Vitaliano Brollo
Data di nascita:
Intervista rilasciata in dialetto il 28 aprile 2004
Intervistatore: Mauro Mazzocut
(prima traccia dss)
Quando sono entrato io, era il 1964: a maggio.
La filatura e la tessitura, era una bella industria. Ancora occupava a Pordenone parecchio personale e intendo circa tra
l’una e l’altra un migliaio di persone da quella volta. Ma erano molte di più perché una volta veniva addirittura il
vigile quando c’era l’uscita degli operai.
Come hanno fatto anche per la Savio fino in ultimo e alla Rex dove hanno messo addirittura il semaforo perché non
ne potevano più.
Inizialmente sono stato assunto ai servizi generali come elettricista. E ho incominciato a lavorare a Torre. A Fiume gli
ultimi tre anni. Erano tutti dello stesso gruppo Olcese Veneziano ma era l’ex veneziano o meglio ancora
ingener???Viscosa. Ha cambiato mille nomi ma il riferimento era sempre Snia Viscosa a Milano.
Lavoravo a seconda di come serviva il lavoro di elettricista, fare nuovi impianti di qua e la fino a che non è venuta la
prima alluvione a novembre 1966. Quando è ripresa l’attività, siamo stati i primi ad entrare per la manutenzione,
abbiamo iniziato a smontare e rimontare le macchine per rimetterle in funzione, in servizio e là un certo Danilo
Bettoli, che è il fratello dell’ex deputato del PC di una volta che è zio di Bettoli che ha attualmente .. (frase non
finita). Questo Danilo era lui l’elettricista dentro in quei tempi,ed è morto fulminato subito dopo l’alluvione; stava
ripristinando una macchina e si era dimenticato di avere inserito l’energia elettrica, le macchine a quel punto
lavoravano a 500 volt quindi se prendevi una scossa di 1000-2/3000 volt è terribile quel tipo di corrente.
L’azienda ha quel punto ha creduto opportuno di mettere me al suo posto in filatura. Siamo andati avanti un bel
periodo. I primi lavori erano con i turni dentro in fabbrica come normale manutenzione, se una macchina si rompeva
dovevamo ripararla e farla ripartire elettricamente: Avevamo una certa autonomia nel turno perché dovevamo coprire
tutta la fabbrica.
Eravate in tanti elettricisti?
Praticamente, in filatura eravamo uno per turno e in tessitura anche, perché l’esigenza era quella. Di notte ce n’era
uno solo che copriva i due stabilimenti perché l’esigenza era solo riavviare nel limite del possibile la macchine; cioè
lasciare le macchine ferme senza fare grosse manutenzioni che si facevano durante il giorno. Durante il giorno oltre
che a riavviare la macchina si sostituivano parti; mentre di notte ci si accontentava di farle funzionare lasciando
l’indicazione di cosa serviva fare.
La produzione era a ciclo continuo?
Continuo 24 ore su 24 per sei giorni, anzi quando sono arrivato io nel ‘64 si lavorava sabato compreso fino alle 6 del
mattino della domenica. Poi, non ricordo il periodo, ci sono state le prime lotte sindacali all’interno ed è stato
conquistato: sei giorni settimanali e 6 ore al sabato con turni dalle 6 alle 12 e da mezzo giorno alle 6 di sera. Erano
state tolte le ultime sei ore.
Siamo andati avanti un altro bel periodo prima di arrivare proprio all’abolizione (punto 5.51 dss), non mi ricordo
verso il ‘70, prima che abolissero….
Ma come facevate le vostre lotte sindacali?
C’era il sindacato che in quel periodo premeva forte sulle riforme all’interno delle fabbriche, anche se loro tentavano
di spiegarci al massimo cosa erano gli intendimenti del sindacato a livello nazionale ???? (punto 6.15 dss), l’indirizzo
di tutta la nazione. All’interno c’era un buon livello di “sindacalizzazione” da parte degli operai. Non c’erano
persone che non capivano l’importanza di essere uniti per fare le lotte. Quando si dichiarava lo sciopero la domanda
era: “motivo, scusa?” allora si spiegavano, i sindacalisti spiegava a noi. Quella volta esisteva ancora la commissione
interna, quei quattro che ne facevano parte erano politicizzati erano della CGIL o CISL o UIL e si era divisi come
sindacati. Però all’interno della tessitura e filatura non c’è mai stato un grosso problema: quando specialmente la
CGIL dichiarava sciopero eravamo i più ascoltati e praticamente gli operai ci seguivano tutti. Forse da questo più
avanti è avvenuta l’unificazione delle tre segreterie che secondo me sono stati i tessili a portare avanti questo
discorso.
Siamo arrivati alle prime richieste di riforme, subito dopo è venuta fuori la necessità di creare un sindacato unitario e
qua io sono stato inserito dentro. Quella volta sono stato, eletto come tanti altri, e abbiamo fatto la nuova
commissione interna ed eravamo i nuovi rappresentanti sindacali misti delle tre categorie.
Categorie erano: operai e ?
Quando parliamo di sindacato all’interno dell’azienda, parliamo solo di operai, perché quella volta gli impiegati erano
restii a seguire la classe operaia, tanto è che entravano liberamente in fabbrica senza ??? (punto 8.45 dss) solo noi
operai eravamo…, in seguito verso l’85-90 hanno iniziato ad allearsi visti i primi licenziamenti, chiusure o
diminuzione di personale per cui hanno sentito che la loro sedia non era più sicura. Allora si sono uniti a noi.
Il cotonificio è stato chiuso quando?
Con le date è un po’ difficile, non vorrei dirle le date sbagliate. Io sono uscito dalla fabbrica nel ’93. Tre anni li ho
fatti qua a Fiume, gli ultimi tre. La tessitura ha lavorato in quel periodo e poi l’hanno trasferita a Travesio. Mentre la
filatura di Torre ha chiuso 15 anni prima, quindi nel ‘75-80. Due o tre anni dopo ha chiuso la filatura di Pordenone.
Siamo rimasti noi come tessitura, in quel momento abbiamo cambiato nome, subito dopo. Ma per quanti nomi che
loro mettessero all’industria, gli stabilimenti telefonicamente erano sempre alla ??snia (punto 10.30 dss), i
personaggi che venivano a parlare con noi erano sempre quelli.
Le lotte all’interno della fabbrica sono state tantissime ma onestamente mi dimentico. Una posso raccontarla: quella
dell’articolo 18. Quella volta non si chiamava articolo 18 perché lo statuto del lavoratore lo avevo imparato a memoria
come il contratto di lavoro. Il contratto del lavoro fino a che ho lavorato lo sapevo articolo per articolo, bastava che un
dirigente dicesse qualcosa sapevo dirgli che quell’articolo diceva questo e questo… Li prendevamo sempre in
castagna perché sapevamo a memoria il contratto e specialmente lo statuto del lavoratore. Stavo sul naso a più di
qualcuno. Ma perché: sul lavoro non potevano dirmi niente perché avevo in testa una sola cosa nelle otto ore ero
dentro: fare il mio dovere dalla A alla Z. Qualsiasi cosa ti dicano di fare che è il tuo lavoro: fallo. Se loro ti dicono di
fare tante altre cose: gli dici se è il tuo compito o esula dai miei compiti? Nei turni in cui operavo non potevano
incriminarmi di niente perché ero sempre in ordine con tutto. Dal canto mio cercavo di fare sì che anche per gli
operai fosse altrettanto. Cioè intervenire quando il direttore o il capo, in forma rigida, credeva di prendere l’operaio
singolo per cercarlo di convincerlo che la linea sindacale non fosse giusta, ma fosse giusto quello che diceva lui. Io
dicevo che se avevano qualcosa da dire dovevano parlarne con me, non con gli operai. E li salvavo in questo
modo.
Tornando sull’art. 18 loro non sapevano più come fare per incastrarmi ??? la via era quella, quella volta avevano
ancora i portinai e il portinaio che sapeva quando io andavo a fare la mezza ora di pausa, (perché nelle otto ore filate
avevamo mezza ora di pausa). Allora (tutti gli operai lo sapevano perché erano loro a raccontarmelo) veniva in
bicicletta si metteva nascosto sul posto dove lavoravo e stava là quei 20-25 minuti finché si accorgeva che mi alzavo e
andavo a fare il mio lavoro, cioè avevo smesso di fare la pausa. Altrimenti rimaneva là per vedere se cadevo
nell’infrazione. Ti controllavano in tutto, avevamo dei portinai, come succede in alcune fabbriche anche a desso mi
sembra, e non gli riusciva in nessun modo. Ma dovevano trovare un sistema, allora quando ero di notte, siccome
facevo due fabbriche, appena fatto il giro completo. ah la mattina di quel giorno, di quella notte c’era una
manifestazione a Roma per i rinnovi del contratto, perché la tiravano lunga con il rinnovo, e c’era questa grossa
manifestazione a Roma. Loro erano convinti che ero uno di quelli che andavo alla manifestazione credendo che nel
turno di notte mi trovassero a dormire. Hanno mandato dell’ufficio tecnico un geometra e un perito a vedere cosa
facevo durante il turno. Io avevo appena fatto il giro della fabbrica di filatura ed ero passato in tessitura, quando
facevo questi giri qua cercavo sempre di farmi vedere dai capi sala perché sapessero che c’ero e passavo. Io finivo il
giro, non la serata, erano le 4 di mattina, vado in caldaia a parlare con il fochista e mi siedo; il fochista si fumava una
sigaretta tranquillo e mi sono accucciato (dialettale: scufà) a fianco a fumare una sigaretta anche io. Parlavamo del
più e del meno, del lavoro ecc. In quel mentre arrivano i due e mi sono chiesto cosa facessero quei due a quell’ora.
Mi hanno chiesto cosa facessi lì e spiegai che avevo appena finito il giro e mi ero fermato un momento a parlare con
Bruno della caldaia e adesso che mi aveva detto che andava tutto bene mi alzavo e andavo via. Mi hanno ribadito che
avevo la sigaretta in mano. Effettivamente si ma qua c’è la caldaia: è vuoto e di lì che c’è il divieto di fumare. ?? Mi
spiace (punto 16.35 dss) ma hai la sigaretta.
Il mattino dopo, torno a casa dal lavoro, alle 6 di mattina, gli altri erano in Piazza della Motta pronti per partire con le
corriere e vado là. Racconto cosa mi era successo la notte, c’era Gigi Ullian/Vidal sulla corriera che era sindacalista
Lei anche era sindacalista?
Io ero delegato interno. Mentre lui era segretario provinciale quella volta. Mi disse di lasciarlo tranquillo visto che
doveva andare a Roma e aspettare di vedere se succedeva qualcosa. Sono andato a casa, ma non ??? (punto 17.36
dss) rimanendo più di tanto in attesa, vado a dormire e alle 10 di mattina sono venuti a svegliarmi perché era arrivato
il postino e voleva che fossi io personalmente a ritirare la lettera e ho dovuto firmare la ricevuta della raccomandata.
Questo fattorino era stato mandato espressamente dalla posta in ditta a prendere la lettera, venire da me e tornare in
ditta a portare la ricevuta per essere sicuri che l’avessi ricevuta. Praticamente mi sospendevano a tempo
indeterminato. Aspetto che tornino gli altri e la mattina dopo in sindacato ho portato la lettera e spiegato la vicenda.
CGIL CISL e UIL hanno cercato di avere un contatto con l’azienda ma per l’azienda era tutto finito dopo il
controllo. Quella volta è stato deciso di fare scioperi immediati, cioè siamo andati a fare un insieme di assemblee per
tutte le fabbriche compresa la Canton, dove hanno aderito tutti. I tessili pordenonesi hanno aderito tutti a fare una
serie di scioperi di un’ora o due ore di protesta per la ritorsione dell’azienda, perché aveva applicato l’art.18 ma in
modo non corretto. La cosa andava per le lunghe. Allora abbiamo fatto una grossa manifestazione alla quale è
intervenuta con la parte della Zanussi. A quella manifestazione ha partecipato un segretario nazionale: Darattini
(punto 19.45 dss) il primo che ha fondato Rifondazione Comunista. Dopo la manifestazione, verso sera il sindacato
riceve una telefonata dalla direzione locale che avvisava che in quel giorno e a quell’ora in sede provinciale da parte
del giudice Pinco pallino (non ricordo il nome) che si era avvocato la mia causa si discuteva il caso. Quella volta ci
siamo presentati in venti rappresentanti di commissione più i tre sindacalisti provinciali. C’è stata una grande
discussione, quando tra sindacalisti e azienda cominciavano a insultarsi il giudice ha ritenuto di sospendere e
mandare fuori tutti noi e rimanere solo con azienda sindacati. In primo momento si sentiva l’azienda che alzava la
voce, poi un rimprovero da parte del giudice, l’azienda non ??? (punto 21.45 dss), tre ore dopo sono usciti e
l’azienda mi aveva riammesso al lavoro, obbligata dal giudice, perché l’azienda che si era comportata male non io che
fumavo la sigaretta dove potevo farlo senza creare problemi.
Da quel momento ero portato a palmo di mano da alcuni direttori delle fabbriche, loro mi avvisavano sempre:
“guarda che sta succedendo questo ” mentre gli altri con la linea di prima, dura. Ho avuto un buon rapporto
all’interno ma ho continuato con la mia linea, di fare rispettare le norme contrattuali degli operai e portare avanti la
linea sindacale corretta, io dico delle due confederazioni sindacali perché la Uil nel settore tessile aveva 5-6 operai
dentro. (punto 23.20 discorso su parere personale su UIL attuale).
Altro da raccontarle: terribile era quando arrivavano i “tecnici tempi e metodi ” che arrivavamo con il cronometro e ti
caricavano di lavoro che il personale non ce la faceva a stargli dietro. Però loro avevano deciso che dovevamo farcela.
Un giorno ho preso tutte le donne che erano cariche di lavoro (una volta i telai non erano come adesso che buttano là
le “rocche” che è di 5 mila metri di filo e quando finiva è già annodata alla successiva) una volta stavano là con il
fuso e c’era una rosta da riempire perché la gavetta che andava avanti e indietro quando arrivava in quel punto che
aveva finito il filo scaricava il prossimo e andava avanti così. Ho preso queste donne, sempre per correttezza sapevo
quando avevano la mezza ora per mangiare il panino allora andavo anche io con loro a mangiare il mio.
Erano separati i locali dove mangiare?
No c’era un’unica mensa ma c’erano i turni per mangiare. Allora per parlare con le donne e spiegare bene che
azione volevo fare ho dovuto prendere 3-4 giorni, perché riuscivo a parlare assieme a non più di 1 o 2 persone. Non
potendo andare 3-4 volte nella mezza ora dovevo scegliere che 2 le trovavo in questa mezz’ora, due domani e insegno
la cosa. Ho insegnato che per due giorni di fila loro dovevano fare esattamente quello che gli dicevano quelli dei
tempi e metodi, anche se cascavano per terra ???? (punto 25.25 dss) dovevano farlo, stavano cascando ???? che poi
dovevano mangiarlo loro ????? (punto 25.30 dss) e dovevano comunicarmi quante rocche esattamente dovevano
caricare all’ora in quelle macchine, perché la macchina cammina e vuole quel ???? (punto 25.45 dss) altrimenti a un
certo punto si ferma. Mi hanno dato tutti i dati e a una riunione più avanti, visto che i carichi di lavoro così non
potevano più andare avanti, l’azienda disse che i fatti dimostravano il contrario cioè la macchina scarica tante rocche
in un’ora la donna, facendo i calcoli di quante ne può metterne su in un’ora, ha anche tempi morti. Abbiamo
dimostrato invece che con i dati che avevamo noi la donna era satura al 100% e non poteva neanche andare in bagno
e per farlo doveva dire alle colleghe di prendere il suo posto oppure chiedendo alla tessitrice perché la macchina
doveva continuare a correre.
In quel caso lì l’azienda è stata costretta a rimangiarsi il carico di lavoro, hanno capito che i dati dei periti erano
sbagliati e non erano calcolati sulla realtà.
Altre piccole cose: la rumorosità in fabbrica. Io sono sordo al 35% da tutte e due le orecchie per la rumorosità.
Quella volta non davano tappi o cuffie o altro. Erano spese enormi e preferivano pagare l’assicurazione, perché ogni
tanto qualcuno iniziava ad avere disturbi dell’udito.
Facevano visite per questo?
Si quando sono iniziate le lamentele per questo fatto qua, sono saltati fuori due fattori la rumorosità e la vissidosi ??
(punto 28.15 dss) in fabbrica.
Cioè?
La vissidosi, come la silicosi dipende dal silicio questa dipende dall’elemento che non so se si chiama vissi? Cioè la
polvere sottile dell’appretto ventilato(punto 28.25 dss), che è una roba ??? che però ti riempie i bronchi e difatti ci
sono stati due o tre casi con i polmoni un po’ ?? che hanno dovuto andare a curare in sanatorio. Quella volta, dopo le
nostre proteste, è subentrato da parte della provincia la prevenzione (c’era il Dott. Gallo) che forse esiste ancora oggi
– non so Gallo che forse sarà Professore adesso – era specializzato nelle malattie professionali.
La rumorosità è venuta fuori dirompente, bastava venire con i fonometri dentro, dopo è venuta l’azienda stessa a
controllare la rumorosità perché non credeva ai dati che il Dott. Gallo forniva, Invece la rumorosità era ossessionante.
Tanto che la maggioranza direi il 90% del personale che lavorava in sala telai, oggi, se io sono al 35% andando
dentro e fuori, quelli che erano sempre dentro, oggi saranno al 70% ??. (punto 29.55 dss). Io a tutt’oggi ho gli
acutemi, non mi lasciano un momento. Io ho gli acutemi fissi e il 35% di sordità tanto che ??? metto su le cuffie: mi
basta che uno mi stia di fianco e il respiro suo mi disturba e non riesco a seguire il dialogo.
Per la vissidosi, quello che non ho capito è che il Dott. Gallo è andato aventi 5 o 6 anni a fare i controlli, quando la
vissidosi ha iniziato a prendere piede è sparito. Quel tipo di controllo lì non lo abbiamo più avuto ed era anche quello
annuale ed era buono perché alle donne facevano un check up completo.
Dentro in fabbrica?
No venivano con la corriera a prenderci e tutti stavamo via un’ora e mezza e ci portavano in Corso Vittorio, non mi
ricordo più il palazzo, ma comunque era a metà strada tra il Municipio e l’entrata del Corso Vittorio, era in un
palazzo dove c’era la sede di questo ambulatorio: prevenzione malattie del lavoro. Questo sistema di controllo che
avevamo lo avevamo grazie alle lotte fatte per le riforme.
Il periodo era dal ‘67 al?
Fino al ‘77-78-79. Quelli erano gli anni duri delle lotte, dove abbiamo fatto tutte le migliorie: come la riduzione
dell’orario di lavoro fino a 42 ore la settimana. Anche se l’azienda faceva di tutto per costringerci a lavorare di più.
Ma era in crisi?
Era in crisi ma pretendeva di avere quel tipo di produzione. Gli ultimi telai, prima che uscissi dalla tessitura, (i primi
telai bisognava stare a osservare la tela per vederla muovere molto lentamente perché erano a bassa velocità e quindi
con poca produzione) riuscivano a fare 80-90 battute al minuto: ogni battuta è un filo quindi voleva dire che si
facevano 10 cm. al minuto. Non ho parlato di altezze della tela: perché era indifferente, sia se fosse stato il telaio ad
altezza bassa che il telaio a doppia altezza: a 2 metri e 40. Erano enormi a vederli, e vederli lavorare 80 battute al
minuti era enorme. Per lui l’azienda è sempre stata in crisi qua ??? (forse fa il cenno dei soldi o della testa???) e non
sul lavoro, quando parlava di crisi cambiava le macchine e metteva quelle più tecnologicamente avanzate. Addirittura
in stiratura, le ultime macchine, cioè dal filatoio tradizionale (che è come vedere la nonna con la gorletta?? (dialettale:
?? – punto 34.35 dss)) che era assurdo a fare il filo in quel modo ma è preciso, erano evolute. Nel 1980-85 i tedeschi
sono riusciti a fare dei filatoi che, mentre prima ci volevano 10 donne a caricare e scaricare dai tubi che venivano
riempiti di filato a squadre, adesso la macchina alla fine si arrangiava automaticamente e una donna guardava 6 filatoi
automatici. Sui filatoi c’erano le sonde elettroniche che viaggiavano e quando vedeva un filo rotto ma non accendeva
la lampadina per richiedere l’intervento, ma dovevano esserci almeno 10 fili per disturbare la donna per un controllo.
Solo dopo 10 fili considerava che calava enormemente la produzione. La donna interveniva ma aveva la possibilità
per farlo, perché 6 macchine da tenere sotto controllo non era tutto questo disturbo. Pensi quanto personale, cioè la
crisi è diventata per noi personale: come numero; ma per loro tecnologicamente avendo meno persone e quindi meno
costi e profitti enormi e produzione che se non triplicava, quadruplicava, perché le macchine andavano a una velocità
inverosimile. L’ultima in filatura a Fiume addirittura lavorava direttamente il cotone colorato. Arrivava già dalla
pianta, cioè non più come una volta che il cotone arrivava bianco, con i marchingegni che gli agricoltori egiziani o
turchi facevano come .., il cotone arrivava o azzurro o rosa. Arrivava già colorato e le carde: le macchine che facevano
la prima cardatura, per fare il primo telo del filato, lavoravano a colore fisso: cioè una sempre rosa, l’altra azzurro o
bianco. C’era una priorità in relazione al tipo di colore: se mancava il rosso, si chiudeva la mandata di cotone bianco
e rosa e funzionava solo il rosso. La macchina che raccoglieva il cotone dalle balle si fermava (perché aveva una serie
di balle rosse, bianche o verdi) e andava davanti a quella dove era stata chiamata. Appena c’era una carenza sul bianco
stoppava urgentemente il colore che stava lavorando e andava verso il bianco. Come manutenzione ero addetto al
computer. I telai avevano un sistema di lavoro computerizzato con ?? Packard (traccia 38.25 dss). Era arrivata una
squadra tedesca a installarlo, perché avevano la concessione per la Evelett???. Mi avevano messo in condizione che li
chiamassi solo se si rompeva il cervello, se si fermava, oppure se succedevano grossi intoppi. Ma grossi intoppi per
me erano solo la stampante o il cervello del computer dove non mettevamo mani. Ma mi avevano messo nella
condizione che se un telaio non dava più dati giusti al computer, lo chiamavo e lui mi diceva perché non andava
avanti, perché si stoppava su una di quelle che erano le sue funzioni. Tra l’altro le funzioni non erano tante: i giri
della macchina, le rotture dei fili (no so quali fili ma solo che c’era la rottura), interventi da parte dell’addetto al
carico-scarico del telaio, o interventi della tessitrice o per manutenzione dell’assistente o del capo sala. Tutti dati presi
nel tempo ??? (punto 40.10), i capi sala a volte riuscivano a dare il 110% di confusione ???. Io non ho mai capito
come, o meglio ho capito come riuscivano a farlo, ma mi ci è voluto per corrergli dietro. Loro quando vedevano i dati
giornalieri (alla macchina si potevano chiedere i dati anche minuto per minuto la produzione) se vedevano qualcosa
loro cambiavano il rapporto velocità: cioè dicevano questa macchina fa 110 battute e invece ne faceva soltanto 80.
Imbrogliavano le carte, le carte erano sbagliate. E prima che si rendessero conto ne passava del tempo. E per questo
ci sono state grosse discussioni in fabbrica, perché andavano troppo a mettere il naso. D'altronde se la macchina deve
essere mandata avanti va mandata avanti nel modo giusto, come per tutti. E non come quando si imbrogliano le carte
non è giusto.
Come erano le relazioni con le altre persone in fabbrica, immagino che il turno di notte sia..
La manutenzione è terribile, certi lavori li demandavano, prima solo alla domenica perché si lavorava fino a sabato, e
dopo sabato e anche domenica perché logicamente più la macchina è tecnologicamente avanzata più cose ha da
controllare. Quindi sabato e domenica: manutenzione.
Poi gli impianti di condizionamento dell’aria : le filature avevano una climatizzazione come il sistema equatoriale: alta
temperatura e 65-68% di umidità per la lavorazione del filato. La tessitura aveva bisogno del contrario di una
temperatura costante di 22° ma una umidità di 72-73% fissa.
I rapporti con gli operai li avevo buoni un po’ con tutti. Tanto è vero che a tutt’ora quando li trovo a Pordenone e
anche qua a Fiume, anche se a Fiume ho fatto poco tempo, un buon rapporto di amicizia perché se il contatto è serio
e giusto ..??. C’era più da parte di certi caporioni con i quali non avevi buoni rapporti ma perché loro avevano
sempre quella di essere più in alto ??? (punto 43.45 dss)
I lavori inizialmente mi sembravano molto meglio di adesso. Perché c’era l’elettricista di turno più la squadra degli
elettricisti dei servizi generali. Che facevano i lavori più grossi. L’elettricista trovava i lavori già fatti e doveva solo
controllare che la macchina non arrivasse a momenti estremi perché altrimenti si fermava e quindi avvertire del
guasto. Dal ‘74 in poi i servizi generali li hanno tolti e la manutenzione secondo loro doveva pensare a tutto. Non
potevi fermare una macchina per metterla in manutenzione, si poteva ma non con la frequenza che pensavamo noi.
Mentre l’azienda cercava di tirare avanti. Finchè non siamo arrivati al punto che tirare avanti è arrivato l’estremo.
Negli ultimi tempi il lavoro era cambiato enormemente. Non era più come una volta dove, non che avevamo tempi
morti ma potevamo discutere sui problemi delle macchine. Questo gradatamente è stato eliminato. Adesso non so
perché sono 11 anni che sono fuori.
Nell’85, non c’erano più quei dirigenti mandati dalla Snia, ne hanno cambiati diversi, non si chiamava più cotonificio
veneziano ne Snia si chiamava ?? filati pettinati (punto 46.20 dss), Intex ?? con un nuovo direttore: quella volta
avevano intenzione di fare la fabbrica nuova, rinnovare tutto. E lui non so per quale motivo, io ero sindacalista quella
volta,
(seconda traccia dss)
forse convinto che volessero promuovermi a una carica superiore e io invece ero messo ??? di votare contro. Infatti
mi hanno fatto assistente e passato a livello impiegati e avevo la manutenzione di tutta la fabbrica. Mentre come
elettricista avevo solo sulle macchine, adesso tutta la fabbrica. In quel periodo è venuta fuori l’esigenza di rinnovare
completamente la tessitura. Mi hanno chiesto cosa ne pensavo e ho risposto che non avevo problemi ma avevo
bisogno di personale. Allora, non è che hanno assunto personale o imprese da fuori a lavorare dentro, io ho
approfittato del momento di crisi ??? (punto 1 dss) tutte quelle persone basta che abbiano voglia di fare quello che gli
si dice di fare ???? (punto 1.05 dss) ??? questi meccanici e dai meccanici o mezzi meccanici assieme con me a
passare cavi preparare la tessitura nuova: dai trasformatori ai quadri elettrici (fatti da una ditta specializzata che li ha
montati ad hoc sia quelli in media che in bassa tensione). Tutto questo lavoro lo abbiamo fatto durante le tre
settimane di ferie. Non lavoro finito però funzionante, che dopo nel tempo pian piano lo abbiamo completato.
Abbiamo preparato il grosso del lavoro. Quando sono rientrati dopo delle ferie le macchine / i telai non erano tutte
funzionanti anche perché la tela non poteva ?? (punto 1.55 dss) tutti i telai in una volta, erano parziali, la sala telai
veniva divisa in quattro pezzi: un quarto funzionante, il secondo quarto lo stavamo preparando e dopo sono andati
avanti fino che dopo un anno sono stati completati tutti). Abbiamo fatto tutti i lavori elettrici con il personale interno
senza grossi problemi.
Le lotte sindacali fuori: un sindacalista ha quella giornata per impegni sindacali per cui sta fuori dalla fabbrica.
Magari il segretario provinciale ha problemi in un’altra fabbrichetta. Allora andavamo a dargli una mano a insegnare
alla gente, parlo del ‘68-69.
In altre fabbriche?
Sempre in provincia a fare sciopero. Ad esempio la ??? (punto 2.25 dss) dove ci sono tante fabbrichette, là c’era una
azienda che faceva il nylon per fare le calze delle donne, filo molto speciale. Le macchine lavorano con una fiammetta
perché questo nylon o rayon quello che è si fila solo se lo scaldi. Le macchine non potevano mai fermarsi ma andare
continuamente: si immagini quando c’era sciopero al direttore non gli diventavano i capelli dritti ma bianchi!. Quella
volta eravamo noi insieme al sindacalista Gigi Vidal, senza fare nomi (punto 4.10 dss) che sapeva che gli operai
arrivavano in corriera, per cui anche se c’era sciopero gli operai dicevano è la corriera che ci ha portato in fabbrica,
dentro. Non avevano il coraggio di dire ci fermiamo. Quella mattina eravamo noi e ci siamo messi davanti al cancello
(come quello che è successo a Melfi) e il maresciallo dei carabinieri di Cordovado sono intervenuti per cercare di
mandarci via.
Eravate in tanti?
No, in tre più Vidal, ma Vidal non perché non volesse intervenire, ma perché (siccome i sindacalisti sono sempre stati
bene amati) aveva una diffida, era sotto condizionale: per 2 anni non doveva farsi beccare di nuovo altrimenti si
faceva i due anni in prigione. Allora lui ci teneva buoni e diceva di non toccare nessuno, neanche le macchine, i
cancelli, niente ma neanche non fatevi toccare che nessuno può. Il maresciallo aveva quella di ??? (punto 5.45 dss).
Non so come siano arrivati là, so che a un certo momento sono arrivati due della pubblica sicurezza in borghese,
quelli che vanno anche adesso in giro per le manifestazioni.
Tipo Digos?
Si. Quella volta c’erano due marescialli: Gianluca e Gianmarco. Quella volta non li conoscevo tanto bene ma loro mi
conoscevano forse per quella volta della lotta per l’art. 18. Mi conoscevano bene e sono intervenuti con l’altro
maresciallo dicendo che stava facendo più di quello che è il suo compito: loro sono solo qua davanti al cancello la
corriera non può investirli. Mi sono dimenticato di questo: l’autista istigato dal maresciallo ci è venuto contro e io mi
sono appeso al muso della corriera e mi stavano portando dentro in fabbrica. Allora si se entravo in fabbrica avrei
invaso territorio di un altro. Qui sono intervenuti i due carabinieri fermando la corriera e hanno ??? al maresciallo
(punto 7 dss) però non si sono qualificati. Il maresciallo non ha più detto niente e si è allontanato. Quella volta è stata
una fortuna enorme che ci siano stati quei due, forse perché sapevano che quella fabbrica tentava di fare una forzatura
al pari di Melfi adesso. A Melfi chi può aver dato gli ordini a Agnelli fa questo, non credo che Agnelli di testa sua (o
meglio l’avrà anche pensata, ma non l’ha mai fatta fino adesso, perché farla proprio adesso) ma avrà avuto qualcuno
di grosso al governo che abbia detto: pugno duro con gli operai.
Erano situazioni anche pericolose?
Più di qualche volta.
E i famigliari come prendevano queste situazioni?
Io cercavo di dire il meno possibile in casa. Era sempre una cosa mia. Quando mi vedevano stanco dicevo che mi
lasciassero stare che avevo avuto tanto da fare.
C’erano i problemi di un operaio: non si arrivava a fine mese perché lo stipendio, pur avendo la possibilità di fare
qualche ora di straordinario, avendo due figli da allevare dando loro un minimo di quello che serve nella vita, era dura
farla quadrare e l’affitto da pagare. Ho pagato l’affitto fino a che non è venuta l’occasione di queste casette con
mutuo regionale e allora, altro sacrificio, ma almeno è tua.
A casa facevo capire il meno possibile di quello che succedeva perché avrebbero altrimenti sofferto anche loro. E mi
avrebbero consigliato di smetterla, mentre io lo facevo con passione. Come dicevo prima: il contratto di lavoro lo
sapevo a memoria e era un libretto così, la parte che riguardava gli operai (no quella intermedi o impiegati). E lo
statuto dei lavoratori quella volta Saragat lo ha firmato, è stato per noi una manna perché fino a quel punto là
l’azienda non gli andava più uno per qualsiasi motivo lo mandava via la mattina dopo. Quando di recente è stata fatta
la lotta per l’art. 18 io ho pensato subito qua vogliono buttare fuori tutti i sindacalisti dal primo all’ultimo. Ed è
brutto …?? (punto 10.50 dss). Perché l’azienda prima butta fuori tutti i sindacalisti/delegati all’interno della fabbrica.
Gli operai si ritrovano e cascano subito come erano prima perché non avendo più gli indirizzi interni l’operaio si
lascia andare subito.
Anche perché come diceva prima li prendono singolarmente?
Si, la tecnica del capo sala/direttore è proprio questa. Con la sua autorità (io dico cattiveria proprio) arriva e ti ??
(punto 11.30 dss). L’operaio, come tutti, uno diventa cattivo magari perché si è fatto una idea che non possono
subire tutte queste cose e reagisce. Però se non hai una certa copertura è un po’ difficile.
Quando è entrato…..
Io sono entrato come operaio normale. Non sapevo quale era l’indirizzo politico: facevo confusione tra CGIL CISL
UIL.
Lei entrato a 27 anni…
Io fino a 27 anni, venivo da San Donà di Piave un paese prettamente bianco ??? di acqua (punto 12.15 dss), là non
essendo più lavoro, ho preso le valigie e sono andato in Svizzera. Sono arrivato come gli extracomunitari qua: non
con contratto di lavoro (io non sono arrivato con le barche!). Quando ho passato il confine, ormai i doganieri svizzere
riconoscevano se non eri un italiano che già lavorava là, e ti facevano scendere dl treno e ti ammassavano in un
angolo in un hangar dove passavano i dottori e le infermiere, visita: saliva, sangue, tutto. Dopo risalivamo sul treno e
via. Intanto avevano la certezza che non avevi malattie infettive.
Però ti avevano già segnalato, là c’era un controllo effettivo. Quella volta sono arrivato prima a Vintertour ?? (punto
13.40 dss) che era già una città frenetica, quasi mi dava la sensazione di Milano, una città del nord. Dopo mi sono
portato verso Salgarden ??, dove per un caso fortuito prendendo in mano un giornale pur non sapendo il tedesco ho
visto “eletrica” le prime parole che ??? (punto 14.05 dss) e so che cercavano. Mi sono presentato in direzione, dove
c’era un impiegato che parlava bene l’italiano e ha confermato che cercavano un elettricista in questo paese che è al
confine con l’Austria. E allora sono andato in questo paese e ho trovato il responsabile della zona di una ditta, delle
più grosse della Svizzera tutt’ora la Gossenback ??? delle centrali elettriche. Ovviamente mi avevano già trovato la
camera per dormire e una specie di trattoria per mangiare.
(Traccia 3 del dss)
Il lavoro era di elettricista: segnavano sul muro dove e cosa dovevamo fare (tutto a norma come fanno loro). Io inizio
e al pomeriggio arriva (io avevo fatto di qua e di là) e a fatto subito la prima prova “l’ANSA” (punto 00.40 dss)
controlla se le viti erano chiuse bene. Finito quel lavoro mi porta su un altro lavoro piccolo e nelle prime ore di
pomeriggio avevo finito e ho preso gli attrezzi e sono rientrato in officina e ho avvisato che avevo finito. Mi hanno
fatto capire che dovevamo ritornare là per controllare. Mi hanno fatto capire che lì ci volevano ancora due gironi.
Dopo ho capito l’antifona: cioè che dovevo andarci piano, e che lansa voleva dire piano. Dopo 20 giorni qualche
parola e numero iniziavo a parlarla in tedesco in qualche modo mi ha fatto capire di studiare il tedesco. Avevo trovato
un libro e avevo iniziato a studiare le parole ma non sapevo legare le frasi ed i verbi. Era molto complicato anche
perché chi parla italiano ha difficoltà ad imparare le lingue straniere. Chi invece ha studiato il latino impara subito.
Nel paese dove lavorava mia moglie, che era venuta anche lei in Svizzera a Sandall??, c’era una scuola di tedesco.
C’era una insegnante ticinese che parlava benissimo l’italiano e insegnava tedesco. Non sono stato tanti anni in
Svizzera: circa tre. Nel frattempo era nato il primo figlio e avevo capito che per lui non era bello stare là. Quella volta
ho iniziato col prendere 3,20 franchi all’ora e sono tornato a casa che ne prendevo quasi 7 franchi all’ora. Non ho
mai domandato aumenti: ogni 6 mesi il capo mi avvisava che dal giorno dopo avrei avuto 20 o 30 centesimi in più.
Quando sono venuto via da lì prendevo 1600 franchi al mese (parlo di 38-39 anni fa – intorno agli anni ‘60) e come
se oggi prendessi 12000 franchi.
Conveniva rimanere in Svizzera!
Eh si. Quando siamo tornati a San Donà, i miei avevano una piccola attività di commercianti ambulanti al mercato, ho
decido di metter da parte i soldi guadagnati e farmi dare una mano dai miei genitori. Avevo già visto come rifare il
banco nuovo apribile e in modo più da negozio che da mercato. Quando ho fatto questi discorsi a mio padre ha
pensato che fossi tornato dalla Svizzera pazzo. Allora facevo fatica a trovare lavoro, avevo trovato un posto a San
Donà in jutificio: il mio indirizzo è quello di fare la tela per i sacchi di juta. Facevano sia filo che tela dei sacchi. Sono
stato lì 6 mesi ed era tremendo perché lavorare la juta voleva dire camminare sulla polvere alta così per terra. Parlando
con mio cognato (mia moglie è proprio da qua, di Fiume Veneto) vieni su che qua o alla Rex o ai cotonifici cercano
personale. Il primo che ho trovato è stato al cotonificio ed è stato così che sono venuto a Pordenone perché sapevo
che esisteva ma dove e non sapevo neanche che strada fare per arrivarci. Per me esisteva il Veneto e Trieste perché ho
avuto zii a Muggia: ma in mezzo… Quando mi parlavano dei “furlani ” io li immaginavo “come le cavre rampegade
su par le montagne” (dialettale: come le capre arrampicate sulle montagne). Anche perché quei quattro furlani che ho
conosciuto, sia all’estero che in Italia, loro quando andavano a casa loro tornavano sempre su (è vero!) con una fetta
di polenta un pezzo di formaggio, le ciabatte di tela e conciati male. Per cui me li figuravo in quella maniera.
(Quarta traccia)
E così sono arrivato in Friuli in filatura. Come assunzione è stata complicata perché in Svizzera mi ero fatta una
buona esperienza (anche perché ho avuto un buon capo: lui aveva capito che la voglia era tanta, la capacità ridotta:
cioè avevo conoscenze minime. Da loro già da quella volta esisteva la scuola per l’avviamento professionale) nel
ramo elettrico ma alla tedesca. Io quando sono tornato a San Donà e qua, mi trovavo spaesato perché ad esempio una
volta c’erano le pompette e i pozzetti artesiani e i motorini per tirare su l’acqua: quando mi chiamavano io lo facevo
come doveva essere fatto: cioè non l’interruttore a fianco del motore (stacca l’interruttore e ferma..) io lo facevo con
il galleggiante, mettevo il suo interruttore con il salva bottone e tutto quanto. Io domandavo quella volta 15.000 lire,
andava un altro e con 5000 faceva funzionare il tutto ma non allo stesso modo: metteva il galleggiante, i tubi di
mercurio, apri e chiudi, parte e si ferma. Ma se il motore, mancava una fase, si bruciava non dicevano queste cose
qua. Quando ho capito come facevano gli altri: mi rifiutavo di farli a quel modo. Quando ho iniziato a fare gli
impianti nelle casette: non potevo farli in quella maniera. Gli impianti fatti come da normativa vanno messi con fili
facendo una configurazione (quello che fanno adesso gli elettricisti: impianto a terra, neutro, no fase, non mettere
qualsiasi colore ma fissi – così un elettricista quando va in una casa dai colori deve saper che cosa è: terra, fase.).
Una volta non era così ed e stato uno dei motivi per cui sono rimasto in fabbrica anche se là non c’era l’importanza o
meno di attaccare la terra ma lì era dove lavoro io la terra deve essere attaccata, se poi l’azienda non ha una buona
terra deve arrangiarsi. Io almeno quello l’ho fatto. Da quel lato là ho sempre trovato buona rispondenza da parte
dell’ufficio tecnico, che cercava di minimizzare sui lavori ma però decidevano che era giusto e deve essere fatto.
Di che classe è?
Del 1935. Sto andando verso i 69 anni a marzo e poi vado sui 70 perché quello è automatico!
Sono stato anche all’interno della segreteria del sindacato per tre mesi. Perché in quel periodo Vidal ?? (punto 4.10
dss) era su una lista di, non mi ricordo più che di paese, e quindi era secondo in lista delle votazioni. Mi sembra che
uno che era in regione si è dimesso e per successione è stato nominato. Non sapendo come fare allora ha chiesto a
me e anche se non mi sentivo in grado, non avevo la preparazione, ho accettato di farlo per un periodo. Per tre mesi
ho tenuto duro e solo dopo ho capito cosa mi era costato quel periodo là: quando sono andato in pensione mi sono
costati 2.600.000 lire all’INPS. Infatti io chiedevo all’INPS come mai mi mancavano tre mesi e loro mi
tranquillizzavano dicendo che comunque avevo fatto mesi in più (sono stati uno dei primi dalla legge Amato a stare
fermo perché non potevo andare in pensione). Alla fine ho pagato e ho scoperto che era proprio quei tre mesi del
sindacato.
(discussione su marchette per pensione di altri lavori dal punto 6.45 alla fine)
Traccia 5
Dalla svizzera ho lavorato per un po’ a San Donà, ho provato a fare quel discorso a mio padre, poi cercavo lavoro e
facevo lavoretti in alcune ditte: come la jutificio. Poi parlando con mio cognato ma ero altrimenti intenzionato a
tornare in Svizzera perché tanto la lingua la sapevo. Mia moglie non voleva perché con i svizzeri non c’è mai stato un
buon rapporto: come qua con gli extracomunitari. Solo che noi ci comportavamo in modo differente perché eravamo
rispettosi delle leggi e dei modi di vivere.
Traccia 6
Alluvione. Posso dirle che è stato proprio nel ‘66 perché e nata mia figlia a novembre proprio subito dopo è nata.
Due anni prima c’è stata la prima alluvione ed ero stato appena assunto. La prima domanda che mi ero fatto era: e
adesso come facciamo? Si perchè quando vedi una fabbrica con 2 metri e mezzo di acqua. In portineria ci sono due
targhe: la più bassa era quella di quella volta che era a filo del piano stradale. Quando quella volta è arrivato
l’ingegner Spalla che era il direttore dei due stabilimenti fa: “ragazzi finito. Qui è finito” invece la produzione dopo
15 giorni che l’acqua era andata via, sono state fatte le chiamate per smontare, lavarle, lubrificare e rimontare le
macchine.
E stata una cosa “epica” perché la gente andava lì a lavorare…?
Si lavorava ore e ore al giorno. Si vedeva il futuro morto. Se chiudeva la fabbrica solo a Pordenone erano 1200
famiglie che saltavano per aria. Certo che smontare e lavare asciugarle e rimontarle, le macchine, e riavviarle è stata
veramente una cosa enorme: siamo andati avanti 5-6 mesi. La filatura è andata meglio della tessitura perché aveva
sempre delle squadre di manutenzione perché richiede delle manutenzioni continue per lavorare. Allora le squadre
fermavano una macchina che rimaneva ferma per due giorni: la revisionavano e poi una volta ripartita fermavano
un’altra. I telai erano più complessi e avevano un assistente e i meccanici addetti al gruppo macchine e riuscivano a
fare una buona manutenzione preventiva. Ma anche i telai hanno dovuto essere smontati. La tessitura quella volta era
divisa in dieci sezioni. Ogni sezione aveva un gruppo di telai con assistente e vice assistente e delegazione??? (punto
3.10 dss) che correva attorno. Noi elettricisti pensavamo alla parte elettrica e i loro meccanici smontavano il telaio e lo
rimontavano, noi il motore. Ma una sezione non partiva subito a lavorare cominciava a lavorare quando arrivavamo a
più di mezza sala messa a nuovo. Perché c’erano le macchine che venivano prima sulla lavorazione cioè quelle che
preparavano il lavoro perché sia caricato il telaio.
Una vita dentro là e adesso c’è la ciminiera. Sono stato una volta perché è andato dentro il sindaco Bolzonello
assieme ad altra gente e sono capitato là per caso perché ho visto tanta gente e mi sono avvicinato. Loro avevano
bisogno di chi spiegasse loro l’interno di questi edifici. Là dentro ci sono tanti di quelle gallerie sotto là! Perché gli
edifici di una volta non facevano le pavimentazioni come adesso: facevano getti fatti a volta sostenuti da piloni a volta
e sotto di queste volte uno camminava in piedi. Sotto passavano cavi e fili: una volta conosciuto le gallerie era
semplice portare i fili dalla cabina ai vari quadri. Il più era portarli dalla cabina all’inizio del fabbricato. Era tutto un
vuoto sotterraneo e per la parte elettrica sul soffitto. La tessitura è fatta da tre volte e sopra c’erano tutti i reattori che
facevano funzionare le luci. Ognuno con il suo numero. Quando si saliva per riparare dovevamo contare le file e la
lampada e il lungo della lampada e dopo andavamo in cerca del reattore con il numero.
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Vitaliano Brollo Data di nascita