Dicembre 2015, n.1 GIVE PEACE A CHANCE 1 Eureka, Dicembre 2015 "Give Peace A Chance" 3 La Pace può entrare nel mondo 4/5 Origine dell'Isis 6/7 Occhio per occhio e il mondo diventa cieco 8 Bombardare è la soluzione? 9 Per la Pace perpetua 10 Le vittime dimenticate 11 C'era una volta il calcio in Siria 12/13 Una voce che grida PACE! 14/15 Paese che vai armi che compri 16 Battito di speranza In copertina : Beatrice Rollo, Martina Caciani Capo Redattore : Michele Trasatti Referente : prof.Cristina Quintavalla Collaborazioni : prof. Mariano Vezzali, prof.Rosanna Spadini, GDRadio Grafica : Carla Costa, Guido Roveri “Immaginano il terrore, noi rispondiamo con la cultura” (Gandhi, cioè no, Matteo Renzi, 24 novembre 2015) Perché un'edizione straordinaria sulla pace? Bella domanda. Perché nelle ultime settimane la redazione del nostro redivivo giornalino scolastico si è messa a scrivere sulla pace? Perché gli studenti del Liceo Ginnasio Gian Domenico Romagnosi si sono sentiti in dovere di dire la loro sugli avvenimenti che hanno sconvolto il mondo? Perché noi studenti, in particolare noi del classico, fieri depositari di una cultura millenaria, abbiamo deciso di scommettere sulla pace. Dopo gli attentati di Parigi del 13 novembre il dibattito internazionale si è scatenato sparando a zero su tutto e tutti: intervenire in Siria, allearsi con Putin, aspettare gli Stati Uniti, radere al suolo al-Raqqa e Mossul. Tutto il mondo si è fermato in quella notte e solo ora sembra ricominciare a muoversi. È finito il tempo dei pianti, dei tweet. Ora che cosa c’è? C’è la guerra. La guerra è la risposta più facile, più ovvia, quella che si aspettano tutti. C’è un nemico che ci minaccia e bisogna distruggere lui prima che lui distrugga noi. Dobbiamo farlo per i nostri bambini. La guerra è quello che vogliono tutti. La guerra sembra sempre l’unica soluzione: quando ci sono le guerre si vendono più armi, i confini cambiano, le economie crollano e si riparte da zero. Ormai sembra inevitabile. Sono sempre di più quelli che dicono: “io di chi non mangia il maiale non mi fido”. Ma noi no! Noi non ci fermiamo alle apparenze. A noi piace il kebab. E anche la pace. Questo numero, queste poche copie sono una dichiarazione, la dichiarazione degli studenti di una scuola che hanno deciso all’unanimità che non ci stanno, che dicono no. No alla guerra, no all’estremismo, no alla violenza, no alle discriminazioni. In queste pagine cercheremo di capire cosa c’è stato alla base degli attentati di novembre in Francia, cercando di individuare quali sono gli interessi che armano i jihadisti ed hanno condannato il mondo al terrore. Tutto questo per capire se davvero un processo di pacificazione è ancora possibile, in un momento in cui la guerra sembra davvero troppo facile. Ma a noi piacciono anche le cose difficili… Riccardo Ghioni 2 La Pace può entrare nel mondo è l'uomo che deve saper aprire la porta Il periodo che stiamo di 300. La crudeltà non vivendo è tutt’altro che ha pietà di nessuno, facile, così come assai neanche delle persone difficile è riuscire a che si trovavano nel parlare di pace. Una posto sbagliato al parola che ha la sua momento sbagliato. radice nel sanscrito “paç – pak – pag” che vuol dire Ormai siamo fissare, legare, saldare. consapevoli che così Pace, quindi, è quella non si può andare condizione che dovrebbe avanti. Dobbiamo aprire portare individui, persone, gli occhi di fronte alla popoli ad unirsi, violenza e al disprezzo superando le divisioni. per la vita, non E invece nel corso dei dobbiamo temere chi secoli, ci sono stati tanti vorrebbe piegare il miti che hanno portato mondo intero alle l’umanità a lacerarsi: proprie convinzioni # all’inizio del Novecento “religiose”, dobbiamo nel mondo, in Europa, in rispondere con la Italia, nella nostra stessa consapevolezza che ci scuola, si diffondeva viene dalla cultura l’ideologia nazionalistica, illuministica, dalla che fu alla base della tolleranza, da secoli di prima guerra mondiale; lotte per la libertà e # poco dopo si diffuse il mito del sangue e della l’eguaglianza. razza, fondato su presunte basi “scientifiche”, che fu all’origine della seconda guerra Dobbiamo diffidare da coloro che ci indicano un mondiale. nemico assoluto, esaltano la guerra e promettono di raggiungere soluzioni con la Oggi le antiche divisioni stanno rinascendo scorciatoia della violenza. Tutto questo è già dalle ceneri dei nazionalismi, del fascio, della successo, la storia non deve per forza ripetersi svastica, come una fenice che non muore mai, uguale a se stessa. Oggi dobbiamo essere come uno dei “ricorsi storici” di cui parlava nel cittadini della Terra, nelle nostre vene scorre il Settecento il filosofo Giambattista Vico. sangue dell’Uomo, i nostri confini devono Le tensioni in Medio Oriente, l’attacco essere le stelle. all’America del 2001 , gli attentati in Africa, … : la violenza si allarga ed ora anche il cuore della Chiara Conciatori Francia è stato spezzato dai kamikaze che Sharon Guareschi hanno ucciso 1 30 persone e ne hanno ferite più Isabella Galasso 3 Alle origini dell'ISIS 1 . Aprile – maggio 2003: Stati Uniti ed Inghilterra sconfiggono l'Irak di Saddam Hussein ed il Paese di fatto si frammenta in tre aree: curda a nord, sunnita al centro, sciita al sud (quella sunnita, maggioritaria con circa il 90% dei credenti, e quella sciita sono le due principali “confessioni” dell'Islam). La leadership è espressa dagli sciiti, repressi durante il regime di Saddam Hussein. 2. Le primavere arabe all'inizio del 2011 : movimenti popolari si ribellano ai leader politici di Tunisia (Ben Ali, al potere dal 1 989), Libia (Gheddafi, al potere dal 1 969), Egitto (Mubarak, al potere dal 1 981 ) e Siria (Assad, al potere dal 2000). In Tunisia si attua una transizione democratica completa, mentre in Egitto finiscono per prendere il potere le forze armate. In Libia Gheddafi viene rovesciato con il supporto determinante di attacchi aerei francesi ed inglesi, ma il Paese si frantuma tra movimenti contrapposti. In Siria una prolungata e sanguinosa guerra civile frammenta il Paese. 3. A questo punto, in Irak, Siria e Libia l'assenza di un potere centrale rende possibile l'estensione di movimenti terroristi. Tra Irak e Siria, nell'estate 201 4, si afferma l'ISIS, o IS o Daesh, di matrice sunnita. Movimenti islamisti antioccidentali egemonizzano anche la zona occidentale della Libia. Cartina diffusa nell'estate 2014, raffigurante l'area nella quale vorrebbe espandersi l'IS (Stato Islamico) o ISIS (Stato Islamico dell'Iraq e della Siria) o ISIL (Stato Islamico dell'Iraq e del Levante) o Daesh (nel corrispondente acronimo arabo). 4 4. Sempre nell'estate 201 4 l'Iran, a maggioranza sciita e con la presidenza del moderato Hassah Rohani, eletto nel 201 3, comincia a riavvicinarsi all'Occidente, mentre tra Irak e Siria a fronteggiare l'avanzata dell'IS sono tanto gli sciiti irakeni appoggiati dall'Iran quanto i Curdi. 5. Rifacendosi al principio “il nemico del mio nemico è mio amico”, l'Arabia Saudita, Paese sunnita che aspira alla leadership nell'area mediorientale, è tentata di appoggiare l'IS per contrastare il nuovo protagonismo dell'Iran sciita; # anche la Turchia è tentata di appoggiare l'IS per impedire che curdi irakeni e curdi siriani, in caso di vittoria contro l'IS, possano premere sui curdi delle zone turche per dare vita ad uno Stato curdo indipendente. Per altro verso, le minacce dell'IS sono avvertite dall'Europa, dagli Stati Uniti e dalla Russia. Dapprima gli Stati Uniti, poi la Francia e l'Inghilterra iniziano nell'estate 201 4 a bombardare con l'aviazione le forze dell'IS; a settembre 201 5 si aggiunge l'aviazione russa, che però prende di mira tutte le formazioni contrarie al governo legittimo siriano, volendo sostenere appunto il potere di Assad. Novembre 201 5 # gli attacchi a Parigi mostrano ancora una volta come il terrorismo sia radicato anche all'interno dell'Occidente, e come le crisi nell'area mediorientale costituiscano soltanto un aspetto di un problema più esteso; # la precaria convergenza contro l'IS viene messa in crisi dall'abbattimento di un bombardiere russo Sukhoi 24 da parte dell'aviazione turca. Mariano Vezzali 5 Occhio per occhio e il mondo diventa cieco l'importanza di educare alla pace Educarci alla pace: ecco l’azione etica da compiere ogni giorno. La pace è un concetto semplice, se facciamo buon uso della ragione e se siamo in grado di essere umani. Siamo quasi assuefatti dalla guerra e dalle violenze, ce le raccontano i libri di storia e i telegiornali, ma non ne siamo colpiti nel profondo: prendiamo la guerra come dato di fatto, meglio se il più distante possibile da noi. Ma se si analizzasse davvero ciò che la guerra è stata e continua ad essere, si comincerebbe presto a pensare in un’altra prospettiva. La guerra per alcuni filosofi antichi come Eraclito era fisiologica ed indispensabile, una forza cosmica che consentiva il divenire, ma allora la guerra aveva connotati ben diversi da quella odierna e già durante l’impero romano si teorizzava la necessità di una pace fra i popoli. Con la diffusione delle tre grandi religioni monoteiste il concetto di pace diventa diffuso, non solo come “assenza di guerra”, ma come periodo prospero per lo sviluppo, che, secondo, l’islam crea l’ambiente adatto nel quale lavorare per la giustizia. Oggi la guerra è vista dai grandi poteri come efficace strumento per ottenere vantaggi economici e per controllare meglio le masse, un’ottica davvero cieca e poco lungimirante perché spesso non considera le conseguenze catastrofiche e il caos che la guerra porta con sé. Eliminare la guerra significa eliminare le logiche che muovono ad essa, quindi l’egoismo, l’utilitarismo, il desiderio di auto celebrazione e il desiderio di potere. Per permettere lo sviluppo di una cultura della pace è necessario quindi porre al centro la ragione perché grazie alla ragione cogliamo l’irrazionalità e le contraddizioni della guerra e, come afferma il teologo Enzo Bianchi, “la ragione umana è contraddetta alla radice dalla negazione dell’umanità del proprio simile”. Facendo appello alla ragione, facciamo appello anche alla necessità di conoscere ciò che è stato scritto e teorizzato sul concetto di pace. Ernesto Balducci pone il seguente interrogativo: “come c’è stata l’età della pietra e poi quella del bronzo e del ferro, non potrebbe esserci, dopo la civiltà della guerra, la civiltà della pace?”. Quel che 6 manca è, appunto, una cultura che sia al suo livello, una cultura della pace che succeda alla cultura della guerra di cui noi siamo figli. Alla base della pace c’è la fede dell’uomo nell’uomo e, in generale, la fede dell’uomo nelle risorse della sua specie, specie razionale. Kant e Voltaire, durante l’Illuminismo, giunti alla conclusione che fosse un bene per tutta l’Umanità, cercarono di creare i presupposti per una “pace perpetua”, basata sulla tolleranza e sul cosmopolitismo. Il desiderio di pace è troppo radicato negli uomini per scomparire con la scomparsa dell’età dei lumi: esso si incarna ancora una volta nella figura di Gandhi che metterà in pratica ciò che gli illuministi avevano solo osato sognare: una strategia di lotta non violenta come unico mezzo di opposizione, un monumento all’idea di pace, che ha insegnato all’umanità l’unico modo per portare avanti una causa senza alimentare il ciclo dell’odio. La disobbedienza civile e la resistenza non violenta hanno una loro forza, perché spiazzano l’aggressore, lo rendono muto, gli pongono innanzi l’assurdità delle sue azioni. Non deve essere imposta la nozione “guerra per la pace”, perché è una contraddizione in termini: la pace è un principio che deve affiorare nelle coscienze come esigenza indispensabile. Pace non significa solo assenza di conflitto, deve diventare desiderio di aiuto reciproco e di convivenza solidale e questo è possibile se ognuno si impegnerà ogni giorno a costruirla nella sua vita quotidiana, rifiutando la via della violenza, delle armi e della guerra. “La pace esiste quando tutti sono liberi di sviluppare sé stessi nel modo che desiderano, senza dover lottare per i propri diritti.” Giungere ad uno stato di pace significa giungere ad un nuovo stato di evoluzione dell’uomo, perché vuol dire che l’uomo è riuscito a superare i conflitti e i pregiudizi ideologici senza l’uso della violenza, quindi senza arrecare danno ad altri suoi simili. Ciascuno di noi deve assumersi le proprie responsabilità e dare il suo contributo nell’ opporsi alla guerra: Gandhi ha dimostrato che la forza di un singolo individuo può diventare la forza di un popolo intero e la pace, essendo legata alla crescita della coscienza umana, può nascere solo dall'impegno unitario di tutti gli uomini. Solo in questo modo, solo guidati dal lume della ragione e dalla lucidità, potremo sperare in un mondo pacificato. Giungere ad uno stato di pace significa giungere ad un nuovo stato di evoluzione dell’uomo Irene Serra, Chiara Dadini 7 BOMBARDARE è la soluzione? Dopo i sanguinosi attacchi parigini e la puntuale rivendicazione da parte dello Stato Islamico, è tornato in voga un argomento che dal lento sciogliersi dell’isteria post-Charlie Hebdo non riempiva le prime pagine dei giornali, ovvero il terrorismo di matrice islamista ( o ciò che vi si nasconde dietro) di Isis, Isil, Daesh o come dir si voglia. Già all’albeggiare dell’indomani dei fatti è sono “tollerabili”? Certamente non bisogna essere esperti di terrorismo per capire che bombardare sistematicamente non è la soluzione. Francia, Italia e tutti i membri della coalizione anti-ISIS dovrebbero piuttosto concentrarsi su altri aspetti, tra cui spicca sicuramente la questione del finanziamento del Califfato, che ormai si stima possieda un patrimonio di 2 miliardi di dollari. Oltre ad estorsioni, “riscossione tasse” e furti (alla Banca Centrale di Mosul sono stati sottratti 430 milioni di dollari), l’autoproclamato Stato fonda la propria sussistenza sull’esportazione di petrolio greggio dagli ex pozzi di Assad a prezzi bassissimi, che porta nelle casse di alBaghdadi e compagnia milioni di dollari (il Financial Times valuta più di un milione al giorno) e sulle donazioni provenienti da tutto il mondo e in particolare da paesi del partita l’ondata dei “chiudiamo le frontiere” , Golfo come Qatar e Arabia Saudita (che sono “controlli su tutti gli islamici” ma soprattutto coalizzati e sostenuti militarmente da Stati “bombardiamoli tutti”, da parte di noti sciacalli come Usa, Francia e Italia, che addirittura ha demagoghi, magari per rodare gli F-35 nuovi verso l’A. Saudita la sua massima esportazione fiammanti (sperando perlomeno che non di armamenti). prendano fuoco da soli). Ma, come questi ben Il petrolio viene venduto sul confine turco e sanno, provvedimenti del genere ( alcuni dei acquistato spesso da nazioni occidentali, tra quali già effettivamente presi da Francia e cui in primis i diretti interessati, i turchi, mentre i Russia, mentre altri Stati sono in procinto di finanziamenti arrivano attraverso il permissivo fare lo stesso) sono spesso improduttivi, sistema bancario del Kuwait. La lotta contro moralmente scorretti o semplicemente ipocriti: l’Isis non durerà certo una giornata ma ci sono ci scandalizziamo per i morti di Parigi ma le altre misure che possono e si devono adottare migliaia di morti provocate dai raid aerei in Siria per riuscire nell’impresa senza compromettere 8 l’ “umanità” di cui ci facciamo spesso superbi portatori: un’efficace guerra a coloro che comprano il greggio estratto in questi territori, ai contrabbandieri di armamenti e ai finanziatori, colpevoli quanto i tagliagole; un attento e capillare lavoro di intelligence per fermare gli arruolamenti dei miliziani e prevenire che accadano eventi analoghi, ma senza ovviamente ledere i diritti dei cittadini; infine un maggiore programma di integrazione rivolto agli immigrati (essendo l’alienazione sociale una delle cause che spingono, come accaduto a Parigi, giovani sradicati ad arruolarsi in cerca di qualche paradiso o riscatto dalla propria situazione ). Gli Europei e gli Americani dovrebbero anzitutto imparare dai propri errori: si ricorderà qualcuno di Afghanistan, Iraq, Libia,...? Francesco Zaccaron PER LA PACE PERPETUA “Per la pace perpetua” è un libretto pubblicato da Immanuel Kant nel 1 795 in cui il filosofo Tedesco espone il suo progetto di pacifismo giuridico. Questo progetto, che trova le sue basi nella storia e nell’ etica, non può e non deve essere considerato un’utopia in quanto non era nelle intenzioni dell’autore arrivare a un tale risultato: egli credeva infatti possibile la costruzione di un ordinamento giuridico che mettesse freno alla guerra e allo stesso tempo assicurasse una condizione di pace perpetua. E’ proprio in momenti storici come quello che stiamo attraversando, in cui la parola guerra sembra drammaticamente tornata di moda, che dovremmo accostarci a veri e propri classici come questo e, nonostante le oggettive difficoltà, tentare di ricavarne consigli e insegnamenti poiché, come disse Calvino: “Un classico è un libro che non ha mai finito di dire quello che deve dire” ( Italo Calvino, Perché leggere i classici, 1 991 ). In particolare, ritengo che Kant in questa opera abbia analizzato tre situazioni che risultano essere di stringente attualità: 1 ) La necessità della formazione d’una federazione di popoli, indicata come l’unico mezzo di sostituire, con uno stabilimento giuridico, lo stato di pace allo stato di guerra. 2) La necessità di un diritto di ospitalità universale, che non è un diritto di accoglienza ma un diritto di visita da parte dello straniero. 3) La necessità della pace, attuabile tramite un ordinamento giuridico sovranazionale. L’ Europa odierna, alla luce di quanto accaduto a Parigi, sembra essere in grave difficoltà e in profonda divisione sulla scelta e sul modo di reagire non solo ai conflitti esterni ma anche a quelli interni causati da enormi problematiche come quella dell’immigrazione che affliggono i rapporti tra gli stati Europei da almeno un decennio. Nonostante il fatto che la proposta di Kant possa sembrare irrealizzabile, penso che proprio in situazioni di disordine come quella presente, la risposta politica debba essere quanto più forte e decisa. L’ attuazione almeno parziale delle linee politiche e giuridiche indicate dal filosofo dovrebbe dunque partire dal conferimento di maggiore sovranità e indipendenza delle istituzioni sovranazionali e internazionali che possano poi garantire ai cittadini diritti umani e politici. Tutto ciò potrebbe inoltre aiutare a realizzare quello che forse è l’obiettivo più alto e nobile inseguito dall’ Unione Europea: la Pace interna che però non è raggiungibile se non anche attraverso la pace esterna ai suoi confini, tra l’altro in continua espansione. E’ inimmaginabile e inaccettabile pensare di tornare a un’Europa divisa e martoriata dalle guerre e dai conflitti che hanno funestato la sua storia e la storia mondiale. Jacopo Attolini 9 LE VITTIME DIMENTICATE Gli attacchi terroristici a Parigi dello scorso 1 3 novembre hanno suscitato una forte reazione da parte della comunità internazionale, che ha condiviso con la Francia l’orrore e la sofferenza causati da questi atti disumani. Tuttavia, non è la prima volta che gruppi di jihadisti fanatici compiono azioni terroristiche: solo durante il 201 5 le vittime dell’ISIS sono state più di 975, massacrate in Kenya, Tunisia, Egitto, Libia, Arabia Saudita, Libano, Yemen, Turchia, Afghanistan, Bangladesh e Danimarca. Eppure, gli eccidi avvenuti in Africa e in Asia non hanno provocato eccessivo turbamento nel resto del mondo. Telegiornali e quotidiani hanno parlato solo di alcune di queste stragi, per di più in modo piuttosto distaccato. Nessuno ha manifestato la propria solidarietà con minuti di silenzio e di riflessione, fiaccolate e manifesti contro la violenza. E perché le carneficine in Francia (quella del 1 3 novembre e del 7 gennaio alla redazione di Charlie Hebdo) hanno suscitato tanto scalpore? Sembra che alcune vite valgano più di altre, come se esistessero morti di serie A e morti di serie B. Le vittime di Paesi vicini al nostro, anche culturalmente, generano un interesse umano nelle persone che vogliono sentirlo, mentre i morti di Paesi più lontani si riducono a cifre. Il mondo dovrebbe capire che la vita umana è sempre la stessa, indipendentemente dalla nazionalità, e che la qualità delle notizie non deve essere condizionata dal luogo da cui provengono. Spero che le persone riescano ad aprire gli occhi non solo alle tragedie che avvengono nei Paesi europei, ma anche alle catastrofi che ogni giorno sconvolgono la Terra. Perciò, oltre ai martiri di Parigi, onoriamo anche tutte le vittime che, nel resto del mondo, sono state oppresse dalla violenza. Francesca Orlandini ◄ Le vittime dell’ISIS dall’inizio del 201 5 10 C'era una volta il calcio in Siria Storie di sport e di guerra Abdel Basset Sarout, nato il primo gennaio del 1992, per alcuni è divenuto un membro dell'ISIS, per altri è invece divenuto un'icona della rivoluzione che chiama a raccolta contro il regime siriani di ogni religione, dai cristiani ai drusi; a noi tuttavia piace ricordarlo semplicemente come il secondo portiere dell' AlKaramah e delle "aquile di Quason" (sopprannome attribuito alla nazionale siriana dal monte che domina Damasco). Sarout però non può più essere considerato un calciatore. Come molti suoi compatrioti nel 2011 prese le armi: alcuni sostengono che sia stato ferito, altri addirittura che sia morto. L'unica cosa certa è tuttavia che il Sarout portiere appartiene ormai al passato, a una La pace è stare insieme con allegria e felicità, dice un bambino di 7 anni. Siria che, comunque La pace è l’abbraccio di tutte le nazioni del mondo, dice un finisca la guerra, non sarà più la stessa. ragazzo di 15 anni. La pace, variazioni sul tema : La pace? Il sorriso dell’umanità, dice un uomo di 50 anni. Un discorso analogo può essere fatto per il più anziano estremo difensore della nazionale siriana, Mosab Balhous, arrestato su ordine delle autorità del regime per il possesso di quantità sospette di denaro e accusato di essere il capo della fazione di fuoriusciti dalla squadra di AlKaramah. Balhous , tuttavia, prima di essere espulso dal regime, fece in tempo a vincere la coppa d'Asia occidentale, una sorta di "coppa del Medio Oriente", tra i pali delle aquile di Quason. Durante i festeggiamenti finali un suo compagno, Omar al-Somah, sventolò sotto la curva la bandiera della rivoluzione: la TV di stato siriana si limitò ad oscurare il tutto per qualche minuto. Omar, centravanti tutt'altro che disprezzabile, forse anche adatto a livelli superiori a quelli del calcio del Golfo, come facilmente prevedibile non scese mai più in campo con la maglia della nazionale siriana Filippo Pelacci 11 Una voce che grida PACE! Poche notti fa ho acquistato un biglietto per un concerto. La stessa mia felicità provavano decine e decine di persone a Parigi, al Bataclan, ignare del fatto che sarebbe stata l’ultima volta nella loro vita, che la luna a cui io sorridevo loro non l’avrebbero mai più vista. E quando al mattino, al mio risveglio, ho sentito la notizia, ne sono rimasta sconvolta. Quante persone come me, quante ragazze che di quel concerto avevano fatto il regalo per il loro compleanno… In quella folla di cadaveri ce n’erano sicuramente. Il mio primo impulso è quello di tutti: odio, guerra e genocidio. Ma poi, con calma, ci ripenso. Hollande ha dichiarato che siamo in guerra, e ormai questo non si può più nascondere, non si può più mettere da parte il problema. Mi informo sui retroscena, sugli attentati sventati in precedenza. Sì, è chiaro che siamo in guerra. E la domanda è: chi? Chi potrebbe essere in grado di uccidere così, a freddo, giovani, non importa di che religione? Associamo i musulmani ai terroristi, ma un tempo i genocidi religiosi venivano dai cristiani. Non pensiamo che, prima di uccidere, quegli assassini abbiano chiesto a ogni persona il suo credo. I capi delle moschee lo dicono in TV, lo ripete l’hashtag “NotInMyName” che dilaga su Twitter e Facebook. Chissà quanti musulmani c’erano, quella notte, a gridare di felicità e esaltazione in mezzo alla musica, poi di orrore e terrore in mezzo agli spari. Siamo in guerra, lo dicono tutti. E allora, come in ogni guerra, il popolo inizia a chiamare “PACE!” Nessuno ha il diritto di togliere una vita, nemmeno dalla distanza di quel cielo da cui la pioggia scende di piombo. Chi c’era lì, dentro quella casa, quella baracca, quella capanna che ora non esiste più? Non lo sapremo mai. Ma chiunque fosse era vivo. Ce lo insegnava anche Tasso cinquecento anni fa: “L’onta irrita lo sdegno a la vendetta / e la vendetta poi l’onta rinova…” e come si chiude? Entrambi i duellanti sono sfiniti e se uno muore di spada, l’altro quasi per dissanguamento. Qualcuno verrà sconfitto, ma chi vince non 12 che ci verranno mandati (non dico certo che si debba star buoni ad aspettare il prossimo attentato, ma che non si risponda a bombe), ci verrà la tentazione di restituirli, ma dobbiamo resistere. E alla fine ne varrà la pena, sapete perché? Perché siamo uomini, e siamo vivi, accomunati da quell’umanità che è tanto difficile da comprendere, che ci si chiede se davvero esista, ma che Terenzio per primo, Cicerone più profondamente, hanno cercato di afferrare già duemila anni fa. E io perciò andrò a quel concerto, e il musulmano che siederà accanto, davanti, dietro di me non avrà un fucile, nessuna parola di metallo. No. L’unica arma di quel ragazzo sarà il sorriso che userà per sparare alla paura e la sua voce canterà con la mia solo e semplicemente quella Margerita Hack passione che ci unisce, e che sarà più forte di quella "Cerchiamo di vivere in pace, che ci separa. E la mia domanda non sarà: “Sei qualunque sia musulmano?”, bensì: la nostra origine, la nostra “Piace anche a te?”. E lui si fede, il colore della nostra volterà e riderà: “Sì.” pelle, la nostra lingua. Non sono un presidente, Impariamo ad apprezzare le un cancelliere, un papa o chissachì… sono una differenze. voce, piccola, ma che ci Rigettiamo con forza ogni prova. forma di violenza e di E che grida “PACE” mentre sopraffazione, tutti sembrano chiamare la peggiore delle quali è la alla guerra. guerra" rimarrà in piedi a lungo. È stato così per millenni, considerando la pace come una chimera, desiderata ma irraggiungibile, ogni guerra che si chiudeva lasciava lo spazio a una terza potenza che apriva un'altra guerra con lo stremato vincitore. Finché non si è imparato che la pace esiste davvero, parlando, confrontando, cercando di capire, stipulando patti. Non è facile, anche nei contesti quotidiani lo si vede. Per un bullo, prendere a pugni è più comodo per ottenere ciò che vuole, ma se si provasse a capirlo, qualcosa si potrebbe fare. Bisognerà cercare di parare tutti i pugni 13 Paese che vai (533 milioni di dollari), seguito dalla Cina (204 milioni di dollari), dall’Arabia Saudita (1 75 milioni di dollari) e dagli Emirati Arabi Uniti (1 22 milioni di dollari). 4. Regno Unito: Riad in testa, poi l'Indonesia Principale acquirente di armi dal Regno Unito (1 ,7 miliardi di dollari) è l’Arabia Saudita (705 milioni). Segue l’Indonesia con 541 milioni. I principali fornitori di armi : 1 . Stati Uniti: un mercato da 1 0 miliardi di dollari Gli Usa nel 201 4 hanno esportato armi per 1 0,1 9 miliardi di dollari (8,96 miliardi di euro). I principali acquirenti, in ordine decrescente, sono l’Arabia Saudita (1 ,2 miliardi di dollari), l’India (1 ,1 3), la Turchia (1 ,1 ) e Taiwan (1 ,04). L’Italia è 1 8esima. 5. Germania: Polonia in cima alla lista dei clienti La Germania (1 ,2 miliardi di dollari) vende le proprie armi principalmente alla Polonia (1 69 milioni) e all’Indonesia (1 35 milioni di dollari). Tra i dati rilevanti si nota che l’Arabia Saudita è il quinto Paese ad acquistare armi da Berlino (65 milioni di dollari), subito sotto alla Grecia (11 0 milioni di dollari). Anche per lo Stato tedesco una cifra abbastanza consistente è ricavata dalla vendita delle armi agli Emirati Arabi Uniti (54 milioni di dollari). 2. Russia: l'India è il primo acquirente Subito dopo gli Stati Uniti, il maggior esportatore di armi nel mondo è la Russia (5,97 miliardi di dollari), il cui principale cliente è l’India (con 2,1 5 miliardi). Tra i dati rilevanti c’è la vendita di armi alla Cina per 909 milioni di dollari, all’Iraq per 31 7 milioni e all’Afghanistan per 203 milioni di dollari. 3. Francia: armi a Marocco, Cina e Arabia Per quanto riguarda la Francia (1 ,9 miliardi di dollari ricavati nel 201 4 dall'export) al primo posto tra i compratori d’armi si trova il Marocco 14 armi che compri Le spese dei Paesi in guerra : 1 . Iraq: finanziamenti per 627 milioni di dollari Le armi irachene nel 201 4 sono arrivate soprattutto da Russia e Stati Uniti (che hanno incassato rispettivamente 31 7 e 272 milioni di dollari), seguite da Iran, Bulgaria e Germania. L’Italia non ha venduto armi all’Iraq nel biennio 201 3-201 4. Il totale di finanziamenti per le armi nel 201 4 è stato di 627 milioni di dollari, mentre nel 201 3 l’investimento era stato di poco più della metà di questa cifra. 2. Nigeria: Usa, Russia e Cina i maggiori fornitori La Nigeria nel 201 4 ha avuto tre fornitori principali di armi: Stati Uniti, Russia e Cina, che hanno ricavato rispettivamente 62, 58 e 57 milioni di dollari dalla vendita di armi allo Stato Africano. L’Italia non ha contribuito. l’investimento è stato drasticamente ridotto (1 0 milioni di dollari pagati esclusivamente all’Iran). 4. Libia: armi per 3 milioni dall'Italia In Libia la situazione è analoga a quella della Siria, perché nel 201 3 l’ammontare complessivo dell’investimento in armi è stato di 1 21 milioni di dollari (armi provenienti soprattutto da Canada e Russia), mentre è stato solo di 1 0 milioni di dollari per il 201 4 (armi provenienti esclusivamente dal Canada). L’Italia ha venduto armi alla Libia nel 201 3 per un totale di 3 milioni di dollari. 5. Arabia Saudita: spese per 2 miliardi nel 201 4 L’Arabia Saudita è al quarto posto nel mondo per quanto riguarda le spese militari in generale (80,8 miliardi di dollari che corrispondono a ben 1 0,4% del Pil). Nel solo 201 4 Riad ha speso in totale ben 2,63 miliardi di dollari (2,31 miliardi di euro). Le armi 3. Siria: investimenti in forte calo sono arrivate principalmente dagli Stati Uniti e Per quanto riguarda la Siria invece, mentre nel dal Regno Unito, mentre l’Italia non ha 201 3 la cifra investita per l’acquisto di armi era registrato alcun introito. stata di 361 milioni di dollari, nel 201 4 15 Battito di speranza La pace è armonia, è parte dell’anima. La vediamo nelle lacrime delle persone, negli urli di gioia. E’ un battito di speranza. Accarezza gli uomini come a sfiorarli. Come una luce incanta gli spiriti. Veronica Albertini Quello che volevamo dirvi, l'abbiamo detto. Ora tocca a voi. Pensate, scrivete, costruite la pace. Partendo da qui. 16