RACCONTI DI VIAGGIO | Iran Cuba H o deciso di partire per Cuba quando, ormai, la stressante routine lavorativa di un intero anno mi aveva stremata. Scappavo dalla mia scrivania, sognando le tonalità del verde smeraldo e dell’azzurro iridescente del mar dei Caraibi, le grotte, le spiagge, le palme, la barriera corallina. Allora, il solo pensiero di Cuba mi bastava per prendere fiato e immergermi, nuovamente, nel lavoro. Non sapevo, invece, che questo complesso paese dove i contrasti si susseguono senza tregua mi avrebbe posto decine di domande alle quali, ancora oggi, dopo 21 indimenticabili giorni, non sono stata in grado di trovare una risposta univoca e soddisfacente. Forse qui, più che altrove, si avverte con immediatezza l’essenza della vita, la sua struggente bellezza e la sua spietata crudeltà. A Cuba non ci sono scorciatoie, ne’ alibi, ne’ vie di fuga. La vita e’ vita che si manifesta con tutta la sua forza e la sua irruente prepotenza. Ci siamo e’ il primo agosto. All’aeroporto di Fiumicino mi imbarco con Antonietta ed Ilaria alla volta di Madrid dove incontreremo questo gruppo di tredici sconosciuti capitanati da Davide che, dalle nostre coincise telefonate, mi sono rappresentato preciso, organizzato, assertivo ed affidabile. All’aeroporto della capitale spagnola i tredici siedono ai tavoli di un fast-food. Dalle loro risate fragorose e complici realizzo di essermi persa qualcosa, ma e’ solo una sensazione, perché all’aeroporto di La Havana anche noi “romane” ci sentiamo perfettamente integrate. Quando visitiamo la capitale cubana e’ il 2 agosto e piove. La Habana Veja è una città che proviene dal passato. La bellezza dei suoi edifici rievoca il periodo coloniale quando gli spagnoli dominavano la città. Gli antichi portoni ci schiudono lo sguardo su ampi cortili centrali il più delle volte abbelliti da statue, fontane, mobili d’epoca e vecchie fotografie che raccontano, ciascuna, una storia diversa e che pure sono parte del tutto. Lungo le acciottolate vie pedonali, dove si percepisce lo splendore del XVIII secolo, si accalcano i cubani; alcuni pavimentano, con rudimentali attrezzi, le vie della città, altri, improvvisano con strumenti semplici un allegro concerto, altri, ancora, cercano simpaticamente di attirare la nostra attenzione con un proverbio italiano a cui far seguire la richiesta di un sapone, di una maglietta o di qualche spicciolo. Sì i cubani sono così: un po’ poeti, un po’ sognatori, sicuramente colti, ma anche un pizzico cinici e scugnizzi. E queste apparenti contraddizioni bene si spiegano laddove l’istanza di sopravvivenza e’ primordiale. Chi è costretto a fare la fila con un libretto - come accadeva in Italia in tempo di guerra - per acquistare il pane; chi non può gridare le proprie idee giuste o sbagliate che siano; chi può viaggiare solo se preventivamente autorizzato dal Governo; chi, in qualità di ingegnere “porta a casa” uno stipendio mensile pari ad appena dieci dei nostri euro non può non sentirsi che in bilico. Se da una parte permane l’aspettativa assistenziale, dall’altra cresce, tra dubbi e paure, il desiderio di volare con ali proprie. Ecco, i cubani mi sono apparsi come in trappola, ancora incapaci di librarsi nel cielo nonostante le recenti prove di volo. Da un lato, le reminiscenze di un passato ancora presente ed attuale, dall’altra, il desiderio di un futuro diverso. Più di qualcuno, nel corso di questo viaggio mi ha sussurrato che La Havana è una città triste, ma nonostante tutto non ne sono convinta. Più forte mi è sembrato l’istinto di vita. La musica esuberante, ritmata, ipnotica, crocevia di culture caraibiche, europee ed africane ha sempre prevalso allo stesso modo dei balli passionali nei quali - anche volendo - e’ 58 - Avventure nel mondo 2 | 2014 Buscando Cuba, encuentras a los cubaneros. (Cercando Cuba trovi i Cubani) da un CUBA LIBRE gruppo Dal Degan Testo di Maria Castellano e Andrea Morabito Foto di Davide Dal Degan LA STORIA DI 16 SCONOSCIUTI LEGATI DA UN SOGNO: CUBA O: RACCONTI DI VIAGGIO | Cuba impossibile prescindere dal partner. A La Habana quello che altrove rappresenta un rassicurante spartiacque tra il buono e il cattivo, tra l’incanto e il perverso, tra il giusto e l’errato, vede scolorire il proprio confine. Persino la rabbrividente immagine di un turista anziano con una giovane cubana smarrisce la propria linea di demarcazione. Come se ogni cosa avesse una sua incomparabile logica. Se nella ragazza e’ banalmente leggibile l’esigenza di garantirsi una sopravvivenza materiale, nell’altro intuisci un male di vivere più grande perché’ una donna disperata non ha nessun diritto di scegliere; può solo concedersi senza se, senza ma, senza poi. E’ così tra il sapore forte e delicato di un daiquiri al Floridita ed un mojito alla Bodeguita del Medio (come insegna il nostro amato Hemingway) proseguiamo alla volta della naturale Viñales e delle sue piantagioni di tabacco. A cavallo raggiungiamo i campesinos che ci introducono nell’affascinante mondo dei sigari e della loro lavorazione. Ma le sorprese non sono ancora finite perché’, stanotte, pernottiamo, per la prima volta, in una casa particular (ovverosia in una casa “privata”). E’ l’occasione d’oro per “vivere alla cubana”. L’accoglienza e’ di quelle calorose che ci fanno intendere, da subito, che i proprietari di casa ci negheranno solo quello che non possiedono. L’atmosfera e’ rilassante come l’andamento delle sedie a dondolo su cui ci accoccoliamo prima di andare a letto. Tutto e’ relax ad eccezione di un’unica preoccupazione che leggeremo sempre sui volti di chi ci ospita: la regolare tenuta dei libri su cui viene meticolosamente annotata la nostra presenza, la nostra permanenza e il numero del nostro passaporto. Nessun errore e’ consentito dal governo locale, nemmeno il colore di una biro che non va più. Severe le pene. Da Viñales alla volta di Maria La Gorda sulla Bahia de Corrientes e di lì al parco di Guanahacabibes per osservare la deposizione delle uova di tartaruga. Anche se queste creature marine “ci danno buca” non dimenticheremo mai lo spettacolo della spiaggia baciata dalla luna piena, lo sciabordio delle onde e i mosquitos che, per un’intera notte, hanno dilaniato le nostre caviglie. Quando arriviamo a Trinidad, patrimonio dell’umanità dal 1998 è già il 6 agosto. Di fronte a noi un museo a cielo aperto. Direttamente dall’epoca coloniale questa cittadina esibisce tutto lo splendore e la ricchezza di un tempo in cui imperava la coltivazione della canna da zucchero. Sontuosi i palazzi coloniali, le decorazioni e i lampadari francesi, ma tra visite, passeggiate, risate, cocktail e serate in discoteca il tempo vola ed è così che siamo già alla volta di Camaguey e delle sue strade strette, tortuose e labirintiche, del suo centro storico anch’esso dichiarato, nel 2008, patrimonio dell’umanità e della Sierra Maestra, ubicata tra Granma e la Provincia di Santiago. Qui, nel Parque Nacional Sierra Maestra c’e’ spazio per qualche ora di trekking. La foresta e’ quella in cui, tra il 1956 e il 1958, Fidel Castro trovò rifugio e protezione da Batista e dai suoi soldati. Dei sedici edifici di legno, testimonianza vivente della rivoluzione, apprezzabili per l’inaccessibilità e l’organizzazione spartana, visitiamo la casa di Fidel, la cucina, la “Posta 1”, dove venivano controllati coloro che chiedevano l’accesso al sito e l’ufficio stampa. Di questo affascinante percorso, immerso in una rigogliosa vegetazione ed intriso di storia, non dimenticheremo la guida del Parque che, con puntualità e determinazione stoica, ha motivato, difeso, sostenuto i principi rivoluzionari e le scelte politiche, economiche, culturali del governo socialista cubano, dal fuoco delle nostre domande ed obiezioni. Protetta dalla Sierra Mestra giungiamo a Santiago, il cui isolamento ha consentito alla città di svilupparsi nel segno della ribellione e dell’autonomia, ma che ne ha permesso anche l’evoluzione della letteratura, della musica, dell’architettura e della politica. Visitiamo il Parque Cespedes, la casa di Diego Velasquez, primo governatore dell’isola, la cattedrale de la Asunción, l’interessante museo del Carneval, e il Castello del Morro. La giornata e’ caldissima, le scale di questo castello a picco sul mare sono infinite, ma il panorama incanta e ci ricompensa per la fatica. Stremati corriamo alla piscina dell’hotel e, poi, su un taxi-motocicletta per la cena. Ancora il tempo di balli in piazza a ritmo di salsa e, poi, tutti a nanna! Quando ci risvegliamo e’ il 13 agosto. Percorriamo la Ferola, una strada fortemente voluta da Fidel Castro, nel 1964, per interrompere il centenario isolamento di Baracoa. Lungo la strada le fermate sono d’obbligo per acquistare dai campesinos banane, mandorle e il rinomato cucurucho, lo squisito dolce a base di cocco essiccato, zucchero, miele, papaya, guayaba, mandarino e noci, perfettamente confezionato in una foglia di palma essiccata. Giunti in città la ispezioniamo. Abbiamo fame e cerchiamo, invano, il pane. In effetti non manca, ma e’ destinato unicamente ai cubani che esibiscono il loro libretto. Passeggiamo oltre lo stadio del baseball. Qualcuno di noi si ferma per assistere alla partita. I più proseguono per la spiaggia del Rio Miel e del Parque Natural Majayara. Poco più in là una meraviglia: la fattoria del signor Fuentes che, per qualche ora, come Virgilio con Dante, ci condurrà in un paradiso, frutto della combinazione di panorami mozzafiato, di fossili e della cueva de agua, uno specchio di acqua dolce nel quale, accaldati come siamo, non esitiamo ad immergerci. Il tempo incalza e siamo già pronti per trascorrere qualche giorno al mare nella zona di Cayo Coco per concederci ore di puro relax distesi sulle bianche spiagge di sabbia corallina. La strada da percorrere, però, ha ancora molto da offrirci. A Moa constatiamo, con rammarico, che l’inquinamento per l’estrazione del nichel penalizza, fortemente anche l’ecosistema cubano. Per più di un chilometro il rigoglioso paesaggio cubano costituito da un’armoniosa alternanza di palme, coltivazioni di canna da zucchero, piante di banane e risaie si trasforma in una rossa landa desolata, quasi un paesaggio lunare. A Santa Clara, ultima tappa del nostro cammino, salutiamo il mausoleo di Ernesto “Che’ Guevara che, nel 1958, organizzò la caduta della città, segnando la fine della dittatura batista e la vittoria della rivoluzione cubana. Il viaggio ci ha visti imbarcati, nuovamente per l’Italia, da La Habana e non sarebbe mai stata la storia che e’ stata senza i miei quindici compagni di avventura. Come ci ha scritto Andrea qualche giorno fa si e’ trattata di :”una storia più che un viaggio. La storia di sedici sconosciuti legati da un sogno: Cuba. Una storia che comincia nell’immaginazione di Davide che con la sua esperienza, la sua incontestabile capacità, la sua costanza, mise nero su bianco un’idea e, sbarcato a La Habana, ha iniziato a realizzarla con noi, restando sempre presente e mai invadente. E’ diventata la storia di Roberta, che aveva già messo lo zampino in via telematica e che ha continuato a mettere pepe in questo viaggio speziato, ma e’ stata anche la storia di Ilaria “Gianicolo’ che, con la sua ironia romanesca ha annullato le distanze geografiche delle nostre provenienze; o ancora di Anto, silente foggiana che racchiude dentro di se’ un magico mondo di generosità e divertimento; la storia dell’affamato atletico Marco, capace di “sparire” per poi tornare con gallette e popcorn incredibilmente recuperati dalla “vera Cuba”. E’ stata anche la storia di Rita, audace genovese, che ha portato a Cuba la sua voglia di vita e i suoi tacchi italiani, e di Caterina, col suo sorriso costante, la sua risata contagiosa e con la sua capacità di domare il “maestro-bauscia” Ettore, altro indimenticabile protagonista di un viaggio fatto di contraddizioni, tra discorsi boccacceschi e panorami mozzafiato. E’ stata poi la storia di Stefano, spoletino sagace, adottato da Maranello, ma dedito a ritrarre bellezze con la sua reflex; la prima di queste, Elisa, la sua meravigliosa fidanzata, che ha portato nel gruppo la sua classe innata e la sua dolcezza disarmante. La storia di Alberto, geniale compagno di viaggio i cui “interventi” nei dialoghi sarebbero da almanaccare e, di Alessia splendida ragazza, con un mare blu, profondo, dentro di se’ tanto da potercisi perdere. La storia di Aurora, con i suoi occhi trasparenti come l’anima che ha catturato i cuori di molti cubani e la “Nitti” incontenibile milanese, col suo meraviglioso precario equilibrio tra una semplicità di altri tempi e la sofisticatezza meneghina di oggi. E’ stata anche la storia di Daniel che nessuno potrà mai dimenticare e del generosissimo Junior”. E’ stata - dico io - anche la storia di Andrea che ha continuamente viaggiato con noi e dentro se stesso, lasciando piccoli spiragli a quanti erano disposti ad affacciarsi sulla sua anima ed e’ stata anche la mia storia per la quale Cuba non “se acabo’”. Il viaggio per me e’ appena cominciato e continuerà inesorabile perché Cuba e’ solo da poco parte di me e del mio divenire. Avventure nel mondo 2 | 2014 - 59