Le centrali nucleari
• Di: Giulia Canini 3°A
• Fonti:
www.wikipedia.it
Cosa è una centrale
nucleare?
•
Con centrale elettronucleare (più comunemente centrale nucleare o atomica),
si intende generalmente una centrale elettrica che, attraverso l'uso di uno o
più reattori nucleari, sfrutta il calore prodotto da una reazione di fissione
nucleare a catena autoalimentata e controllata per generare vapore (o gas
come l'anidride carbonica) a temperatura e pressione elevate col fine di
alimentare turbine connesse ad alternatori e producendo quindi elettricità. Il
termine potrà essere esteso anche alle eventuali future centrali a fusione
nucleare, che potrebbero impiegare un reattore a fusione nucleare; tuttavia la
ricerca in questo campo è ancora in una fase sperimentale, la fusione nucleare
controllata è stata ottenuta in laboratorio solamente per brevi periodi di
tempo e con una bassa resa energetica
Qual è l’origine delle centrali
nucleari?
•
La fissione nucleare fu ottenuta sperimentalmente per la prima volta dal gruppo guidato
da Enrico Fermi nel 1934 bombardando l'uranio con neutroni opportunamente rallentati
con un blocco di paraffina. Tuttavia i fisici italiani non compresero correttamente il
processo che avevano creato identificando erroneamente i prodotti di fissione con nuovi
elementi transuranici la cui creazione spiegavano mediante decadimento beta. Nel 1938,
nel periodo in cui Fermi era a Stoccolma a ritirare il premio Nobel, la spiegazione
corretta del fenomeno venne descritta dai chimici tedeschi Otto Hahn e Fritz
Strassmann, congiuntamente ai fisici austriaci Lise Meitner e Otto Robert Frisch.
Determinarono che il neutrone, relativamente piccolo, è in grado di scindere il nucleo dei
pesanti atomi di uranio in due parti pressoché uguali. Numerosi scienziati (tra i
primi Leo Szilard) compresero che le reazioni di fissione rilasciavano ulteriori neutroni,
con il risultato di potere originare una reazione nucleare a catena in grado di
autoalimentarsi. Gli scienziati in molte nazioni (inclusi gli Stati Uniti, il Regno Unito,
la Francia, la Germania e l'URSS) furono spronati dai risultati sperimentali a chiedere ai
loro rispettivi governi un supporto alla ricerca sulla fissione nucleare. Fermi non rientrò
in Italia a causa delle leggi razziali(sua moglie era ebrea) ed emigrò negli Stati Uniti
d'America, così come gran parte delle personalità della fisica europea. A Chicago gli fu
affidata la direzione della realizzazione del primo reattore nucleare, conosciuto
come Chicago Pile-1, che entrò in funzione il 2 dicembre1942. Famosa rimane la frase in
codice con la quale fu comunicata alle autorità il successo dell'esperimento: «Il
navigatore italiano ha raggiunto il nuovo mondo» parafrasando la scoperta dell'America
da parte di Cristoforo Colombo. Questa attività fu condotta nell'ambito del progetto
Manhattan, che portò anche alla costruzione di alcuni reattori a Hanford allo scopo di
produrre plutonio da utilizzare per le prime armi nucleari (parallelamente fu approntato
un piano di arricchimento dell'uranio).
Dopo la seconda guerra mondiale, il timore che la ricerca sui reattori nucleari
potesse incoraggiare il rapido sviluppo di armi nucleari anche in funzione
delle conoscenze accumulate, insieme all'opinione di molti scienziati che
ritenevano occorresse un lungo periodo di sviluppo, crearono una situazione in
cui la ricerca in questo settore fu tenuta sotto stretto controllo dai governi
(celebre il carteggio tra Einstein e il presidente americano Roosvelt).
Inizialmente la maggioranza delle ricerche sui reattori nucleari fu incentrata a
fini puramente militari e per diversi anni a seguire le prime scoperte nel
campo le applicazioni dell'energia atomica continuarono ad essere tali con la
realizzazione di migliaia di testate atomiche in grado di alimentare quel timore
costante di una guerra nucleare tra superpotenze mondiali che fu l'elemento
base della successiva guerra fredda. A scopi puramente civili invece
l'elettricità venne prodotta per la prima volta da un reattore nucleare il 20
dicembre 1951, alla stazione sperimentale EBR-I (Experimental Breeder
Reactor I) vicino ad Arco, che inizialmente produceva circa 100 kW (fu anche
il primo reattore a subire un incidente di parziale fusione del nocciolo
nel 1955). Nel 1953 un discorso del presidente Dwight Eisenhower, «Atomi per
la pace», enfatizzò l'utilizzo dell'atomo per scopi civili e sostenne un piano
politico per porre in primo piano gli Stati Uniti in un'ottica di sviluppo
internazionale del nucleare. Nel 1954 Lewis Strauss, presidente della Atomic
Energy Commission statunitense, in un convegno di scrittori scientifici
sostenne: «Non è troppo aspettarsi che i nostri figli usufruiranno nelle loro
case di energia elettrica troppo economica per poter essere misurata».
Come funziona la centrale
nucleare?
•
In una centrale nucleare a fissione refrigerata ad acqua leggera, come ogni
centrale elettrica basata su un ciclo al vapore, avviene una reazione che
libera calore utilizzato per la vaporizzazione dell'acqua e quindi la
generazione di lavoro meccanico. Il principio fisico alla base della generazione
del calore in una centrale nucleare a fissione è dunque la fissione nucleare,
ovvero la scissione del nucleo di atomi pesanti quali uranio e plutonio. Schema
di funzionamento di una centrale nucleare a fissione di tipo PWR. Il calore
sviluppato dalla reazione di fissione all'interno del reattore viene trasferito
tramite un fluido refrigerante a un flusso di acqua che genera vapore saturo. Il
vapore alimenta una turbina che tramite un generatore produce la corrente
che alimenterà la rete elettrica.
Centrali nucleari: la loro
sicurezza
•
In alcune tipologie di reattori l'acqua del ciclo di potenza dei generatori a
turbina non ha alcun contatto con il reattore nucleare, e quindi è esente da
qualsiasi forma di emissione radioattiva; in altre tipologie (come ad esempio
ireattori BWR o gli RBMK) invece questa separazione non esiste. In ogni caso,
durante l'esercizio, una centrale nucleare emette piccole dosi di radioattività
sotto forma di effluenti sia liquidi che gassosi, in particolare trizio, isotopi del
cesio, del cobalto, del ferro, del radio e dello stronzio; tali emissioni perdurano
anche a distanza di decenni dalla chiusura degli impianti in quantità che
vanno dalle migliaia alle centinaia di milioni di becquerel. Le centrali nucleari
a fissione seguono oggi norme di sicurezza di livello molto elevato e
condensano un bagaglio tecnologico molto avanzato. Le centrali nucleari a
fissione sebbene siano tra gli impianti più controllati hanno dato luogo a
numerosi incidenti di varia gravità, alcuni anche famosi come ad esempio
quello di Černobyl'. Procedure e tecniche costruttive si sono affinate nel tempo
anche al fine di contenere i rischi tipici di funzionamento, tali rischi, però, non
potranno mai essere completamente annullati. Dal punto di vista tecnico, una
centrale nucleare recente dispone di sistemi di protezione (ad esempio la
caduta del nocciolo) e di verifica tali da poter mitigare, sebbene non annullare,
gli inconvenienti, almeno quelli prevedibili. La IAEA ha stabilito una scala
(scala INES - International Nuclear Event Scale) di gravità degli eventi
possibili in una centrale nucleare o in altra installazione, che si articola nei
seguenti 8 livelli:
•
•
•
•
•
•
•
Livello 0 (deviazione): evento senza rilevanza sulla sicurezza.
Livello 1 (anomalia): evento che si differenzia dal normale regime operativo,
che non coinvolge malfunzionamenti nei sistemi di sicurezza, né rilascio di
contaminazione, né sovraesposizione degli addetti.
Livello 2 (guasto): evento che riguardi malfunzionamento delle
apparecchiature di sicurezza, ma che lasci copertura di sicurezza sufficiente
per malfunzionamenti successivi, o che risulti in esposizione di un lavoratore a
dosi eccedenti i limiti e/o che porti alla presenza di radionuclidi in aree interne
non progettate allo scopo, e che richieda azione correttiva.
– esempio: l'evento di Civaux, Francia 1998 e di Forsmark, Svezia 2006
Livello 3 (guasto grave): un incidente sfiorato, in cui solo le difese più esterne
sono rimaste operative, e/o rilascio esteso di radionuclidi all'interno dell'area
calda, oppure effetti verificabili sugli addetti, o infine rilascio di radionuclidi
tali che la dose critica cumulativa sia dell'ordine di decimi di mSv.
Livello 4 (incidente grave senza rischio esterno): evento causante danni gravi
all'installazione (ad esempio fusione parziale del nucleo) e/o sovraesposizione
di uno o più addetti che risulti in elevata probabilità di decesso, e/o rilascio di
radionuclidi tali che la dose critica cumulativa sia dell'ordine di pochi mSv.
Livello 5 (incidente grave con rischio esterno): Evento causante danni gravi
all'installazione e/o rilascio di radionuclidi con attività dell'ordine di centinaia
di migliaia di TBq come 131I, e che possa sfociare nell'impiego di
contromisure previste dai piani di emergenza.
– esempio: l'incidente di Three Mile Island, USA (1979), l'incidente
di Windscale in Gran Bretagna (1957).
Livello 6 (incidente serio): evento causante un significativo rilascio di
radionuclidi e che potrebbe richiedere l'impiego di contromisure, comunque
meno rischioso dell'incidente di livello 7.
•
•
esempio: l'incidente di Kyshtym, URSS (1957)
Livello 7 (incidente molto grave): evento causante rilascio importante di radionuclidi,
con estesi effetti sulla salute e sul territorio.
– esempio: gli incidenti di Chernobyl, URSS (1986), e Fukushima, Giappone (2011).
I casi di incidenti gravi con estese contaminazioni esterne sono
fortunatamente stati pochi; molto più numerosi e spesso poco noti sono
gli incidenti con potenziale rischio esterno dovuti principalmente a errori
umani e che sono stati confinati all'interno delle centrali grazie alle
misure di sicurezza ed in qualche caso anche grazie alla fortuna, come nel
caso di Browns Ferry in cui un gruppo di tecnici provocarono un incendio
nel tentativo di riparare una perdita d'aria da un tubo[35]. Continui e
molto frequenti sono gli eventi di livello 0 e 1, sia in occidente che nel
resto del mondo e sono registrati sul sito dell'IAEA.
Impatto sulla sicurezza di un
evento sismico
La sicurezza delle centrali rispetto ad eventi sismici è da sempre una preoccupazione
concreta. Le centrali sono teoricamente progettate per resistere ai sismi, in particolare
in Giappone, paese geologicamente instabile.
•
•
Tuttavia, i danni alla moderna centrale di Kashiwazaki-Kariwa (2007) per un sisma
di 6,8 sulla scala Richter e l'esplosione alla più vetusta centrale
di Fukushima verificatasi il 12 marzo 2011 in seguito ad un sisma di magnitudo 9,0
con epicentro a 130 km di distanza, dimostrano che le caratteristiche di progetto
non sempre riescono a garantire l'assenza di fughe radioattive in caso di eventi
sismici particolarmente forti
Tuttavia, i danni alla moderna centrale di Kashiwazaki-Kariwa (2007) per un sisma
di 6,8 sulla scala Richter e l'esplosione alla più vetusta centrale
di Fukushima verificatasi il 12 marzo 2011 in seguito ad un sisma di magnitudo 9,0
con epicentro a 130 km di distanza, dimostrano che le caratteristiche di progetto
non sempre riescono a garantire l'assenza di fughe radioattive in caso di eventi
sismici particolarmente forti. Talvolta il progetto non tiene nemmeno conto di sismi
di tale entità, per via dell'impossibilità tecnica od economica a far fronte a
qualunque genere di sisma. Gli impianti giapponesi sono infatti progettati per
resistere ad un sisma di magnitudo 8,5, ma l'impianto di Kashiwazaki-Kariwa ebbe
problemi già con un sisma di grado 6,8. Il terremoto dell'11 marzo 2011 verificatosi
in Giappone, (magnitudo 9,0) ha invece superato i limiti di progetto, con gravissime
conseguenze. In realtà tale affermazione non è completamente corretta in quanto
l'epicentro si trova a circa 130 km dalla costa e quindi il terremoto è stato sulla costa
molto meno forte di quanto lo è stato nell'epicentro. Le centrali EPR ipotizzate in
Italia dovrebbero reggere ad un sisma di grado 7,1. Va rilevato che un aumento
della sicurezza comporta evidentemente una crescita esponenziale dei costi di
costruzione, ed è noto da molti studi (MIT, UE, Citigroup ecc.) che questa maggiore
richiesta di sicurezza è una delle cause che rende le centrali più moderne meno
competitive economicamente sia rispetto a quelle più vecchie che rispetto ad altre
fonti energetiche. Purtroppo molto spesso i costi vengono stimati sulla base di
vecchie centrali più economiche, ma anche molto meno sicure, come l'esperienza
giapponese sembra dimostrare.
•
Nel caso recente del terremoto/tsunami dell'11-12 marzo 2011, alcuni reattori della
centrale di Fukushima-Daiichi hanno subìto danni all'impianto di raffreddamento
principale esclusivamente a causa dello tsunami, mentre il sistema di raffreddamento
di emergenza (ECCS) non è entrato in funzione a causa dei danni ai generatori diesel
di emergenza[. Occorre tuttavia precisare che i danni agli impianti di
raffreddamento sembrano essere derivati dal blocco dei motori diesel di generazione
elettrica, avvenuto in conseguenza esclusiva dello Tsunami verificatosi a causa del
terremoto. Tali motori hanno funzionato per circa un'ora, prima di essere raggiunti
dall'onda del maremoto. Essi erano posizionati a 6 metri di altezza, ma l'onda che ha
raggiunto la centrale ha superato tale livello, attestandosi a circa 7-8 metri. Il blocco
dei sistemi di raffreddamento non ha consentito la dissipazione del calore residuo,
compromettendo il controllo dei reattori 1 e 3 (che erano quelli che destavano
maggior preoccupazione), abbassando conseguentemente il livello di acqua nel
nocciolo. Le alte temperature hanno generato la scissione dell'acqua in ossigeno ed
idrogeno, il quale, essendo molto volatile, ha saturato gli ambienti esplodendo alla
minima scintilla. Le esplosioni (documentate da diversi video) hanno provocato
danni all'impianto di raffreddamento del reattore 2, il quale ha raggiunto
elevatissime temperature, fino alla fusione parziale del nocciolo, con conseguenti
gravi emissioni di radionuclidi nell'atmosfera. Nonostante lo spegnimento immediato
del reattore, il calore residuo sempre presente non è stato smaltito portando al
surriscaldamento del reattore 1, con necessità di depressurizzare il vessel in acciaio
scaricando in atmosfera l'eccesso di vapore radioattivo tramite le ciminiere
dell'impianto (dalle immagini tv dell'11 e del 12 marzo 2011 si nota infatti la
fuoriuscita di vapore dalle ciminiere). Il permanere delle difficoltà di raffreddamento
ed il conseguente surriscaldamento provoca di norma la produzione di idrogeno per
scomposizione termica dell'acqua (evento tipico che si verifica in caso di
surriscaldamento delle barre di combustibile a contatto con l'acqua, come avvenuto
tanto a Three Mile Island che a Chernobyl).
•
•
Al fine di evitare l'esplosione (chimica) di questo gas infiammabile nel nocciolo
(vessel) del reattore, esso viene di prassi scaricato dal nocciolo al contenimento
(edificio che racchiude il vessel). Tale rischiosa ma necessaria procedura nel caso del
reattore di Fukushima-Daiichi 1 è successivamente sfociata nell'esplosione
dell'idrogeno che ha distrutto la struttura di contenimento in cemento (evento simile a
quanto avvenuto a Chernobyl) ma parrebbe aver ridotto i possibili danni al nucleo
del reattore (cosa NON avvenuta a Chernobyl).
Viceversa nel caso di Three Mile Island si riuscì ad evitare questa successiva
esplosione di idrogeno. In tutti i casi citati (Chernobyl, Three Mile Island) tali
fenomeni furono associati anche mediante un nesso causale ad una parziale fusione
del nucleo del reattore, ed è pertanto tecnicamente molto probabile che un analogo
fenomeno si sia verificato nel reattore n. 1 di Fukushima, tesi avvalorata dal fatto che
in caso di seri problemi di raffreddamento lo scioglimento del combustibile è una
conseguenza pressoché matematica. Il 13 marzo 2011 le autorità giapponesi hanno
peraltro confermato che anche il reattore n. 3 (tecnicamente analogo al n. 1 ma di
potenza maggiore), sta avendo simili problemi, in quanto le barre di combustibile non
sarebbero totalmente coperte da acqua e quindi soggette a surriscaldamento.
Problemi di innalzamento della radioattività ambientale a seguito dei danni provocati
dal sisma si sono avuti anche presso la centrale nucleare di Onagawa.
Impatto ambientale in caso
di incidente
•
L'impatto ambientale in caso di incidente grave in una centrale è una delle
preoccupazioni che riguardano l'uso civile dell'energia nucleare. Non è
tuttavia l'unico impatto possibile: anche l'estrazione, la purificazione e
l'arricchimento dell'uranio comportano notevoli impatti ambientali, non
solo dal punto di vista della semplice radioattività, ma anche in termini di
consumo di risorse idriche ed energetiche nonché l'uso di sostanze chimiche
(fluoro, acido solforico) per l'attività di produzione del combustibile
nucleare. Il trasporto e lo stoccaggio delle scorie nucleari comporta infine
notevoli rischi potenziali.
Per quanto riguarda l'impatto ambientale in caso di incidente, un criterio
fondamentale diradioprotezione è che maggiore è la distanza dal sito
dell'incidente, minore è il rischio. Questo aspetto è stato tragicamente
riscontrato con il Disastro di Černobyl' del 1986: benché la nube radioattiva
abbia percorso praticamente tutta l'Europa con gravi conseguenze, va
rilevato che le aree circostanti la centrale sono tuttora inadatte alla
permanenza umana (fu evacuata un'area di circa 30 km di diametro),
mentre così non è per il resto d'Europa. Il motivo di questa differenza va
ricercato nella tipologia di emissioni radioattive: gli elementi più pesanti ed
a emivita lunga-lunghissima (uranio, plutonio...) tendono infatti a ricadere
nelle immediate vicinanze di un impianto severamente danneggiato.
•
Viceversa elementi altamente radioattivi ma leggeri ed a vita relativamente brevebrevissima (cesio, iodio ed in generale i prodotti di fissione) tendono a "volare" più
facilmente e quindi coprire ampie distanze. Il tempo di permanenza "in volo"
permette tuttavia ad una quota di radioattività di decadere, per cui maggiore è la
distanza dal sito incidentato minore sarà l'impatto radioprotezionistico.
Naturalmente anche le condizioni meteorologiche hanno una notevole importanza
nel trasportare o far cadere al suolo gli elementi radioattivi. In considerazione di ciò,
non è corretto affermare che la presenza di centrali nucleari oltreconfine (Francia,
Svizzera) determini situazioni analoghe all'avere impianti sul territorio italiano: in
genere l'area di maggior controllo in caso di incidente severo è stimata in 50–70 km
dal sito, corretta in base alla situazione meteo.
Scorie
Il problema delle scorie radioattive è probabilmente il più critico per l'industria nucleare
a fissione. Il procedimento di fissione nucleare produce materiali residui ad elevata
radioattività che rimangono estremamente pericolosi per periodi lunghissimi (fino a
tempi dell'ordine del milione di anni). Si tratta di vari elementi radioattivi leggeri
(i prodotti di fissione) e di combustibile esaurito (uranio,plutonio ed altri
radioelementi attinoidi pesanti) che vengono estratti dal reattore. . Questo materiale,
emettendo delle radiazioni penetranti, è molto radiotossico e richiede dunque severe
precauzioni nel trattamento e nello smaltimento. Ad oggi applicazioni pratiche di soluzioni
realmente definitive non sono ancora state realizzate e collaudate dal tempo
•
Un altro problema del combustibile ucleare esausto (le scorie radioattive
comunemente dette) decadimento radioattivo produce energia attraverso l'emissione
di raggi beta (decadimento beta), e per questo è importante raffreddare le barre di
combustibile nucleare dopo lo spegnimento di un reattore o quando diventano non
più utilizzabili per produrre energia. Nel caso della fusione nucleare, invece, la
produzione di energia avviene senza emissioni di gas nocivi o gas serra, e con la
produzione di minime quantità ditrizio: un isotopo dell'idrogeno con un tempo di
dimezzamento di 12,33 anni la cui radioattività non supera la barriera della pelle
umana, e che non è quindi pericoloso per l'uomo se non viene ingerito. In ogni caso, i
tempi di dimezzamento della radioattività residua sarebbero confrontabili con la vita
media della centrale (decine d'anni).
Energia nucleare e
riscaldamento globale
•
L'energia nucleare è stata proposta al fine di ridurre le emissioni complessive di gas
serra e mitigare così l'effetto del riscaldamento globale. Favorevoli ad un utilizzo
dell'energia nucleare a tale scopo si sono dichiarati, ad esempio, il chimico James
Lovelock ambientalista inventore dell'ipotesi Gaia, il premio Nobel per la
fisicaSteven Chu a capo del Department of Energy statunitense sotto
l'amministrazione Obama e il co-fondatore di Greenpeace Patrick Moore. La
documento The Energy Challenge del Department for Trade and
Industry(dipartimento del commercio e dell'industria) del Regno Unito sostiene
l'opportunità del potenziamento dell'energia nucleare al fine di raggiungere gli
obiettivi relativi alle emissioni di CO2. Nel documento si asserisce peraltro che
l'emissione per kilowattora del processo produttivo dell'energia nucleare sia
comparabile a quelle dell'energia eolica. L'Oxford Research Group,
un'organizzazione non governativa indipendente con sede nel Regno Unito ha
redatto nel 2007 un paper dedicato alla sicurezza dell'energia nucleare e alla sua
relazione con il riscaldamento globale dal titolo Secure Energy? Civil Nuclear
Power, Security and Global Warming, che contiene un esame critico della relazione
del DTI. Il documento evidenzia come manchino, ad oggi, indagini e pubblicazioni
scientifiche sufficientemente esaustive sulle emissioni del processo di produzione
dell'energia nucleare, in cui sono coinvolti anche gas diversi dall'anidride
carbonica, ma che potrebbero contribuire in maniera molto più significativa
all'effetto serra. Le emissioni di gas serra sono dovute prevalentemente alla fase di
produzione del combustibile nucleare che coinvolge l'estrazione e l'arricchimento
dell'uranio e alla costruzione della centrale. La qualità del minerale di uranio
estratto e il tempo di vita operativa della centrale risultano essere le due variabili
principali nel determinare la quantità di emissioni
•
Sono stati pubblicati molti studi inerenti alle valutazioni, studi compiuti
dalla IAEA, Vattenfall, Japan Central Research Institute of Electric Power
Industry, Suitable Development Commission report, World Nuclear
Association, Australian Nuclear Association, attribuiscono al nucleare dai 6 ai 26
g/kWh di anidride carbonica, mentre assegnano dai 5,5 ai 48 per l'eolico, dai 53 ai
280 per il fotovoltaico, dai 4 ai 236 per l'energia idroelettrica, dai 439 ai 680 per
centrali termiche a ciclo combinato a gas e dai 860 ai 1200g per le centrali a
carbone. Altri documenti invece assegnano valori per il nucleare tra gli 84 e i 122
g/kWh[52] contro i 755 per il carbone, i 385 per il gas e un intervallo tra gli 11 e i 37
per l'energia eolica. Il report dell'Oxford Research Group conclude che le emissioni
derivanti da energia nucleare si attestano su valori intermedi tra quelli delle fonti
fossili e quelli delle fonti rinnovabili, destinati ad aumentare nei prossimi decenni, e
sottolinea la necessità di effettuare revisioni indipendenti sull'argomento.
Centrali nucleari a fusione
•
Le centrali a fusione nucleare si basano su un principio differente: anziché scindere
atomi pesanti mediante bombardamento con neutroni come avviene nella fissione, la
fusione implica invece l'unione di due atomi leggeri, generalmente trizio e deuterio,
ottenendo dal processo una enorme quantità di energia termica, un nuovo nucleo più
grande (quale l'elio) e nucleoni. È lo stesso processo che ha luogo nel Sole e nelle
bombe termonucleari (o bombe all'idrogeno, infatti deuterio e trizio sono isotopi
dell'idrogeno). Questo tipo di reattori è da anni allo studio di diversi gruppi di
scienziati e tecnici, ma apparentemente ancora senza risultati apprezzabili in quanto,
pur essendo riusciti ad avviare la reazione di fusione, a oggi non si è in grado di
mantenerla stabile per tempi significativi. Attualmente si attende la realizzazione del
progetto ITER, un impianto che vorrebbe dimostrare la possibilità di ottenere un
bilancio energetico positivo (ma senza produzione di energia elettrica). Un altro
progetto è DEMO che prevede la realizzazione di una vera e propria centrale a
fusione nucleare. Le stime attuali non prevedono l'utilizzo effettivo di energia da
fusione nucleare prima del 2050.
Vantaggi e svantaggi
Le centrali a fusione nucleare produrrebbero come principale tipo di scoria l'elio, che è
un gas inerte e non radioattivo, inoltre non userebbero sistemi a combustione e quindi
non inquinerebbero l'atmosfera: di fatto non avrebbero emissioni di pericolosità
rilevante, ad esclusione del trizio. In più dovrebbero essere in grado generare grandi
quantità di energia, superiori rispetto a quelle delle centrali a fissione odierne. Esistono
vari meccanismi di fusione nucleare, e il più facile da produrre artificialmente richiede
l'utilizzo di due isotopi pesanti dell'idrogeno:deuterio e trizio.
•
Il deuterio rappresenta una minima percentuale, un cinque millesimo dell'idrogeno in
natura e può essere convenientemente ottenuto ad esempio tramite elettrolisi
dall'acqua pesante. Il trizio, al contrario, essendo radioattivo ed avendo una vita
media molto breve, non è presente sulla Terra; può essere prodotto con reazioni
nucleari indotte tramite bombardamento neutronico di isotopi del litio. Inoltre, per le
sue caratteristiche affini all'idrogeno che possiede una forte capacità di trafilamento
attraverso i contenitori, il trizio non può essere stoccato per lunghi periodi; deve
essere prodotto sul momento sfruttando i neutroni prodotti dalle reazioni di fusione
oppure da una centrale ausiliaria a fissione. Si può alimentare una reazione di fusione
anche solo con atomi di deuterio, tuttavia il bilancio energetico, meno conveniente
della reazione di fusione del trizio, ne rende molto più difficile lo sfruttamento ai fini
della produzione di energia. La fusione richiede temperature di lavoro elevatissime,
tanto elevate da non poter essere contenuta in nessun materiale esistente. Il plasma di
fusione viene quindi trattenuto grazie all'ausilio di campi magnetici di intensità
elevatissima, e le alte temperature vengono raggiunte con vari metodi, come
l'iniezione di neutri, radioonde e nella prima fase di riscaldamento con correnti
indotte (Effetto Joule). Il tutto rende il processo difficile, tecnologicamente
dispendioso e complesso. Il problema delle scorie derivanti dall'attivazione
neutronica di parti degli edifici del reattore, dovrebbe essere ridotto: i tempi di
decadimento della radioattività indotta nei suddetti materiali sarebbero comparabili
con i tempi di vita delle centrali stesse. E benché le quantità di materiale attivato
possano essere considerevoli, il problema del loro stoccaggio potrebbe essere più
semplificato rispetto al caso delle centrali a fissione. Comunque sia, i risultati nel
campo della ricerca di materiali a bassa attivazione, sono incoraggianti.
Scarica

Le centrali nucleari