ADSI Associazione Dimore Storiche Italiane Sezione Emilia Romagna SCRIGNI di MEMORIE GLI ARCHIVI FAMILIARI NELLE DIMORE STORICHE BOLOGNESI ENTI PROMOTORI: Associazione Dimore Storiche Italiane – Sezione Emilia Romagna IN COLLABORAZIONE CON: Fondazione Cassa di Risparmio in Bologna Ministero per i Beni e le Attività Culturali. Soprintendenza Archivistica per l’Emilia Romagna Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici dell’Emilia Romagna CURATORI DELLE MOSTRE: Enrico Angiolini Aurelia Casagrande Ilaria Di Cillo Barbara Ghelfi Valentina Raffaelli AUTORI DEL CATALOGO: Enrico Angiolini Aurelia Casagrande Ilaria Di Cillo Barbara Ghelfi Leonardo Marinelli Valentina Raffaelli Cecilia Vicentini FOTOGRAFIE: Enrico Angiolini Ilaria Di Cillo Alessandro Hercolani Paolo Pascale Guidotti Magnani Valentina Raffaelli CURA REDAZIONALE: Enrico Angiolini Aurelia Casagrande Ilaria Di Cillo Valentina Raffaelli GRAFICA: Sogari Artigrafiche s.r.l. Si ringraziano sentitamente per la disponibilità e per la collaborazione le famiglie e gli enti proprietari dei beni monumentali e archivistici che hanno reso possibile la realizzazione della mostra. IN COPERTINA: Ingresso di Palazzo Bevilacqua 2 Associazione Dimore Storiche Italiane Sezione Emilia Romagna SCRIGNI di MEMORIE GLI ARCHIVI FAMILIARI NELLE DIMORE STORICHE BOLOGNESI Giornate Europee del Patrimonio “Le grandi strade della Cultura: un valore per l’Europa. Luoghi d’Arte Italiana” BOLOGNA 30 settembre 2007 a tutela e la valorizzazione delle dimore storiche italiane costituisce L lo scopo fondante dell’ADSI, Associazione Dimore Storiche Italiane. Ad essa aderiscono i proprietari di edifici privati che per loro peculiari caratteristiche storico-architettoniche rappresentano un valore economicoculturale costituzionalmente riconosciuto di pubblico interesse. Per questo lo Stato italiano -come altri stato europei- ha ritenuto e ritiene che gli edifici storici debbano essere oggetto di particolare considerazione. L’ADSI è stata ed è un attento e partecipe interlocutore con il Governo e la Pubblica Amministrazione. L’ADSI, membro dell’Union of European Historic Houses Associations, ha voluto partecipare attivamente alle Giornate Europee del Patrimonio 2007 raccomandate dal Consiglio d’Europa che anche quest’anno vengono attuate dal Ministero per i Beni Culturali e Ambientali; ha quindi proposto al Ministero la realizzazione di iniziative da porre in essere sul territorio nazionale coinvolgendo i propri Soci, come di fatto sta avvenendo in diverse regioni. Il tema che l’Associazione ha inteso proporre riguarda le dimore storiche e gli archivi familiari, affinché emerga in modo nuovo ed evidente sia l’intima connessione tra queste due fonti della memoria che ben possono essere definiti “scrigni della memoria”, sia l’importanza della corretta conservazione e valorizzazione delle loro peculiarità e della loro simbiosi, che certamente costituisce uno dei principali tesori del nostro “Patrimonio venuto da lontano”. La Sezione Emilia Romagna dell’ADSI, grazie ai propri Soci, apre così tre dimore storiche a Bologna. Nella città di Bologna, con la proficua sinergia degli enti e delle persone, promotori e partecipanti all’iniziativa, ai quali va il più vivo ringraziamento, si aprono al pubblico i Palazzi Guidotti Magnani e Angelelli e la Villa Hercolani che divengono il pertinente teatro di esposizione tematica di documenti dell’archivio familiare. Si rivelano così luoghi e carte che rappresentano piccoli segreti che pienamente concorrono alla formazione della grande Storia, essi che, con dedizione e fatica, sono stati conservati e difesi, vengono offerti alla pubblica fruizione, affinché aumenti ulteriormente la consapevolezza della loro importanza e un condiviso consenso e impegno per la loro tutela e valorizzazione. Francesco Cavazza Isolani presidente Associazione Dimore Storiche Italiane Sezione Emilia Romagna 4 INDICE PALAZZO GUIDOTTI MAGNANI pag. 6 Bologna, via Farini, 9 PALAZZO HERCOLANI FAVA SIMONETTI GIÀ ANGELELLI pag. 12 Bologna, Strada Maggiore, 51 VILLA HERCOLANI A BELPOGGIO Bologna, via Molinelli, 22 5 pag. 17 Palazzo Guidotti Magnani IL PALAZZO Costruito nel 1457 da mastro Nicolò, su incarico di Giovanni Guidotti, il palazzo che si affaccia su via Farini all'angolo con piazza Cavour fu ricostruito nel XVI secolo e rimaneggiato nel Settecento (docc. 27-29). Il doppio loggiato del cortile è ancora gotico nell'ordine inferiore (cinque arcate con colonne ottogonali in mattoni sagramati), mentre appare di epoca rinascimentale quello superiore a dieci arcate a tutto sesto sostenute da colonne cilindriche in mattoni. Alla fase settecentesca sono attribuibili sia il loggiato del lato occidentale del cortile, sia la scala a due rampe con balaustre neoclassiche. I prospetti esterni, di stile neoclassico, sono frutto dell'intervento ottocentesco di Coriolano Monti. Il portico su via Farini, costituito da dieci arcate a tutto sesto, sostenute da undici pilastri, conserva capitelli di macigno ascrivibili alla fase cinquecentesca del palazzo. Nell'altana, costruita da Petronio e Francesco Tadolini alla sommità dello scalone principale, è visibile un affresco a soffitto, le cui quadrature sono opera di Flaminio Minozzi, mentre la figura centrale, rappresentante l'Aurora, fu eseguita da Gaetano Gandolfi; l'intera decorazione risale al secolo XVIII. Interno del palazzo Guidotti Magnani LA FAMIGLIA GUIDOTTI MAGNANI Con testamento del 22 maggio 1604 Lorenzo Aurelia Casagrande e Ilaria Di Cillo Magnani nominò erede Ludovico, suo figlio legittimo, e stabilì un complesso e articolato fedecommesso secondo lo schema noto come “primogenitura”. In tal modo il testatore aspirava ad assicurare la perpetuità del patrimonio familiare, concepito come fondamento e strumento di proprietà della famiglia, che pertanto auspicava dovesse restare integro, indivisibile e inalienabile, passando di primogenito maschio in primogenito maschio. In mancanza di tale discendenza in linea maschile, i beni sarebbero passati ai discendenti maschi della linea femminile. Esauritasi anche questa, si sarebbe dovuto procedere, da parte del Senato bolognese, all'estrazione di un senatore che avesse un figlio con meno di dieci anni. doc. 27 7 L’ARCHIVIO DELLA FAMIGLIA GUIDOTTI MAGNANI Complessivamente costituito da 2269 unità archivistiche tra registri, volumi, buste, mazzi, filze ed estendentesi cronologicamente dal XII al XX secolo, l'archivio Guidotti Magnani ha subito nel corso degli anni alterne vicissitudini (spartizioni di beni e di carte, eredità condivise, spostamenti e riordini incauti) che ne hanno compromesso l'ordine originario. Con documentazione che si estende cronologicamente dal 1105 al 1904 il fondo relativo alla famiglia Guidotti è senz'altro il nucleo più consistente di tutto l'archivio: si tratta infatti di 1931 unità archivistiche tra istrumenti, processi, scritture legali, ipoteche, corrispondenza, stati patrimoniali, inventari di beni mobili e immobili di città e di campagna, libri fattorali, recapiti, ricevute, libri di conti, giornali di cassa, registrazioni di spese sostenute, libri di computisteria, registrazione di censi, canoni, affitti, lasciti ed elemosine, sommari e repertori, piante di fondi e stabili, trattati, appunti, odi e sonetti, memorie, alberi genealogici, ricordi, fotografie. Ad arricchire il fondo sono inoltre presenti documenti estranei alla famiglia, ma pertinenti a uffici, magistrature e istituzioni (Ospedale doc. 1 La linea dei Magnani si estinse nel 1797 con Giacomo che, non avendo figli, lasciava eredi i cugini. Il Senato bolognese, tuttavia, procedette al sorteggio di un senatore, seguendo le disposizioni del testatore: la sorte cadde sulla famiglia Guidotti, e più precisamente su Francesco di Annibale Guidotti. Non fu facile, tuttavia, per costui entrare in possesso dell'eredità fedecommissaria. Giacomo Magnani, infatti, prima di morire, aveva fatto testamento a favore dei fratelli Giacomo e Carlo Tubertini, i quali si dimostrarono decisi a conservare l'intero patrimonio del defunto. Ne nacque una lunga controversia giudiziaria conclusasi il 7 settembre 1807, quando il Tribunale di Cassazione del Regno d'Italia decise definitivamente la controversia a favore di Francesco Guidotti. Antica famiglia senatoria bolognese, i Guidotti ereditarono così, all'inizio del XIX secolo, nome e sostanze dell'estinta famiglia Magnani. I Guidotti Magnani si legarono poi, nella prima metà del XX secolo, alla famiglia Senni, originaria di Frascati, e alla famiglia napoletana dei Pascale, rispettivamente attraverso i matrimoni della marchesa Barberina Guidotti Magnani con il conte Paolo Senni e della marchesa Maria Guidotti Magnani con il commendator Giovanni Pascale. doc. 20 Aurelia Casagrande e Ilaria Di Cillo 8 L’AUTORITÀ E IL PRESTIGIO DEI GUIDOTTI MAGNANI NEI SECOLI La crescita e l'arricchimento dal XIV al XVI secolo (docc. 1-5) Nel corso dei secoli XIV-XVI, come tutte le famiglie senatorie bolognesi, i Magnani accrebbero le loro proprietà e ricchezze fondiarie e immobiliari. Già a quell'epoca, infatti, la famiglia aveva sviluppato il concetto di lavoro cooperativo, come si evince dagli atti di acquisto e locazione, presenti nel loro archivio, nei quali, fra i contraenti, figurano sempre i nomi di diversi fratelli o cugini. L'imprenditorialità della famiglia si può misurare anche dal fatto che già nel 1517 Vincenzo di Matteo Magnani acquistò al Lavino di Mezzo, sulla via Emilia - grande arteria di scambi -, l'osteria All'insegna dell'Angelo, oltre a una fornace da pietre e a diverse botteghe (forno, macelleria, falegnameria, fabbreria). Faldoni dell’archivio Guidotti Magnani Maggiore, Collegio Poeti, Università delle Moline, Commissione Amministrativa Provinciale, Fabbriceria di San Petronio, ecc.) in seno ai quali alcuni membri di casa Guidotti svolsero la propria attività pubblica, finendo per mischiare atti pertinenti agli enti in cui operarono a quelli del proprio archivio personale. Accanto al fondo Guidotti coesistono altri fondi più o meno consistenti. Tra questi il fondo Magnani, costituito da 81 unità archivistiche, che coprono un arco cronologico che va dal 1351 al 1808, il fondo Senni, composto da 232 pezzi databili tra il 1650 e il 1907, nonché il fondo Pascale, che comprende 25 buste di carteggio riconducibile ai secoli XIX e XX. Lorenzo Magnani (1533-1604) e il fedecommesso, un testamento nei secoli (docc. 6-10) Uno dei principali esponenti della famiglia Magnani, Lorenzo, arrivò a possedere un notevole patrimonio fondiario, nonché uno dei più bei palazzi di Bologna, affrescato dai Carracci, situato nell’attuale via Zamboni. A lui si deve il testamento del 1604, col quale la famiglia Magnani si assicurò l'integrità e la continuità delle proprie sostanze, che, grazie al fedecommesso voluto da Lorenzo, arrivarono intatte, dopo quasi due secoli, alla famiglia Guidotti, nella persona di Francesco. L'ultimo erede Francesco Guidotti Magnani (1790-1856) (docc. 11-19) Francesco Guidotti Magnani fu il bambino sorteggiato fra tutti quelli proposti dal Senato bolognese, secondo la disposizione testamentaria di Lorenzo Magnani. A seguito dell'eredità toccatagli in sorte, Francesco divenne uno dei principali protagonisti della vita politica cittadina, ricoprendo numerosissime cariche in seno a enti, magistrature e associazioni. Anche in seguito alla cacciata dei Francesi con il ritorno La consapevolezza di possedere un patrimonio documentario di notevole interesse storico-culturale ha indotto la famiglia Guidotti Magnani a istituire, nel 1995, la Fondazione Archivio Guidotti Magnani, con finalità atte a provvedere alla conservazione e gestione di tale patrimonio e a garantirne la consultazione agli studiosi, favorendo lo studio e la conoscenza della propria storia familiare e di quella degli altri nuclei che con essa si sono intrecciati. Aurelia Casagrande 9 Istrumenti) del papa, Francesco Guidotti Magnani continuò a rivestire ruoli importanti, tra cui anche il senatorato, massima carica della Bologna papale nella prima metà dell'Ottocento. doc. 4 “Patente di colonnello e capitano generale del Terzo e banda di Bazzano e S. Agostino in favore del conte e cavaliero Adriano Magnani conferitagli dal Senato di Bologna”, 1625 feb. 10 L'impresa del Lavino (docc. 20-26) Grazie al fedecommesso di Lorenzo Magnani, Francesco Guidotti Magnani ereditò tre imprese. Tra queste la più amata era quella del Lavino, dove, alle Tombe dei Magnani, sorgeva il grande incompiuto palazzo affrescato dai fratelli Roli. Qui, dove i Magnani si erano insediati all'inizio del Trecento, oltre a questa imponente costruzione, in cui Francesco operò interventi per ridurla a una comoda e meno dispendiosa abitazione, era in piena attività la fiorente impresa. Alla morte di Francesco i beni della primogenitura non vennero risorteggiati, come invece aveva disposto Lorenzo Magnani, ma passarono a suo figlio e alla sua discendenza, ragion per cui sono tuttora in possesso dell'attuale famiglia Guidotti Magnani. (Bologna, ARCHIVIO GENTILIZIO GUIDOTTI MAGNANI, Magnani, Miscellanea) doc. 5 Pianta dell'area della corte Malvezzi come appare nel “Registro per un giudicio mosso dal canonico Floriano et altri de Malvezzi con il marchese Enea senatore Magnani sopra la disputa di una finestra posta nel muro divisorio fra detti in una corticella delli Malvezzi…”, 1678-1680 (Bologna, ARCHIVIO GENTILIZIO GUIDOTTI MAGNANI, Magnani, Processi) doc. 6 “Repertorii delle memorie del campione ove sono descritti gl'instrumenti et scriture dei signori Magnani et de i nomi delli contraenti nei detti instrumenti et scriture nominati”, sec. XVI (Bologna, ARCHIVIO GENTILIZIO GUIDOTTI MAGNANI, Magnani, Repertori istrumenti) doc. 7 “Testamento del illustre signore senatore di Bologna il signor Lorenzo Magnani”, 1604 mag. 22 (Bologna, ARCHIVIO GENTILIZIO GUIDOTTI MAGNANI, Magnani, Istrumenti) Aurelia Casagrande e Ilaria Di Cillo doc. 8 “Al Regio Tribunale di revisione residente in Bologna pel signor Francesco Guidotti Magnani contra i signori Carlo e Giacomo Tubertini bolognese di pretesa successione…”, 1706 DOCUMENTI ESPOSTI doc. 1 “Licenza del vescovo di Bologna data a Tomaso di Gandolfo Magnani di puotere, sopra li di lui beni nella curia di Zola in loco detto le Tombe de Magnani, edificare una chiesa ad onore di Maria Vergine, che possa servire in sussidio parocchiale con fare ancora la canonica per il rettore e destinare certi beni per la dote di essa chiesa…”, 1357 dic. 9 (Bologna, ARCHIVIO GENTILIZIO GUIDOTTI MAGNANI, Guidotti, Processi) doc. 9 “Relazione al Senato della Assunteria de magistrati circa il fedecommesso instituito da Lorenzo Magnani l'anno 1604”, 1797 apr. 20 (Bologna, ARCHIVIO GENTILIZIO GUIDOTTI MAGNANI, Guidotti, Atti) (Bologna, ARCHIVIO GENTILIZIO GUIDOTTI MAGNANI, Magnani, Istrumenti) doc. 10 Disegno raffigurante un altare eseguito da Alfonso Torreggiani presumibilmente per la cappella di palazzo Magnani, sec. XVIII doc. 2 “Locazione enfiteotica dalli sindici delli spedali de SS. Pietro e Procolo et uniti e di S. Maria della Viola del ponte di Reno in presenza di Domenico et altri de Franceschelli e di Gabriello di Steffano fatta a Vincenzo di Matteo Magnani e suoi di una pezza di terra con casa ad uso di osteria e di una fornace… posta… in loco detto al Lavino…”, 1517 dic. 12 (Bologna, ARCHIVIO GENTILIZIO GUIDOTTI MAGNANI, Magnani, Miscellanea) doc. 11 Tessere per la concessione di ciambelle in occasione del gonfalonierato di Annibale Guidotti, 1790. Sul recto è visibile lo stemma di casa Guidotti (Bologna, ARCHIVIO GENTILIZIO GUIDOTTI MAGNANI, Magnani, Istrumenti) (Bologna, A RCHIVIO GENTILIZIO G UIDOTTI M AGNANI, Guidotti, Miscellanea) doc. 3 “Scrittura privata di convenzioni fra Lorenzo Magnani con mastro Mariotto Ubaldini asinaro in occasione della nuova fabbrica della sua casa in strada S. Donato”, 1576 ago. 23. Tra le firme è visibile quella di Lorenzo Magnani. doc. 12 Conti di casa Guidotti per il fornaio, 1798-1800 (Bologna, ARCHIVIO GENTILIZIO GUIDOTTI MAGNANI, Guidotti, Conti del fornaio) (Bologna, ARCHIVIO GENTILIZIO GUIDOTTI MAGNANI, Magnani, 10 al Lavino di Mezzo”, 1814 dic. 30 doc. 13 Nomina di Francesco Guidotti Magnani a sottotenente della prima compagnia del 2° battaglione della Guardia Nazionale, 1809 ott. 30 (Bologna, ARCHIVIO GENTILIZIO GUIDOTTI MAGNANI, Guidotti, Atti) doc. 23 Disegno raffigurante il palazzo al Lavino, di proprietà Guidotti Magnani, con indicazione delle parti che si intende atterrare, come appare nella “Scrittura privata fra il signor Francesco Guidotti Magnani e mastro Emidio e fratelli Gamberini, dall'altra, avendo questi ultimi assunto l'atterramento di una parte del palazzo detto del Lavino, nel comune di Zola Predosa, spettante al sudetto signor Guidotti Magnani”, 1818 gen. 6 (Bologna, ARCHIVIO GENTILIZIO GUIDOTTI MAGNANI, Guidotti, Atti) doc. 14 Invito del colonnello comandante la Guardia Nazionale di Bologna rivolto al sottotenente Francesco Guidotti di presentarsi nel suo ufficio in uniforme per accompagnare alla sepoltura un cadavere, 1810 (Bologna, ARCHIVIO GENTILIZIO GUIDOTTI MAGNANI, Guidotti, Atti) (Bologna, A RCHIVIO GENTILIZIO G UIDOTTI M AGNANI, Guidotti, Istrumenti) doc. 15 Lettera circolare della Legazione di Bologna recante la nomina di Francesco Guidotti Magnani a membro della Deputazione dell'estimo della comunità di Zola Predosa, 1826 apr. 5 doc. 24 Lettera di Francesco Agucchi al marchese Francesco Guidotti Magnani in cui chiede notizie sulla famiglia e sull'andamento della vendemmia al Lavino, Monteveglio 1855 set. 2 (Bologna, ARCHIVIO GENTILIZIO GUIDOTTI MAGNANI, Guidotti, Atti) (Bologna, ARCHIVIO GENTILIZIO GUIDOTTI MAGNANI, Guidotti, Atti) doc. 16 Nomina del marchese Francesco Guidotti a socio ordinario della Società agraria della Provincia di Bologna, 1829 doc. 25 “Progetto di riduzione della villa al Lavino di proprietà del signor marchese Alessandro Guidotti Magnani”, sec. XIX (Bologna, ARCHIVIO GENTILIZIO GUIDOTTI MAGNANI, Guidotti, Atti) (Bologna, ARCHIVIO GENTILIZIO GUIDOTTI MAGNANI, Guidotti, Piante) doc. 17 Diploma di papa Gregorio XVI con il quale si nomina Francesco Guidotti Magnani cavaliere dell'ordine di S. Gregorio Magno, 1841 set. 27 doc. 26 Calibro per la misurazione delle dimensioni dei bozzoli dei bachi da seta utilizzato presso la tenuta del Lavino, sec. XIX (Bologna, ARCHIVIO GENTILIZIO GUIDOTTI MAGNANI, Guidotti, Atti) (Bologna, Palazzo Guidotti Magnani) doc. 18 Passaporto rilasciato al senatore Francesco Guidotti Magnani per andare a Roma attraverso la Toscana, 1851 dic. 13 doc. 27 “Pianta e misura della stalla e rimessa e loro comunicazione di raggione di sua eccellenza il signor sargente generale Costanzo Guidotti poste nel di lui palazzo nella piazza Calderini”, 1746 mar. 21 (Bologna, ARCHIVIO GENTILIZIO GUIDOTTI MAGNANI, Guidotti, Atti) doc. 19 Ritratto del senatore Francesco Guidotti Magnani, 1857 (Bologna, ARCHIVIO GENTILIZIO GUIDOTTI MAGNANI, Guidotti, Piante) (Bologna, Palazzo Guidotti Magnani) doc. 28 Disegno e pianta di una scala interna al palazzo Guidotti Magnani in Bologna, presumibilmente mai eseguita, realizzati dall'architetto Alfonso Torreggiani, sec. XVIII doc. 20 Pianta del canale che conduce l'acqua al mulino del Lavino (1687 lug. 4), allegata alla “Concessione fatta dal conte e senatore Ercole Pepoli alli marchesi Paolo e Vincenzo olim marchese Enea Magnani del canale del Mollino superiore chiamato di Rigosa che riceve l'acqua dal fiume Lavino con l'uso e godimento di detta acqua mediante il canale fatto fare dal conte Ercole da unirsi poi ad altro da farsi per parte di detti Magnani…”, 1688 mag. 20. Sulla destra è rappresentata la prima documentazione grafica di villa Magnani (Bologna, ARCHIVIO GENTILIZIO GUIDOTTI MAGNANI, Guidotti, Piante) doc. 29 Ventaglio di casa Guidotti Magnani sul quale è dipinto il palazzo bolognese di proprietà di questa famiglia (Bologna, Palazzo Guidotti Magnani) Aurelia Casagrande e Ilaria Di Cillo (Bologna, ARCHIVIO GENTILIZIO GUIDOTTI MAGNANI, Magnani, Istrumenti) doc. 21 “Notizie de disordini accaduti nel torrente Lavino al ponte alla via Emilia e di quelli ancora succeduti nel canale del Molino del signor marchese senatore Magnani”, sec. XVIII (Bologna, ARCHIVIO GENTILIZIO GUIDOTTI MAGNANI, Guidotti, Piante) doc. 22 Pianta raffigurante il raddrizzamento della via antistante la villa Guidotti Magnani al Lavino, come appare nella “Perizia pel rettifilo del tronco della via Tombe dirimpetto al palazzo Magnani Guidotti nel comune di Zola Predosa 11 Palazzo Hercolani Fava Simonetti già Angelelli IL PALAZZO L’avvio della costruzione del palazzo si ebbe nel 1537 ad opera della famiglia Guidotti, da cui nel 1554 passò in proprietà della famiglia Angelelli. Di quelle prime fasi cinquecentesche restano le colonne del portico e altri particolari architettonici, mentre la facciata e la topografia dei cortili interni sono state oggetto di pesanti rimaneggiamenti ancora nel XX secolo, rispettivamente con l'aggiunta di aperture nel 1927 e con l'elevazione di nuovi corpi di fabbrica negli anni Cinquanta ora trascorsi. Nel primo cortile, a sovrastare un pozzo composto con il riuso di marmi di epoca rinascimentale, sta la statua raffigurante Tizio con l'avvoltoio, opera in terracotta di Giovan Battista Bolognini (1736?); allo stesso Bolognini si deve il coevo busto di Angelo Maria Angelelli presente all'interno del secondo cortile. Dopo i moderni giardini interni, a chiudere l'isolato verso il prospetto secondario di via San Petronio Vecchio sta l'edifico della Cavallerizza, progettata come scenografico fondale da Antonio Francesco Ambrosi verso la fine del XVII secolo, poi destinata a partire dal 1710 ad ospitare rappresentazioni teatrali. I recentissimi restauri degli interni hanno consentito di valorizzare un pregevole camino con affresco di scuola carraccesca raffigurante Enea in fuga da Troia con il padre Anchise e il figlio Ascanio e le vedute con scene di caccia e di campagna attribuite a Giovan Gioseffo dal Sole (1654-1719), nonché di recuperare pregevolissimi affreschi databili tra la fine del Quattrocento e l'inizio del Cinquecento, raffiguranti motivi profani (I segni dello Zodiaco) e attualmente in corso di studio e di attribuzione (scuola del Francia?). Il complesso degli edifici di Strada Maggiore 51 ha subito diversi passaggi di proprietà seguendo le vicende ereditarie della famiglia Angelelli, fino a giungere alla famiglia Hercolani Fava Simonetti, che è tuttora proprietaria di una sua rilevante parte. doc. 4 LA FAMIGLIA HERCOLANI FAVA SIMONETTI La famiglia Hercolani Fava Simonetti raccoglie oggi in sé l'eredità di numerose altre illustri famiglie nobili bolognesi con cui ha stretto rapporti patrimoniali e matrimoniali nel corso dei secoli. È infatti col matrimonio tra il principe Antonio Hercolani (1883-1962) e Marianna Fava Simonetti (1891-1919), avvenuto nel 1912, che il casato degli Hercolani ha acquisito i diritti della plurisecolare famiglia senatoria bolognese dei Fava, estintasi con Alessandro (1854-1922). Alessandro Fava raccoglieva in sé le tradizioni di altre cospicue famiglie come i Guidalotti Franchini (attraverso la madre Marianna Guidalotti Franchini, 1817-1889) e i Simonetti, attraverso la moglie Isotta (†1928), la quale a propria volta era figlia di Teresa Angelelli, unica figlia del celebre grecista Massimiliano ed ultima della sua casata. Tutte queste famiglie furono protagoniste della vita politica, economica, militare e culturale di Bologna dal medioevo fino a tutta l'età moderna. Gli Hercolani, attestati a Bologna fin dal XV secolo, ascesero al seggio senatorio bolognese e con Filippo (†1722), che fu ambasciatore dell'imperatore d'Austria a Venezia, furono insigniti anche del titolo di principi del Sacro Romano Impero; Astorre Hercolani (†1828) fu poi protagonista della vita politica del Regno d'Italia napoleonico; i Fava, discendenti dalla famiglia che ancora nel Duecento era detta anche “della Romeggia”, Enrico Angiolini e Valentina Raffaelli 13 rivestirono cariche pubbliche nel Comune fin dal 1285 e si distinsero come funzionari nel governo del territorio bolognese e come committenti dei Carracci nell'attuale palazzo Ghisilardi Fava di via Manzoni; gli Angelelli furono anch'essi giurisperiti, magistrati del Comune e podestà in varie città d'Italia fin dalla metà del XIII secolo, e ricoprirono sistematicamente l'anzianato e il senatorato a Bologna per tutti i secoli dell'Antico regime. dell'espletamento da parte loro di rilevanti incarichi pubblici; così è, ad esempio, per il materiale documentario relativo all'amministrazione dei beni delle famiglie Conti e Facci Libbi da parte di Nicolò Fava Ghisilieri (1759-1823) e per la documentazione riguardante la gestione ad opera dello stesso dell'appalto dell'Amministrazione Sali e Tabacchi, oppure per gli archivi ottonovecenteschi di diverse imprese ed attività commerciali qui confluiti in relazione all'attività dell'amministratore Michele Panighi († 1946), agente per conto della famiglia Hercolani Fava Simonetti. Già da tempo notificato come di rilevante interesse storico dalla Soprintendenza Archivistica per l'Emilia Romagna, l'archivio è stato oggetto di un primo intervento complessivo di ricognizione e di trasloco in più adeguati locali sempre all'interno del palazzo Angelelli, conclusosi nell'anno 2006. Enrico Angiolini e Valentina Raffaelli L’ARCHIVIO DELLA FAMIGLIA HERCOLANI FAVA SIMONETTI L'archivio privato Hercolani Fava Simonetti, ancor oggi posseduto dagli eredi e continuatori della famiglia e conservato presso i locali di palazzo Angelelli in Strada Maggiore 51 a Bologna, contiene documentazione databile dal XII secolo in copia e dal XIII secolo in originale, che rispecchia fedelmente la complessità delle reti di relazioni che i diversi casati, confluiti nella famiglia attualmente proprietaria, hanno intrecciato nel corso dei secoli. Così quest'archivio si presenta innanzitutto come un grande “contenitore” in cui in realtà si conservano oltre una ventina di archivi distinti prodotti nel corso del tempo da diverse famiglie poi congiuntesi, principalmente per via ereditaria e matrimoniale, nella famiglia dei principi Hercolani. Tra questi “soggetti produttori” d'archivio i più cospicui per rilevanza storica, culturale e patrimoniale sono sicuramente le nobili famiglie: Angelelli, Fava, Fava Ghisilieri, Fava Simonetti, Formagliari e Guidalotti Franchini; a queste si aggiungono altre famiglie che con quelle intrecciarono rapporti economici o ebbero controversie sul piano giuridico, come: Bevilacqua Vincenzi, Codebò, Dall'Armi, Gessi, Ghisilieri, Graffi, Landi, Marescotti, Piatesi, Scarlattini, Sega e Ugolotti. A questi archivi si aggiungono poi alcuni “fondi” di documentazione prodotta da singoli membri delle famiglie a seguito dell'amministrazione di patrimoni di terzi o Enrico Angiolini e Valentina Raffaelli Contenitori originali della serie dei Rogiti del Fondo Angelelli 14 ed amministrazione, in cui le moderne fatture (finanche per l'acquisto della benzina per l'alimentazione delle prime autovetture, oramai più di un secolo fa), sono le eredi degli antichi “Recapiti”. Il mutato ruolo politico non fece però venir meno la parallela eccellenza culturale di queste famiglie, con personaggi del calibro di Massimiliano Angelelli (17751853), docente di Letteratura greca all'Università di Bologna e traduttore in italiano delle principali opere della classicità ellenica. CULTURA, TERRA, POTERE: UN VIAGGIO TRA LE CARTE DI GRANDI FAMIGLIE BOLOGNESI Il filo conduttore della selezione di documenti che vengono esposti è rappresentato dalla esemplificazione pratica della continuità dei ruoli di alto rilievo politico, economico e culturale rivestiti dagli esponenti di tutte le famiglie le cui carte sono venute a trovarsi nell'attuale archivio Hercolani Fava Simonetti. Perciò numerosi sono i titoli di privilegio, di esenzione fiscale e le dispense matrimoniali rilasciate soprattutto dall'autorità pontificia nelle sue forme più solenni (bolle, patenti e simili); in parallelo si propongono documenti significativi della plurisecolare continuità della amministrazione dei beni immobili urbani e dei fondi agricoli rurali, dello sfruttamento delle risorse materiali (prodotti della terra e capitali) che da essi si ricavavano e per cui si sono prodotte ad esempio le copiose serie documentarie di grandi “Mastri” di generi alimentari immagazzinati nei granai e nelle cantine, con cui si dava conto del movimento quotidiano di ogni merce, ma anche filze su filze di “Recapiti”, cioè di ricevute numerate per la giustificazione di ogni minima spesa quotidiana. Allo stesso modo nel corso del Settecento ai “periti agrimensori” veniva affidata la redazione dei “cabrei”, cioè dei registri di piante dei beni agricoli posseduti nel territorio extraurbano che sono al tempo stesso capolavori di precisione tecnica e di disegno esteticamente gradevole nella sua estrema verosimiglianza. Sullo stesso piano di frequenza e di rilevanza in archivi familiari come questi si possono trovare le “Vacchette del cuoco”, i caratteristici registri dalla forma stretta e allungata in cui venivano annotate tutte le spese fatte per il vero e proprio approvvigionamento quotidiano del cibo che andava in tavola. Naturalmente la grande cesura rappresentata dalla Rivoluzione francese e dalla fine dell'Antico regime fece cessare il rilievo politico dei casati aristocratici, ma non fece venire meno la pratica della puntuale contabilizzazione Enrico Angiolini e Valentina Raffaelli Alcune fatture del “Garage Centrale A. Marchesini” per servizi automobilistici al principe Antonio Hercolani (1909) DOCUMENTI ESPOSTI doc. 1 Lettera di Giuliano della Rovere, cardinale prete di San Pietro in Vincoli e vescovo di Bologna (futuro papa Giulio II, 1503-1513) per la conferma della dispensa matrimoniale dall'impedimento del quarto grado di consanguineità tra Cristoforo Angelelli e Lucia Malvezzi, Roma, 1478 lug. 2 (Bologna, ARCHIVIO GENTILIZIO HERCOLANI FAVA SIMONETTI, Angelelli) doc. 2 Decreto di Bernardo Rossi, conte di Berceto, vescovo di Treviso e legato pontificio, per l'esenzione di Cristoforo Angelelli e di tutta la sua discendenza in infinitum dai dazi e dalle gabelle del comune di Bologna, Bologna, 1520 lug. 13 (Bologna, ARCHIVIO GENTILIZIO HERCOLANI FAVA SIMONETTI, Angelelli) doc. 3 Attestazione da parte di Girolamo Recanati Capodiferro, cardinale diacono di San Giorgio ad velum aureum e legato pontificio, che Marco Antonio Angelelli è aggregato alla milizia spirituale dei Cavalieri di San Giorgio, Forlì, 1547 ago. 9 (Bologna, ARCHIVIO GENTILIZIO HERCOLANI FAVA SIMONETTI, Angelelli) 15 doc. 4 “Campione delle piante e misure dei beni stabili rurali” di Francesco Angelelli all'Arcoveggio, ai Ronchi di Corticella, a Castel Maggiore, a Ceretolo e a Sant'Agata Bolognese, compilato dal pubblico perito agrimensore Giuseppe Angelo Nannini, 1773 doc. 12 Registri di debitori e creditori, polizze d'assicurazione, libretti di lavoro e libri paga della tipografia bolognese “Società anonima Chappuis” (1927-1928), esempio di archivio di impresa collegato all'attività di liquidatore svolta dall'amministratore di casa Hercolani, Michele Panighi (†1946) (Bologna, ARCHIVIO GENTILIZIO HERCOLANI FAVA SIMONETTI, Angelelli) (Bologna, ARCHIVIO GENTILIZIO HERCOLANI FAVA SIMONETTI, Panighi) doc. 5 Ritratto di Massimiliano Angelelli (1775-1853) in età matura ed alcuni dei titoli accademici e onorifici conferitigli da istituzioni culturali: Rubiconia Simpemenia dei Filopatridi di Savignano sul Rubicone (1828); Accademia del Buon Gusto di Palermo (1829) e Reale Accademia di Scienze, Lettere ed Arti di Modena (1842) doc. 13 Disegni tecnici, corrispondenza e registri diversi del negozio di mobili d'antiquariato e in stile “Galleria A. Rambaldi”, con particolare riguardo alle forniture di mobili per la Regia Accademia Militare di Modena e per l'Ambasciata Italiana ad Ankara (1930-1940 ca.) (Bologna, ARCHIVIO GENTILIZIO HERCOLANI FAVA SIMONETTI, Angelelli) (Bologna, ARCHIVIO GENTILIZIO HERCOLANI FAVA SIMONETTI, Panighi) doc. 6 Bozze di stampa con correzioni autografe di Massimiliano Angelelli delle traduzioni dell'Antigone (1815) e del Filottete (1818) di Sofocle Enrico Angiolini e Valentina Raffaelli (Bologna, ARCHIVIO GENTILIZIO HERCOLANI FAVA SIMONETTI, Angelelli) doc. 7 I più antichi mastri generali di conti della famiglia Fava: il “Libro di Ludovico Fava seniore” dal 1549 e il “Libro di Galeotto Fava juniore” dello stesso anno (Bologna, ARCHIVIO GENTILIZIO HERCOLANI FAVA SIMONETTI, Fava) doc. 8 Filze di recapiti della contabilità di casa Fava Ghisilieri, sulla cui base venivano compilati i mastri generali di casa: la filza “per il Libro Mastro A Fava” con i recapiti numerati 691-1051 per gli anni 1802-1804 e la filza dei “Recapiti della cassa presso il signor Vincenzo Golfieri, agente del nobil uomo signor conte Guglielmo Fava Ghisilieri” (1832) Libretti di lavoro dei dipendenti della “Società Anonima Chappuis” (1921-1924) (Bologna, ARCHIVIO GENTILIZIO HERCOLANI FAVA SIMONETTI, Fava Ghisilieri) doc. 9 Registro dei “Granari e cantina di città e conti del canevaro” del 1792, con il relativo “Repertorio per il libro del canevaro della casa Fava Ghisilieri” (Bologna, ARCHIVIO GENTILIZIO HERCOLANI FAVA SIMONETTI, Fava Ghisilieri) doc. 10 “Vacchette del cuoco” di casa Fava Ghisilieri per gli anni 1791-1792 (Bologna, ARCHIVIO GENTILIZIO HERCOLANI FAVA SIMONETTI, Fava Ghisilieri) doc. 11 Busta d'archivio contenente gli atti per l'amministrazione contabile del principe Antonio Hercolani per l'anno 1909. Vi sono all'interno: quaderni di cassa, conti consuntivi, reversali, fogli fattorali, fatture e ricevute in carta bollata (Bologna, ARCHIVIO GENTILIZIO HERCOLANI FAVA SIMONETTI, Hercolani) 16 Villa Hercolani a Belpoggio punto di vista della scelta delle tecniche più appropriate che dei materiali che, infine, della definizione delle cromie. Analogamente si è intervenuti sul complesso delle scalinate esterne, le quali presentavano fenomeni di degrado assai vasti ed accentuati a fronte dei quali si è dovuto necessariamente operare un compromesso tra le istanze conservative e quelle funzionali cercando tuttavia di conservare il più possibile i materiali originari. LA VILLA Si sono recentemente conclusi i lavori di restauro della villa Hercolani in località Belpoggio a Bologna, opera tra le più importanti dell'architetto Angelo Venturoli, il quale la progettò nel 1786 su incarico di Filippo Hercolani nel luogo dove, circa tre secoli prima, i Bentivoglio avevano costruito una loro residenza fortificata. I restauri hanno interessato le parti più significative dello storico edificio quali le facciate, il complesso delle scalinate esterne, i tetti ed il grande gruppo statuario degli “Ercoli” che caratterizza la scenografica facciata nord rivolta verso il parco, ben nota a molti bolognesi. La manutenzione dei tetti Le opere previste per la manutenzione delle coperture sono consistite, in estrema sintesi, nella sistemazione del manto di coppi di cui esse sono costituite, nella verifica ed integrazione delle opere di impermeabilizzazione e, ove necessario, nella sostituzione delle parti ammalorate del tavolato e dell'orditura. Si è operata inoltre l'integrazione e manutenzione del sistema di raccolta e smaltimento delle acque meteoriche seguendo un criterio conservativo, mantenendo in opera cioè tutto ciò che è stato possibile mantenere e limitando le sostituzioni esclusivamente a quelle parti non più recuperabili. Il restauro delle facciate Il lavoro di restauro delle facciate è stato preceduto da una accuratissima fase di indagini e studi preliminari che hanno messo in luce tutte le fasi dei successivi interventi operati sull'edificio, a partire da quelle più recenti fino alla fase più antica corrispondente all'epoca bentivolesca di cui si sono riscontrate le tracce nella torre centrale che costituisce uno dei corpi più antichi di tutto il nucleo insediativo. Sulla base delle risultanze delle analisi e delle indagini preliminari sono state messe a punto la metodologia del restauro e le proposte di trattamento delle diverse superfici sia dal Il restauro del gruppo statuario degli “Ercoli” L'opera si presentava in avanzato stato di degrado sia nella struttura che nelle porzioni superficiali. In primo luogo la costante esposizione agli agenti atmosferici e la mancanza di manutenzioni aveva provocato la spaccatura della malta, sia in superficie che in profondità, permettendo all'acqua di infiltrarsi e, con l'azione del gelo e disgelo, operare una continua azione distruttiva. L'acqua, inoltre, venendo a contatto con le armature metalliche interne, ne aveva provocato fenomeni di corrosione e ossidazione, i quali, a loro volta, erano causa di ulteriori fenomeni di disgregazione dell'opera al suo interno. Si erano formati quindi due livelli di distacchi: uno più superficiale ed uno in profondità. Si è proceduto innanzitutto al ripristino strutturale ricreando la coesione tra l'armatura interna in ferro e le parti in muratura e malta; si è passati poi alla stuccatura di tutte le lesioni presenti ed alla ricollocazione in opera di tutte Stemma di casa Hercolani 18 intraprendere un'impresa edilizia ed economica assai impegnativa, costituisce altresì un bell'esempio di fruttuosa collaborazione tra iniziativa privata ed intervento pubblico nel campo della conservazione del patrimonio culturale italiano. arch. Leonardo Marinelli LA FAMIGLIA HERCOLANI La famiglia Hercolani di Bologna trae origine da un Andrea Hercolani da Faenza, vivente nel secolo XV, che ebbe due figli: Giovanni e Nicolò. Giovanni fu consigliere di Giovanna II, regina di Napoli, e gran contestabile del Regno, mentre un suo figlio, Andrea, fu podestà di Firenze. La discendenza di Giovanni si estinse nei suoi pronipoti; quella di Nicolò, invece, continua ancora oggi nei due rami della famiglia Hercolani: quello bolognese e quello di Bagnacavallo, che non ha conservato l'H iniziale del cognome. Fu infatti Nicolò Hercolani, dottore in legge, che si trasferì a Bologna, ottenendovi la cittadinanza nel 1429 insieme ai figli Ercolano, Bartolomeo, Giovanni e Antonio, mentre l'altro figlio Bitino rimase a Bagnacavallo, dove diede appunto origine al ramo degli Ercolani. Fin dal 1447 la casata ebbe accesso alla magistratura cittadina degli Anziani e accrebbe le sue sostanze esercitando la merceria; nel 1528 raggiunse i vertici della società bolognese, ottenendo da papa Clemente VII la contea di Rivazze (revocata poi nel 1532 insieme agli altri feudi bolognesi di recente istituzione) e un seggio nel Senato cittadino. Il ramo senatorio della famiglia Hercolani, protagonista della vita politica bolognese dal Cinquecento al Settecento, discende dal primogenito di Nicolò, Ercolano, la cui linea si diramò nei nipoti Vincenzo e Agostino, figli di Giacomo; Vincenzo, primogenito, fu il primo a ottenere il senatorato. La carica, alla sua morte, passò al fratello Agostino e alla sua discendenza. Agostino ebbe due figli: Ercole, terzo senatore, e Germanico, quarto senatore. Ercole, cavaliere di S. Stefano, fu a lungo ambasciatore a Modena per il duca di Toscana; residenza di questo ramo della famiglia fu il palazzo di via S. Stefano di fronte al voltone della chiesa di S. Giovanni in Monte. Il senatorato passò quindi ad Agostino, doc. 5 le parti distaccate, oltre che alla ricostruzione di particolari quali alcune dita delle mani di uno degli “Ercoli”. La finitura superficiale è consistita in un primo intervento consolidativo al quale ha fatto seguito la tinteggiatura dell'intero gruppo, rispettando le cromie originali mediante la tecnica della velatura. L'intervento dello Stato L'attività di tutela svolta dalla Soprintendenza per i Beni Architettonici e per il Paesaggio di Bologna si è esplicata sia nella fase di redazione del progetto, curato dall'architetto Vittorio Camerini, sia in corso d'opera mediante numerosi sopralluoghi in cantiere, durante i quali sono andate via via affinandosi le scelte progettuali. Oltre a ciò l'intervento statale si è caratterizzato mediante l'erogazione di finanziamenti sia in conto interessi che in conto capitale in applicazione delle disposizioni previste dal Codice dei beni culturali e del paesaggio. In conclusione possiamo dire che il grande intervento restaurativo della villa Hercolani, dovuto in primo luogo alla sensibilità manifestata dalla famiglia Hercolani, che non ha esitato ad 19 della famiglia Hercolani. Il ramo principesco della casata ha avuto continuazione nelle persone di Alfonso (17991828), Alfonso Astorre (1826-1869), Alfonso (1850-1922) e Astorre (1877-1944), che da Santa Borghese ha avuto sette figli, tra cui Andrea, Albertina, Adriano e Almerico. La famiglia Hercolani Fava Simonetti discende, invece, da Antonio (1883-1962), fratello dell'ultimo Astorre ricordato, il quale, avendo sposato Marianna dei conti Fava Ghisilieri Simonetti (1891-1919), con Regio Decreto del 29 agosto 1913 fu autorizzato ad aggiungere i cognomi “Fava” e “Simonetti” al proprio. doc. 8 figlio di Ercole, quinto senatore, e ai suoi discendenti in linea retta primogenita: Enrico, sesto senatore, Pompeo, settimo, e Agostino, ottavo; da Agostino passò a suo fratello Vincenzo, nono senatore, con cui, nel 1773, si estinse questo ramo della famiglia. Vincenzo di Giacomo, di cui si è detto sopra, fu creato conte di Medicina da papa Clemente VII; ebbe due figli, Girolamo ed Astorre, che per primi abitarono il palazzo di Strada Maggiore. Mentre la discendenza di Girolamo si estinse con Vincenzo, morto nel 1687, quella di Astorre proseguì. Da un Alfonso Hercolani, testimoniato intorno alla metà del XVII secolo, nacquero Filippo, Antonio e Astorre. Filippo Hercolani (1663-1722), creato principe del Sacro Romano Impero e marchese di Blumberg dall'imperatore Leopoldo I nel 1699, con diritto di trasmissione a tutti i suoi discendenti, fu consigliere dello stesso Leopoldo I e dei suoi successori Giuseppe I e Carlo VI; fu inoltre a lungo ambasciatore presso la Repubblica di Venezia. Nel 1710 ebbe il solo figlio, Alfonso, che morì senza discendenza nel 1761; il titolo principesco passò così al ramo del cugino Marcantonio, cui in seguito, dopo il 1773, tornò anche il senatorato. Decimo ed ultimo senatore della famiglia Hercolani fu, infatti, Filippo (17361810), figlio di Marcantonio e padre di quell'Astorre (1779-1828) che sposò Maria Malvezzi Lupari, dama d'onore della vice-regina del Regno italico a Milano, e da cui discende l'attuale ramo principesco della famiglia. A Filippo si deve la ristrutturazione della villa quattrocentesca di Belpoggio, acquistata nel 1750 dalla nonna Lucrezia Orsi e da allora di proprietà Aurelia Casagrande e Ilaria Di Cillo L’ARCHIVIO DELLA FAMIGLIA HERCOLANI L'archivio della famiglia Hercolani si estende cronologicamente dalla prima metà del secolo XIII (con documentazione in copia dal 1078) alla metà del secolo XX e comprende anche carte delle famiglie Bianchetti Gambalunga, Orsi, Borghese, Malvezzi Lupari, Castelli e Lanci. Il materiale documentario è costituito da circa 3200 unità archivistiche tra buste, registri e mazzi, per un totale di circa 240 metri lineari. Corrispondenza, memorie, inventari di beni mobili e immobili, piante, documentazione contabile, istrumenti, processi, scritture diverse relative ai possedimenti della famiglia (Belpoggio, Spinazzino, Fiorentina, Gaiana, S. Giorgio, S. Rocco, La Crocetta, Castel Guelfo, Baricella, Mezzolara, Cento e altri) costituiscono le principali serie del fondo Hercolani. Particolarmente interessanti risultano, inoltre, le lettere e i documenti di Filippo di Alfonso (1663-1722), riguardanti in gran parte la sua attività presso l'Ambasciata della Repubblica di Venezia, nonché gli alberi genealogici e le memorie relative ad altre famiglie gentilizie. Per quanto riguarda il fondo pertinente alla famiglia Orsi, la documentazione, risalente al secolo XIV, è per lo più costituita da istrumenti e processi; questo archivio è confluito in quello della famiglia Hercolani nel secolo XVII, in seguito al matrimonio di Astorre con Lucrezia 20 Orsi. Particolarmente interessante è, inoltre, il materiale documentario della famiglia Bianchetti Gambalunga, qui pervenuto all'inizio del Settecento in seguito al matrimonio di Filippo di Alfonso Hercolani con la sua seconda moglie Porzia Bianchetti Gambalunga; si tratta in particolare di istrumenti (il più antico dei quali risale al 1078) e di processi. Si segnala, poi, la presenza di materiale documentario delle famiglie Castelli, Lanci e Malvezzi Lupari, qui pervenuto in seguito alle unioni matrimoniali di Astorre di Vincenzo Hercolani ed Elena Castelli (secolo XVI), di Alfonso di Astorre Hercolani e di Anna Maria Lanci (secolo XVII), di Astorre Enrico di Filippo Hercolani e Maria Malvezzi Lupari (1798). Nel 1997 per disposizione di Santa Borghese (1897-1997), moglie di Astorre Hercolani, è infine confluita nell'archivio documentazione relativa alla famiglia Borghese di Roma: si tratta di 180 buste contenenti per lo più corrispondenza del principe Paolo Borghese, nonno di Santa, e della moglie Elena Apponyi, risalente agli anni dal 1863 al 1918, nonché materiale documentario (istrumenti, atti contabili, progetti) riguardante la tenuta romana di Prato Lungo e carte relative alle spese di famiglia, databili tra il 1961 e il 1994. Dosso Dossi, Trionfo di Bacco, Bombay, Prince of Wales Museum of Western India di questa esposizione, hanno permesso di individuare nell'archivio privato Hercolani documenti inediti che consentono di aggiungere importanti tasselli alla storia esterna del quadro e di proporre per la prima volta all'attenzione del pubblico alcuni interessanti inventari della prestigiosa collezione di dipinti appartenuti alla famiglia. Nelle carte esposte troviamo menzionato il Trionfo di Bacco, confluito nella raccolta bolognese per via ereditaria intorno alla metà del Settecento ed uscitone nel 1836, quando venne venduto dagli eredi di Astorre Hercolani. È nostra intenzione offrire un quadro riassuntivo delle circostanze che hanno portato il dipinto dalle stanze private del duca Alfonso I d'Este all'attuale collocazione presso il Prince of Wales Museum of Western India di Bombay e di riproporre all'attenzione del pubblico l'interessante discussione che dopo la recente riscoperta del dipinto (avvenuta nel 2000) ha condotto gli studiosi a ipotesi attributive e cronologiche spesso divergenti. Aurelia Casagrande e Ilaria Di Cillo IL TRIONFO DI BACCO L'esposizione si propone di illustrare le vicende storico-artistiche e documentarie di un dipinto, il Trionfo di Bacco, appartenuto alla quadreria principesca Hercolani, oggi al centro di un fervente dibattito critico volto a chiarirne la paternità, la data di esecuzione e l'originaria collocazione all'interno dello studiolo privato del duca di Ferrara Alfonso I d'Este, entro la via coperta che congiungeva il castello estense al palazzo ducale. Quanto alle vicende esterne dell'opera la situazione è stata tutto sommato chiarita, mentre per ciò che riguarda la sua ubicazione originaria e l'attribuzione a Dosso Dossi i pareri sono ancora discordi. Nuove ricerche, condotte in occasione Le vicende della “Baccanaria d'uomini” di Dosso Dossi Diversi studiosi si trovano concordi nell'identificare il Trionfo di Bacco o Arrivo di Bacco nell'isola di Nasso oggi a Bombay con un dipinto attribuito a Dosso Dossi, quella “Baccanaria d'uomini tanto buona, che quando non avesse mai fatto altro, per questa merita lode e nome di pittore eccellente”, ammirata da Giorgio 21 interessante osservare che un'opera come la Pala Calcina di Francesco Francia, oggi a San Pietroburgo, passò proprio dai Ludovisi ai Lanci, per via ereditaria, tramite le famiglie Boncompagni e Torres. Nell'Inventario tutelare dei beni di Girolama Lanci Altemps redatto nel 1745, troviamo la prima menzione del quadro nella raccolta della famiglia, esposta nel palazzo romano di via del Corso, come un “Baccanario in tela grande di palmi … con sua cornice intagliata e dorata disse del Rosso (sic) di Ferrara” (doc. 1). L'opera passò nella galleria dei principi Hercolani, eredi diretti dei Lanci, verso il 1750; nell'occasione il celebre pittore Marco Benefial stese una seconda perizia che ne accresceva il valore a ben 300 scudi. Su suggerimento dell'autorevole artista il quadro veniva riferito a Tiziano (doc. 2), attribuzione altisonante che tuttavia non venne accolta in maniera univoca dagli estensori degli inventari successivi, i quali, tra la seconda metà del Settecento e i primi decenni dell'Ottocento, catalogavano il Baccanale alternativamente come opera di Tiziano e di Dosso Dossi (docc. 3 e 4). Va invece osservato che la paternità del cadorino fu accettata senza obiezioni dalla letteratura locale, ci riferiamo agli scritti di Marcello Oretti che prima del 1769 descriveva le collezioni di opere d'arte delle illustri casate bolognesi, ai versi dedicati da Jacopo Alessandro Calvi alle opere della quadreria Hercolani (doc. 5) fino alla Descrizione di molti quadri del Principe del Sacro Romano Impero Filippo Hercolani, redatta nel 1774 dal canonico Luigi Crespi (doc. 6) che scriveva: “Tiziano Vecellio da Cadore. Dall'eredità Lanci di Roma pervenne in questa casa, un quadro con un bel Trionfo di Bacco con molte figure, che con tutta probabilità si crede di Tiziano Vecellio da Cadore”. Nel cosiddetto Inventario rubricato (doc. 7), dove vengono annotate le provenienze delle opere di proprietà Hercolani conservate a quel tempo nel palazzo di Strada Maggiore, il dipinto era ancora ricordato come “Veccelli da Cadore Tiziano, un quadro in tela rappresentante il Trionfo di Bacco con molte figure di circa due piedi l'una altezza piedi 31/2 larghezza piedi 41/2 avutosi per eredità Lanci di Roma, 1750”. Nuove ricerche condotte nell'archivio Hercolani permettono ora di precisare che il Vasari nel Camerino delle pitture del duca Alfonso I d'Este a Ferrara, dov'era esposta accanto a tre straordinarie tele di Tiziano, il Bacco e Arianna (Londra, National Gallery), gli Andrii e la Festa di Venere (entrambi Madrid, Prado) e al Festino degli Dei di Giovanni Bellini (Washington, National Gallery of Art). Nel 1598 il cardinale Pietro Aldobrandini inviato dallo zio, papa Clemente VIII, a riappropriarsi di Ferrara, che dopo il trasferimento degli Este, privi di eredi legittimi, a Modena, rientrava a far parte dello Stato pontificio, con inatteso colpo di mano spogliava il Camerino delle sue splendide tele facendole poi trasferire a Roma. La “pittura con figure d'huomeni et di donne di mano delli Dossi” viene ricordata in un memoriale steso il primo dicembre di quell'anno dall'agente ducale Annibale Roncaglia, pronto a informare Cesare d'Este dello spiacevole fatto occorso. Nonostante le fonti riferiscano che l'indebita sottrazione fu perpetrata da Aldobrandini, va detto che nell'inventario della sua collezione redatto nel 1603, mentre ritroviamo i quadri di Tiziano e Bellini, non v'è alcuna traccia del Baccanale dossesco. È stato proposto di identificare il dipinto con quello registrato nel 1623 nell'inventario della quadreria del cardinale Ludovico Ludovisi, nipote di papa Gregorio XV, come un “Trionfo di Sileno con molte figure” attribuito al “Rossi” che gli studiosi, pensando a un fraintendimento o a un errore di trascrizione, propendono a identificare con Dosso Dossi. Interessante notare che nella stessa raccolta si trovavano a queste date, donati da Olimpia Aldobrandini, altri due quadri originariamente nel Camerino: la Festa di Venere e gli Andrii di Tiziano. Tuttavia per quanto riguarda il Trionfo di Bacco, che come abbiamo visto era stato prelevato a Ferrara dagli uomini di Aldobrandini, non sono note le circostanze che lo hanno condotto presso i Ludovisi; d'altra parte non va dimenticato che la circolazione di opere d'arte tra prelati attraverso doni o lasciti era circostanza tutt'altro che infrequente. A confermare la difficoltà di ricostruire con precisione i passaggi di proprietà del dipinto nel corso del Seicento va aggiunto che risultano sconosciute anche le modalità del suo trasferimento alla famiglia romana dei Lanci, che lo deteneva nel Settecento; a tal proposito è 22 Trionfo di Bacco, registrato nell'Inventario pupillare del 1835 (doc. 8), con attribuzione a Dossi, venne venduto dagli eredi di Astorre Hercolani il 28 aprile 1836 a un certo Tommaso Capobianchi che acquisì tre opere della raccolta pagandole 244 scudi, come appare dal libro mastro della casa (doc. 9). La data di vendita e la cifra corrisposta per il Trionfo, 100 scudi, si desumono da un inventario della quadreria recentemente acquisito dalla Biblioteca dell'Archiginnasio di Bologna, prezioso perché nel riportare la data esatta in cui buona parte dei dipinti della collezione vennero alienati, offre importanti indicazioni sulle modalità della loro dispersione. Non abbiamo notizie del quadro dall'aprile del 1836, quando lasciò palazzo Hercolani, al 1856, quando ricomparve a Roma al Monte di Pietà, dove lo vide il conoscitore bavarese Otto Mündler. Lo ricordiamo nel Catalogo de' quadri messi in vendita l'anno successivo, dov'è descritto come “Dossi di Ferrara. Il Trionfo di Bacco sopra un carro tirato da due pantere, con Sileno assiso sopra un giumento accompagnato da baccanti e satiri. Quadro citato nella descrizione della Galleria del Marchese Ercolani di Bologna a pagina 27”. Il Trionfo lascerà il Monte di Pietà il 6 aprile 1864 per ricomparire a Londra, all'asta presso Christie's, nel 1917. Il proprietario di allora, Charles Dowdeswell, lo cedette a un certo F. Howard, che dopo l'acquisizione lo alienò prontamente al miliardario indiano sir Ratan Tata. Quest'ultimo morì in quello stesso anno e successivamente la sua collezione di pitture venne trasferita da Londra a Bombay, dove trovò posto in un museo appositamente allestito ed inaugurato nel 1922. doc. 10 importanti complessi pittorici del Rinascimento italiano in quegli ambienti privati che, dalla fine del secolo, con eloquente definizione, vennero chiamati Camerini d'Alabastro. Le pareti di una delle stanze furono ornate con tele a soggetto bacchico commissionate a Bellini, Tiziano e Dosso; tuttavia, se le opere venete sono state individuate con certezza, molti dubbi hanno sempre gravato sull'identificazione del quadro ferrarese, almeno fino al momento della scoperta indiana avvenuta nel 2000. L'opera di Bombay può plausibilmente essere ricondotta a quella che Vasari menziona nelle Vite come la splendida “Baccanaria” che Dosso eseguì per lo studiolo ducale. Le sue dimensioni, cm. 136 x 169, sono il risultato di una decurtazione, cospicua nei margini superiori ed inferiori, meno nei laterali, che lascia presupporre misure originarie molto vicine a quelle delle altre opere del ciclo, rafforzando così l'ipotesi d'identificazione. Anche lo stato conservativo del dipinto appare compromesso: lacune circoscritte sono ben visibili sul ventre di Sileno e sulla coscia del satiro centrale, mentre cadute di colore si riconoscono al centro della composizione lungo due fasce verticali, dovute forse al ripiegamento della tela verso l'interno. Come in un fregio i personaggi si dispongono in primo piano avanzando da sinistra verso destra: è l'impetuoso tìaso, il mitico corteo bacchico composto di satiri e baccanti, che procede alle spalle del carro trionfale trainato da ghepardi su cui siede Bacco. Da sinistra è riconoscibile il vecchio e panciuto Sileno, a stento sostenuto sulla groppa di un asino da paniche creature per metà umane e per metà caprine; seguono discinte menadi che fanno vibrare rumorosi tamburi e svettanti tirsi, aste di legno avvolte da tralci di Barbara Ghelfi Il punto sulla cronologia e le proposte attributive Il recente ritrovamento dell'opera conservata al Prince of Wales Museum di Bombay con attribuzione a Dosso Dossi ha destato particolare curiosità fra gli storici dell'arte, oltre che per il suo valore intrinseco, anche per essersi imposta agli occhi degli studiosi come possibile soluzione ad un quesito da tempo irrisolto. Nel corso dei primi anni del Cinquecento il Duca di Ferrara, Alfonso I d'Este, diede vita ad uno dei più 23 edera o quercia che la tradizione assegna loro come tipici attributi. Le nerborute figure centrali si evidenziano per il particolare colorito rossastro che alcune fonti letterarie sono solite attribuire alle creature semiferine dei boschi; una di esse brandisce membra di animale, in riferimento ai riti sacrificali dionisiaci, mentre un'altra, avvolta in spire di serpente, allude iconograficamente al gruppo scultoreo del Laocoonte. Il riferimento alla statuaria classica si unisce allo studio degli Ignudi michelangioleschi della Sistina nel dar vita alla figura del giovane Bacco che, stagliato contro un cielo plumbeo, con gesto perentorio sembra indicare qualcosa di preciso al di là del limite della tela. È stato l'indice proteso del dio a suggerire l'inclusione del quadro nel complesso pittorico alfonsino, in cui le opere assumono valenza narrativa se lette in successione e particolare accezione semantica in un contesto iconografico mirato a rappresentare i diversi gradi dell'amore neoplatonico. Ecco allora che il quadro di Bombay può con cognizione essere intitolato l'Arrivo di Bacco a Nasso se si comprende come naturale sua prosecuzione l'opera di Tiziano, gli Andrii, dove una dormiente Arianna, abbandonata da Teseo sull'isola greca, sta per essere scoperta dalla divinità che la farà sua sposa, amandola d'amore celeste e trasformandola in costellazione. Secondo gli studiosi l'opera sarebbe stata commissionata a Dosso, pittore di corte degli Este, attorno al 1515 e apparterrebbe a quel gruppo di dipinti giovanili, eseguiti fra il 1514 ed il 1517, che già Roberto Longhi aveva individuato come primo capitolo della produzione artistica del pittore. L'assonanza stilistica con la pala commissionatagli dalla famiglia Da Varano, ascrivibile al 1514 per le evidenti derivazioni iconografiche dalla Santa Cecilia raffaellesca giunta a Bologna proprio in quell'anno, suggerisce il 1515 come plausibile data per l'opera di Bombay che rivela, d'altra parte, un nuovo studio dell'antico e dell'anatomia umana tracciando la via di una stagione pittorica più matura. Una diversa scuola di pensiero, focalizzando l'attenzione sulle vicende collezionistiche secentesche, non ritiene possibile identificare l'opera indiana con la “Baccanaria” del Camerino ducale, non condividendo neppure la sua attribuzione all'artista ferrarese. Quando, infatti, nel 1598 il ducato di Ferrara passò sotto l'egida dello Stato della Chiesa, il cardinale nipote Pietro Aldobrandini convogliò le opere dello studiolo nella propria collezione romana. Gli inventari ad essa relativi, a partire da quello stilato nel 1603, attestano chiaramente la presenza delle quattro tele eseguite da Tiziano e da Bellini mentre includono un quadro di Dosso raffigurante “più dei con un montone, un camaleonte ed un armatura” soggetti che non compaiono nel quadro di Bombay e attualmente non ravvisabili in nessun'altra opera conosciuta. Cecilia Vicentini DOCUMENTI ESPOSTI doc. 1 Valutazione del “Baccanario in tela grande… con sua cornice intagliata e dorata disse del Rosso di Ferrara” presente in questa “Perizia curiale delli stati fideicommissari delli furono Francesco seniore Lanci, marchese Carlo Maria Lanci e marchesa Girolama Ghigi Lanci, formata dal signor abbate Giovanni Battista Ruffini”, 1745 (Bologna - Belpoggio, ARCHIVIO GENTILIZIO HERCOLANI, Lanci, Istrumenti, b. 1345) doc. 2 Valutazione del “quadro raffigurante un baccanale di Tiziano” presente in questo “Catalogo de' quadri dell'eredità Lanci trasportati da Roma e stimati dal signor cavaliere Benefial eletto per perito dal giudice, quali quadri esistono presso il signor conte Marcantonio Hercolani che ha commissione di venderli”, sec. XVIII (Bologna - Belpoggio, ARCHIVIO GENTILIZIO HERCOLANI, Lanci, Atti, b. 1343) doc. 3 Descrizione del “quadro grande pel traverso rappresentante un baccanale alto piedi 3,66 lungo piedi 4,66” di “Tiziano Marco Vecellio veneziano da Cadaore” come appare in questo “Abecedario pittorico delli più rinomati pittori le opere de quali in parte sono negl'appartamenti del palazzo a Strada Maggiore spettante a sua eccellenza il signor marchese Marcantonio del Sacro Romano Impero principe Hercolani”, 1769 (Bologna - Belpoggio, ARCHIVIO GENTILIZIO HERCOLANI, Inventari, b. 1006) doc. 4 Descrizione del quadro raffigurante il “Baccanale ed altre due figure del Dosso Dossi in tavola” come appare in questo inventario dei beni mobili presenti nel palazzo Hercolani di Strada Maggiore, sec. XIX/prima metà (Bologna - Belpoggio, ARCHIVIO GENTILIZIO HERCOLANI, Inventari, b. 1007) 24 doc. 5 Componimenti in prosa e in versi su “Il trionfo di Bacco di Tiziano Veccelli da Cadore alto palmi 5 once 9, largo palmi 7 once 7 in tela”, parte di questa raccolta intitolata “Versi e prosa sopra una serie di eccellenti pitture posseduta dal signor marchese Filippo Hercolani principe del Sacro Romano Impero”, 1780 doc. 10 “Pianta del palazzo in Bologna di sua eccellenza signor principe Filippo Ercolani unito con la portione di palazzo di ragione dell'illustrissimo signor conte Marc'Antonio Ercolani, pupillo, con altre fabriche fuori del palazzo di ragione di sua eccellenza signor principe, come nella presente mappa si vede che tutto il segnato di color gialetto con lettera A essere la portione del signor conte Marc'Antonio suddetto e la portione del signor principe rispetto al palazzo segnata di color rosino con lettera B, all'altre fabbriche fuori del palazzo segnate di color rosino con lettera C”, 1718. Al piano nobile di questo palazzo, che gli Hercolani avevano in Strada Maggiore, era esposto il quadro raffigurante il Baccanale. (Bologna - Belpoggio, ARCHIVIO GENTILIZIO HERCOLANI, Inventari, b. 1007) doc. 6 Descrizione dell'opera di Tiziano Vecellio da Cadore come appare al n. 61 di questo catalogo dei quadri appartenenti al principe Filippo Hercolani, pubblicato in occasione delle sue nozze con Corona Cavriani: “Per eredità avutasi in Roma ottenne questa nobil famiglia un quadro con un bel trionfo di Bacco con molte figure, che con tutta probabilità si crede di Tiziano Vecellio da Cadore nel Friuli nato l'anno 1480 e morto nel 1576 d'anni 99, dice il Vasari, ma nel suo elogio, che si legge nel tomo IV della serie tre alla pag. 145 si dice nato nel 1477 e morto d'anni 89. Sua poi senz'alcuna dubbietà è una bella testa di uomo armato che non può essere né più viva né più maestrevolmente toccata e mirabile”, sec. XVIII/fine (Bologna - Belpoggio, ARCHIVIO GENTILIZIO HERCOLANI, Campioni, “Campione delli beni posseduti da sua eccellenza il signor principe… Filippo Hercolani… fatto da me Francesco Maria Angiolini publico perito… palazzo e case in Bologna e beni suburbani”, 1718, reg. 961, tav. I) doc. 11 Busta contenente documenti del fondo archivistico della famiglia Lanci (Bologna - Belpoggio, ARCHIVIO GENTILIZIO HERCOLANI, Lanci, b. 1344) (Bologna - Belpoggio, ARCHIVIO GENTILIZIO HERCOLANI, Inventari, b. 1006) doc. 12 Busta contenente corrispondenza prodotta e ricevuta da Alfonso d'Astorre Hercolani nel periodo in cui avvennero le sue nozze con Anna Maria Lanci di Roma, occasione nella quale il quadro raffigurante il Baccanale pervenne in casa Hercolani doc. 7 Descrizione del quadro di Tiziano Vecellio da Cadore come appare in questo repertorio di pittori sotto la lettera 'V': “Un quadro in tela rappresentante il trionfo di Bacco con molte figure di circa due piedi l'una, altezza piedi 31/2, larghezza piedi 41/2. Avutasi per eredità Lanci di Roma, 1750”, sec. XVIII (Bologna - Belpoggio, A RCHIVIO GENTILIZIO H ERCOLANI , Corrispondenza di Alfonso d'Astorre Hercolani, b. 812) (Bologna - Belpoggio, ARCHIVIO GENTILIZIO HERCOLANI, Inventari, b. 1006) doc. 13 Registro in cui sono raccolte le rappresentazioni degli stemmi appartenenti ai vari rami della famiglia Hercolani; vi sono inoltre raffigurate le insegne dei casati di provenienza di donne sposate con esponenti Hercolani, nonché quelle di famiglie di cui entrarono a far parte, in seguito a matrimonio, rappresentanti femminili di casa Hercolani, sec. XVIII. In particolare al centro della seconda fila è visibile lo stemma di Anna Lanci di Roma, divenuta moglie di Alfonso di Astorre Hercolani nel 1658: fu in occasione di queste nozze che il quadro del Baccanale pervenne alla famiglia Hercolani doc. 8 Valutazione del quadro di Tiziano Vecellio da Cadore come appare in questo “Inventario pupillare fatto da sua eccellenza reverendissima il signor cardinale Oppizzoni, giudice deputato da Sua Santità in ecconomo ed amministratore del patrimonio delle loro eccellenze i principi pupilli Hercolani”, 1835 apr. 21 - 1836 giu. 15 (Bologna - Belpoggio, ARCHIVIO GENTILIZIO HERCOLANI, Istrumenti, b. 1247) (Bologna - Belpoggio, ARCHIVIO GENTILIZIO HERCOLANI, Inventari, b. 1552) doc. 9 Registrazione in data 28 aprile 1836 della vendita a Tommaso Capobianchi di tre quadri, uno dei quali presumibilmente raffigurante il Baccanale attribuito al pittore Tiziano Vecellio, per la somma di 244 scudi, come appare in questo mastro di casa Hercolani Aurelia Casagrande e Ilaria Di Cillo (Bologna - Belpoggio, ARCHIVIO GENTILIZIO HERCOLANI, Mastri, 1830-1841, reg. 1, c. 522v.) 25 A.D.S.I. ASSOCIAZIONE DIMORE STORICHE ITALIANE www.adsi.it SEDE CENTRALE Largo Fiorentini, 1 - 00186 ROMA Tel. (06) 68307426 - Fax (06) 68802930 SEZIONE EMILIA-ROMAGNA Via Santa, 1 - 40125 Bologna Tel. e Fax (051) 225928 e-mail: [email protected] GIORNATE EUROPEE DEL PATRIMONIO MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVITÀ CULTURALI FONDAZIONE CASSA DI RISPARMIO IN BOLOGNA Realizzazione grafica e stampa Sogari Artigrafiche s.r.l. - San Felice sul Panaro (MO) - Tel. 0535 85425