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La storia siamo noi
nessuno si senta offeso
di
Giuseppe Piatti
E'
sana l’idea di uscire di casa.
Io che sono quasi sempre fuori casa mi sono
un po’ stupito dei cosiddetti pantofolai…
che devono lavorare tanto, anzi tantissimo,
forse anche per non confrontarsi con la vita
familiare e con quella “fuori”. Non so, ma
allora penso: o uno fà una vita deludente
perchè lavora tanto e non si gode nulla,
o uno fà una vita deludente perchè non ha
lavoro, o uno è triste perchè ha una famiglia
che diventa ostacolo, o lo è perchè è solo…
Pensavo a quarantanni fà: nostalgia e la “mia”
verità. Un tempo, si usciva punto e basta,
senza doversi contattare al cellulare che non
c’era e non c’era neanche il telefono fisso e
neppure si rispettavano eventi particolari.
Qualche fermata di filovia ed ero al bar trattoria in via Torricelli, chiamato Pianino per
via di uno strumento da molti usato “male” o
“LA CLINICA”… possiamo immaginarne le
cure. Non era una birreria o una panineria
particolare, non ci andavo per un motivo
preciso, bevevo almeno un paio di birre,
ascoltavo musica country... ma era una seconda
casa. E divoravo i panini un po’ strani che si
inventavano Sandro ed Antenore.
Il tressette era assicurato, almeno quattro
amici c’erano sempre…e si stava bene.
“DA ALDO VESTI CALDO”…un cartello
ti informava che un’amico aveva pantaloni,
tute o altro del genere, caduto dai camion,
così si diceva, chissa perchè..? me lo domando
a volte.
Dopo un po’ arrivavavano altri amici, eravamo tanti e molti di loro portavano ragazze e
notizie… o notizie e ragazze... chi lo sa.
Discussioni, poi scherzi e voglia di farsi notare
da quella che ti piaceva.
Ho un ricordo nitido di una sera che accompagnai fuori a fare un giretto una procace
morettina, stufa del fumo e forse assetata di
un bacio, perchè l’invito era stato naturale,
occhi negli occhi, e mi sembrava scortese non
accompagnarla… baci e abbracci. Poi si cantava “paese mio che stai sulla collina”… con
grande complicità nel sostenersi, complici nel
darci ragione. Ma il bello è che nessuno si
sentiva in colpa nè doveva nulla all’altro o
agli altri. Era così semplice e naturale il tutto!
E io mi sentivo un eroe e scrivevo alla poverina
interi fogli su tutto.
Ma a un certo punto quel posto chiudeva e si
era senza alcun mezzo di locomozione e senza
soldi.
E allora ci si lanciava in lunghe camminate
per il quartiere accompagnando quelle preferibilmente che abitavano vicino per poi
allungare il passo verso casa… ma poi si era
sempre in gruppo a sfottersi e a cantare...
quante canzoni..!!! E si percorreva la darsena
per arrivare a porta Genova…e a me sembrava
bellissima perchè era pulita e piena di vita
notturna… solo Milano aveva un posto così!
C’erano i clochard a misurarsi con te,
liberamente. Arrivavano altre persone per la
“seconda serata” e si materializzavano i venditori di pane e porchetta accompagnata da
una birra alla spina indefinibile, ma sicuramente dato il buon prezzo appetibile. I loro
camioncini erano efficienti ma improbabili.
Offrivano pochi prodotti, cucinati al
momento, abbondanti e abbordabili nel prezzo, perfetti dunque! Vi era un codice preciso,
orari, pulizia e si dissolvevano, con un sorriso.
Un’altra popolazione che imparavamo a
conoscere erano gli stranieri “invisibili”, che
avevano sigarette e a volte qualche grammo
di “fumo.” Noi avevamo bisogno e loro c’erano, svelti, capaci di accompagnare il piccolo
traffico in silenzio, e ci si lasciava con un sorriso….mi ricordo una sola rissa. Arrivò una
auto dei vigili… mi erano più simpatici i
vigili di allora… Non era mai tardi per noi,
per me almeno.
Avevamo, in anni fortemente colorati da
ideali e politica, tipici dell’età e del periodo
storico… ben chiara la differenza tra morale
e moralismo… responsabilità, appartenenza,
valori condivisi... necessari a quel manipolo
di persone per sperare nella rivoluzione.
Poco ma “sicuro” ci dicevamo spesso.
Diversi erano i rapporti a partire dall’uguaglianza e dalla libertà, diversi, molto diversi
da quelli odierni. Sugli stessi temi.
Per cui tutto, quasi tutto era concesso all’interno delle relazioni... l’importante era
DICHIARARLO… e se eri tu a fare questa
sacrosanta dichiarazione alla tua morosa bene,
se era lei benino.
E appunto questo manifesto di vita era sentito
fortemente anche dalle femmine oltrechè dai
maschi.
Molto spesso una ragazza si proponeva per
una notte di buon sesso, si direbbe oggi, in
modo naturale, senza nascondimenti, il corteggiamento era reciproco, ma era sciocco
aspettare. E alla luce del sole o al chiaror
della luna ci si dichiarava. Oggi mi sembra
che si perdano molte occasioni… per strane
inibizioni o no?
Il piacere era una realtà che fortunatamente
non costava. La vita era una giostra molto
attiva… Di certo non mancavano episodi di
violenza, ma penso che in certi ambienti ci si
sentisse al riparo.
Molte volte si camminava fino alle carceri di
S.Vittore, si scriveva sui muri, si gridavano i
nostri slogan con rabbia e partecipazione.
Poi via fino al parco Solari, (i rischi erano
scacciati come mosconi fastidiosi). Iniziavano
a funzionare le Circolari, intese come filovie,
e da piazza Aquileia tornavo verso Lambrate
a lavorare, che era già l’alba. Credo proprio
che non fossimo in pochi tra l’altro…, si,
posso dire che allora si usciva la sera eccome!
San Gottardo, via Torricelli, i Navigli, il
carcere, ne hanno viste di malefatte, forse,
ma i giardinetti di via Tabacchi hanno ascoltato le note delle nostre chitarre e i nostri
canti, a squarciagola; e le nostre malinconie o
i momenti euforici di una straordinaria vita
che ci pervadeva con inarrestabile energia le
condividevamo disegnandole sui muri delle
case della nostra città con incoscienza forse,
ma con forza creativa di sicuro, di più, con la
voglia di mostrare la nostra presenza, la nostra
vita che reclamava uno spazio… sempre più
ampio.
Oggi non è proprio così.
Questo libretto è stato stampato
nel mese di aprile 2010 in venti copie
presso la Tipografia Compositori di Bologna
Copia N.
Copertina originale di
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