libri, libri, libri: la nostra giornata di studenti è vissuta con loro, con
questi compagni di viaggio che non sempre sentiamo come amici. Libri di
grammatica, di matematica, di lingua straniera, di tecnologia... Persino
l'Antologia ( la prof di italiano si è preoccupata di spiegarci il primo giorno
l'etimologia del suo nome), la "raccolta di fiori", può diventare, ai nostri
occhi di ragazzi, costretti a leggere quel determinato brano che proprio
non ci piace, un mostro cartaceo con cui lottare per ottenere almeno la
sufficienza!
Quando, però, incontriamo, tra gli scaffali della biblioteca, che sia di
classe, di scuola, di quartiere o di casa, il "nostro" libro, allora tutto
cambia: nessun (o quasi) videogame ci tenta più, la lettura corre tra le
pagine, il protagonista è nostro amico e, quando arriviamo alla fine, lo
consigliamo ai compagni, magari leggendo in classe la nostra pagina
preferita.
Abbiamo così pensato di condividere con altri questa esperienza e di
scrivere le "nostre pagine" su una piccola antologia, che non smette mai di
crescere con noi e con le nostre scelte.
E se qualcuno di voi trovasse, tra queste righe, il "suo" libro?
Gli alunni della sezione C
Una delle cose strane della vita di questo mondo è che solo qualche
volta uno si sente veramente contento di vivere. Succede, per esempio, se
ti alzi presto una mattina e assisti a quel meraviglioso, indescrivibile
spettacolo che sono l’alba e il sorgere del sole. Se in un momento così si
riesce a dimenticare tutto e a guardare solo il cielo che da pallido va
prendendo colore, il misterioso spettacolo ti prende alla gola e ti fa
commuovere davanti a tanta bellezza che pur si ripete ogni giorno da
migliaia di migliaia di migliaia di anni e ti senti felice di poterci assistere.
Succede, per esempio, se ti trovi solo in un bosco al tramonto e riesci ad
ascoltare le cose meravigliose che ti ripetono, senza che le tue orecchie
possano intenderle, i raggi del sole che se ne va e che ti raaggiungono
come una pioggia d’oro attraverso i rami e le foglie degli alberi.
Succede, per esempio, se in una splendida notte stellata alzi gli occhi
verso la cupola scura trapunta da milioni di puntini tremuli e lucenti.
Succede, talvolta, se ascolti un pezzo di musica; o se ti specchi negli occhi
di una persona che ami.
Frances Hodgson Burnett, Il Giardino Segreto
Traduzione di Maria Ranvaud
Bruno Mondadori, 1989
Pagina 261, scelta da Chiara Stocchi Classe III C
Erano giunti a un edificio bianco come la neve che svettava sopra le
piccole botteghe. Ritto in piedi, dietro un portale di bronzo brunito, con
indosso un’uniforme scarlatta e oro, c’era… <<Proprio cosi, quello è un
goblin>> disse Hagrid tutto tranquillo, mentre salivano gli scalini di
candida pietra diretti verso di lui. Il goblin era più basso di Harry di
quasi tutta la testa. Aveva un viso dal colorito scuro e dall’aria
intelligente, una barba a punta e, come Harry poté notare, dita e piedi
molto lunghi. Si inchinò al loro passaggio. Ora si trovavano di fronte una
seconda porta, questa volta d’argento, su cui erano incise le seguenti
parole:
Entra, straniero, ma ti ricordo cosa spetta a chi è ingordo. Chi prende
senza meritare molto cara la dovrà pagare. Quindi se cerchi nei
sotterranei qui da noi tesori che non furono mai tuoi, sta’ attento, ladro,
sei avvisato: ben alto che un tesoro è riservato.
<< Come ho detto, bisogna davvero essere matti a cercare di rapinare
questa banca >> disse Hagrid. Quando attraversarono la porta d’argento,
una coppia di goblin si inchinò davanti a loro e li introdusse in un grande
salone marmoreo. Un centinaio di altri goblin seduti su altri scranni dietro
un lungo bancone scribacchiavano su grandi libri mastri, pesavano le
monete su bilance d’ottone, ed esaminavano pietre preziose con la lenti.
J.K. Rowling, “Harry Potter e la pietra filosofale”
Traduzione di Marina Astrologo
Salani Editore, 1998
Pag. 80, scelta da Ayman Hassan Classe II C
Ero cascato sopra ad un buco.
Era buio.
Ma più spostavo la lastra e più rischiavo.
Le pareti erano fatte di terra scavate a colpi di vanga. Le radici
della quercia erano state tagliate.
Sono riuscito a spingerlo ancora un po’.
Il buco era largo un paio di metri e profondo due metri, due
metri e mezzo.
Era vuoto.
No, c’era qualcosa.
Un mucchio di stracci appallottolati?
No…
Un animale? Un cane?
No…
Era senza peli…
Bianco…
Una gamba…
Una gamba!
Niccolò Ammaniti, Io non ho paura
Einaudi Editore, 2001
Pagina 32, scelta da Hans Christian Kurszlaukis Classe III C
Nel 1933, l’anno in cui nacque Baba ed ebbe inizio il regno
quarantennale di Zahir Shah, due fratelli di una ricca e
prestigiosa famiglia di Kabul viaggiavano sulla Ford Roadster del
padre. Erano fumati di hashish e di vino francese. Sulla strada
per Paghman investirono, uccidendoli, un uomo e una donna
hazara. La polizia portò i due giovani e l’orfano di cinque anni
della coppia uccisa davanti a mio nonno, giudice molto stimato
per la sua integrità e un uomo dalla reputazione integerrima.
Dopo aver ascoltato il resoconto dei due fratelli e la richiesta di
clemenza del padre, mio nonno ordinò che venissero subito
mandati a Kandahar e arruolati nell’esercito per un anno,
nonostante la famiglia fosse riuscita a ottenere per loro
l’esonero dal sevizio militare. Il padre protestò, ma senza troppa
convinzione, e alla fine tutti furono d’accordo sul fatto che la
punizione fosse stata un po’ dura ma giusta. Quanto all’orfano,
mio nonno lo prese in casa sua, affidandolo ai domestici affinchè
lo istruissero, ma trattandolo gentilmente. Quel bambino era Alì.
Khaled Hosseini, Il cacciatore di aquiloni
Titolo originale: The Kite Runner
Traduzione di Isabella Vaj
Loescher, 2008
Pagina 39, scelta da Guido Valitutti Classe III C
I sei arrivano all’appuntamento la sera tardi. Si guardano in silenzio. Non
hanno bisogno di parlare per capirsi. Le ricerche devono muovere ormai nella
temuta direzione. Unica alternativa, se così la si può chiamare, è una parete
gelata, a picco, detta "via Rosada". Un angolo che solo gli esperti delle alte
quote conoscono e che pochissimi sono riusciti a superare. Fatta eccezione per
il sole che, alla sera, di quel ghiacciaio, fa un arcobaleno. Un meraviglioso dipinto
di mille sfumature che, in questo momento, i sei riescono ad apprezzare.
– Giona – considera Toni, l’anziano montanaro responsabile della seconda
squadra. – O sono dei maghi o sono… morti.
– Si tratta di esperti.
– C’è sempre un limite. Specie di queste condizioni.
– Già.
Toni tace ed alza gli occhi al paesaggio. Sulla destra si apre una corta valle,
simile ad un buco angusto e scuro: la Conca del Diavolo. Gelidi canaloni la
tagliano trasversalmente, tra cima e cima. Il terreno, là dentro, è misterioso ed
imprevedibile come un puzzle. Nessuno potrebbe indovinare tutti gi incastri al
primo tentativo.
– Per bravi che siano, accidenti, che cosa può averli spinti ad avventurarsi
durante il disgelo?
- La paura di almeno dieci anni di galera. Ecco cosa li ha spinti!
Pochi minuti di sosta e via, di nuovo in marcia. Ora sono legati. Motivi di
prudenza li hanno indotti a fare uso delle corde. Il terreno non è più regolare,
ma a tratti ripido e impervio, a tratti quasi piano. Una ventina di metri di solido
nylon assicura la vita di ogni uomo a quella degli altri due e del proprio gruppo.
Le pattuglie, infatti, si sono nuovamente separate. Procedono più lentamente,
ora. Con cautela tastano il terreno, scrutano ogni sfumatura di quel mare bianco
dalle insidie mortali.
L. Paravicini e A. Compagnoni, Sesto Grado
Giunti Marzocco, 1976
Pagina 36, scelta da Rebecca Radicchi Classe I C
<<Ecco>>, mormorai tenendogli il foglio trascritto da me,<<leggi >>.
<<Ma questo non significa nulla!>> Rispose spiegazzando nervosamente il
pezzo di carta.
<<Sì, se si incomincia a leggere dal principio; ma se invece s’ incomincia
dalla fine…>>
Non avevo ancora terminato la frase che già il professore aveva lanciato
un grido o meglio, un vero e proprio ruggito! Nel suo intelletto si era
acceso il lampo della rivelazione ed egli ne appariva come trasfigurato.
<<Ah diabolico Saknussemm!>> esclamò, <<avevi dunque scritto la frase al
rovescio, eh?
E buttandosi sul foglio di carta lesse con voce commossa e quasi con le
lacrime agli occhi tutto il documento, risalendo dall’ ultima lettera alla
prima .
Ecco il risultato di tale lettura:
In Sneffels Yoculis craterem kem delibat umbra Scartaris Julii intra
calendas descende, audas viator, et, terrestre centrum attinges .
Kod feci. Arne Sacnusemm
Si trattava, come si vede, di un pessimo latino, che poteva essere
tradotto pressappoco così:
Scendi nel cratere dello Yocul di Sneffels che l’ ombra dello Scartaris
viene a sfiorare prima delle calende di luglio, o viaggiatore audace, e tu
perverrai al centro della Terra. Ciò che io ho fatto.
Arne Saknussemm
Jules Verne, Viaggio al centro della Terra
Traduzione di Maria Gallone
Casa editrice BUR ragazzi
Dal tablet posizione 421
Scelto da Leonardo Loddo Classe I C
Con una mano il gigante prese Sofia, che non cessava di tremare, e la
trasportò fino alla tavola. “Questa volta ci siamo, ecco che mi mangia”,
pensò Sofia. Il gigante si sedette e si mise a osservarla attentamente. Le
sue orecchie, davvero smisurate, erano grandi come due ruote di un
camion e sembravano potersi muovere e girarsi a loro piacimento. “Io ha
fame!” ruggì il gigante. Poi sogghignò scoprendo i grandi denti squadrati e
bianchissimi, che gli stavano piantati in bocca come enormi fette di pane
in cassetta. “Pre... prego, non mi mangi” balbettò Sofia. Il gigante scoppiò
in un boato di risata. “Solo perché io è un gigante, tu pensa che io è un
buon gustoso cannibalo?” esclamò. “Ha ragione, proprio! I giganti è tutto
cannibalo e assassinistro! Ed è vero che si pappa i polli della terra! Ora noi
si trova nel paese dei giganti! E i giganti è dappertutto! Là fuori c’ è il
famoso Crocchia-Ossa! E Crocchia-Ossa si crocchia ogni sera due
popollani e se li ciuccia per cena! Un rumore di ossa crocchiate che si
sente crizze-crazze per chilometri!”.
Roald Dahl, Il G G G
Traduzione di Donatella Ziliotto
Salani, Gl’Istrici 2002
Pagina 23, scelta da Andrea Tiberti Classe II C
Il mio non sarà un libro divertente. Non sono capace di
raccontare le barzellette o fare giochi di parole perché non li
capisco. Eccone uno, come esempio. Uno di quelli che racconta
mio padre.
Aveva la faccia un po’ tirata,
ma solo perché aveva chiuso le tende.
So perché dovrebbe farar ridere. Gliel’ho chiesto. È perché il
verbo
“tirare”
diversi: 1) essere
significato 1 si
in
questa
tesi,
frase
ha
esausti, 2) tirare
riferisce
solo
due
le
significati
tende,
all’espressione
del
e
il
viso,
il 2 soltanto alle tende.
Se cerco di ri-raccontarmi questo gioco di parole mentalmente,
cercando di pensare ai due diversi significati del verbo, per me è
come ascoltare due differenti brani musicali allo stesso tempo;
mi sento a disagio e fuori posto come quando mi arriva quel
rumore indistinto di cui parlavo prima. È come se due persone
diverse mi parlassero tutte insieme contemporaneamente di due
argomenti diversi. Ed ecco perché in questo libro non ci saranno
giochi di parole.
Mark Haddon, Lo strano caso del cane ucciso a mezzanotte
Traduzione di Paola Novarese
Einaudi, 2014
Pagina 10, scelta da Valerio Salvi Classe II
Di solito le nonne sono dolci, amabili vecchiette, ma non quella di
George: lei se ne stava tutto il giorno, e tutti i santi giorni, seduta nella
sua poltrona a bofonchiare, borbottare, brontolare, lamentarsi e lagnarsi
di questo o di quello. Mai una sola volta, neanche nei suoi momenti migliori,
aveva sorriso a George e detto: "Allora, come va oggi, George?", oppure:
"Ce la facciamo una partita all'uomo nero?", oppure:"Com'e` andata a
scuola?". Non le importava niente degli altri, pensava solo a se stessa. Era
una pestifera megera. George andò in cucina e preparò una tazza di tè con
una bustina. Ci mise un cucchiaino di zucchero e niente latte. Rigirò ben
bene lo zucchero e portò la tazza in soggiorno. La nonna assaggiò il tè.
”Non e` abbastanza dolce” disse. “Mettici dell'altro zucchero”.
George
riportò` la tazza in cucina e vi aggiunse un altro cucchiaio di zucchero.
Mescolò di nuovo il té e, attento a non rovesciarlo, lo portò alla nonna.
“Dov'e` il piattino?” disse lei “Non la voglio, una tazza senza il piattino”.
George andò a prendere il piattino. “Anche un cucchiaino, ragazzo, se non
ti dispiace”. “L'ho già mescolato io, nonna. L'ho mescolato bene”. “Me lo
mescolo da sola il mio tè , grazie tante” disse lei. ”Vammi a prendere il
cucchiaino”. George andò a prendere il cucchiaino.
Roald Dalh, La Magica Medicina
Traduzione di Donatella Ziliotto
Casa Editrice: Salani, Gli Istrici
Pagina 9-10, scelta da Flavia Baldi I C
“Omertà?”
“L’ omertà è la più grande qualità dell’ uomo d’onore : nun lu sacciu , non lo
so, non ho visto.
Per me è vero il contrario : la più grande qualità di un uomo è aiutare la
giustizia a punire i colpevoli e a liberare la gente dalla paura dei
prepotenti . Per fortuna, quando Giovanni arriva al tribunale di Palermo,
trova qualcuno che la pensa così . Si chiama Rocco, è un magistrato già
anziano, ma duro come la roccia, uno che non ha paura di nulla. Non gli
interessa fare carriera o tenersi buoni i potenti della città. Il suo
mestiere è fare giustizia e solo quello gli interessa . Sai quei
vecchi
sceriffi del West che non si fanno corrompere e prendono a calci nel
sedere anche i giovani pistoleri? Rocco era così. Al mostro non piaceva
affatto perché non poteva raggiungerlo coi suoi tentacoli: impossibile
spaventarlo e tanto meno comprarlo. E poi faceva spesso una cosa che il
mostro proprio non poteva sopportare".
“Quale?”
“Andava a scuola”
“Anch’io non lo sopporto…”
“Rocco andava nelle scuole di Palermo a spiegare che cosa è la mafia”.
Luigi Garlando, Per questo mi chiamo Giovanni
BUR, 2004
Pagina 55, scelta da Valerio Pellillo Classe III C
Ci fu un momento di silenzio, un silenzio di tomba, e poi un
improvviso fracasso. Rogers aveva lasciato cadere il vassoio del caffè. In
quell’istante, da qualche parte fuori del salotto, si udirono un grido e un
tonfo. Lombard fu il primo a muoversi. In un balzo raggiunse la porta e la
spalancò. Fuori, afflosciata sul pavimento, c’era la signora Rogers .
Lombard chiamò: ’’Marston!”
Antony accorse ad aiutarlo. Sollevarono la donna e la trasportarono nel
salotto.
Il dottor Armstrong si avvicinò subito. Li aiutò ad adagiarla sul divano e si
chinò su di lei. ”Non è nulla” disse ”è svenuta. Si riavrà subito.”
“Presto, del cognac! “ disse Lombard a Rogers.
Rogers, bianco in viso, con le mani tremanti, mormorò:
”Sì, signore”. E scivolò rapido fuori del salotto.
Agatha Christie, “Dieci piccoli indiani”
Traduzione di Beata Della Frattina
Edizioni Mondadori, 1985
Pag. 38, scelta da Simone Tombari Classe ll C
Purtroppo la gonna schizza verso l'alto, come uno di quei
mostri dei film dell' orrore che lo spettatore dà per spacciato
finchè non lo vede saltar fuori e ammazzare qualcuno. Alcune
ragazze sedute nella sala d'attesa si zittiscono di colpo e mi
fissano, sconvolte.
Al signor Lester gli occhi schizzano fuori dalla testa.
-Che razza di ...di costume interessante- è tutto quello che
riesce mormorare .
-L'ho fatto io-. Mamma è raggiante.-E' un modello unico.
-Non ne dubito...ma forse la prossima volta Alexandrea sarà più
comoda con un normalissimo body .
Mamma lo ignora.-Alexandrea aveva cosi tanta voglia di
incontrare madame Debbè-.Questa è una bugia enorme.-Sogna di
diventare una prima ballerina dell'Harlem Ballet, proprio come lo
è stato madame Debbè-. Altra panzana. L'Harlem Ballet non l'ho
mai sentito nominare. La prossima volta che si azzarda a dirmi di
non raccontare bugie, avrò un paio di argomenti a mia difesa.
- Mi spiace, ma madame Debbè è assente.
Whoopi Goldberg, Fata confetto sarai tu!
Traduzione di Alessandra de Vizzi
PIEMME Battello a vapore, 2011
Pagina 27, scelta da Valentina Iaria Classe I C
-A quanto pare avevi proprio un gran bisogno di quella tavoletta, figliolo –
commentò il gioviale negoziante. Charlie annuì, la bocca troppo piena di
cioccolato per parlare. Il negoziate mise il resto sul bancone e aggiunse: -Vacci piano ragazzo. Se la mandi giù così, ti verrà il mal di pancia.
Neanche mezzo minuto, l’ intera tavoletta era scomparsa giù per la gola.
Era rimasto quasi senza fiato, ma si sentiva benissimo,
straordinariamente felice. Allungò una mano per prendere il resto. Ebbe
un’ esitazione. Gli occhi erano esattamente al livello del balcone e
fissavano le monetine che vi stavano poggiate. Erano tutti pezzi da cinque
pence, nove in tutto. Certo non sarebbe successo niente se ne avessi
spesa un’ altra… - Credo… - cominciò a dire a voce bassa, -credo proprio
che… prenderò un’ altra di quelle tavolette di cioccolato. Lo stesso tipo di
prima, prego.
- Perché no? – disse il grassone, allungando di nuovo la mano dietro di sé
per prendere un’ altra tavoletta di Cioccocremolato Delizia Wonka al
triplosupergusto. Quindi la mise sul bancone. Charlie la prese ne strappò
via l’ involucro… e all’ improvviso… da sotto la carta… apparve un bagliore
dorato. Il cuore di Charlie si fermò: – Ma è un biglietto d’oro!Roal Dahl, La fabbrica di cioccolato
Traduzione di Riccardo Duranti
Einaudi , 2004
Pagine 43-44, scelte da Stefania Carbone Classe II C
In sulle prime, la buona donnina cominciò col dire che lei non era la
piccola Fata dai capelli turchini: ma poi, vedendosi oramai scoperta e non
volendo mandare più in lungo la commedia , finì per farsi riconoscere, e
disse a Pinocchio:
-Birba d’un burattino! Come mai ti sei accorto che ero io?
-Gli è il gran bene che vi voglio, quello che me l’ha detto.
-Ti ricordi, eh?Mi lasciasti bambina , e ora mi ritrovi donna; tanto donna,
che potrei quasi farti da mamma.
-E io l’ho caro di molto, perché cosi,invece di sorelline , chiamerò la mia
mamma. Gli è tanto tempo che mi struggo di avere una mamma come tutti
gli altri ragazzi!... ma come avete fatto a crescere cosi presto?
-E’ un segreto.
-Insegnatemelo: vorrei crescere un poco anch’io. Non lo vedete? Sono
sempre rimasto alto come un soldo di cacio.
- Ma tu non puoi crescere –replicò la Fata.
-Perché?
-Perché i burattini non crescono mai. Nascono burattini ,vivono burattini e
muoiono burattini.
-Oh! Sono stufo di far sempre il burattino!-gridò Pinocchio, dandosi uno
scappellotto.-Sarebbe ora che diventassi anch’io un uomo...
Carlo Collodi, Le avventure di Pinocchio
Alfa edizioni, 2000
Pagina 142, scelta da Alaa Hassan Classe II C
In quel momento, una voce si è materializzata dal buio,
calma e quasi irridente.
- Mio caro Gourgoud, non spaventate così quel ragazzo, lasciate
che manifesti le sue curiosità senza assalirlo. Decido io, se sono
o no sciocchezze. I giovani vanno incoraggiati. Sono loro, il
futuro. Come ti chiami, giovanotto? Colui che mi stava rivolgendo la parola era Napoleone Bonaparte
in persona. Sono andato un po’ in confusione.
- Emanuele Las Cases - ho risposto.
- Forse volevi dire: Emanuele Las Cases, Sire... - si è intromesso
Gorgoud, implacabile.
Carla Maria Russo, Il mio amico Napoleone
Salani Editore Il battello a vapore
Pagina 45, scelta da Matteo Brizio Classe III C
Il mafioso sulla collina vede le tre macchine in fondo alla strada,
avvicina il dito alla levetta del radiocomando. Ogni volta che penso a quel
momento, mi viene in mente lo stesso pensiero.
-Quale papà?
Puntò il dito verso la collina: -Da quell’altezza si vede un panorama
magnifico: il nostro mare, l’Isola delle Femmine, il golfo … Non c’è al
mondo uno scenario più bello. Come fanno a venirti in mente pensieri
cattivi davanti a tanta bellezza?
Come puoi avere il coraggio di impedire a un altro uomo di vedere quello
spettacolo per sempre?
Come avrà fatto quell’uomo a spingere la levetta?
Forse ha chiuso gli occhi. Ma una bestia che avrà il coraggio di sciogliere
nell’acido un bambino con cui ha mangiato insieme per
settecentosettantanove giorni non ha di questi problemi … -Vuoi dire che il mafioso sulla collina è lo stesso che ha fatto strangolare
il piccolo Giuseppe?-Sì. E non a caso lo chiamano “u verro”, il maiale.
È l’uomo di fiducia di Totò, il suo braccio destro.
Quel maiale aspetta che la macchina bianca raggiunga il segno di vernice
sul guardrail, poi spinge la levetta:alle 17.56 di sabato 23 maggio muore
Giovanni Falcone con la moglie Francesca e gli uomini della scorta.
Luigi Garlando, Per questo mi chiamo Giovanni
Best Bur, 2014
Pagina 117, scelta da Alessandro Barone Classe III C
Il piccolo principe se ne andò a rivedere le rose .
“Voi non siete per niente simili alla mia rosa, non siete ancora niente”,
disse .“Nessuno vi ha addomesticato, e voi non avete addomesticato
nessuno. Voi siete come era la mia volpe. Non era che una volpe uguale a
centomila altre. Ma ne ho fatto il mio amico ed ora è per me unica al
mondo".
E le rose erano a disagio.
“Voi siete belle, ma siete vuote”, disse ancora. “Non si può morire per voi.
Certamente, un qualsiasi passante crederebbe che la mia rosa vi
rassomigli, ma lei, lei sola, è più importante di tutti voi, perché è lei che
ho innaffiata. Perché è lei che ho messa sotto la campana di vetro. Perché
è lei che ho riparata col paravento. Perché su di lei ho uccisi i bruchi
(salvo due o tre per le farfalle). Perché è lei che ho ascoltato lamentarsi o
vantarsi, o anche qualche volta tacere. Perché è la mia rosa".
E ritornò dalla volpe.
“Addio”, disse.
“Addio”, disse la volpe. Ecco il mio segreto. È molto semplice: non si vede
bene che col cuore .L’essenziale è invisibile agli occhi”.
“L’essenziale è invisibile agli occhi ”, ripetè il piccolo principe per
ricordarselo .
“E' il tempo che tu hai perduto per la tua rosa che ha fatto la tua rosa
così importante ”.
“E' il tempo che ho perduto per la mia rosa...”, sussurrò il piccolo principe
per ricordarselo .
Antoine de Saint-Exupéry, Il piccolo principe
Tradotto da Nini Bompiani Bregoli
Tascabili Bompiani , 1998
Pagine 96-97, scelte da Angela Chen Classe II C
Sono uno di quelli che fanno fatica a concentrarsi quando i prof
parlano, e, se fuori c’è una classe che fa l’intervallo, per me è
praticamente impossibile stare attento.
Non è vero che va meglio senza gli attrezzi in cortile. Adesso
nell’intervallo la gente non ha niente da fare e così si mettono a guardare
dalla finestra. Ed è una grande distrazione se stai facendo un compito in
classe.
Io già non sono veloce nelle verifiche. In terza elementare la maestra
Sinclair ci aveva insegnato dei bei trucchi per ricordare le moltiplicazioni.
Però mi rallentano un sacco.
All’inizio dell’anno, il prof. di mate Spark saliva sulla sedia quando voleva
farci ricordare qualcosa di importante, ma mentre spiegava un concetto di
matematica si è rotta la gamba della sedia ed è caduto.
Il prof Spark si è rotto la clavicola ed ho sentito dire che ha fatto causa
alla scuola. Non ricordo il concetto che stava spiegando ma mi ricorderò
sempre che non bisogna salire sui mobili.
Jeff Kinney, Diario di una schiappa
Traduzione di Rossella Bernascone
Il Castoro, 2011
Pagine da 28 a 30, scelte da Giulio Pellillo Classe I C
- Facciamolo insieme - dice Rolando.
E così, presa una corda, lo legano stretto stretto come un salame. Questa
volta non c’è davvero pericolo che Beppino si svegli, perché, dopo aver
battuto la testa contro l’albero, il poveretto è veramente fuori
combattimento. I due scienziati ripartono e, strada facendo, iniziano
come loro solito un’ accanita discussione di carattere matematicoscientifico. - Ti ripeto che la radice quadrata di alpha non può essere
anche contemporaneamente la derivata di gamma! - E perché no? Chi te
l’ha detto? Guarda che delta fratto ipsilon a volte può anche dare ics! - Ics?! Ics hai detto? Ma sei diventato matto? - e via di questo passo…
Ad un certo punto un poliziotto in motocicletta li affianca e fa cenno loro
di accostare e fermarsi.
- Cosa c’è agente? - domanda Rolanda abbassando il finestrino.
- Mi faccia vedere il libretto e la patente - Recita freddamente il
poliziotto, sfilandosi i guanti da motociclista.
Massimo Indro, Beppino Cleopatra e Van Gogh
Giunti Junior, 2012
Pagina 8, scelta da Luca Albano Classe I C
" Tom! "
Nessuna risposta.
Ancora silenzio.
" Vorrei proprio sapere che cosa sta combinando quel ragazzo. Ehi, Tom! "
" Bè, se riesco a metterti le mani addosso..."
" Oh, quel ragazzo è il più scatenato scavezzacollo che abbia mai conosciuto in vita
mia! "
" Ehi, Tom! "
Udì un lieve rumore alle spalle, e si volse giusto in tempo per afferrare il lembo della
giacchetta del ragazzino, bloccandogli la fuga.
" Ecco fatto! Perchè non ho pensato prima alla credenza? Che cosa ci facevi là
dentro?"
" Niente ."
" Niente! Guardati le mani, la bocca: che cos'è quella roba? "
" Non saprei , zia."
" Ma lo so io: è marmellata, nè piu nè meno. Dammi il frustino."
Il frustino oscillò nell'aria. Il pericolo era terribile.
" Accipicchia, zia! Guardati alle spalle!"
" Diavolo di un monello, mi ha giocata un'altra volta. Ormai dovrei aver imparato a
guardarmi dai suoi trucchetti! Però, bontà divina, Tom ne inventa di nuove ogni giorno
che Dio manda in Terra e come può una povera donna immaginare ciò che l'aspetta?
Lui sembra intuire fino a che punto può tormentarmi prima che io perda la pazienza."
Mark Twain, Le avventure di Tom Sawyer
Traduzione di Rossana Guarnieri
Casa editrice: Bur ragazzi Rizzoli 2011
Pagina 5-6-7, scelte da Anton Raluca Rebeca II C
Il re delle fate, sempre dalla parte dei veri innamorati, provò una
grande compassione per Elena. Forse l'aveva vista nei giorni felici, quando
era amata da Demetrio, poiché, come aveva detto Lisandro, i due avevano
l'abitudine di passeggiare al chiaro di luna proprio in quel bel bosco.
Comunque sia, quando Puck fece ritorno con il fiorellino viola, Oberon
disse al suo favorito:
<<Prendi con te una parte di questo fiore. E' giunta qui, nel
bosco, una fanciulla ateniese innamorata di un giovanotto sdegnoso. Se lo trovi addormentato, spremi nei suoi occhi un po'
del succo d'amore. Cerca di farlo quando lei è nei suoi pressi,
così la prima cosa che lui vedrà, al risveglio, sarà la fanciulla
che ora respinge. Riconoscerai il giovanotto dai suoi abiti di foggia ateniese>>.
Charles & Mary Lamb,
Racconti da Shakespeare
(Sogno di una notte di mezza estate)
Traduzione e adattamento di Maria Grazia Malaguti
I Nuovi Colori del Racconto, 2001
Pagina 38, scelta da Sara Alabyad Classe III C
Non si vendono più bambole.
Papà fece scattare ancora il comando delle portiere. Click. Come
una pistola che fa cilecca invece di sparare. E un rumore che da
quel giorno non sopporto più.
«Andiamo» disse.
Guardai la collina, poi il cartello con il nome di Giovanni e di tutti
quelli che sono morti nell’ attentato del 23 maggio 1992. Feci un
lungo respiro verso il mare e risalii in macchina. Papà non tornò
verso Palermo, ma guidò verso l’aeroporto di Punta Raisi.
«Poche settimane dopo la morte di Giovanni, il mostro fece fuori
anche Paolo».
«Il suo grande amico?»
«Sì, quello che era in squadra con lui contro la mafia, il compagno
con cui andava più d’accordo e che continuò la battaglia di
Giovanni dopo la strage di Capaci. Ma la continuò solo per un paio
di mesi».
Luigi Garlando , Per questo mi chiamo Giovanni
Bur Rizzoli, 2004
Pagina 89, scelta da Matteo Burda, Classe III C
"Se un grizzly vi attacca," ha detto EJ " stendetevi a faccia in giù e proteggetevi la
testa con le mani".
"Siamo sicuri che così non ci mangia?" ha chiesto Sally.
"Dipende da quanto è inferocito. A volte, se uno fa finta di essere morto, lo lasciano in
pace".
Stavamo andando a un raduno internazionale di scout sulle Montagne Rocciose. EJ e
suo padre erano venuti a prenderci all'aeroporto con il pulmino del gruppo di Bobcat
Creek. Io e mamma eravamo a capo di sei lupetti australiani, tutti bambini di circa
nove anni. Per il nostro branco si trattava della prima visita negli Stati Uniti.
"E se invece non ti lasciano in pace?" ha chiesto Guy.
EJ ha atteso che suo padre superasse un ripido tornante, poi ha detto: "I grizzly non
divorano quasi mai una persona per intero. Ma se sono affamati, potreste ritrovarvi
senza una mano, un orecchio o una natica. I grizzly vanno particolarmente ghiotti per
le natiche".
"Che schifo!" ha detto qualcuno nelle ultime file.
Justin D'Ath, Grizzly trappola mortale
Traduzione di Marco Astolfi
GIUNTI Junior, 2009
Pagina 1, scelta da Gabriele Maggio Classe I C
Lo zio Henry scattò in piedi e chiamò la moglie.
“Sta per scatenarsi un ciclone, ehm...” disse”Vado a sistemare le bestie.”E
corse verso la stalla e il recinto dove si trovavano le mucche e le pecore.
La zia Emma smise di rigovernare e si avvicinò alla porta. Un’occhiata
fuori fu sufficiente perché si rendesse conto di quanto fosse vicino il
pericolo. ”Svelta,Dorothy!” esclamò ”Scendi in cantina!”. Toto, spaventato,
scappò tra le braccia della bambina e corse a rifugiarsi sotto il letto.
”Toto! Vieni fuori!” strillò Dorothy, accucciandosi al suolo per cercare di
prendere il cagnolino. Nel frattempo la zia Emma aveva aperto la botola e
già scendeva la scaletta che conduceva in cantina. Dorothy riuscì ad
afferrare una zampa di Toto e a tirarlo fuori di sotto al letto. Si stava
dirigendo verso la botola con il cagnolino in braccio, allorché una raffica
rabbiosa investì la casetta che tremò tutta, e la bambina cadde a terra.
Allora accadde un fatto molto strano .La casa roteò su se stessa due o
tre volte, poi si sollevò e lentamente si librò in aria. Dorothy ebbe
l’impressione di essere a bordo di un pallone aereostatico. Il vento del
nord e il vento del sud s’erano incontrati proprio nel centro del ciclone.
Ora, generalmente, l’aria al centro di un ciclone è perfettamente
immobile, ma la tremenda pressione del vento proveniente dalle diverse
direzioni sollevò la casetta sempre più in alto e la trascinò lontano per
miglia e miglia come se fosse stata una piuma. Il buio era fitto e il vento
urlava in modo spaventoso, ma a Dorothy sembrava di scivolarci sopra
leggermente e così non aveva paura. A parte qualche scossa piuttosto
violenta, lei aveva l’impressione di dondolare dolcemente come un bimbo
nella culla.
Lyman Frank Baum, Il Mago di 0z
Pagine 7-8, scelte da Alessio Caraccini Classe II C
Toccò proprio alla classe di Eugenio ricevere la visita
dell’ispettore.
«Vediamo di non fare cattive figure. Fate del vostro meglio»
esordì il direttore, cedendo la parola a Elpidia, l’insegnante di
italiano, che, in quell’occasione, avrebbe fatto gli onori di casa.
Elpidia era fiera della sua ‘terza’ e le sue prestazioni erano tese
a sottolineare quanto numerosa fosse la presenza di bambini
prodigio in quella classe.
In alcuni casi fu perfino offerto un saggio della specialità del
piccolo genio.
Eugenia-Farfalla, premiata per la danza classica al festival del
tombolo, s’esibì in un aggraziato “adagio sulle punte”. EugenioBirillo, campione di scacchi nel torneo di STALLOMATTO,
eseguì la sua famosa mossa “mangia il pedone e scappa”. Poi fu il
turno
di
Eugenio-Pagaia,
primo
classificato
alla
gara
di
canottaggio sul lago Secchiola, e di Eugenia-Calamaio che lesse
una bellissima poesia dedicata al Signor Ministro della Pubblica
Istruzione.
Alberto Bernardini, Operazione Ciambella
Salani Gl’Istrici 1991
Pagina scelta da La Croce Classe I C
Giulietta, non sapendo di essere ascoltata e piena del sentimento
che gli avvenimenti di quella sera avevano fatto nascere in lei,
chiamò il suo innamorato per nome, senza sapere che lui era lì:
“Romeo, Romeo, perchè sei tu Romeo? Rinnega tuo padre,
rinuncia al tuo nome, per amor mio. Se non vorrai farlo, basta
che tu giuri di essere il mio amore e io non sarò più una Capuleti”.
Romeo, così incoraggiato, avrebbe voluto parlare, ma desiderava
sentire di più.
Giulietta continuò:
“Il tuo nome soltanto è mio nemico: tu sei sempre lo stesso
anche senza essere un Montecchi. Che significa "Montecchi"?
Nulla. Romeo, rinunzia al tuo nome, e per esso, che non è parte di
te, avrai tutta me stessa.
Charles e Mary Lamb, I racconti da Shakespeare
Traduzione e adattamento di Maria Grazia Malaguti
Editrice SEI, 2001
Pagina 71, scelta da Ines Félix Classe III C
Papà si mise a sedere. Avevo la netta impressione che la storia fosse
a un punto molto importante.
-Te lo spiego con un esempio. Prendiamo la tua classe:quanti siete?
-Ventisette.
-Bene. La tua classe è una piccola città di ventisette abitanti, guidata
dalla maestra, che detta le regole, dice cosa bisogna fare, dà buoni voti a
chi fa bene i compiti, punisce chi arriva in ritardo o non si comporta bene.
Tutte le classi hanno una maestra, che dipende dal preside. Giusto? E’ lui
che ha la responsabilità di tutta la scuola, deve mantenere l’ordine e
curarsi che le lezioni si svolgano in modo corretto. Quindi, riassumendo:
presidi e maestre hanno il compito di far rispettare la legge. Chiaro?
Mettiamo il caso che un giorno uno studente, chiamiamolo Tonio, si
presenta da te e ti ordina: ”Dammi i soldi che hai in tasca”. Non è giusto.
Quei soldi sono tuoi, è la tua mancia e tra l’altro ti serve per comprare le
figurine dei calciatori.
Allora tu vai dalla maestra per farti difendere. La maestra ne dice
quattro a Tonio. Tonio ci riprova. Tu torni dalla maestra. La maestra porta
Tonio dal preside che lo sospende per una settimana dalla scuola.
Luigi Garlando,Per questo mi chiamo Giovanni
Best BUR, gennaio 2014
Pagina 36, scelta da Filippo Loretucci Classe III C
Mi chiamo Katniss Everdeen. Ho diciassette anni. Sono nata
nel Distretto 12. Ho partecipato agli Huger Games. Sono fuggita.
Capitol City mi odia. Peeta è stato fatto prigioniero. Si pensa
che sia morto. Ed è molto probabile che sia morto. Forse è
meglio che sia morto …
“Katniss. Vuoi che scenda?” La voce di Gale, il mio migliore amico,
mi arriva attraverso la cuffia col microfono che i ribelli hanno
insistito per farmi mettere. Lui è su un hovercraft e mi osserva
con attenzione, pronto a intervenire al volo se qualcosa dovesse
andare storto. Mi rendo conto che ora sono accovacciata, i
gomiti sulle cosce e la testa stretta tra le mani.
Devo sembrare sull’orlo di un qualche genere di tracollo. Ma non
succederà. Non ora che mi stanno finalmente disintossicando dai
farmaci.
Suzanne Collins, Huger Games- Il Canto della Rivolta
Traduzione di Simona Brogli
Oscar Mondadori, 2013
Pagina 12-13, scelte da Mathilde Maggi classe II C
<<Non vada dentro! È un leone vero! Non ci si può fidare di bestie
come quelle!>>
Ma gli schiamazzi dei curiosi ebbero la meglio e la folla, a gran
voce, cominciò ad incitare il medico perché entrasse nella
gabbia, come i tifosi incitano i giocatori di calcio la domenica.
Il dottore Perlman si convinse, diede un altro giro di chiave e la
porta di ferro si aprì. Entrò e riflettè un momento se chiudere il
cancello dietro di sé. Alla fine lo chiuse, ma non a chiave.
Da sempre ero abituato ai medici che, per prima cosa
controllavano la gola. Pertanto mi stesi davanti il dottore e
spalancai la bocca. Il dottore mi tastò la lingua, mi controllò gli
occhi e mi tirò la criniera. Poi prese uno strumento per
controllarmi con la luce in quella oscurità. Alla fine mi fece segno
di voltarmi e mi controllò la pancia.
URI ORLEV,Com’è difficile essere un leone
Traduzione di Alessandra Shomroni
Petrini, 1998
Pag 28, scelta da Ayman Hassan Classe II C
Domenica 30 gennaio 1944
Un’ altra domenica; è vero che non le trovo più così tremende
come una volta, lo stesso sono noiose. Non sono ancora stata in
magazzino, forse posso andarci tra poco. Ieri sera sono scesa da
sola al buio dopo esserci andata con papà un paio di sere fa. Ero
in cima alla scala, molti aerei tedeschi andavano avanti e indietro
e mi sono sentita isolata, di non poter contare sull’ aiuto degli
altri. Non avevo più paura, guardavo il cielo e avevo fede in Dio.
Ho un terribile bisogno di essere sola. Papà nota che non sono più
la solita, ma non posso dire niente nemmeno a lui. Mi viene
sempre da gridare: --"Lasciatemi in pace! Lasciatemi sola!"
Chissà, forse in futuro sarò anche più sola di quanto non vorrò!
Anne
Anne Frank, Diario
Traduzione di Laura Pignatti
Einaudi, 2009
Pagina 167, scelta da Elisa Toselli Classe II C
Mi avvicinai all’albero e lessi a voce alta.
Foglietto bianco e pennarello nero: <<Ti hanno chiuso gli occhi per sempre,
ma tu li hai spalancati a noi palermitani!>>
Piccola poesia firmata da Roberto: <<Tutta la gente di buona volontà
prega / vuole cambiar le cose e tanta forza impiega. / Nessuno si arrende
alla disonestà / e con coraggio vuole uscire dall’omertà. / La strada è
lunga da seguire / ma con tenacia il fine bisogna perseguire>>
pamela (IV A): <<La persona che adesso non c’è più si era sacrificata per
noi, per non esserci più mafia, per farci vivere un futuro più bello>>.
Foglietto verde chiaro scritto in verde scuro: <<Credete di averlo ucciso?
Vi sbagliate, adesso la sua rabbia cova dentro di noi!>>
Daniela (III F): <<Caro Giovanni, io sono la nipote del tuo autista che si è
salvato, sono rimasta sgomenta apprendendo la tua morte e quella dei tuoi
agenti e di tua moglie che sono stati molto coraggiosi nel fare il proprio
lavoro. Adesso che non ci siete più, ti prometto, in nome di Palermo, che la
mafia la sconfiggeremo noi e ti dico: grazie.>>
Luigi Garlando, Per questo mi chiamo Giovanni
Rizzoli Editore, 2013
Pagina 128, scelta da Pamela Shien Garbin Classe III C
Dorothy e i suoi compagni avanzano lentamente lungo la
strada lastricata di giallo, addentrandosi sempre di più dentro la
fitta foresta. Camminavano con fatica, ora, ostacolati di
continuo da ammassi di foglie secche e di rami. Gli uccelli erano
scarsi, perché i volatili preferiscono i grandi spazi aperti e
soleggiati, ma di quando in quando si levavano qua e là le voci
degli animali rintanati nel profondo della foresta. E ogni volta la
bambina aveva un fremito e il cuore le balzava in gola. Non
sapeva quali bestie producessero quei suoni sconosciuti, ma Toto
pareva intuirlo e le trotterellava accanto silenzioso, senza mai
abbaiare.
“Quanto dovremo ancora camminare per uscire da questa
foresta?” domandò Dorothy rivolgendosi al Boscaiolo di Latta.
“Non lo so, perché non sono mai stato alla Città di Smeraldo e
non conosco questa zona. Quand’ ero piccolo mio padre ci andò e
mi disse che è un lungo viaggio, irto di pericoli. Però mi disse
anche che il paesaggio attorno alla Città di Smeraldo è stupendo
e molto pittoresco. A ogni modo penso che non abbiamo nulla da
temere, noi.
Lyman Frank Baum, Il Mago di Oz
Traduzione di Marco Vinicio Mastrocola
AG edizioni, 2007
Pagina 37, scelta da Andrea Tiberti Classe II C
"Ha detto Potter?
"Ma proprio quell' Harry Potter...?"
L' ultima cosa che Harry vide prima che il cappello gli coprisse gli occhi fu
la sala piena di gente che allungava il collo per guardarlo meglio. L'attimo
dopo, era immerso nel buio. Rimase in attesa.
"Ehm...." gli sussurrò una vocina all'orecchio. " Difficile. Molto difficile.
Vedo coraggio da vendere. E anche un cervello niente male. C'è talento,
oh, accipicchia sì... E un desiderio di mettersi alla prova. Molto
interessante... Allora, dove ti metto?"
Harry si aggrappò forte ai bordi dello sgabello e pensò: “Non a
Serpeverde, non a Serpeverde!”
“Non a Serpeverde, eh?” disse la vocina. “Ne sei proprio cosi sicuro?
Potresti diventare grande, sai: qui, nella tua testa, c'è di tutto, e
Serpeverde ti aiuterebbe sulla via della grandezza, su questo non c'è
dubbio... No? Bé, se sei proprio così sicuro, meglio GRIFONDORO!”
J.K Rowling, HARRY POTTER e la pietra filosofale
Traduzione di Marina Astrologo
Zalani Editore 2014
Pagine 124-125, scelte da Veronica Mannino Classe II C
"Regina Loranella, vi abbiamo portato un regalo", disse Skylar. "Solo un pensierino.
Non è davvero niente di che".
"Ma è splendida", disse Loranella ammirando la collana. "Sai che ti dico? La proverò
immediatamente".
Skylar mosse l'ala per far avvicinare Aldwyn e Gilbert. La regina poggiò un ginocchio a
terra e chinò il capo. Aldwyn sollevò mentalmente la collana dalla zampa di Skylar e la
spostò con la massima delicatezza verso il suo collo. Loranella fissò il proprio riflesso
nell’armatura scintillante di una guardia, ammirando il dono che aveva ricevuto. Le
perle brillavano, facendo risaltare ancora di più i suoi occhi.
“È adorabile”, disse la Regina. ”Grazie’’.
’’Sapevo che vi sarebbe piaciuta’’, rispose Skylar soddisfatta.
“Dunque, adesso che siete tutti tornati dalle nostre missioni, siete pronti a fare un
nuovo passo in avanti nel vostro addestramento?”, chiese. ”So che il comandante
Warden si aspetta grandi cose da voi. E c'è ancora così tanto da…”.
Loranella si interruppe bruscamente. Cominciò a boccheggiare. Aldwyn osservò la
collana nera che si seccava fondendosi nella pelle del collo, le perle si conficcavano nel
petto.
“Skylar, che sta succedendo?’’, chiese Aldwyn, in preda al panico.
“Non so”, rispose lei allarmata.
“Fa' qualcosa!” urlò Gilbert.
Ma non c'era nulla che potessero fare. Anche la regina era impotente, mentre il suo
corpo continuava a risucchiare la collana. La catena arrivò in profondità, sembrava una
specie di spessa vena nera. Le perle erano sommerse a metà nella clavicola, come
conchiglie che spuntavano dalla sabbia.
E adesso stavano correndo altri, urlavano, chiedevano aiuto. La regina cadde in
ginocchio,
e
il
bianco
dei
suoi
occhi
diventò
nero
come
l’inchiostro.
Un guaritore di palazzo si mise a correre nella loro direzione, con un corvo sulla spalla.
Spinse via i famigli mentre le labbra di Loranella diventavano terribilmente pallide.
“Lasciateci un po' di spazio”, ordinò il guaritore.
Il corvo atterrò vicino alla regina e sfregò le piume contro il suo petto, usando tutti i
poteri magici che possedeva per curarla.
Adam Jay Epstein e Andrew Jacobson, The familiars
Traduzione di Bianca Francese
Newton Compton, 2014
Pagine 37-40, scelte da Giulia D’Alesio I C
“Ecco che arriva il più grande medico del mondo” gli sussurrò la voce. “E’
stato mandato da Dio. Non hai alcun diritto di comprare quei pattini, quando con
lo stesso denaro puoi aiutare tuo padre!”
I pattini di legno mandarono uno scricchiolio esultante. Hans vide centinaia di
splendidi pattini scintillare e svanire nella sua mente confusa, mentre il denaro
gli bruciava tra le dita. L’anziano dottore aveva un’aria spaventosamente seria e
arcigna, e il ragazzo si sentì il cuore in gola, ma alla fine trovò abbastanza fiato
per gridare, proprio mentre gli stava passando accanto:- Dottor Boekman!
L’uomo si fermò e, sporgendo in avanti il sottile labbro inferiore, gli gettò
un’occhiata torva.
Ormai Hans non poteva più tirarsi indietro. -Signore…- ansimò avvicinandosi al
burbero dottore - ho capito subito che voi non potevate essere altri che il
famoso Boekman. Devo chiedervi un grosso favore…
- Via, via! – borbotto il medico, accingendosi a riprendere il cammino. – Fuori dai
piedi. Non ho denaro con me, non do nulla ai mendicanti.
- Non sono un mendicante, signore - ribattè Hans, mostrandogli con orgoglio il
palmo pieno di monete.
- Vorrei soltanto chiedervi un parere riguardo alla salute di mio padre. Se ne
sta immobile tutto il giorno come se fosse morto. Non riesce a ricordare nulla, e
quando parla fa discorsi senza senso, ma non è ammalato. E’ caduto da
un'impalcatura sulle dighe.
- Come? Cosa hai detto?- esclamo il dottore, all’improvviso disposto ad
ascoltare.
Hans gli raccontò tutta la storia…
Mary Mapes Dodge, Pattini d’argento
Traduzione di Sara Marcolini
Mondadori Editore, 2013
Pag. n.57, scelta da Giulia Dell’Abate Classe I C
Sabato, 15 luglio 1944
..."La gioventù, in fondo, è più solitaria della vecchiaia". Questa massima,
che ho letto in qualche libro, mi è rimasta in mente e l'ho trovata vera.
E' vero che qui gli adulti trovano maggiori difficoltà che i giovani? No, non
è affatto vero. Gli anziani hanno un'opinione su tutto, e nella vita non
esitano più prima di agire. A noi giovani costa doppia fatica mantenere le
nostre opinioni in un tempo in cui ogni idealismo è annientato e distrutto,
in cui gli uomini si mostrano dal loro lato peggiore, in cui si dubita della
verità, della giustizia e di Dio.
Chi ancora afferma che qui nell'alloggio segreto gli adulti hanno una vita
più difficile, non si rende certamente conto della gravità e del numero di
problemi che ci assillano, problemi per i quali forse noi siamo troppo
giovani, ma che ci incalzano di continuo sino a che, dopo lungo tempo, noi
crediamo di aver trovato una soluzione; ma è una soluzione che non
sembra capace di resistere ai fatti, che la annullano. Ecco la difficoltà di
questi tempi: gli ideali, i sogni, le splendide speranze non sono ancora sorti
in noi che già sono colpiti e completamente distrutti dalla crudele realtà.
È un gran miracolo che io non abbia rinunciato a tutte le mie speranze
perché esse sembrano assurde e inattuabili. Le conservo ancora,
nonostante tutto, perché continuo a credere nell'intima bontà dell'uomo.
Mi è impossibile costruire tutto sulla base della morte, della miseria, della
confusione. Vedo il mondo mutarsi lentamente in un deserto, odo sempre
più forte l'avvicinarsi del rombo che ucciderà noi pure, partecipo al dolore
di milioni di uomini, eppure, quando guardo il cielo, penso che tutto volgerà
nuovamente al bene, che anche questa spietata durezza cesserà, che
ritorneranno l'ordine, la pace e la serenità. Intanto debbo conservare
intatti i miei ideali; verrà un tempo in cui forse saranno ancora attuabili.
La tua Anna
Anne Frank, Diario
Traduzione di Arrigo Vita
Giulio Einaudi Editore, 1954
Pagine 252-253, scelte da Pauline Rose Garbin Classe III C
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- Largo S. Pio V