30-01-2008 14:23 Pagina 1 un tempo che pare rappresentare l’ideale trasfigurazione di quella classica e irrinunciabile sospensione d’ogni favola che è il “C’era una volta…”. La conseguente composizione di Boccadoro asseconda divertita la scelta librettistica e la esalta, senza didascalismi, creando una calibratissima serie di rapidi e mutevoli movimenti musicali strutturati come ritmici respiri narrativi. Ricombinazioni strumentali garantiscono pulsioni e contrazioni timbriche in grado di esplicitare abilmente le confluenze tra i capricci marini e le corrispondenti inquietudini umorali degli isolani. Una partitura intensa e spassosa, quella di Boccadoro, che riconferma la variante surreale e visionaria della rilettura del Robinson. Giunge alla regia, dunque, un coerente ma articolatissimo e continuo richiamo tra parola, tempo e musica che sembra consapevolmente alludere alla visualizzazione di uno spazio altro in cui la convenzione rappresentativa possa contare assai più di una credibilità realistica. Questo spazio è sembrato automatico potesse essere il teatro stesso. Il teatro che con le sue traslazioni espressive, con i suoi ribaltamenti metaforici risolve la verità in menzogna verosimile e significativa. Il teatro, il cui palco è contemporaneamente isola e zattera, è luogo in cui il tempo è sospeso anche quando è dichiarato, è luogo per occasioni di visionarietà. Così il teatro è il luogo. Il teatro, col suo corredo convenzionale, trasferisce il piano espressivo dell’opera ancor più sul versante immaginario. In questo modo gli oggetti, ad esempio, che Robinson salva dalla deriva non corrispondono a quelli che egli racconta di possedere e, ricombinati dalle rime evocatrici, diventano proprio gli elementi fondanti della nuova casa. Una casa che, come la piroga, non si compone per assemblaggio di assi o pietre, ma è rappresentata da strutture fantastiche, totem augurali che recitano un’arte primitiva in cui i protagonisti imparano a figu- STAG rarsi la tutela domestica. Robinson e Venerdì divengono interpreti estemporanei di un’arte povera, un’arte bambina in virtù della quale il loro intimo immaginario poetico trasforma pale, frecce, pezzi di ferro, in pane, grano, barche, volti umani. La musica è lì a lambire o invadere la scena, proveniente, azzurra, proprio dal golfo, come dal mare. Un mare ad un tempo fatale e salvifico destinatario di ambizioni e desideri, ma al tempo stesso filtro o viatico di pericoli e turbamenti. Su tutto campeggia, solidamente conficcata al suolo, una impassibile misuratrice del tempo, una meridiana che, testimone di un’antica sapienza, relativizza la freneticità del tempo affollato traducendolo nell’inconsistenza di un’ombra fluttuante. Una meridiana che presiede ai riti confusi e divertiti dei personaggi in scena, riti che sembrano evocare ed invocare la visionarietà creativa come imprescindibile avamposto per una nuova civiltà, come munizione indispensabile per la riconquista di un’isola di purezza del pensiero, come argine aereo eppure tenacemente resistente alla forza invasiva di un tecnologismo arrogante. I O N E 2007 ● 2008 Claudio Di Palma Robinson Prossimo appuntamento Venerdì 15 febbraio 2008 ore 21 Cronache animali Testi di Toti Scialoja Musica di Nicola Campogrande Regia di Paola Roman Stampa: la fotocomposizione - Torino Robinson 6 pg PRL Piccolo Regio Puccini Martedì 5 febbraio 2008 ore 21 Robinson 6 pg PRL 30-01-2008 14:23 Pagina 2 ROBINSON Direttore Carlo Boccadoro Libretto di Dario e Lia Del Corno Allestimento OperaInCanto, 2007 opera in dieci quadri Liberamente tratto dal romanzo Robinson Crusoe di Daniel Defoe Musica di Carlo Boccadoro Commissione e produzione Associazione In Canto, Narni (TR) Robinson Crusoe baritono Roberto Abbondanza Venerdì e Il Pappagallo soprano Eleonora Contucci Laboratorio Ensemble Alessandro Molinaro flauto Gianluca Calonghi clarinetto in si b (anche clarinetto basso in si b) Piergiorgio Rosso violino Francesca Gosio violoncello Antonio Valentino pianoforte Riccardo Balbinutti percussioni Regia e scene Claudio Di Palma Assistente alla regia Adriana Follieri Maestri collaboratori Silvia Paparelli, Carlo Podestà Realizzazione scene Emanuele Perelli Costumi Giusy Vacalebre Robinson Crusoe è l’ideale archetipo dell’uomo naturalmente buono che, svincolato dalla società, ricostruisce la civiltà? O è forse il prototipo dell’individuo moderno che ricerca paradisi naturali, ma contemporaneamente sviluppa un progresso che ne rende impossibile il raggiungimento? Questo naufrago emblematico è rappresentante dell’utilitarismo mercantile di una nuova borghesia britannica o è l’operoso imprenditore di se stesso intento a vivere un tempo affollato di impegni senza residui sociali? Padri del pensiero occidentale moderno come Rousseau, Kant, Joyce, Marx si sono succeduti nell’individuazione di collocazioni simboliche del Crusoe di Defoe e hanno contribuito a renderlo mito della letteratura e non solo. La ricodificazione operistica di questo mito da parte di Lia e Dario Del Corno sembra proprio prendere origine da un criterio di sintesi giocosa ed attualizzante delle teorie sopra citate. Una rielaborazione in cui l’azione narrativa e il linguaggio scelti sono informati da una grammatica del fantastico tipica della drammaturgia favolistica. Esemplari, in questo senso, le modalità secondo le quali gli isolani edificano casa. La costruzione della dimora, infatti, non risulta più frutto e risultato di una laboriosità ragionata e di calcoli accurati (come in Defoe), ma diventa, nell’invenzione della riscrittura, oggetto di un “piano edilizio” che trova fondamento e fondamenta nelle combinazioni tonali e ritmiche di una filastrocca probabilmente magica. E numerosi altri sono i segni disseminati tra le righe e le rime per certificare gusto e senso della trasposizione interpretativa: animali parlanti, sequenze ulteriori di piccole magie (più o meno riuscite) ed anche un tempo, pensato per lo sviluppo degli accadimenti, che sebbene continuamente puntualizzato dalle didascalie, resta necessariamente ipotetico ed indefinito. Resta