nella Chiesa e nel mondo BENEDETTO XVI, ANGELUS, DOMENICA 7 AGOSTO «Coraggio, sono io, non abbiate paura» ANNO XXIX N.7/8 - 2011 - € 5 www.30giorni.it MENSILE SPED. ABB. POST. 45% D.L. 353/2003 (CONV. IN L. 27/02/04 N.46) ART.1, COMMA 1 DCB - ROMA. In caso di mancato recapito rinviare a Ufficio Poste Roma Romanina per la restituzione al mittente previo addebito. ISSN 0390-4539 GEORGES COTTIER. I Padri del primo millennio, il Concilio Vaticano II e la luce riflessa della Chiesa Diretto da Giulio Andreotti N. 7/8 ANNO 2011 Sommario anno XXIX In copertina: Gesù salva Pietro dalle acque, mosaico della Cattedrale di Monreale, Palermo EDITORIALE La Dc e il fascino del nome cristiano Lo sguardo rivolto a san Carlo. L’intervento dell’arcivescovo emerito di Milano al Meeting di Rimini 4 — di Giulio Andreotti San Carlo Borromeo COPERTINA ANGELUS «Con le tue sole forze non puoi alzarti: stringi la mano di Colui che scende fino a te» pag. 60 Benedetto XVI, Palazzo apostolico di Castel Gandolfo, 3OGIORNI nella Chiesa e nel mondo Direttore Giulio Andreotti 42 domenica, 7 agosto 2011 IN QUESTO NUMERO ECCLESIAM SUAM Quella percezione della Chiesa come “luce riflessa” DIREZIONE E REDAZIONE Via Vincenzo Manzini, 45 00173 Roma - Italia Tel. +39 06 72.64.041 Fax +39 06 72.63.33.95 Internet:www.30giorni.it E-mail: [email protected] Vicedirettori Roberto Rotondo - [email protected] Giovanni Cubeddu - [email protected] Redazione Alessandra Francioni - [email protected] Davide Malacaria - [email protected] Paolo Mattei - [email protected] Massimo Quattrucci - [email protected] Gianni Valente - [email protected] Grafica Marco Pigliapoco - [email protected] Vincenzo Scicolone - [email protected] Marco Viola - [email protected] Ricerca iconografica Paolo Galosi - [email protected] Collaboratori Pierluca Azzaro, Françoise-Marie Babinet, Pina Baglioni, Marie-Ange Beaugrand, Maurizio Benzi, Lorenzo Bianchi, Lorenzo Biondi, Massimo Borghesi, Lucio Brunelli, Rodolfo Caporale, Lorenzo Cappelletti, Gianni Cardinale, Stefania Falasca, Giuseppe Frangi, Silvia Kritzenberger, Walter Montini, Jane Nogara, Stefano M. Paci, Felix Palacios, Tommaso Ricci, Giovanni Ricciardi Hanno inoltre collaborato a questo numero: il cardinale Georges Cottier, il cardinale Dionigi Tettamanzi Segreteria [email protected] Ufficio legale Davide Ramazzotti - [email protected] 3OGIORNI nella Chiesa e nel mondo è una pubblicazione mensile registrata presso il Tribunale di Roma in data 11/11/93, n. 501. La testata beneficia di contributi statali diretti di cui legge 7 agosto 1990, n. 250 Società editrice Trenta Giorni soc. coop. a r. l. Sede legale: Via Vincenzo Manzini, 45 00173 Roma Consiglio di amministrazione Giampaolo Frezza (presidente) Massimo Quattrucci (vice presidente) Giovanni Cubeddu, Paolo Mattei, Roberto Rotondo, Michele Sancioni, Gianni Valente Direttore responsabile Roberto Rotondo Stampa Arti Grafiche La Moderna Via di Tor Cervara, 171 - Roma Distribuzione in libreria Messaggero distribuzione srl Padova tel. 0498930922 Milano tel. 027490679 Roma tel. 0666166173 UFFICIO ABBONAMENTI E DIFFUSIONE Via V. 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La casa costruita sulla roccia CREDITI FOTOGRAFICI: Enzo LoVerso: Copertina, pp.43,44-45; Giorgio Deganello Editore: pp.8,9,10,12-13,20,21,2223,24,25,26,27,28,29,30,31,34,35; Foto Scala, Firenze: p.11; Archivi Alinari, Firenze: pp.14,17,18; Romano Siciliani: pp.46,48; Associated Press/LaPresse: pp.49,50,51; LaPresse: p.51; Getty Images/De Agostini/G.Dagli Orti: p.54; Ufficio stampa Meeting Rimini: p.60; ITL/Melloni: p.70; Paolo Galosi: pp.78,79,80; Riccardo Musacchio/Ansa: p.80; Archivio Pontificio Istituto Musica Sacra: pp.81,82; Osservatore Romano: p.82. 60 — del cardinale Dionigi Tettamanzi STORIE DI SEMPLICI PRETI «La grandezza della piccolezza» — di G. Ricciardi 70 LIBRI Augusto Del Noce e il Mulino. La modernità non è il “nemico” intervista con Massimo Borghesi — di G. Valente 74 LITURGIA La Tradizione è moderna — di P. Baglioni Il Conservatorio di san Pio X Questo numero è stato chiuso in redazione il 4 settembre 2011 Finito di stampare nel mese di settembre 2011 54 — del cardinale Georges Cottier, op — di P. Baglioni 78 79 RUBRICHE LETTERE DAI MONASTERI 8 LETTURA SPIRITUALE 12 LETTERE DALLE MISSIONI 32 POSTA DEL DIRETTORE 38 30GIORNI IN BREVE 42 30GIORNI N.7/8 - 2011 3 Editoriale La Dc e il fascino del nome cristiano di Giulio Andreotti La Dc ha rappresentato per me – ma credo anche per tanti altri che vi hanno militato – l’invito costante a considerare non occasionale ciò che accade giorno dopo giorno, come tanti fatti slegati tra loro; ma anzi a considerare tutto come correlato, come attraverso una tela di ragno che ti consente di cogliere il senso profondo delle cose che accadono e che passano. In questo libro, una sintetica rilettura di alcuni momenti salienti della storia democristiana scritta da Giovanni Di Capua e Paolo Messa, ho trovato citato anche il mio primo incontro con De Gasperi. Ho avuto più volte occasione di raccontarlo: io non avevo mai visto De Gasperi e non sapevo chi fosse. Non venivo da una famiglia che si occupava di politica. De Gasperi invece mi aveva notato in quanto ero presidente della Federazione dei cattolici universitari. Un giorno stavo in Biblioteca Vaticana a rovistare tra le carte della Marina Pontificia per stendere una tesina, quando uno sconosciuto mi apostrofò chiedendomi se non avevo niente di meglio da fare, per poi andarsene con una certa freddezza. Non sapevo che quel signore era De Gasperi ma l’avrei conosciuto dopo qualche giorno, allorché Giuseppe Spataro mi disse: «Vieni che De Gasperi ti vuole incontrare». Sarei un fanatico se dicessi che allo- L’editoriale di questo numero è la prefazione del nostro direttore al libro di Giovanni Di Capua e Paolo Messa, Dc. Il partito che fece l’Italia, Marsilio, Venezia 2011, 292 pp., euro14,00 4 30GIORNI N.7/8 - 2011 Pur essendoci fortemente questa preoccupazione di difesa dal comunismo, la spinta era di carattere positivo: era il fascino che il nome cristiano riusciva a suscitare in tutto quello che poteva essere l’evolversi giorno per giorno della vita di ciascuno di noi ra già immaginavo cosa sarebbe scaturito da quell’incontro, ma tutto era nuovo intorno a noi giovani e aveva un fascino difficile a motivarsi, ma che era ben presente nel nostro spirito. I primi anni del dopoguerra furono esaltanti, ed è riduttivo dire che il solo scopo e il collante della Dc era mettere un argine al pericolo comunista. Pur essendoci fortemente questa preoccupazione di difesa dal comunismo, la spinta era di carattere positivo: era il fascino che il nome cristiano riusciva a suscitare in tutto quello che poteva essere l’evolversi giorno per giorno della vita di ciascuno di noi. Una lezione che emerge dalla storia della Dc, e che può valere anche oggi, è che senza un punto di riferimento che vada oltre l’occasionale, il contingente, è quasi impossibile creare un nuovo soggetto politico. L’itinerario per la creazione di un nuovo movimento politico non può essere inizialmente organizzativo, tanto che i padri fondatori democristiani partirono dalle idee, dal Codice di Camaldoli. Se manca A sinistra, Andreotti con monsignor la base morale, direi anche spirituale, è difficile essere poi capaci di attrarre la gente e in particolare i giovani. Di crisi negli anni della Dc ne abbiamo avute molte, ma oggi c’è meno impulso di carattere teorico e culturale, e maggiore spinta materiale. Saper guardare in alto era un’abitudine che forse lungo la strada abbiamo perduto. Nel libro di Di Capua e Messa emerge anche il problema delle correnti interne alla Dc. Anche queste ultime potevano essere uno stimolo spirituale e culturale (alcune riforme importanti come quella agraria e la legge per il Mezzogiorno si devono alle correnti) ma dolorosamente potevano essere motivo di drammatiche divisioni, mettendo gli uni contro gli altri. De Gasperi non le voleva perché, invece di attivare una gara in positivo, potevano attivare una concorrenza deleteria, in uno spirito “commerciale” che è l’ultima cosa che serve in quest’ambito. Nonostante la lunga militanza non mi sono mai sentito un estraneo nella Dc; ero attratto sentimentalmente, oltre che razionalmente, e non ho mai pensato che la mia strada potesse essere un’altra da quella. C’era sempre uno stimolo ad andare avanti senza essere reso fragile dal guardare troppo indietro. Ancora adesso credo che l’indirizzo da far prevalere sia quello di guardare sempre avanti o meglio sempre alto. Questo “guardare alto” mi permette di fare una nota su un aspetto che viene trattato nel libro: la chiave per capire il rapporto che c’è stato tra la Dc e la Chiesa sta nelle persone. Bisogna tenere conto della grandezza di alcuni ecclesiastici con cui siamo cresciuti e abbiamo fatto un pezzo di strada. Dell’abitudine che avevano, Montini ne era un esempio, di saper guardare i problemi non solo nel loro ambito materiale, contingente. Sapevano guardare al di sopra della nostra testa e proprio per questo erano un passo avanti, sapevano guardare alto. Concludo: ripercorrere la storia della Dc è molto opportuno, per meditare e non correre il rischio di dare oggi come essenziale ciò che è assolutamente marginale e viceversa. I tempi che passano portano sempre delle novità, però guai a ritenere di essere all’inizio della creazione. Ci sono momenti in cui meditare serve per non dimenticare ciò che ci ha portato fin qui. q Giovanni Battista Montini in Santa Maria degli Angeli, a Roma, il 5 ottobre 1947 Sotto, Alcide De Gasperi con Giulio Andreotti Bisogna tenere conto della grandezza di alcuni ecclesiastici con cui siamo cresciuti e abbiamo fatto un pezzo di strada. Dell’abitudine che avevano, Montini ne era un esempio, di saper guardare i problemi non solo nel loro ambito materiale, contingente. Sapevano guardare al di sopra della nostra testa e proprio per questo erano un passo avanti, sapevano guardare alto 30GIORNI N.7/8 - 2011 5 Lettere dai monasteri Lettere dai monasteri BENEDETTINE DELLʼADORAZIONE PERPETUA BENEDETTINE DEL MONASTERO DEL SANTISSIMO SACRAMENTO SAN GIOVANNI BATTISTA Piedimonte Matese, Caserta Roma Riteniamo 30Giorni altamente formativo Piedimonte Matese, 5 luglio 2011 Onorevole senatore, le scriviamo ancora una volta per porgerle i nostri più fervidi ringraziamenti per l’invio della rivista 30Giorni, che riteniamo altamente formativa dal punto di vista culturale e spirituale. Un apprezzamento particolare va agli articoli riguardanti la patristica, il magistero e la parola del Santo Padre. La ringraziamo per la sua munificenza e generosità usata verso tanti monasteri di tutto il mondo, ai quali permettete un aggiornamento continuo non limitato alle vicende di attualità, garantendo, come dicevamo, quella “formazione permanente” che dovrebbe caratterizzare la vita di noi consacrati. Il Signore renda feconda l’opera di apostolato compiuta tramite la rivista e il vostro servizio alla verità così difficile in questi tempi di confusione e di trionfo della menzogna. Uniamo al nostro grazie la promessa della nostra preghiera comunitaria per le sue intenzioni e quelle dei suoi collaboratori. Con stima, la priora madre Saveria Marra e comunità Invito alla preghiera La redazione di 30Giorni invita tutti, e in particolare le persone consacrate dei monasteri di clausura, a pregare per don Giacomo Tantardini. Da alcuni mesi si sta curando per un tumore a un polmone. Che il Signore doni di chiedere con fiducia il miracolo della guarigione. Ai sacerdoti che stimano e vogliono bene a 30Giorni chiediamo di celebrare la santa messa secondo questa intenzione. Ai genitori chiediamo la carità di far pregare i propri bambini. 8 30GIORNI N.7/8 - 2011 Grazie per il cd con i canti gregoriani Roma, 5 luglio 2011 Stimatissimo senatore Giulio Andreotti, sembra che in Italia ricevere la posta stia diventando un lusso! In comunità accogliamo con gratitudine la vostra rivista formativa e informativa. Le consorelle, soprattutto le più giovani, la attendono e, se tarda, a causa di disguidi postali, chiedono: «30Giorni? Non arriva?». Poi ecco che sbuca da una pila di giornali e di riviste di un’intera settimana! Il numero 4/5 aveva in allegato un cd con i canti gregoriani. Grazie! Il gregoriano sfida davvero il tempo. È considerato la preghiera della Chiesa per eccellenza, come il libro dei Salmi. Quando cantiamo, queste sacre melodie fanno pensare al profumo dell’incenso che sale fino a Annunciazione: questa immagine e tutte quelle che illustrano le pagine delle Lettere e della Lettura spirituale sono tratte dal ciclo di affreschi trecenteschi del Battistero di Padova Lettere dai monasteri Lettere dai monasteri Dio: «Dirigatur, Domine, oratio mea, sicut incensum in conspectu tuo». Nella preghiera liturgica cerchiamo di mantenerlo “in auge”, nonostante siamo diventate un piccolo gregge, ma orante e fedele per grazia di Dio. Esprimiamo di nuovo la nostra riconoscenza. Dio vi renda merito per ciò che riuscite a realizzare a gloria e onore di tutta la Chiesa. In comunione di preghiera e di fede, madre Ildefonsa Paluzzi, osb, e consorelle BENEDETTINE DELLʼABBAZIA NOTRE DAME DE FIDÉLITÉ Jouques, Francia Natività Les chants de la Tradition per i nostri amici nel Benin Jouques, 18 luglio 2011 Egregio signore, siamo cinquantasette monache benedettine francesi e riceviamo con grande interesse la sua rivista così appassionante. 30Giorni ci pone nel cuore della Chiesa e ci dà le notizie che di solito non abbiamo possibilità di ricevere. Grazie a lei abbiamo scoperto, nell’ultimo numero, la ricca personalità del nuovo prefetto della Congregazione per i Religiosi. Abbiamo anche ricevuto in dono il libretto e il cd Les chants de la Tradition e la ringraziamo di cuore. Per noi che abbiamo ancora nella nostra abbazia il canto gregoriano, questo è stato un gran piacere. Abbiamo subito pensato alla nostra fondazione in Africa, nel Benin, dove ci sono tanti sacerdoti amici della nostra comunità che cercano di cantare i canti gregoriani. Potrebbe, nella sua bontà, regalarci una ventina di quei cd e libretti che noi potremmo poi dar loro? Sono sicura della sua risposta generosa, e la nostra madre badessa mi dà l’incarico di assicurarla sulla nostra intensa preghiera per tutte le sue intenzioni e in particolare per il successo dell’alta missione in favore della Chiesa attraverso il suo giornale. suor Monique, osb AGOSTINIANI DEL PRIORATO SAINT THOMAS DI VILLANOVA Pietà, Malta Grazie per Who prays is saved e per il cd di canti gregoriani Pietà, 21 luglio 2011 Gentile senatore Andreotti, desidero ringraziarla per la rivista 30Giorni inviata a noi, padri agostiniani del Saint Thomas of Villanova ¬ 30GIORNI N.7/8 - 2011 9 Lettere dai monasteri Lettere dai monasteri Priory. Grazie anche per il libro Who prays is saved e per il vostro ultimo dono sul canto gregoriano. È stata un’ottima idea riproporre il canto gregoriano, visto che in molti luoghi è completamente scomparso. A Malta usiamo ancora la Missa de Angelis e altri canti mariani – in particolare durante il nostro ritiro annuale e il mercoledì, quando, dopo compieta, cantiamo i canti mariani per il tempo dell’anno –, oltre al Veni creator e a molti altri che siete stati così gentili da registrare sul vostro cd. Vorrei chiederle se intendete pubblicare il libro Chi prega si salva in maltese. Ce la caviamo anche con le altre lingue, ma se volete, sono disposto a tradurlo senza compenso. Ho tradotto il libro Augustine day by day [Agostino giorno per giorno] del padre John Rotelle, osa (ora defunto), ed è possibile leggerlo in rete sul sito degli agostiniani maltesi. Nell’attesa di una sua risposta, la ringrazio per il suo prezioso lavoro. Dio la benedica. Vorrei inoltre chiederle, se possibile, di inviare una copia di 30Giorni alla Società della dottrina cristiana fondata da san Giorgio Preca. È un’associazione cattolica che prepara i bambini alla prima comunione e alla cresima. Credo sarebbe per loro di grande aiuto. Grazie. Suo in Cristo, padre Paul Aquilina, osa, priore SUORE CONCEZIONISTE DEL MONASTERO IMACULADA Adorazione dei Magi Il mondo di oggi ha bisogno di buone letture per conoscere l’amore di Dio e tutto il lavoro della santa Chiesa. Preghiamo tanto per le sue intenzioni e la ringraziamo infinitamente per la sua generosità e gentilezza. Dio la ricompensi con abbondanti grazie e benedizioni per il suo lavoro e la sua famiglia. Con amicizia e gratitudine, per la comunità CONÇEICAO DE MARIA madre Maria Celina, oic Piracicaba, San Paolo, Brasile Ringraziamo anche del cd con i canti liturgici DOMENICANE DEL MONASTERO QUEEN OF ANGELS Piracicaba, 22 luglio 2011 Bocaue, Filippine Stimato signor Andreotti, siamo suore concezioniste dell’ordine dell’Immacolata Concezione. Ringraziamo profondamente per la gentilezza dell’invio di questa preziosa rivista, e anche del cd con i canti liturgici! Dio benedica il suo lavoro per la santa Chiesa, svolto anche scrivendo articoli stupendi sulla santa Chiesa e sul mondo! Who prays is saved da condividere con i nostri amici 10 30GIORNI N.7/8 - 2011 Bocaue, 22 luglio 2011 Gentile direttore, siamo le suore domenicane del Queen of Angels Monastery [monastero Regina degli Angeli] nelle Filippine e siamo molto Lettere dai monasteri Lettere dai monasteri riconoscenti per la sua sapiente generosità nell’inviarci la rivista 30Days. Ogni volta che la riceviamo i suoi articoli sono letti nel refettorio. Grazie infinite. Siamo anche interessate a ricevere alcune copie del vostro libretto Who prays is saved, da dare a ciascuna delle nostre sorelle e da condividere anche con altri. Sarebbe certamente un modo molto istruttivo di far conoscere alle persone il vero significato della preghiera e la sua importanza nelle nostre vite. Sarebbe una benedizione se vi fosse possibile donarne almeno cinquanta copie al nostro monastero Queen of Angels, per permetterci poi di condividerle con i nostri amici, benefattori e fedeli che ogni giorno vengono a far visita alla cappella dell’adorazione e, in tal modo, offrire loro una guida perché comprendano quanto le preghiere sono importanti non solo per le loro vite, ma anche per quelle degli altri, e che in questo modo salveranno le loro anime dall’inferno. Che l’amore per la preghiera si diffonda sempre più. Amen! Ancora una volta grazie per l’abbonamento alla rivista 30Days e un grazie anticipato per le copie di Who prays is saved. Ricordando voi e la vostra missione nelle nostre preghiere, le domenicane di Bocaue CLARISSE DEL MONASTERO IMMACULATE CONCEPTION Palos Park, Illinois , Usa Grazie per 30Days e per tutti i doni che ci fate Palos Park, 24 luglio 2011 Gentile direttore Andreotti, sembra arrivato il momento di ringraziarla ancora una volta per il dono dell’invio mensile della sua rivista 30Days, ricca di notevoli articoli e immagini. Ci è piaciuto molto il tributo fatto nell’ultimo numero al beato papa Giovanni Paolo II e anche a papa Paolo VI che pronunciò il Credo del popolo di Dio. Preghiamo perché la sua causa, come anche quella di papa Pio XII, vada avanti nel prossimo futuro. E non dimentichiamo l’amato papa Giovanni Paolo I e gli articoli ricchi di riflessioni che su di lui avete pubblicato. Vi ringraziamo anche per i doni arrivati con la rivista, come la meditazione sulla Santa Pasqua che abbiamo recentemente ricevuto e che abbiamo letto insieme in comunità durante la nostra settimana di ritiro, trovandola ricca di spunti di riflessione. E ora, con questo numero, la bellissima riedizione del libretto Iubilate Deo insieme ai canti del cd allegato. Ci sono molto cari e continuiamo cantare molti canti gregoriani, gli inni, l’ordinario della messa e i canti propri di alcune messe. Ci piacciono inoltre le molte e bellissime immagini di opere d’arte, in particolare dei monasteri, come per esempio gli incantevoli santuari mariani presentati nel numero di questo mese. Ricorderemo le vostre intenzioni alla nostra madre santa Chiara nella novena solenne in quest’anno dell’ottavo centenario di fondazione. Con gratitudine, in nostra madre santa Chiara, la badessa madre Maria Teresita, pcc, e comunità Presentazione al tempio continua a p. 28 30GIORNI N.7/8 - 2011 11 Lettura spirituale Lettura spirituale Lettura spirituale/43 «Confiteor unum baptisma in remissionem peccatorum» Decretum de peccato originali, can. 4 Si quis parvulos recentes ab uteris matrum baptizandos negat, etiam si fuerint a baptizatis parentibus orti, aut dicit, in remissionem quidem peccatorum eos baptizari, sed nihil ex Adam trahere originalis peccati, quod regenerationis lavacro necesse sit expiari ad vitam aeternam consequendam, unde fit consequens, ut in eis forma baptismatis “in remissionem peccatorum” non vera, sed falsa intellegatur: anathema sit. Quoniam non aliter intellegendum est id, quod dicit Apostolus: «Per unum hominem peccatum intravit in mundum, et per peccatum mors, et ita in omnes homines mors pertransiit, in quo omnes peccaverunt» (Rm 5, 12), nisi quemadmodum Ecclesia catholica ubique diffusa semper intellexit. Propter hanc enim regulam fidei, ex traditione Apostolorum, etiam parvuli, qui nihil peccatorum in semetipsis adhuc committere potuerunt, ideo in remissionem peccatorum veraciter baptizantur, ut in eis regeneratione mundetur, quod generatione contraxerunt. «Nisi enim quis renatus fuerit ex aqua et Spiritu Sancto, non potest introire in regnum Dei» (Gv 3, 5) (Denzinger 1514). 12 30GIORNI N.7/8 - 2011 Lettura spirituale Lettura spirituale Scorcio dell’interno del Battistero di Padova con il fonte battesimale «Confesso un solo battesimo per la remissione dei peccati» Decreto sul peccato originale, can. 4 Se qualcuno afferma che i bambini appena usciti dal ventre della madre non devono essere battezzati, anche se nati da genitori battezzati, oppure sostiene che essi vengono sì battezzati per la remissione dei peccati, ma non contraggono da Adamo alcunché del peccato originale che sia necessario purificare col lavacro della rigenerazione per conseguire la vita eterna, da cui consegue che per essi la forma del battesimo “per la remissione dei peccati” non va presa per vera, ma per falsa, sia scomunicato. Infatti quanto dice l’Apostolo: «A causa di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo, e con il peccato la morte, e così la morte ha raggiunto tutti gli uomini, perché tutti hanno peccato» (Rm 5, 12), non va inteso in modo diverso dal modo in cui la Chiesa cattolica diffusa in tutto il mondo l’ha sempre inteso. È infatti per questa norma di fede che, per tradizione apostolica, anche i bambini, che da sé stessi non hanno ancora potuto commettere alcun peccato, vengono battezzati veramente per la remissione dei peccati, affinché in essi sia purificato con la rigenerazione quello che hanno contratto con la generazione. Infatti «se uno non nasce da acqua e da Spirito Santo, non può entrare nel regno di Dio» (Gv 3, 5). Lettura spirituale Lettura spirituale commento del canone 4 del Decretum de peccato originali del Concilio di Trento (Denzinger 1514), dove, seguendo fedelmente il Credo niceno-costantinopolitano (Confesso un solo battesimo per la remissione dei peccati), si afferma che anche il battesimo dei bambini, i quali non hanno potuto commettere alcun peccato personale, è per la remissione dei peccati, ripubblichiamo, a conforto della fede e come preghiera, i brani del Credo del popolo di Dio di Paolo VI in cui è riproposta questa dottrina di fede. Ci ha sempre sorpreso osservare come sant’Agostino, quando accenna al momento in cui il diavolo viene sciolto (cfr. Ap 20, 3. 7) – cioè è scatenato, si scatena –, indichi quale segno della fedeltà del Signore alla Sua Chiesa, e quindi quale segno di speranza, il fatto che genitori cristiani fanno battezzare i propri figli (cfr. De civitate Dei XX, 8, 3). Per questo, sempre a commento del canone 4 del Decretum de peccato originali del Concilio di Trento, proponiamo la lettura di alcuni appunti tratti da una lezione di don Giacomo Tantardini su questo brano del De civitate Dei di Agostino. Gli appunti della lezione, tenuta nella Libera Università San Pio V di Roma il 5 maggio 1999, sono stati diffusi tra gli studenti in una dispensa dal titolo Invito alla lettura di sant’Agostino. Appunti dalle lezioni di don Giacomo Tantardini alla Libera Università San Pio V di Roma su “La città di Dio e gli ordinamenti degli Stati”, Anno accademico1998-1999 (pro manuscripto), Associazione San Gabriele, Roma. A Il peccato originale e la cacciata dal Paradiso terrestre 14 30GIORNI N.7/8 - 2011 Lettura spirituale Lettura spirituale Peccato originale e battesimo dei bambini Paolo VI, Credo del popolo di Dio Noi crediamo che in Adamo tutti hanno peccato: il che significa che la colpa originale da lui commessa ha fatto cadere la natura umana, comune a tutti gli uomini, in uno stato in cui essa porta le conseguenze di quella colpa, e che non è più lo stato in cui si trovava all’inizio nei nostri progenitori, costituiti nella santità e nella giustizia, e in cui l’uomo non conosceva né il male né la morte. È la natura umana così decaduta, spogliata della grazia che la rivestiva, ferita nelle sue proprie forze naturali e sottomessa al dominio della morte, che viene trasmessa a tutti gli uomini; ed è in tal senso che ciascun uomo nasce nel peccato. Noi dunque professiamo, col Concilio di Trento, che il peccato originale viene trasmesso con la natura umana, «non per imitazione, ma per propagazione», e che esso pertanto è «proprio a ciascuno» (cfr. Denzinger 1513). Noi crediamo che Nostro Signor Gesù Cristo mediante il Sacrificio della Croce ci ha riscattati dal peccato originale e da tutti i peccati personali commessi da ciascuno di noi, in maniera tale che – secondo la parola dell’Apostolo – «là dove aveva abbondato il peccato, ha sovrabbondato la grazia» (Rm 5, 20). Noi crediamo in un solo Battesimo istituito da Nostro Signor Gesù Cristo per la remissione dei peccati. Il Battesimo deve essere amministrato anche ai bambini che non hanno ancor potuto rendersi colpevoli di alcun peccato personale, affinché essi, nati privi della grazia soprannaturale, rinascano «dall’acqua e dallo Spirito Santo» alla vita divina in Gesù Cristo (cfr. Denzinger 1514). Lettura spirituale Lettura spirituale Appunti della lezione di don Giacomo Tantardini tenuta nella Libera Università San Pio V di Roma il 5 maggio 1999 «Anche quando il diavolo viene sciolto ci saranno genitori così forti che faranno battezzare i loro piccoli» (De civitate Dei XX, 8, 3) li ultimi quattro libri del De civitate Dei descrivono il fine, il termine delle due città. Il terzo brano che oggi leggeremo è tratto dal libro ventesimo del De civitate Dei: è uno dei brani più belli. Nel capitolo ottavo del libro ventesimo1 Agostino commenta alcuni versetti dell’Apocalisse. In particolare comincia a commentare quel versetto (Ap 20, 3) in cui si legge che: «“Post haec oportet eum solvi brevi tempore” / “Dopo queste cose è necessario che quello [il diavolo] sia sciolto per un breve tempo”». Giovanni parla dei mille anni in cui il diavolo è legato; del breve tempo in cui il diavolo viene sciolto; dei mille anni in cui i santi regneranno sulla terra. Agostino dà di queste immagini del discepolo prediletto quella lettura che la Chiesa ha fatto propria e da sempre ha proposto. È interessante notare che G c’è tutta una tradizione culturale, che parte da Gioacchino da Fiore, contraria alla lettura di Agostino. C’è un libro molto interessante di Ratzinger su questo argomento2. Agostino dice che tra l’ascensione del Signore e il Suo ritorno glorioso con la risurrezione dei morti e il giudizio finale, c’è solo il tempo della memoria. In questo «breve tempo»3, tra l’ascensione del Signore e il Suo ritorno glorioso, non accade nulla di diverso, di altro4. La memoria è infatti l’accadere sempre nuovo, quale nuovo inizio, di quello stesso unico avvenimento definitivo. Quindi sia i mille anni in cui il diavolo è legato, sia il breve tempo in cui è sciolto, sia i mille anni in cui i santi regnano appartengono tutti a questo tempo della Chiesa prima del giudizio finale, sono espressioni che descrivono condizioni di questo tempo della Chie- 1 Cfr. De civitate Dei XX, 8, 1-3. 2 Cfr. J. Ratzinger, San Bonaventura e la teologia della storia, Nardini Editore, Firenze 1991. 3 Agostino, In Evangelium Ioannis CI, 1.6. 4 Concilio ecumenico Vaticano II, costituzione dogmatica sulla divina rivelazione Dei Verbum, n. 4: «Oeconomia ergo chri- stiana, utpote foedus novum et definitivum, numquam praeteribit, et nulla iam nova revelatio publica expectanda est ante gloriosam manifestationem Domini nostri Iesu Christi / L’economia cristiana dunque, in quanto è l’Alleanza nuova e definitiva, non passerà mai, e non è da aspettarsi alcun’altra Rivelazione pubblica prima della manifestazione gloriosa del Signore nostro Gesù Cristo (cfr. 1Tm 6, 14 e Tt 2, 13)». 16 30GIORNI N.7/8 - 2011 Lettura spirituale Lettura spirituale La bestia che vuole divorare il bambino partorito dalla donna vestita di sole sa. Sant’Agostino supera in maniera definitiva il millenarismo. I mille anni in cui i santi regneranno sulla terra non saranno un tempo diverso, altro dal tempo della Chiesa. Infatti, dice Agostino in una delle sue osservazioni più belle, già ora regnano, già ora c’è questo regno5. Questo è il contesto in cui vanno collocate le parole di Agostino. E l’interpretazione di Agostino risulta ancora più realistica se accettiamo i suggerimenti che il pro- fessor Eugenio Corsini dà per leggere l’Apocalisse6, la quale, secondo lui, si riferisce innanzitutto alla morte e alla risurrezione del Signore, a quei tre giorni in cui si è compiuta una volta per sempre «la rivelazione di Gesù Cristo» (Ap 1, 1). Il tempo della Chiesa vive della memoria di quell’avvenimento e dell’attesa del suo definitivo manifestarsi. Quindi l’Apocalisse è più un libro di memoria che non di prospettive future. ¬ 5 Cfr. De civitate Dei XX, 9, 1, vedi pp. 23ss. 6 Cfr. I. de la Potterie, L’Apocalisse è già accaduta, in Storia e mistero. Esegesi cristiana e teologia giovannea, Sei-30Giorni, Roma 1997, pp. 115-119. 30GIORNI N.7/8 - 2011 17 Lettura spirituale Lettura spirituale La donna vestita di sole e il bambino, particolare Che cosa vuol dire, si domanda dunque Agostino, che il diavolo sarà sciolto per un breve tempo? Quando verrà sciolto potrà sedurre la Chiesa? «Absit; / Non sia mai; / numquam enim ab illo Ecclesia seducetur / mai infatti da quello [il diavolo] sarà sedotta la Chiesa, / praedestinata et electa ante mundi constitutionem, / che è stata predestinata ed eletta prima della creazione del mondo, / de qua dictum est: “Novit Dominus qui sunt eius”. / della quale è stato detto: “Il Signore conosce chi sono i suoi”». Nella Quaresima del 1995 ho suggerito di stampare un piccolo cartoncino con la Preghiera a 18 30GIORNI N.7/8 - 2011 san Giuseppe, il Memorare, l’Angelo di Dio e con una delle frasi più belle che Giussani aveva detto nel gennaio-febbraio di quello stesso anno: «Noi siamo in un tale degrado universale che non esiste più niente di ricettivo del cristianesimo, se non la bruta realtà creaturale. Perciò è il momento degli inizi del cristianesimo, è il momento in cui il cristianesimo sorge, è il momento della resurrezione del cristianesimo. E la resurrezione del cristianesimo ha un grande unico strumento. Che cosa? Il miracolo. È il tempo del miracolo. Bisogna dire alla gente di invocare i santi perché sono stati fatti per questo». Perché sebbene anche altri facciano Lettura spirituale Lettura spirituale miracoli7, i santi sono stati fatti per questo. Mi hanno raccontato che lunedì scorso, durante la trasmissione televisiva Porta a porta, che aveva come argomento la beatificazione di Padre Pio, di fronte ad alcuni interventi che sostenevano che i santi sono canonizzati per la loro cultura, Andreotti, presente alla trasmissione, ha detto con ironia che se le cose stessero veramente così allora sarebbe santo solo Tommaso d’Aquino. I santi sono stati fatti tali per i miracoli. Nello stesso piccolo cartoncino per la Quaresima del 1995 ho fatto scrivere tre frasi. La prima è tratta dal Salmo 5: «Fai perire i bugiardi. Il Signore detesta sanguinari e ingannatori». La seconda è tratta dall’Apocalisse (Ap 13, 11.16-17): «Vidi poi salire dalla terra un’altra bestia. [...] Faceva sì che tutti, piccoli e grandi, ricchi e poveri, liberi e schiavi ricevessero un marchio sulla mano destra e sulla fronte; e che nessuno potesse comprare o vendere [potesse fare carriera] senza avere tale marchio, cioè il nome della bestia e il numero del suo nome». La terza frase è tratta dalla seconda Lettera di Paolo a Timoteo (2Tm 2, 19): «Tuttavia il fondamento gettato da Dio sta saldo e porta questo sigillo: Il Signore conosce i suoi, e ancora: Si allontani dall’iniquità chiunque invoca il nome del Signore». Questa terza frase è quella che Agostino dice valere soprattutto nel tempo in cui il diavolo viene sciolto. 7 Continuiamo la lettura di Agostino: «Et tamen hic erit etiam illo tempore, quo solvendus est diabolus, / Eppure la Chiesa esisterà quaggiù anche nel tempo in cui il diavolo dovrà essere sciolto, / sicut, ex quo est instituta, hic fuit et erit omni tempore, in suis utique qui succedunt nascendo morientibus / così come, dalla sua fondazione, quaggiù è esistita ed esisterà in ogni tempo nei suoi, che sempre si avvicendano col nascere a coloro che muoiono»: la Chiesa vive nei suoi. Non c’è la Chiesa in astratto. C’è la Chiesa che vive nei suoi, che vive in maniera perfetta in Colei che è stata Sua madre. Quando in tutte le messe si dice «non guardare ai nostri peccati, ma alla fede della tua Chiesa» penso innanzitutto alla Madonna. Perché di fatto la fede della Sua Chiesa in maniera eccellente, umile e eccellente, in una pienezza di grazia che è insuperabile, l’ha vissuta quella ragazza. Se non ci fosse stato nessuno che avesse vissuto così, non sarebbe così reale questa preghiera. Poi Agostino commenta un altro brano dell’Apocalisse (20, 9 ss), in cui Giovanni dice che tutte le nazioni «cinxerunt castra sanctorum et dilectam civitatem, / hanno cinto d’assedio l’accampamento dei santi e la città che Dio ama, / et descendit ignis de caelo a Deo et comedit eos [...] / ma un fuoco scese dal cielo da Dio e divorò coloro che [...]» stavano per conquistare la città diletta... Agostino, come accennavo prima, com- ¬ L. Giussani, Cristo è tutto in tutti, Appunti dalle meditazioni di Luigi Giussani per gli Esercizi della Fraternità di Comu- nione e liberazione, Rimini 1999, supplemento a Litterae Communionis-Tracce, n. 7, luglio-agosto 1999, p. 54: «Vi ricordate – come lo descrive il secondo libro della Scuola di comunità –, quando Gesù, andando per i campi con i suoi apostoli, vide vicino a un paese che si chiamava Nain una donna che piangeva e singhiozzava dietro la bara del figlio morto? E Lui andò là; non le disse: “Ti risuscito il figlio”. Ma: “Donna, non piangere”, con una tenerezza, affermando una tenerezza e un amore all’essere umano inconfondibili! E infatti, dopo, le diede anche il figlio vivo. Ma non è questo, perché di miracoli possono farne anche altri, ma questo, questa carità, questo amore all’uomo proprio di Cristo non ha nessun paragone in niente!». 30GIORNI N.7/8 - 2011 19 Lettura spirituale Lettura spirituale La bestia che sale dal mare mentando questo passo afferma che la vittoria definitiva «iam ad iudicium novissimum pertinet / riguarda il giudizio finale». Rispetto al breve tempo in cui il diavolo viene sciolto, Agostino dice: «[...] ne quis existimet eo ipso parvo tempore, quo solvetur diabolus, in hac terra Ecclesiam non futuram, illo hic eam vel non inveniente, cum fuerit solutus, vel absumente, cum fuerit modis omnibus persecutus / [...] nessuno pensi che in 8 quel breve tempo in cui il diavolo sarà sciolto la Chiesa non esisterà sulla terra, o perché il diavolo non ve la troverà quando verrà sciolto o perché l’annienterà dopo averla perseguitata in tutti i modi». Ma se il diavolo viene sciolto vuol dire che è legato. Che significa il fatto che è legato?: «[...] sed alligatio diaboli est non permitti exserere totam temptationem quam potest / [...] il fatto che il diavolo è legato vuol dire che non gli è permesso di esercitare tutta la sua possibile forza di tentazione / vel vi vel dolo ad seducendos homines / attraverso la forza o attraverso l’inganno per sedurre gli uomini», per distogliere gli uomini dalla fede. Questa è l’espressione massima della tentazione. Sono tentazioni tutte le tentazioni del diavolo così come sono vizi capitali tutti i sette vizi capitali8. Ma la tentazione cui tendono tutte le tentazioni è quando il diavolo vuole distruggere la fede. Come diceva sempre padre Leopoldo Mandic quando confessava: «Basta che si salvi la fede»9. Questo è il criterio per i preti quando confessano; ed è il fine ultimo per cui ci si confessa. Così è conforto grandissimo confessarsi di qualunque peccato perché si salvi la fede. La fede è la radice di tutto. Così si ritorna innocenti, piccoli, puri di cuore. «Con la forza e con l’inganno» il diavolo si mobilita per distruggere la fede. «Con la forza e con l’inganno». «Vi / con la forza». Per esempio la minaccia. Di fronte alle morti improvvise che hanno segnato questi anni, a volte ho accennato che, da un certo Cfr. Chi prega si salva, 30Giorni, Roma 2009, p. 15: «I sette vizi capitali: 1. superbia; 2. avarizia; 3. lussuria; 4. ira; 5. gola; 6. invidia; 7. accidia». 9 20 Cfr. S. Falasca, È il Signore che opera, in 30Giorni, n. 1, gennaio 1999, pp. 70-74. 30GIORNI N.7/8 - 2011 Lettura spirituale Lettura spirituale punto di vista, perché siano usate come minaccia contro chi crede, non è importante che siano morti improvvise avvenute per omicidio o morti improvvise avvenute per caso (per caso non sono mai ultimamente nel disegno della provvidenza del Signore). Infatti possono essere usate come minaccia nei confronti di chi crede anche se non sono reali omicidi. Di fronte a certe morti improvvise uno può dire a un altro: «Guarda che se non fai così, fai la fine di quella persona». Quindi le morti improvvise sono usate come minaccia, anche se quelle morti non fossero reali omicidi, anche se fossero morti, diciamo così, naturali. «Dolo / con l’inganno». La maggior parte delle persone è sedotta attraverso l’inganno. Con termini moderni potremmo parlare di omologazione anche attraverso gli strumenti di comunicazione di massa. Inganno mediatico. Per ingannare le per- sone il diavolo fa leva sul peccato di superbia. Infatti ai piccoli e ai semplici, cioè agli umili («Qui sunt parvuli? Humiles»10) il Signore dona la sapienza. «La tua parola nel rivelarsi illumina, dona sapienza ai semplici» (Sal 118, 130). Per questo quando Agostino parla di questa persecuzione accenna che è importante la sapienza. Cioè è importante l’intelligenza che coglie il momento. Lo dice più avanti: «Omnes insidias eius atque impetus et caverent sapientissime et patientissime sustinerent / per sottrarsi con somma sapienza alle insidie e agli assalti [del diavolo] e per sostenerli con somma pazienza». Agostino insiste su questa intelligenza; anche se è evidente che è un particolare dono di grazia il fatto che nella persecuzione si rimane fedeli. Soprattutto quando la persecuzione diventa cruenta, come nell’aprile di sette anni fa, l’aprile 1992, Giussani aveva previsto11. Continua Agostino: «in partem suam cogendo violenter fraudolenterve fallendo / costringendoli dalla sua parte con la violenza o ingannandoli con la menzogna». Il diavolo tenta gli uomini non innanzitutto perché pecchino (anche se non li può costringere dalla sua parte con la violenza e con l’inganno se non attraverso il ¬ 10 Agostino, Sermones 67, 5, 8. 11 L. Giussani, Un avvenimento di vita, cioè una storia (introduzione del cardinale Joseph Ratzinger), Edit-Il SaL’angelo bato, Roma 1993, p. 104: «È così. L’ira del mondo oggi non che abbatte si alza dinanzi alla parola Chiesa, sta quieta anche dinanzi la bestia all’idea che uno si definisca cattolico, o dinanzi alla figura con la macina da mulino del Papa dipinto come autorità morale. Anzi c’è un ossequio formale, addirittura sincero. L’odio si scatena – a mala pena contenuto, ma presto tracimerà – dinanzi a cattolici che si pongono per tali, cattolici che si muovono nella semplicità della Tradizione». 30GIORNI N.7/8 - 2011 21 Lettura spirituale Lettura spirituale peccato12) ma perché vadano dalla sua parte. È questo lo scopo: perché vadano dalla sua parte. Se non si coglie questo, non si coglie una dimensione essenziale della storia della Chiesa. Non si può descrivere la storia della Chiesa solo come storia di grazia e di peccati. Ricordo che una volta ero in macchina con Giussani a Roma. Prima di giungere a piazza Venezia, Giussani mi disse: «Vedi, i fattori della storia della Chiesa sono tre: la grazia, il peccato e l’anticristo. Se non si tiene presente l’anticristo, il rapporto tra grazia e peccati può essere concepito moralisticamente». L’anticristo, attraverso il peccato, vuole portarti dalla sua parte. «In partem suam cogendo violenter fraudolenterve fallendo / costringendoli dalla sua parte con la violenza o ingannandoli con la menzogna». Si domanda Agostino: perché il diavolo viene sciolto? Apro una breve parentesi. Qualcuno mi ha accennato a un sogno di san Giovanni Bosco. Don Bosco sogna di una scommessa, se non sbaglio, tra Dio e il diavolo, in cui il diavolo dice a Dio di essere capace di distruggere la fede in un secolo. E il Signore gli avrebbe detto: bene, ti do un secolo, puoi fare quello che vuoi. Vedremo alla fine se sarai riuscito a distruggere completamente la fede dentro la mia Chiesa. A tutte le profezie private, come possono essere i sogni di 12 don Bosco, si è liberi di credere o di non credere. Anzi, propriamente, ad esse non si crede, ad esse si può solo dare credito o no. Perché non sono oggetto della fede. Le profezie private possono essere però ipotesi intelligenti per leggere la realtà. Le profezie private, comprese le apparizioni della Madonna, possono essere suggerimenti all’intelligenza illuminata dalla fede per guardare la realtà. Pensate alla profezia di Paolo VI nel settembre 197713 e al giudizio ancora più «Non enim nisi peccatis homines separantur a Deo / Infatti soltanto con i peccati gli uomini si separano da Dio» (De ci- vitate Dei X, 22); «Non deserit, si non deseratur / Non abbandona se non è abbandonato» (Agostino, De natura et gratia 26, 29); Concilio di Trento, Decretum de iustificatione, cap. 11: De observatione mandatorum, deque illius necessitate et possibilitate, Denzinger 1536-1539, in particolare 1537; Concilio Vaticano I, costituzione dogmatica sulla fede cattolica Dei Filius, Denzinger 3014. 13 22 Cfr. L. Giussani, Un avvenimento di vita, cioè una storia (introduzione del cardinale Joseph Ratzinger), Edit-Il Sabato, 30GIORNI N.7/8 - 2011 Lettura spirituale Lettura spirituale drammaticamente realistico di Giussani del dicembre 1998 sul piccolo resto14. Una profezia privata, a cui non si crede propriamente parlando, ma a cui si dà semplicemente credito, perché la fede nasce solo per attrattiva di grazia15, può essere però uno spunto utilissimo per guardare con attenzione e con accettazione la realtà così com’è. La bestia che sale dal mare, particolare Allora perché il diavolo viene sciolto? «Si autem numquam solveretur, minus appareret eius maligna potentia, / Se non fosse mai sciolto, meno apparirebbe la sua potenza cattiva, / minus sanctae civitatis fidelissima patientia probaretur, / meno sarebbe messa alla prova la fedelissima pazienza della città santa, / minus denique perspiceretur, quam magno eius malo tam bene fuerit usus Omnipotens [...] / ma soprattutto si vedrebbe meno chiaramente come Colui che è onnipotente può usare un male così grande per ¬ Roma 1993, pp. 72-73: «Negli ultimi anni lei desidera che siano ripetute e conosciute da tutti le parole che Paolo VI disse all’amico Jean Guitton, l’8 settembre del 1977, dove si parla di “un pensiero non-cattolico” e della resistenza di un “piccolo gregge”. Perché? Luigi Giussani: Perché è così che sta accadendo. La prego di rileggermi quelle parole. Eccole: “C’è un grande turbamento in questo momento nel mondo della Chiesa, e ciò che è in questione è la fede. Capita ora che mi ripeta la frase oscura di Gesù nel Vangelo di san Luca: ‘Quando il Figlio dell’Uomo ritornerà, troverà ancora la fede sulla terra?’. Capita che escano dei libri in cui la fede è in ritirata su punti importanti, che gli episcopati tacciano, che non si trovino strani questi libri. Questo, secondo me, è strano. Rileggo talvolta il Vangelo della fine dei tempi e constato che in questo momento emergono alcuni segni di questa fine. Siamo prossimi alla fine? Questo non lo sapremo mai. Occorre tenersi sempre pronti, ma tutto può durare ancora molto a lungo. Ciò che mi colpisce, quando considero il mondo cattolico, è che all’interno del cattolicesimo sembra talvolta predominare un pensiero di tipo non-cattolico, e può avvenire che questo pensiero non-cattolico all’interno del cattolicesimo diventi domani il più forte. Ma esso non rappresenterà mai il pensiero della Chiesa. Bisogna che sussista un piccolo gregge, per quanto piccolo esso sia”». 14 L. Giussani, Cristo è parte presente del reale, in 30Giorni, n. 12, dicembre 1998, p. 49: «Oggi il fatto che Cristo esista – chi sia, dove sia, quale strada per andare a Lui – non è vissuto che da pochissimi, quasi un resto d’Israele, e anche questi spesso infiltrati o bloccati dall’influsso della mentalità comune». 15 Tommaso d’Aquino, Summa theologiae II-II q. 4 a. 4 ad 3: «Gratia facit fidem non solum quando fides de novo incipit esse in homine, sed etiam quamdiu fides durat / La grazia crea la fede non soltanto quando la fede nasce in una persona, ma per tutto il tempo che la fede dura». 30GIORNI N.7/8 - 2011 23 Lettura spirituale Lettura spirituale Preghiera a san Michele Arcangelo San Michele Arcangelo, difendici nella lotta: sii il nostro aiuto contro la malvagità e le insidie del demonio. Supplichevoli preghiamo che Dio lo domini e tu, Principe della Milizia celeste, con il potere che ti viene da Dio, incatena nell’inferno satana e gli altri spiriti maligni che si aggirano per il mondo per perdere le anime. Amen. Il quinto angelo versa la coppa dell’ira di Dio sul trono della bestia un bene ancora più grande [...] / In eorum sane, qui tunc futuri sunt, sanctorum atque fidelium comparatione quid sumus? / Rispetto a quei santi e fedeli che vivranno allora [quando il diavolo sarà sciolto], che cosa siamo noi?». Questa domanda per Agostino nasceva spontanea, perché Agostino viveva in un tempo in cui migliaia e migliaia di persone diventavano cristiane. Tant’è vero che per Agostino miracolo evidente per credere in Cristo è la multitudo, la moltitudine di persone che diventano cristiane. Agostino era circondato dal miracolo di migliaia e migliaia di persone che diventavano cristiane. Una multitudo di ignoranti e peccatori che incontravano il cristianesimo16. Non aveva paragone l’evidenza dei miracoli che confortano la fede17 al tempo di Agostino con oggi, in cui, come accennava a 30Giorni un vescovo del Laos, la Chiesa è come un piccolo bambino salvato dalle acque18. Agostino poteva dire: «Il miracolo più evidente è che i vostri templi e i vostri teatri sono vuoti, mentre le chiese sono piene di popolo». Oggi è letteralmente il contrario. Per questo mi sembra possibile leg- 16 Cfr. J. Ratzinger, Popolo e casa di Dio in sant’Agostino, Jaca Book, Milano 1971, in particolare pp. 33-38: «Dio ha fatto questo [procurare alla sapienza un’ulteriore incarnazione che le faccia strada anche fino all’occhio dello stolto] dapprima attraverso i miracoli poi attraverso la multitudo. Per Agostino la moltitudine dei popoli che appartengono alla Chiesa costituisce un evidente segno divino che veramente solo Dio stesso poteva dare» (p. 35). 17 Cfr. Concilio ecumenico Vaticano I, costituzione dog- matica sulla fede cattolica Dei Filius, Denzinger 3009. 18 Cfr. S. M. Paci, Ci basta un’Ave Maria, intervista con monsignor Jean Khamsé Vithavong, vicario apostolico di Vientiane nel Laos, in 30Giorni, n. 3, marzo 1999, pp. 16-19. Lettura spirituale Lettura spirituale gere questo tempo o momenti di questo tempo, come tempo o momenti in cui il diavolo è sciolto. Dico questo da un punto di vista realistico, di constatazione19. Anche la preghiera di papa Leone XIII a san Michele Arcangelo, che, prima della riforma liturgica, si recitava al termine della santa messa, suggeriva questa ipotesi, domandando: «... e tu, Principe della Milizia celeste, con il potere che ti viene da Dio, incatena nell’inferno satana e gli altri spiriti maligni...»20. «[...] Usque in illum finem sine dubio convertentur; [...] / [...] Fino alla fine [anche quando il diavolo viene sciolto] ci saranno coloro che si convertiranno; [...] / qui oderint christianos, in quorum quotidie, velut in abysso, caecis et profundis cordibus includatur / [e ci saranno anche] coloro che odiano i cristiani; nella profondità dei loro cuori ciechi il diavolo ogni giorno viene rinchiuso come nell’abisso»: credo che difficilmente Agostino abbia dato su qualcuno un giudizio così tragico come questo su chi odia i cristiani come tali cioè «coloro che si muovono nella semplicità della Tradizione»21. 19 «Immo vero id potius est credendum, / Si deve piuttosto credere che / nec qui cadant de Ecclesia nec qui accedant Ecclesiae illo tempore defuturos, / anche in quel tempo non mancheranno né quelli che si allontanano dalla Chiesa né quelli che la incontrano, / sed profecto tam fortes erunt et parentes pro baptizandis parvulis suis / ma che anzi certamente ci saranno sia genitori così forti che faranno battezzare i loro piccoli [è bellissimo questo accenno, proprio come sguardo sulle cose accadute in questi anni], / et hi, qui tunc primitus credituri sunt, ut illum fortem vincant etiam non ligatum, / sia alcuni, che in quel tempo avranno appena compiuto i primi passi nella fede, che saranno così forti da vincere la forza del diavolo anche se non legato, / id est omnibus, qualibus antea numquam, vel artibus insidiantem vel urgentem viribus, et vi- ¬ Cfr. J. Ratzinger, L’angoscia di un’assenza. Tre medita- zioni sul Sabato santo, supplemento a 30Giorni, n. 3, marzo 1994. 20 Papa Leone XIII compose la preghiera a san Michele Ar- cangelo, sembra, nel 1886, e la fece poi inviare a tutti i vescovi, perché la facessero recitare in ginocchio al termine di ogni santa messa, dopo che era rimasto profondamente turbato da una visione avuta al termine della celebrazione di una santa messa a cui assisteva (cfr. Ephemerides liturgicae 69 [1955], p. 59 nota 9). La preghiera fu anche inclusa all’interno di uno speciale esorcismo fatto inserire da Leone XIII nel Rituale Romano (compariva al titolo XII, nell’edizione del 1954). 21 Cfr. sopra nota 11. Cristo sul cavallo bianco seguito dagli eserciti celesti 30GIORNI N.7/8 - 2011 25 Lettura spirituale Lettura spirituale L’Agnello in trono tra i quattro esseri viventi e i ventiquattro vegliardi gilanter intellegant et toleranter ferant; ac sic illi etiam non ligato eripiantur / cioè pronti a comprendere con attenzione e capaci di resistere con pazienza al diavolo che, come mai prima, insidia con tutte le arti e assale con tutte le forze, così da essere liberati da lui sebbene non legato»: non sono loro che vincono, ma sono loro che dalla grazia di Dio sono strappati sia dalla forza che minaccia sia dall’inganno. Infine, nel capitolo nono del libro ventesimo22, Agostino commenta i mille anni in cui gli eletti regnano sulla terra: «Interea dum mille annis ligatus est diabolus, sancti regnant cum Christo etiam ipsi mille annis, eisdem sine dubio et eodem modo intellegendis, id est, isto iam tempore prioris eius adventus. / Dunque, mentre il diavolo è legato per mille anni, i santi regnano con Cristo anch’essi per mille anni, che devono essere intesi senza dubbio nel medesimo tempo e nel medesimo modo, cioè già in questo tempo del Suo primo avvento. / Excepto quippe illo regno, de quo in fine dic- 22 26 Cfr. De civitate Dei XX, 9, 1. 30GIORNI N.7/8 - 2011 turus est: “Venite, benedicti Patris mei, possidete paratum vobis regnum”, / Poiché, oltre a quel regno del quale alla fine si dirà: “Venite, benedetti del Padre mio, ricevete il regno preparato per voi”, / nisi alio aliquo modo, longe quidem impari, iam nunc regnarent cum illo sancti eius, / se anche ora in questo tempo, sia pure in un altro modo molto diverso [dal Paradiso], non regnassero con lui i suoi santi, / quibus ait: “Ecce ego vobiscum sum usque in consummationem saeculi”; / ai quali il Signore dice: “Ecco io sono con voi fino alla fine del tempo”, / profecto non etiam nunc diceretur Ecclesia regnum eius regnumve caelorum / certo non si direbbe che la Chiesa già adesso è il Suo regno, il regno dei cieli»: i suoi fedeli regnano per la Sua presenza. Perché, essendo già ora presente il Signore, il regnare è come il riverbero nel cuore e nei gesti, cioè nelle opere buone, della Sua presenza e del Suo agire. «[...] Ergo et nunc Ecclesia regnum Christi est regnumque caelorum. / [...] Infatti già adesso la Lettura spirituale Lettura spirituale Chiesa è il regno di Cristo e il regno dei cieli. / Regnant itaque cum illo etiam nunc sancti eius, / Anche adesso dunque i suoi santi regnano con Lui, / aliter quidem quam tunc regnabunt; / in maniera diversa da come regneranno allora [in Paradiso]; / nec tamen cum illo regnant zizania, quamvis in Ecclesia cum tritico crescant / ma tuttavia con Lui non regna la zizzania, sebbene nella Chiesa cresca con il frumento». La differenza nella Chiesa è proprio il regnare. La differenza è l’esperienza dello stupore che la Sua presenza genera. Cioè la differenza è l’essere o meno in grazia di Dio23. Anche la zizzania è nella Chiesa, anche la zizzania appartiene alla Chiesa, anche la zizzania può partecipare ai sacramenti della Chiesa, può essere tra i capi della Chiesa24, ma non regna. Perché il regnare è semplicemente il riverbero nel cuore e nelle opere buone dello stupore della Sua grazia: «[...] Postremo regnant cum illo, qui eo modo sunt in regno eius ut sint etiam ipsi regnum eius / [...] Insomma, regnano con Lui quelli che sono in tale modo nel suo regno da essere essi stessi il suo regno». 23 L’Agnello sul monte Sion e i centoquarantaquattromila eletti Cfr. Concilio ecumenico Vaticano II, costituzione dogmatica sulla Chiesa Lumen gentium, n. 14: «Non salvatur tamen, licet Ecclesiae incorporetur, qui in caritate non perseverans, in Ecclesiae sinu “corpore” quidem, sed non “corde” remanet. Memores autem sint omnes Ecclesiae filii condicionem suam eximiam non propriis meritis, sed peculiari gratiae Christi esse adscribendam; cui si cogitatione, verbo et opere non respondent, nedum salventur, severius iudicabuntur / Non si salva, però, anche se incorporato alla Chiesa, colui che, non perseverando nella carità, rimane sì in seno alla Chiesa col “corpo”, ma non col “cuore”. Si ricordino bene tutti i figli della Chiesa che la loro eccelsa condizione non va ascritta ai loro meriti, ma ad una speciale grazia di Cristo; per cui, se non vi corrispondono col pensiero, con le parole e con le opere, non solo non si salveranno, ma anzi saranno più severamente giudicati (Lc 12, 48: “A chiunque fu dato molto, molto sarà chiesto”. Cfr. Mt 5, 19-20; 7, 21-22; 25, 41-46; Gc 2, 14)» . 24 Cfr. L. Giussani L’uomo e il suo destino. In cammino, Marietti, Genova 1999, pp. 27-28: «Qui vorrei fare un’osservazio- ne. Quello che abbiamo detto prima sul potere vale come aspetto vertiginoso per l’autorità come potrebbe essere vissuta nella Chiesa. Se essa non è paterna, e quindi materna, può diventare sorgente di equivoco supremo, strumento subdolo e distruttivo in mano alla menzogna, a Satana, padre della menzogna (cfr. Gv 8, 44). Mentre sempre, in modo sconvolgente, l’autorità della Chiesa è ultimamente da obbedire, paradossalmente». 30GIORNI N.7/8 - 2011 27 Lettere dai monasteri Lettere dai monasteri segue da p. 11 Vocazione di Matteo AGOSTINIANE RECOLLETTE DEL MONASTERO SAINT EZEKIEL MORENO Il motivo per cui le scriviamo non è solo per esprimere la nostra gratitudine, ma anche per bussare umilmente alla porta dei vostri cuori, vale a dire per ricevere, se possibile, alcune copie gratuite dello stupendo libretto di preghiere Who prays is saved. Ogni anno, per l’intero mese di maggio, facciamo delle semplici lezioni di catechismo ai bambini poveri che vivono nelle baraccopoli vicinissime al nostro monastero. Nostro intento è dare loro per lo meno le nozioni fondamentali della nostra fede o anche solo insegnare come fare correttamente il segno della croce, in particolare ai più piccoli. Pensavamo che sarebbe stato di grande aiuto far imparare a memoria in inglese anche le preghiere principali. Non abbiamo però le risorse economiche per portare avanti i nostri progetti. Poter avere cento copie di quei libretti sarebbe di enorme aiuto per noi e per chi insegna a quei bambini. Signor direttore, sappiamo che tutto ciò sarà possibile solo grazie alla vostra gentile premura e munifica generosità. Noi possiamo solo offrire le nostre incessanti preghiere davanti al Santissimo e la nostra infinita riconoscenza. Con cuori grati, la ringraziamo, Bacolod City, Filippine suor Maria E. Catalonia, oar, per la priora suor Lourdes Eizaguirre, oar Who prays is saved per i bimbi delle baraccopoli Bacolod City, 25 luglio 2011 CLARISSE DELLʼADORAZIONE PERPETUA Cochin, Kerala, India Gentile signor Andreotti, saluti in Cristo! Siamo davvero felici e riconoscenti a lei e ai suoi solerti collaboratori per il grande servizio che rendete alla nostra Chiesa. Se non erro, da ormai cinque anni beneficiamo della vostra benevola carità. Ogni singolo numero della rivista ci piace moltissimo e siamo grate per il vostro impegno a far risaltare nel miglior modo possibile quanto la nostra Chiesa fa per il bene di tutti. La vostra rivista, con i suoi bellissimi articoli, è un faro che risplende luminoso, senza mai sconfortare, ma facendo sempre sperare che sia ancora possibile trovare del buono in questi tempi di buio e disorientamento. 28 30GIORNI N.7/8 - 2011 Grazie per The chants of Tradition Cochin, 27 luglio 2011 Cari signor Andreotti e amici di 30Giorni, quanto vi siamo grate per il cd e il libretto The chants of Tradition! La vostra magnanima generosità è stupenda! Che bella rivista ricca di colori e di immagini, e che carta di ottima qualità! E ogni tanto anche accompagnata da libretti, e il tutto in omaggio da un cuore grande così! Come possiamo ringraziarvi per tutto quello che avete fatto Lettere dai monasteri Lettere dai monasteri per noi? Lanceremo frecce d’amore al Sacratissimo Cuore di Gesù perché continui a far piovere le sue grazie su di voi e sulla redazione e perché l’opera di bene che avete cominciato prosegua con successo per arrivare a toccare le anime e spronarle fino alla conquista della corona della santità. Nostro Signore nella sua magnificenza vi ricompensi in abbondanza in questo tempo e per l’eternità! suor Mary Denise Nazareth e la comunità delle clarisse dell’Adorazione perpetua CLARISSE DEL MONASTERO DI ANDOVER Andover, Massachusetts, Usa Grazie dagli Usa per The chants of Tradition Andover, 1° agosto 2011 Gentile signor Andreotti, le parole non riescono a esprimere la nostra gratitudine nei suoi confronti per l’invio gratuito di 30Giorni, la sua rivista di straordinaria bellezza, e, questo mese, per The chants of Tradition accompagnato dal cd. Il nostro Dio d’amore benedica copiosamente la sua bontà e generosità! Quanto ci arricchisce, lei! Chiediamo alla nostra cara madre santa Chiara di unire la sua potente preghiera alle nostre per i bisogni e le intenzioni sue e di tutti i suoi cari. Ci benedica anche lei con le sue buone preghiere. Con cuori riconoscenti nella preghiera per tutta la bontà da lei dimostrataci, le sue clarisse di Andover Vocazione di Pietro e Andrea CLARISSE DEL MONASTERO DI BELLO Bello, Antioquia, Colombia Trentasette monache che giorno e notte pregano davanti a Gesù Sacramentato Bello, 2 agosto 2011 Illustre signor Andreotti, riceva il nostro cordiale saluto francescano di pace e bene, in Dio nostro Padre e in suo Figlio Gesù Cristo che con la promessa compiuta dello Spirito Santo riempie le nostre vite di pace e di gioia, di fiducia e di speranza. Un sacerdote vicino alla comunità ci ha prestato alcuni numeri della rivista 30Giorni; riconosciamo che è un prezioso strumento spirituale che ci aggiorna in materia ecclesiale e su altri temi interessanti, poiché ci avvicina al mistero di Cristo, visibile nei nostri fratelli più bisognosi. Con questa lettera, desideriamo chiederle di inviarci più spesso e gratuitamente le copie di questa rivista meravigliosa e, se possibile, una copia di Quien reza se salva. È un’ottima opportunità per crescere nella vita dello spirito. La ricompenseremo con la nostra preghiera assidua davanti a Gesù Sacramentato, così in tutti i suoi progetti avrà sempre la luce di queste trentasette suore che giorno e notte pregano per lei e per i suoi più stretti collaboratori. Le siamo grate se vorrà accogliere favorevolmente questa supplica che le presentiamo per intercessio- ¬ Lettere dai monasteri Lettere dai monasteri Le nozze di Cana ne dei nostri serafici genitori, san Francesco e santa Chiara, i poverelli di Assisi, che dall’alto dispenseranno abbondanti grazie e benedizioni sulla sua vita. Dio la benedica e accresca lo spirito fraterno e solidale con tante persone che usufruiscono di questo materiale spirituale. In Gesù e Maria, che ci tiene informate su quanto accade nel mondo esterno per rendere viva la nostra preghiera e allargare i nostri cuori alle sofferenze dei nostri fratelli e delle nostre sorelle. Grazie anche per il cd e il libretto con i semplici canti gregoriani che siamo enormemente felici di avere. Stia certo delle nostre preghiere per lei e per il suo lavoro, e per tutti i suoi collaboratori. La vostra sorella in Nostro Signore eucaristico, la badessa suor Margarita María del Sagrado Corazón, osc, e comunità suor Maria Teresita CLARISSE DELLʼADORAZIONE PERPETUA DOMENICANE DEL MONASTERO OUR LADY OF GRACE Eluru, Andhra Pradesh, India North Guilford, Connecticut, Usa 30Days ci tiene informate per rinvigorire la nostra preghiera La salute e la pace di Cristo dagli Usa North Guilford, 21 agosto 2011 Eluru, 4 agosto 2011 Gentile senatore Andreotti, le mie consorelle si uniscono a me nel ringraziarla di tutto cuore per il prezioso dono della vostra rivista 30Days che ci inviate regolarmente da alcuni anni e 30 30GIORNI N.7/8 - 2011 Gentile senatore Andreotti, la salute e la pace di Cristo! Grazie per il suo dono di 30Days che considero un’ottima rivista per la sua visione della Chiesa e del mondo. Ora, una richiesta. Lettere dai monasteri Lettere dai monasteri Le sarebbe possibile inviare una copia della meditazione di don Giacomo Tantardini «The Son cannot do anything on his own»? Grazie e che Dio la benedica! suor Susan Early, op DOMENICANE DEL MONASTERO DI SANTA CATERINA Santorini, Grecia Chi prega si salva è un gioiello per il nostro tempo Santorini, 26 agosto 2011 Vi sarei grata se poteste inviarmi venti copie in spagnolo e una copia in italiano, portoghese, francese, inglese e tedesco del libretto Chi prega si salva: è un gioiello per il nostro tempo. Il Signore vi benedice già per questo lavoro. Molte grazie. Il Signore continui a rendere fruttuoso il vostro lavoro. suor María de la Iglesia, op ceviamo molte buone notizie dal mondo esterno. 30Days ci tiene in comunione con la Chiesa intera e il mondo di oggi. Troviamo così spunto e motivazione per offrire le nostre vite a Dio con maggiore entusiasmo, come sacrificio dal dolce profumo, per i bisogni più impellenti della Chiesa e del mondo, secondo il nostro carisma. Siamo anche molto riconoscenti per i supplementi che ogni tanto ci invia. Abbiamo apprezzato in modo particolare The chants of Tradition con il cd. Le nostre giovani sorelle sono rimaste incantate nell’ascoltare per la prima volta il canto gregoriano in latino. Ci piacerebbe ricevere la meditazione sulla santa Pasqua. Sia certo delle nostre incessanti preghiere per tutte le sue intenzioni e il suo apostolato ricco di frutti. Che le sue buone opere continuino a essere benedette da un’abbondanza di grazia e dall’ispirazione dello Spirito Santo. La nostra Beata Vergine del Carmelo la benedica e la guidi. Con rinnovati ringraziamenti e apprezzamento per quanto lei fa, resto con affetto sua in Cristo, suor Emmanuel of Saint Joseph e comunità CARMELITANE DEL CARMELO ASHRAM Vijayawada, Andhra Pradesh, India 30Days ci tiene in comunione con la Chiesa intera Vijayawada, 27 agosto 2011 Gentile signor Andreotti, affettuosi saluti nella preghiera nel preziosissimo nome di nostro Signore Gesù Cristo! Con profonda gratitudine desidero ringraziarla per la straordinaria rivista 30Days che con tanta generosità e costanza da anni lei ci invia. Il buon Dio la benedica e la ricompensi in modo sempre più copioso. Ci piace molto questa bella rivista ricca di informazioni importanti e degne di nota, di grande interesse, stimolo e utilità per noi, suore di clausura, che non riMiracoli di Gesù Lettere dalle missioni Lettere dalle missioni MISSIONARI GESUITI DON BOSCO TECHNICAL COLLEGE Kannur, Kerala, India Adua, Etiopia Chi prega si salva, un libretto miracoloso 30Days in Etiopia Adua, 5 luglio 2011 Kannur, 20 giugno 2011 Carissimo direttore, siccome qui ci sono parecchi missionari e missionarie che sono stati in Italia, le sarei molto grato se mi mandasse alcune copie in italiano del suo miracoloso libretto Chi prega si salva. Questi missionari sanno molto bene l’italiano. La ringrazio a nome loro e a nome mio per il grande bene spirituale che fa con questi bei libretti. Con grande affetto e gratitudine, e in unione di preghiere, resto suo per sempre affezionatissimo comissionario, Gentile signor Andreotti, le siamo molto grati per l’invio della rivista 30Giorni. La nostra comunità si compone di cinque persone e quattro di noi comprendono meglio l’inglese che l’italiano. Le chiediamo gentilmente se è possibile ricevere l’edizione inglese invece di quella italiana. Grazie. Saluti dall’Etiopia, padre Tesfay Kidane, rettore MISSIONARI COMBONIANI padre L. M. Zucol, sj Lirangwe, Malawi Interiorizzare la fede attraverso la preghiera Kannur, 22 luglio 2011 Lirangwe, 9 luglio 2011 Carissimo senatore Andreotti, la ringrazio proprio di cuore per i due pacchi del suo meraviglioso libretto Chi prega si salva. Ho già iniziato a distribuirlo a parecchie persone e ne ho fatto anche la traduzione in malayalam per darla ai miei nuovi convertiti. Così tutte le anime che saranno salvate mediante la lettura e le preghiere dei suoi libretti, pregheranno per le sue intenzioni e otterranno da Nostro Signore un alto posto in cielo. Noi tutti preghiamo per il suo grande apostolato della stampa anche mediante la sua bellissima rivista 30Giorni che leggo con grande profitto spirituale. Con grande affetto, gratitudine e preghiere vicendevoli. Resto suo gratissimo comissionario, Vi prego, se possibile, di inviarmi due copie del libretto Chi prega si salva (nel formato piccolo), una in inglese e l’altra in italiano. Vorrei inoltre chiedervi l’autorizzazione a tradurre e stampare il suddetto libretto in lingua locale (chichewa). Sono certo che farebbe un mondo di bene a tutti, a cominciare dal clero fino ai cristiani dispersi nei villaggi più lontani. Credo che l’attuale fase del nostro lavoro missionario sia quella di portare gli africani all’interiorizzazione della loro fede, appunto attraverso la preghiera. Vivo da trentasette anni in Africa e sono convinto che se non attuiamo, con la grazia di Dio, questa fase, l’Africa rischia di diventare come l’America Latina dei tempi di Pio XII, con feste trionfalistiche di massa, rallies, sempre più famiglie in disgregazione, appartenenza fluida e superficiale a Cristo e alla Chiesa. Sono molti i cattolici che cambiano “casacca” cercando nelle sette e nelle denominazioni protestanti un maggiore padre L. M. Zucol, sj 32 30GIORNI N.7/8 - 2011 Lettere dalle missioni Lettere dalle missioni PARROCCHIA DE LʼASSOMPTION Boma, Repubblica Democratica del Congo Qui prie sauve son âme ci ha aiutato per la catechesi Boma, 19 luglio 2011 Caro direttore, i bambini della nostra parrocchia che hanno ricevuto la prima comunione e i loro catechisti la ringraziano per le copie di Qui prie sauve son âme che li hanno aiutati per l’anno di formazione catechistica appena finito. Pregano il Signore di ricolmare di grazia e di benedizioni lei e i suoi collaboratori. Le chiediamo altrettanti libretti in francese per i bambini che inizieranno la loro formazione in ottobre nel nuovo anno catechistico. Voglia apprezzare, signor direttore, l’espressione della nostra riconoscenza. P.S. Sono quello con la camicia gialla nella foto. I ragazzi della prima comunione della parrocchia Roger Phanzu-Kumbu nutrimento di Parola di Dio e una fede più profonda e meno chiassosa. Ditemi come potrò pagare i libretti e le spese postali via aerea. Auguri di sempre maggior successo nel vostro apostolato. padre Anastasio Tricarico XAVERIAN HOUSE Dhaka, Bangaladesh La richiesta del libro di Joseph Ratzinger, Lʼunità delle nazioni Dhaka, 15 luglio 2011 Caro onorevole Giulio Andreotti, desidero rinnovarle il mio grazie per i contributi così stimolanti della vostra rivista. Nello stesso tempo le de L’Assomption a Boma rinnovo anche il mio augurio perché, considerando il peso degli anni, lei abbia ancora la leggerezza necessaria per destreggiarsi nella direzione di 30Giorni. In passato ho ricevuto alcuni dei vostri libri che mi sono stati molto utili. Mi piacciono molto le meditazioni agostiniane di don Tantardini. Recentemente un mio confratello che lavora con gli stranieri residenti a Dhaka mi ha chiesto una copia dell’edizione inglese di Chi prega si salva. Per me, oso aggiungere la richiesta del libro di Joseph Ratzinger, L’unità delle nazioni. Un grazie e una preghiera, padre Silvano Garello Lettere dalle missioni Lettere dalle missioni sta musica sacra la perdiamo, facendola cadere in disuso, come si potrà trasmettere? La sua è quindi un’iniziativa benvenuta, artistica, strumento secolare di preghiera, e necessaria. La ringraziamo per la sua generosità e attenzione, e la portiamo nella nostra preghiera. suor Viviana Zanesco, a nome di tutta la comunità ARCIDIOCESI DI PRETORIA Phalaborwa, Sudafrica È stata una vera e propria meraviglia leggere 30Days Phalaborwa, 22 luglio 2011 SUORE MISSIONARIE DELLA CONSOLATA DELLA NAZARETH HOUSE Nairobi, Kenya Un grazie particolare per il cd I canti della Tradizione Nairobi, 21 luglio 2011 Egregio senatore Giulio Andreotti, abbiamo un debito di riconoscenza con lei per il dono della sua pubblicazione 30Giorni che riceviamo regolarmente e che leggiamo con interesse per le notizie e gli articoli particolari che altrimenti non potremmo cogliere. Accetti le nostre congratulazioni per lo scopo lodevole della sua rivista: formare, informare, spiegare, e anche lodare e apprezzare il bene e illuminare su possibili errori. Traspare anche, fra le righe, la sua personalità, che conosciamo da anni; ma il suo puntuale editoriale ci permette di conoscere ancor meglio i suoi valori personali. Grazie di questa condivisione, non solo della rivista. Un grazie particolare per il cd I canti della Tradizione allegato al numero 4/5. Lo abbiamo subito ascoltato e le voci del coro, precise, vibranti, disciplinate, di stile ed esecuzione incantevoli secondo la tradizione gregoriana, ci hanno riempito il cuore. Ormai in Europa si sentono raramente, e qui non è ancora possibile insegnarli. Una musica carica di secoli di devozione e tradizione non si può solo insegnare: si deve sentire e vivere. Se noi che abbiamo ereditato que34 30GIORNI N.7/8 - 2011 Signore, sono un sacerdote cattolico romano incardinato nell’arcidiocesi di Pretoria e al momento opero a Phalaborwa, nell’estremo nord del Paese. Mi è capitata tra le mani la vostra rivista, anche se in una copia ormai datata, del 2007. L’ho scorsa, sfogliandone le pagine e alla fine l’ho letta tutta. È stata una vera e propria meraviglia leggerla: gli argomenti trattati sono di grande rilievo e offrono molte informazioni per un cattolico. State facendo un’opera notevole e di grande ispirazione. Entusiasmato dalla qualità della rivista, ho chiesto informazioni e mi piacerebbe riceverla regolarmente, L’ultima cena La crocifissione CASA DEL CLERO DI BUENOS AIRES Buenos Aires, Argentina ma non ho i mezzi economici per sostenere le spese di un abbonamento. La mia umile richiesta è di poter avere un abbonamento gratuito all’edizione inglese. Spero e sono fiducioso che la mia richiesta verrà presa favorevolmente in considerazione e che non sarà un eccessivo onere economico. Grazie in anticipo. Cordiali saluti, Chi prega si salva per la catechesi degli adulti padre S. Rangwaga padre Francisco Caggia Buenos Aires, 29 luglio 2011 Cari amici, sono un sacerdote argentino e desidero chiedervi un favore: avrei bisogno di 10 copie in spagnolo e 3 in italiano di Chi prega si salva. Lo utilizzo per la catechesi degli adulti. Molte grazie fin d’ora. 30GIORNI N.7/8 - 2011 35 Lettere dalle missioni Buenos Aires, 18 agosto 2011 Cari fratelli, grazie per l’invio dell’utilissimo Quien reza se salva che ho cominciato a distribuire il giorno stesso dell’arrivo. Dio vi conceda le forze e i mezzi per continuare. Di nuovo mille grazie e in unione di preghiera. padre Francisco Caggia PARROCCHIA DI SANTO EUSEBIO Inhassoro, Mozambico tizie, gli articoli, le riflessioni e le bellissime foto. Sono per me momenti di serenità e di distensione, quelli in cui ho la possibilità di scorrere le pagine di 30Jours. Penso di farvi piacere nel mandarvi una delle mie foto dove sono con alcuni catechisti che a marzo di quest’anno hanno seguito un corso di formazione al Centro pastorale e sociale che gestiamo nella nostra missione di Dondi (Watsa) nel nord-est della Repubblica Democratica del Congo. Nell’esprimervi i miei sentimenti di grande stima e l’augurio di lunga vita ancora, vi porgo i miei rispettosi saluti e l’assicurazione della mia preghiera al Signore. Qualche copia di Quem reza se salva per i nostri catechisti padre Giacomo Biasotto Inhassoro, 4 agosto 2011 DIOCESI DI SANTIAGO DI CAPO VERDE Praia, Capo Verde Gentilissimo direttore, la ringrazio di cuore per il cd di canti gregoriani: sentirli qui in Africa mi ha riportato alla mia giovinezza in seminario. Riceviamo con piacere la sua rivista, le mando alcune fotografie della nostra chiesa da poco consacrata. Un caro saluto, padre Pio Bono P.S. Se può, ci invii qualche copia di Quem reza se salva per i nostri catechisti. MISSIONARI COMBONIANI Dondi, Repubblica Democratica del Congo Sono momenti di serenità quelli in cui leggo 30Jours Dondi, 6 agosto 2011 Con la presente, desidero esprimervi la mia gratitudine per la rivista 30Jours che ricevo quasi regolarmente nella Repubblica Democratica del Congo. Se dico “quasi” è per il malfunzionamento delle poste locali. Anche se non ricevo tutti i numeri, la rivista mi è molto gradita per le no36 30GIORNI N.7/8 - 2011 Cento copie di Quem reza se salva Praia, 8 agosto 2011 È con molta gioia e profonda riconoscenza che comunico di aver ricevuto la bella, ricca e importante rivista 30Giorni, in portoghese, frutto della generosità e dello spirito di servizio del suo direttore e del suo staff. Ringrazio per l’invio spontaneo e gratuito di questa interessante rivista alle Chiese di missione, come pure del supplemento al n. 4/5 del 2011, con il cd e il libretto Os cantos da Tradiçao. Dio vi ricompensi. Vorrei anche chiedere cento copie del libretto Quem reza se salva. Pur non conoscendolo, sono convinto che si tratti di un libro molto utile, in grado di aiutare le persone che vogliono o hanno necessità di pregare, ma che hanno bisogno di un sussidio. I libretti saranno distribuiti a queste persone. Con l’augurio di ogni benedizione dal Signore, colgo l’occasione per presentarle, illustre signor Andreotti, i miei rispettosi saluti in Gesù Cristo. Arlindo Gomes Furtado, vescovo di Santiago di Capo Verde TANTE STRADE DI CARITÀ PASSANO PER UNA PICCOLA VIA L’ASSOCIAZIONE PICCOLA VIA ONLUS è stata istituita sia per inviare gratuitamente soprattutto nei Paesi di missione il mensile internazionale 30Giorni e il piccolo libro Chi prega si salva, sia per venire incontro alle richieste di carità. PUOI AIUTARE L’ASSOCIAZIONE PICCOLA VIA ONLUS FACENDO UNA DONAZIONE attraverso un versamento sul conto corrente bancario: IBAN IT 84 S 02008 05232 000401310401 (per bonifici effettuati fuori dall’Europa: BIC-SWIFT BROMITR172A) intestato a: ASSOCIAZIONE PICCOLA VIA ONLUS oppure: Assegno bancario o circolare, con l’indicazione non trasferibile, emesso a favore di ASSOCIAZIONE PICCOLA VIA ONLUS nella Chiesa e nel mondo Via dei Santi Quattro, 47 - Roma [email protected] Via Vincenzo Manzini, 45 - 00173 Roma Tel. 06 72 64 041 Fax 06 72 63 33 95 [email protected] • www.30giorni.it per saperne di più puoi contattarci scrivendo a: [email protected] La posta del direttore ARCIDIOCESI DI KARACHI Karachi, Pakistan Grazie per la vostra fedeltà alla Chiesa Karachi, 25 luglio 2011 Gentile signor Andreotti, molte grazie per l’invio regolare di 30Giorni/ 30Days. Oltre al libretto Who prays is saved, devo ora ringraziarla per The chants of Tradition. È un bel pensiero da parte sua e dei suoi collaboratori. Grazie per tutto quello che fate per moltissime persone, in particolare nelle missioni. Grazie per la vostra fedeltà alla Chiesa. Dio benedica lei e i suoi collaboratori nella vostra opera d’amore. Vi chiedo di pregare per la nostra Chiesa in Pakistan. CAPPELLA DI MARIA MADRE DI DIO Kuching, Sarawak, Malaysia Ho sempre letto 30Giorni con grande piacere per gli articoli dottrinali e le interviste Kuching, 20 luglio 2011 Gentile direttore, da anni ormai ricevo regolarmente una copia omaggio della sua rivista. La ringrazio di cuore. L’ho sempre letta con grande piacere, in particolare gli articoli dottrinali e le interviste. La ringrazio anche per 38 30GIORNI N.7/8 - 2011 Le copertine di Who prays is saved e The chants of Tradition Con ogni buon augurio e benedizione, sinceramente vostro in Cristo, Evarist Pinto, arcivescovo di Karachi aver ogni tanto allegato alcuni libretti, come l’ultimissimo The chants of Tradition. Offrirò preghiere per lei e per i suoi collaboratori, e per il proseguimento della rivista. Vi sarò grato se continuerete a inviarmela. Ho lasciato il mio incarico nel 2003, ma ho continuato a praticare attivamente il ministero sacerdotale offrendo il mio aiuto a parrocchie e singoli. Ringrazio il Signore per la salute tutto sommato buona e per l’aiuto a non perdere lo spirito sacerdotale. Con i migliori auguri, grato nel Signore, suo Peter Chung Hoan Ting, arcivescovo emerito di Kuching DIOCESI DI SAN ANGELO DIOCESI DI MILANO San Angelo, Texas, Usa Treviglio, Bergamo Vi ringrazio di cuore per il cd e il libretto di canti gregoriani Ho quasi ottantatré anni... Treviglio, 29 agosto 2011 San Angelo, 28 luglio 2011 Cari e gentili amici, vi ringrazio di cuore per il cd e per il bel libretto di canti gregoriani. Apprezzo molto questo dono speciale e allego una donazione per esprimere la mia gratitudine. La pace di Dio sia con voi. Sinceramente in Cristo e Maria, Michael D. Pfeifer, omi, vescovo di San Angelo Spettabile direzione, chiedo scusa per il disturbo, ma avrei bisogno della vostra comprensione. Ho quasi ottantatré anni e sono un sacerdote pensionato (che brutta parola!). Ho lasciato la bella Liguria dove ho trascorso “solo” cinquantatré anni. Quando ho lasciato la parrocchia di Diano San Pietro, in provincia di Imperia (diocesi di Albenga – Imperia), dopo quarantaquattro anni, ne ho sofferto tanto. Ora sono tornato nella mia cara terra bergamasca. Per favore, potreste farmi avere una copia del libretto di preghiere Chi prega si salva? Non l’ho trovato nelle librerie di Treviglio. Sarà mia premura saldare il debito. Un grazie di cuore e vi chiedo una preghiera. Fraternamente vi saluto, don Antonio Misani Il Paradiso nella cupola del Battistero di Padova 30GIORNI N.7/8 - 2011 39 Spicchi Spicchi Spicch Copertina ANGELUS «Con le tue sole forze non puoi alzarti: stringi la mano di Colui che scende fino a te» Palazzo apostolico di Castel Gandolfo domenica, 7 agosto 2011 Cari fratelli e sorelle, nel Vangelo di questa domenica, incontriamo Gesù che, ritiratosi sul monte, prega per tutta la notte. Il Signore, in disparte sia dalla gente che dai discepoli, manifesta la sua intimità con il Padre e la necessità di pregare in solitudine, al riparo dai tumulti del mondo. Questo allontanarsi, però, non deve essere inteso come un disinteresse verso le persone o come un abbandono degli apostoli. Anzi – narra san Matteo – fece salire i discepoli sulla barca per «precederlo sull’altra riva» (Mt 14, 22), per incontrarli di nuovo. Nel frattempo, la barca «distava già molte miglia da terra ed era agitata dalle onde: il vento infatti era contrario» (v. 24), ed ecco che «sul finire della notte [Gesù] andò verso di loro camminando sul mare» (v. 25); i discepoli furono sconvolti e scambiandolo per un fantasma «gridarono dalla paura» (v. 26), non lo riconobbero, non capirono che si trattava del Signore. Ma 42 30GIORNI N.7/8 - 2011 Gesù li rassicura: «Coraggio, sono io, non abbiate paura!» (v. 27). È un episodio del quale i Padri della Chiesa hanno colto una grande ricchezza di significato. Il mare simboleggia la vita presente, e l’instabilità del mondo visibile; la tempesta indica ogni sorta di tribolazione, di difficoltà, che opprime l’uomo. La barca, invece, rappresenta la Chiesa costruita da Cristo e guidata dagli apostoli. Gesù vuole educare i discepoli a sop- ¬ Sant’Agostino, immaginando di rivolgersi all’apostolo, commenta: il Signore «sì è abbassato e t’ha preso per mano. Con le tue sole forze non puoi alzarti. Stringi la mano di Colui che scende fino a te» (Enarrationes in Psalmos 95, 7) e dice questo non solo a Pietro, ma lo dice anche a noi hi Spicchi Spicchi Spicchi 3OGIORNI IN BREVE 3OGIORNI IN BREVE 3OGIORNI IN BREVE 3OGIORNI IN BREVE Gesù salva Pietro dalle acque, mosaico della Cattedrale di Monreale, Palermo 30GIORNI N.7/8 - 2011 43 Spicchi Spicchi Spicch 3OGIORNI IN BREVE 3OGIORNI IN BREVE 3OGIORNI IN BREVE 3OGIORNI IN BREVE 3 Gesù salva Pietro dalle acque, particolare portare con coraggio le avversità della vita, confidando in Dio, in Colui che si è rivelato al profeta Elia sull’Oreb nel «sussurro di una brezza leggera» (1Re 19, 12). Il brano continua poi con il gesto dell’apostolo Pietro, il quale, preso da uno slancio di amore verso il Maestro, chiese di andargli incontro, camminando sulle acque. «Ma, vedendo che il vento era forte, s’impaurì e, cominciando ad affondare, gridò: “Signore, salvami!”» (Mt 14, 30). Sant’Agostino, immaginando di rivolgersi all’apostolo, commenta: il Signore «sì è abbassato e t’ha preso per mano. Con le tue sole forze non puoi alzarti. Stringi la mano di Colui che scende Il grande pensatore Romano Guardini scrive che il Signore «è sempre vicino, essendo alla radice del nostro essere. Tuttavia, dobbiamo sperimentare il nostro rapporto con Dio tra i poli della lontananza e della vicinanza. Dalla vicinanza siamo fortificati, dalla lontananza messi alla prova» 44 30GIORNI N.7/8 - 2011 fino a te» (Enarrationes in Psalmos 95, 7) e dice questo non solo a Pietro, ma lo dice anche a noi. Pietro cammina sulle acque non per la propria forza, ma per la grazia divina, in cui crede, e quando viene sopraffatto dal dubbio, quando non fissa più lo sguardo su Gesù, ma ha paura del vento, quando non si fida pienamente della parola del Maestro, vuol dire che si sta interiormente allontanando da Lui ed è allora che rischia di affondare nel mare della vita, e così anche per noi: hi Spicchi Spicchi Spicchi OGIORNI IN BREVE 3OGIORNI IN BREVE 3OGIORNI IN BREVE 3OGIORNI IN BREVE 3OGIORNI Invochiamo la Vergine Maria, modello di affidamento pieno a Dio, perché, in mezzo a tante preoccupazioni, problemi, difficoltà che agitano il mare della nostra vita, risuoni nel cuore la parola rassicurante di Gesù, che dice anche a noi: Coraggio, sono io, non abbiate paura!, e cresca la nostra fede in Lui se guardiamo solo a noi stessi, diventiamo dipendenti dai venti e non possiamo più passare sulle tempeste, sulle acque della vita. Il grande pensatore Romano Guardini scrive che il Signore «è sempre vicino, essendo alla radice del nostro essere. Tuttavia, dobbiamo sperimentare il nostro rapporto con Dio tra i poli della lontananza e della vicinanza. Dalla vicinanza siamo fortificati, dalla lontananza messi alla prova» (Accettare se stessi, Brescia 1992, p. 71). Cari amici, l’esperienza del profeta Elia, che udì il passaggio di Dio, e il travaglio di fede dell’apostolo Pietro, ci fanno comprendere che il Signore prima ancora che lo cerchiamo o lo invochiamo, è Lui stesso che ci viene incontro, abbassa il cielo per tenderci la mano e portarci alla sua altezza; aspetta solo che ci fidiamo totalmente di Lui, che prendiamo realmente la sua mano. Invochiamo la Vergine Maria, modello di affidamento pieno a Dio, perché, in mezzo a tante preoccupazioni, problemi, difficoltà che agitano il mare della nostra vita, risuoni nel cuore la parola rassicurante di Gesù, che dice anche a noi: Coraggio, sono io, non abbiate paura!, e cresca la nostra fede in Lui. 30GIORNI N.7/8 - 2011 45 Spicchi Spicchi Spicch 3OGIORNI IN BREVE 3OGIORNI IN BREVE 3OGIORNI IN BREVE 3OGIORNI IN BREVE 3 Chiesa/1 Primo millennio. Appunti di metodo Settimo cielo, blog curato dal vaticanista Sandro Magister per l’Espresso, ha ospitato un dibattito sulla Tradizione cattolica e il Concilio Vaticano II. Questo l’incipit di uno scritto del professor Enrico Morini, docente di Storia del cristianesimo e delle Chiese presso l’Università di Bologna, pubblicato il 15 luglio: «Il problema semmai non è che cosa si intenda per tradizione ma se ci sia stato un momento in cui in Occidente è successo qualcosa per cui questo flusso vitale, che non si è mai interrotto – lungi da me il mettere in dubbio questa fedeltà della mia Chiesa alla tradizione! – si è per così dire intorbidato. A mio parere ciò è avvenuto in modo rilevante proprio allo scadere del primo millennio, donde la mia individuazione di un criterio ermeneutico del Concilio Vaticano II precisamente nel ritorno all’esperienza comune della Chiesa indivisa. Anche l’Ortodossia sarebbe ugualmente bisognosa di una tale “riforma” della sua vita ecclesiale – anche se in misura sensibilmente minore rispetto all’Occidente cattolico-romano –, sempre seguendo il medesimo criterio. Anzi, ha già incominciato a farlo (basti pensare al “ritorno ai Padri” avviato dalla teologia russa dell’emigrazione) e qualora questo ritorno alla propria tradizione arrivasse anche alle sorgenti dell’ecclesiologia ortodossa – spogliandola degli elementi spuri accumulatisi in secoli di polemica – allora persino il tremendo problema del primato romano sarebbe forse suscettibile di soluzioni oggi ancora inimmaginabili. Quanta strada sia ancora da fare in questo ambito nella Chiesa cattolica [...] lo ha dimostrato nei giorni scorsi la preconizzata successione sulla cattedra episcopale milanese: senza minimamente eccepire sulla sostanza della scelta – data l’elevatissima personalità dell’eletto – il metodo mi ha lasciato interdetto. Trasferire un vescovo da una grande 46 30GIORNI N.7/8 - 2011 La Basilica patriarcale di Santa Maria Assunta ad Aquileia Chiesa che vanta radici apostoliche (Aquileia – Grado – Venezia) a un’altra grande Chiesa, che vanta, accanto ad un grande presente, un non meno grande passato (basti pensare alla tradizione ambrosiana) richiama troppo da vicino il trasferimento di un funzionario, che ha ben meritato, da una prefettura ad un’altra più prestigiosa e impegnativa. L’episodio mi è sembrato il sintomo di un forte scompenso ecclesiologico». Chiesa/2 Come ai giorni dell’assassinio di Moro Sul Corriere della Sera del 28 agosto, Alberto Melloni riflette sull’introduzione dell’8 per mille (il contributo dello Stato italiano a sostegno della Chiesa): «Il denaro dato alla Cei (Conferenza episcopale italiana), infatti, è stato speso (quasi sempre) bene: ha rimesso in sesto un patrimonio che il Fondo edi- Il ritrovamento del cadavere di Aldo Moro in via Caetani, a Roma, il 9 maggio 1978 hi Spicchi Spicchi Spicchi 3OGIORNI IN BREVE 3OGIORNI IN BREVE 3OGIORNI IN BREVE 3OGIORNI IN BREVE 3OGIORNI fici di culto del Ministero degli Interni non poteva mantenere; ha finanziato tanta solidarietà. Non mancano le ombre: ha certo foraggiato sacche di interessi e comprato consensi in vendita, ha dato fiducia a mezze tacche della finanza o della cultura, ha coperto operazioni meschine (d’altronde, come spiegava un grande cardinale italiano, in fatto di denaro “i preti delinquenti si fidano sempre di delinquenti, perché sono anche loro delinquenti; i preti buoni si fidano dei delinquenti perché sono buoni”). [...] Quel denaro però ha eroso qualcosa di assai più profondo per la Chiesa italiana: e cioè la sua fede nella povertà come via necessaria essere nella svolta che stiamo vivendo fattore di unità profonda del Paese. Con quella credibilità potrebbe affrontare tutte le questioni sul tappeto difendendo il diritto delle feste religiose di tutti, cercando un punto di ripartenza del senso civico di tutti, insegnando quel “linguaggio di verità”, che il presidente [Napolitano] ha evocato sul presente, sui vent’anni ultimi e che forse andrebbe spinto almeno indietro per poter produrre un rinnovamento vero della coscienza civica di tutti. Qualcosa di limpido e impolitico come un tale atto di fede – con tutte le conseguenze di rigore e di trasparenza che esso comporta – darebbe ai vescovi o ¬ Paolo VI durante la messa in suffragio di Aldo Moro, il 13 maggio 1978, in San Giovanni in Laterano della Chiesa, secondo il limpido dettato della costituzione conciliare Lumen gentium 8. Perché – come ha insegnato l’emersione dei crimini di pedofilia – ogni consiglio evangelico può essere vissuto in modo estrinseco o profondo: e come la superficialità esalta le turpitudini, la sincerità anche debole accresce la virtù. Così la scarsa fiducia, per dir così, nella povertà ha sottratto alla Chiesa una credibilità di cui oggi avrebbe bisogno, per comunque accrescerebbe quella autorevolezza di cui hanno bisogno loro, spettatori di rimpianti e di lotte di carriera ecclesiastica spudorate: e di cui ha ancor più bisogno il Paese. Nei giorni più difficili della sua storia postfascista – l’8 settembre del 1943, il 9 maggio del 1978 – l’Italia ha trovato nella Chiesa un sostegno infungibile e in quei gesti di coraggio la Chiesa ha guadagnato una credibilità capitalizzata per decenni. Nessuno può escludere che giorni, per fortuna diversi nella forma, ma non meno impegnativi nella sostanza, siano oggi innanzi al Paese». Chiesa/3 Messori: il primo millennio e la Chiesa che non è nostra ma Sua Vittorio Messori, sul Corriere della Sera del 31 agosto, riflette sul calo di vocazioni che ha investito diverse congregazioni religiose. Questa la sua conclusione: «Certamente è doloroso assistere al declino di istituzioni che furono benemerite e madri di tanti santi e constatare il dolore di cristiani che hanno dato la vita a Famiglie che amavano e che, ora, vedono estinguersi. Ma, nella prospettiva di fede, nulla può esserci di davvero inquietante. La Provvidenza che guida la storia (e tanto più la Chiesa, corpo stesso di Cristo) sa quel che fa: “Tutto è Grazia”, per dirla con le ultime parole del curato di campagna di Bernanos. La Chiesa non è un fossile, ma un albero vivo dove, sempre, alcuni rami inaridiscono mentre altri spuntano e vigoreggiano. Chi conosce la sua storia sa che in essa, sull’esempio del Fondatore, la morte è seguita dalla risurrezione, spesso in forme umanamente impreviste. Non si dimentichi che nel primo millennio cristiano c’erano soltanto preti secolari e monaci: tutte le famiglie religiose sono apparse solo a partire dal secondo millennio. Frati e suore non ci furono per molti secoli, dunque, pur lasciando un ricordo glorioso e nostalgico, potrebbero non esserci in futuro (è una ipotesi estrema) o, almeno, avere sempre meno peso e influenza. Ciò che è certo è che, a ogni generazione, in molti cristiani continuerà ad accendersi il bisogno di vivere il Vangelo sine glossa, nella sua radicalità. Quale volto nuovo assumerà la vita consacrata per intero al perfezionamento personale e al servizio del prossimo? Beh, la conoscenza del futuro ci è preclusa, è monopolio di Colui che, attraverso poveri uomini, guida una Chiesa che non è nostra ma Sua». ¬ 30GIORNI N.7/8 - 2011 47 Spicchi Spicchi Spicch 3OGIORNI IN BREVE 3OGIORNI IN BREVE 3OGIORNI IN BREVE 3OGIORNI IN BREVE 3 RECENSIONE Movimenti e scristianizzazione Il Corriere della Sera del 25 agosto recensisce un accurato studio di Roberto Cartocci sul cattolicesimo in Italia pubblicato dal Mulino. Le statistiche dello studio fotografano un’Italia divisa in un Nord scristianizzato e un Sud in cui la devozione cattolica è ancora diffusa. Così nella recensione del Corriere: «Cartocci rileva poi che alla secolarizzazione si accompagna un processo opposto, per la presenza di movimenti che rafforzerebbero il cattolicesimo italiano, garantendo alla Chiesa un peso politico decisivo. È davvero così? La ricerca indica un’accelerazione della secolarizzazione a metà degli anni Ottanta. Al Convegno di Loreto del 1985, la Chiesa italiana spostò il baricentro dalle tradizionali associazioni a base parrocchiale (Azione cattolica, Acli, Scout) ai nuovi movimenti (Comunione e liberazione, Sant’Egidio, tra gli altri). Si poneva fine a un periodo di grande articolazione del cattolicesimo italiano, che, a prezzo di qualche conflitto, copriva un vasto spettro di sensibilità e, per la dimensione nazionale delle associazioni, l’intera penisola. I movimenti mostrano invece un radicamento geografico limitato, non incidendo sulle particolarità della Chiesa meridionale rilevate da CarRoberto Cartocci, Geografia dell’Italia cattolica, il Mulino, Bologna 2011, 182 pp., euro 15,00 Sacro Collegio La morte dei cardinali Noè, Ambrozic e Deskur Il 24 luglio è scomparso il cardinale lombardo Virgilio Noè, 89 anni, arciprete emerito della Basilica di San Pietro in Vaticano. Il 26 agosto è venuto meno il cardinale canadese Aloysius Matthew Ambrozic, 81 anni, arcivescovo emerito di Toronto. Il 3 settembre è poi morto il cardinale polacco Andrzej Maria Deskur, 87 anni, presidente emerito del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni sociali. In quella data il Sacro Collegio risulta composto di 193 membri di cui 114 elettori. 48 30GIORNI N.7/8 - 2011 Giuseppe Bertello Giovanni Paolo II interviene al Convegno ecclesiale “Riconciliazione cristiana e comunità degli uomini”, Loreto, aprile 1985 tocci. Se da un lato si è creata l’impressione di forza del nucleo duro del cattolicesimo italiano, dall’altro la riduzione della sua articolazione interna ha portato all’accelerazione della secolarizzazione proprio nelle aree in cui più forte è la presenza dei movimenti (indicativo il caso di Cl e della Lombardia). Contrastare la secolarizzazione non è facile, probabilmente nemmeno possibile. È legittimo chiedersi se scelte diverse avrebbero attenuato la frattura denunciata da Cartocci». Santa Sede/1 Bertello e Sciacca ai vertici del Governatorato vaticano Il 3 settembre Benedetto XVI ha accettato la rinuncia del cardinale Giovanni Lajolo, 76 anni, da presidente della Pontificia Commissione per lo Stato della Città del Vaticano e presidente del Governatorato del medesimo Stato, «chiedendogli di rimanere in carica fino al 1° ottobre 2011, con tutte le facoltà inerenti a tali uffici». Allo stesso tempo il Papa ha nominato come successore di Lajolo l’arcivescovo piemontese hi Spicchi Spicchi Spicchi 3OGIORNI IN BREVE 3OGIORNI IN BREVE 3OGIORNI IN BREVE 3OGIORNI IN BREVE 3OGIORNI Giuseppe Bertello, 69 anni, dal 2007 nunzio apostolico in Italia e nella Repubblica di San Marino, «il quale assumerà i suddetti uffici il 1° ottobre prossimo». Sempre il 3 settembre Benedetto XVI ha nominato come segretario del Governatorato, elevandolo alla sede episcopale titolare di Vittoriana, monsignor Giuseppe Sciacca: nato a Catania 56 anni fa, consacrato sacerdote nel 1978 per la diocesi di Acireale, dal 1999 Sciacca era prelato uditore del tribunale della Rota Romana. Santa Sede/2 O’Brien pro gran maestro dell’Ordine del Santo Sepolcro Il 29 agosto il Papa ha accettato le dimissioni del cardinale John Patrick Foley, 76 anni, dall’incarico di gran maestro dell’Ordine equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme e ha nominato come pro gran maestro monsignor Edwin Frederick O’Brien, 72 anni, che dal 2007 era arcivescovo di Baltimora. Medio Oriente/2 Grossman, il messianesimo e la stretta via della pace «“La guerra non è il nostro destino”. Con un accorato appello, lo scrittore israeliano David Grossman continua a pensare che esista uno stretto cammino verso la pace, anche adesso che i venti di guerra si sono rimessi forti a soffiare. “Oggi ci sembra terribilmente difficile immaginarlo perché significherebbe trovare dei compromessi dolorosi”. [...] “Ovviamente”, continua, “ci sarà sempre il rischio di avere nuovi fanatici da una parte e dall’altra che faranno di tutto per uccidere la pace nascente”». È l’incipit di un articolo apparso sulla Repubblica del 21 agosto, che prosegue riportando un’altra riflessione dello scrittore israeliano: «Se saremo abbastanza intelligenti, coraggiosi e fortunati per arrivare alla pace, il mondo sarà sorpreso di veder come israeliani e palestinesi possono lavorare insieme e utilizzare i loro talenti per cominciare una vita normale». Poi, accennando alla situazione inter na del suo Paese, lo scrittore ha concluso: «C’è un costante arretramento della democrazia. Un gruppo di ebrei messianici ha sequestrato lo Stato intero. Una piccola minoranza detta il nostro sistema di valori, la nostra politica, il nostro avvenire. [...] Non ho fiducia nella buona volontà dei Paesi arabi. Ma l’esercito non può essere l’unico mezzo per restare qui». Finanza/1 La finanza e la criminalità organizzata non vogliono vincoli «Gli Stati si sono sempre fondati su due cardini: il potere (cioè fare le cose) e la politica (cioè immaginarle e organizzarle). La globalizzazione si muove senza politica. Ha bisogno di rapidità. Detesta i vincoli. Un po’ come la malavita. Le regole sono un ostacolo. Così i mercati più fiorenti nel mondo sono quello criminale e quello finanziario. Non importa se sono sporchi o puliti. Non fa riflettere?». Così Zygmunt Bauman, sociologo e filosofo, sulla Stampa del 7 agosto. ¬ Medio Oriente/1 Israele e il terrore della pace «I politici israeliani sono terrorizzati dalla pace. Tremano, col terrore della possibilità di una pace. Perché senza guerra e senza una mobilitazione generale, non sanno come vivere. Israele non vede come un male assoluto i missili che cadono sulle cittadine lungo i confini. Al contrario: i politici sarebbero preoccupati, perfino allarmati, se non piovesse questo fuoco». Queste le parole di Zygmunt Bauman, ebreo polacco che ha attraversato l’orrore della Shoah e delle purghe staliniane, in una controversa intervista rilasciata al settimanale polacco Politika e ripresa, in Italia, dal Corriere della Sera del 2 settembre. Bambini palestinesi a Gaza 30GIORNI N.7/8 - 2011 49 Spicchi Spicchi Spicch 3OGIORNI IN BREVE 3OGIORNI IN BREVE 3OGIORNI IN BREVE 3OGIORNI IN BREVE 3 MONDO Costruttori del nemico islamico La Moschea Blu, dove Benedetto XVI si è recato il 30 novembre 2006, Istanbul «Quarantadue milioni di dollari. È quanto sette fondazioni americane avrebbero elargito negli ultimi dieci anni per finanziare la fabbrica della paura dell’islam, una rete di attività volte a screditare i musulmani e a generare nel pubblico un vero e proprio terrore dei seguaci di Maometto. L’accusa è contenuta in un rapporto di 138 pagine scrit- Finanza/2 Il New York Times e i dubbi sulle agenzie di rating All’indomani del declassamento del rating degli Stati Uniti da parte dell’agenzia Standard & Poor’s, che ha avuto conseguenze tragiche per l’economia mondiale, Paul Krugman, autorevole cronista del New York Times, ha scritto: «L’enorme deficit di bilancio dell’America è prima di ogni altra cosa il prodotto della recessione economica che ha fatto seguito alla crisi finanziaria del 2008. Con Una sede della Lehman Brothers 50 30GIORNI N.7/8 - 2011 to per il “Center for American Progress” da un team di sei ricercatori. Il rapporto denuncia la crescente islamofobia Usa, definita come “l’eccesso di timore, l’odio e l’ostilità verso l’islam e i musulmani, perpetuati attraverso stereotipi negativi da cui nascono il pregiudizio, la discriminazione, la marginalizzazione e l’esclusione dei musulmani dalla vita sociale, politica e civile americana”. Esempi clamorosi, le campagne contro le moschee e la Sharia, la legge islamica. Secondo il rapporto, cinque sarebbero le facce della “Fear Inc.”, della “Paura Corporation”: i finanziamenti, gli esperti islamofobi, le organizzazioni di militanti in gran parte legate alla destra religiosa, i media e i politici». Così sul Corriere della Sera del 29 agosto. hi Spicchi Spicchi Spicchi 3OGIORNI IN BREVE 3OGIORNI IN BREVE 3OGIORNI IN BREVE 3OGIORNI IN BREVE 3OGIORNI le sue consorelle – le altre agenzie di rating – S&P ha rivestito un ruolo determinante nell’innescare tale crisi, assegnando un rating AAA ad asset garantiti da mutui ipotecari rivelatisi in seguito tossica spazzatura. Ma le sue valutazioni errate non si fermano qui. È notorio che S&P dette un rating A a Lehman Brothers – il cui fallimento innescò il panico a livello globale – fino al mese stesso del suo tracollo. E come reagì l’agenzia di rating quando fallì questa società alla quale aveva assegnato il rating A? Rilasciando una dichiarazione ufficiale con la quale smentiva di aver commesso alcunché di sbagliato. Sono queste dunque le persone che ora si pronunciano in merito all’affidabilità creditizia degli Stati Uniti d’America?». L’articolo è stato riprodotto sulla Repubblica del 9 agosto. CULTURA Totti non è solo calcio Polemiche estive su Francesco Totti. In un articolo apparso sul Corriere della Sera, ne ha scritto anche Giovanni Bianconi, spiegando come il capitano della Roma non sia solo un calciatore, ma anche un simbolo della Roma e di Roma, «un po’ Pasquino, un po’ Marchese del Grillo. E un po’ come Catone il Censore interpretato da Vittorio Gassman, che ammonisce Marcello Mastroianni nei panni di “Scipione detto l’Africano”: “Questa non è la Repubblica di Platone, ma la fangosa città di Romolo. Bisogna che te dai ’na calmata”». L’articolo è stato pubblicato il 4 settembre con il titolo: Da Catone a Pasquino. Perché Totti non è solo calcio. estinzione». È il passaggio di un intervento del magnate americano Warren Buffet sul New York Times, ripubblicato sulla Repubblica del 17 agosto, che ha suscitato dibattito negli Usa e nel mondo. Italia Warren Buffet Stati Uniti Quando lo Stato tutela i più forti «Mentre la maggior parte degli americani stenta ad arrivare a fine mese, noi megaricchi continuiamo a goderci i nostri sgravi fiscali straordinari. [...] Questi e altri vantaggi ci piovono letteralmente addosso grazie ai legislatori di Washington, che si sentono obbligati a salvaguardarci, quasi fossimo gufi maculati o altre specie in via di Nuovi vescovi ad Acireale e Bolzano – Bressanone Il 26 luglio monsignor Antonino Raspanti, 52 anni, originario di Alcamo, diocesi e provincia di Trapani, è stato nominato vescovo di Acireale. Ordinato sacerdote nel 1982, dal 1998 era docente di Storia della spiritualità presso la Pontificia Facoltà Teologica “San Giovanni Evangelista” di Palermo, di cui è stato vicepreside dal 1999 al 2002 e preside dal 2002 al 2009. Il 27 luglio don Ivo Muser, 49 anni, è stato nominato vescovo di Bolzano – Bressanone. Originario di Brunico, nel 1987 è stato Francesco Totti ordinato sacerdote. Dal 2005 era decano del Capitolo Cattedrale di Bressanone. Diplomazia/1 Relazioni diplomatiche tra Santa Sede e Malaysia Il 27 luglio è stata annunciata ufficialmente la decisione della Santa Sede e della Malaysia di stabilire piene relazioni diplomatiche. Diplomazia/2 Nuovi nunzi a Cuba e in Giappone Il 6 agosto l’arcivescovo pugliese Bruno Musarò, 63 anni, è stato nominato nunzio a Cuba; dal 2009 era rappresentante pontificio in Perù. Il 15 agosto l’arcivescovo indiano Joseph Chennoth, 68 anni, è stato nominato nunzio in Giappone; dal 2005 era rappresentante pontificio in Tanzania. q 30GIORNI N.7/8 - 2011 51 L a Q.S.A. Srl e l’ ITALSERVIZI Srl sono società di servizi alle aziende per la sicurezza e la salute dei lavoratori, promosse da un gruppo di medici specialisti in medicina del lavoro, che progettano e realizzano sistemi di gestione aziendale di sicurezza sul lavoro comprendenti la sorveglianza sanitaria, le indagini ambientali per i rischi da sostanze chimiche, fisiche e biologiche e tutti gli obblighi previsti dal D. Lgs. 81/2008. Q.S.A. e ITALSERVIZI forniscono la loro consulenza ad oltre 200 aziende distribuite in tutto il territorio nazionale attraverso unità mobili di Medicina del Lavoro dotate di tutte le apparecchiature strumentali necessarie e sono supportate nelle loro attività da docenti delle Università “La Sapienza”, “Tor Vergata”, “Cattolica” di Roma e dell’Università di Pisa. I loro clienti principali sono l’Agenzia delle Entrate, l’Agip Petroli, la Confcooperative, la Coop, la Televisione Sat2000, la Finmeccanica, il Comitato Tecnico Paritetico della Cassa Edile di Roma e Provincia, l’Accademia Nazionale dei Lincei e l’Italgas. Q.S.A. e ITALSERVIZI organizzano, con l’Università La Sapienza, i corsi di idoneità allo svolgimento delle funzioni di Responsabile del Servizio Prevenzione e Protezione e Addetto al Servizio Prevenzione e Protezione ai sensi del 195/03. Q.S.A. e ITALSERVIZI sono iscritte all’Anagrafe Nazionale delle Ricerche del Ministero dell'Istruzione, dell'Universita e della Ricerca. La Q.S.A. è certificata ISO 9001:2000 BVQI dal 24.11.2004. Via F. Antolisei, 25 • 00173 Roma Tel. 06.72996391/2 • 06.7230065 Fax 06.7235273 • 1782202852 QSA Qualità Salute Italservizi s.r.l. Ambiente E-mail: [email protected] Medicina del lavoro • Indagini ambientali • Sicurezza del lavoro • Analisi cliniche • Visite specialistiche • Corsi di Formazione Quella percezione della Chiesa come “luce riflessa” che unisce i Padri del primo millennio e il Concilio Vaticano II del cardinale Georges Cottier, op teologo emerito della Casa Pontificia Nell’ormai prossimo 2012 cadranno i cinquant’anni dall’inizio del Concilio Vaticano II. A mezzo secolo di distanza, quello che è stato un avvenimento maggiore della vita della Chiesa continua a suscitare dibattiti – che probabilmente si intensificheranno nei prossimi mesi – su quale sia l’interpretazione più adeguata di quella assemblea conciliare. Le dispute di carattere ermeneutico, certo importanti, rischiano però di diventare controversie per addetti ai lavori. Mentre può interessare a tutti, soprattutto nel momento presente, riscoprire quale sia stata la sorgente ispiratrice che ha animato il Concilio Vaticano II. Il portale centrale della Cattedrale di Chartres, XII-XIII secolo, Francia 54 30GIORNI N.7/8 - 2011 La risposta più comune riconosce che quell’evento era mosso dal desiderio di rinnovare la vita interiore della Chiesa e adattare anche la sua disciplina alle nuove esigenze per riproporre con nuovo vigore la sua missione nel mondo attuale, attenta nella fede ai «segni dei tempi». Ma per andare più alla radice, occorre cogliere quale era il volto più intimo della Chiesa che il Concilio si proponeva di riconoscere e ripresentare al mondo, nel suo intento di aggiornamento. Il titolo e le prime righe della costituzione dogmatica conciliare Lumen gentium, dedicata alla Chiesa, sono in questo senso illuminanti nella loro chiarezza e semplicità: «Cristo è la luce delle genti: questo santo Concilio, adunato nello Spirito Santo, desidera dunque ardentemente, annunciando il Vangelo ad ogni creatura, illuminare tutti gli uomini con la luce di Cristo che risplende sul volto della Chiesa». Nell’incipit del suo documento più importante, l’ultimo Concilio riconosce che il punto sorgivo della Chiesa non è la Chiesa stessa, ma la presenza viva di Cristo che edifica personalmente la Chiesa. La luce che è Cristo si riflette come in uno specchio nella Chiesa. La coscienza di questo dato elementare (la Chiesa è il riflesso nel mondo della presenza e dell’agire di Cristo) illumina tutto ciò che l’ultimo Concilio ha detto sulla Chiesa. Il teologo belga Gérard Philips, che della costituzione Lumen gentium fu il principale redattore, mise in evidenza proprio questo dato all’inizio del suo monumentale commento al testo conciliare. Secondo lui, «la costituzione sulla Chiesa adotta sin dall’inizio la prospettiva cristocentrica, prospettiva che si affermerà istantaneamente nel corso di tutta l’esposizione. La Chiesa ne è profondamente convinta: la luce delle genti si irradia non da essa, ma dal suo divino Fondatore: pure, la Chiesa sa bene che, riflettendosi sul suo volto, questo irradiamento raggiunge l’umanità intera» (La Chiesa e il suo mistero nel Concilio Vaticano II: storia, testo e commento della costituzione Lumen gentium, Jaca Book, Milano 1975, v. I, p. 69). Una pro- ¬ R I F L E S S I O N I S U L M I S T E R O E L A V I TA D E L L A C H I E S A La Trasfigurazione, mosaico della prima metà dell’XI secolo del monastero di Hosios Loukas, Daphni, Grecia L’ultimo Concilio riconosce che il punto sorgivo della Chiesa non è la Chiesa stessa, ma la presenza viva di Cristo che edifica personalmente la Chiesa. La luce che è Cristo si riflette come in uno specchio nella Chiesa 30GIORNI N.7/8 - 2011 55 La missione degli apostoli, affresco del X secolo, Tokali Kilise, Göreme, Turchia Allo stesso tempo, va colta come un dato oggettivo la corrispondenza tra la percezione della Chiesa espressa nella Lumen gentium e quella già condivisa nei primi secoli del cristianesimo. La Chiesa non viene cioè presupposta come un soggetto a sé stante, prestabilito. La Chiesa rimane al dato che la sua presenza nel mondo fiorisce e permane come riconoscimento della presenza e dell’azione di Cristo 56 30GIORNI N.7/8 - 2011 spettiva di sguardo ripresa fin nelle ultime righe dello stesso commento, nelle quali Philips ripeteva che «non sta a noi profetare sul futuro della Chiesa, sui suoi insuccessi e sviluppi. Il futuro di questa Chiesa, di cui Dio ha voluto fare il riflesso di Cristo, Luce dei Popoli, sta nelle Sue mani» (ibid. v. II, p. 314). La percezione della Chiesa come riflesso della luce di Cristo accomuna il Concilio Vaticano II ai Padri della Chiesa, che fin dai primi secoli ricorrevano all’immagine del mysterium lunae, il mistero della luna, per suggerire quale fosse la natura della Chiesa e l’agire che le conviene. Come la luna, «la Chiesa splende non di propria luce, ma di quella di Cristo» («fulget Ecclesia non suo sed Christi lumine»), dice sant’Ambrogio. Mentre per Cirillo d’Alessandria «la Chiesa è circonfusa dalla luce divina di Cristo, che è l’unica luce nel regno delle anime. C’è dunque una sola luce: in quest’unica luce splende tuttavia anche la Chiesa, che non è però Cristo stesso». In questo senso, merita attenzione la valutazione offerta di recente dallo storico Enrico Morini in un intervento ospitato sul sito www.chiesa.espressonline.it curato da Sandro Magister. Secondo Morini – che è professore di Storia del cristianesimo e delle Chiese presso l’Università di Bologna – il Concilio Vaticano II si è posto «nella prospettiva della più assoluta continuità con la tradizione del primo millennio, secondo una periodizzazione non puramente matematica ma essenziale, essendo il primo millennio di storia della Chiesa quello della Chiesa dei sette Concili, ancora indivisa […]. Promuovendo il rinnovamento della Chiesa il Concilio non ha inteso introdurre qualcosa di nuovo – come rispettivamente desiderano e temono progressisti e conservatori – ma ritornare a ciò che si era perduto». L’osservazione può creare equivoci, se viene confusa con il mito storiografico che vede la vicenda storica della Chiesa come una progressiva decadenza e un allontanamento crescente da Cristo e dal Vangelo. Né si possono accreditare contrapposizioni artificiose per le quali lo sviluppo dogmatico del secondo millennio non sarebbe conforme alla Tradizione condivisa durante il primo millennio dalla Chiesa indivisa. Come ha evidenziato il cardinale Charles Journet, rifacendosi anche al beato John Henry Newman e al suo saggio sullo sviluppo del dogma, il depositum che abbiamo ricevuto non è un deposito morto, ma un deposito vivente. E tutto ciò che è vivente si mantiene in vita sviluppandosi. Allo stesso tempo, va colta come un dato oggettivo la corrispondenza tra la percezione della Chiesa espressa nella Lumen gentium e quella già condivisa nei primi secoli del cristianesimo. La Chiesa non viene cioè presupposta come un soggetto a sé stante, prestabilito. La Chiesa rimane al dato che la sua presenza nel mondo fiorisce e permane come riconoscimento della presenza e dell’azione di Cristo. A volte, anche nella nostra più recente attualità ecclesiale, questa percezione del punto sorgivo della Chiesa sembra per molti cristiani offuscarsi, e sembra avvenire una sorta di rovesciamento: da riflesso della presenza di Cristo (che con il dono del Suo Spirito edifica la Chiesa) si passa a percepire la Chiesa come una realtà materialmente e idealmente impegnata ad attestare e realizzare da sé la propria presenza nella storia. Da questo secondo modello di percezione della natura della Chiesa, che non è conforme alla fede, discendono conseguenze concrete. Se, come si deve, la Chiesa si percepisce nel mondo come riflesso della presenza di Cristo, l’annuncio del Vangelo non può che avvenire nel dialogo e nella libertà, rinunciando a ogni mezzo di coercizione sia materiale che spirituale. È la strada indicata da Paolo VI Gli apostoli Paolo, Giovanni, Giacomo il Maggiore, Giacomo il Minore e Bartolomeo, portale sud della Cattedrale di Chartres nella sua prima enciclica Ecclesiam Suam, pubblicata nel 1964, che esprime perfettamente lo sguardo sulla Chiesa proprio del Concilio. Anche lo sguardo che il Concilio ha rivolto sulle divisioni tra i cristiani e poi sui credenti delle altre religioni, rifletteva la stessa percezione della Chiesa. Così anche la richiesta di perdono per le colpe dei cristiani, che ha stupito e fatto discutere in seno al corpo ecclesiale quando fu presentata da Giovanni Paolo II, è perfettamente consonante con la coscienza di Chiesa fin qui descritta. La Chiesa chiede perdono non per seguire logiche di onorabilità mondana. Ma perché riconosce che i peccati dei suoi figli offuscano la luce di Cristo che essa è chiamata a lasciar riflettere sul suo volto. Tutti i suoi figli sono peccatori chiamati per l’azione della grazia alla santità. Una santificazione che è sempre dono della misericordia di ¬ 30GIORNI N.7/8 - 2011 57 La Pentecoste, mosaico della prima metà dell’XI secolo del monastero di Hosios Loukas, Daphni, Grecia Forse, nel mondo attuale, sarebbe più semplice e confortante per tutti poter ascoltare pastori che parlano a tutti senza dare per presupposta la fede. Come ha riconosciuto Benedetto XVI durante la sua omelia a Lisbona il 12 maggio 2010, «spesso ci preoccupiamo affannosamente delle conseguenze sociali, culturali e politiche della fede, dando per scontato che questa fede ci sia e ciò, purtroppo, è sempre meno realista» Dio, il quale desidera che nessun peccatore – per quanto orribile sia il suo peccato – venga ghermito dal maligno nella via della perdizione. Così si comprende la formula del cardinal Journet: la Chiesa è senza peccato, ma non senza peccatori. Il riferimento alla vera natura della Chiesa come riflesso della luce di Cristo ha anche immediate implicazioni pastorali. Purtroppo, nell’attuale contesto, si registra la tendenza di vescovi a esercitare il proprio magistero attraverso pronunciamenti per via mediatica, in cui spesso si forniscono prescrizioni, istruzioni e indicazioni su cosa devono o non devono fare i cristiani. 58 30GIORNI N.7/8 - 2011 Come se la presenza dei cristiani nel mondo fosse il prodotto di strategie e prescrizioni e non sorgesse dalla fede, cioè dal riconoscimento della presenza di Cristo e del suo messaggio. Forse, nel mondo attuale, sarebbe più semplice e confortante per tutti poter ascoltare pastori che parlano a tutti senza dare per presupposta la fede. Come ha riconosciuto Benedetto XVI durante la sua omelia a Lisbona il 12 maggio 2010, «spesso ci preoccupiamo affannosamente delle conseguenze sociali, culturali e politiche della fede, dando per scontato che questa fede ci sia e ciò, purtroppo, è sempre meno realista». q Vivere sicuri non è solo un desiderio. È un diritto. Noi di Finmeccanica crediamo che vivere liberi da ogni pericolo sia un diritto di tutti. Ecco perché 75.000 persone del nostro Gruppo lavorano ogni giorno in tutto il mondo per realizzare i migliori sistemi di sicurezza. Grazie ad una filosofia improntata a partnership durature e un’incessante ricerca nell’alta tecnologia, progettiamo e costruiamo aerei, elicotteri e sistemi integrati capaci di proteggere le reti di trasporto, le infrastrutture, i confini nazionali terrestri e marini e la vita di tutti i giorni. Che tu sia un pilota o un passeggero, un militare o un civile, la tua sicurezza è il nostro obiettivo. Perché oggi un mondo più sicuro è possibile. Towards a Safer World C hiesa SAN CARLO BORROMEO La casa costruita sulla roccia «Tutto quello che san Carlo ha fatto e realizzato, lo ha edificato sulla roccia incrollabile che è Cristo, sulla piena coerenza e fedeltà al Vangelo, sull’amore incondizionato per la Chiesa del Signore». L’intervento dell’arcivescovo emerito di Milano al Meeting di Rimini del cardinale Dionigi Tettamanzi Il cardinale Dionigi Tettamanzi Tutto è grazia: lo sguardo rivolto a san Carlo Sì, «tutto è grazia». Anche questo nostro incontro. Sento su di me la mano della provvidenza di Dio. È questa provvidenza che ha voluto che il mio ultimo anno alla guida pastorale della diocesi di Milano coincidesse con il IV centenario della canonizzazione di san Carlo Borromeo, avvenuta il 1° novembre 1610 con papa Paolo V. Sento di ringraziare il Signore perché questo è stato un anno molto intenso, ricco di iniziative di grande significato spirituale, pastorale e culturale per la Chiesa ambrosiana. Mi permetto di segnalare solo qualche dato, ricordando innanzi60 30GIORNI N.7/8 - 2011 Sopra, San Carlo visita e assiste gli appestati, Giovanni Battista Crespi, detto il Cerano, Duomo di Milano. Nell’inno della liturgia in onore di san Carlo Urbis parentem Carolum si accenna alla carità materna del vescovo nei confronti degli ammalati di peste: «Dum saevit annus letifer, ut mater aegris assidet / Mentre infuria l’anno della peste, come una madre assiste gli ammalati » tutto l’inizio di questo centenario che ha avuto come evento importante la lettera apostolica di Benedetto XVI Lumen caritatis, del 1° novembre 2010, lo stesso giorno anniversario della canonizzazione; evento importante e per me particolarmente gioioso per la possibilità di leggere e presentare la lettera del Papa ai fedeli ambrosiani nella solennità di san Carlo, il 4 novembre scorso. Nella lettera il Santo Padre delinea in sintesi alcuni fondamentali aspetti della santità del Borromeo. Desidererei richiamarli. Il primo aspetto rimanda alla sua opera di vescovo riformatore. San Carlo, attuando con sapienza e originalità i decreti del Concilio di Trento, ha riformato quella Chiesa che lui profondamente amava; anzi, proprio perché la amava di un amore sincero, l’ha voluta rinnovare, contribuendo a ridonarle il suo volto più bello, quello della Sposa di Cristo, una sposa senza macchia e senza ruga. Un secondo aspetto della santità di Carlo Borromeo: è stato uomo di preghiera, di preghiera convinta, intensa, prolungata, innervata e fiorente nella sua vita di pastore. Se san Carlo fu innamorato della Chiesa, lo fu perché prima ancora fu innamorato del Signore Gesù, presente e operante nella Chiesa, nella sua tradizio- ¬ San Carlo miracolosamente salvato dall’attentato, Giovanni Battista della Rovere, detto il Fiammenghino, Duomo di Milano 30GIORNI N.7/8 - 2011 61 C hiesa ne dottrinale e spirituale, presente nell’Eucaristia, nella Parola di Dio. Soprattutto fu innamorato di Cristo crocifisso, come ci documenta l’iconografia che non a caso ha voluto tramandarci l’immagine di questo santo in contemplazione e in adorazione della Passione e della Croce del Signore. Infine Carlo Borromeo fu santo – ci ricorda il Papa – perché ha saputo incarnare la figura del pastore zelante e generoso, che per il gregge affidato alle sue cure è pronto a sacrificare tutta la propria vita: san Carlo fu davvero “onnipresente” nella diocesi di Milano attraverso le visite pastorali, fu attento in maniera profetica e incisiva ai problemi del suo tempo; soprattutto, come i grandi vescovi del Medioevo, fu autenticamente pater pauperum, padre dei più poveri e dei più deboli: basti pensare a quello che seppe realizzare anche dal punto di vista caritativo e assistenziale durante i momenti drammatici delle carestie e della peste del 1576. La lettera del Papa si intitola giustamente Lumen caritatis, perché fa riferimento esplicito alla carità pastorale che quotidianamente e in maniera eroica san Carlo seppe vivere e praticare. Davvero, a imitazione di Cristo che ha dato la sua vita per la nostra salvezza, san Carlo ha letteralmente “disciolto” la propria vita nella carità pastorale. Da quando divenne vescovo di Milano, in modo programmatico e sistematico egli antepose la causa del Vangelo e il bene della Chiesa a tutto: alle proprie comodità, agli interessi privati e personali, agli interessi della famiglia o della cerchia degli amici, al proprio tempo libero, a tal punto da non aver mai tempo libero per sé, visto che tutto il tempo a disposizione di un vescovo – diceva lo stesso san Carlo – deve essere speso per la salvezza delle anime. Il centenario da Milano a Rimini È per me una grande gioia che il centenario di san Carlo, iniziato con la parola del Papa, in un certo senso si concluda qui a Rimini, con questa manifestazione che si presenta nel suo duplice volto: culturale e spirituale. 62 30GIORNI N.7/8 - 2011 Il miracolo di Carlino Nava, Giulio Cesare Procaccini, Duomo di Milano C’è indubbiamente l’aspetto culturale: oggi infatti viene inaugurata una mostra didattica sulla vita e sull’opera pastorale di Carlo Borromeo; vi sono pannelli, didascalie, supporti multimediali; c’è un catalogo con contributi scientifici. Tutto ciò è importante, perché permette di far conoscere sempre meglio, al di là di molte semplificazioni e oltre letture parziali o persino ideologicamente pregiudicate, il vero volto di questo grande vescovo, autentico interprete della riforma tridentina della Chiesa. Ma personalmente mi preme sottolineare soprattutto l’aspetto spirituale dell’iniziativa, come chiaramente emerge dal titolo che gli organizzatori hanno voluto sce- gliere per questa mostra: “La casa costruita sulla roccia”. Il riferimento è alla celebre pagina che chiude il Discorso della Montagna, con la parabola dei due uomini che costruiscono la loro casa, il primo sulla sabbia, l’altro sulla roccia. E l’esito è del tutto prevedibile: la casa del primo, davanti alle prime avversità della vita e alle tempeste della storia, crolla inesorabilmente; la casa del secondo, nonostante le difficoltà della vita e gli sconvolgimenti della storia sta in piedi e resiste. E la roccia su cui è costruita la casa è Cristo Signore, è il suo Vangelo di verità e di vita (cfr. Mt 7, 24-27). Veramente questa parabola può essere riferita in modo parti- SAN CARLO BORROMEO. La casa costruita sulla roccia Un santo attuale o inattuale? Non a caso parlo di “attualità”, perché devo confessarvi che più volte, durante questo centenario, mi sono chiesto, passando in rassegna gli aspetti salienti della santità di Carlo Borromeo, se egli è davvero un santo ancor oggi “attuale”: se cioè ha qualcosa di grandemente significativo da dire anche al nostro presente, se ancora per noi oggi – come lo fu quattrocento anni fa – è un modello di vita evangelica non solo da ammirare, ma anche in vario modo da imitare. È una domanda forse un po’ scontata, cui possiamo senz’altro rispondere positivamente: sì! Anche oggi san Carlo parla a noi, anche oggi per noi è un valido modello di santità. E la lettera del Papa da cui abbiamo preso le mosse, la stessa mostra che qui a Rimini è stata allestita, le iniziative di vario genere che hanno costellato questo anno “carolino”, lo provano in maniera incontrovertibile. Certamente non possiamo correre il rischio di cadere in qualche anacronismo, perché dobbiamo colare a san Carlo e alla sua opera: tutto quello che egli ha fatto e realizzato, lo ha edificato sulla roccia incrollabile che è Cristo, sulla piena coerenza e fedeltà al Vangelo, sull’amore incondizionato per la Chiesa del Signore. Per questo ciò che san Carlo ha edificato è resistito alle tempeste dei suoi tempi; è resistito anche al logorio dei secoli che passano, come testimonia il fatto che ancora oggi molte delle sue intuizioni, molte delle soluzioni pastorali e istituzionali da lui escogitate o prefigurate conservano una loro permanente validità, una loro incisiva attualità, non solo per la diocesi di Milano, ma anche per l’intera Chiesa latina occidentale. L’anello episcopale di san Carlo, Museo del Duomo di Milano apertamente riconoscere che non poche cose nella Chiesa e nel mondo d’oggi sono cambiate rispetto alla situazione della Chiesa e della società del tardo Cinquecento. E dobbiamo anche riconoscere che taluni aspetti dell’azione pastorale di san Carlo – così come alcuni aspetti del suo stile di vita (pensiamo soprattutto alla sua rigorosissima ascesi penitenziale) – non sono materialmente e automaticamente riproponibili oggi senza le necessarie e adeguate mediazioni. Ma, nonostante questa ovvia constatazione, che peraltro vale sempre quando ci riferiamo ai personaggi del passato, ci sono alcuni punti salienti della santità di Carlo Borromeo che, nel loro significato più profondo ed evangelico, hanno veramente una valenza perenne. E quindi una valenza anche per la nostra vita di cristiani del terzo millennio, nella misura in cui anche noi, oggi, come lui quattrocento anni fa, vogliamo «costruire la nostra casa sulla roccia», da “uomini saggi”. E tuttavia, da questo punto di vista, la figura di san Carlo è grandemente provocatoria, perché mette in crisi molti aspetti del modo di pensare e di vivere del mondo attuale. È per questo che durante il centenario, raccogliendo alcune esperienze e ricordi personali del mio accostarmi ed entrare in rapporto con la figura del Borromeo, ho voluto scrivere anch’io un libro dal titolo suggestivo e stimolante: San Carlo, un riformatore inattuale. Mi permetto di soffermarmi un poco su questo aggettivo. “Inattuale” infatti si contrappone immediatamente ad “attuale”. Sono due termini però che solo apparentemente si contrappongono, perché l’uno può facilmente trapassare nell’altro. Così, se ad esempio per “attuale” si intende “secondo la moda del momento”, “secondo la mentalità del tempo presente”, “secondo l’opinione condivisa dai più”, è chiaro che san Carlo è “inattuale”. Lo abbiamo già detto e lo vogliamo sottolineare per una migliore comprensione dell’attualità-inattualità: i tempi del Borromeo non sono i no- ¬ 30GIORNI N.7/8 - 2011 63 C hiesa stri; il suo modo di leggere i problemi e di risolverli non è il nostro; né meccanicamente possiamo prendere talune sue soluzioni e applicarle al nostro mondo, “attuale” appunto. Viceversa, se per “inattuale” si intende ciò che si radica nei valori fondamentali della tradizione cristiana, se per “inattuale” si intende restare ancorati a quella roccia che è Gesù Cristo e che dà vera solidità all’intera costruzione della casa, se tutto ciò viene giudicato inattuale solo perché non si adegua a ciò che oggi è ritenuto “politicamente corretto”, dovremmo allora chiederci se l’inattualità di san Carlo non si trasformi in una singolare e urgente “attualità” di ripensamento, di rivalutazione dei nostri metri di giudizio, di riforma del nostro modo di vivere e di convivere. Un’inattualità profetica e benefica per il nostro tempo In questa linea, prendendoli dalla biografia di san Carlo, presento tre esempi cercando di applicarli ai nostri tempi “attuali”. Il primo riguarda la fedeltà al dovere del proprio stato di vita come forma propria dell’identità del cristiano. Il Borromeo ebbe la consapevolezza vivissima di che cosa significasse essere vescovo di una importante diocesi in tempi difficili di transizione, di riforma e di cambiamento: e proprio per questo cercò sempre di adeguare le sue scelte e le sue azioni a una vera “deontologia”, cui rimase fedele in maniera eroica e davanti alla quale seppe sacrificare tutto il resto. Questo senso del dovere san Carlo lo chiedeva anche ai suoi preti, per gli uffici che essi dovevano svolgere; e lo chiedeva ai fedeli laici, uomini e donne, secondo la loro condizione. Non accettava, lui per primo, le mezze misure e gli accomodamenti, Il pastorale di san Carlo, Museo del Duomo di Milano 64 30GIORNI N.7/8 - 2011 con un facile livellamento verso il basso in nome di una incolore mediocrità. Gli storici ci ricordano che quando era giovane cardinale a Roma, prima della sua cosiddetta “conversione”, aveva vissuto un “cristianesimo senza infamia e senza lode”. È proprio il rischio che in ogni tempo corriamo noi cristiani, gli stessi preti e vescovi: accontentarsi di una vita cristiana scialba, in cui si evita giustamente il male “macroscopico” (che potrebbe procurarci infamia), ma che si riduce al minimo indispensabile per mettere a posto la propria coscienza, rapidamente, senza troppi scossoni. Oggi, quando tutti ci sentiamo già arrivati e non vogliamo sentirci troppo inquietati, parlare di “conversione” parrebbe per l’appunto “inattuale”, o per lo meno inopportuno. Al contrario l’esempio di san Carlo è attualissimo e singolarmente urgente, perché sempre nella Chiesa i cristiani, tutti i cristiani a ogni livello, sono chiamati a “convertirsi” da un cristianesimo “senza infamia e senza lode”, da un cristianesimo incolore e insapore (senza cioè la luce e il sale del Vangelo), a una vita cristiana convinta, lucida e vigilante, all’esercizio fedele del proprio dovere sempre e comunque, alla ricerca di un cammino di per fezione che ci confor ma sempre più al modello di ogni perfezione: Cristo Gesù, nostro Signore. È esattamente quanto fece in modo programmatico e sistematico san Carlo: il suo esempio non ci permette scuse o diversivi. Egli è veramente sempre attuale, perché richiama i cristiani di ogni tempo, richiama anche noi cristiani del terzo millennio alla perenne e irrinunciabile necessità di metterci in discussione. In particolare devo dire che dalla lettura degli scritti di san Carlo e delle sue indicazioni pastorali ho avuto chiara l’impressione che egli vivesse con una grande inquietudine la distanza – che peraltro sempre esiste – tra la meta altissima cui il Signore ci chiama (la santità) e la nostra concreta risposta. Se san Carlo si sentiva in difetto – e di qui nasceva la sua inquietudine, il suo non sentirsi tranquillo in coscienza –, che cosa dovremmo dire e fare noi? C’è allora una domanda alla quale non possiamo sottrarci: dove, in quali ambiti della nostra vita, del nostro dovere di stato, dobbiamo ancora “convertirci”, a imitazione di san Carlo, per uscire da una vita cristiana mediocre, “senza infamia e senza lode”? Carlo Borromeo è attuale anche per un altro aspetto: la formidabile capacità di saper coniugare in modo equilibrato l’azione e la contemplazione. Tutti abbiamo presenti le tante immagini di san Carlo assorto in preghiera, specie davanti al Crocifisso, immerso in vere e proprie esperienze mistiche. Ma la forte dimensione contemplativa che egli seppe imprimere alla propria vita non lo distolse mai dal suo dovere di pastore d’anime. Anzi, possiamo affermare che egli divenne uno dei grandi modelli di vescovo e di pastore precisamente perché la sua attività pastorale era permeata profondamente di preghiera e di contemplazione. San Carlo “fece” molto nella sua vita, molteplici furono le realizzazioni portate a termine; anzi ci chiediamo con meraviglia dove trovasse il tempo e le forze per fare tutto quello che poi ha fatto. Ci verrebbe da dire che tutto quello che fece ha del miracoloso: è proprio così! Veramente ha del miracoloso perché tutto era intriso di preghiera, di colloquio con Dio, permeato dalla contemplazione amorosa dei misteri di salvezza di Cristo, a cominciare dalla Sua passione, morte e risurrezione. Questo è il messaggio sempre attuale che ci viene da san Carlo: la comunione con Dio, la preghiera, la contemplazione non ci strappano dalla storia ma in essa ci immergono in profondità, dandoci la forza di fare anche miracoli nel mondo e per il mondo. Invece il nostro è un tempo malato di attivismo, frenetico nel fare, impegnato a produrre beni e servizi se si vuole non sprecarlo. E così il no- Il miracolo di Virginio Casati, anonimo lombardo, Duomo di Milano stro tempo finisce per valutare la persona non per quello che è, ma per quello che fa e produce. In un simile contesto non si deve forse parlare di contemplazione, di meditazione, di preghiera, di silenzio, come di quanto di più “inattuale” il nostro tempo potrebbe sperimentare? La verità però è esattamente il contrario. San Carlo ci sollecita a non lasciarci ingannare da questa specie di droga, ma a riportare ordine nella nostra vita, recuperando il primato di Dio su tutto, nella certezza che il resto verrà di conseguenza. È il monito stesso del Signore: «Cercate invece, anzitutto, il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta» (Mt 6, 33). E se c’è un aspetto dell’attività pastorale di san Carlo che più di ogni altro ha impressionato i suoi contemporanei al punto che proprio per questo cominciarono a considerarlo eccezionale, fu la sua attività caritativa. Soprattutto ¬ 30GIORNI N.7/8 - 2011 65 C hiesa durante la terribile peste del 1576 si spogliò letteralmente di tutto, dei beni di famiglia, dei beni personali, non solo delle cose superflue, ma dello stretto necessario pur di dare un aiuto al popolo di Milano colpito dall’epidemia. E non solo si prodigò nei momenti di emergenza; volle anche che alcune istituzioni caritative perdurassero oltre l’emergenza della peste, consapevole che la povertà, il bisogno, l’emarginazione, il degrado sociale e morale sono un’emergenza di sempre, di ogni momento. E infatti in ogni momento san Carlo brillò come paterno soccorritore dei poveri, di ogni povero, di chiunque tendesse la mano per chiedergli un sostegno. E fu anche – per usare una terminologia della nostra cultura attuale – un “santo sociale”: seppe cioè leggere alla luce del Vangelo i problemi sociali del suo tempo, indicò alcune soluzioni concrete, non ebbe alcuna paura a denunciare le piaghe della società, come la corruzione pubblica, la pratica dell’usura, i privilegi ingiusti di alcune caste, la mancanza di quella che oggi chiameremmo “coscienza civica” o “attenzione al bene comune”. Il calice di san Carlo, Museo del Duomo di Milano 66 30GIORNI N.7/8 - 2011 San Carlo si dispone alla morte al Sacro Monte di Varallo, particolare, Giovanni Battista della Rovere, detto il Fiammenghino, Duomo di Milano Ma c’è ancora un altro aspetto della santità del Borromeo che merita di essere richiamato: è la dimensione ascetica della sua vita. Su questo punto egli fu rigorosissimo, fino a suscitare forti critiche e malintesi in chi gli viveva accanto. Fu povero, casto, umile, penitente; praticava con grande serietà il digiuno, prolungava la preghiera nelle ore notturne per non sottrarre il tempo diurno agli impegni pastorali; riduceva al minimo il riposo, anzi tendeva a non riposarsi affatto. Sappiamo che i medici più volte lo rimproverarono di non curarsi a sufficienza, e lui, per tutta risposta, diceva che, se uno dà retta ai medici, non può fare il buon vescovo! La morte, sopravvenuta a soli 46 anni, sigillò una vita che si era letteralmente consumata nelle pratiche ascetiche. È un aspetto questo che ci lascia meravigliati, come lo furono i suoi contemporanei, che giustamente si chiedevano se san Carlo fosse imitabile in queste virtù a causa del loro carattere di eroicità. E ce lo chiediamo anche noi oggi, senza però cadere nell’insidia di giudicare eccessivo l’esercizio delle virtù ascetiche così come lo visse san Carlo, giudicarlo cioè “inattuale” secondo i parametri della nostra sensibilità odierna. Un simile giudizio non potrebbe essere un modo tranquillizzante per autoesimerci dall’imitarlo? Ci è chiesta piuttosto l’onestà di ritrovare in questo un aspetto di grande attualità: oggi infatti parlare di “ascesi”, di “penitenza”, di “rinuncia” ci espone al rischio di essere derisi e giudicati gente fuori dal tempo e dal mondo, appunto appartenenti a un mondo di tanti secoli fa. E invece proprio noi abbiamo bisogno di un richiamo forte a purificare il nostro stile di vita per renderlo più sobrio, a riscoprire l’autocontrollo e il dominio dei sensi, degli istinti e delle passioni incontrollate: come via di una libertà interiore che ci rende padroni di noi stessi e del nostro autentico cammino verso il vero, il bene, il giusto e il bello. L’anello, il pastorale, il calice Concludo ritornando a parlare della mostra che oggi viene inaugurata, rimarcandone un tratto originale. Al centro della mostra sono esposte non tre opere d’arte, ma tre autentiche reliquie che in qualche modo rivelano la SAN CARLO BORROMEO. La casa costruita sulla roccia personalità di san Carlo, sono un’epifania del suo cuore, una manifestazione del suo segreto spirituale. Troviamo anzitutto l’anello del Borromeo. E l’anello di un vescovo ci parla simbolicamente del suo legame sponsale con la Chiesa che gli è stata affidata. È dunque il segno dell’amore pastorale, della fedeltà al ministero, della propria dedizione totale. Incontriamo poi il bastone pastorale: è il simbolo dell’autorità e del governo del vescovo. Ma, come sappiamo, è in questione un’auto- rità che non può mai attuarsi come puro esercizio di potere. A imitazione di Cristo – il Buon Pastore per antonomasia – l’esercizio del governo pastorale coincide con l’offerta della propria vita sino alla piena consumazione di sé. Così ha fatto Cristo, così hanno fatto i santi pastori, come Carlo Borromeo. Infine ci è dato di guardare al suo calice, quello da lui usato per celebrare il sacrificio eucaristico. Esso si pone come testimonianza della vita di preghiera che il vescovo deve avere; come richiamo che, in ultima analisi, è il sacrificio di Cristo sulla croce, sono la sua parola e i suoi sacramenti – in cui è presente ed efficace la sua azione di salvezza – a edificare la Chiesa, a illuminarla, animarla e guidarla. Come dicevo all’inizio, con questo IV centenario della canonizzazione di san Carlo sono giunto al termine del mio mandato pastorale alla Chiesa di Milano. Ebbene vi confesso che questi tre “simboli” esposti (l’anello, il pastorale e il calice di san Carlo) accendono in me una profonda gioia spirituale, al pensiero che come li ho ricevuti dai miei predecessori così tra poco li trasmetterò al mio successore. È il mistero bellissimo della “traditio”, della tradizione viva della Chiesa, che – come ci ha insegnato san Carlo – veramente è «la casa costruita sulla roccia»! Sì, «cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ma essa non cadde, perché era fondata sulla roccia» (Mt 7, 25). Ciò vale per la Chiesa che ci ha preceduto nel tempo, per la Chiesa che stiamo ora vivendo, per la Chiesa che si apre al futuro: una Chiesa sempre ricolma della grazia e dell’amore del suo Sposo e Signore. È allora senz’alcuna paura, ma con l’inalterabile e sovrabbondante fiducia che ci viene da Cristo, che tutti insieme siamo chiamati a proseguire il nostro cammino verso la santità, ascoltando la sua parola e rendendola esperienza quotidiana di vita: «Perciò chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica, sarà simile a un uomo saggio, che ha costruito la sua casa sulla roccia» (Mt 7, 24). Ci sia di aiuto san Carlo! q 30GIORNI N.7/8 - 2011 67 S torie di semplici preti «La grandezza della piccolezza» Don Serafino Morazzone «I l Curato di Chiuso era un uomo che avrebbe lasciato di sé una memoria illustre, se la virtù solo bastasse a dare gloria agli uomini. Egli era pio in tutti i suoi pensieri, in tutte le sue parole, in tutte le sue opere: l’amore fervente di Dio e degli uomini era il suo sentimento abituale; la cura continua di fare il suo dovere era: tutto il bene possibile; credeva egli sempre adunque di rimanere indietro, ed era profondamente umile, senza sapere di esserlo; come l’illibatezza, la carità operosa, lo zelo, la sofferenza, erano virtù ch’egli possedeva in grado raro, ma che 70 30GIORNI N.7/8 - 2011 Così Giovanni Battista Montini, arcivescovo di Milano, descrisse la figura di don Serafino Morazzone, il “Curato di Chiuso” beatificato lo scorso giugno. Vissuto tra il XVIII e il XIX secolo, questo parroco della diocesi ambrosiana fu amico di Alessandro Manzoni, che ne tracciò il profilo nella prima stesura dei Promessi sposi di Giovanni Ricciardi A sinistra, piazza del Duomo a Milano gremita di fedeli, durante la cerimonia di beatificazione di don Serafino Morazzone, suor Enrichetta Alfieri e padre Clemente Vismara, il 26 giugno 2011 egli studiava sempre di acquistare. Se ogni uomo fosse nella propria condizione quale egli era nella sua, la bellezza del consorzio umano oltrepasserebbe le immaginazioni degli utopisti più confidenti. I suoi parrocchiani, gli abitatori del contorno lo ammiravano, lo celebravano; la sua morte fu per essi un avvenimento solenne e doloroso; essi accorsero intorno al suo cadavere; pareva a quei semplici che il mondo dovess’essere commosso, poiché un gran giusto ne era partito. Ma dieci miglia lontano di là, il mondo non ne sapeva nulla, non lo sa, e non lo saprà mai: e in questo momento io sento un rammarico di non possedere quella virtù che tutto può illustrare, di non poter dare uno splendore perpetuo di fama a queste parole: Prete Serafino Morazzone Curato di Chiuso». Non capita tutti i giorni che a un uomo di Chiesa sia riservato un elogio così eloquente a poca distanza dalla morte; specie se l’elogio è contenuto in un romanzo e se questo romanzo è il più famoso della storia della letteratura italiana. Perciò i lettori ci perdoneranno se abbiamo voluto citarlo per intero all’inizio di questo articolo. Era la fine del 1822 quando Alessandro Manzoni, mettendo mano al III tomo del Fermo e Lucia, la prima stesura del capolavoro che poi avrebbe intitolato I promessi sposi, inseriva fra i suoi personaggi la figura di un sacerdote che aveva conosciuto, frequentato e che forse era stato anche suo confessore nei periodi trascorsi nella villa di famiglia a Lecco. Un anacronismo palese e perciò fortemente voluto, dato che don Serafino Morazzone era morto solo pochi mesi prima, il 13 aprile di quello stesso anno. La descrizione del suo funerale sembra indicare che il Manzoni sia stato presente, e abbia visto coi propri occhi quella folla commossa che iniziò da subito a chiedere e ottenere grazie da quest’umile prete, il quale, dal giorno della sua ordinazione a quello della morte aveva desiderato svolgere bene solo e soltanto il suo dovere di parroco di un paesino sul lago di Como, con poche centinaia di anime. «Ah, Chiuso! Dov’è quel buon curato!» Il “personaggio” di don Morazzone compare nel Fermo e Lucia al momento dell’incontro fra l’Innominato e il cardinale Federigo, che Manzoni aveva scelto di ambientare proprio nella canonica della parrocchia di Chiuso, immaginando che il Borromeo si trovasse in visita nel paese di don Serafino. Qui avviene la conversione dell’Innominato e il lungo colloquio tra i due, che sottrae tempo alla visita pastorale del cardinale. Ma, aggiunge Manzoni, «la vigna di quel buon prete Morazzone era tanto ben coltivata che aveva poco bisogno della ispezione di Federigo». È ancora don Serafino a indicare al cardinale una “buona donna” da mandare insieme a don Abbondio al castello dell’Innominato per liberare Lucia. E quando Lucia sente pronunciare il nome del paese dove potrà riabbracciare sua madre, esclama: «Ah, Chiuso! Dov’è quel buon curato!», con un’espressione tanto semplice quanto esaustiva. Ma nell’edizione definitiva dei Promessi sposi il paese di Chiuso e la figura storica di don Serafino non vengono più citati. Non è difficile immaginarne il motivo: ed è che Manzoni era poeta, ma non profeta. «Dieci miglia lontano di là», aveva scritto nel 1822, «il mondo non ne sapeva nulla, non lo sa, e non lo saprà mai». Invece, la fama di santità di questo parroco, già diffusa in vita, in pochi anni si era allargata ben oltre le dieci miglia fissate dal Gran Lombardo, a tal punto che ¬ A destra, Alessandro Manzoni; sotto, l’incontro fra l’Innominato e il cardinal Federigo Borromeo in un’illustrazione di Monzio Compagnoni; sullo sfondo, le rovine del Castello dell’Innominato sulla Rocca di Somasca, Lecco S torie di semplici preti l’anacronismo gli doveva ormai apparire troppo stridente per lasciarlo nelle pagine di una storia ambientata nel Seicento. Prova ne è il fatto che la curia di Milano apre il suo processo di beatificazione già nel 1864 e raccoglie in tre anni 34 testimonianze di persone che lo avevano conosciuto, soprattutto suoi parrocchiani. I quali, senza intendere bene le sottigliezze degli interrogatori canonici, rilasceranno, nella loro semplicità, dichiarazioni molto simili a quella immaginaria di Lucia Mondella. «Aveva tutte le virtù in un fascio», lascerà scritto agli atti del processo uno di loro, Santino Corbetta. «Dico tutto di lui con queste parole: era un uomo giusto», affermerà Pietro Gilardi. Nomi che dicono poco, parole che dicono molto. Tra esse, due definizioni inconsapevolmente poetiche che di lui diedero altri testimoni. La prima, di un tal Giuseppe Chea: «Tante persone accorrevano dai paesi vicini al grido della sua santità». E in ultimo, la più bella, di Carlo Riva: «Quando lo si vedeva passare era volgare [“era espressione comune”, ndr] il dire che passa un ladro, intendendosi da tutti ladro di Paradiso». Ladro di Paradiso Questo “ladro di Paradiso” veniva da una famiglia numerosa, che abitava a Milano in una zona molto popolare, e la sua biografia è presto detta. Nato il 1° febbraio 1747 da un venditore di granaglie e presto divenuto orfano di madre, a 13 anni chiede e ottiene di entrare in seminario e i gesuiti lo accolgono a titolo gratuito nel loro collegio di Brera. Studia poi teologia mantenendosi con il servizio di accolito in Duomo, che gli vale dieci lire mensili. La mattina serve all’altare, il pomeriggio è chino sui libri. E deve aver dato un buon frutto questo suo studio se riesce, risultando primo davanti a due sacerdoti e cinque chierici, lui che non era ancora suddiacono, a vincere il “concorso” bandito dalla diocesi di Milano – secondo la prassi di allora – per l’assegnazione della piccola parrocchia di Chiuso. Quella destinazione, dove celebra la sua prima messa il 10 maggio del 1773, sarà anche l’unica, fino alla morte. In 72 30GIORNI N.7/8 - 2011 mezzo, quarantanove anni di servizio ininterrotto, da prete: ore in confessionale, ore trascorse in preghiera fin dal primo mattino, ore a fare scuola elementare gratuita ai bambini, ore a dispensare carità ai poveri, ore a far visita agli infermi. Si racconta, di tanto in tanto, tra la gente, che le sue preghiere sui malati possano più delle medicine; che un ragazzo caduto nella calce viva e recuperato in condizioni gravi dopo mezz’ora sia risanato dalla sua benedizione; che una bambina rimasta aggrappata per un’ora al ramo di un albero per non precipitare in un canale e che da allora è in preda alle convulsioni sia guarita per le preghiere di don Serafino. Ma se qualcuna di queste storie giunge alle sue orecchie, lui non ci bada e attribuisce tutto all’intercessione di san Girolamo Emiliani, il cui santuario di Somasca si trova a pochi chilometri dalla sua parrocchia. «In mezzo a questa sua fama di santità», racconta ancora il testimone Pietro Gilardi, «egli solo non si reputava tale, e quando venivano a lui persone forestiere, era solito rimandarle ai loro parroci, e cioè da parte sua cercava di indurli ad avere confidenza nella benedizione del proprio parroco, che valeva lo stesso». Tra questi testimoni non figura Alessandro Manzoni. Non è dato sapere il perché. Forse perché quello che aveva da dire lo aveva già scritto. È molto probabile che si riferisca a don Serafino quando nelle Osservazioni sulla morale cattolica scrive: «Sì, ci sono dei preti che spregiano quelle ricchezze di cui annunziano la vanità ed il pericolo; dei preti che avrebbero orrore di ricevere i doni del povero e che si spogliano invece per soccorrerlo; che ricevono dal ricco con un nobile pudore e con un interno senso di ripugnanza; che stendendo la mano si consolano solo pensando che l’apriranno ben tosto per rimettere al povero quella moneta che è ben lungi dal compensare agli occhi loro un ministero il quale non ha prezzo degno altro che la carità». Queste parole coincidono perfettamente con molte delle testimonianze rese al processo sull’eroismo con cui don Sopra, la vetrata raffigurante don Serafino Morazzone, nella parrocchia di Santa Maria Assunta, a Chiuso; a destra, la parrocchia, durante i festeggiamenti per la beatificazione di don Serafino il 27 giugno 2011 Serafino praticava la carità, sovvenendo ai parrocchiani bisognosi, e vivendo personalmente in una povertà pressoché assoluta. Di don Serafino si conserva anche una lettera indirizzata allo scrittore. Il padre di Manzoni era stato il più grande proprietario terriero della zona di Lecco, ma prima di lasciare il figlio Alessandro erede universale dei suoi beni aveva provveduto a vendere gran parte di questi terreni. Don Serafino scrive così al poeta per intercedere in favore di uno degli acquirenti, che non riusciva più a pagare il debito contratto a suo tempo col padre: «Illustrissimo Signore», esordisce, «Francesco Polvara di Pescarenico, sapendo il buon affetto che Vostra Signoria Illustrissima ha per me, desidera che faccia buon ufficio presso di lei». E aggiunge che si è spinto a “sfruttare” questo affetto soprattutto per amore dei sei bambini di quest’uomo: «Son sei figlij pupilli. A questi vorrei giovare. Pupillis tu eris adjutor». Non sappiamo che cosa rispose Manzoni, ma possiamo immaginarlo dall’annotazione vergata di suo pugno sul retro della missiva: «Lettera di un Curato Santo». «Il senso cristiano del popolo ci ha preceduto» Tuttavia, dopo la raccolta delle testimonianze, conclusa nel 1867, il processo di beatificazione viene trascurato per più di ottant’anni. ne per le grazie ottenute dalla sua intercessione. Fu il cardinal Schuster a sollecitare la riapertura della causa e a ottenerla nel 1950. In una lettera indirizzata tre anni prima a un sacerdote di Lecco, scriveva, a proposito di quello che definì “il nostro Curato d’Ars”, che a intendere la sua grandezza «il senso cristiano del popolo ci ha già preceduto». Che la gente, insomma, come aveva detto un testimone tanti anni prima, continuava ad «accorrere al grido della sua santità». Ma ci vollero ancora quarantacinque anni per arrivare a depositare la Positio presso la Congregazione delle Cause dei santi, altri tre perché ottenesse l’approvazione, e solo nel 2007 si è giunti a proclamare “le virtù eroiche” di don Serafino. L’epilogo, con l’approvazione del miracolo, si è avuto nel corso di quest’anno, e la cerimonia di beati- e continua a venerarlo come vero uomo di Dio, come un santo». Nelle sue parole risuona l’eco di un altro arcivescovo ambrosiano, Giovanni Battista Montini, che lo aveva preceduto, molti anni prima, in pellegrinaggio sulla tomba di don Serafino nell’anniversario della morte, il 13 aprile del 1956. In quella occasione, davanti al suo popolo, aveva detto: «Vi invito a pensare alla sua grandezza. È indubbio che egli è grande se fa parlare di sé dopo 134 anni dalla sua morte. Ma che cosa ha fatto di straordinario per essere grande? La sua non è grandezza esteriore, politica o sociale, di ricchezza, di ingegno. La grandezza di don Serafino è la grandezza della piccolezza, la grandezza evangelica. Fu grande perché ha seguito la parola del Signore. Questo santo ha raccolto le parole di Gesù, le ha fatte sue e le ha personificate. Egli è Il cardinale Dionigi Tettamanzi durante la celebrazione di ringraziamento per la beatificazione di don Serafino Morazzone nella parrocchia di Chiuso (Lecco) il 27 giugno 2011 Ma anche questo finisce per diventare un segno della santità di don Serafino. Perché, se per varie ragioni la diocesi ambrosiana si disinteressa così a lungo di questa causa, la devozione della gente non verrà mai meno, tanto che il cardinal Ferrari, ai primi del Novecento, applicando le leggi liturgiche del tempo, sarà costretto a impedire che si pongano sulla tomba molto frequentata di don Serafino ex voto e lampade con cui i fedeli, in numero sempre crescente, esprimevano la gratitudi- ficazione in piazza Duomo a Milano il 26 giugno 2011 è stata uno degli ultimi atti dell’arcivescovo Dionigi Tettamanzi. Il quale, celebrando la messa nella parrocchia di Chiuso nel 2003, aveva detto: «È stato Lui, il Signore, a donare don Serafino alla Sua Chiesa. Per la verità il Signore continua a donarlo alla Sua Chiesa, come testimonia la devozione da cui questo santo sacerdote è sempre stato circondato e tuttora viene circondato. E questo è il segno potente, vivo, della gente, che è il popolo di Dio, che l’ha venerato grande perché è povero, perché è umile, perché ha dato e ha cercato di dare. E qui comincia il suo prodigio. Egli è un santo di popolo. Infatti ci sono diverse categorie di santi. Ci sono santi che sono diventati tali perché il loro cuore era vicino al popolo. Don Serafino è stato l’amico di tutti con un cuore così grande, lui così piccolo, con un cuore così ricco coi poveri, coi poveri di cuore, con gli umili e soprattutto con chi ama e sa donare». Se Manzoni non era profeta, aveva però visto giusto. q 30GIORNI N.7/8 - 2011 73 L ibri ell’ultima stagione della sua vita, Augusto Del Noce parlava spesso del «passato che non vuol passare». A più di vent’anni dalla sua morte, anche il patrimonio di pensiero critico lasciato in eredità dal grande filosofo continua a essere assediato dalla danza dei luoghi comuni più sciatti e fuorvianti. Dopo quelli messi in circolo dagli antichi detrattori, oggi soprattutto le letture apparentemente solidali di chi lo celebra come un eroe ante litteram dell’ideologia occidentalista dell’89 continuano a confinarlo nella caricatura del “de Maistre italiano”, portavoce di un sussulto passatista e reazionario di marca cattolica rispetto alle dinamiche e alle istanze della modernità. D’ora in poi, tale pigro conformismo bipartisan dovrà fare i conti con il saggio di Massimo Borghesi Augusto Del Noce. La legittimazione critica del moderno (Marietti 1820). 370 pagine dove si documenta in maniera serrata che tutta l’avventura intellettuale del filosofo è attraversata da un “filo rosso” di tutt’altro segno. Massimo Borghesi insegna Filosofia morale presso l’Università di Perugia. N Del Noce e il Mulino La modernità non è il “nemico” Fu l’editrice bolognese a consacrare Augusto Del Noce come autore nazionale e a mostrare la fecondità del suo punto di vista. Nel segno di una apertura critica al moderno che anticipava il Concilio Vaticano II. Intervista col filosofo Massimo Borghesi di Gianni Valente 74 30GIORNI N. 7/8 - 2011 Professore, a più di vent’anni dalla morte si continuano a scrivere libri su Augusto Del Noce (1910-1989), uno dei più grandi intellettuali italiani del Novecento. Qual è la novità di quest’ultimo volume appena edito dalla Marietti? MASSIMO BORGHESI: Le novità sono essenzialmente due. Dal punto di vista storiografico si tenta per la prima volta di ricostruire organicamente lo sviluppo del pensiero di Del Noce, nell’arco di tempo che va dal 1943 al 1978, nella profonda connessione tra il momento filosofico e quello storico-politico. Di solito l’approccio all’autore privilegiava la trattazione di blocchi tematici distinti senza che risultasse chiara la relazione tra di essi. La seconda novità è di tipo interpretativo. Lo scopo del volume, come chiarisce il sottotitolo, è di evidenziare “la legittimazione critica del moderno” operata da Del Noce. Si tratta di una let- INTERVISTA. La modernità non è il “nemico” Per Maritain, in ciò seguito da Del Noce, la modernità, che viene dopo le guerre di religione e la divisione della Chiesa, non può più presupporre la fede come “a priori”, come paradigma comune già prefissato e pacificamente accolto. Il moderno è il tempo in cui la verità può e deve essere cercata e proposta nella libertà tura che di fatto libera il filosofo dallo stereotipo del pensatore certamente geniale ma rivolto al passato, conservatore critico del tempo presente. Un’etichetta che ha pesato a lungo sulla fortuna di Del Noce, acriticamente accolta anche da molti cattolici. Questa sua rivisitazione in che modo raggiunge l’obiettivo? Innanzitutto chiarendo qual è il punto genetico della riflessione delnociana. Per Del Noce il vero punto di inizio, in senso speculativo, è il 1943, l’anno della caduta del regime fascista, un evento che lo provoca a pensare il tempo storico. È qui che l’opera di Jacques Maritain, il grande filosofo cattolico francese, si rivela decisiva. Del Noce, come egli stesso ricordava nell’intervista rilasciata a 30Giorni nell’aprile del 1984, aveva letto Humanisme intégral di Maritain alla sua uscita in Francia, nel 1936. Quello è l’anno della guerra italiana contro l’Etiopia, un evento che segnerà il periodo di massimo consenso al regime fascista, e che provocherà in Del Noce, al contrario, un senso di disgusto e di opposizione morale a Mussolini e al fascismo, considerato come mero regno della forza, di una forza brutale senza giustizia. Va detto che questa opposizione trovava in Aldo Capitini – il futuro organizzatore delle marce della pace PerugiaAssisi, che Del Noce conobbe nel 1935 proprio ad Assisi – un punto di riferimento importante. Letto in questo contesto, il volume di Maritain chiarì a Del Noce l’inconciliabilità ideale tra cattolicesimo e totalitarismo. Esso di fatto liberava i cattolici dall’utopia “medievalista”, antimoderna, che spingeva Massimo Borghesi, Augusto Del Noce. La legittimazione critica del moderno, Marietti 1820, Genova – Milano 2011, 368 pp., euro 26,00 Paolo VI e Jacques Maritain durante la cerimonia di chiusura del Concilio ecumenico Vaticano II, 8 dicembre 1965 molti di loro a una adesione al fascismo, inteso, erroneamente, come una forza conservatrice, una sorta di prezioso alleato nella lotta contro la modernità. Ma per Del Noce l’incontro con Maritain servì solo da antidoto al clericofascismo? Maritain è colui che, tra il 1943 e il 1945, libera Del Noce dal “complesso” di Benedetto Croce, secondo cui i cattolici, in quanto cattolici, non potevano, a causa della loro fede (integralista e autoritaria), essere liberali e antifascisti al pari dei laici. Maritain dimostrava, al contrario, che solo la prospettiva religiosa poteva salvaguardare la libertà e i diritti della persona. Allo scopo bisognava, però, distinguere tra cristianesimo e cristianità, tra la fede e le sue realizzazioni storiche, sempre contingenti. Compresa la cristianità ¬ 30GIORNI N. 7/8 - 2011 75 L ibri Per dare respiro al progetto politico di De Gasperi occorreva uscire dall’integrismo reazionario e dal suo rovesciamento speculare, il modernismo, l’uno e l’altro eredi della filosofia della storia dell’Ottocento segnata, per i cattolici, dal medievalismo e dall’antimoderno. Solo così la Democrazia cristiana poteva accordare democrazia e cristianesimo medievale assunta a modello da quei cristiani che guardavano con diffidenza l’intero mondo moderno e contrapponevano verità e libertà, finendo per sposare ogni possibile autoritarismo clericale. Per Maritain, in ciò seguito da Del Noce, la modernità, che viene dopo le guerre di religione e la divisione della Chiesa, non può più presupporre la fede come “a priori”, come paradigma comune già prefissato e pacificamente accolto. Il moderno è il tempo in cui la verità può e deve essere cercata e proposta nella libertà. Questa persuasione è il punto cardine che sta all’origine della “legittimazione critica del moderno” di Del Noce. Negli scritti del 1943-1946 vi sono affermazioni che anticipano, con grande lucidità, le conclusioni del Concilio Vaticano II sulla libertà religiosa. La cosa significativa è che Del Noce colloca le sue affermazioni in un orizzonte che riprende sant’Agostino: se la fede è, secondo la dottrina cristiana, opera della grazia, allora essa non può essere imposta in forma coercitiva. La priorità della grazia porta al riconoscimento del momento insostituibile della libertà, anche in senso politico. Da qui viene anche la superiorità della democrazia concepita, con Capitini, come luogo della “persuasione” e della non violenza. Come si articola il progetto delnociano teso a delineare un incontro positivo tra cattolicesimo e libertà moderne? Si svolge su due piani: uno politico e uno filosofico. Quello politico lo vede impegnato per tutti gli anni Cinquanta a dare veste teorica al progetto di Democrazia cri76 30GIORNI N. 7/8 - 2011 stiana formulato da Alcide De Gasperi, alla sua concezione del quadro democratico ruotante attorno all’alleanza tra cattolici, laici, socialisti democratici. Del Noce nutre la segreta ambizione di essere il “filosofo di De Gasperi”. Per dare respiro al progetto politico dello statista trentino occorreva uscire dall’integrismo reazionario e dal suo rovesciamento speculare, il modernismo, l’uno e l’altro eredi della filosofia della storia dell’Ottocento, segnata, per i cattolici, dal medievalismo e dall’antimoderno. Solo così la Democrazia cristiana poteva accordare democrazia e cristianesimo. Allo scopo, ed è la seconda direzione di ricerca dell’intensa riflessione delnociana, occorreva decostruire l’intero quadro del pensiero moderno: quello codificato da Hegel e dall’idealismo, accettato dal marxismo e condiviso, sia pure nell’opposizione, dalla neoscolastica tomista. Per esso il moderno è il tempo della secolarizzazione (o dell’ateismo) in cui l’emancipazione e la libertà dell’uomo viaggiano di pari passo con il suo allontanamento da Dio e dalla fede. Tra il 1954 e il 1958 Del Noce ribalta questa prospettiva. In che modo? Riconoscendo che la modernità non è una, è “duplice”. Da Cartesio non parte solo il filone del razionalismo culminante in Hegel e Marx. Da Cartesio parte anche un filone agostiniano, cristiano-moderno, che passa attraverso Pascal, Malebranche, Vico, e culmina in Antonio Rosmini, il pensatore in cui cattolicesimo e libertà trovano la loro sintesi. Era il filone personalistico del moderno, Augusto Del Noce Sopra, le copertine delle prime edizioni di due testi di Augusto Del Noce editi dal Mulino: Il problema dell’ateismo, del 1964, e Riforma cattolica e filosofia moderna, volume I: Cartesio, del 1965 che collega la libertà dell’uomo all’esistenza di Dio, contrapposto a quello spinoziano-hegeliano, in cui panteismo e ateismo culminano nel totalitarismo politico. Si trattava di una vera e propria sco- INTERVISTA. La modernità non è il “nemico” perta per la quale la posizione reazionaria veniva definitivamente superata e l’incontro tra cristianesimo e democrazia liberale e personalistica poteva alfine ottenere la sua legittimazione. Nel suo volume un intero capitolo è dedicato al rapporto tra Del Noce e la casa editrice il Mulino. Si tratta, certamente, di un capitolo originale. Del Noce collabora assiduamente col Mulino di Bologna dal 1957 al 1965. Qui pubblica, oltre a numerosi saggi sull’omonima rivista, due tra i suoi volumi più importanti: Il problema dell’ateismo, nel 1964, e Riforma cattolica e filosofia moderna, volume I: Cartesio, nel 1965. Il Mulino era allora la casa editrice di Bologna nata all’insegna del dialogo e confronto tra cattolici, laici e socialisti. Del Noce si incontrò particolarmente con Nicola Matteucci e Luigi Pedrazzi. I punti di contatto erano la valorizzazione del quadripartito degasperiano, il superamento delle tendenze integraliste presenti tanto tra i cattolici quanto tra i laici, e anche il passaggio dall’antifascismo ideologico – favorito dal Partito comunista – al postfascismo. La stagione del Mulino è una stagione estremamente feconda. Non solo l’editrice consacra Del Noce come un autore nazionale, ma egli ha modo di mettere alla prova la fecondità del suo punto di vista, quello per cui il cattolicesimo è originale solo quando non è subalterno, quando cioè non parte dalla contrapposizione a un avversario nella definizione di sé stesso. Per questo la posizione reazionaria così come quella modernista falliscono. Come scriverà nel 1968: «L’opposizione alla società del benessere non può essere condotta dal punto di vista reazionario, e ciò semplicemente perché l’opposizione di progressivo e reazionario è interna al suo linguaggio». Che cosa significa questo, in dettaglio, nel rapporto tra cristianesimo e modernità? Significa, per Del Noce, che non è possibile valorizzare la tradizione, sia quella filosofica che quella religiosa, rimanendo all’interno di una prospettiva reazionaria. La valorizzazione della tradizione, di quelle che Del Noce seguendo Newman chiama le sue «virtualità», consente, al contrario, di incontrare le istanze più autentiche del moderno. È in questo senso preciso che la sua prospettiva coincideva con quella del Vaticano II. Negli anni Sessanta Del Noce, ed è un aspetto interessante e inedito della sua ricerca, riannoda anche i rapporti con Franco Rodano, con l’autore cioè con cui aveva condiviso l’esperienza cattolico-comunista durante la fase “resistenziale” tra l’autunno del ’43 e la primavera del ’44. Franco Rodano Certamente. Anche qui si sottolinea sempre, e giustamente, la critica delnociana a Rodano contenuta ne Il cattolico comunista, edito nel 1981. Si dimentica però di ricordare che dagli inizi degli anni Sessanta fino al Convegno di Lucca del 1967 Del Noce e Rodano riannodano il loro legame attraverso un carteggio, purtroppo ancora inedito. La nozione di «società opulenta», che sta al centro del saggio del 1963 Appunti sull’irreligione occidentale contenuto ne Il problema dell’ateismo, è derivata da Franco Rodano. Il ’63 segna l’inizio di una nuova fase della riflessione delnocia- na. Egli avverte, infatti, come si stia concludendo un’epoca: l’era postbellica della ricostruzione, l’era crociano-degasperiana segnata dall’incontro tra le componenti laico-liberali e quelle cristiane. La nuova società del benessere non aveva più bisogno delle forze religiose per opporsi al comunismo. Il nuovo Occidente era ormai in grado di vincere mediante la dilatazione della società del benessere. Una società segnata dal primato della ragione strumentale, più irreligiosa dell’ateismo comunista, vittoriosa sul terreno stesso del comunismo, quello del materialismo. Nel ’63 quindi Del Noce intuisce, anche alla luce di Rodano, il nuovo avversario della fede nell’era postmarxista. Intravvede cioè il tempo in cui la relativizzazione di ogni ideale viene a incontrarsi con una visione tecnocratica del mondo. È questa prospettiva che gli consente di valorizzare, nel ’75, la lezione di Pier Paolo Pasolini, come del più lucido interprete del nuovo totalitarismo della dissoluzione. Rispetto a questa prospettiva, abbastanza drammatica, il Del Noce degli anni Sessanta intravvedeva vie d’uscita? Intravvedeva delle possibilità senza, tuttavia, poter indicare positivamente degli sbocchi. Il momento storico poneva di fronte a due istanze che confliggevano tra di loro. Da un lato la crisi del marxismo – che pure conoscerà inaspettatamente un nuovo revival dopo la contestazione del ’68 – poneva luogo a un ritorno ideale del pari, della scommessa pascaliana: nel momento stesso in cui l’ateismo perdeva la sua veste scientifica, la possibilità di un ravvivarsi dell’opzione religiosa tornava attuale. Si trattava però di una possibilità, non necessariamente di una effettualità. Del Noce non ha mai dedotto filosoficamente la necessità dell’opzione religiosa. Dall’altra parte il trionfo della società opulenta, e quindi dell’irreligione occidentale, sul marxismo, toglieva respiro a ogni possibile rinascita religiosa. Due dinamiche confliggenti che il Del Noce degli anni Sessanta non può né vuole sciogliere. q 30GIORNI N. 7/8 - 2011 77 L iturgia La Tradizione è moderna Dopo sedici anni alla guida del Conservatorio della Chiesa, monsignor Valentino Miserachs Grau indica la strada per risollevare le sorti della musica liturgica: tornare ai documenti del Concilio Vaticano II, fedeli interpreti della Tradizione. Intervista di Pina Baglioni l centro dello studiolo di monsignor Valentino Miserachs Grau c’è un pianoforte a coda molto bello. «Un regalo della fabbrica viennese Ehrbar a Pio XI nel 1929, in occasione del suo cinquantesimo giubileo sacerdotale: un pezzo unico appositamente costruito per lui». Monsignor Miserachs, 68 anni, di Sant Martí Sesgueioles, piccolo paese della diocesi di Vic, poco distante da Barcellona, è preside del Pontificio Istituto di Musica Sacra dal 1995. E maestro della Cappella musicale Liberiana cioè della Basilica romana di Santa Maria Maggiore dal 1977. Lo abbiamo incontrato alla fine di un anno accademico davvero particolare: proprio in questo 2011 il Pontificio Istituto di Musica Sacra ha celebrato i suoi primi cento anni di vita. E monsignor Miserachs si appresta a congedarsi definitivamente dai suoi studenti. «Anche se, dopo quattro mandati consecutivi, probabilmente ci sarà un anno di proroga». A Monsignor Miserachs, come e quando è cominciata la sua grande passione per la musica sacra? In uno dei suoi numerosi scritti lei si è spinto a definire il canto gregoriano «quasi come un ottavo sacramento». VALENTINO MISERACHS: Era evidentemente un’iperbole. 78 30GIORNI N.7/8 - 2011 Monsignor Valentino Miserachs Grau, preside del Pontificio Istituto di Musica Sacra, davanti al pianoforte nel suo studio Ma l’ho detto pensando all’insegnamento del Concilio Vaticano II, quando dice: «Si conservi e si incrementi con grande cura il patrimonio della musica sacra». La bellezza sublime del canto gregoriano esprime l’ineffabilità del mistero là dove la parola non può arrivare. Cantare e suonare durante la santa messa come la Chiesa latina comanda, cioè secondo gli straordinari documenti pontifici che abbiamo ricevuto in eredità, non è un optional. Ne va della trasmissione della fede in nostro Signore Gesù Cristo. Come scrisse san Pio X nel motu proprio Inter sollicitudines, la musica sacra deve essere santa, vera arte, universale. Eredità ripresa alla lettera dal Concilio Vaticano II e dal susseguente magistero pontificio. Comunque, la passione per la musica mi si è incollata addosso da quando avevo sei anni. Un giorno, io e mio fratello scovammo in soffitta una vecchia fisarmonica sgangherata che, però, funzionava ancora. Mentre la suonavo, i miei genitori si accorsero che avevo un PONTIFICIO ISTITUTO DI MUSICA SACRA orecchio formidabile. Mi portarono subito da un bravo pianista e compositore del mio paese, il maestro Francesc Vives, per capire se veramente fossi portato per la musica. Il suo parere fu positivo. Cominciai allora a prendere lezioni e contemporaneamente a suonare l’organo in chiesa. Come e perché è arrivato a Roma? C’è di mezzo la Provvidenza, non c’è dubbio: a undici anni andai in seminario e là il vescovo mi permise di continuare a studiare musica. Nel 1963 mi spedirono a Roma per studiare Teologia alla Gregoriana. E, una volta conseguita la licenza, proprio nel momento in cui stavo per rientrare in Catalogna, il mio vescovo cambiò inspiegabilmente idea, lasciandomi rimanere nella Città eterna. In quel cambio repentino ho sempre visto la mano della Provvidenza. Con l’autorizzazione del mio vescovo mi iscrissi nel 1967 al Pontificio Istituto di Musica Sacra, che allora aveva la sua unica sede in piazza di Sant’Agostino. E vi trovai come preside monsignor Higini Anglès i Pàmies, che mi stimava molto. E il grande maestro Armando Renzi con cui cominciai a studiare composizione, subito dopo aver conseguito la licenza in canto gregoriano. Due anni dopo mi spostai al Conservatorio “Alfredo Casella” Sotto, a sinistra, un insegnante e un’allieva nella sede didattica in via di Torre Rossa a Roma; a destra, la sala lettura della biblioteca dell’Aquila per continuare la composizione con Renzi e studiare organo principale. Sono rimasto così legato a quel Conservatorio, che, all’indomani del terremoto dell’aprile 2009, abbiamo ospitato in Istituto: ben sette classi di studenti. Alcuni si sono sistemati addirittura qui nello studio. Comunque, qualche tempo dopo, Renzi, che era anche direttore della venerabile Cappella Giulia di San Pietro, mi introdusse in quell’ambiente come secondo organista e compositore. Nel frattempo, nel 1973, il maestro, oggi cardinale, Domenico Bartolucci, mi chiamò ad affiancarlo nella direzione della Cappella Liberiana di Santa Maria Maggiore. Sono ormai passati 38 anni dal quel giorno! E se a Renzi debbo la mia permanenza a Ro- ¬ Il Conservatorio di san Pio X I stituito da san Pio X nel 1910 con la denominazione di Scuola Superiore di Musica Sacra, il Conservatorio liturgico-musicale della Chiesa cattolica iniziò i suoi corsi il 3 gennaio del 1911. Ventʼanni dopo, Pio XI, con la costituzione apostolica Deus scientiarum Dominus lo avrebbe elevato a Pontificio Istituto con la facoltà di rilasciare i gradi accademici. Le sue finalità sono lʼinsegnamento delle discipline liturgico-musicali; la conoscenza e la diffusione del patrimonio tradizionale della musica sacra; la promozione di espressioni artistiche adeguate alle odierne culture. Suo compito è rendere, per incarico della Chiesa di Roma, un servizio alle Chiese locali di tutto il mondo, in vista della formazione dei musicisti di chiesa e dei futuri insegnanti nellʼambito della musica sacra. Le celebrazioni per i cento anni dalla fondazione si sono concluse con un grandioso congresso interna- zionale di musica sacra tenutosi dal 26 maggio al 1° giugno scorso tra i due “poli” dellʼIstituto: quello didattico di via di Torre Rossa, poco distante dalla Città del Vaticano, e quello accademico-legale in piazza di SantʼAgostino. A Roma sono giunte, per lʼoccasione, personalità di prima grandezza come Philippe Dupont, abate del monastero benedettino di Solesmes, in Francia, culla della rinascita del canto gregoriano a partire dal 1840; il maestro estone Arvo Pärt, tra i più grandi compositori di musica sacra viventi. E, ancora, Diego Fasolis – interprete della polifonia rinascimentale e barocca, che si è esibito nellʼesecuzione integrale delle opere di Pierluigi da Palestrina – e Luigi Ferdinando Tagliavini, dellʼUniversità di Friburgo, organista e musicologo di fama internazionale. P.B L iturgia Sopra, la chiesa di Sant’Agostino, nell’omonima piazza romana; a destra, un concerto nella Sala accademica del Pontificio Istituto di Musica Sacra nella sede storica di piazza di Sant’Agostino ma e, dal punto di vista tecnico, la ricerca della musicalità, a Bartolucci sono debitore del mio arrivo a Santa Maria Maggiore e della ricerca del rigore. Nel 1981, purtroppo, il Capitolo Vaticano decise di sciogliere la Cappella Giulia e mandò tutti a casa. E Armando Renzi, due anni dopo, dal dolore ne morì. Il maestro Riccardo Muti, tra i più prestigiosi direttori di orchestra del mondo, nel maggio scorso ha lanciato un appello per bandire dalle chiese le canzonette e la musica indegna della liturgia. Non solo: in questi ultimi tempi non si contano i libri, gli articoli sui maggiori quotidiani nazionali e internazionali sulla volgarità della musica liturgica contemporanea. Addirittura sono usciti film di importanti registi che descrivono impietosamente questo particolare aspetto della Chiesa. Non si può neanche immaginare la quantità di persone che vengono a lamentarsi qui da noi. Alcune ci dicono di non riuscire più a seguire con attenzione e devozione la messa, distratti da tanta incuria per quanto riguarda i canti e la musica durante il sacrificio eucaristico. E anch’io quando vado a dir messa in parrocchia da qualche mio amico parroco, rimango attonito. 80 30GIORNI N.7/8 - 2011 Non bisogna farsi troppe illusioni di risalire in poco tempo dal baratro in cui siamo caduti. Bisogna ricominciare poco a poco. Fare dei piccoli passi. È un po’ come insegnare a parlare e a camminare a un bambino. O, meglio ancora, è come andare al catechismo, a imparare i fondamentali della nostra fede. Ci può fare qualche esempio? Basterebbe che ogni parroco si procurasse il Liber cantualis dei padri benedettini di Solesmes che raccoglie i canti più semplici ed essenziali del gregoriano come il Credo, il Gloria, il Pater noster. O il libretto voluto da Paolo VI nel 1974 Iubilate Deo. C’è pure il repertorio pubblicato dal nostro Istituto: Celebriamo cantando i misteri della salvezza, un’antologia da noi preparata di canti gregoriani e in lingua italiana per tutte le circostanze dell’anno liturgico. Lo ristampiamo continuamente. Oltretutto, spesso inviamo i nostri insegnanti a dare una mano ai parroci. Un’altra cosa facile da fare sarebbe far sì che nelle cattedrali, nelle chiese maggiori, nei seminari, nelle congregazioni religiose si celebrasse almeno una messa settimanale cantando il gregoriano nell’ordinario della messa. O, se risultasse troppo faticoso, almeno una volta al mese. E la Chiesa, ai suoi più alti livelli, come dovrebbe muoversi? Il fatto che, dopo il bellissimo chirografo di Giovanni Paolo II scritto il 22 novembre 2003 in occasione del centenario del motu proprio di san Pio X Inter sollicitudines, non si sia più affrontata la questione, è inspiegabile. Da molti anni vado dicendo, attraverso scritti, convegni e quant’altro, che la Chiesa cattolica si deve munire di un organismo che abbia valenza normativa nell’ambito della musica sacra. C’è un’enormità di repertori da monitorare, in varie lingue, provenienti da vari Paesi, allestiti dalle conferenze episcopali e dai movimenti ecclesiali. Si dovrebbe istituire una commissione che abbia l’autorità e il coraggio di dire “questo sì e questo no”. Non si tratta di inventarsi un’istituzione inutile. Ma di fare chiarezza in un ambito, quello della musica sacra, totalmente abbandonato a sé stesso o lasciato nelle mani di ignoranti, incompetenti, nella migliore delle ipotesi. Perché molti sono in buona fede! Quando va male, invece, si tratta di mercanti senza scrupoli che stanno facendo un sacco di soldi con la loro musica, legati a case discografiche compiacenti e magari a qualche distratta conferenza episcopale. E se si trattasse solo di soldi, potrebbe ancora passare. Sarebbe umanamente comprensibile. Quel- PONTIFICIO ISTITUTO DI MUSICA SACRA Sotto, la cerimonia di conferimento dei dottorati honoris causa in musica sacra ai maestri Georg Ratzinger, Luciano Migliavacca e Franz Lehrndorfer, il 20 dicembre 1999, nella Sala accademica dell’Istituto. Al centro della foto è riconoscibile il cardinale Joseph Ratzinger lo che proprio non si può sopportare è che molti testi e molta musica che si producono per la sacra liturgia non hanno nulla a che fare con la fede cattolica. Strizzano l’occhio ad atmosfere musicali e a testi impregnati di concetti gnostici e new age che introducono agenti tossici che intaccano la mente e i cuori del popolo di Dio. Tutto questo per me è un mistero: uno dei tanti aspetti del mysterium iniquitatis in cui siamo immersi. Qui non si tratta di essere fissati con il latino e con i bei tempi antichi in un’azione tutta di retroguardia. È l’esatto contrario. Perché il bellissimo capitolo VI della costituzione Sacrosanctum Concilium del Concilio Vaticano II – specificamente dedicato alla musica sacra – riconosce «il posto principale» al canto grego- riano «come canto proprio della liturgia romana»; ribadisce la grande importanza della polifonia sacra e invita a promuovere «con impegno il canto religioso popolare […] in modo che possano risuonare le voci dei fedeli». Infine, auspica che «i musicisti animati da spirito cristiano […] compongano melodie che abbiano le caratteristiche della vera musica sacra. […] I testi destinati al canto sacro siano conformi alla dottrina cattolica, anzi siano presi di preferenza dalla Sacra Scrittura e dalle fonti liturgiche». Stiamo parlando del Concilio Vaticano II, non di qualche circolo di tradizionalisti residuali. È profondamente ingiusto scaricare la responsabilità di un tale disastro sul Concilio. Che, in realtà, è stato, da questo punto di vista, tradito. «Animare la messa»: è un’espressione, questa, che si sente spesso negli ambienti cattolici o in occasione di grandi raduni religiosi. Come se si dovesse rianimare un corpo morto. Ho sentito spesso anche l’espressione «allietare la messa». Non saprei dire quale sia la peggiore. La frantumazione dell’autorità ha determinato una disobbedienza senza precedenti. Dove a un certo punto i superiori, a tutti i livelli, dal momento che nessuno obbediva più, hanno cominciato ad avere paura di dare indicazioni autorevo- li. Ecco perché ci vuole qualcuno che ricominci da ciò che è piccolo: piccoli passi, piccole cose. Ricordando sempre che la musica sacra non deve essere intesa come un fine, ma come un mezzo che ci connette ai sacri misteri della morte e risurrezione di Gesù. Oggi nella Chiesa si trascura il paziente che sta morendo spostando l’attenzione su ciò che è accidentale. I cultori del liturgismo amano riunirsi nelle loro conventicole. Gli intellettualoni vanno a cercare le chiese dove si fa buona musica liturgica come se andassero a visitare una mostra d’arte. La fede in nostro Signore c’entra poco. In molti, in questi ultimi decenni, hanno pensato che per attrarre i fedeli in chiesa fossero necessari repertori musicali che assecondassero la modernità. Soprattutto per non far scappare i giovani. E infatti le chiese sono vuote. Certo, i motivi sono molti e dolorosi. Non ci metteremo certo a dire che la colpa è solo della musica e dei canti indegni. Pio X, tanto per fare un esempio, scrisse il suo documento sulla musica sacra perché ai suoi tempi le chiese si erano trasformate in teatri d’opera. E, a tal proposito, così s’esprimeva nel 1903: «Per questo si dice che essa piaccia al popolo, e si ha il coraggio di asserire che modificando e sopprimendo nelle chiese tale stile diminuirà la frequenza dei fedeli alle funzioni liturgiche. […] Io dirò che troppo si abusa di questa parola popolo, il quale si è dimostrato ben più serio e devoto di quel che d’ordinario si crede, gusta le musiche sacre, né lascia di frequentare le chiese dove quelle si eseguiscono. […] Il popolo vi assiste entusiasmato e devoto». Addirittura invita alla brevità del canto liturgico, per non stancare troppo il popolo! Anche perché la povera gente, dopo quelle lunghissime esecuzioni di stampo teatrale in cui avevano trasformato la santa messa, scappava stremata dopo il Credo, alla ricerca di una messa “letta”. Il grande compositore e direttore d’orchestra cattolico Gustav Mahler diceva: «La tradizione è custodire il fuoco, ¬ 30GIORNI N.7/8 - 2011 81 L iturgia non adorare le ceneri». Sente di condividere tale giudizio? Sì, completamente. Senza tradizione non si dà modernità. La tradizione della Chiesa è la madre del vero progresso. Conosco le culture musicali contemporanee di molte parti del mondo, non ne conosco una che non sia parente stretta del gregoriano. Lo sono anche le melodie proprie della Chiesa in Asia o nelle Americhe. Ho anche ascoltato molti canti liturgici in Africa: anche questi hanno una purezza melodica molto simile al gregoriano. Il canto gregoriano è uno strumento di cattolicità e ha degli agganci con tutte le culture musicali del mondo. Solo partendo dall’impianto della tradizione la musica sacra può progredire ed essere veramente santa, arte autentica, universale. E quindi bella. Guardiamo ai documenti della Chiesa sulla musica sacra e liturgica: dal Concilio di Trento al Vaticano II, uno è legato all’altro senza mai contraddirsi. Tutti partono dalla tradizione. In un’intervista rilasciata qualche mese fa, lei parla delle «sconfitte apparenti» della sua vita. Cosa intendeva dire? Dirigere il Pontificio Istituto di Musica Sacra per sedici anni e avere davanti agli occhi il panorama che abbiamo fin qui descritto, non è forse una sconfitta? Racconto un ul- Giovanni XXIII conferisce a monsignor Higini Anglès la medaglia d’oro in occasione del cinquantesimo anniversario della fondazione dell’Istituto, l’8 dicembre 1961 timo episodio: in occasione dell’Anno Paolino ho offerto, ovviamente in forma gratuita, a nome del Pontificio Istituto di Musica Sacra, una mia composizione alla Basilica di San Paolo fuori le Mura. Si trattava di un oratorio su san Paolo e san Fruttuoso. Gentilmente mi hanno risposto che già era stato commissionato ad altri stanziando una bella somma. Alla fine, pare che quest’altro oratorio non l’abbia sentito nessuno. E meno male! Perché il cardinale arciprete mi ha riferito che il te- sto parlava di un presunto “fidanzamento” di san Paolo. Ecco, non è il caso di commentare. Sono convinto, però, che il lavoro per nostro Signore Gesù Cristo si deve continuare a fare nel silenzio, nella perseveranza e nella preghiera. Perché il padrone della storia è Lui. Che sa e vede tutto. q Benedetto XVI in visita all’Istituto, Professori e alunni dell’Istituto in udienza da Giovanni Paolo II, il 19 gennaio 2001 82 30GIORNI N.7/8 - 2011 il 13 ottobre 2007 «Sono molto contento che 30Giorni faccia una nuova edizione di questo piccolo libro contenente le preghiere fondamentali dei cristiani maturatesi nel corso dei secoli. A questo piccolo libro auguro che possa diventare un compagno di viaggio per molti cristiani». dalla presentazione del cardinale Joseph Ratzinger del 18 febbraio 2005 (eletto Papa il 19 aprile 2005 con il nome di Benedetto XVI) CHI PREGA SI SALVA Il piccolo libro, di cui 30Giorni ha già distribuito centinaia di migliaia di copie, contiene le preghiere più semplici della vita cristiana, come quelle del mattino e della sera, e tutto ciò che aiuta a fare una buona confessione FORMATO PICCOLO Tascabile, misura 10,5x15 cm COSTA €1 A COPIA + spese di spedizione FORMATO GRANDE Più leggibile e adatto ad essere lasciato in chiesa sul banco, misura 13,6x19,8 cm COSTA €1,50 A COPIA + spese di spedizione EDIZIONI ESTERE in lingua portoghese, inglese, francese, spagnola, tedesca e cinese. Misura 13,6x19,8 cm COSTA €1 A COPIA + spese di spedizione È possibile richiedere copie sia dell’edizione grande che di quella piccola e delle edizioni estere telefonando al numero verde gratuito oppure scrivendo a 30GIORNI via Vincenzo Manzini, 45 - 00173 Roma o all’indirizzo e-mail: [email protected]