Premessa
Questa pubblicazione è rivolta principalmente agli aspiranti lavoratori, con la finalità di fornire
una panoramica sintetica sui contratti di lavoro.
Tematica, questa, estremamente complessa e in evoluzione nel momento in cui si scrive.
La pubblicazione rappresenta un lavoro di sintesi, che, senza entrare in dettagli complessi e,
soprattutto, senza voler in alcun modo sostituire i servizi per il lavoro, i sindacati e i consulenti del
lavoro, mira a fornire informazioni sintetiche sulle disposizioni che regolano il rapporto di lavoro
subordinato, parasubordinato e il lavoro autonomo occasionale.
Informagiovani – Comune di Brescia
1
INDICE
INFORMAZIONI GENERALI
Età minima per l’accesso al lavoro e lavoro minorile
Liste di collocamento, elenco anagrafico, libretto formativo
del cittadino
Lavoratori dello spettacolo e dello sport
Collocamento mirato e inserimento lavorativo delle persone in condizione
di svantaggio
Lavoro subordinato
Assunzione
Contratti collettivi nazionali di lavoro
Contratto a tempo indeterminato
Contratto a tempo determinato (contratto a termine)
Lavoro a tempo pieno: orario di lavoro, pause, periodi di riposo, ferie
Lavoro a tempo parziale (part time)
Lavoro parasubordinato
Lavoro autonomo
pag. 4
pag. 5
pag. 5
pag. 5
pag. 6
pag. 6
pag. 7
pag. 8
pag. 9
pag. 9
LAVORO SUBORDINATO: TIPOLOGIE CONTRATTUALI
Apprendistato
Contratto di somministrazione
Lavoro intermittente (a chiamata)
Lavoro accessorio
Contratto di arruolamento (convenzione)
Contratto di inserimento
pag. 10
pag. 10
pag. 11
pag. 12
pag. 12
pag. 13
pag. 13
LAVORO PARASUBORDINATO: TIPOLOGIE CONTRATTUALI
Collaborazioni coordinate
pag. 14
pag. 14
LAVORO AUTONOMO OCCASIONALE
pag. 16
LINK UTILI
pag. 17
Informagiovani – Comune di Brescia
pag. 3
pag. 3
pag. 3
pag. 3
2
INFORMAZIONI GENERALI
Età minima per l’accesso al lavoro e lavoro minorile
L’età minima per l’accesso al lavoro è fissata (salvo casi specifici) al compimento del sedicesimo
anno di età. Ciò in quanto l’ordinamento stabilisce che l’istruzione sia obbligatoria per almeno dieci
anni e comunque fino al compimento del sedicesimo anno di età.
L’obbligo di istruzione si assolve anche nei percorsi di apprendistato per l’espletamento del diritto dovere di istruzione e formazione: in questo caso l’idoneità al lavoro è abbassata a 15 anni.
Con i termini lavoro minorile si intende il rapporto di lavoro che coinvolge un lavoratore ancora
minorenne. L’ordinamento distingue i bambini, cioè i minori di 15 anni, dagli adolescenti, compresi
tra i 15 e i 18 anni. Per i primi il lavoro - salvo l’impiego in attività di carattere culturale, artistico
sportivo e pubblicitario - è vietato. Agli adolescenti invece il lavoro è consentito, ma è
caratterizzato da alcune peculiarità destinate a garantire condizioni idonee e adeguate alla crescita e
allo sviluppo dei soggetti coinvolti.
La legge vieta ai datori di lavoro di adibire gli adolescenti ad alcune mansioni a causa della loro
pericolosità. Si tratta, ad esempio, di mansioni che espongono il lavoratore ad agenti fisici quali
rumori superiori a un certo limite di decibel, ad agenti biologici che possono causare gravi malattie
o che sono stati geneticamente modificati, ad agenti chimici tossici, corrosivi, infiammabili,
esplosivi o nocivi, irritanti, ad agenti qualificati dalla legge come cancerogeni, al piombo o
all’amianto. E’ vietato impiegare i minori in attività pesanti o pericolose come lavoro in fonderia, in
cave, macellerie. Altre norme si occupano del lavoro notturno, dell’orario di lavoro, della
valutazione dei rischi, del controllo sanitario.
(Riferimenti normativi: L. 977/67; D.Lgs 345/99).
Liste di collocamento, elenco anagrafico, libretto formativo del cittadino
Nel 2003 sono state introdotte modifiche rilevanti in merito al sistema delle comunicazioni
riguardanti l’assunzione, la trasformazione e la cessazione dei rapporti di lavoro.
Sono state abolite le liste di collocamento, fatta eccezione per le liste del collocamento mirato e dei
lavoratori in mobilità. Le liste di collocamento sono state sostituite da un elenco anagrafico, che
raccoglie i dati anagrafici e professionali di coloro che si rivolgono al Centro per l’impiego per
cercare o cambiare occupazione. Questo elenco è integrato e aggiornato sulla base delle
informazioni fornite dal lavoratore e d’ufficio con le comunicazioni obbligatorie che provengono
dai datori di lavoro. Si rimane iscritti all’elenco anagrafico per tutto l’arco della vita lavorativa.
E’ stato abolito il libretto di lavoro, sostituito da una scheda anagrafica professionale, che contiene
i dati relativi alle esperienze formative e lavorative della persona in cerca di occupazione, alla sua
effettiva disponibilità e alla certificazione delle sue competenze professionali.
E’ stato introdotto il libretto formativo del cittadino (non ancora a regime), corrispondente italiano
dell’Europass europeo, uno strumento che raccoglie e sintetizza le esperienze formative e le
competenze acquisite in contesti scolastico/formativi, lavorativi, di vita quotidiana.
(Riferimenti normativi: DLgs 297/2002; D. del Ministero del lavoro del10 ottobre 2005).
Lavoratori dello spettacolo e dello sport
La normativa che regola il lavoro nel mondo dello spettacolo - che assimila a questi lavoratori
anche gli sportivi - ha semplificato nel corso degli anni la gestione degli obblighi e delle formalità
dei rapporti di lavoro di questo settore.
Per lavorare nel settore dello spettacolo (e dello sport) non occorre più essere iscritti alla Lista unica
nazionale dello spettacolo, soppressa dalla legge n. 133/2008. Ora, anche per i lavoratori dello
spettacolo trova applicazione la normativa generale sul collocamento e in particolare la
comunicazione di assunzione. Le comunicazioni obbligatorie di assunzione, trasformazione e
Informagiovani – Comune di Brescia
3
cessazione dei rapporti di lavoro devono essere effettuate dal datore di lavoro per via telematica al
Centro per l’impiego competente e sono valide anche ai fini dell’assolvimento dell’obbligo di
denuncia di occupazione del lavoratore.
L’Enpals (Ente Nazionale di Previdenza e di Assistenza per i Lavoratori dello Spettacolo e dello
Sport Professionistico) è confluito nell’Inps e non è più obbligatorio il libretto di lavoro.
Approfondimenti sulle tematiche inerenti il collocamento della gente dello spettacolo (compreso
l’elenco dei lavoratori rientranti nella normativa), possono essere reperiti sul portale del Ministero
del lavoro www.cliclavoro.it (cittadini>settori specifici>lavoro spettacolo e sport).
(Riferimenti normativi: L. 133/2008; Circolare Enpals n.16/2009).
Collocamento mirato e inserimento lavorativo delle persone in condizione di svantaggio
Per collocamento mirato si intende il processo orientato a favorire l’incontro tra domanda e offerta
di lavoro delle categorie protette. L’obiettivo della legge è l’integrazione socio-lavorativa delle
persone disabili attraverso una serie di strumenti tecnici e di supporto che permettono di valutarle
adeguatamente nelle loro capacità lavorative e di inserirle in un contesto adatto.
Il collocamento mirato prevede una serie di strumenti per conseguire le sue finalità, quali:
- supporto per un’adeguata valutazione delle persone
- incentivi per le aziende
- sperimentazioni attraverso riqualificazioni e tirocini
- convenzioni con le aziende
I soggetti interessati al collocamento mirato sono:
a) diversamente abili con minorazioni fisiche, psichiche o sensoriali e portatori di handicap
intellettivo che comportino una riduzione della capacità lavorativa superiore al 45%
b) invalidi del lavoro con grado di invalidità superiore al 33%
c) non vedenti e sordomuti
d) invalidi di guerra, invalidi civili di guerra, invalidi per servizio
e) orfani e coniugi superstiti di deceduti per causa di lavoro, di guerra, di servizio e soggetti
equiparati
f) profughi italiani rimpatriati e vittime del terrorismo
L’Ufficio collocamento mirato e i Centri per l’impiego gestiscono le attività a favore delle persone
disabili ai sensi della legge n. 68/99. L’iscrizione alle liste dell’Ufficio Collocamento Mirato tramite
il Centro per l’Impiego di zona consente quindi di usufruire dei servizi di inserimento al lavoro
promossi dalla Provincia.
Il SIL, servizio di integrazione lavorativa, è un servizio a sostegno dell’occupazione delle persone
che si trovano in condizione di svantaggio.
Il servizio si rivolge ai cittadini appartenenti alle seguenti categorie:
- invalidi civili con punteggio pari o superiore al 46%
- invalidi del lavoro con punteggio pari o superiore al 34%
- svantaggiati previsti dall’art. 4 della legge 381/1991, cioè invalidi fisici, psichici e sensoriali, ex
degenti di istituti psichiatrici, soggetti in trattamento psichiatrico, tossicodipendenti, alcolisti,
minori in età lavorativa in situazioni di difficoltà familiare, condannati ammessi alle misure
alternative alla detenzione
- le categorie di svantaggiati previsti dall’art. 4 della legge 381/1991
E’ un servizio che effettua la presa in carico di una persona solo su invio da parte di altri servizi,
vale a dire: i servizi sociali del comune di residenza, i centri psico-sociali (CPS), l’area disabilità
(EOH), i servizi tossicodipendenza (SerT), il nucleo operativo alcoologia (NOA), i servizi
multidisciplinari integrati (SMI), l’ufficio esecuzione penale esterna (UEPE).
Attiva inserimenti lavorativi in aziende, dopo aver verificato la capacità lavorativa e aver
provveduto all’addestramento del lavoratore.
Informagiovani – Comune di Brescia
4
Con l’Ufficio del Collocamento mirato collabora al fine di realizzare le convenzioni con le aziende
per l’inserimento lavorativo dei disabili, previste dall’art. 11 della legge 68/1999.
(Riferimenti normativi: L. 68/1999; L. 381/1991).
Lavoro subordinato
Si definisce lavoro subordinato, o dipendente, quello in cui il lavoratore si obbliga mediante
retribuzione a collaborare nell’impresa, prestando il proprio lavoro intellettuale o manuale alle
dipendenze e sotto la direzione dell'imprenditore. Il datore di lavoro è colui che dà ad altri un lavoro
alle proprie dipendenze dietro retribuzione. Il datore di lavoro può essere persona fisica o giuridica.
Ogni attività lavorativa può essere svolta sia in regime di subordinazione che di lavoro autonomo,
pertanto gli elementi distintivi tra queste due tipologie di lavoro non vanno ricercati nel contenuto
dell’attività lavorativa, bensì nelle modalità di svolgimento della stessa. Il lavoro subordinato si
caratterizza per l’eterodirezionalità e la dipendenza del lavoratore. In concreto, per riconoscere
un’attività lavorativa subordinata, è utile e indicativa la presenza di questi indici pratici quali:
- il potere direttivo, di controllo e disciplinare del datore di lavoro
- l’inserimento del lavoratore nell’apparato organizzativo e produttivo dell’impresa
- l’utilizzo di strumenti professionali messi a disposizione dal datore di lavoro
- l’osservanza di un orario di lavoro, l’obbligo di comunicare al datore di lavoro le proprio essenze e
di concordare il periodo di ferie
Il rapporto di lavoro subordinato è regolato da un contratto di lavoro, che stabilisce mansioni,
luoghi e tempi della prestazione Il contratto può avere forma scritta o verbale (la legge prevede i
casi in cui è obbligatoria la forma scritta al fine della validità del contratto).
Assunzione
L’assunzione si verifica quando il lavoratore manifesta l’accettazione della proposta formulata dal
datore di lavoro.
Il contratto di lavoro deve contenere, a pena di invalidità, i seguenti elementi costitutivi: soggetti,
oggetto, consenso delle parti, forma, causa.
I soggetti sono il lavoratore (persona fisica) e il datore di lavoro (persona fisica o persona giuridica).
L’oggetto riguarda sia la prestazione di lavoro che la retribuzione.
Il consenso delle parti richiede che entrambe siano in grado di concludere un contratto e che non ci
siano vizi del consenso.
Per quanto riguarda la forma, non è richiesta la forma scritta, potendosi stipulare il contratto anche
oralmente o per fatti concludenti. Solo per alcuni contratti di lavoro la legge richiede la forma
scritta (personale marittimo, personale dell’aria, lavoro sportivo, lavoro a tempo determinato).
Quando si sceglie la forma scritta, generalmente la cosiddetta lettera di assunzione, è sufficiente
indicare solo i requisiti essenziali del rapporto di lavoro, rimandando per tutto quanto non indicato
alla normativa sul lavoro e ai contratti collettivi.
La causa prevede due obbligazioni: quella del datore di lavoro di corrispondere la retribuzione e
quella del lavoratore di prestare la propria opera alle dipendenze e sotto la direzione del datore di
lavoro.
Contratti collettivi nazionali di lavoro
Il contratto collettivo nazionale di lavoro (CCNL) è la fonte normativa attraverso cui i sindacati dei
lavoratori e le associazioni di categoria degli imprenditori definiscono le regole disciplinanti il
rapporto di lavoro nel settore di appartenenza con riferimento alle relazioni tra soggetti firmatari, sia
sotto l’aspetto normativo che sotto quello economico. Dura 3 anni. Scaduto, restano in vigore le
clausole attinenti alla retribuzione.
Informagiovani – Comune di Brescia
5
Il CCNL non può derogare alle leggi se non in senso migliorativo per il lavoratore, salvo che la
legge autorizzi il CCNL a introdurre deroghe peggiorative. Tra CCNL di stesso livello il rapporto è
alla pari: il successivo può derogare in senso peggiorativo al precedente, fatti salvi i diritti quesiti e
l’intangibilità della retribuzione.
Il contratto individuale può derogare al CCNL solo in senso migliorativo per il lavoratore.
Contratto a tempo indeterminato
Il contratto di lavoro a tempo indeterminato è quello in cui non è prevista una scadenza del rapporto
lavorativo.
Il nostro ordinamento giuridico considera il contratto a tempo indeterminato forma comune di
rapporto di lavoro subordinato, pertanto, qualora nella tipologia contrattuale non si riscontrino gli
elementi di specialità previsti dall’ordinamento per i contratti a termine, il rapporto di lavoro deve
intendersi a tempo indeterminato.
Può interrompersi per dimissioni del lavoratore, risoluzione consensuale, licenziamento.
Contratto a tempo determinato (contratto a termine)
E’ il contratto in cui è indicata la durata e quindi la data della fine del rapporto di lavoro. Il nostro
ordinamento giuridico considera forma comune di rapporto di lavoro il contratto a tempo
indeterminato, perciò l’apposizione di un termine al contratto di lavoro rappresenta un’eccezione,
consentita solo in presenza di ragioni tecniche, produttive, organizzative o sostitutive, che devono
essere indicate come causale nel contratto. La riforma del 2012 attribuisce alla contrattazione
collettiva il potere di ampliare le ipotesi di contratto a termine anche nei casi di avvio di: nuova
attività, implementazione di un rilevante cambiamento tecnologico, fase supplementare di un
significativo progetto di ricerca e sviluppo, rinnovo o proroga di una commessa consistente.
L’ampliamento può essere comunque esercitato nel limite del 6% del totale dei lavoratori occupati
nell’ambito dell’unità produttiva.
Con riferimento all’obbligo di causalità, la riforma del lavoro del 2012 ha introdotto una deroga
importante, prevedendo che in caso di primo rapporto di lavoro di durata non superiore a 12 mesi,
non sia necessaria la presenza di una causale per stipulare un contratto a tempo determinato. Si
parla pertanto di contratto a tempo determinato acausale. Dunque per effetto di tale norma un
datore di lavoro ha la facoltà di stipulare un contratto a termine svincolato dalla necessità di apporre
una causale, purché siano rispettate due condizioni: che si tratti di primo contratto – e cioè che con
il lavoratore non siano mai intercorsi rapporti di lavoro di natura subordinata - e che la durata non
ecceda i 12 mesi. Tale contratto non è prorogabile, nemmeno se la durata iniziale è inferiore a 12
mesi, né tantomeno, date le premesse, può essere stipulato un successivo contratto a tempo
determinato acausale per il periodo rimanente al raggiungimento dei 12 mesi.
Il contratto a termine può prolungarsi in via di fatto oltre il suo scadere, con retribuzione
maggiorata, fino a 30 giorni per contratti di durata inferiore a 6 mesi, fino a 50 per quelli di durata
superiore. Il prolungamento di fatto del contratto a termine, detto periodo cuscinetto, può applicarsi
anche al contratto a termine acausale, la cui durata massima quindi può essere 12 mesi e 50 giorni.
Superati questi termini, il contratto si considera a tempo indeterminato.
E’ vietato apporre un termine alla durata del contratto nei seguenti casi:
- per la sostituzione di lavoratori in sciopero;
- presso unità produttive nelle quali si è proceduto nei sei mesi precedenti a licenziamenti collettivi
di lavoratori adibiti alle medesime mansioni;
- nelle unità produttivi in cui operi una sospensione dei rapporti o una riduzione dell’orario con
diritto a integrazione salariale di lavoratori che svolgano mansioni analoghe;
- da parte di imprese che non abbiano effettuato la valutazione di rischi.
Per evitare il reiterarsi di contratti a termine tra le stesse parti, la legge stabilisce una durata
massima del contratto a termine (sia con riferimento al singolo contratto, che nel caso di
Informagiovani – Comune di Brescia
6
successione di contratti) di 36 mesi (nei quali rientrano anche contratti di somministrazione per
mansioni analoghe).
Nel caso in cui il contratto duri meno di tre anni è ammessa una sola proroga, per mansioni
analoghe e per ragioni oggettive e purché la durata complessiva del rapporto lavorativo non ecceda i
tre anni. Nel caso di rapporto di lavoro fra lo stesso datore di lavoro e lo stesso lavoratore per lo
svolgimento di mansioni equivalenti che abbia complessivamente raggiunto i 36 mesi, un ulteriore
contratto a termine può essere stipulato presso la Direzione Provinciale del Lavoro con l’assistenza
di un rappresentante di una organizzazione sindacale comparativamente più rappresentativa sul
piano nazionale, cui il lavoratore sia iscritto o conferisca mandato.
Alcuni rapporti di lavoro indicati dall’ordinamento giuridico sono esclusi dal limite massimo dei 36
mesi (ad esempio i rapporti di lavoro dei dirigenti).
Nel caso di reiterazione (successione di contratti a termine), sono previsti intervalli temporali che
devono intercorrere tra un contratto e l’altro fissati in 60 giorni se il primo contratto dura fino a 6
mesi, in 90 giorni se di durata superiore. L’unico caso in cui non si impone l’obbligo del rigoroso
rispetto degli intervalli temporali riguarda l’assunzione di lavoratori in mobilità. La contrattazione
collettiva può prevedere intervalli minori. Se l’assunzione avviene prima dello scadere di questi
termini, il secondo contratto si considera a tempo indeterminato. Nel caso di due assunzioni
successive a termine, cioè senza soluzione di continuità, il rapporto di lavoro si considera a tempo
indeterminato dalla data di stipula del primo contratto. Se, per effetto di successione di contratti, il
rapporto di lavoro supera complessivamente i 36 mesi, comprensivi di proroghe e rinnovi, si
considera a tempo indeterminato.
Al lavoratore con contratto a termine spettano le ferie, la tredicesima mensilità, il tfr e ogni altro
trattamento in atto nell’impresa per i lavoratori con contratto a tempo indeterminato comparabili.
Il contratto deve essere redatto in forma scritta, salvo che la durata del rapporto non sia superiore a
12 giorni.
Il lavoratore che abbia prestato attività lavorativa per un’azienda per un periodo superiore a 6 mesi
ha diritto di precedenza nel caso di assunzioni a tempo indeterminato effettuate dall’azienda per le
medesime mansioni nei 12 mesi successivi al termine del rapporto. Il lavoratore assunto per lo
svolgimento di attività stagionali ha diritto di precedenza rispetto a nuove assunzioni a termine per
le medesime attività. Il diritto deve essere esercitato dai lavoratori rispettivamente entro 6 mesi e 3
mesi dalla data di cessazione del rapporto e si estingue entro un anno dalla data di cessazione del
rapporto.
Per ogni approfondimento relativo a questa tipologia di contratto rimandiamo alla consultazione del
portale www.cliclavoro.gov.it
(Riferimenti normativi: D.Lgs. 368/2001; L. 92/2012).
Lavoro a tempo pieno: orario di lavoro, pause, periodi di riposo, ferie
L’orario di lavoro è il periodo in cui il lavoratore è al lavoro e a disposizione del datore di lavoro
per svolgere le sue mansioni. Qualsiasi periodo che non rientri in questa definizione, è definito
riposo.
L’orario di lavoro si distingue in normale e straordinario.
L’orario normale è fissato genericamente in 40 ore; la contrattazione collettiva può stabilire una
durata minore. La durata massima settimanale è stabilita dalla contrattazione collettiva, ma non può
in ogni caso superare le 48 ore su un periodo si sette giorni, comprese le ore di lavoro straordinario.
Il lavoro straordinario (il ricorso al quale la legge raccomanda sia contenuto) è quello che si svolge
oltre il normale orario di lavoro. Il limite giornaliero di 8 ore è stato sostituito un decennio fa con la
disposizione che il periodo di riposo giornaliero non può essere inferiore a 11 ore nell’arco delle 24.
La contrattazione collettiva definisce i limiti del lavoro straordinario, ma la legge fissa un tetto
massimo annuale di 250 ore. Il lavoro straordinario è retribuito con maggiorazione rispetto alla
retribuzione ordinaria. Il ricorso al lavoro straordinario deve essere concordato con il lavoratore,
eccetto in alcune situazioni quali casi eccezionali, casi di forza maggiore, eventi particolari.
Informagiovani – Comune di Brescia
7
Il periodo di riposo è giornaliero e settimanale. Il riposo giornaliero è fissato in non meno di 11 ore
consecutive nell’arco di 24. Il riposo settimanale è fissato in un giorno dopo 6 giorni continuativi di
lavoro, di regola corrispondente alla domenica; si tratta di una norma fissata per la tutele della
salute del lavoratore e non può essere disattesa da disposizioni contrattuali o dal consenso del
lavoratore.
Se l’orario di lavoro eccede le sei ore giornaliere, il lavoratore ha diritto a una pausa, le cui durata e
modalità sono stabilite dalla contrattazione collettiva e comunque non inferiore ai 10 minuti.
Il lavoratore ha diritto a un periodo di ferie di almeno 4 settimane (i contratti collettivi possono
estendere il diritto ma non ridurlo), stabilite dal datore di lavoro contemperando le esigenze
dell’impresa con quelle del lavoratore. Le ferie devono essere godute per almeno due settimane
nell’anno di maturazione e per le restanti due comunque nei 18 mesi successivi e non possono
essere sostituite con la relativa indennità di ferie non godute, salvo il caso di cessazione del rapporto
lavorativo.
(Riferimenti normativi: D.Lgs 66/2003).
Lavoro a tempo parziale (part time)
Prevede un orario di lavoro inferiore a quello stabilito per legge o dal contratto collettivo.
Sono tre le tipologie di part-time:
- orizzontale: la riduzione dell’orario è giornaliera, cioè distribuita su tutti i giorni lavorativi della
settimana
- verticale: la prestazione lavorativa è resa in determinati periodi dell’anno, o del mese, o della
settimana
- misto: combina i due precedenti, in quanto prevede orario ridotto giornaliero e in alcuni giorni
della settimana, del mese, o dell’anno.
Il contratto a tempo parziale deve essere redatto per iscritto e contenere l’esatta indicazione della
durata della prestazione lavorativa e la sua collocazione temporale. Questo serve a tutela del
lavoratore, che deve essere messo in condizione di sapere con esattezza quando tenersi a
disposizione e come organizzarsi per lo svolgimento di un altro eventuale lavoro.
In verità, a partire dal 2003 la disciplina del lavoro part-time ha introdotto molti elementi di
flessibilità a favore del datore di lavoro. Tali elementi sono di seguito riportati.
Lavoro supplementare: è reso oltre all’orario di lavoro ridotto, ma entro il limite dell’orario a tempo
pieno; questa ipotesi riguarda solo il part-time orizzontale, perché in quello verticale il lavoro
giornaliero è già a tempo pieno. La contrattazione collettiva fissa il limite entro il quale possono
essere richieste prestazioni aggiuntive e in mancanza di essa il lavoratore può scegliere se prestare il
proprio consenso.
Lavoro straordinario: la prestazione lavorativa resa oltre l’orario del tempo pieno; è applicabile
solo al part-time verticale; al lavoro straordinario si applica la medesima disciplina prevista per il
lavoro a tempo pieno.
Clausole flessibili: consentono al datore di lavoro di modificare la collocazione temporale
dell’orario di lavoro decidendo in quali giorni e/o orari avvenga la prestazione lavorativa
Clausole elastiche: prevedono il diritto del datore di lavoro di aumentare la durata della prestazione
a tempo parziale verticale.
Le clausole flessibili ed elastiche devono essere esplicitamente accettate dal lavoratore, ma siccome
questo può avvenire contestualmente alla firma del contratto, sempre più spesso diventano parte
integrante del contratto stesso al momento dell’assunzione. La riforma del lavoro del 2012 è
intervenuta a limitare l’operatività delle clausole flessibili prevedendo la possibilità per il lavoratore
di revocare il proprio consenso in presenza di alcune situazioni personali (es. studenti universitari,
malati oncologici) e attribuendo alla contrattazione collettiva il potere di prevedere le condizioni
che consentano al lavoratore la modifica o l’eliminazione delle clausole.
Informagiovani – Comune di Brescia
8
Il lavoratore part-time ha diritto alla stessa retribuzione oraria del lavoratore a tempo pieno,
calcolata proporzionalmente al numero di ore lavorate, salvo il caso in cui la contrattazione
collettiva preveda condizioni migliorative.
Il lavoratore part-time può instaurare più rapporti lavorativi con vari datori di lavoro, purché non
superi il tetto di 48 ore settimanali medie.
(Riferimenti normativi: D.Lgs 61/2000; D.Lgs 276/2003; L. 247/2007; L. 92/2012).
Lavoro parasubordinato
E’ la tipologia di lavoro in cui un lavoratore presta la propria attività a favore di un datore di lavoro
senza esserne direttamente suo dipendente.
E’ a metà strada tra il lavoro subordinato e quello autonomo: nel lavoro parasubordinato si ha la
compresenza di alcuni elementi tipici del lavoro autonomo (es. obbligazione di risultato, non
vincolo di orario) e di altri propri del lavoro subordinato (es. coordinamento del datore di lavoro,
continuità della prestazione).
Il lavoro parasubordinato coinvolge forme contrattuali atipiche che negli ultimi decenni hanno visto
un notevole incremento sotto forma di collaborazioni coordinate e continuative. Con esse, però,
spesso si è mascherato un rapporto che in sostanza era di tipo subordinato (vincoli di orario,
inserimento del lavoratore nella realtà aziendale).
Per cercare di arginare questi abusi, la riforma Biagi ha introdotto il lavoro a progetto, che ha
sostituito le vecchie collaborazioni, limitando le co.co.co alle pubbliche amministrazioni. E’ stata
introdotta la necessità che le collaborazioni di tipo coordinato e continuativo fossero possibili solo
se legate a uno specifico progetto, programma di lavoro o fase di esso, determinati dal committente
e gestiti autonomamente dal collaboratore.
La recente riforma del mercato del lavoro (L. 92/2012) ha introdotto ulteriori limitazioni alla
precedente disciplina, sempre con l’obiettivo di contrastare l’utilizzo non corretto di questa
tipologia di contratto.
Attualmente, una prestazione di lavoro parasubordinato presenta queste imprescindibili
caratteristiche:
- è una prestazione di lavoro personale,
- è un prestazione di lavoro continuativa in un certo periodo di tempo
- prevede il potere di coordinazione da parte del datore di lavoro.
Lavoro autonomo
Nel nostro ordinamento giuridico manca una definizione specifica del lavoro autonomo. Prendendo
come riferimento la definizione di contratto d’opera - che rappresenta la forma più comune di
lavoro autonomo - si può definirlo come quel contratto con cui una persona si obbliga a prestare
un’opera o un servizio dietro un corrispettivo, con lavoro prevalentemente autonomo e senza
vincolo di subordinazione, nei confronti del committente. Questa definizione è applicabile alle
molteplici forme del lavoro autonomo, quando non sia prevista una disciplina specifica.
Il lavoro autonomo viene così definito in via residuale, cioè come quel lavoro che non è
riconducibile a una forma di lavoro subordinato o parasubordinato. Si distingue dal lavoro
subordinato per il diverso vincolo che lega il lavoratore al committente, e cioè la mancanza della
subordinazione, per cui il lavoro autonomo può essere svolto senza gli elementi tipici del lavoro
subordinato, quali la direzione da parte dell’imprenditore, il rispetto di un orario di lavoro ecc.
Il fatto che la prestazione lavorativa sia a carattere personale consente di distinguere il lavoratore
autonomo dalla figura dell’imprenditore. In altre parole, non tutti i lavoratori autonomi sono
imprenditori.
Il fatto che non vi sia continuità e coordinamento del committente lo distingue dal lavoro
parasubordinato.
Il contratto di lavoro autonomo può avere a oggetto qualunque attività di carattere manuale o
tecnica che generi un risultato di natura economica.
Informagiovani – Comune di Brescia
9
LAVORO SUBORDINATO: TIPOLOGIE CONTRATTUALI
APPRENDISTATO
Nell’ottica della recente riforma del mercato del lavoro, l’apprendistato è il principale strumento
d’ingresso dei giovani nel mondo del lavoro. E’ un contratto a contenuto formativo, finalizzato a
inserire i giovani nel mondo del lavoro con l’acquisizione di una professionalità specifica
all’interno di un’azienda. Si caratterizza, pertanto, per l’alternanza di momenti lavorativi con
momenti formativi. Il datore di lavoro con questo contratto assume l’obbligo di garantire
all’apprendista la formazione professionale e di corrispondergli una retribuzione in cambio del
lavoro svolto. L’apprendistato è anche una delle modalità previste dalla legge per adempiere
l’obbligo di istruzione e consente di accedere al lavoro all’età di 15 anni anziché 16.
E’ un contratto a tempo indeterminato con un primo periodo di formazione di durata variabile a
seconda della tipologia. La durata del periodo di formazione è intesa come durata massima.
Il percorso formativo prevede un piano formativo individuale i cui obiettivi si raggiungono sia con
una formazione interna, a cura dell’impresa e sotto la guida di un tutor aziendale, sia esterna,
realizzata da enti di formazione accreditati in regione o agenzie formative o istituzioni
scolastiche/universitarie.
La remunerazione è stabilita dai contratti collettivi dei diversi settori, con riferimento alla tipologia
di contratto di apprendistato, alla qualifica da conseguire, al livello di inquadramento (quest’ultima
non può essere inferiore di più di due livelli rispetto a quello previsto per i lavoratori che svolgono
la stessa mansione).
L’apprendista ha diritto alle seguenti tutele: assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le
malattie professionali, assicurazione contro le malattie, assicurazione contro l’invalidità e la
vecchiaia, maternità, assegno per il nucleo famigliare.
Il periodo formativo si conclude con il raggiungimento dell’obiettivo (qualifica, titolo di studio),
dopodiché inizia un periodo di recesso, durante il quale il rapporto di lavoro può essere interrotto da
entrambe le parti; nel caso in cui non intervenga un recesso, il contratto diventa a tempo
indeterminato. Se invece il rapporto di lavoro termina, l’apprendista ha diritto a un’attestazione che
definisce le competenze acquisite e la formazione svolta.
Il contratto deve essere stipulato in forma scritta e deve contenere: la prestazione oggetto del
rapporto di lavoro, il periodo di prova, i livelli di inquadramento previsti, la qualifica acquisita al
termine del rapporto.
L’apprendistato si articola in tre tipologie contrattuali, che definiscono criteri di accesso e finalità
differenti.
Apprendistato per la qualifica e il diploma professionale: è rivolto ai giovani fra i 15 e i 25
anni. E’ una delle modalità previste dalla legge per assolvere l’obbligo di istruzione; consente di
acquisire una qualifica professionale. Per i maggiorenni può essere una possibilità per conseguire
una qualifica di operatore professionale dopo tre anni e/o un diploma professionale al termine del
quarto anno.
Il contratto di apprendistato per il conseguimento di una qualifica professionale ha una durata di tre
anni, quello per il diploma professionale di quattro anni.
L’attività di formazione, interna o esterna all’azienda, è di almeno 400 ore annue.
Spetta alle regioni specificare qualifiche e diplomi da attuare sul proprio territorio tra quelle definite
a livello nazionale.
Apprendistato professionalizzante o contratto di mestiere: è rivolto ai giovani fra i 18 e i 29
anni; l’età di accesso è abbassata a 17 anni per chi ha conseguito un titolo di qualifica o di diploma.
Consente di acquisire una qualificazione professionale, come prevista dai contratti collettivi di
lavoro, e di maturare competenze di base e trasversali, oltre che tecnico-professionali.
Generalmente ha durata di tre anni; per le professioni artigianali individuate dalla contrattazione
collettiva è possibile che arrivi fino a 5 anni.
Informagiovani – Comune di Brescia
10
Le ore di formazione di base, regolamentate dalle Regioni, sono 120 per l’intero triennio formativo.
La formazione tecnico-professionale è invece disciplinata dai Contratti Collettivi Nazionali di
Lavoro.
Apprendistato di alta formazione e ricerca: è rivolto ai giovani tra i 18 e i 29 anni compiuti;
l’età di accesso è abbassata a 17 anni per chi ha conseguito un titolo di qualifica o di diploma.
Consente di conseguire un diploma di istruzione secondaria superiore, una certificazione tecnica
superiore (IFTS; ITS), titoli universitari, compresi i dottorati di ricerca, favorire l’inserimento in
impresa per i giovani che saranno impegnati nelle aree dedicate alla ricerca, espletare il praticantato
per l’accesso alle professioni ordinistiche.
La regolamentazione e la durata della formazione sono rimessi a singoli accordi regionali con le
istituzioni formative, anche in relazione al titolo di studio da conseguire.
Per ogni approfondimento sulle tematiche relative a questa tipologia di contratto consigliamo la
consultazione del portale www.nuovoapprendistato.gov.it
(Riferimenti normativi: D.Lgs 167/2011; L. 92/2012)
CONTRATTO DI SOMMINISTRAZIONE
Il contratto di somministrazione di lavoro ha come oggetto la fornitura professionale di
manodopera, a tempo indeterminato o a termine, ad opera di un’agenzia per il lavoro, di cui il
lavoratore è dipendente.
Con il termine missione si definisce il periodo durante il quale il lavoratore dipendente dell’agenzia
è messo a disposizione di un’azienda utilizzatrice e opera sotto la direzione e il controllo della
stessa.
Nel lavoro somministrato i soggetti coinvolti sono dunque tre: il lavoratore, l’azienda utilizzatrice,
l’agenzia. Questi soggetti sono legati tra loro da due vincoli contrattuali: il contratto di
somministrazione tra utilizzatore e somministratore, che ha natura commerciale (e può essere a sua
volta a tempo determinato o indeterminato); il contratto di lavoro tra somministratore e lavoratore
che può essere a tempo determinato o indeterminato.
Il contratto deve essere stipulato in forma scritta - altrimenti il lavoratore è considerato a tutti gli
effetti dipendente dell’azienda presso la quale sta svolgendo l’attività lavorativa - e deve indicare la
causale di utilizzo.
Diverse sono le situazioni in cui la causale non è necessaria:
- prima missione tra utilizzatore e lavoratore per un periodo non superiore a 12 mesi;
- se prevista della contrattazione collettiva e entro il limite del 6% dei dipendenti, in caso di avvio di
una nuova attività, lancio di un nuovo prodotto o servizio innovativo, implementazione di un
rilevante cambiamento tecnologico, fase supplementare di un significativo progetto di ricerca e
sviluppo, rinnovo o proroga di una commessa consistente;
- utilizzo di lavoratori in mobilità (per una durata massima di 12 mesi);
- utilizzo di soggetti disoccupati percettori dell'indennità ordinaria di disoccupazione non agricola
con requisiti normali o ridotti, da almeno 6 mesi;
- utilizzo di soggetti percettori di ammortizzatori sociali, anche in deroga, da almeno 6 mesi;
- utilizzo di lavoratori definiti svantaggiati o molto svantaggiati ai sensi dei numeri 18 e 19
dell’articolo 2 del regolamento CE n. 800/2008 della Commissione, del 6 agosto 2008;
- ulteriori ipotesi individuate dai contratti collettivi nazionali, territoriali ed aziendali stipulati dalle
organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative dei lavoratori e dei datori di lavoro.
Il pagamento della retribuzione e il versamento dei contributi previdenziali e assicurativi sono a
carico dell’agenzia con il rimborso successivo da parte dell’utilizzatore.
Il lavoratore assunto a tempo indeterminato dall’agenzia di lavoro, ha diritto ad un’indennità di
disponibilità per i periodi in cui non è in missione presso un utilizzatore.
(Riferimenti normativi: D.Lgs 276/2003; D. Lgs. 24/2012; L. 92/2012)
Informagiovani – Comune di Brescia
11
LAVORO INTERMITTENTE (A CHIAMATA)
Con il contratto di lavoro intermittente il lavoratore si pone a disposizione di un datore di lavoro,
che ne può utilizzare la prestazione lavorativa entro certi limiti. Può essere concluso per lo
svolgimento di prestazioni lavorative a carattere discontinuo, in casi previsti dalla contrattazione
collettiva.
Il contratto a chiamata può essere concluso solo con persone di meno di 24 anni di età (le
prestazioni lavorative devono essere svolte entro il venticinquesimo anno di età) e con soggetti di
più di 55 anni. Può essere a tempo determinato o indeterminato.
La recente riforma del lavoro ha limitato i casi in cui è possibile ricorrere al lavoro intermittente,
escludendone la possibilità in periodi predeterminati, quali le ferie estive, le festività pasquali o
natalizie.
Il lavoratore può obbligarsi a rispondere alla chiamata e in tal caso ha diritto ha una indennità di
disponibilità. Nel caso di temporanea indisponibilità (ad esempio per malattia) deve darne
tempestiva comunicazione al datore di lavoro; l’indennità è sospesa nel periodo di indisponibilità. Il
rifiuto ingiustificato di rispondere alla chiamata può comportare la risoluzione del contratto.
E’ vietato il lavoro intermittente per:
- sostituzione di lavoratori in sciopero
- presso unità produttive in cui si sia proceduto nei sei mesi precedenti a licenziamenti collettivi o
riduzione di orario con diritto al trattamento di integrazione salariale di lavoratori adibiti alle stesse
mansioni
- presso imprese che non abbiano effettuato la valutazione dei rischi.
Il contratto va stipulato in forma scritta ai fini della prova e deve contenere, tra le altre, indicazione
della durata, luogo e modalità della disponibilità e preavviso di chiamata (che non può essere
inferiore a un giorno lavorativo), trattamento economico, modalità della prestazione lavorativa,
misura dell’indennità mensile dovuta al lavoratore nel caso in cui garantisca la disponibilità in
attesa di utilizzazione.
(Riferimenti normativi: D.Lgs 276/2003; D.Lgs. 24/2012)
LAVORO ACCESSORIO
Rispetto alla precedente regolamentazione, l’ultima riforma del mercato del lavoro ha apportato
notevoli modifiche al lavoro accessorio, eliminando l’elenco delle attività definite nella riforma
Biagi e sostituendolo con disposizioni che prevedono limiti essenzialmente di carattere economico.
Le prestazioni di lavoro accessorio sono quelle attività lavorative che hanno natura meramente
occasionale e che non danno luogo a compensi complessivamente superiori ai 5000 euro nel corso
di un anno solare. Se i committenti sono imprenditori commerciali o professionisti, per ciascuno di
questi opera il limite di 2000 euro nell’anno solare. In base a queste indicazioni, è sempre possibile
attivare lavoro accessorio, tenendo conto del limite economico, così come è venuto meno l’obbligo
che il committente debba essere unico nell’anno solare.
L’utilizzo del lavoro accessorio è tipico in certi settori come quello agricolo, commerciale, turistico.
Anche la pubblica amministrazione può ricorrere al lavoro accessorio, nell’ambito di politiche di
contenimento dei costi.
In campo agricolo alle disposizioni di carattere economico si aggiungono altre limitazioni,
potendosi attivare il lavoro accessorio solo per attività di natura stagionale rese da pensionati e da
giovani con meno di 25 anni se regolarmente iscritti a un ciclo di studi presso un istituto scolastico e
compatibilmente con gli impegni di studio o in qualsiasi periodo dell’anno se iscritti all’università.
Oppure vi possono fare ricorso le aziende con 7000 euro di fatturato nell’anno precedente. Non
trova invece applicazione il limite di 2000 euro per ogni committente.
Il pagamento del lavoro accessorio avviene tramite buoni lavoro (voucher) acquistabili in carnet
presso le rivendite autorizzate. I voucher sono orari (attualmente il valore nominale è di 10 euro),
datati e numerati progressivamente. Il valore nominale orario serve a impedire che con un solo
Informagiovani – Comune di Brescia
12
voucher si paghino prestazioni lavorative di diverse ore. I voucher vanno utilizzati entro 30 giorni
dall’acquisto.
I voucher garantiscono copertura previdenziale Inps e assicurativa Inail. Le retribuzioni sono esenti
da imposizione fiscale e non incidono sullo stato di disoccupato o inoccupato.
Nel corso del 2013, i percettori di cassa integrazione salariale o di misure di sostegno del reddito, in
qualsiasi settore produttivo, compresi gli Enti locali, potranno lavorare con contratto di lavoro
accessorio per un compenso massimo di 3000 euro nell’anno solare.
(Riferimenti normativi: D.Lgs 167/2011; L. 92/2012; Circolare n. 4 del 18 gennaio 2013 del Ministero del lavoro).
CONTRATTO DI ARRUOLAMENTO (CONVENZIONE)
E’ il contratto di lavoro che lega un armatore o un proprietario di nave alla gente di mare, cioè al
personale marittimo. Questo rapporto di lavoro ha la peculiarità di essere regolamentato dal Codice
della navigazione e di prevedere un regime speciale per il collocamento della gente di mare, cioè
quella parte del personale marittimo che lavora sulle navi.
Il contratto può essere a tempo indeterminato, determinato, per uno o più viaggi. I contratti a tempo
determinato e per uno o più viaggi non possono superare la durata di un anno, altrimenti sono
trasformati in contratti a tempo indeterminato.
Il datore di lavoro deve registrare il personale sul ruolo di equipaggio o sulla licenza e deve tenere
un Albo di bordo con l’indicazione delle norme e delle disposizioni applicabili all’equipaggio.
Dell’avvenuta assunzione deve dare comunicazione all’ufficio di collocamento della gente di mare
competente per territorio.
La retribuzione può essere a tempo, a viaggio o in partecipazione ai proventi dovuti all’armatore.
Il collocamento della gente di mare ha una disciplina specifica, dettata da un DPR (sottorichiamato)
Gli uffici di collocamento della gente di mare (UCGM), che fanno capo alle Capitanerie di porto
anziché ai Centri per l’impiego, si occupano di gestire gli elenchi anagrafici dei lavoratori marittimi
disponibili all’arruolamento, gestire la scheda professionale degli iscritti agli elenchi anagrafici,
accertare e verificare lo stato di disoccupazione e di disponibilità al lavoro marittimo, fare incontro
domanda-offerta, registrare le comunicazioni obbligatorie degli armatori relative all’arruolamento,
monitorare statisticamente il lavoro marittimo.
Le qualifiche professionali del personale marittimo e i relativi requisiti minimi sono indicati nel
DPR231/2006.
Il personale marittimo della gente di mare è munito di un Libretto di navigazione che riporta i dati
anagrafici, i corsi effettuati, la navigazione svolta.
Per ogni approfondimento sulle tematiche del contratto di arruolamento e del lavoro marittimo,
rinviamo alla consultazione del portale www.cliclavor.gov.it, www.capitaneriediporto.it,
www.mit.gov.it
(Riferimenti normativi: DPR 231/2006; Codice della navigazione).
CONTRATTO DI INSERIMENTO
Le legge 92/2012 ha abrogato le norme che regolavano tale contratto. Il contratto di inserimento
non può più essere stipulato a partire dal 1 gennaio 2013.
Informagiovani – Comune di Brescia
13
LAVORO PARASUBORDINATO: TIPOLOGIE CONTRATTUALI
COLLABORAZIONI COORDINATE
Le collaborazioni coordinate sono caratterizzate dal potere del committente di coordinare l’attività
del collaboratore. Appartengono al lavoro parasubordinato cioè a quei rapporti di lavoro che non
possono essere ricondotti al lavoro subordinato in senso stretto, ma nemmeno si configurano come
vero e proprio lavoro autonomo.
Si distinguono 3 tipologie di collaborazioni coordinate: le collaborazioni coordinate e continuative,
le collaborazioni coordinate a progetto, le collaborazioni coordinate occasionali.
La collaborazione coordinata e continuativa (co. co. co.) è una prestazione d’opera a carattere
prevalentemente personale, dove cioè l’apporto del collaboratore prevale sui mezzi utilizzati.
Si contraddistingue per:
- la necessaria coordinazione con il committente
- l’inserimento strumentale e funzionale del collaboratore nell’organizzazione dell’impresa (ciò la
distingue nettamente dal lavoro autonomo, dove entrambi questi aspetti sono assenti)
- la continuità e la reiterazione nel tempo (ciò la distingue da una collaborazione occasionale).
Le co.co.co nel panorama delle collaborazioni coordinate sono diventate quantitativamente residuali
e ristrette ad alcuni ambiti specifici - come ad esempio il settore pubblico - dopo che la legge Biagi
nel 2003 ha introdotto le collaborazioni a progetto (co.co.pro.), di cui parliamo di seguito.
Il lavoro a progetto, evoluzione della collaborazione coordinata e continuativa, è stato introdotto
nell’ordinamento giuridico nel 2003 con la finalità di regolamentare i contratti di collaborazione
coordinata, di cui si faceva un uso indiscriminato per eludere l’assunzione di personale, legandoli a
uno specifico progetto, programma di lavoro o fase di esso, determinati dal committente e gestiti
autonomamente dal collaboratore. La recente riforma del mercato del lavoro ha introdotto ulteriori
limitazioni alla precedente disciplina, sempre con l’obiettivo di contrastare l’utilizzo non corretto di
questa tipologia di contratto.
Questa la disciplina attuale delle collaborazioni coordinate a progetto:
- devono ricondursi a un progetto specifico (non si fa più riferimento a programma di lavoro o fasi
di esso) determinato dal committente
- il progetto è gestito in autonomia dal collaboratore
- il progetto deve essere funzionalmente collegato a un risultato finale obiettivamente verificabile e
non può consistere in una mera riproposizione dell’oggetto sociale dell’impresa committente
- il progetto non può comportare lo svolgimento di compiti meramente esecutivi o ripetitivi
Il lavoro a progetto non prevede un orario di lavoro rigido e nemmeno un monte ore
predeterminato. Esso consiste nell’assolvimento del progetto nei modi ed entro i termini stabiliti nel
contratto; in esso ha rilevanza giuridica il risultato e non il tempo Il contratto è destinato quindi a
risolversi con la realizzazione del progetto, anche se questo dovesse avvenire prima dell’eventuale
termine di scadenza apposto nel contratto.
Il contratto deve essere redatto in forma scritta e riportare la descrizione del progetto, l’attività
prestata dal collaboratore, la durata e il corrispettivo.
Il rapporto di collaborazione instaurato in assenza di un progetto (intendendosi assente anche
quando manca il collegamento a un risultato finale, quando l’attività è identificabile con l’oggetto
sociale del committente, quando i compiti sono meramente esecutivi o ripetitivi) è considerato
rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato fin dall’inizio; ugualmente nel caso in cui
l’attività sia svolta con modalità analoghe all’attività svolta dai lavoratori dipendenti dell’impresa.
Nel caso di prestazione lavorativa svolta da un titolare di partita IVA, la stessa si ritiene
collaborazione a progetto qualora si verifichino almeno due delle seguenti situazioni:
- di durata superiore agli 8 mesi
Informagiovani – Comune di Brescia
14
- se il corrispettivo costituisce più dell’80% dei corrispettivi percepiti dal collaboratore nell’anno
solare
- se il collaboratore dispone di una postazione fissa presso la sede del committente.
La retribuzione corrisposta al lavoratore a progetto del collaboratore deve essere proporzionata alla
quantità e alla qualità del lavoro eseguita e non può essere inferiore ai minimi contrattuali previsti
per mansioni equiparabili a quelle svolte dal collaboratore e calcolate sulla media dei contratti
collettivi di riferimento.
Le parti possono recedere prima dello scadere per termine per giusta causa. Il committente può
recedere anche nel caso di manifesta inidoneità professionale del collaboratore che impedisca la
realizzazione del progetto e il collaboratore se ciò è previsto nel contratto individuale di lavoro.
I lavoratori con collaborazione coordinata e continuativa (a progetto e non) versano contributi che
confluiscono nella Gestione separata Inps e conferiscono assicurazione previdenziale e
infortunistica. Essi sono dovuti nella misura di 1/3 dal lavoratore e di 2/3 dal committente.
L’obbligo di versamento compete al committente che provvede a trattenere dalla retribuzione del
collaboratore la quota a suo carico. Le aliquote attualmente in vigore sono due (e destinate ad
aumentare progressivamente fino al 2018): 27,72% per i soggetti non assicurati presso altre forme
pensionistiche obbligatorie, 20% per i titolari di pensione o provvisti di altra tutela obbligatoria.
Il Ministero del lavoro ha indicato a titolo esemplificativo e non esaustivo le attività difficilmente
inquadrabili nell’ambito di un rapporto di collaborazione coordinata a progetto: addetti alla
distribuzione di bollette o consegna di giornali, riviste ed elenchi telefonici; addetti alle agenzie
ippiche; addetti alle pulizie, autisti e autotrasportatori; baristi e camerieri; commessi e addetti alle
vendite; custodi e portieri; estetiste e parrucchieri; facchini; istruttori di autoscuola; letturisti di
contatori; magazzinieri; manutentori; muratori e altre qualifiche operaie dell’edilizia; piloti e
assistenti di volo; prestatori di manodopera nel settore agricolo; addetti alle attività di segreteria e
terminalisti; addetti alla somministrazione di cibi o bevande; prestazioni rese nell’ambito di call
center per servizi cosiddetti in bound.
Il ricorso al contratto a progetto è ammissibile anche per le attività di vendita diretta di beni e di
servizi, realizzate attraverso call center outbound, purché sia definito un corrispettivo congruo dalla
contrattazione collettiva nazionale di riferimento.
(Riferimenti normativi: D. Lgs 276/2003; L. 92/2012; circolare 29/2012 del Ministero del lavoro; circolare Inps
27/2013)
La collaborazione occasionale è prevista dalla riforma Biagi come collaborazione coordinata di
durata inferiore ai 30 giorni e a 5000 euro di compenso nell’anno solare con il medesimo
committente. In altre parole, si tratta di una collaborazione di modesta entità, che non la fa
assurgere al rango di collaborazione a progetto regolamentata dalla stessa legge proprio per la breve
durata e il modesto importo retributivo.
La collaborazione occasionale rientra comunque nelle collaborazioni coordinate e pertanto ha le
caratteristiche di prevedere:
- potere di coordinamento delle attività da parte del committente
- inserimento del collaboratore nell’organizzazione aziendale
Date queste caratteristiche, pertanto, la collaborazione occasionale si distingue sia dal lavoro
autonomo occasionale (vedi paragrafo “Lavoro autonomo occasionale”), che dal lavoro accessorio
di cui abbiamo precedentemente parlato (vedi paragrafo “Lavoro accessorio”).
Dal punto di vista previdenziale la collaborazione occasionale rientra a pieno titolo nel regime della
Gestione separata Inps e dal punto di vista fiscale rientra nei redditi assimilati a quelli da lavoro
dipendente.
Per i redditi fiscalmente imponibili (superata la soglia dei 5000 euro), è obbligatoria l’iscrizione alla
Gestione separata dell’Inps con le aliquote delle collaborazioni coordinate.
Informagiovani – Comune di Brescia
15
LAVORO AUTONOMO OCCASIONALE
Il lavoratore autonomo occasionale è colui che si obbliga, dietro corrispettivo, a prestare un’opera o
un servizio, con lavoro prevalentemente proprio, senza vincolo di subordinazione né potere di
coordinamento del committente e in via occasionale. Questo contratto rientra nel contratto d’opera
disciplinato dall’art. 2222 del codice civile.
Dal 2004 i lavoratori autonomi occasionali sono iscritti nella Gestione separata dell’Inps, qualora i
redditi complessivamente percepiti da tutti i committenti superino i 5000 euro nell’anno solare
(soglia di esenzione fiscale).
Ciò che contraddistingue il lavoro autonomo occasionale dalle collaborazioni coordinate è:
- la completa autonomia del lavoratore circa tempi e modalità; il committente non ha potere di
coordinamento
- la mancanza di continuità della prestazione; si tratta di una prestazione episodica
- il mancato inserimento funzionale del lavoratore nell’organizzazione aziendale.
Informagiovani – Comune di Brescia
16
LINK UTILI
www.cliclavoro.gov.it
Portale del Ministero del lavoro con informazioni sulla normativa lavoristica, i contratti di lavoro,
news.
www.nuovoapprendistato.gov.it
Portale interamente dedicato alla disciplina dell’apprendistato con informazioni per giovani,
aziende, esperti e pubblicazioni, glossario, statistiche, normativa.
www.capitaneriediporto.it
Portale delle capitanerie di porto utile a chi vuole lavorare sulle navi. Riporta informazioni sui
servizi svolti, normativa, indicazione delle ubicazione delle capitanerie.
orientaonline.isfol.it
Portale dell’ISFOL dedicato all’orientamento al lavoro, con schede sulle professioni, normativa,
news.
www.superabile.it
Portale dell’INAIL di informazione e documentazione sulle tematiche della disabilità con una
sezione dedicata al lavoro.
Informagiovani – Comune di Brescia
17
Stampato dal Settore Giovani, Sport e Innovazione del Comune di Brescia
Redazione a cura di Tempo Libero Società Cooperativa Sociale - ONLUS
Edizione Marzo 2013
Informagiovani – Comune di Brescia
18
Scarica

Contratti di lavoro