MAFBETIC THEATER PLAY di Enrico Bernard Premio Istituto del dramma italiano 1992 MAschera d'argento del teatro italiano PRIMO TEMPO Scena prima Dal barbiere. Giulio, il barbiere, è intento a praticare una lozione ad una testa calva ed immobile che si scorge dallo schienale della poltrona. Entra Andrea. ANDREA Buongiorno... (si guarda in giro per controllare chi c’è prima di lui) GIULIO (servilmente per quel buongiorno ripetuto che denota anche però un pizzico di disattenzione verso il cliente) Buongiorno, buongiorno! ANDREA C’è molto da aspettare? GIULIO No. Solo venti minuti. Si accomodi pure. ANDREA Venti minuti? Ma lo sa quante cose si possono fare in venti minuti? GIULIO Non certo la fila alle poste. ANDREA Se è per questo neanche in banca. GIULIO Allora si accomodi pure. ANDREA Credo che nell’attesa andrò a prendere un bel caffé. GIULIO Io ne farei volentieri a meno. ANDREA Perché? GIULIO Per non aspettare mezz’ora invece di venti minuti. ANDREA Non capisco. GIULIO Se entra un altro cliente mentre lei è al bar, io che gli dico? ANDREA Che mi sta tenendo il posto. GIULIO Sembra facile! ANDREA E va bene!, se proprio non posso andarmi a prendere un caffé, ne farò a meno. Contento lei! GIULIO Io? Il posto è suo. Sa, a me, quanto me ne frega. ANDREA Non sarà l’unico barbiere qui a Roma. GIULIO Ma io (mostra una vaschetta) vede?, sono l’unico a disinfettare forbici e rasoio. Le pare poco di questi tempi? ANDREA In effetti... d’accordo, nell’attesa leggerò il giornale. (sedendosi) Questo è di oggi? GIULIO Di che giorno è? ANDREA Lunedì. GIULIO E oggi che giorno è? ANDREA Martedì. GIULIO Allora... ANDREA Va bene lo stesso, anche se è quello di ieri. Tanto le notizie dei giornali sono sempre vecchie. GIULIO Cioè? ANDREA La televisione arriva prima, mio caro, e ci aggiorna costantemente. A che pro dunque tanta carta stampata? GIULIO Per i commenti. ANDREA Ha bisogno di commenti? Non ha le sue idee? E si fida dei commentatori? Tutta gente pagata come... (cerca un esempio) come i barbieri! GIULIO Certo, fidarsi è bene, ma non fidarsi è meglio. ANDREA Appunto! GIULIO Del resto, il giornale mi serve solo per i clienti. ANDREA O per incartare qualcosa. GIULIO Anche. ANDREA Sempre che, beninteso, uno non voglia fidarsi dei giornalisti. Ma io non mi fido del mio medico della Saub, perché dovrei fidarmi di chi è pagato per scrivere ciò che io pago per leggere? GIULIO Il ragionamento non fa effettivamente una piega. ANDREA Io mi piego, eh eh!, ma non mi spezzo. Leggo i loro articoli sul giornale, ascolto le loro voci in televisione, ma non gli credo. Io non-gli-cre-do! GIULIO E in Dio? ANDREA Cioè? GIULIO Crede almeno in Dio? ANDREA Fossi scemo! Ma per chi mi ha preso! Non credo ai quotidiani, figuriamoci se credo in Dio! GIULIO Io, invece, credo solo al fisco. ANDREA A quello bisogna crederci per forza, volenti o nolenti. GIULIO Rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori... ANDREA Amen. GIULIO Un corno! L’altra settimana ho fatto la barba ad un ispettore della finanza senza emettere ricevuta fiscale. ANDREA Porco mondo! Le hanno chiuso l’esercizio? GIULIO Anzi! mi fanno esercitare ancora di più: mi tocca fargli ogni giorno barbe e lozioni gratis! Lei al mio posto che cosa farebbe? ANDREA Scriverei una lettera ad un giornale. Una bella lettera di denuncia... perché non se ne può proprio più di simili ricatti! GIULIO Ma se lei non crede ai giornali! ANDREA Ai giornali no, ma alle lettere ai giornali sì. GIULIO Beh, io ho un’idea migliore. ANDREA Cioè? GIULIO La prossima volta che qualcuno del Ministero viene a farsi la barba gratis, mi scivolerà di mano il rasoio. Vedrà che poi mi lasciano in pace. ANDREA Veda di non farselo scivolare con me. Io faccio l’architetto, non l’ispettore del fisco. GIULIO Certo che anche voi architetti... Entra Maria la manicure. MANICURE Manicure, signore? ANDREA No, grazie. MANICURE (procacemente) Ne è sicuro? ANDREA (turbato) Veramente... io... MANICURE Macho! ANDREA Grazie, ma... MANICURE Ma? Come faceva a saperlo? ANDREA Cosa? MANICURE Che io mi chiamo Maria. ANDREA Ma io... MANICURE Non Ma-r-io, Maria! Come la Vergine. GIULIO (tra sé) Sì, domani! ANDREA Tu Maria, io Andrea. MANICURE (dandogli la mano) Piacere. ANDREA Il piacere è tutto mio. MANICURE Che morbida manina! GIULIO (interviene canticchiando la celebre aria) Se la lasci riscaldare! (continua a fischiettare insaponando la testa calva) MANICURE Uomini come lei non se ne incontrano tutti i giorni. ANDREA (schernendosi) Magari un giorno sì ed uno no! MANICURE No, dico sul serio: lei ha delle mani stupende! Semplicemente divine! GIULIO La vuoi smettere d’importunare il signore? MANICURE Importunare, io? Che parole! La sto forse importunando? ANDREA Oh no, chi dice che mi sta importunando. Io adoro essere importunato così! MANICURE (spettinandolo) Che buffo! ANDREA Buffo a me? Come si permette? Metta giù le manacce. MANICURE Come? ANDREA Capisco che lei debba procurarsi i suoi clienti in un modo o nell’altro, ma io non abbocco! MANICURE Non abbocca lui! (lo prende per un orecchio) ANDREA Per piacere, tenga giù le mani! MANICURE Se perdo la pazienza io divento manesca. A proposito mi faccia rivedere le mani! ANDREA Eh! Che maniere! MANICURE Maniere da manicure, che credeva? (ispezionando bene le mani di Andrea) Ecco, dovevo immaginarlo: lei si mangia le unghie. ANDREA Beh, io... MANICURE Non mi dica che è ancora dedito a... ANDREA Veramente... MANICURE Alla sua età? Non si vergogna? ANDREA Che dice? Che ha capito? MANICURE Ho capito benissimo! Conosco i miei polli! (picchiandolo sulla mani) Bambino cattivo, non farlo più! ANDREA Ahi! Ehi!, mi ha rotto un metacarpo! GIULIO Esagerato! MANICURE Dìa qua, ora glielo aggiusto. ANDREA Ma... insomma non ho molto tempo e devo ancora tagliarmi i capelli. GIULIO Oh c’è tempo, c’è tutto il tempo che vuole. Il signore qui sotto non ha finito. Devo ancora asciugargli i capelli col phono. ANDREA Capelli? Che capelli? Non lo vede che è completamente calvo? GIULIO Questi! (estrae un parrucchino bagnato dal lavandino e lo sistema, ancora grondante, in testa al cliente che non reagisce) ANDREA Oh mio Dio! Ci mancava il pelato col parrucchino. GIULIO (chinandosi sul cliente calvo, come se questi volesse dirgli qualcosa) Cosa? Come dice? Ah sì, certo! (a Maria) Vieni qui, il signore vuole farsi le mani. MANICURE Subito! ANDREA (trattenendola) Eh no, c’ero prima io! MANICURE Questa è bella. GIULIO Sì, è proprio bella. MANICURE (acida) Bellissima! GIULIO Che più bella non si può! ANDREA Come? MANICURE Lei, fino ad un istante fa, non intendeva lasciarsi sfiorare le unghie. ANDREA Ho cambiato idea, che male c’è? MANICURE Niente, solo che è troppo tardi. GIULIO Appunto, chi tardi arriva male alloggia, anche e soprattutto dal barbiere. ANDREA Chi lo dice? GIULIO Io. ANDREA In base a quale autorità? GIULIO Quella che mi deriva dal fatto che la bottega è mia. Io sono il principale di me stesso. E poi, guardi, con noi barbieri non si discute. Ha presente il ‘Barbiere di Siviglia’? ANDREA No. GIULIO Come no? (cantando) Tutti mi chiamano, tutti mi vogliono... ANDREA Ah sì? GIULIO Figaro qua, Figaro là... ANDREA Senta, signor Figaro, si può sapere quando viene il mio turno? I venti minuti sono passati da un pezzo. GIULIO Sono subito a lei. Si metta pure seduto. Prima di tutto le diamo una bella lavata di testa. ANDREA No, grazie. Niente shampoo. GIULIO Come, niente shampoo? ANDREA Non ho voglia di discutere. Finisca prima il signore. GIULIO Neanche per sogno, al signore si deve ancora asciugare la colla del parrucchino sul cranio. ANDREA E’ proprio pelato forte, il poverino. Scommetto che è un suo vecchio cliente. GIULIO Che cosa vuole insinuare, scusi? ANDREA Chissà quanti gliene avrà fatti dei suoi tremendi shampi al limone. GIULIO All’uovo. ANDREA Appunto. Io quella maionese, visti i risultati, non me la metto in testa. GIULIO Ed io, secondo lei, dovrei mettere le mani nei suoi capelli pieni di forfora senza prima lavarli? ANDREA Che forfora? Io non ho forfora. GIULIO Ed io non ho peli sulla lingua: lei ha la forfora. MANICURE (all’uomo calvo e silenzioso) Che dita lunghe che ha! Sembra un marziano o la nonna di Cappuccetto Rosso. Ora le dò io una bella scorciata. (prende ad amputargli le dita anziché tagliargli le unghie, come se nulla fosse mentre l’uomo resta immobile) ANDREA (senza capire cosa sta succedendo) Insomma, io non ho un briciolo di forfora. A meno che non mi sia venuta qui dentro... GIULIO Si rilassi... Ora ci sono qua io.... (lo avvolge in un asciugamano bianco, compresa la testa) ANDREA Ehi, la testa no! (si scopre) GIULIO Era per non farla guardare allo specchio. ANDREA Perché mai non dovrei guardarmi allo specchio? GIULIO Io, fossi in lei, se mi vedessi, mi prenderei un accidente! ANDREA Come si permette?! GIULIO (mostrando il rasoio placa le ire di Andrea) Senta, io faccio il barbiere da un sacco di tempo e non ho ancora mai fatto uscire un goccio di sangue a nessu-no. Però... ANDREA Però? GIULIO C’è sempre una prima volta. Ora, da bravo, si lasci insaponare. ANDREA Porco mondo, ma io non voglio farmi la barba! GIULIO Lei si farà quello che dico io! ANDREA E’ una gabbia di matti! MANICURE (posa le dita che avrà tagliato all’uomo calvo in grembo ad Andrea) Queste dove le butto? ANDREA Aaaaah! GIULIO Prego? ANDREA Che roba è!? MANICURE I diti del signore. GIULIO Le dita, non i diti. MANICURE Ma qui siamo a Roma ed io dico come mi pare. GIULIO Roba dell’altro mondo! ANDREA (saltando in piedi) Ma qui siete pazzi! (all’uomo calvo) E lei non dice niente? Si fa tagliare le dita senza protestare? GIULIO E’ muto, non può parlare. ANDREA Vigliacchi, ve la prendete con un povero handicappato! GIULIO E’ pure un po’ duro d’orecchi. Ora glieli aggiusto io questi orecchioni. (taglia le orecchie all’uomo calvo) Ecco, a lei, un souvenire. ANDREA Ma io vi denuncio. MANICURE Denunciarci? GIULIO E perché? ANDREA E ha pure il coraggio di chiedere perché! GIULIO Si calmi e si rimetta seduto, ché finisco di farle la barba. ANDREA Barba? Fossi scemo! Altro che finanza, qui ci vorrebbe la squadra omicidi o l’antidroga perché voi o siete pazzi o siete drogati. GIULIO Ehi, ma per chi ci ha preso? MANICURE Senti come offende! ANDREA Io vi faccio andare dritti in galera. GIULIO Ma la smetta! ANDREA Stia calmo con quel rasoio, eh! Dio mio, gli avete tagliato le mani e le orecchie a questo poveretto! E pensare che io svengo alla sola vista del sangue. A proposito, perché non sono svenuto? Dov’è il sangue del signore? MANICURE Non c’è sangue. ANDREA Impossibile. GIULIO Possibilissimo, invece. ANDREA E vorreste darmi ad intendere di essere capaci di amputare un essere umano di ben dieci dita e due orecchie senza spargere una sola, dico una sola goccia di sangue? GIULIO Ma certo! Che ci vuole! MANICURE Sa, anche noi conosciamo il nostro mestiere. ANDREA Se non foste una banda di sporchi assassini ci sarebbe da ammirarvi. Davvero! Ma ora basta. Chiamate la polizia. GIULIO Noi? MANICURE Perché dovremmo? ANDREA Giusto, molto giusto, direi elementare Watson! Se siete gli assassini, perché dovreste essere voi a chiamare la polizia? Allora la chiamerò io. Dov’è il telefono? GIULIO Tagliato. ANDREA Pure il telefono? Vandali oltre che torturatori. E va bene, vuol dire che andrò a chiamare una signora. GIULIO Che signora? ANDREA Una signora guardia. MANICURE Guardi bene lei prima di chiamare una guardia. ANDREA Scemo io a fermarmi pure a discutere... Che cosa dovrei guardare? GIULIO (gira la sedia svelando di colpo l’uomo calvo, si capisce allora che si tratta di un manichino) Ogni tanto ce li mandano dal negozio di moda qui di fronte per dargli un’aggiustatina, a seconda del taglio che va per la maggiore. Ha visto quante storie inutili ha fatto? Si tratta solo di un manichino. ANDREA Davvero? GIULIO Lo tocchi. ANDREA Morde? MANICURE Non morde e non parla. ANDREA Ed io che pensavo... Che scemo! GIULIO Se lo dice lei, dobbiamo crederle. ANDREA Basta, me ne vado. GIULIO Signore, e i capelli? ANDREA Appunto, ne ho fin sopra i capelli di voi. MANICURE E le mani? ANDREA Meglio che me ne vada prima che cominci ad usarle. Arrivederci! GIULIO Signore... ANDREA Anzi addio! A mai più! (esce) MANICURE Signore, attento alla porta a vetri! (si ode rumore di vetri infranti) Si è fatto male?Poveretto, guarda quanto sangue. Sarà meglio chiamare un’ambulanza! Scena seconda Con poche modifiche rispetto alla scena precedente, ci troviamo dal parrucchiere. Sotto il casco c’è Laura, moglie di Giulio il barbiere. La parrucchiera è invece Gianna, moglie di Andrea, alias l’avventore della scena precedente. Laura sfoglia distrattamente una rivista, all’improvviso s’interrompe. LAURA Signora Gianna... Signora Gianna! Mi aveva promesso che mi avrebbe mandato seduta stante qualcuno per farmi fare le unghie! Invece è più di un’ora che sto qui seduta, e non si è ancora visto nessuno. Uffa! tra poco avrò pure finito la messa in piega... e devo ancora andare a fare la spesa! Entra Gianna, con un camice bianco. GIANNA La manicure arriva subito, signora Laura.. LAURA Subito... quando? GIANNA E’ nuova, e ancora non ha perso il vizio di chiacchierare del più e mai del meno con la clientela. Per cui, per una limatina di cinque minuti, ci mette almeno mezz’ora! LAURA Nuova? Almeno è pratica? GIANNA Praticissima! Ha lavorato finora nei saloni dei barbieri. E lei non può neppure lontanamente immaginare quanto siano esigenti gli uomini! LAURA Lo so benissimo invece! GIANNA (fraintendendo) Non intendevo in quel senso... Anzi, mi meraviglio di lei... così, in pubblico... LAURA Ma neanch’io intendevo in quel senso! Che ha capito? Volevo soltanto dire che mio marito stesso è barbiere, quindi... GIANNA (sorpresa) Non mi dica! LAURA (con aria soddisfatta) Sì, sì! GIANNA Che coincidenza! Quant’è piccolo il mondo! Quando si dice il caso! LAURA Anche suo marito è barbiere? GIANNA Non proprio... tuttavia stamane, prima di uscire, mi ha appunto avvertito che sarebbe passato dal barbiere a farsi dare una semplice spuntatina. LAURA E lo shampoo? GIANNA Di lavate di capo gliene dò già abbastanza io. No, no: basta una semplice spuntatina.. basta e avanza! LAURA Semplice spunatatina? Non mi faccia ridere! GIANNA Che c’è, anzi che c’ha da ridere? LAURA Figurarsi! GIANNA Che cosa? LAURA So ben io che cosa sottintendono gli uomini quando dicono al barbiere “mi dìa una semplice spuntatina”. E lo sa bene anche mio marito che, di notte, non chiude occhio al pensiero di quelle teste calve o barbute che si sbracano sulla sua poltrona confidando in chissà quale miracolo di bellezza! Ma, tanto, brutti sono e brutti restano, prima e dopo la cura di quel povero barbiere! GIANNA Mio marito, per la verità, non è nè calvo né brutto. LAURA Lo diventerà, stia pur certa che lo diventerà senza meno. Tutti gli uomini, prima o poi, diventano calvi e brutti. GIANNA Ma il mio no. LAURA Come fa a saperlo? GIANNA L’ho costretto a farsi fare il check up del capello prima di sposarlo. Glielo hanno spaccato in quattro, parola mia! LAURA A che pro, mi scusi? GIANNA Come parrucchiera non posso assolutamente permettermi il lusso di avere al mio fianco per tutta la vita, finché morte non mi separi, un pelatone. Che ne sarebbe della mia professionalità? LAURA Semplice! Gli faccia mettere un parrucchino! GIANNA Che orrore! LAURA A male estremo, estremo rimedio! GIANNA Preferisco rimediare praticandogli io stessa una lozione di placenta ogni sera. LAURA Se gli fa la placenta, dormirete sonni tranquilli. GIANNA (insospettita) Che intende dire? LAURA Niente, niente... (riprende a sfogliare il giornale) GIANNA No, no: si spieghi! LAURA Beh, visto che insiste... GIANNA Sì, insistisco. LAURA La placenta contiene ormoni. GIANNA Come fa a saperlo? LAURA Sono pur sempre la moglie di un barbiere. GIANNA E va bene: cos’ha contro gli ormoni? LAURA Gli ormoni femminili, mia cara, non si addicono proprio ... ehm! Capisce? Come, no? Insomma, la placenta fa sì effetto sul cuio capelluto di suo marito. Ha però effetto indesiderato su alcune altre sue funzioni strettamente private. Per questo, con tutte quelle lozioni serali, la notte non farete altro che dormire sonni tranquilli. Ih ih! GIANNA Ora capisco perché si gira dall’altra parte e ronfa come un ghiro. LAURA Appunto. Del resto, a ciascuno il suo mestiere. Una parrucchiera non può far da barbiere, né viceversa. Altrimenti la messa in piega me la lascerei fare da mio marito. Il quale, ogni volta che vengo qui, fa l’offeso: che vai a regalare i soldi a quella ladra della parrucchiera quando la pettinatura posso benissimo fartela io. Ne ho fatte di acconciature alla garçonne... GIANNA Certo, a furia di frequentare garçoniere.... LAURA (punta sul vivo) Ma se si sente tanto brava, perché non glieli fa lei i capelli a suo marito? GIANNA Sapesse quante volte gli detto e ripetuto: che ci vai a fare da quell’imbroglione del barbiere? Non saprei dartela io una scorciatina in famiglia? LAURA (acida) Dipende dalla famiglia. GIANNA Appunto. LAURA E questa manicure? GIANNA Adesso arriva. Avrà trovato un’unghia un po’ ostrica. LAURA Magari ostica. GIANNA Sì però anche le ostriche sono dure da rompere. LAURA Purché si sbrighi. Non ce la faccio più a stare qui sotto. GIANNA Pensi un po’ se, per combinazione, mio marito fosse andato a farsi i capelli proprio nel salone di suo marito. LAURA Può essere. Perché no? GIANNA Che roba! LAURA Che ci trova di tanto eclatante, mi scusi? GIANNA Beh, lei porta i soldi a me e mio marito a lei. Non lo trova divertente? LAURA Mica tanto. GIANNA Perché no? LAURA C’è una bella differenza tra un parrucchiere e un barbiere. GIANNA Ah sì? E che differenza c’è, si può sapere? LAURA I parrucchieri costano il doppio dei barbieri. GIANNA Infatti noi siamo “coiffeure” e non semplici parrucchieri. LAURA E noi Saloni di Bellezza per il sesso forte. GIANNA Parla di suo marito? LAURA Non certo del suo. GIANNA Non sa cosa si perde. LAURA Grazie tante, preferisco non saperlo. GIANNA Non ci tengo neanch’io a sapere del suo. LAURA Meglio così. GIANNA Meglissimo. LAURA Che sto a parlare con lei: i capeli può benissimo sistemarmeli mio marito. GIANNA E la sua manicure? LAURA Mi ha fatto aspettare tanto che ora ne faccio volentieri a meno.... GIANNA Aspetti, la messa in piega non è ancora finita. LAURA Devo andare! Laura si sfila il casco e resta impietrita di fronte alla sua immagine allo specchio, ha i capelli letteralmente dritti sulla testa. GIANNA L’avevo avvertita di non sfilarsi il casco prima del tempo. LAURA Cosa... cosa è successo? Cosa mi ha fatto? Che mi ha combinato? GIANNA Io? LAURA Non è la parrucchiera, lei? Mi guardi!, sembro scampata al tunnel dell’orrore di un Luna Park difettoso! GIANNA Non è colpa mia! LAURA Stupida parrucchiera! Entra la manicure. MANICURE Ecco la Manicure!! LAURA Ehi! Ma lei non è la manicure del salone di mio marito? MANICURE Lo ero. E lei non era la moglie del barbiere, cioè di suo marito? LAURA Lo ero? Lo sono! MANICURE Davvero? LAURA Vorrei pure vedere. GIANNA Beh, i matrimoni oggigiorno sono come le ciambelle, non riescono tutti col buco, né filano via come l’olio... LAURA Il mio, sì. Liscio come il burro. GIANNA Anche il mio, se è per questo. Tuttavia, preferisco i grassi vegetali. LAURA Suo marito è grasso? GIANNA Per carità! Né grasso né calvo, per sua conoscenza. MANICURE Posso cominciare a limare? (esegue) LAURA Ahi! MANICURE (offesa) Come sarebbe, ahi!? LAURA Mi ha fatto male! Mi sta limando come un fabbro ferraio. Ora capisco perché mio marito le ha dato il benservito. Ha fatto proprio bene, bravo! MANICURE Veramente, il benservito me lo sono preso da sola. Così come suo marito si permetteva di prendersi ben altre libertà. LAURA No, scusi, che cavolo intende dire? MANICURE Se non lo sa lei... LAURA Che cosa dovrei sapere? MANICURE Niente, niente... LAURA Ora la prendo a schiaffi. GIANNA Calma, calma. Non si alzano le mani su una povera manicure. LAURA Povera? Ma se è più ricca di me, con tutte le mance che si becca! GIANNA (alla manicure) E’ vero? Riceve molte mance? Qui però non siamo dal barbiere. E l’avevo pregata di non esigere dalle clienti contributi non strettamente dovuti all’esercizio. Infatti, un cartello sopra le tariffe al pubblico qui all’ingresso avverte: mancia compresa. E non, il resto mancia. MANICURE Oh, insomma, quante storie! GIANNA E non alzi la voce, sa? I clienti hanno sempre ragione! MANICURE Ma lei non è una cliente. GIANNA Io no, ma la signora qui presente sì. MANICURE Invece di dare ragione alla signora, perché non le ha dato un’occhiata alla permanente quand’era ancora in tempo? GIANNA Impertinente! LAURA Già! Ma adesso i capelli chi me li aggiusta? MANICURE Io, no di certo. LAURA (alla parrucchiera) E lei? GIANNA Cosa fatta capo ha. Soprattutto nel suo caso. LAURA E le pare un lavoro ben fatto, questo? Dovrei pure pagarla, secondo lei? GIANNA Vorrei pure vedere! MANICURE Io invece vorrei vedere come farà, questa poverina, a guardarsi ogni mattina e ogni sera, prima di andare a letto col marito, allo specchio. LAURA (piange) iiiiih! GIANNA E non la faccia piangere, ché poi con le lacrime le si scioglie anche quel chilo di rimmel che ha sotto gli occhi per nascondere le borse. LAURA Io... le borse? GIANNA E due strati di cipria per nascondere le rughe. LAURA Rughe? GIANNA Ed altri inestetismi della pelle. LAURA Inestetica sarà lei. GIANNA Se io sono inestetica lei sarà stitica! LAURA Stitica a me? GIANNA Ed anche un po’ strabica, se non le dispiace. MANICURE (tra sé) Questo perché i clienti hanno sempre ragione. GIANNA Oh sì, ma non quando la ragione fa comodo a loro. LAURA Grrr! Non sono mai stata trattata in questo modo. GIANNA C’è sempre una prima volta. LAURA Sentiremo che dirà l’associazione di categoria. GIANNA Prrrrrr.... ecco che cosa dirà! LAURA Questo è troppo. MANICURE (a Gianna) Comunque, lei deve ancora pagarmi i contributi. GIANNA Sa che le dico? Prrrr! MANICURE Sentiremo che cosa ne diranno i sindacati! GIANNA Prrrrr... ecco che cosa diranno. LAURA Ma insomma, in questo paese dicono sempre tutti la stessa cosa? GIANNA Prrrrr! LAURA Mi sta prendendo in giro. GIANNA Prrrrr! MANICURE E’ impazzita? GIANNA Prrrr! Prrrrr! LAURA Che volgarità... GIANNA (sempre più forte) Prrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrr! MANICURE Io mi licenzio. Preferisco mettere in vendita il mio appartamentino e trasferirmi in Kenia che continuare a lavorare coi pazzi. (esce) GIANNA Prr! Prr! Prr! Prr! LAURA Ehi, non mi lasci sola! Coi pazzi non si ragiona! (esce) GIANNA (rivolgendosi ad un’ipotetica clientela) Scusate le sonore pernacchie care amiche, non erano rivolte direttamente a voi; ma non sapevo proprio come liberarmi di una cliente petulante e di una manicure intrigante. Buon viaggio in Kenia alla prima, coi suoi contributi, e buon barbiere alla seconda, con la sua messa in piega. Farà sicuramente bene ad entrambe una bella lavata di testa, con le idee sindacali e coi capelli che si ritrovano appunto in testa, non è vero? Ih ih ih! A chi tocca? Oh, buongiorno, venga, venga, cara signora! Si accomodi pure! Buio. Scena terza Sulla scena una vecchia auto col cofano posteriore spalancato, Gianna - la parrucchiera della scena precedente - aspetta impaziente che Giulio, il barbiere della prima scena abbia finito di controllare se il motore è in buono stato. L’automobile potrà non essere effettivamente sulla scena. In questo caso, Giulio uscirà dalle quinte pulendosi le mani con un fazzoletto. GIANNA (spazientita) Allora? GIULIO Non saprei... le gomme sono un po’ liscie. GIANNA La frizione è nuova di zecca. GIULIO E i freni? GIANNA Non li uso. Quindi saranno come nuovi, magari un po’ arrugginiti... GIULIO Revisione dei freni... costa, sa? GIANNA Tutto costa qualcosa, nella vita. Ma lei faccia come me. Non usi i freni. GIULIO E come mi fermo? GIANNA Adoperi il freno motore. GIULIO Ma così si spreca un sacco di benzina. GIANNA Però frenando consuma le pasticche dei freni. GIULIO Anche questo è vero. Per essere una donna... GIANNA Che intende? GIULIO Intendo che, per essere una donna, lei se ne intende di auto. GIANNA Donne e motori, gioie e dolori. GIULIO Già. L’automobile è femmina. GIANNA Appunto. E va posseduta. GIULIO Sì, sì. GIANNA Solo che per possederla bisogna prima sposarla, o comprarla. GIULIO Appunto. GIANNA E lei? GIULIO Sono già sposato. GIANNA Ma la seconda automobile, quella da parcheggiare di traverso sul marciappiede, ancora non la possiede. GIULIO Giusto. Per questo sono qui. GIANNA Per comprare o per guardare? Su, non mi faccia perdere tempo. GIULIO Ecco, vede.... è imbarazzante. GIANNA Dica, dica pure. Non sono tanto ingenua come sembra. GIULIO Le gomme, ripeto, sono un po’ liscie. GIANNA E dàgli con queste gomme! GIULIO Guardi lei stessa. I copertoni sono arrivati quasi all’ultima tacca, cioè all’ultimo strato. GIANNA E con questo? Con l’ultimo strato ci si fanno almeno diecimila chilometri. GIULIO Se non sono ricostituiti... GIANNA Ora mi offendo! GIULIO Tuttavia, diecimila chilometri fanno presto a passare! GIANNA Dipende dove deve andare. GIULIO In che senso, scusi? GIANNA Diecimila chilometri sono sempre diecimila sia in un senso sia nell’altro. GIULIO Non volevo dir questo. GIANNA Comunque per andare a Napoli le bastano ed avanzano. GIULIO Napoli non sta a diecimila chilometri. GIANNA Per me è come se ci stesse. GIULIO E Palermo? GIANNA In capo al mondo. Io sono nata a Verona. GIULIO Io a Tripoli, da padre libico e madre italiana. GIANNA E che ci faceva sua madre in Libia? GIULIO Me lo sono sempre chiesto anch’io. GIANNA Purché non si chiami Abdul. Mi darebbe fastidio fare il passaggio di proprietà con uno con un nome simile. GIULIO A parte il fatto che il libretto di circolazione, in ogni caso, resterebbe a me, non deve preoccuparsi, non mi chiamo Abdul, bensì Giulio. GIANNA Giulio? Come.... ? GIULIO (con soddisfazione) Proprio come lui. GIANNA Questo cambia le carte in tavola. Mille tondi tondi, sull’unghia, puliti, e le lascio dentro anche il crik, la ruota di scorta e il girabacchino fornito dalla Casa. GIULIO Grazie, ma nell’annuncio lei ne chiedeva cinquesento! GIANNA E lei si fida dei giornali? GIULIO Già! Con tutti quegli annunci di manicure che manicure non sono... GIANNA Io odio le manicure di tutti i tipi. GIULIO A chi lo dice! ne ho appena licenziata una. GIANNA Che combinazione! Anch’io ne ho appena licenziata una! GIULIO Non mi dica! GIANNA Invece dico. Una disgraziata! Voleva rovinarmi! GIULIO Anche la mia! Anche la mia! Pretendeva i contributi! GIANNA Anche la mia! E gli arretrati! GIULIO Anche la mia! GIANNA Dìa retta a me, certe manicure è sempre meglio perderle che trovarle. GIULIO E poi non servono a niente. E che, uno le unghie non sa tagliarsele da solo? Magari è difficile tagliarsi quelle della mano destra usando la sinistra.. GIANNA Non per i mancini, che in questo caso vanno a nozze. GIULIO Come vede. Della manicure se ne può fare benissimo a meno. Del resto, quando uno deve andare dal dentista ha pur sempre cura di lavarsi i denti. No? Vorrà dire che quando si va dal barbiere o dal parrucchiere si avrà l’accortezza di fare un po’ di toilette prima di uscire. GIANNA E’ quel che dico anch’io. GIULIO Vede, c’intendiamo in tutto. Tranne che sul prezzo della sua macchina. GIANNA Abdul, mi stai diventando antipatico. GIULIO Porco mondo, mi chiamo Giulio. GIANNA Sì, ma ti comporti come Abdul. GIULIO Non mi faccia perdere la pazienza! GIANNA Già, per voi arabi noi donne non valiamo nulla. GIULIO Io sono italiano. Lei piuttosto, lo sa che secondo la religione cattolica le donne non hanno l’anima? GIANNA E chi lo dice? GIULIO Adamo ed Eva. GIANNA E che cosa dice Maometto? GIULIO E che ne so io. GIANNA Non ti chiami Abdul? GIULIO No. E poi, anche se fosse? GIANNA Non venderei mai la mia cara vettura del cuore ad un Abdul. GIULIO Perché no? Anche Abdul ha diritto ad ingranare la quarta, no? GIANNA Sì, ma non con la mia amica automobile. GIULIO Dica pure: vecchia amica. Comunque, una volta che me la sono comprata, non è più sua: lei non c’entra più niente. GIANNA Anche questo è vero. Dovrò abituarmi all’idea. GIULIO Finalmente. La logica alla fine trionfa sempre. E’ solo questione di buona fede. GIANNA Ecco, lo vede? Voi arabi ve ne uscite sempre fuori con la fede. GIULIO Non intendevo quello. GIANNA Saremo pure dei cani infedeli, noialtri italiani, ma vi piacciono le nostre macchine. Non è vero? GIULIO La sua, no di certo. GIANNA Cos’ha la mia che non va? GIULIO Tutto. GIANNA E allora, perché me la vuol pagare un mille quando ne chiedo solo settecento? GIULIO No, no e poi no. GIANNA E allora facciamo cinquecento. Guardi, lo faccio solo per la buona reputazionedel Quotidiano della Sera. Era un giornale serio prima che ci mettesse gli occhi su lei. GIULIO Io? GIANNA Non l’ha forse comprato? Non ne è forse proprietario? GIULIO Ma io ho comprato solo una copia del giornale, e non il giornale in sé per sé. Per chi mi ha preso? GIANNA Voi arabi v’infiltrate dappertutto. Anche nelle copie dei giornali. GIULIO Lasciamo perdere. Parliamo piuttosto d’affari. GIANNA Cinquecento e non parliamone più. GIULIO Troppo. GIANNA E va bene. Veniamoci incontro... GIULIO Non chiedo di meglio. GIANNA Quattrocentonovantanove. GIULIO Affare fatto! Qua la mano. GIANNA Ehi, ehi! Ci vada piano! In Libia stringete la mano così alle signore che vendono la loro più cara vettura usata? GIULIO (sbuffa, seccato) Il foglio complementare, prego. GIANNA L’ho perso. GIULIO Come, l’ha perso?! GIANNA Non lo trovo più, come glielo devo dire, in turco? GIULIO Ed io come faccio a vedere se sulla macchina che vuole appiopparmi non gravano gravi ipoteche? GIANNA Si fidi. GIULIO E se nel frattempo che il passaggio di proprietà viene registrato lei se la vende una seconda volta, che faccio? GIANNA C’è sempre una seconda volta. GIULIO Lo vede? GIANNA Errare umano c’è. Dico bene? GIULIO Come? GIANNA Dimenticavo che lei parla turco, non latino come tutti i cristiani. Ora glielo spiego. GIULIO Grrr! Ho capito benissimo. Solo che il suo latino è un po’ maccheronico. GIANNA Che c’entrano i maccheroni? GIULIO Insomma, basta! Concludiamo in fretta l’affare e non vediamoci mai più! GIANNA Eh no! GIULIO Come no? GIANNA Io alla mia automobile del cuore ci sono affezionata. Voglio rivederla ogni ultima domenica del mese. GIULIO Ma non è sua figlia! GIANNA E’ come se lo fosse. GIULIO Ma io non sono suo marito. GIANNA Figuriamoci, avere una macchina con lei! Che idea! Che porco! GIULIO Ora l’ammazzo... Si sente un fischio. Compare la manicure vestita da vigilessa. VIGILESSA Beh!? Che facciamo? GIULIO e GIANNA (insieme, sorpresi) La manicure!!! VIGILESSA Non più, per fortuna. Sono stata assunta nel corpo dei vigili urbani. Purtroppo non sono ancora riuscita a vendere il mio appartamento. GIULIO E GIANNA (come sopra) La manicure!!! VIGILESSA Sì, sono io. Anzi, che dico?, lo ero. Ora sono un vigile urbano. GIULIO E GIANNA (come sopra) La manicure!!! VIGILESSA No! La vigilessa. Mi avete licenziato voi, senza neppure darmi la liquidazione che mi spettava. GIULIO (a Gianna) Lo sente? Voleva pure la liquidazione! GIANNA Anche la mia! VIGILESSA Beh, ormai è acqua passata. GIULIO Del resto vedo che si è sistemata bene. GIANNA Fin troppo bene. VIGILESSA Io? Sì certo. Ma chi non è sistemata bene è questa carretta. GIANNA Che le dicevo? Non ne vale quattrocentonovantanove. Casomai gliene dò quattrocentonovantotto. VIGILESSA Sosta vietata, intralcio al traffico, ingresso in zona pedonale, mancanza di bollo ed assicurazione, gomme lisce, priva di fari, targa illeggibile... come la mettiamo. GIANNA Di traverso: non ha neppure il freno a mano. E siamo in discesa... GIULIO O in salita: dipende dai punti di vista. VIGILESSA Concilia? GIULIO (dopo una pausa, a Gianna) La signora manicure, cioè la signora guardia sta gentilmente parlando a lei. Concilia? GIANNA Io sono molto conciliante. Ma la macchina non è più mia. GIULIO Ah no? E di chi è? GIANNA Sua. GIULIO Mia? Ma se non l’ho neppure pagata! GIANNA Però mi ha stretto la mano. E tra galantuomini basta una stretta di mano. GIULIO Ma lei non è un galantuomo... è una signora! GIANNA Arabo! GIULIO Bugiarda! VIGILESSA Insomma, si può sapere di chi è questa macchina? GIULIO Mia no. GIANNA E mia neppure. GIULIO La stretta di mano non è stata registrata dal notaio. GIANNA Signora manicure, costui è un terrorista infiltrato. GIULIO Signora mani... guardia, costei fa discorsi razzisti. VIGILESSA Vi prego di seguirmi in Questura. GIULIO In Questura? E perché? GIANNA Vede? Ha paura dell’autorità costituita! VIGILESSA Anche lei se non le dispiace. GIANNA Io? Che c’entro io? Non sono mica araba, io. VIGILESSA Per accertamenti! GIANNA Verrei volentieri, ma proprio non posso: ho un appuntamento. Ehi! Che sono questi ferri ai polsi. VIGILESSA Manette. GIULIO Ih ih ih! GIANNA Che ha da ridere lei? GIULIO La sua manicure le ha messo le manette alle mani. Ih ih ih!... Ehi! Che fa? Mi arresta? Sono innocente! Quella macchina non la conosco! Mai vista in vita mia. Lo giuro! VIGILESSA Oltraggio a pubblico ufficiale e liquidazione non corrisposta. GIULIO Gliela corrispondo adesso... GIANNA In quanto ai contributi... mettiamoci d’accordo... VIGILESSA Volete corrompermi? GIULIO Ma no! Stiamo parlando alla manicure e non al vigile urbano. Del resto questa divisa non le dona neppure. GIANNA Troppo austera, per una personcina come lei. E poi la ingrassa! GIULIO Dìa retta a me: meglio una ex manicure abbondante che una guardia cicciona oggi. Anzi, oggi come oggi non le assumono neppure. Minimo, devono aver sfilato con Valentino per poter fare le Vigilesse. Chi si farebbe infatti rompere le scatole da una vigilessa racchiona come lei? VIGILESSA (rabbiosamente trascinandoli via) Siete in arresto! GIULIO Ehi! GIANNA Ahi! Scena quarta Anche in questo caso la scena è completamente vuota, in quanto rappresenta appunto un appartamento vuoto. Laura si sta guardando intorno quando entra Andrea. ANDREA E’ permesso? LAURA Prego, si accomodi pure. ANDREA Grazie. (si guarda intorno forse per cercare una sedia o un divano che non ci sono) LAURA Faccia come se fosse a casa sua! (ride, perché ha detto quella frase per assurdo credendo che la casa appartenga appunto ad Andrea) ANDREA (nella stessa situazione di Laura) Anche lei, la prego. LAURA Ma sì, ma sì. ANDREA (ridendo) Insomma, facciamo pure come se fossimo a casa nostra! LAURA Ecco, appunto... ih ih! ANDREA Ducento metri quadrati... LAURA Lo so. ANDREA Doppi servizi. LAURA Lo so. ANDREA Balconato. LAURA So anche questo. ANDREA Bene, da dove cominciamo? LAURA Da dove vuole. ANDREA Dalla camera da letto? LAURA Preferirei dal soggiorno, se non le dispiace. ANDREA Capisco. LAURA Bravo. ANDREA Seicentomila... LAURA Sono tanti. ANDREA Trovo anch’io. LAURA Diciamolo, un’enormità. ANDREA Proprio vero. LAURA Io scalerei qualcosa dal prezzo definitivo. ANDREA Anche io. LAURA Bene. ANDREA Benissimo. LAURA Senta, facciamo cinquecentomila, e non se ne parla più. ANDREA Beh, dovendo trattare, preferisco fare quattrocentomila LAURA Trecentomila, non un soldo di più. ANDREA Lei è una persona comprensiva. Ma oggi è difficile disporre di più di duecentomila. LAURA Vogliamo fare a rate? ANDREA Ma sì. Venti comode rate da cinquemila. LAURA Ma così fanno cento e non duecentomila. ANDREA E non è contenta? LAURA Contentissima. Se solo potessimo scendere a novanta... ANDREA Scendiamo, scendiamo. LAURA Anche ad ottanta? ANDREA Perché no? LAURA Lei è un uomo molto buono e comprensivo. Oggi la casa è un vero problema sociale. ANDREA A chi lo dice! LAURA Possiamo definire subito se vuole. ANDREA Per me va bene. Ma, in verità, penso che quest’appartamento in pieno centro di Roma non valga più di sessantamila. LAURA Lo dico anch’io, sa. ANDREA Senta, inutile perdere tempo. O troviamo un accordo sulla base di cinquantamila, oppure non se ne fa niente. LAURA Troviamolo! ANDREA Che donna! Bisognerebbe farle un monumento. LAURA Anche a lei. ANDREA Allora le firmo subito un assegno per la caparra. LAURA Lasci stare. Sono io che devo fare un assegno a lei. ANDREA No, io a lei. LAURA No, io a lei. ANDREA Insomma! Li vuole questi cinquantamila, sì o no. LAURA No! ANDREA Allora mi ha preso in giro! LAURA E’ lei che mi sta prendendo in giro! Prima mi offre l’appartamento al 10% del suo reale valore, e poi pretende di darmi pure i soldi! ANDREA E lei non ha forse la stessa pretesa con me? LAURA Insomma! Lei che razza di piccolo proprietario è? ANDREA Piccola proprietaria sarà lei! LAURA Io? Come si permette? ANDREA Una proprietaria deficiente, tra l’altro! Prima vuol vendere e un istante dopo ci ripensa. LAURA Io non ci ripenso, il fatto è che voglio comprare, non vendere. ANDREA Come? Questo appartamento non è suo? LAURA No! ANDREA Non ha messo lei l’annuncio sul giornale? LAURA No! ANDREA Allora, lei chi è!? LAURA Sono una potenziale acquirente. Contento? ANDREA No! LAURA Perché no? ANDREA Anch’io sono un potenziale acquirente! LAURA Non mi faccia ridere! ANDREA Perché la farei ridere? LAURA Pensa di potermi soffiare l’acquisto di questo appartamento offrendo solo cinquantamila a rate? ANDREA E’ stata lei a farmeli offrire, con l’inganno! LAURA Inganno? Che inganno? ANDREA Tirava al ribasso per mettermi fuori gioco. Ma ora che ho capito il trucco, non mi frega. Se lei ha offerto cento io offro duecento! LAURA E io trecento! ANDREA E io quattrocento! LAURA E io cinquecento! ANDREA E io seicentomila! LAURA E io non compro. ANDREA E non compro neanch’io. LAURA Così s’impara! ANDREA Ben le sta! Entra la manicure, in vestaglia. MANICURE Allora, vi piace l’appartamento? LAURA E ANDREA La manicure! MANICURE Lo trovate di vostro gradimento? LAURA E ANDREA La manicure! MANICURE Non più. Da un secolo. Dopo essere stata licenziata mi sono arruolata nella polizia urbana. Ma poi sono stata cacciata anche da lì perché mi facevo le unghie in servizio. LAURA E ANDREA La manicure! MANICURE Non c’è dubbio: sono proprio io. Ma, vi sto spiegando, non sono più... LAURA Che ci fa in questa casa? ANDREA Qui non c’è trippa per gatti. Ha capito? MANICURE Questa è bella! LAURA Se crede di arrivare fresca fresca a soffiarci l’acquisto del presente appartamento si sbaglia di grosso. Ce lo stiamo già contendendo. MANICURE Bene. LAURA (sorpresa) Come? MANICURE Benissimo! LAURA Perché benissimo? MANICURE Perché l’appartamento è mio! Sono stata io a metterlo in vendita. Sono la legittima proprietaria. Quindi dovete trattare con me. ANDREA Neanche per sogno. MANICURE Eh!? ANDREA Abbiamo già abbondantemente trattato tra di noi. LAURA Verissimo. MANICURE Ma voi non potete trattare con altri che con me. LAURA E chi lo dice? ANDREA Già, chi lo dice? MANICURE La legge! ANDREA Legge? Io so solo che l’appartamento mi è stato offerto, a norma di legge, alla modica cifra di cinquantamila. LAURA A rate. MANICURE Da chi? LAURA Dal signore. ANDREA Dalla signora. MANICURE Io non vi ho mai intestato alcuna procura a vendere. ANDREA A vedere, però, sì. LAURA Vedere per vedere, l’ho visto prima io. ANDREA Lei avrà visto prima l’appartamento, ma l’annuncio l’ho visto prima io. LAURA Io però ho comprato il giornale prima di lei. ANDREA Chi tardi arriva, male alloggia. Eh eh! MANICURE Sentite, vi pregherei di cercare un accordo anche, anzi soprattutto con me, se non vi dispiace. ANDREA Niente da fare. LAURA Ci accorderemo prima tra noi acquirenti. MANICURE Ma voi siete pazzi! la casa è mia! Fuori di qui! LAURA Che maniere! ANDREA Molto poco delicate per essere una manicure. LAURA Dovrebbe sentirsi onorata di limarci le unghie e di venderci il suo appartamento! ANDREA Andiamo a parlare con un avvocato. LAURA Giusto. ANDREA Gliela faremo vedere noi! MANICURE Fuori! LAURA Voleva la caparra da entrambi... ANDREA E c’è mancato poco che gliela dessimo! LAURA Fortuna che non le ho dato la mancia. ANDREA Neanch’io. MANICURE (ai due che escono parlottando, tirandogli di tutto) Grrrr, che rabbia! e non fatevi vedere mai più! Scena quinta Soggiorno. Entra Laura. Indossa una vestaglia rosa sotto la quale si intravede, neppure tanto velatamente, una sfacciatissima biancheria intima nera, con tanto di calze a rete, giarrettiere ecc., comprese scarpe nere con tacchi a spillo. LAURA Dio, come sono nervosa! Mi sento pure un po’ ridicola con questa roba addosso... se non fosse costata un occhio delle testa... dico, per due merlettini cuciti!... Quasi quasi... ma no, è troppo tardi per ripensarci. Che ora è? (guarda un orologio da tavolo ben visibile dal pubblico) Com’è tardi! Tra poco saranno qui! E non sono ancora pronta... Giulio! Giulio! Entra Giulio, con la camicia ancora sbottonata e la cravatta aperta. GIULIO Cristo santo! Dove ti eri cacciata? Ti ho cercata per tutta casa! Ho guardato perfino sul balcone, visto che casa nostra ha solo tre stanze... LAURA Ero in bagno... GIULIO Ma se ho guardato pure in bagno! LAURA Ma io mi ero nascosta dentro la vasca da bagno. GIULIO Senz’acqua? LAURA Senz’acqua, appunto. Che c’è di strano? GIULIO Ma se non ti stavi facendo il bagno, che ci stavi a fare nella vasca da bagno? LAURA Fatti miei. GIULIO Anche miei, se permetti. E’ quasi l’ora. LAURA (imbarazzata) Beh, mi vergogno. GIULIO Di che? LAURA Di quello che stiamo per fare. GIULIO Lo fanno tutti, oggigiorno. LAURA Sarà... ma io mi vergogno lo stesso. GIULIO Senti, Laura, adesso è troppo tardi per ripensarci. Abbiamo appioppato i bambini ai nonni proprio per starcene in pace e... LAURA Lo so, lo so. Il fatto è... GIULIO (abbottonandosi) Ahi! LAURA Il cuore? GIULIO Che dici? LAURA Ti senti poco bene? Sarà l’emozione. GIULIO Io sto benissimo! E’ il bottone della camicia ad essersi staccato. Maledetto! LAURA Vieni di là, te lo riattacco. GIULIO Che scocciatura! E’ tutta colpa del candeggio! (escono) Dalla parte opposta entra Gianna vestita esattamente come Laura, ma coi colori invertiti, cioè vestaglia nera e biancheria intima rosa. GIANNA Dio, come sono nervosa! Quasi quasi... ma no! E’ troppo tardi per ripensarci. Che ora è? (guarda l’orologio sul tavolo) Com’è tardi! Dovremmo già essere pronti da un pezzo. Andrea! Andrea! Entra Andrea, nelle stesse condizioni di Giulio. ANDREA Dove ti eri cacciata? Ti ho cercata per tutta casa. E dire che il nostro appartamento è composto di sole tre stanze più i soliti, noiosi doppi servizi. GIANNA Ero di là, in cucina. ANDREA Ma io ho guardato anche in cucina. E non ti ho vista! GIANNA Stavo rovistando nel frigo. ANDREA Nel frigo? Se abbiamo appena cenato! GIANNA Lo sai che quando sono nervosa mi vengono certe vampate di calore da scoppiare. Ho cercato solo un po’ di refrigerio, ecco tutto. ANDREA Se vuoi, telefono e dico che ci abbiamo ripensato. GIANNA Così penseranno che sono una bacchettona, un’arretrata, una preistorica... no grazie! ANDREA Come vuoi.... Allora, andiamo? GIANNA Fammi prima mangiare un boccone. ANDREA Ancora? GIANNA E’ una fame nervosa, che credi? ANDREA Va bene, va bene ma... sbrigati. Io intanto mi verso un wisky. GIANNA E’ già il terzo. ANDREA A te il nervoso mette fame mentre a me mette sete, ecco tutto. (abbottonandosi) Ah! GIANNA Questa è la voce del fegato. ANDREA Che fegato? GIANNA Quello che ti stai rovinando coi tuoi wisky. ANDREA Veramente la voce era mia. GIANNA Anche il fegato è tuo. ANDREA Sì, ma me lo sto mangiando perché ogni volta che mi abbottono una camicia fresca di bucato mi parte un bottone. GIANNA Sarà il nervosismo. ANDREA No, sarà il candeggio. GIANNA Ecco, bravo, ci manca solo che stasera mi litighi con la Colf! Lo sai che alla prima occasione ci denuncia perché non l’abbiamo regolarizzata... ANDREA Ma io non sto dando colpa alla Colf, bensì alla candeggina. GIANNA Che ne sai tu di candeggina? ANDREA Niente. GIANNA Io non uso la candeggina. ANDREA Ah no? GIANNA Vieni, te lo riattacco. ANDREA Quando tu attacchi un bottone... specialmente al telefono con tua madre... GIANNA Quanto sei idiota! Invece di ringraziarmi… ANDREA Ma sì, sì che ti ringrazio!… Che vuoi la medaglia per riattaccarmi un miesero bottone? GIANNA Perché non te lo riattacchi da solo? ANDREA Non ne sono capace. GIANNA Allora vieni di là e sta zitto! ANDREA Ma…. GIANNA Taci! (escono) Entrano dalla parte opposta Laura e Giulio. LAURA Sono troppo nervosa... devo assolutamente bere qualcosa! (Si versa da bere) Non so se riuscirò.... (beve) Non lo so proprio... GIULIO Ricominci? Non si era detto...? LAURA Sì sì! GIULIO Non eri forse d’accordo? LAURA Sì sì. GIULIO Siamo o non siamo persone adulte, mature, pienamente responsabili? LAURA Sì sì! GIULIO La vogliamo dare o no questa rinfrescatina al nostro matrimonio? LAURA Sì sì, ma... GIULIO Ci abbiamo pensato su due mesi, sì o no? LAURA Sì, sì... ma... GIULIO Basta con le ipocrisie, avevamo detto? LAURA Sì, sì, ma... GIULIO Insomma, basta coi se e coi ma! Io non ho mai cercato di convincerti, di forzarti. Lo hai voluto anche tu, lo sai benissimo. LAURA Lo so, lo so. GIULIO Al principio ne abbiamo parlato solo per gioco. Poi il gioco si è rapidamente come trasformato in realtà. LAURA Appunto, appunto. GIULIO E’ semplicemente bastato dare una forma, una figura, un contorno, un corpo concreto, reale, in carne ed ossa alle nostre fantasie e... LAURA Ecco, l’hai detto. C’è una bella differenza tra un corpo estraneo e la fantasia di un corpo. Saranno almeno come ce li siamo immaginati? GIULIO E che ne so? Lo spero. LAURA Lo speri? GIULIO Non li conosco mica personalmente. Hanno risposto alla nostra unserzione sostenendo di corrispondere ai requisiti da noi richiesti. Punto e basta. LAURA (spaventata) Oddio! GIULIO Che c’è? LAURA Non ricordo neppure i requisiti che avevamo richiesto! GIULIO Io sì. LAURA E dimmeli! Sennò mi faccio prendere alla sprovvista. GIULIO Pulizia, serietà, disinteresse, max 40enni, lei disposta dolci giochi bisex. LAURA Bisex? GIULIO Che c’è di strano? LAURA Oh Dio! Oh Dio! GIULIO Si può sapere... LAURA Dovrei cominciare io?... GIULIO Se vuoi. LAURA Da dove? GIULIO Dal più e dal meno. LAURA Cioè? GIULIO Le dici qualcosa di carino, le sfiori il ginocchio... insomma, tutto come avevamo previsto. LAURA E poi? GIULIO Poi le dài un bacio. LAURA Io? GIULIO Sì, tu. LAURA Sulla bocca? GIULIO Dove vuoi. LAURA Oh Dio! Oh Dio! GIULIO Senti, non c’è più tempo da perdere in chiacchiere. Tra poco saranno qui. Hai detto alla colf di non tornare prima di mezzanotte? LAURA Sì, sì, stai tranquillo! GIULIO Tranquillo? E’ una parola! LAURA Com’è tardi! GIULIO Non preoccuparti. Quest’orologio va venti minuti avanti. Ora lo sistemo... ecco...(sposta le lancette indietro) Così va bene. Andiamo a finire di prepararci. (escono) Entra Gianna, sconvolta, seguita da Andrea che si lamenta come un bue ferito a morte. GIANNA Dove sono i cerotti? ANDREA Presto, presto! Mi sto per sporcare il colletto! GIANNA Perdi molto sangue?... Dov’è finita l’ovatta? Cristo santo! ANDREA Porco...! Mi hai quasi trapassato la trachea! Guarda che buco! GIANNA Non l’ho fatto apposta. ANDREA Chi ti ha insegnato a cucire i bottoni? GIANNA Ho detto che non l’ho fatto apposta! ANDREA Vorrei pure vedere! GIANNA Potevi cucirtelo da solo, no? ANDREA Sei stata tu ad insistere. Potevi almeno lasciarmi togliere la camicia. Invece no: “lasciatela addosso, ché faccio in un attimo!”... S’è visto! GIANNA Quante storie! Anch’io, sai?, mi sono punta un dito per riattaccartelo il più presto possibile... ché tra poco arrivano loro! ANDREA Insomma, questi cerotti, arrivano o non arrivano? GIANNA Aspetta, non li trovo. ANDREA Sono cinque minuti che mi tengo stretta la carotide per non sanguinare sul colletto. Mi sto strozzando con le mie stesse mani! GIANNA Non li trovo. Saranno in bagno, nell’armadietto delle medicine. ANDREA Già, può darsi. Dico, che siamo venuti a cercarli tra posate e bicchieri? (indicando l’orologio) Fortuna che abbiamo ancora una ventina di minuti.. GIANNA Non fidarti di quel maledetto orologio. Va sempre venti minuti indietro. ANDREA Sei sicura? GIANNA Sicurissima. ANDREA E si può sapere perché non lo rimetti mai a posto? GIANNA Per tua norma e regola non faccio che rimetterlo a posto. Ma quest’orologio pare che me lo faccia apposta ad andare sempre venti minuti indietro, come se volesse fare un dispetto personalmente a me. ANDREA Addirittura? GIANNA Ti giuro! ANDREA Allora, perché non lo fai aggiustare da un orologiaio? Così impara questa maledetta bestiaccia. GIANNA Non lo sai che oggigiorno gli orologiai costano più degli orologi? ANDREA E i calzolai delle scarpe. GIANNA E gli spazzacamini delle canne fumarie. ANDREA E i salumai del salame. GIANNA Proprio così. ANDREA GIANNA ANDREA GIANNA ANDREA GIANNA ANDREA GIANNA ANDREA GIANNA ANDREA Allora fallo sparire e comprane uno come si deve. Di salame? No, di orologio. Si vede che hai soldi da spendere. Ahi! Ti fa male? Sto morendo dissanguato. Sempre meglio che morire di tetano. Sempre meglio non morire. Andiamo a disinfettarti. Se disinfetti come riattacchi i bottoni... ahi! (escono) Dalla parte opposta, come sopra, entrano Laura e Giulio. GIULIO Ora come ora non puoi più tirarti indietro. LAURA Ah no? GIULIO Ah no! LAURA E che altro dovrei fare, oltre a metterle sbadatamente la mano in mezzo alle cosce? GIULIO Sssst! Non così forte! Vuoi che ci sentano i vicini? LAURA (in tono di sfida) Perché non invitiamo anche loro? Sai che divertimento col signore e la signora del terzo piano! GIULIO E perché allora non la portinaia o l’amministratore? LAURA Scusa caro, ma sono così turbata, indecisa... non so... mi pareva tutto così bello, affascinante, nuovo!, quando ne parlavamo nell’intimità delle nostre quattro lenzuola... GIULIO Magari due! LAURA Ho contato anche le coperte! GIULIO Allora? Non ti stuzzica più? LAURA Così, a freddo... GIULIO Eppure non vedevamo l’ora che arrivasse il momento... e ora che è arrivata l’ora, anzi il momento... a proposito, che ora è? Cristo! LAURA Cosa c’è? GIULIO Guarda l’orologio. LAURA Cos’ha che non va? GIULIO Le lancette, porco Giuda! Le avevo appena messe indietro, perché va sempre avanti di venti minuti ed ora... ecco, va di nuovo avanti esattamente di venti minuti. Chi me le ha rimesse, per dispetto, per farmi innervosire e mandare a monte la serata, eh? LAURA Io no. GIULIO Bugiarda. LAURA Non ne ho avuto materialmente il tempo materiale. GIULIO L’avrai fatto col subconscio, desiderando forse che il tempo passasse in fretta. Come in sogno. LAURA Neanche per sogno. GIULIO Insomma, in casa non c’è nessun altro all’infuori di noi, e gli orologi non vanno avanti di venti minuti ogni cinque minuti. Non è praticamente possi-bile. Ora lo rimetto indietro. E poi voglio vedere. Guai a te se lo ritrovo con le lancette spostate in avanti. E guarda che tra poco suoneranno alla porta. LAURA Accidenti, io non sono ancora pronta! GIULIO (tra sé) Ah, le donne, che guaio! Quando decidi di fare una cosa un po’ osé, a parole sono sempre pronte, ma nei fatti... (escono) Entrano Gianna e Andrea, dalla parte opposta come sempre. ANDREA Insomma, sei pronta? GIANNA Un momento! Fammi almeno allacciare la giarrettiera. Me la perdo per strada. E per piacere non mettermi fretta. ANDREA Guarda un po’ che ora è! GIANNA E va pure indietro! ANDREA Ma se l’hai appena messo avanti. GIANNA Mi fa i dispetti. ANDREA Non dire sciocchezze. GIANNA Ora te lo dimostro. Lo rimetto avanti (è la centesima volta oggi) e poi vedrai se non va indietro. (esegue, pausa) ANDREA Allora? GIANNA Ecco, guarda come va piano. Una lumaca . ANDREA Le ore sono sempre lunghe da passare. Che c’è di strano? GIANNA Ma tu stai guardando la lancetta dei se-condi. E i secondi sono corti. ANDREA Che strano orologio. GIANNA Quasi quasi lo butto dalla finestra. ANDREA Va bene, va bene, lo butteremo! Ma adesso sbrigati. Non possiamo perdere tempo con un orologio che se ne perde fin troppo per strada. GIANNA Ho fatto! Devo solo mettermi un po’ di profumo. ANDREA Ed io di dopobarba. GIANNA Non quello che puzza di cacca di cane, ti prego. ANDREA Cacca di cane? Me se me lo ha regalato tua suocera, cioè mia madre per il mio compleanno. GIANNA Appunto: cacca si cane! Escono. Sempre dalla parte opposta entrano Giulio e Laura. LAURA E che altro dovrei fare con quella lì, con quella porcona, solo per far piacere a te? GIULIO Non solo a me. Anche a te. LAURA A me? GIULIO Non sei stata tu forse la prima ad entrare in argomento? LAURA Sì, ma tanto per parlare. GIULIO Chiamalo parlare! LAURA Che intendi dire? GIULIO Con tutte le cose che ci sono da dire... LAURA Allora? Continua. GIULIO Lo so io, lo so io! Che bisogno c’è di continuare? A che pro? LAURA Vigliacco! GIULIO Ti sembra questo il momento di litigare? Non potevi pensarci prima invece di fare la scena adesso? Stamattina o, ancora meglio, ieri, così da disdire in tempo l’appuntamento? A proposito di tempo, guarda quello stramaledetto orologio, più lo metto indietro e più se ne va avanti, come se contasse i minuti al posto dei secondi. LAURA Io non ne so niente. GIULIO Ah no? LAURA Ah no! GIULIO E va bene, ora lo rimetto a posto. Ma questa è l’ultima volta. Intesi? Dopodiché lo butto dalla finestra. LAURA Non ti azzardare! E’ un regalo di mia madre. GIULIO Tanto meglio. Così dalla finestra ci butto pure tua madre... vecchia strega! LAURA Iiiih! Come ti permetti! GIULIO Mi piacerebbe proprio prendere le impronte digitali sulle lancette, per vedere chi si permette! Scommetto che tua madre si è nascosta in casa per farci una sorpresa domattina col caffé a letto per te e un bicchiere d’acqua in faccia per me, e nel frattempo, non potendosi trattenere ha già cominciato a farmi i dispetti. LAURA Mia madre in casa! Iiiih, se mi vede così! (scappa via) GIULIO Ehi, ma dicevo per assurdo! Dove vai... Torna qua! (la segue) Su, dobbiamo proprio sbrigarci: non abbiamo tempo da perdere, soprattutto con un orologio che sembra non volerne perdere affatto. Si sente il campanello. Entra Gianna. GIANNA Ehi, caro, suonano alla porta... Oddio! Sono già qui! Sfido io, guarda quest’orologio come va piano... Apro! Apro! (esce) Si sente nuovamente il campanello. Entra Giulio. GIULIO Eccoli! Sono loro! Lo sento! Ne sono sicuro! Di già? Porco mondo, quest’orologio va sempre più avanti... Vengo! Vengo! Prima apro e poi lo butto dalla finestra! (esce) Si sente nuovamente il campanello. Entra Andrea. ANDREA Come sono emozionato. E’ una cosa totalmente nuova per me! Eccomi! (esce) Si sente ancora, per l’ultima volta il campanello. Entra Laura. LAURA Insomma, devo andare ad aprire proprio io che vorrei nascondermi sotto il divano per la vergogna? (il campanello continua insistentemente a suonare) Uffa, ora apro! (esce) Dopo una pausa compaiono tutti e quattro provenienti però da direzioni opposte. LAURA (a Gianna) La parrucchiera! GIANNA (a Laura) La signora della permanente! ANDREA (a Giulio) Il barbiere! GIULIO (ad Andrea) Il cliente deficiente! LAURA (a Giulio) Il nuovo proprietario della miavecchia carretta! GIULIO (a Laura) La vecchia proprietaria della mia attuale carretta! GIANNA (ad Andrea) Il signore dell’appartamento! ANDREA (a Gianna) La signora dell’appartamento! GIANNA (a Giulio) Mio marito! GIULIO (a Gianna) Mia moglie! ANDREA (a Laura) Idem! LAURA (ad Andrea) Come sopra! Si sente suonare ancora una volta. Tutti e quattro accennano a muoversi esclamando “apro io!” anche se, inverosimilmente, in direzioni opposte. Restano però come impietriti dall’apparizione improvvisa della Manicure. E’ vestita da Domina, cioè con l’attrezzatura sado-maso di cuoio, borchie e frustino, tipico dei porno shop. I quattro esclamano molto stupiti: “la manicure!”. Non appena si ode uno schiocco di frusta cala il buio del primo tempo. SECONDO ATTO Entra in scena un’avvertenza: AVVERTENZA Si avvisano i signori spettatori che il secondo tempo, per scene e situazioni particolarmente scabrose e raccapriccianti, è rivolto ad un pubblico adulto e maturo... purché ci sia un pubblico del genere! (esce) Scena prima Scena: come nel finale del primo atto. I quattro si trovano in ginocchio di fronte alla Manicure che, a turno, li scudiscia ripetutamente sulle mani. LAURA Ohi! GIULIO Ahi! MANICURE Ben vi sta, porcelloni! ANDREA Porcelloni a noi? Senti chi parla... ahio! GIANNA Ehi, non così forte. LAURA Fa male, sa? MANICURE Male, io? E voi, volevate forse fare opere di bene? ANDREA Ma se lo fanno tutti, di qualsiasi età e condizione sociale. Che male c’è? Giusto per rinfrescare un po’ il rapporto coniugale, altrimenti sai che noia! MANICURE Prendete esempio da me. Io non faccio niente del genere. ANDREA Ah no? GIULIO Non si direbbe. LAURA (allusiva) Conciata così... MANICURE Prego? GIANNA No, è che... in effetti... ha tutta l’aria di essere una... MANICURE Una... che cosa? ANDREA (consultandosi con gli altri) Lo diciamo? GIULIO Diciamolo. GIANNA Sì, sì. Costi quel che costi. MANICURE Ditelo pure. Che cosa sembro conciata così? LAURA Una... una di quelle... ANDREA Per meglio dire: una signora dai facili costumi. GIULIO Del resto, col costume che indossa... è pur vero che l’abito non fa il monaco ma... a tutto c’è limite. MANICURE Insomma, secondo voi sembrerei una puttana, tanto per non far giri di parole. LAURA Ebbene, sì. MANICURE Ebbene, lo sono. GIANNA (stupita) Come? MANICURE Lo sono diventata. LAURA Cristo! E non si vergogna di ammetterlo così sfacciatamente? MANICURE La colpa è tutta vostra. GIANNA Questa è buona! Sarebbe colpa nostra se lei si sceglie il guardaroba che si sceglie! Vergogna, piuttosto, ad andare in giro combinata così! MANICURE No, è colpa vostra non se sono vestita così, bensì se sono diventata quella che sono. GIANNA Nostra? ANDREA E perché? MANICURE Me lo chiedete? Dopo avermi licenziata senza preavviso e senza liquidazione per aver tagliato le dita ad un paio di clienti a cui dovevo tagliare le unghie, dopo avermi fatto sbattere fuori dal corpo dei vigili urbani perché vi ho rifilato un paio di unghiate al momento dell’arresto, dopo avermi costretta a vendervi per un tozzo di pane il mio appartamentino, credevate... credevate che avessi molte altre soluzioni? ANDREA Oh sì. MANICURE Ad esempio? LAURA Un concorsino per entrare tra qualche decennio alle Poste. GIANNA Io, nell’attesa dell’esito della prova orale, avrei veramente messo un annuncino sul “Giornale”: Giovane manicure riceve tutti i giorni. MANICURE L’ho fatto. Ed eccomi qui. LAURA Già, gli uomini sono tutti uguali. GIANNA Vogliono solo una cosa. LAURA Mai che cerchino una manicure per farsi fare seriamente le mani. MANICURE E, di mano in mano, eccomi qui. LAURA Già, qui. ANDREA Come, qui? GIULIO Perché, qui? GIANNA Come ha fatto insomma a rintracciarci? MANICURE Semplice: sono risalita a voi dall’inserzione apparentemente anonima, ma che in realtà la diceva lunga su chi l’aveva fatta, che avete messo su quella rivistaccia che non oso neppure nominare, tanto fa schifo! GIANNA Se le fa tanto schifo, come mai la legge così attentamente, invece di procurarsi un bel romanzo!? MANICURE Devo pur tenermi professionalmente aggiornata, sì o no? GIULIO Un momento: se era anonimo, come ha fatto a risalire a noi? MANICURE Ce l’ho fatta. Punto e basta! (ricomincia a menar frustate) LAURA Ohi! GIANNA Ahi! GIULIO Pietà! ANDREA Prima, però, mi tolga una sola curiosità. Una sola! MANICURE Ebbene? ANDREA Ma come ha fatto a capire che eravamo proprio noi gli interessati? Io stesso avrei dubitato di essere io l’autore del mio stesso annuncio! MANICURE Come, non lo so. Ho tirato semplicemente ad indovinare! (mollando una scudisciata) E ho fatto centro! ANDREA Ahi! LAURA Che mira... GIANNA Basta, basta! MANICURE Perché basta? GIANNA Ammesso e non concesso che lei abbia perfettamente ragione, cioè che siamo noi quei porcellini che effettivamente siamo, mi dica: che intende fare? Denunciarci alla Buoncostume? LAURA Almeno, vada prima a cambiarsi d’abito! MANICURE Siete fuori strada. GIULIO Allora intende ricattarci. MANICURE Acqua. GIANNA Vuole i contributi? MANICURE Acqua passata. ANDREA Non sarà per caso... MANICURE Fuochino. GIULIO Sotto sotto... MANICURE Fuoco. GIANNA Un po’ sadica? MANICURE Bravi! Come avete fatto ad indovinare? GIANNA Oh bé, sa... pare e non pare. LAURA Eh sì, si nota a stento. MANICURE Meritate un premio: mettetevi in fila e mostrate le mani. LAURA Perché dovremmo? GIANNA Che le abbiamo fatto di male? MANICURE A me, niente. Sono io a farlo a voi. O devo citofonare al portiere per pregarlo di chiamare l’Amministratore dello stabile? GIULIO Per carità! MANICURE Le mani! GIULIO (mostrandole) Eccole, ma faccia piano. MANICURE (picchiando) Prendi questo, bambino cattivo, e quest’altro! (giù bacchettate) Ed ora tocca a voi. ANDREA Protesto. Questi sono metodi degni della Gestapo. MANICURE Davvero? ANDREA Anche la CIA e l’ex-KGB hanno abolito simili trattamenti. MANICURE Io, no. ANDREA Mi appello alla Convenzione di Ginevra. MANICURE Spiacente, non sono convenzionata. ANDREA Alla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo. MANICURE Pensate prima ai vostri doveri. Fuori le mani! ANDREA E va bene! Ma non finisce qui... ahi! GIULIO Ed ora, è contenta? MANICURE No. ANDREA E’ soddisfatta? MANICURE No. GIANNA Come no? MANICURE Aspettate e vedrete. LAURA Ancora? MANICURE (esce e rientra con alcune corde) Sorpresa! (comincia a legarli) GIULIO Ehi, dico siamo matti? ANDREA Che ha in mente di fare? GIANNA Noi non ci prestiamo, sa!? GIULIO Per niente! MANICURE E allora, perché non cercate di ribellarvi? Io sono sola e voi siete in quattro. LAURA Se non si grida e non ci si dibatte è solo per non dare scandalo nel palazzo. Siamo inquilini modello, che crede? GIULIO Altrimenti non avremmo alcuna difficoltà a ridurla all’impotenza. MANICURE Impotenti, per ora, siete voi. E restateci! (esce) Scena seconda Detti, soli. GIULIO Chissà perché ci ha legati stretti stretti. ANDREA Come salami. GIULIO Spero non voglia affettarci, come nei film dell’orrore. GIANNA Ed io che non me ne sono persa una di quelle schifezze! LAURA Mio Dio! Chissà quali orrende torture avrà in mente per noi. ANDREA Già, ci ha preso gusto. GIULIO Diciamo la verità, ce lo siamo meritato. GIANNA Perché? ANDREA Siamo andati in cerca di guai: e li abbiamo trovati! GIULIO E’ una specie di punizione biblica. ANDREA Insomma, che ne sa lei di punizioni bibliche? GIULIO Io? Sono un barbiere di qualità. ANDREA Figaro qua e Figaro là! Che c’entra? GIULIO Glielo spiego se non si dimena tanto, visto che la corda mi sta segando un testicolo. ANDREA Ebbene? GIULIO Un bravo barbiere gode dei favori della più svariata clientela, sa? Professori di violino, suonatori di trombone, politici, clown, industriali, spazzacamini, liberi docenti, fognaroli e filosofi. Tutti passano sotto le mie forbici. ANDREA Buon per loro. GIULIO E dal momento che, per ingannare il tempo tra una barba e l’altra, ho il maledetto viziaccio di scambiare quattro chiacchiere, a furia di parlare del più e del meno, mi sono formato una cultura enciclopedica. Ad esempio, pur non avendo mai letto “Essere e tempo”, non ho mai avuto il tempo materiale per dedicarmi a simili amene letture, è come se l’avessi scritto io tra una lavata di testa e l’altra. Mi spiego? ANDREA Non sto ad indagare. Ma come fa a dire che si tratta di una punizione biblica? GIULIO Le rispondo con un sofismo platonico: lei come fa a dire che non lo sia? GIANNA Heidegger, Platone, basta! LAURA Volete smetterla una buona volta di parlare di cose assolutamente fuori luogo e prive di senso? GIULIO Se Platone è privo di senso, allora tutto il pensiero occidentale lo è. LAURA Già, ma in un frangente come questo Platone penserebbe prima a liberarsi, e poi a filosofare. GIULIO La filosofia come scienza della liberazione dell’uomo... giusto, molto giusto! Scena terza Rientra la Manicure, con una chitarra. Detti. LAURA Porco mondo, rieccola! MANICURE Voglio torturarvi con una bella canzoncina di mia composizione. GIANNA Oh no! GIULIO Ci mancava solo la canzoncina. ANDREA Sarà totalmente stonata. LAURA Ci romperà sicuramente i timpani. GIULIO E le scatole! MANICURE State zitti e ascoltate, visto che non potete fare altrimenti. (comincia a strimpellare e a cantare, venendo alla ribalta con un opportuno gioco di luci) Tu Roma mi riduci come il buio con le luci che si accendono d’incanto il neon non è mai stanco. GIULIO Che nenia. LAURA Che pizza. GIANNA Che scocciatura. MANICURE Questa notte è un’avventura tra immondizia e spazzatura questa notte è un’indecenza come il giorno è sofferenza. Ma che ci posso far sé ho addosso l’angoscia più grande che c’è. GIULIO Poverina! ANDREA Crede di essere originale! LAURA Deve venire a dircele lei queste cose! GIANNA Non se ne può più! GIULIO Propongo di fare bla bla bla tra di noi mentre canta, così da non sentire più la sua voce bensì la nostra. ANDREA D’accordo. GIULIO Allora pronti, al posto... via! TUTTI INSIEME Bla bla bla bla bla bla bla bla bla bla! MANICURE Questa notte è senza fine davanti alle vetrine le signore han lasciato tacchi a spillo sul selciato. Della notte gli abitanti son puttane rimorchianti con froci e travestiti e stranieri un po’ impauriti. Resta sopra il marciapiede solo un povero drogato che si è fatto un buco in testa e li si è appisolato. I romani sono belli han la faccia da piselli scopan con i brasiliani nascosti dai platani, I romani sono furbi non c’è niente che li turbi chiedon strada con i fari insulti sputi e spari I QUATTRO INSIEME Bla bla bla bla bla bla bla! MANICURE E va bene, me ne vado! (Esce) Scena quarta GIANNA Bla bla bla bla bla! ANDREA Basta... GIANNA Bla bla bla bla... Cortesemente, una botta, mi si è incantato il disco... Bla bla bla bla! GIULIO Questa sì ch’è una vera tortura. GIANNA Bla bla bla bla bla bla... aiuto! Non voglio blaterare per tutto il resto della mia vita! Bla bla bla bla bla! ANDREA Mai sentito niente di più scontato. GIANNA Bla bla bla aiuto! Bla bla! ANDREA Facciamogli “Bù!” tutti insieme, così dallo spavento la smette di dire bla. TUTTI E TRE INSIEME Un due tre e... Bù! GIANNA Bla! TRE INSIEME Bù! GIANNA Bla! Passato, per fortuna posso tirare un sospiro di sollievo. GIULIO Tuttavia la seconda strofa non era del tutto priva di senso. LAURA Pare anche a me. GIULIO Certo, perché rispecchiava il concetto-base, il “bla-bla” di tutto il pensiero occidentale. Come dicevo... LAURA Insomma, perché non lasciamo stare il pensiero occidentale e non pensiamo a liberarci, magari all’orientale? ANDREA Come sarebbe all’orientale? LAURA Semplice: strisciando sul ventre, in modo da allentare i nodi scorsoi. GIULIO Non sarà un’idea platonica, ma mi sembra comunque un’ottima idea. ANDREA Anche a me. GIANNA E a me pure. LAURA Allora sbrighiamoci, prima che torni quella strega! Cominciano a divincolarsi. GIANNA Ehi!, non tiri troppo da quella parte, mi strozza! ANDREA Non da quell’altra, mi sega! LAURA Peccato, però, non potercele appuntare queste posizioni: potremmo contribuire ad ampliare il Kamasutra già esistente. GIULIO Già, questa potremmo chiamarla “Figaro su e Figaro giù”.. . Insomma, come rendere felici due donne contemporaneamente disponendo di un Figaro solo. ANDREA Ehi, non si allarghi troppo: ci sono anch’io. GIANNA Dài.. LAURA Forza! GIULIO Issa! LAURA Ci siamo quasi.... ANDREA Liberi! GIULIO Finalmente liberi! Pausa in cui tutti si guardano come sbigottiti. LAURA E che si fa ora che siamo liberi? GIULIO Chiamiamo la polizia e poi i cobas delle manicure per mandare la manicure in galera e chi la difende al diavolo. LAURA Giusto. GIANNA Molto giusto. ANDREA Giustissimo. LAURA Approvato all’unanimità. Telefono io. (alza il ricevitore) Pronto, centralino? Mi passi la polizia. GIULIO Ehi, non siamo in un film degli anni Trenta. LAURA Giusto, me ne ero dimenticata. GIULIO Il tempo vola. GIANNA Purtroppo. LAURA State zitti per favore: non sento niente. Pronto? Polizia? Polizia? Come? Non è la polizia? E, allora, chi è al telefono?... Come? La manicure? GLI ALTRI La manicure?! GIANNA Ancora lei!? Non se ne può più! LAURA Ssst... La ascolto. Sì, sì, parli pure quanto vuole. Ma non appena avrà riattaccato, telefono direttamente in Questura. Come perché? Per farla arrestare! Come, è chiusa? Che, sono tutti scappati? Cosa? Un uragano? Non c’è più nessuno in città? Finalmente potrò parcheggiare sotto casa... Eh? Vento forza 38? Mare forza... a Roma però non c’è il mare, magari ad Ostia... come, ci arriverà? Ondate alte dieci piani? Ma noi ci stiamo già al decimo piano... Tempeste magnetiche? Scosse telluriche? Pronto! Pronto! Pronto... (agli altri) Ha riattaccato! GIULIO Il quadro della situazione è poco confortante. ANDREA Direi quasi sconfortante. LAURA Che si fa? GIANNA Proporrei di chiudere le imposte. ANDREA E di mettere qualche giornale sotto le finestre. GIULIO Bene. Salviamo solo la pagina degli spettacoli, tanto per avere qualcosa da leggere mentre passa la bufera. ANDREA E se non passa? GIULIO E perché non dovrebbe passare? ANDREA E perché dovrebbe passare? GIULIO Vedo con piacere che ha appreso la tecnica sofistica di noialtri barbieri. GIANNA Scemi, pensate a cose più importanti. ANDREA Ad esempio? GIULIO Non possiamo costruire un anticiclone così su due piedi. ANDREA Non ne abbiamo il tempo materiale. GIULIO E neanche il materiale. ANDREA A proposito: come si costruisce un anticiclone? GIULIO Prima mi faccia vedere un ciclone, poi glielo spiego. ANDREA Oh, bene, tra poco sarà qui. GIULIO Quando arriverà, saremo pronti a riceverlo. ANDREA Giusto. LAURA Questo sì che è parlare da uomini. GIANNA Un corno. ANDREA Come un corno? GIANNA Fregnacce! GIULIO Come fregnacce? GIANNA Come faremo a resistere giorni, mesi, forse anni se ci siamo scordati di fare la spesa quando ne avevamo ancora il tempo? GIULIO Ehi, a proposito di tempo... guardate l’orologio: non va indietro? LAURA Il tempo va indietro? GIULIO Il tempo non so, l’orologio però sì. LAURA Sarà guasto. GIULIO E se, per le scariche magnetiche, si fosse guastato anche il tempo? ANDREA Sarebbe un bel guaio. Vado a controllare... (esce) LAURA (guardandosi in uno specchio) Ehi, mi sono scomparse le rughe! GIANNA E a me gl’inestetismi della pelle. GIULIO Oddio, non sono più stempiato! E la ciccia non c’è più! GIANNA Guardate! Mi sono sparite le borse sotto gli occhi! LAURA A proposito dov’è la mia borsetta? Temo che il portamonete... Eho, chi mi ha messo un biberon nella borsetta? Forse... Unguèèèèè! GIULIO Ohibò! Credo d’averla fatta nel pannolino. Compare Andrea, vestito con una divisa da gerarca fascista. TUTTI E TRE Aaaaah! ANDREA Come prego? GIULIO Abbiamo detto “ah”! ANDREA In che senso? GIULIO Si dìa un’occhiatina allo specchio. ANDREA Che idea, guradarmi allo specchio. Perché, poi? Cos’ho che non va?... (si guarda) Aaaaah! GIULIO Ha visto? ANDREA Che può essere successo? E’ una cosa terribile! Mio nonno è un eroe della Resistenza! Ed io sono conciato così! GIULIO La domanda del secolo è: è l’orologio a mandare indietro il tempo o il tempo a mandare indietro l’orologio? Vado a controllare sull’orologio in cucina.... Forse lì il tempo non è ancora cambiato. Perché dovete sapere che è proprio nella cucina dell’universo, nel cosidetto magma iniziale, che si è venuto a creare il primo buco nero che ha dato inizio al tempo. ANDREA Lei dice che qualcuno ha regolato male il forno dell’universo che, invece delle costellazioni a forma di ciambelle, ci ha sfornato un buco nero sbruciacchiato? GIULIO Appunto. E da quell’originario buco nero che ha squilibrato il Tutto, per cui tutto è diventato parte e particella ed è cominciato a girare per tornare su se stesso, in se stesso e per se stesso, è nato il tempo grazie ad un formidabile big bang, un grande botto verso l’esterno. Da qui la freccia e la direzione del tempo che va da una parte e non dall’altra. Ma potrebbe benissimo andare in direzione opposta se quel famoso buco nero - la teoria l’ho appresa da una rivista specializzata che ricevo in omaggio - si fosse all’improvviso rattrappito ed, invece di vomitare il tempo, se lo stesse fagocitando all’indietro. (esce) ANDREA Intanto di coso nero, mannaggia il miseria, qui ci sono soltanto io. Le pare giusto?Il buco nero, se voleva proprio tornarsene sui suoi passi, poteva almeno mettermi un mantello imperiale invece di una sciocca camicia nera che, se ci vado in giro coi tempi che corrono, me la sostituiranno con una di forza! GIANNA Per forza, fa ridere i polli... alle soglie del Duemila... LAURA Certo che una cosa del genere non me l’aspettavo proprio da un tipo distinto come lei... ANDREA Che c’entro io? Oh mio Dio! Ora saremo costretti a marciare e a cantare stupidi coretti bellici tipo “Faccetta nera”... (si odono degli scoppi) Che succede? GIANNA Presto, spegnete le luci: gli alleati ci stanno bombardando. ANDREA Ripeto la mia domanda: che c’entro io? Io sono un figlio delle democrazie occidentali. Quel tipo lì con la pelata e il mento volitivo non lo conosco proprio! Rientra Giulio, è vestito da antico romano. GIULIO Non ci capisco niente: all’orologio in cucina sono cadute le lancette. ANDREA E a noi le braccia vedendola così. GIULIO Così come?... (guardandosi allo specchio) Aaaaah! LAURA Dio mio, il tempo sta andando vorticosamente indietro! GIANNA Ogni secondo che passa, passa un secolo di storia. LAURA Se andiamo avanti, cioè indietro di questo passo, tra poco la storia sarà finita. Il mondo sparirà e noi torneremo di dove siamo venuti. GIANNA Aiuto! Non voglio sparire! LAURA Aiuto! Non voglio morire per colpa di un maledetto orologio! GIULIO Calma e sangue freddo. Vedrete che tutto tornerà a posto, al suo posto! ANDREA Punto primo, dobbiamo stabilire a che punto è arrivato il tempo e se la corsa all’indietro si è rallentata, stabilizzata o addirittura arrestata. GIULIO E come? ANDREA Dando semplicemente un’occhiata fuori dalla finestra... GIULIO Prego, si accomodi! Andrea spalanca la finestra, ma non fa in tempo a guardar fuori perché si trova faccia a faccia con uno spaventoso mostro preistorico. ANDREA Aaaaah! Sto per svenire, anzi, quasi quasi svengo seduta stante... (sviene) LAURA Porco mondo! Vengo meno... (sviene) GIANNA Non son da meno nel venire meno! (sviene) GIULIO Gentile signor mostro, prima di svenire come i miei colleghi, vorrei porle qualche domandina. Niente d’impegnativo, mi risponda come può. A parole, se può parlare la mia lingua; a gesti, se può gesticolarla. MOSTRO Prego. GIULIO Lei è davvero un mostro preistorico a tutti gli effetti? MOSTRO No. GIULIO Però è un mostro in carne ed ossa. Vero? MOSTRO Oh no, anzi. Sotto la dura scorza che vede sono un pezzo di pane. GIULIO Posso devotamente carezzarla? MOSTRO Oh sì, faccia pure. GIULIO Morde? MOSTRO Perché dovrei? GIULIO ... tiritiritì. Uh! senti, fa le fusa! MOSTRO Certo, questo è un momento storico per me. Voglio godermelo! GIULIO E’ la prima volta che viene carezzato da un essere umano? MOSTRO No, è la prima volta che qualcuno apprezza una mia opera. GIULIO Come? Lei sarebbe il responsabile di questa... mostruosità?! MOSTRO Esattamente. GIULIO L’ha scritta proprio lei? Un mostro preistorico? E sa scrivere? MOSTRO Precisamente. GIULIO Quindi, questa storia del tempo che va indie-tro è tutta colpa sua! MOSTRO Va indietro nella commedia, non nella realtà. C’è una bella differenza. GIULIO La invito cortesemente a rimettere le cose a posto. Noi non ci stiamo, sa?, a farci prendere in giro. Siamo persone serie, adulte. E tutte le commedie che si rispettano vanno avanti, non indietro. Parlo anche a nome del pubblico... e della critica, che ne ha abbastanza di simili baggianate! Del resto, se si poteva imputare il tutto ad un buco nero impazzito, d’accordo, avremmo fatto buon viso a cattivo gioco. Ma ad un buco nella commedia no, abbasso le commedie che fanno acqua da tutte le parti e vanno indietro invece di seguire la freccia del tempo che fin dall’inizio ha preso una direzione e non può svicolare o invertire la rotta come sta facendo in questa sua operina antiaristotelica che non rispetta l’unità di tempo e d’azione, anzi che non rispetta un tubo! MOSTRO Bene, la mia commedia invece va proprio indietro. E fa acqua da tutte le parti! GIULIO E’ testardo. MOSTRO Appunto. GIULIO Fin dove vuole arrivare? MOSTRO Non lo so. GIULIO Vede? Non lo sa. MOSTRO Che dovrei fare secondo lei? GIULIO Partire dall’inizio, e non dalla fine, come fanno tutti. MOSTRO E finire con la fine? Che banalità! No, ho un’idea migliore. GIULIO Cioè? MOSTRO Non cominciare proprio. GIULIO Solo che doveva smettere prima di comin-ciare, non a cose già fatte, con la commedia che sta per finire. MOSTRO Posso sempre stracciarla. GIULIO Come? MOSTRO O bruciarla. GIULIO Lei è un mostro! Un vandalo! Un unno! MOSTRO (si toglie il guscio del mostro e compare la manicure) Ogni bel gioco è bello quando dura poco... GIULIO La manicure? MANICURE Abbiamo scherzato abbastanza. Gli altri rinvengono. Si guardano intorno. ANDREA Grrr! Lei questo lo chiama uno scherzo? Di pessimo gusto! GIULIO E che dovrei dire io? ANDREA Lei almeno sembra un imperatore, mentre io ho tutta l’aria del pirla! GIULIO In effetti... LAURA Comunque, basta con questa manicure. GIANNA Non se ne può più di questa manicure! INSIEME All’attacco di questa manicure! Inseguimento, trambusto. Vola di tutto nella battaglia. Andrea, vestito da fascista, spara col moschetto, Giulio brandisce la spada, la manicure si difende con la limetta. Buio. Entra l’Epilogo. Abbiamo altri problemi, rapimenti, droga e sesso ma non siamo così scemi da non ridere lo stesso. Ci saran dei criticoni che a suon di paroloni arricceranno il naso per ciò che abbiamo osato. Ma voi non siete fessi e avrete già capito dove noi si punta il dito, applaudite come ossessi. Del resto, l’esistenza ci riserva giorni tetri perché non farne senza sotto il tetto dei teatri? E’ vero, tutto questo non è di certo nuovo, son cent’anni che il teatro fa sempre uguale l’uovo. Ma noi siamo felici d’esserci divertiti d’aver fatto due risate con paio di boiate. La messa è ormai finita, non si scherza con la vita, e se pure non vi piace vi preghiam d’andare in pace. Scorre un cartello con su scritto: The End