Quando riceviamo il Battesimo non solo affermiamo (i nostri genitori per noi) la nostra
appartenenza alla Chiesa Cattolica, ma dichiariamo di voler rinunciare alle opere di satana ed a
tutte le sue seduzioni, affermiamo di voler obbedire alle Leggi di Dio espresse nei Suoi Dieci
Comandamenti e ci dichiariamo Suoi “figli adottivi” .
Questa “lettera di intenti” però sottintende la quotidiana presa di responsabilità di ciò che significa
essere Cristiani e Cattolici: siamo Cristiani perché riconosciamo in Gesù Nazareno il Figlio di Dio,
il Cristo, e siamo Cattolici perché obbediamo alla Sua Volontà che è quella di diffondere a tutte le
genti la Sua Parola.
L’appartenenza a Dio, quindi, non è una questione elitaria ma rivela l’impegno nel quotidiano di
vivere secondo la Sua Volontà e nell’osservanza della morale Cristiana stabilita dalla Madre Chiesa.
Moltissime persone, su questo pianeta, sono Cristiane e non lo sanno.
Giunsero sua madre e i suoi fratelli e, stando fuori, lo mandarono a chiamare.
Tutto attorno era seduta la folla e gli dissero: “Ecco tua madre, i tuoi fratelli e le tue
sorelle sono fuori e ti cercano”.
Ma egli rispose loro: “Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli?”.
Girando lo sguardo su quelli che gli stavano seduti attorno, disse: “Ecco mia madre e i
miei fratelli!
Chi compie la volontà di Dio, costui è mio fratello, sorella e madre”.
(Mc. 3, 30-35)
Lo stesso Gesù indica quanto questa sia una verità inconfutabile. Infatti Sua Madre e Suoi Fratelli
non sono esclusivamente (metaforicamente parlando, perché Gesù con questa frase non ha mai
voluto disconoscere la Madre ed i cugini – chiamati fratelli come tradizionalmente voleva fossero
chiamati i legami di sangue stretti) coloro che Gli appartengono per nascita, quindi per identità, ma
chiunque faccia la Volontà del Padre, il che significa che una persona che non rifiuta apertamente
la religione Cristiana ma, per geografia o per tradizione, appartiene ad altro Credo è comunque Sua
Madre e Suo Fratello purché faccia la Volontà di Dio che è Misericordia. Chiunque, infatti, sia
misericordioso (ma in questo senso ci si dovrebbe intendere bene sul significato di “Misericordia”
che non ha nulla a che fare con il più melenso “buonismo”) si avvicina tanto a Dio quanto un
Cristiano, fervente verso Dio ma duro verso i fratelli, non potrebbe mai fare.
Del resto, questo concetto è espresso anche in un altro versetto del Vangelo di Marco, di recente
lettura:
Mc 9,38-41
Giovanni gli disse: “Maestro, abbiamo visto uno che scacciava i demòni nel tuo nome e
glielo abbiamo vietato, perché non era dei nostri”.
Ma Gesù disse: “Non glielo proibite, perché non c`è nessuno che faccia un miracolo
nel mio nome e subito dopo possa parlare male di me.
Chiunque vi darà da bere un bicchiere d`acqua nel mio nome perché siete di Cristo, vi
dico in verità che non perderà la sua ricompensa.
Chi non è contro di noi è per noi.
Una persona buona è buona agli occhi di Dio sia che professi la fede buddista o quella ebraica,
islamica o induista. Ecco perché – pur nel dovere di obbedienza alla Volontà di Dio che ci vuole
evangelizzatori – dobbiamo massimo rispetto a chi, pur senza professarsi Cattolico o Cristiano,
agisce in armonia al Volere di Dio. Appartenere a Dio è un dono immenso che spesso
sottovalutiamo più per ignoranza che per malafede.
Il Cattolicesimo Occidentale ha una grande responsabilità nei confronti del mondo perché si è fatto
garante della perpetuazione nei secoli della Volontà e della Parola del Signore. Mentre il
Cristianesimo Orientale porta avanti il Credo pur in grandissime difficoltà (ora più che mai, data
la minaccia continua della perdita della vita stessa alla quale ogni Cristiano d’Oriente è sottoposto)
con coraggio e dedizione, i Cattolici d’Occidente vivono la loro Fede con tiepidezza, senza
rendersi conto che il semplice poter uscire di casa per recarsi in Chiesa è un vero e proprio
privilegio. Basterebbe questo a svegliare dal letargo grandissima parte dei Cattolici per i quali
partecipare alla Santa Eucaristia è divenuto un appuntamento da inserire in agenda ed ha perso il
fascino dell’incontro d’Amore.
Dalla “Summa Teologica – Art. 4” di S. Tommaso d’Aquino:
L’uomo può appartenere a Dio in due modi.
Primo, in quanto è soggetto al suo potere.
E in questo modo l’uomo non cessò mai di appartenere a Dio; poiché sta scritto [ Dn
4,22.29 ]: « L’Altissimo domina sul regno degli uomini, e lo dà a chi vuole ».
– Secondo, per l’unione con lui mediante la carità.
Da cui le parole di S. Paolo [ Rm 8,9 ]: « Se uno non ha lo Spirito di Cristo, non gli
appartiene ».
L’uomo quindi non cessò mai di appartenere a Dio nel primo modo.
Nel secondo invece smise di appartenergli col peccato.
In quanto dunque fu liberato dal peccato mediante la soddisfazione data da Cristo, si
dice che l’uomo fu redento dalla passione di Cristo.
2. Col peccato l’uomo si era obbligato verso Dio e verso il demonio.
Con la colpa infatti egli aveva offeso Dio, e si era sottomesso al demonio, cedendo a lui.
Perciò con la colpa egli non era divenuto servo di Dio, avendo rinnegato tale servitù, ma
era piuttosto incorso nella schiavitù del demonio, permettendo Dio giustamente questo
fatto per l’offesa commessa contro di lui.
Quanto al castigo invece l’uomo aveva contratto un obbligo innanzitutto verso Dio, quale
giudice supremo, e poi verso il demonio, quale giustiziere.
E ciò secondo l’accenno evangelico [ Mt 5,25 ]: « Perché il tuo avversario non ti consegni
al giudice, e questi al carceriere », « cioè all’angelo crudele del castigo », come spiega il
Crisostomo [ Op. imp. in Mt hom. 11 ].
Sebbene quindi il demonio, da parte sua, tenesse ingiustamente sotto di sé l’uomo,
ingannato dalla sua astuzia, sia quanto alla colpa che quanto al castigo, tuttavia era
giusto che l’uomo subisse ciò per divina permissione quanto alla colpa, e per divina
disposizione quanto al castigo.
Perciò la giustizia esigeva che l’uomo venisse redento in rapporto a Dio, non già in
rapporto al demonio.
3. Essendo la redenzione, o riscatto, richiesta per la liberazione dell’uomo in riferimento
a Dio, e non invece in riferimento al demonio, il prezzo del riscatto doveva essere pagato
non al diavolo, ma a Dio.
E così si deve dire che Cristo offrì il suo sangue, che è il prezzo della nostra redenzione,
non al diavolo, ma a Dio.
Per questo noi apparteniamo – che ci piaccia o no – a Dio, anche permanendo nel peccato e
rifiutando il Suo perdono. Se non appartenessimo a Lui non potremmo venir da Lui giudicati.
L’anima che rifiuta l’appartenenza a Dio, che non riconosce la Sua Misericordia e non la invoca,
non si sottrae al Suo Giudizio ma, nell’ora della morte, lo subisce e ne sconta inevitabilmente la
condanna.
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