www.reggiomotori.bmw.it Collana LIBRI ALL’OPERA Teatro Municipale Valli, 3 e 5 marzo 2010 La vera costanza Dramma giocoso in tre atti Musica di Franz Joseph Haydn Libretto di Francesco Puttini e Pietro Travaglia Prima rappresentazione: Palazzo di Eszterháza 25 aprile 1779 (Universal Edition - Wien; a cura di H.C. Robbins Landon Rappresentante per l’Italia: Universal Music Publishing srl - Milano) Edizioni del Teatro Municipale Valli, Reggio Emilia Fondazione I Teatri di Reggio Emilia, 2010 Libro programma a cura di Lorenzo Parmiggiani e Mario Vighi Ufficio stampa, comunicazione e promozione In redazione: Veronica Carobbi L’editore si dichiara pienamente disponibile a regolare le eventuali spettanze relative a diritti di riproduzione per le immagini e i testi di cui non sia stato possibile reperire la fonte. Indice Notizie 13 Il libretto Personaggi Atto primo Atto secondo Atto terzo 23 25 47 65 Immagini 71 Saggi e contributi Un tesoro nascosto, di Elio De Capitani Sentimento e sensibilità ne ‘La vera costanza’, di Jessica Waldoff 83 93 Notizie 15 La vera costanza è un dramma giocoso in tre atti composto da Haydn nel 1778 su libretto in italiano di Francesco Puttini (rielaborato da Pietro Travaglia) e rappresentato per la prima volta presso il Teatro di Eszterháza il 25 aprile 1779. Tra il 1753 e il 1791 Haydn scrisse 17 opere oltre a diversa musica per il teatro di marionette presente nel parco del castello degli Esterházy. La vicenda Primo atto Un terribile temporale in mare causa il naufragio di una piccola barca in un villaggio di pescatori: i naufraghi, la Baronessa Irene, il Marchese Ernesto, il damerino Villotto e Lisetta, cameriera della Baronessa, vengono soccorsi da Masino e da sua sorella Rosina. La Baronessa, temendo che il nipote (il conte Errico) voglia sposare una povera pescatrice (Rosina) ordisce un complotto per indurre Rosina a prendere in sposo Villotto. Solo a nozze avvenute la stessa Baronessa sposerà il marchese Ernesto. Ma ciò che tutti ignorano è che Errico, già da cinque anni lontano, prima di partire aveva sposato Rosina e che dalla loro unione era nato un figlio. Alla proposta della Baronessa di sposare Villotto, Rosina si dibatte tra la volontà di essere fedele e la realtà di un marito lontano e indifferente. Inaspettatamente però Errico arriva e, sospettando il tradimento della moglie, minaccia di uccidere Villotto. Anche Ernesto sostiene il complotto della Baronessa, che desidera sposare, e chiede a Masino di costringere sua sorella Rosina ad accettare la corte di Villotto. Errico decide di testare la costanza della moglie parlandole con crudeltà e offrendola a Villotto ma Rosina si dichiara pronta a morire piuttosto che sposare Villotto. Errico 17 l’abbraccia per questa dimostrazione di fedeltà ma la Baronessa se ne accorge e mostra ad Errico un’immagine di colei che lei intenderebbe dargli in moglie. L’ammirazione espressa da Errico davanti all’immagine fa disperare Rosina. Secondo atto Nel castello della Baronessa, Ernesto supplica Rosina di accettare Villotto: da ciò dipende infatti il suo matrimonio con la baronessa. Ma la dichiarazione di Ernesto che “solo lei potrà renderlo felice”, viene udita e fraintesa dalla Baronessa e da Errico: entrambi attaccano Rosina che decide di fuggire. Errico furioso per l’infedeltà della consorte, ordina a Villotto di cercarla e ucciderla. Ma Lisetta rivela l’errore e persuade Errico della fedeltà della moglie. Pentito di ciò che ha fatto, Errico cerca Rosina – che nel frattempo si è nascosta con il figlio in una torre nel villaggio di pescatori. Giunto al villaggio incontra un bambino che lo conduce da Rosina: qui Errico chiede perdono a Rosina e abbraccia suo figlio. Atto terzo Ancora un tentativo da parte della Baronessa di dividere Rosina ed Errico inviando a entrambi delle lettere fasulle. Ma l’inganno viene subito scoperto e alla Baronessa non rimane che rassegnarsi ed accettare Rosina come moglie del nipote. Franz Joseph Haydn Nacque nel 1732 a Rohrau (Bassa Austria) in una famiglia di modeste condizioni; a otto anni si trasferì come corista a Vienna, dove studiò violino, clavicembalo e composizione (allievo anche di Porpora). Dopo un periodo presso il conte Morzin a Lukawetz bei Pilsen (Boemia) nel 1761 viene ingaggiato come maestro di cappella e compositore dai principi Esterházy, al cui servizio rimase fino al 1790, vivendo anche nella residenza estiva Eszterháza (Ungheria) della famiglia. Attraverso la diffusione data dalla stampa alle sue composizioni, Haydn divenne celebre in Europa. A Vienna fu in contatto con Mozart ed ebbe come allievi, fra gli altri, Pleyel e Beethoven. Nel 1790, morto il principe Nicolaus, Haydn accettò un invito dell’impresario Salomon e si recò a Londra per dirigere personalmente un gruppo di sinfonie composte per l’occasione 18 (1790-92), ottenendo un enorme successo. Tornò a Londra nel 1794-95, poi, in patria, gli fu affidata la direzione della ricostruita cappella degli Esterházy. Il suo catalogo comprende 107 sinfonie, più di venti opere, oratori e messe, concerti per strumento solista, musica da camera e per pianoforte, pezzi vocali; è considerato il padre della sinfonia, della sonata e del quartetto. Morì a Vienna nel 1809. 19 Il libretto 21 La vera costanza Dramma giocoso in in tre atti Libretto Francesco Puttini e Pietro Travaglia Personaggi Rosina Pescatrice virtuosa e di spirito soprano Baronessa Irene Zia del Conte Errico e amante d’Ernesto soprano Lisetta Cameriera della Baronessa, amante non corrisposta di Masino soprano Conte Errico Giovine volubile e stravagante, sposo segreto di Rosina tenore Marchese Ernesto Amico del Conte tenore Masino Capo dei pescatori, fratello di Rosina baritono Villotto Ricco ma sciocco, destinato sposo di Rosina basso-baritono Marinari Il piccolo figlio di Rosina Nota Le parti stampate in colore grigio nella presente edizione non vengono eseguite. 23 Atto primo [Sinfonia] posso appena respirar. Scena prima Spiaggia di mare terminata dall’orizzonte e lateralmente ingombrata da folti alberi, fra’ quali diverse casette rustiche e capanne pescaresce. Si vede il mare in fierissima burrasca. Nave dentro la quale vi saranno la Baronessa Irene, il Marchese Ernesto, Villotto e Lisetta. Il muggito del mare, il balenar de’ lampi, il rimbombo de’ tuoni verrà accompagnato dall’ultima parte della Sinfonìa; si vedranno li suddetti personaggi scendere dalla nave coll’aiuto de’ marinari in un palischermo, che sarà alzato in qua e in la a discrezione dell’ onde; calmata qualche poco la tempesta, si vedrà avvicinarsi al lido. Rosina e Masino escono da una casetta, spaventati. ROSINA (vedendo il palischermo, che cerca approdare) Ma quel legno a noi s’appressa! [Introduzione] ROSINA, MASINO Che burrasca, che tempesta, che paura, che terrore, batte ancora in petto il core, MASINO Come il mare gli fa guerra! ROSINA Sventurati! MASINO A terra, a terra. ROSINA Son confusi. MASINO Non temete. ROSINA, MASINO Pescatori, dove siete? Deh venite ad aiutar. (escono diversi pescatori in aiuto) 25 ROSINA Date mano. VILLOTTO Chi mi allenta un po’ la vena! MASINO Via, sarpate. LISETTA, VILLOTTO Non ho forza, non ho lena! Non ho fiato da parlar. ROSINA Su coraggio. MASINO Vi stancate? ROSINA Signori, via calmate l’affanno ed il timor. ROSINA Forti adesso. MASINO Venite alla capanna, ve l’offro di buon cor. MASINO Presto a voi. (Scendono li detti personaggi a terra) ERNESTO (alla Baronessa) Sì, sì, mia cara, andiamo. ROSINA, MASINO Siete in salvo, e qui fra noi vi potete ristorar. LISETTA Partiamo via di qua. LA BARONESSA Chi m’aiuta? Chi m’aiuta? Oimè, ch’io moro? Ah, mi sento, oh Dio, mancar. ERNESTO Baronessa, mio tesoro, qui son io, non paventar. LISETTA Chi mi regge, poverina! 26 VILLOTTO Fuggiam da questo loco, un miglio ancor più in là. BARONESSA Andiam, che a poco a poco comincio a respirar. ROSINA, MASINO Non più temer dovete, or che non siete in mar. TUTTI È già sereno il cielo, ritorna il mare in calma, e lieta ancor quest’ alma ritorni a giubilar. [Recitativo] MASINO S’è lecito, Signora, vorrei sapere… (scusate l’insolenza)… Dice il proverbio antico, che ogn’uno in casa d’altri verbigrazia usa la cortesia; vorrei saper, chi è mai vossignoria? BARONESSA (Non connette costui) Come? Tu non conosci la Baronessa Irene? ERNESTO La zia del Conte Errico, tua padrona? ROSINA (Misera me! Che sento!) LISETTA E non sapete, ch’io son la cameriera favorita, e mi chiamo Lisetta? VILLOTTO E non vedete al nobil portamento ch’io sono Don Villotto, cittadino della città d’un bel castel vicino? MASINO Compatisca, Eccellenza, l’ignoranza, cioè, la poca pratica, anzi l’oscurità di sua progenie… BARONESSA E tu chi sei? Come ti chiami? E questa bellissima fanciulla… MASINO Io son Masino, capo de’ pescatori, e in quanto a quella, sappia lei, che è Rosina mia sorella. BARONESSA Numi! Rosina è questa? (Colei che vo’ cercando) Mira, mira, Villotto, la tua sposa. VILLOTTO (Che contentezza! Oh cara!) ROSINA Nell’inchinarmi a voi, signora amabile, permettete che possa tributarvi il mio core fede, rispetto, ubbidienza e amore. (gli bacia la mano) BARONESSA (Quant’è scaltra costei!) VILLOTTO (A questa è bella) 27 BARONESSA (Ernesto, che ti par) ERNESTO (Finger conviene) BARONESSA Cara Rosina, ah troppo avvilisci il tuo volto; un foco, un brio veggo negl’occhi tuoi, che ispira a tutti amor. ERNESTO Siete vezzosa, siete vaga e gentil. Siete una rosa, un giglio, un tulipano. ROSINA Perché mortificarmi, perché farmi arrossir con tal favella? LISETTA Quand’una è bella, è bella, e si deve lodar; io son sincera. MASINO (Gente cui si fa notte innanzi sera) BARONESSA Senti Rosina, io penso di formar la tua sorte. ROSINA (Oimè ! Ch’io tremo) BARONESSA (a Rosina) 28 Mira il signor Villotto, ricco, giovine e bello. Io vo ch’entr’oggi, che a te porga la mano. ROSINA Come… Signora… oh Dio! BARONESSA Ti sembra strano il favore improvviso? VILLOTTO (Subito ha fatto colpo il mio bel viso) ROSINA Io… (che dirò? mi perdo.) BARONESSA Ti confonde il piacer? ROSINA Vorrei… BARONESSA T’intendo: vorresti dir che ai rai di così bel sembiante, un dolce foco già ti si desta in sen, ma non ardisci di palesare il tuo nascente amore, e timido s’arresta il labbro, e il core. [Aria] BARONESSA Non s’innalza, non stride sdegnosa debil fiamma se l’aura non spira. Ma se il vento d’intorno s’aggira debil fiamma un incendio si fa. (parte, con Ernesto e Lisetta) Scena seconda Rosina, Villotto e Masino [Recitativo] ROSINA (In quel cimento oh Dio! Or mi trovo meschina!) VILLOTTO (Parla fra sé, che gusto ell’è già cotta.) MASINO (Par che questa faccenda voglia essere scabrosa) VILLOTTO (Sospira, abbassa gli occhi, è vergognosa vo’accostarmi pian piano: al meritevol merto… .) (s’accosta) ROSINA Che comanda? VILLOTTO Io comandarvi? Oibò, siete dispotica assoluta padrona… MASINO Adagio, signor mio; veda che ci son io, che per giusta ragion godo il primato. VILLOTTO Oh caro mio cognato, vi compatisco, è ver… ROSINA Cosa pretende? VILLOTTO Brevemente dirò: lo sposo io sono, cioè son servitore da lui, di lei… . perché son destinato… mi spiegherò… deve saper mia cara… MASINO (Oh che pezzo di Massa di Carrara) VILLOTTO (a Rosina) Su via volgete, o bella, quegli occhi fulminanti, e mirate, carina, il vostro sposo, che sospira il momento… ROSINA Più non posso soffrir, morir mi sento. (parte) 29 VILLOTTO Senti sposina… MASINO Piano. VILLOTTO Non v’è piano, né monte; non vedi che sospira, more per me, delira? La voglio seguitare. MASINO Amico, già mi pare ch’abbi perduto affatto i lucidi intervalli. VILLOTTO Come a dire? MASINO Sei cieca talpa, e prendi lucciole per lanterne. VILLOTTO Io son… mi meraviglio; io ci vedo, e ci sento e non discorro a caso. MASINO Di tua bestialità son persuaso. [Aria] MASINO So che una bestia sei: 30 so che sconetti appieno, e che non sai nemmeno dove il cervel ti sta. Tu prendi in ogn’istante per mosca un elefante, un grillo per cavallo, per bue un pappagallo, che dici non si sa. Astrologhi, t’immagini, e con le tue scioccagini balzi di qua di là. So che una bestia sei, ecc. Ritirati, confonditi, che un pazzo al mondo simile, no certo non si dà. (parte) Scena terza Villotto, poi il Conte VILLOTTO Oh questa si che è bella, cosa c’entra il grillo, e il pappagallo… ma voglio seguitarla. Oh cara! Oh cara! Quando tu mi vedrai… CONTE Fermati, dove vai? VILLOTTO Vado se no’l sapete… vi dirò: vado, vorrei però farvi capace. Io vado, Signor sì, dove mi piace. CONTE Temerario balordo, tu non sai. Ch’io sono il tuo padrone? VILLOTTO Ah voi siete il Nipote della Zia? Amico perdonate; amor qui mi condusse, e mi fa delirare per la bella beltà che m’innamora. CONTE Non mi stupisco, aman le belve ancora. VILLOTTO Ah, mia cara Rosina… CONTE Questa forse è colei. VILLOTTO Questa è colei: la bella pescatrice; son io, son io lo sposo fortunato. CONTE Me ne consolo assai. VILLOTTO Bene obbligato. CONTE Olà, villano indegno, parti, fuggi, va via, che se ti vedo girar più qui d’intorno, fo balzarti il cervel. VILLOTTO Schiavo, buon giorno. (parte timoroso, poi torna) CONTE Il piacer della caccia dove mai mi trasporta? In questo loco la Rosina soggiorna, quelle capanne, oh Dio! M’empiono di rossor, qui mi costrinse non so qual forza ignota a sposare colei… VILLOTTO S’è lecito, vorrei sapere un poco il come, ed il perché… CONTE E non partisti ancora? Tu dunque a mio dispetto. (gli va incontro) VILLOTTO Non s’incomodi, vado; (maledetto!) (parte e poi torna) CONTE Amai Rosina, è vero, e quel sembiante m’indusse a delirar, ma poi sposata, non mi sembrò più bella. VILLOTTO Signor, la Baronessa veda lei che sta qui… CONTE Sciocco villano, già che sei qui venuto per voglia di morir… (adirato) 31 VILLOTTO Aiuto, aiuto. (fugge) CONTE La Baronessa qui? Comprendo adesso ciò che tenta eseguir. Ma giuro al cielo… che impegno sciocco è il mio. Ama costui Rosina la spo… che dico? Ella è pure mia moglie? Eh che son pazzo… Oibò… Villotto astringerò a ricusarla, e quando ostinato si mostri, allora invano, la morte fuggirà da questa mano. (parte) Scena quarta * Rosina e Lisetta ROSINA Dunque la Baronessa a sè mi chiama? Oh Dio, cara Lisetta; da qual gelida mano sento stringermi il cor? LISETTA Vi compatisco. Quel volere obbligarvi a sposar per forza un sciocco, un scimunito. ROSINA Ah non è questo il maggior de miei mali. * In questa edizione viene posticipata dopo la scena X 32 LISETTA Ma parlate, fidatevi di me. ROSINA Di voi mi fido, e a voi la mia vita abbandono; sappiate oh Dio! che moglie e che madre io sono. LISETTA Come? Che sento mai! ROSINA Or compie un lustro, che il Conte Errico vide la prima volta questo volto infelice, e in un istante per mia sventura ne divenne amante. LISETTA (Già me l’immaginavo.) ROSINA Fuggo allora ogni incontro, egli mi siegue, al monte, alla marina, alla foresta e in van mi celo in quella parte, e in questa. LISETTA Fan così tutti gli uomini. ROSINA Mi vede un giorno, allor, che giro al fonte, e a piedi miei prostrato, m’offre la man di sposo. LISETTA Oh, come sono scaltri! Come la sanno far! ROSINA Io non l’ascolto; snuda la spada, vuol ferirsi, io grido: giunge Masino, lo frena; ei chiede singhiozzando, o Rosina, o la morte: mio fratello pietà ne sente, e allora gli offro la mano e il core, mi do per vinta, e ne trionfa amore. LISETTA Come farne di meno? Io che son di buon core, non aspettavo tanto. ROSINA Eccomi sposa d’un cavalier che m’ama, e neppure un momento si divide da me. Fu troppo breve la mia felicità? Appena scorse eran due lune, oh stelle! Parte, mi lascia: ah che fatal momento! Che partenza crudel! Più non lo vedo; dono intanto alla luce un pargoletto, che nascondo gelosa, e nel mio duol tiranno lo pasco sol di lagrime, e d’affanno. (piange) LISETTA No cara, non piangete. Sento spezzarmi il cor! Povere donne, oh andiamoci a fidar! Pianti e sospiri… ROSINA Taci, cara Lisetta, non affliggermi più; purtroppo, oh Dio! Per mio crudel tormento le tenerezze sue tutte rammento. [Aria] ROSINA Con un tenero sospiro, ah, ah Rosina mi diceva: e la mano mi stringeva tutto affetto, e tutto ardor. Poi con viso languidetto, con le lagrime sul ciglio la baciava con rispetto e spargea di pianto ancor. Come, oh Dio! Potè l’ingrato qui lasciarmi in abbandono? Che crudel destin spietato; che tiranno fido cor! Ah, ah, Rosina mi diceva, ecc. Scena quinta Villotto, poi il Conte da una parte, Masino, poi Ernesto dall’altra VILLOTTO Evviva allegramente, presto, presto sarò sposo e già sento che il core batte per la gioia vicina. Sposa, mio caro bene, vieni presto e consola… 33 IL CONTE Ecco che viene; (gli mostra una pistola) questa è la sposa tua, vedi quanto è leggiadra; ella sospira l’acquisto del tuo cor… Tu di Rosina dei ricusar la mano. VILLOTTO Come? Perché? Se quella m’ama, ed ora qui venuto son io per donare la mano all’idol mio? CONTE Amico, io qui m’ascondo: se altrimenti farai, con grand’ardore verrà la sposa a trapassarti il core. (si ritira) MASINO È antico quel proverbio: la donna è sempre donna, e per la donna si perde qualche volta… ERNESTO Basta non più parole: io qui mi celo: se no’l farai, di venir ti prometto (gli mostra uno stile) con questo ferro a trapassarti il petto. (si ritira) VILLOTTO Ed ora che farò: par che incomincino a tremarmi le gambe… se colui che lì si trova a caso… ma alla fine io chi son? Non son lo sposo? Piano… se quel amico qui ne vien colla sposa oh, brutto intrico. MASINO Che caso metafisico, anzi caso pensato; entriamo un poco nel midollo del caso; mia sorella verbigrazia ricusa, e quello poi qui ne vien furibondo con il ferro alla mano, io mi confondo. Scena sesta La Baronessa, Rosina, Lisetta e detti ERNESTO Sei qui, Masino? Ascolta. Qui vien la Baronessa con Rosina; tu devi in ogni conto obbligar tua sorella a sposare Villotto. BARONESSA Ecco Rosina mia, lo sposo che ti attende osserva, osserva, come gli brilla il cor… ma tu sospiri? Trattieni a forza il pianto! Forse ti rendi ingrata? MASINO Oh, quest’è bella. Io direi verbigrazia… LISETTA (Che disdetta!) 34 ROSINA No, che ingrata non sono alla vostra bontà, ma non mi sento inclinata a legarmi, ah, contentatevi, che meschina, ed abietta come vissi finor… BARONESSA Taci fraschetta: comprendo il tuo pensiero; in questo punto tu dei sposar Villotto; olà Masino costringi tua sorella or a dargli la mano. MASINO Il matrimonio, signora mia, dev’essere tra lei, e lui… ERNESTO (piano a Masino) (Or siamo al punto, amico, questo è il ferro, lo vedi?) MASINO (tremante) Si, signore… (entrano la Baronessa, Rosina e Lisetta) BARONESSA Eh son’io che comando: accostati, Villotto, porgi a costei la mano. ROSINA (Numi, aita!) LISETTA (Che caso!) VILLOTTO Per me son persuaso. Ella ha ragione, e voglio… Senta facciam così… CONTE (piano a Villotto) (Son pronto, eccomi qui e questa è la pistola) VILLOTTO (tremante) (Non signore… ) BARONESSA Ma che si tarda più? Masino… ERNESTO (Sbrigati.) MASINO Piano… un momento ancora… BARONESSA Non più indugi: Villotto, ti sei forse pentito? VILLOTTO (Qui bisogna morir non v’è riparo) Pentito; oh questo mai! CONTE (Vedi ch’io sparo) 35 [Aria] VILLOTTO (al Conte) Non sparate… mi disdico… (alla Baronessa) Mia Signora… una parola. Se la sposa… oh brutto intrico! Maledetta la pistola, che tremar così mi fa. (alla Baronessa) Ma sentite il mio pensiero: io diman, signora mia (al Conte) nol credete, non è vero, è un pretesto, una bugia, non la voglio, signor, nò. (alla Baronessa) Mia signora, non sparate, ecc. Ah, che in mezzo a quello e questa divenuta è la mia testa, come appunto una girandola, che con razzi, botte e folgori su per l’aria se ne va. (parte) Scena settima Baronessa, Rosina, Masino, Lisetta, il Conte ed Ernesto BARONESSA Vanne sciocco balordo; intendo, intendo del rifiuto il motivo. Indegni, sì, vedrete, che son Dama, son donna, e son offesa 36 (a Rosina) e tu femmina scaltra, eleggi la tua sorte. O sposa di costui, o della morte. (parte) CONTE (Voglio vederne il fine: se Villotto si tornasse a cangiare, il cranio all’aria io gli farò saltare.) (parte) ROSINA (Che tirannia!) LISETTA (Che pena!) ERNESTO (piano a Masino) Udisti il tuono del tuo fatal destino? Pensa però che il fulmine è vicino. (parte) ROSINA Vi sono più tormenti più sventure per me? Numi clementi se togliermi volete d’ogni ben la speranza, conservatemi almen la mia costanza. (parte) Scena ottava Lisetta e Masino LISETTA Eppur sappi… MASINO Non so dove mi sia Sono stordito ho il cervello sconvolto. MASINO Che cosa? LISETTA Eh via coraggio; qui ci son io per te. MASINO Che puoi tu farmi? LISETTA Io posso consolarti, e potrei forse forse anche giovarti. MASINO Ma come? In che maniera? Se mi ritrovo in un mare di guai. LISETTA Eppure tu non sai che a questo v’è il rimedio. MASINO E sarebbe?… LISETTA Se mai… qui capitasse una… Che ti vuol bene… ti potrebbe aiutar. MASINO Io non capisco. LISETTA Mi vergogno. MASINO Parla, parla. LISETTA Per te… MASINO Per me, che dici; LISETTA Guardami fisso, fisso… MASINO Ecco ti miro. LISETTA Ah, Masino, mio ben, per te sospiro. MASINO E in tal guisa pretendi d’aiutarmi? Eh figlia mia, tu vuoi precipitarmi? LISETTA Lo so, che non son bella… MASINO Tu sei bellissima; 37 ma ti par tempo e poi è mia massima antica filosofica di non credere a donne. LISETTA Ma pur sai, che ogni regola ha la sua eccezion posso vantarmi ch’io son una mano, non vo’ lodarmi. [Aria] LISETTA Io son, poverina, né ricca né bella, ma sono buonina, son tutta bontà. Eppur con gli amanti, che fiero destino! Son tanto infelice, non trovo pietà. Ingrato Masino, mi vedi languire, vuoi farmi morire, che ria crudeltà! Io son poverina, eco. (partono) Scena nona Entrano il Conte, indi Rosina CONTE Ah che già sono ormai stanco di più soffrir; la Baronessa si sdegni pure. 38 Io voglio in libertà godere. ROSINA Per sfogar le mie pene, dove, dove n’andrò… (al Conte) Sposo, mio bene, amato mio conforto… CONTE (sostenuto) E tu chi sei? ROSINA La povera Rosina, l’umile pescatrice, vostra serva. CONTE Ed io chi sono? ROSINA Un nobil cavaliere, cui piacque sollevarmi dal mio stato mendico all’alto grado di vostra sposa… CONTE Taci: non proferir tal nome. Un tempo è ver, t’amai; ma fu per bizzarria. ROSINA Fu, se m’amaste tutta vostra bontà, non già mio merto. CONTE (Eppure un certo moto, sento nel petto.) Olà, parti. ROSINA Ubbidisco. CONTE (Il cor mi trema, io gelo.) ROSINA Parto mio ben, giacché non m’è concesso dirvi sposo adorato; ah vi sovvenga d’avere un giorno amata la povera Rosina! Addio, mia cara, mia perduta speranza… permettete, che sulla mano almeno l’ultimo bacio imprima… (piangendo, gli bacia la mano) CONTE Eh lascia. (Oh Dio! Un barbaro son io se più resisto.) Vanne pur… senti… oimè, Rosina amata. Scena decima Villotto e detti VILLOTTO Pure alfin l’ho trovata… Il Conte! Eh non la scampo. Or m’uccide di botto. CONTE (vedendo Villotto, subito si cangia) Vieni, caro Villotto. Ecco la tua Rosina. ROSINA Caro sposo, che dici? VILLOTTO Non signore… (Ah costui me la fa) mi meraviglio: io son… CONTE Sì sì, tu sei di Rosina l’amante. ROSINA (Ah che quel core cangiato è in un istante.) VILLOTTO Oibò, sbagliate; non vo’ più prender moglie, ho risoluto d’andarmene alla guerra. CONTE Va benissimo; amor pure è una guerra osserva, attendi, e come dei pugnar, da me l’apprendi. [Recitativo ed Aria] CONTE Mira il campo all’intorno che sen giace in riposo; 39 all’improvviso, ecco, ecco suona il tamburo; che rumor! che sussurro! All’erta, all’erta! Corre ogn’un, prende l’armi. Il capitano di qua di là s’aggira ordinando le schiere, i fanti, li cavalli, e le bandiere. S’incomincia la marcia, a passo lento lo squadron s’incammina, presto, presto, affrettate. Si scopre il campo ostil… alto: fermate; già la bella nemica ecco ne vien: su via, spirto, valore; se tu la vinci, sarà tuo quel core. A trionfar t’invita già la guerriera tromba; vanne con alma ardita quel core a debellar. Ripara quell’assalto, ritirati con arte, accorri in quella parte, per vinta già si dà. Vedi in quel vago viso amor che scherza e vola; mira in quei labbri il riso, la grazia e la beltà. Digli, che a suoi bei rai… (Villotto si accosta) Perfido, olà, che fai? Pensa, che tu, che sei… ch’io ti farò tremar. Oimè! Che smania orribile! Mi perdo, mi confondo; e fuori già del mondo da un turbine, da un vento 40 mi sento trasportar. (parte) Scena undicesima Rosina, Villotto indi Masino VILLOTTO Ecco che siamo o cara, qui soli in libertà. ROSINA Da me che voi? VILLOTTO Son vincitore, ed or voglio la mano. ROSINA Vanne lungi da me. (vuol partire) MASINO Ferma villano. VILLOTTO Cognato, ho vinto, ho vinto; tu non sai la battaglia passata, che il Conte… oh, che allegrezza! MASINO Cosa dice costui? Rosina io non l’intendo. ROSINA Me stessa in quest’istante io non comprendo. [Finale I] ROSINA Ah, che divenni stupida: che barbaro martire! Non so quel che mi dire, non so nemmen parlar. VILLOTTO Amico, quella spasima, pena, languisce e more: io sono il vincitore, e seppi trionfar. MASINO Per me rimango stolido: non ne capisco niente; è cosa veramente da farmi taroccar. ROSINA Oh, Dio! che fiero palpito dentro il mio petto sento. VILLOTTO Del gran combattimento il fatto vi dirò. MASINO Che un gran bestia sei, io ti ripeterò. VILLOTTO Al suono del tamburo s’incominciò a marciare. MASINO È cosa da crepare, cattera m’hai seccato. ROSINA Deh placa ingiusto fato il fiero tuo rigor. VILLOTTO “A trionfar t’invita già la guerriera tromba.” MASINO Facciamola finita, che tu sconetti ancor. VILLOTTO “Ripara quest’assalto, ritirati con arte, avanza in quella parte, per vinta già si dà.” MASINO “Tu prendi in ogn’ istante, per mosca un elefante, un grillo per cavallo, che dici non si sa.” ROSINA Ah, per pietà cessate, basta, non più tacete. Cieli, se giusti siete, non tanta crudeltà. A TRE O che gran giorno/pazzo/caso è questo 41 troppo per me funesto/molesto, che disperar mi fa. (partono) Scena dodicesima La Baronessa ed Ernesto indi Rosina, Villotto e Masino, l’un dopo l’altro BARONESSA, ERNESTO Bel godere la campagna con il caro bene a lato: idol mio piacer più grato no di questo non si dà. BARONESSA Qui rallegra la marina. io mi moro adesso qua. MASINO Inchinando, supplicando per colei cioè per quella, cioè a dir per mia sorella, di lasciarla in libertà… BARONESSA (a Rosina) Troppo è inutile quel pianto. ERNESTO (a Masino) Nulla vagliono i tuoi prieghi. ERNESTO Qui gioir fa il colle e il prato. BARONESSA, ERNESTO Ubbidisci, e pensa intanto che punirti io ti saprò. (partono) A DUE Idol mio piacer più grato no di questo non si dà. (Rientra Rosina) ROSINA Ah mi veggo già smarrita, e che farmi più non so. (parte) ROSINA Sospirando singhiozzando nella mia funesta sorte: non lo sposo, ma la morte sol vi chiedo per pietà. VILLOTTO Io la voglio seguitare. VILLOTTO Palpitando, lacrimando, lo vedrete, oh, che ruina, se non ho la mia Rosina, VILLOTTO Sì, signore. 42 MASINO No, signore. MASINO Non si parta. VILLOTTO Eh si parta. A DUE Non/Eh si parta, cosi vò. (contrastano) Scena tredicesima Lisetta e detti LISETTA Salvati, fuggi, Villotto caro, meco non vieni, Masino bello. (affannata) Ernesto… il Conte… Non v’è riparo, ti van cercando, ti van trovando; ah, nascondetevi, per carità. VILLOTTO Come?… ma dimmi?… MASINO Dove?… ma senti?… LISETTA Se più tardate, vi giungerà. VILLOTTO Eccomi pronto. MASINO Ecco men vado. MASINO, VILLOTTO E zitto, zitto, m’ascondo qua. (si nascondono in parti opposte) LISETTA Che precipizio, che gran ruina! Contro costoro, contro Rosina; soffrir non posso tal crudeltà. (Masino e Villotto escono di nuovo con timore) VILLOTTO Sento rumore, qui non sto bene. MASINO Parmi di udire gente, che viene. MASINO, VILLOTTO Voglio nascondermi presto di là. (s’ incontrano e si spaventano) VILLOTTO Soccorso, aiuto… 43 MASINO Oimè, son morto… lo voglio trucidar. (Rosina) VILLOTTO La vita in grazia… ROSINA Eccoti il petto mio, svenami, sposo amato, dà fine al mio pensier. MASINO Non mi uccidete… LISETTA Ma voi che fate? Con chi l’avete? Perché tremate? Quest’è pazzia. MASINO, VILLOTTO Fu l’apprensione, la fantasia, fu certo un sbaglio, non v’è che dir. A TRE Via non più chiacchiere: qui ci vuol spirito, convien risolvere, convien partir. (partono) Scena quattordicesima Il Conte, poi Rosina CONTE Dov’è, dov’è l’indegno? Cadrà per questa mano; non so frenar lo sdegno, 44 CONTE Oimè, che incontro è questo! Non so dove mi fa. ROSINA Ferisci, anima mia, squarciami il petto, il core. CONTE Ah no, mio dolce amore, ecco ritorno a te. ROSINA Misera già non sono se fido torni a me. A DUE Che amabile contento! No, che più bel momento di questo, oh Dio! non v’è. Scena quindicesima La Baronessa, Ernesto e Villotto, indi Lisetta e Masino BARONESSA Che miro, Rosina? ERNESTO (in osservazione) Il Conte con quella? VILLOTTO È qui la sposina? Mi voglio accostar. ROSINA Oimè in un momento cangiato è quel core, mio sposo adorato… CONTE Che brami da me? ROSINA (Che giubilo io sento!) ROSINA Ti muova il mio pianto… CONTE (Nel seno ho un gran foco!) CONTE Più tempo non è. BARONESSA L’ardore fra poco vedrete mancar. ROSINA Ah, misera, oh, Dio! Chi vide del mio dolor più tiranno più fiera empietà! LISETTA La pace è già fatta. Ho il core contento. MASINO Or più non pavento, né so che bramar. BARONESSA (dando al Conte il ritratto della sposa destinatagli) Contino, in pittura la sposa vi dono; sì vago visino è degno d’amor. CONTE Che amabil ritratto, che grazia, che incanto! BARONESSA, LISETTA, CONTE, ERNESTO, VILLOTTO Piano, piano, osserviamo, cosa dice, cosa fa. CONTE Sei pur cara, sei pur bella, e l’eguale non si dà. ROSINA Della mia perversa sorte quest’è troppa crudeltà. LISETTA, MASINO Piano, piano, osserviamo questa cosa come va. 45 TUTTI Ah, per la pena, per il timore sento che il core nel sen mi palpita e un moto insolito provar mi fa. CONTE, VILLOTTO Ah, per il foco, pel grand’ardore ho un batticuore dentro alle viscere che freme, e strepita, tremar mi fa. Fine primo atto 46 Atto secondo Scena prima (Cortile nel Castello di Belmonte) La Baronessa ed Ernesto BARONESSA E ben, che dice adesso, ho ragion di temer? ERNESTO Tutto congiura a danno mio; mancava questo ritardo ancora alli nostri sponsali. BARONESSA Ah caro Ernesto se provo anch’io tormento, lo sa il ciel; ma vorresti, che in un dolce riposo passar dovessi i giorni a te d’accanto e mio nipote intanto sciogliendo il freno alla sua voglia per capriccio sposasse una villana? così vile il Contino. BARONESSA Ah tu non sai l’umor bizzarro e strano di mio nipote; il temo che la scaltra Rosina sedur lo possa un dì: pensiamo Ernesto al riparo opportuno. ERNESTO Ogn’opra, ogn’arte impiegherò, perché colei s’induca a sposare Villotto: ma oh Dio! chi sa, se poi… BARONESSA Perché sospiri? Sgombra pura dall’alma ogni timore, saran sempre per te gl’affetti, e il core. (parte) ERNESTO Ah voglia pure il ciel, mi sia concesso passar tutti i miei giorni a lei d’appresso. ERNESTO Creder non potrò mai 47 Scena seconda spiega gl’affetti tuoi. VILLOTTO E DETTO Io non ne posso più, son disperato, Rosina più non trovo: ho creduto chiamarla col mio canto, e non la vedo ancor. Vado di trotto… VILLOTTO Che dico. ERNESTO Dove, dove, Villotto? VILLOTTO Rosina ritrovar. ERNESTO Senti, a momenti qui giungerà, ma dei con grazia e vezzo presentarti a lei; spiegar tutto l’ardor… VILLOTTO Non occor’altro: sentirete una forza d’espressione, che neppur l’ebbe Marco Cicerone. ERNESTO Oh bravo… ella qui viene. VILLOTTO Ah cara pel contento mi treman le ginocchia, più non posso parlar. ERNESTO Così ti perdi? Su via coraggio, parla, 48 ERNESTO Or bene. Ritirati in disparte, alla tua amata io parlerò per te. VILLOTTO Bella pensata. (si pone in disparte) Scena terza Rosina, Masino e detti ERNESTO Vieni Rosina, appunto giro in traccia di te. ROSINA Per ubbidirvi eccomi pronta. ERNESTO Sappi, che un cavalier son io, e non son uso a soffrir negative. MASINO (Oh molto male incomincia la cosa.) VILLOTTO (piano ad Ernesto) (Si contenta la sposa… ) ERNESTO (Hai troppa fretta.) ROSINA Conosco il vostro merto… ERNESTO Or bene ascolta, né giova questa volta addur pretesti, io voglio, e non ti parlo invano… VILLOTTO (Posso darle la mano) ERNESTO (M’hai seccato.) Io voglio in quest’istante, che tu sposi Villotto. VILLOTTO Eccomi pronto. ROSINA (a Villotto) Indieto temerario importuno… E voi, Signor, pensate, che ho bastante coraggio, da farmi rispettar; che modo è questo: qual ragione, qual diritto avete voi sulla mia libertà? Se siete nobile è un puro caso, e quando la virtù non vi guida, e il vostro grado con opre degne, e illustri conservar non sapete, siete un plebeo, un cavalier non siete. ERNESTO (Oimè! Questo rimprovero nel più vivo del core a penetrarmi arriva.) (mortificato, si ritira in disparte) MASINO Brava, sorella, evviva. VILLOTTO Viva la sposa, e il caro mio cognato, giacchè tutto è aggiustato, vogliamci ora sposar… MASINO Eh va al malanno: cattera, questa è cosa da farmi dar di volta: quello là mi minaccia, questa piange, e sospira, e quest’altro delira; tutti fanno schiamazzo, non si può più soffrir. VILLOTTO È pazzo. MASINO A me pazzo? Cospetto! Voglio farti vedere con una prova piena che tu sei un gran matto da catena. [Duetto] 49 MASINO Massima filosofica che non può mai fallir, un uomo, verbigrazia ch’abbia il cervello in tasca, che va da palo in frasca, un pazzo si può dir. Signori letterati, io mi rimetto a voi, il pazzo fra di noi, diteci voi qual è. ERNESTO Ah, Rosina crudel, tu mi vuoi morto. VILLOTTO Senti che mormorio, senti che cosa dicono. Tu la mia sposa, ed io siam pazzi tutti, e tre. ROSINA Come? Che dite? MASINO Sì, che son pazzo è vero per te, per lui, per lei. Ed impazzir potrei per lui, per lei, per te. (parte) VILLOTTO Senti Masino… Se lo porta il vento. Vo’ andargli appresso; ah, povero cognato! Non v’è rimedio, è pazzo dichiarato. (parte) Scena quarta Rosina ed Ernesto, indi la Baronessa, poi il Conte, poi Lisetta e finalmente Villotto 50 ROSINA Signor, che dite? Io bramo che viviate felice. ERNESTO Ah perduto son io. Se tu dell’idol mio non secondi il voler. ERNESTO Amo la Baronessa, mi struggo a suoi bei rai; ma non potrò giammai possedere il mio ben, se tu non porgi a Villotto la mano. ROSINA Davvero. Non intendo qual parte il vostro amore abbia con me. (Purtroppo lo comprendo.) ERNESTO Deh non cercar di più son troppo amante, ed ella è troppo bella, e mi fa delirar; (entra la Baronessa che rimane in osservazione) Rosina ah credimi, tu sei l’unica mia speranza. BARONESSA (Ohimè! che ascolto!) ERNESTO Sì tu sei la mia speme. (entra il Conte) CONTE (Numi! sogno, o deliro!) ERNESTO Io per te vivo in pene. LISETTA (Oh, questa è curiosa!) ERNESTO Tu mi puoi sollevar. VILLOTTO (Viva la sposa!) ERNESTO Da te sola dipende la mia felicità. BARONESSA (Perfido, indegno!) CONTE (Infida, scellerata!) LISETTA (Come si spiega ben!) VILLOTTO (Femmina ingrata!) ERNESTO E lieta in un istante, solo render tu puoi quest’alma amante. [Aria] ERNESTO Per pietà vezzosi rai, deh vi muova il dolor mio. Sol da voi dipende, oh Dio! La mia calma, il mio piacer. (parte) Scena quinta Rosina indi la Baronessa, il Conte, Lisetta e Villotto che si fanno avanti ROSINA Che destino crudel! Dover soffrire in mezzo a tanti affanni… BARONESSA (a Rosina) Ah perfida t’ inganni! Tu mia rivale? CONTE Ascolta infida, e trema. ROSINA Piano, Signora… Oh Dio! Sono innocente. [Quintetto] BARONESSA 51 Va pettegola insolente già comprendo il tuo disegno, non son io se il core indegno non ti fo dal sen strappar. (parte) ROSINA Deh, caro sposo, alla mia fé sincera… Scena sesta Rosina indi Masino ROSINA Ma che ingiustizia è questa! Tutti contro di me? Su via, uccidetemi, si placherà così l’iniqua stella. CONTE Va infedele, menzognera ti ci ho preso, ti ci ho colto; non son cieco non son stolto, e mi voglio vendicar. (parte) MASINO Ah Rosina sorella, siamo precipitati. [Recitativo] MASINO La Baronessa di qua, di là gridando, ha dato l’ordine di fare trucidar; sorella mia, per salvar la mia pelle, alla natia capanna or m’invio; se vuoi venir, colà t’aspetto, addio. (parte) ROSINA Cara Lisetta mia, tu pur severa… LISETTA Va furbaccia lusinghiera, vuoi con tutti far l’amore: che vergogna, che rossore, non ti posso sopportar. (parte) ROSINA Villotto, per pietà, dimmi favella… VILLOTTO Va sfacciata bricconnella far le smorfie a quel Milordo, non son cieco, non son sordo né mi faccio corbellar. (parte) 52 ROSINA Che fu? [Recitativo ed Aria] ROSINA Misera chi m’aiuta, chi soccorso mi dà? Folle! Che spero? Chi chiamo? A chi mi volgo? Un sol pietoso per me più non si trova; ove son mai; ditemi, ingrate stelle, in che peccai? Ma che penso? Che so? Vado… ma dove? Dove rivolgo il piede? Dove? E il figlio, oh Dio! Come potrò salvar? Io gelo, io tremo in così rio martire: né so restar, né so di qui partire. Dove fuggo, ove m’ascondo, senza aita e senza scorta? Vado… resto… mi confondo, ah, non ho chi mi conforta, chi m’uccide per pietà. E pensando al caro figlio, tutta, oh Dio! Gelar mi sento: ah che sol per lui pavento, ah lui sol temer mi fa. Eh si vada; più non teme un’afflitta sventurata, avvilita disperata, del destin la crudeltà. (parte) Scena settima Sala. Il Conte e Villotto CONTE Ah, che perfida donna! VILLOTTO Che donna indiavolata! CONTE Vorrei sbranarla e divorar quel core. VILLOTTO Vorrei con queste mani farla in pezzi. CONTE Vado a farne un eccidio. VILLOTTO Vo a farne una rovina. CONTE Indegna! VILLOTTO Scellerata! CONTE Empia! VILLOTTO Assassina! CONTE Villotto? VILLOTTO Signor Conte? CONTE Con chi l’hai? VILLOTTO Con Rosina. CONTE Con chi? VILLOTTO Colla mia sposa. Che dite? Vi par cosa… 53 far me smorfie a colui… CONTE Sì, sì tu devi il torto vendicar. VILLOTTO Adesso vado… Vado adesso a trovarla; griderò, piangerò e se bisogna ancor m’ammazzerò. CONTE Ferma, ferma, conviene far un’altra prodezza; VILLOTTO Dite pure. CONTE Devi uccider Rosina, devi passarle il core. VILLOTTO (Piccola bagatella!) VILLOTTO Io voglio dir, cioè no, solo intendo… veda lei se il fratello… CONTE Uccidi ancora quello. VILLOTTO (Peggio, peggio!) E pur direi… mi pare… trovando un altro modo… CONTE Che modo? Non v’è modo? Io mi protesto, vita sua morte tua; il modo è questo. VILLOTTO Vita sua, morte tua! E chi son io, da farmi sbudellar? Non son sì pazzo. CONTE E se ricusi, uccido te. CONTE Ah vigliacco poltrone, nato sol per mangiare, e per far ombra, mori una volta. (mette mano) VILLOTTO Ma piano, prima s’ha da veder. VILLOTTO Piano, piano… udite… fermate… Siete in errore, e a torto m’insultate. CONTE Non più parole; e quel che ho detto ho detto. CONTE Sciocco villano, t’ho sofferto assai. 54 VILLOTTO Ah, per pietà se morir devo, mi lasci un sol momento per poter fare almeno il testamento. [Aria] VILLOTTO Già la morte in manto nero passo passo a me sen viene fuor del mondo andar conviene, e qui tutto ho da lasciar. Lascio dunque ai cari amici viver anni più felici. Item lascio alla mia sposa questo povero mio cor. Item lascio… ma non s’affretti; lascio… adagio… piano, aspetti. No signor… un poco ancora favorisca d’aspettar. Già non mi guarda, con sè ragiona il tempo è proprio mi vò salvar. (parte) Scena ottava Conte e poi Lisetta CONTE Ed acciò non mi resti per colei un’ombra di pensier, vo’ divertirmi, vo’ ridere, e scialar. LISETTA Ah, signor Conte, sappiate che Rosina è innocente, ed a torto… CONTE Non m’annoiar; già so quel che vuoi dirmi. LISETTA Non sapete però che la meschina disperata partì, che forse adesso… CONTE Forse adesso Villotto per mio cenno Le strappa il cor dal petto. LISETTA Ah che faceste mai! Povera amica! Rosina sventurata… E voi sì crudo, siete stato capace… E non sapete quanto… Oh Dio! non posso… il pianto m’esce proprio dal core… CONTE Io non capisco questo pianto perché? LISETTA Perché mi è nota la bontà di Rosina, perché voi dopo averla ingannata, tradita, abbandonata, estinta la volete; ed ella invece 55 rassegnata, amorosa, per voi sempre sospira, piange, si strugge… CONTE Ah dove, dov’è la mia Rosina? Voglio al suo pie’… ma oh Dio! Chi sa… Villotto (commosso)… deh non tardar, t’affretta, vola, cara Lisetta… LISETTA Eccomi, vado… CONTE No, no; ferma, ch’io stesso a lei n’andrò… Ma oimè! qual vento orribile scuote le piante, e fa tremare il monte? LISETTA Ma voi freneticate: devo andare, o restar? CONTE Oh, che stupore! Là da lungi rimiro un lieto stuolo di vaghe pastorelle. LISETTA Ah, poveretto! È fuor di sé, delira. [Recitativo ed Aria] CONTE Ma quale ascolto, oh Dei! Insolita armonia? Ah, non m’inganno è Orfeo che cercando Euridice suona la Tracia lira. Ah, vieni, unisci le tue corde al mio canto. Che vò cercando anch’io la mia sposa, il mio ben, l’idolo mio. Or che torna il vago Aprile, pastorelle mie vezzose, sull’erbette, sulle rose deh, venite a riposar. Ma che miro? Non è quella? Si, ch’è lei Rosina bella, tra le ninfe ed i pastori, che mi viene ad incontrar. Deh, ritorna ai primi amplessi, vieni pur mia dolce speme, qui staremo, cara insieme, l’aure liete a respirar. Ma tu fuggi a me t’involi, e mi lasci a palpitar? Ah fortuna instabilissima, che di me ti prendi gioco, e girando a poco a poco m’hai ridotto a delirar. (parte) LISETTA Oh vedete che flemma, 56 che ci vuole con voialtri ominacci: pria le donne uccidete, poi come il cocodrillo piangete. (parte) che di pena moro, oh Dio, e resister più non so. Scena nona Campagna con casa rustica di Rosina e torre in parte diruta contingua alla medesima. Rosina esce dalla sua casa conducendo per mano il piccolo suo figlio. ROSINA Caro figlio partiamo ci sarà scorta il Ciel. Ma quale ascolto confuso calpestio… Potessi almeno ritrovare un asilo a custodir quest’innocente… Oh Dio! Dov’andrò?… In questa torre m’asconderò per ora… Il cielo, il mondo mi vuole oppressa, e solo ancor m’avanza fra le sventure mie la mia costanza. (entra col figlio nella torre) [Recitativo ed Aria] ROSINA Eccomi giunta al colmo della miseria umana; afflitta e stanca più non mi reggo in piè; ma per salvarti, caro figlio, si fugga… Vieni, oh Dio! Tu mi guardi, e t’arresti? Ah perché mai nascesti da una madre infelice. Più non si tardi, andiamo. Sassi amati, vi lascio, e voi capanne, che foste un dì presenti al mio funesto amore, compatite i miei casi, e il mio dolore. Care spiagge, selve, addio; io mai più vi rivedrò. Se vedete l’idol mio, dite pur che la Rosina poverina, se n’andò. Ah non pianger mio tesoro, [Recitativo accompagnato] (Prende il figlio per la mano per partire) Scena decima Masino indi Villotto, poi Lisetta MASINO Giro di qua, di là, né posso ancora Rosina ritrovar. Sediamo un poco: tra’l viaggio e la paura le mie gambe già più regger non ponno e verbigrazia il sonno… si vò dormire un poco quietamente; quando si dorme non si pensa a niente. (s’addormenta) 57 VILLOTTO Qui Rosina senz’altro sarà tornata; io voglio… ma che vedo! Masino addormentato? Adesso è tempo di far il colpo… ma… piano… (cava la spada) par ch’io tremi? Ohibò… trema la mano. [Finale II] VILLOTTO Animo risoluto, spirito qui ci vuole; (s’avanza con paura) e senza far parole, morto lo stendo là su via andiamo. (Masino si muove) Aiuto… aiuto… s’è risvegliato già (s’avanza con paura) ma zitto dorme ancora, già tiro il colpo. Mora… LISETTA Che fai, crudele… (gli leva la spada) VILLOTTO Oimè, oimè! MASINO Adagio, adagio, che cos’è? (s’alza) 58 MASINO, VILLOTTO La vita, per pietà. LISETTA No, non temer, Masino, Lisetta tua ringrazia: quel barbaro assassino uccider ti voleva. VILLOTTO Cioè, non me credeva. MASINO Perfido, verbigrazia ti voglio trucidar. VILLOTTO (a Lisetta) Vieni, non mi tenete. MASINO Vieni, non m’impedite. LISETTA Eh, via non più tacete. MASINO, VILLOTTO Vorrei partir di qua. VILLOTTO Forse ci rivedremo. MASINO Forse c’incontreremo. A TRE Ah, tutta/tutto tremo e il fiato la paura quasi mancar mi fa. (partono) Scena undicesima Lisetta, indi la Baronessa ed Ernesto LISETTA Masino, deh, senti, ascoltami, oh Dio, seguirlo vogl’io, mi palpita il cor. BARONESSA Che vedo? Lisetta perché sì smarrita? ERNESTO Deh, fermati, aspetta qual strano accidente? LISETTA Villotto… Masino… stizzato… arrabbiato, lasciate ch’io parta, m’affanna il timor. BARONESSA Ma spiega? ERNESTO Ma parla. BARONESSA Vedesti il Contino? ERNESTO Trovasti Rosina? LISETTA Affatto non vidi né questo né quella chi la poverella… Lasciate ch’io vada, m’uccide il dolor. BARONESSA Tu sogni o sconnetti. ERNESTO Sei pazza e deliri. LISETTA Che pena è mai questa! A TRE Mi gira la testa, e un fiero sospetto mi gela d’orror. Scena dodicesima Villotto e Masino da parti opposte e detti MASINO Perfido, indegno t’ho pur trovato. VILLOTTO Nelle mie mani sei capitato. MASINO, VILLOTTO Vedo qui gente, pon riparar. 59 ERNESTO Olà fermatevi, che cos’avete? BARONESSA Presto quietatevi, che pazzi siete? VILLOTTO Colei ringrazia. MASINO Ringrazia quello. LISETTA M’hai fatto piangere, Masino bello. BARONESSA, ERNESTO Qual ira, o stolidi, vi fa sdegnar? MASINO Sotto quell’albero; era di giorno. (Il caso è barbaro e inaspettato) ERNESTO Eh non occorre far l’insensato; dov’è Rosina? MASINO (Qui sta l’imbroglio.) BARONESSA Via non più repliche, Rosina voglio. VILLOTTO Voglio la sposa, Signora, sì. 60 MASINO L’ho ricercata più non si trova, di quella misera non v’è più nuova. BARONESSA Come? ERNESTO Che dici? LISETTA La cara amica? VILLOTTO La cara sposa? MASINO Se ne partì, sì. TUTTI Presto si cerchi, presto si vada per ogni loco, per ogni strada, anche sotterra s’ha da trovar. (partono) Scena tredicesima Il Conte poi il piccolo figlio di Rosina, indi la stessa e finalmente la Baronessa, Ernesto, Villotto, Lisetta e Masino CONTE Ah, dov’è la mia Rosina? (smaniando) Chi m’ insegna dove sta? Sento un’aura a me d’intorno tremolando, che mi dice l’infelice, è morta già. (s’avanza il figlio di Rosina, piangendo) Ma che miro? E tu chi sei? Dimmi, o caro, perché piangi? (il figlio dice: “La mia mamma sta languendo”) La tua mamma sta languendo? Vieni, o caro pargoletto, deh, conducimi da lei. (il figlio gli dà la mano) Non temer, non griderà. (parte il figlio) Ah, qual moto, eterni Dei! Che tumulto io sento in petto, che gelar tutto mi fa. CONTE Mia speranza, idolo mio, torno a te, pentito sono, e morir voglio al tuo piè. (s’inginocchia) ROSINA Timorosa avanzo il piede, tremo, oh Dio! Che mai sarà! Numi, Errico… ROSINA Sposo amato, ecco il tuo figlio. Vanne, o caro a piedi suoi; corri abbraccia il genitor. CONTE Amata sposa! CONTE Figlio, oh Dio, mel disse il core, dolce pegno del mio amore, l’alma mia regger non so. ROSINA Dì, sei tu mio bel tesoro? Io non credo agli occhi miei. CONTE Si, son io. ROSINA Deh lascia… oh Dio! Sposo, aita!… Io manco, io moro, ah, ricordati di me. (sviene) ROSINA (rinviene) Come? Oimè! CONTE Ben mio perdono. Sì son io, solleva il ciglio, ah, spezzar mi sento il cor! ROSINA, CONTE Che bel giorno, che contento; per la gioia in tal momento chi resister mai potrà? BARONESSA, LISETTA, ERNESTO, MASINO, VILLOTTO Che stupore, che cosa impensata! Che sorpresa, che strano accidente! Mi confondo né so che pensar. Qui Rosina col Conte? Stordisco. 61 Un fanciullo con quello? Impazzisco. Son perplessa/perplesso né so cosa far. LISETTA, MASINO Son già moglie e marito. BARONESSA Ah, pettegola sfacciata. VILLOTTO Signor no, non v’acconsento. ERNESTO Ah, ridicola villana. BARONESSA, ERNESTO Il mio sdegno, il mio furore, ah, non posso più frenar. VILLOTTO Ah, che sposa indiavolata. ROSINA Non ha fine il mio penar. CONTE Che maniera di trattar? Quest’ingiuria non conviene; la mia sposa, il caro bene, voi dovete rispettar. BARONESSA Scellerati v’aspettate che tremar io vi farò. ERNESTO Per pietà non v’adirate. BARONESSA, VILLOTTO Non colei soffrir non vò, io la lite moverò. CONTE Non vi prezzo e non pavento. ROSINA La mia colpa è sol d’amore. 62 LISETTA, ROSINA, MASINO Deh, vi muova… BARONESSA, ERNESTO, VILLOTTO Non ascolto. ROSINA, LISETTA, MASINO Ecco il figlio… BARONESSA, ERNESTO Via di qua. CONTE Tant’ ardir! Che impertinenza! BARONESSA È la vostra un’insolenza. ROSINA Numi, aita! Per pietà. CONTE (alla Baronessa) Vada pur se non le piace. BARONESSA Me n’andrò, ve lo prometto. CONTE E ciascun farò tremar. LISETTA, MASINO Ma prudenza! LISETTA, MASINO, POI CON VILLOTTO Quest’è cosa da crepar… ERNESTO, VILLOTTO Ma rispetto! ROSINA Quest’è troppa crudeltà. CONTE Siete ardita… TUTTI Già per l’aria a poco a poco sorge un nembo e oscura il giorno, freme il turbine d’intorno né so come finirà. Fine atto secondo BARONESSA Siete un pazzo. LISETTA, MASINO Via cessate! ERNESTO, VILLOTTO Via calmate! ROSINA, LISETTA, MASINO Pace, pace! BARONESSA, CONTE, ERNESTO Guerra, guerra! BARONESSA, ERNESTO E mi voglio vendicar. ROSINA E nemmen posso parlar. 63 64 Atto terzo Sala. Rosina da una parte col figlio, il Conte Errico dall’altra parte, portando ciascuno una lettera di mano CONTE Che donna ingannatrice! Amare un vile, un sciocco e burlarsi di me. ROSINA Che ingrato cor! Mostrarmi tant’affetto, e tradirmi così. CONTE (guardando il foglio) Certo è il delitto. ROSINA Sicuro è il cangiamento. CONTE Ma che miro? Rosina è in questo loco! ROSINA Il Conte? Io tremo. CONTE Io smanio. ROSINA Io son di foco. CONTE Perfida, donna ingrata! Mi potesti posporre ad un Villano? ROSINA Ah crudele inumano! E ardisci ancora farti beffe di me? Cessa una volta d’oltraggiar una povera meschina, che a te solo donò gli affetti e il core… CONTE Tu menti, scellerata: (le dà il foglio) ecco la prova del tuo sincero amore. Leggi, leggi infedele, e ti confondi. 65 ROSINA Leggi tu prima questo, e poi rispondi. CONTE “Parti da me per sempre: un’infelice misera pescatrice, più soffrir non so… ”: questo è un inganno; io non lo scrissi mai. ROSINA (legge) Il fatto avaro, mi costringe a lasciarti, idolo mio; e al mio Villotto… Oh Dio! Questa è una frode, e quest’è un tradimento. Ti giuro, ti protesto… CONTE Alfin comprendo che della Baronessa un tiro è questo. Perdon a miei trasporti, oblia il passato, e sola regnerai entro il mio seno. ROSINA Oh cari accenti! Io son felice appieno. [Duetto] CONTE Rosina vezzosina, 66 deh, quella tua manina, porgi per sempre a me. ROSINA Sposino gentilino, pronta con un inchino, prendila pur con me. CONTE Stringi tu ancor la mia. ROSINA Quella di te ben mio. CONTE Sì mio tesor, la mano. ROSINA Oimè stringete piano. CONTE Oh, Dio! che dolce fiamma… ROSINA Che fiamma al cor mi sento… A DUE Di gioia, di contento moro, ben mio, per te. Luce mie care, vezzose stelle, sempre serene, vi vò veder. Oh, qual momento! Che bel contento! Il sommo è questo d’ogni piacer. Scena ultima La Baronessa ed Ernesto, poi il Conte, Rosina ed il figlio, indi Villotto e Lisetta, finalmente Masino ERNESTO Sì, mia cara, poc’anzi ebbro di sdegno vidi il Conte, che appena osò mirarmi in volto. BARONESSA E di Rosina nulla sapesti? ERNESTO Affatto. CONTE Di Rosina, un esatto ragguaglio io vi darò. VILLOTTO Lisetta ancora, oppur lo dirò io… MASINO Vorrei sapere, verbigrazia se il Conte… CONTE È già palese un meditato inganno, che me pose di nuovo in fier periglio quest’è la sposa mia e questi è il figlio. VILLOTTO Dirò siccome il fatto… non è il fatto, il destino… quest’è la sposa, e quello è lo sposino. LISETTA Signora perdonate: mi capitò la sorte ne volli profittar. BARONESSA (Ah, son delusa!) ERNESTO (Ah, lo previdi!) MASINO (Ah, Giove ti ringrazio davver! Che gran proverbio è quel che dice… ) ROSINA (alla Baronessa) Eccomi a voi d’avante, non sposa del Contino, ma vostra umile ancella: tal sarò finch’io viva; e se vi resta odio contro di me, volgete un sguardo all’innocente figlio, che pietade a voi chiede (s’inghinocchiano) unito con la madre al vostro piede. BARONESSA Non più, figlio, ti bacio; cara, t’abbraccio; io meditai l’inganno, ed or veggo, che a torto oltraggiai la virtù. 67 Contino, amici, andiamo uniti; e ognuno applauda, intanto che al caro Ernesto la promessa adempio d’una vera costanza al raro esempio. [Coro ultimo] TUTTI Ben che gema un’alma oppressa, mai non perde la speranza; se conserva la costanza, se la regge la virtù. Fine dell’opera 68 73 74 75 76 77 78 79 Saggi e contributi 81 Elio De Capitani Un tesoro nascosto Eccoci dunque arrivati a Reggio Emilia con questo piccolo evento, gioioso e memorabile, grazie al quale ben sette teatri europei hanno unito i loro sforzi per celebrare degnamente il poliedrico genio di Franz Joseph Haydn a duecento anni dalla sua morte. Riportare alla luce questo tesoro nascosto è stata un’esperienza appagante, ardua e un poco tormentata: siamo stati alla fine premiati dal grande diletto e dal consenso ottenuto a Madrid e pure a Treviso – dove si notò la grande freschezza e vivacità della reazione del pubblico per comprensione immediata della lingua, non solo per le parti comiche. Vedrete e sentirete voi stessi: La vera costanza è uno splendido gioiello, un diamante sorprendente. Ma fino ad ora il diamante era grezzo e aveva grandi denigratori delle sue possibilità reali. Solo abili intagliatori potevano ridare lucentezza a questa pietra opaca, per farla risplendere non solo all’orecchio ma anche all’occhio d’oggi. Il maestro López Cobos e io abbiamo lavorato con perfetta intesa a questa sfida. È stato un grande incontro, artistico e umano, il nostro, e abbiamo provato assieme la gioia di trasmettere ai giovani cantanti tutte le intuizioni sulle potenzialità nascoste dei personaggi, ben oltre quanto appariva alla prima lettura. Il mio lavoro è stato assai facilitato dall’affiatamento dello staff di regia che mi ha affiancato, tutto nel segno dell’Elfo, il teatro d’arte contemporanea in cui siamo impegnati da tanti anni a Milano. E così vedrete i costumi geniali di Ferdinando Bruni, la deliziosa e accurata macchinascena-giocattolo di Carlo Sala, le preziose luci di Nando Frigerio ma potrete godere anche gli originali e incalzanti recitativi che abbiamo elaborato con il maestro Michele Errico. 83 Eszterháza: la libertà di Haydn d’esser lontano, ma ben dentro il mondo Tutti i remake, tutti i numerosi libretti settecenteschi ispirati alla Pamela di Richardson – La vera costanza è in quella scia, vedremo meglio poi – possono essere ricondotti alla prassi, che conosciamo bene anche oggi, di cavalcare l’onda del successo di un’opera, di un tema, di un soggetto e riutilizzarli a oltranza, fino ad averne spremuto anche l’ultima stilla di possibile consenso del pubblico. Ma Haydn era, per un certo verso, più libero: viveva fuori dal mondo nella piccola e protetta corte “di campagna”, come lui stesso definiva il Palazzo estivo di Eszterháza, trasformato dal principe Nicola I nella Versailles d’ Ungheria e in un vero laboratorio di sperimentazione musicale da Haydn. Preso dalle necessità di metter su ogni mese, ogni settimana, un numero impressionante di opere – sue e d’altri, ma sempre da lui dirette: oggi lo diremmo sovrintendente e direttore artistico assieme - Haydn prende un libretto di seconda mano, originariamente scritto per Anfossi, e liberamente lo reinterpreta, trovando chiavi geniali e sfruttando a pieno tre ricchezze importanti che offre: originalità dei personaggi, una vera delizia; originalità estrema nella versificazione, per l’uso assai musicale, con virtuosismi onomatopeici, della lingua italiana – un piacere che si affina sempre più all’ascolto; e una certa originalità drammaturgica, pur con gravi difetti di sviluppo della trama e di credibilità dei passaggi psicologici dei personaggi, come vedremo. Haydn ha scritto musica preziosa e assai teatrale quindi: ma al di là dei meriti indubbi, fa comunque difetto questo benedetto libretto, non certo all’altezza del suo genio musicale. Nella prima telefonata dal Teatro Real di Madrid per propormi l’opera, il carissimo amico Carmelo Di Gennaro mi disse: “La musica è splendida, davvero splendida, ma è una sfida: Puttini non è Da Ponte”. Dopo averlo letto ho capito che chiamarla sfida era un eufemismo. Ferdinando Bruni, con cui condivido da anni la direzione artistica del Teatro dell’Elfo, mi disse sornione: “È un libretto che chiede molto al regista: i passaggi psicologici essenziali dei personaggi avvengono in camerino.” E infatti. La storia, diremmo oggi il soggetto, è un classico del settecento: un tardo remake tra i mille di cui ha goduto, in quel secolo, la suddetta Pamela di Richardson. L’ossimoro Rosina: dolce forza, tenacia arrendevole, sfrontato pudore Si narra l’amore impossibile tra un conte e una timida fanciulla del popolo, in questo caso una pescatrice – quindi di rango e di ceto assai inferiore – ma che, pur arrossendo di continuo come si confà a una brava fanciulla del popolo degna di rispetto, mostra animo nobile e risoluto, doti di sopportazione superumane e una 84 tenacia davvero invidiabile: da qui il titolo, visto che la nostra Rosina di costanza ne ha da vendere. La vicenda per sommi capi: è fatta sostanzialmente dalle trame della Baronessa Irene e del suo amante, il Marchese Ernesto, per costringere Rosina a sposare Villotto, borghese arricchito ma d’aspetto assai poco sublime e di cervello per giunta svanito. Tale insistenza della Baronessa nasce dall’esigenza di mettere in salvo suo nipote, il Conte Errico, da un matrimonio scandaloso e avvilente con Rosina: una donna, pur bella, ma assolutamente inadeguata per il suo bassissimo rango. (Non si sa e non si saprà mai perché, ma la Baronessa ha stabilito che lei ed Ernesto non si potranno sposare finché Villotto non sposa Rosina e la toglie di mezzo). La stranezza lunare del Conte Tutto inutile in realtà: anche se la Baronessa non lo sa, Rosina e il Conte sono già sposati, e hanno pure un figlio, di cui il Conte non ha neppure il sospetto, avendo già abbandonato Rosina, dopo solo due mesi, per sopravvenuta grave irrequietezza, che lo ha fatto volar via. Come si arriva a dipanare la vicenda, tra equivoci e contro equivoci, fino al lieto finale, meglio lasciarlo raccontare dallo spettacolo stesso. Mi preme dirvi la prima stranezza: rispetto alla Pamela, qui si rinuncia al possibile pathos dell’attesa conquista sociale di un matrimonio ambito e a favore d’un pathos assai diverso: la riconquista di Errico da parte di Rosina, e la ricostruzione non più della coppia ma della famiglia. Ma la vera stranezza più spiazzante, quella che alla prima lettura potrebbe disarmare un regista, è nei mutamenti insensati d’umore del Conte: lunatico, preda di raptus improvvisi e immotivati, di trasporti erotici e di improvvisa freddezza, oggi diremmo al limite della psicolabilità. Ad ogni entrata in scena, muta d’accento e di pensier: davvero il Conte è mobile, qual piuma al vento, ma lo è in una misura talmente patologica da aprirmi la strada a un possibile ribaltamento totale del gioco, che ne ha fatto un personaggio per nulla banale, con un malinconico e divertente fascino lunare: un uomo perso in se stesso, un Casanova smarrito che non capisce più nulla tra donne reali, immagini e manichini, che afferra alla fine un bandolo della realtà – al vedere accanto a Rosina il figlio che, lui ignaro, hanno avuto – e pare rientrare in sé e diventar normale. Pure la Baronessa, di fronte al nipotino sconosciuto, cessa le ostilità e consente al lieto fine. La stranezza lunare del Conte, ancora improbabile nel libretto, ho potuto elevarla ad una qualità nuova, costruendo una sua diversa follia, sfruttando appieno le intuizioni e finezze inusuali della musica e tingendo ogni suo atto di uno straniamento poetico che attinge a una sorta di ipersensibilità pre-romantica: farlo arrivare, vi85 cino almeno, a quella dimensione altra che in grandi opere d’arte hanno i conturbanti protagonisti, spingendo il Conte verso uno strano ibrido tra Don Giovanni, Don Chisciotte e il Casanova smarrito di Fellini. Cambiare l’aria Ma occorreva ancora risolvere, per il Conte e per tutti, molte contraddizioni fastidiose, operare tagli radicali in recitativi troppo ripetitivi e soprattutto, contro una convenzione operistica che avrebbe ucciso l’opera, dare alle arie continuità scenica e solo raramente accettarle come sospensione dell’azione e come puro sentimento e pensiero che sgorga dall’animo del personaggio. Nessuna aria è stata occasione di riposo per la regia, come spesso accade: molte sono un duo o un trio con interlocutori muti. Ed eccole allora trasformate in numeri teatrali e non solo musicali, dove il senso dell’azione non è mai banalmente illustrato da gesti scontati, ma sgorga dalla relazione scenica tra personaggi, in una fitta invenzione di gag e controscene, tutte strettamente sorvegliate e incanalate in un percorso quasi coreografico, dove la strategia di dislocazione dei significati approfitta di ogni possibile idea per avvertire lo spettatore del doppio o triplo senso metaforico di molte parole, frasi, gesti o situazioni. Comporre polifonicamente una complessità assai leggibile – l’arte è un ossimoro – che diventa puro piacere, in analogia con la scrittura musicale. Amor pure è una guerra Un semplice esempio riferito al Conte. Mi è nata l’idea di fare del suo primo recitativo una grande lezione pratica di corteggiamento amoroso e conquista della donna, lezione che il Conte stesso, bizzarramente, fa proprio a Villotto, per indurlo a sedurre Rosina. Quel carattere da numero con marcia militare – un obbligo quasi rituale per l’epoca – frammisto a una struggente elegia d’amore per la donna, intesa qui come eterno femminino senza concretezza di persona, ho trovato il modo di farlo assurgere ad un più chiaro significato con pochi, semplici gesti del Conte: sfilare la sciarpa a Rosina, decorare con quella un manichino preso da un baule della contessa, trasformare il manichino stesso in un doppio della donna. Ogni gesto, carezza o bacio dato al manichino, è stato un tempo un gesto, una carezza o un bacio impressi sul corpo di Rosina, che non può credere ai suoi occhi nel veder svelati, come trucchi del mestiere di un bravo seduttore, quei gesti amorosi che a lei sembrarono struggenti e spontanei, unici, dedicati a lei sola. Il contrappunto parodistico di Villotto, che ripete con goffa precisione e bramosa voluttà i gesti del Conte, producono uno straziante effetto comico, come le schizofreniche improv86 vise gelosie di Errico (“Barbaro, olà che fai?”). Ma è il Conte stesso a cadere vittima del suo gioco, smarrendo la ragione nell’accorgersi, alla fine, dello straziante sdoppiamento di se stesso di fronte allo sdoppiamento della donna. E il suo “mi perdo, mi confondo, e fuori già del mondo, da un turbine, da un vento mi sento trasportar…” è l’inizio di una febbre di follia che lo porterà all’altra aria, al delirio visionario di Orfeo e Euridice (qui Haydn parodizza Anfossi) che ho inglobato – grazie anche agli splendidi figuranti e agli acrobati del mio sognato circo-mondo-magia – in un altrettanto visionario e magico cambio di scena, in cui la spiaggia diventa bosco. Non interrompendo mai, neppure in quel caso, l’azione. Donne consapevoli Avere risolto così la stranezza difettosa del Conte, mi ha fatto fare un grande passo in avanti, ma molto restava da ideare per ricondurre l’opera all’unità che io immaginavo nella mia mente. M’ha aiutato una attenta analisi delle arie femminili nell’opera: quelle della Baronessa Irene, di Lisetta e di Rosina. Tre visioni dell’eros distinte: la prima turbinosa e passionale, la seconda giocosa, maliziosa e furbetta, la terza idilliaca ma corposa e sensuale. Mentre gli uomini non domano, pur in modi diversi, la loro passione (non il Conte, abbiamo visto, ma neppure Ernesto), oppure non hanno confidenza con le cose amorose e meno ancora carnali (il burbero ma timidissimo Masino e lo sprovveduto e incontenibile Villotto), le donne invece sanno cosa vogliono, anche in rapporto al loro corpo. E sanno per questo far fare agli uomini, prima o poi, ciò che vogliono. Non sono le donne ingessate della Pamela, saldamente congelate da Richardson nel loro decoro prude, ipocrita e, sotto sotto, assai morboso. Qui sono donne in carne e ossa, piene di consapevolezza dei loro desideri, potenzialmente assai vive, in lotta ognuna per avere qualcosa per cui vale la pena lottare. Lisetta cambia il suo destino E l’ironia di un eros giocato con leggerezza, reso motore della storia, sortisce molte sorprese. A Lisetta ho tolto la schiavitù di quel castrante “amante non corrisposta di Masino” e ho fatto sì che la sua aria, sulla traccia della costruzione musicale di quei “tutta tutta tutta tutta tutta tutta tutta bontà”, alternati dai “no no no no no no no no no no…”, siano di una tale maliziosa potenza erotica e seduttiva, da risultare irresistibili anche per l’imbranatissimo Masino. Non ho cambiato una parola, ma Lisetta e Masino, a fine aria, si imbucano avvinghiati nel faro sulla spiaggia. Quando Lisetta ne uscirà, non ci saranno dubbi se sia appagata o no. 87 E per tutta l’opera saranno una coppia, alleati con Rosina – che è infine unita al Conte. Scenicamente, la coppia ha una fusione musicale che la giustifica appieno. La fa anzi vivere di una forza sinergica, che rafforza la tessitura visiva dei contrasti tra i personaggi. Approfitto di Lisetta per raccontare una delle incongruenze del libretto che la coinvolge e che ho dovuto sciogliere. Potrei citarne una paginata d’altre, ma questa basti a farvi da traccia per capire uno dei tanti metodi da me seguiti per risolvere buchi drammaturgici – metodo rubato all’eavesdropping shakespeariano, che il bardo usa con una certa frequenza, un antenato delle nostre intercettazioni telefoniche. Lisetta, ad inizio del secondo atto, avendo equivocato l’aria del marchese con Rosina, se ne esce di scena dicendo: “Va furbaccia lusighiera, vuoi con tutti far l’amore: che vergogna, che rossore, non ti posso sopportar.” Rientra dicendo subito dopo al Conte: “Ah signor Conte, sappiate che Rosina è innocente!”. E come l’ha saputo? Uno dei tipici cambiamenti avvenuti in camerino, che rendono possibile tutto e il contrario di tutto scenicamente, che cioè invalidano la coerenza drammaturgica dell’opera e creano gran disagio allo spettatore, oltre che al regista. Ho risolto facendo rientrare Lisetta di nascosto e facendole ascoltare parte dell’ aria di Rosina. In quel modo tutti vedono la trasformazione di Lisetta e la battuta successiva ha un senso, per chi la deve recitare e per lo spettatore. Molto elementare ma efficacissimo. L’eros-fiamma della Baronessa e l’eros-artiglio del Marchese Oltre al lavorare a ricucire tutti gli strappi della trama, mi dava buoni frutti lavorare alla rielaborazione delle dinamiche di coppia. Marchese e Baronessa, per esempio: il Marchese è scritto quasi come un cicisbeo, ma l’aria della Baronessa è tutto un carnale fuoco e fiamme, stupendo. Ho accentuato la carica erotica usando, in funzione drammaturgia e non puramente tecnico-decorativa, le sue splendide colorature, che si risolvono nello spettacolo in spasmi amorosi di esilarante beltà, costruendo per Baronessa e Marchese una coreografia-corteggiamento che ingloba fin l’introduzione musicale all’aria, volendo eliminare ogni attesa o stasi non drammaturgicamente pertinente. È bastato associare il Marchese Ernesto a questo eros infiammato della Baronessa Irene, farne il suo vero, passionale compliceamante, dotarlo di una autocompiaciuta perversione vampiresca, sottolineata dal trucco e dalle mani sempre artiglianti, per cambiare di molto la dinamica di questa coppia e la sua relazione con gli altri personaggi. Mettendo poi in vestaglia Irene e Ernesto, si ottiene un sorprendete risultato nell’aria pastorale “Bel godere la campagna”, i cui doppi sensi d’appagamento sensuale diventano finalmente espli88 citi e l’amplesso appena consumato brilla negli sguardi e nelle voci. L’irruzione supplicante di Rosina, Villotto e Masino che rompe il loro idillio li avvampa d’ira fulminea che si perfeziona, nell’unisono indignato dell’uscita, con la fretta di ritrovare la turbata intimità amorosa. E, di conseguenza, l’unica aria del Marchese sarà un potente delirio sensuale a fatica trattenuto – quanto esilarante quel trattenersi a stento, quell’esprimere un eccesso fingendo di mitigarlo al confronto di una scialba interpretazione da flebile aria amorosa – e, pur riferito alla Baronessa, quel delirio non potrà evitare la tracimazione erotica quasi involontaria sul corpo di una turbatissima Rosina, che renderà ancora più gustoso l’equivoco e le conseguenti ire e insulti di tutti, a corollario. Pamela, Justine, Figaro Il Marchese Ernesto guadagna anche dal tumultuoso inizio del secondo atto, dove Rosina si ribella alle sue nuove pressioni in favore di Villotto, mostrando una nuova piega del suo temperamento, davvero ricco di momenti toccanti ad ogni scena: “E voi signor pensate che ho bastante coraggio da farmi rispettare. Che modo è questo? Quale ragione, qual diritto avete voi sulla mia libertà? Se siete nobile è un puro caso e quando il vostro grado con opre degne conservar non sapete, siete un plebeo, un cavalier non siete». Qui noi, ironicamente, citiamo la Marsigliese nell’accompagnamento al recitativo: seppur con leggerezza, vogliamo intenzionalmente alludere. Perché questi temi, che allora facevano saltare sulla sedia i censori, sono quelli che hanno fatto irruzione nel Settecento con Le nozze di Figaro di Beaumarchais. Questo prendere progressivamente piede di Eros nella regia mi ha portato infatti a riflettere sull’oscillazione del cuore di un secolo, il Settecento, tra tre romanzi, tutti tra loro opposti per intenti: la citata Pamela (1740) e di contro Le nozze di Figaro (1778) di Beaumarchais e Justine o le disgrazie della virtù (1791) di De Sade. Pamela è un’opera edificante, un manuale per cameriere giovani e belle su come resistere alla seduzione di un nobile e non cedere mai il bene prezioso della verginità. O meglio: cederlo, e pure generosamente, ma solo dopo aver ottenuto d’essere regolarmente sposate. Il sogno improbabile di molte servette di allora. Justine, è all’opposto, un’opera di decostruzione della morale, radicale e meticolosa, la storia di una ragazza tenacemente virtuosa “errante di disgrazia in disgrazia; giocattolo di ogni scelleratezza; bersaglio di tutti i vizi (...)”: già sul patibolo, finisce crudelmente uccisa da un perverso fulmine celeste proprio appena salvata dalle mani del boia dalla sorella Juliette: la scellerata, che ha fatto del vizio la sua legge e la sua fortuna. Il terzo romanzo, infine, è l’eversivo Figaro, un vero anticipo di rivoluzione, che fece dire a Danton «Figaro ha ucciso la nobiltà!» o a Napoleone « È un moto già in atto». 89 Leggere la Pamela di Richardson è un’esperienza tra lo spassoso e il deprimente, quanto è disperante la lettura del furore iconoclasta di De Sade, che ha concepito un romanzo filosofico cupo, pornografico e raramente rallegrato dall’ironia. È invece l’ironia di Figaro, forza costruttrice quanto appare distruttrice, capace di contenere in sé tensioni opposte, la chiave con cui aprire il possibile scrigno segreto de La vera costanza. Non una ‘facile’ ironia, ma un’ironia radicale e saggia, quell’ossimoro di leggerezza profonda che avrebbe portato nella direzione del diapason del secolo: Mozart, con accanto il suo Da Ponte, che tanto hanno appreso da Haydn per arrivare dove sono arrivati pochi anni dopo. Provaci ancora, Villotto! E il culmine dell’ironia stregata del buffo estremo, ironia sublime e malinconica, è il personaggio calamitante di Villotto. Borghese e assai ricco – saremmo portati a pensare per lascito, non vedendo merito possibile in quel disgraziato – ingenuo e orgoglioso, sgraziato e sempre fuori luogo, Villotto è di una comicità autosufficiente, data la sua disastrosa inettitudine, la paura congenita, alimentata da improvvisi folli slanci di coraggio – di quelli tipici di chi è stanco di essere eternamente preso in giro – controbilanciati da ben più attendibili, tremebonde vigliaccherie, soprattutto nei suoi scontri con un inarrivabile Conte o con il nemico-da-subito Masino – che per ben due volte perde la faccia con Lisetta, mostrandosi di pochissimo meno vigliacco di lui. Villotto poteva far a meno quindi di un supplemento di indagine. Ma crescendo tutti i personaggi accanto a lui, rischiava di starsene indietro, proprio lui, una delle più felici intuizioni dell’opera. L’aver messo in scena di recente I due gemelli veneziani di Goldoni – con Ferdinando Bruni splendido protagonista – mi ha permesso di riversare affettuosamente su Villotto la carica di tenerezza disarmante e incantata dabbenaggine dello Zanetto goldoniano. E Villotto vola dalla terra alla luna in una vertigine tutta sua, anticipa da buon borghese persino le sneakers e la macchina fotografica – con la svagatezza di uno Stan Laurel che ricerca negli altri il suo Oliver Hardy, sfiorando una grazia demente e a tratti persino un accenno di saggezza da fool shakepeariano. Resterà single, dopo aver cantato il suo amore e il suo terrore, il suo testamento e la sua follia, dopo averci fatto divertire con la danza perenne dei suoi piedi e il suo disequilibrio permanente, che rendono spassose entrate e uscite. Non solo la forza scenica del sentimento di Rosina, la travolgente siderale distanza del Conte, la malizia di Lisetta accanto all’orgoglio e saggezza popolana di Masino, la tracotanza ostinata della coppia sensuale di Baronessa e Marchese, ma anche 90 il destino da tenero clown sconfitto di Villotto cattura il nostro cuore e ci fa lasciare il teatro con il cuore leggero. Grazie di cuore ai cantanti, agli attori, agli artisti: soprattutto grazie per essere magicamente riusciti, una sera o sempre, a essere le tre cose insieme nell’incarnare, oltre il personaggio, l’utopia del melodramma come arte totale. 91 Fondazione Consiglio di amministrazione Presidente Graziano Delrio Vice Presidente Vicario Giuseppe Gherpelli Giorgio Allari Enrico Baraldi Maria Brini Annusca Campani Giampiero Grotti Elena Montecchi Clementina Santi Revisori dei conti Carlo Reverberi presidente Gianni Boni Roberto Davoli Direttore artistico Daniele Abbado Consulente per la Danza e RED Fabrizio Grifasi 143 Fondazione Segreteria artistica e organizzativa Marina Basso Costanza Casula Lorella Govi coordinatore di produzione Segretario generale Daniela Spallanzani Amministrazione Paola Azzimondi Maurizio Ghirri Wilma Meglioli Elisabetta Miselli Personale G. Paolo Fontana capo settore Luisa Simonazzi Copia e protocollo Sabrina Burlamacchi Federica Mantovani Maria Carla Sassi Archivio Biblioteca Editoria Susi Davoli capo settore Liliana Cappuccino Stampa, comunicazione e promozione Mario Vighi capo ufficio stampa Paola Bagni Veronica Carobbi Roberto Fabbi Lorenzo Parmiggiani Francesca Severini Biglietteria Cinzia Trombini Luca Cagossi Usai Concorso “Premio Paolo Borciani” Mario Brunello direttore artistico Francesca Zini Servizi tecnici di palcoscenico Andrea Gabbi direttore tecnico Federico Bianchi Mauro Farina Brunella Spaggiari Tecnici elettricisti Luciano Togninelli Gianluca Antolini cabinista Marino Borghi Luca Cattini fonico Ousmane Diawara Fabio Festinese Guido Prampolini Roberto Predieri Tecnici macchinisti Giuseppe Botosso Gianluca Baroni Maurizio Bellezza Carmine Festa Massimo Foroni Gianluca Foscato Renzo Grasselli Alan Monney Luca Prandini Andrea Testa Sartoria Monica Salsi Servizi generali Maria Grazia Conforte Mariella Gerace Giuseppina Grillo Lorena Incerti Claudio Murgia Sergio Petretich Massimo Valentini Patrizia Zanon Libri all’opera Le pubblicazioni delle Edizioni del Teatro Municipale Valli The Rake’s Progress di Igor Stravinskij, a cura dell’Ufficio Stampa del Teatro Municipale Valli, Reggio Emilia, Edizioni del Teatro Municipale Valli, 1999, pp. 120 (contiene: libretto bilingue ingleseitaliano; saggio e descrizione della struttura dell’opera di Raffaele Pozzi). Così fan tutte di Wolfgang Amadeus Mozart, a cura dell’Ufficio Stampa del Teatro Valli, Reggio Emilia, Edizioni del Teatro Municipale Valli, 1999, pp. 113 (contiene: libretto; articoli e saggi di Giorgio Strehler, Maria Grazia Gregori, Giovanna Gronda, Frits Noske). ESAURITO Così fan tutte di Wolfgang Amadeus Mozart, a cura dell’Ufficio Stampa del Teatro Valli, edizione espressamente realizzata per il Teatro Comunale di Modena, 1999. ESAURITO Werther di Jules Massenet, a cura dell’Ufficio Stampa del Teatro Municipale Valli, Reggio Emilia, Edizioni del Teatro Municipale Valli, 1999, pp. 100 (contiene: libretto bilingue francese italiano; articoli e saggi di Marco Beghelli, Giorgio Cusatelli, Umberto Bonafini). Andrea Chénier di Umberto Giordano, a cura dell’Ufficio Stampa del Teatro Municipale Valli, Reggio Emilia, Edizioni del Teatro Municipale Valli, 1999, pp. 98 (contiene: libretto; saggi di Marcello Conati, Guido Salvetti, Ugo Bedeschi. Falstaff di Giuseppe Verdi, a cura di Roberto Fabbi e Mario Vighi, Reggio Emilia, Edizioni del Teatro Municipale Valli, 2000, pp. 106 (contiene: libretto; saggio di Angelo Foletto; testimonianze di Hanslick, Bonaventura, Monaldi, Celli, Mila, De Van, Mula; estratti dal carteggio Verdi-Boito). Otello di Giuseppe Verdi, a cura di Roberto Fabbi e Mario Vighi, Reggio Emilia, Edizioni del Teatro Municipale Valli, 2000, pp. 100 (contiene: libretto; saggio di Frits Noske; estratti dal carteggio VerdiBoito; servizio fotografico di Stefano Camellini). Idomeneo di Wolfgang Amadeus Mozart, a cura di Fabbi e Vighi, Reggio Emilia, Edizioni del Teatro Valli, 2000, pp. 72 (contiene: libretto; articoli e saggi di Donald Sulzen, Harald Braun, Charles Osborne; foto di Alda Tacca). ESAURITO Der fliegende Holländer di Richard Wagner, a cura di Fabbi e Vighi, Reggio Emilia, Edizioni del Teatro Valli, 2001, pp. 83 (contiene: libretto bilingue; articoli e saggi di Carl Dahlhaus, Alberto Mari e Luisa Rubini; estratti da scritti di Wagner e Friedrich Nietzsche). L’elisir d’amore di Gaetano Donizetti, a cura di Roberto Fabbi e Mario Vighi, Reggio Emilia, Edizioni del Teatro Municipale Valli, 2001, pp. 72 (contiene: libretto; articoli e saggi di Rubens Tedeschi, Giorgio Pestelli, Francesco Bellotto). Il trovatore di Giuseppe Verdi, a cura di Fabbi e Vighi, Reggio Emilia, Edizioni del Teatro Municipale Valli, 2001, pp. 94 (contiene: libretto; articoli e saggi di Alberto Arbasino, Pierluigi Petrobelli, Sergio Cofferati, Ugo Bedeschi). Tout Rossini, gli atti unici di Gioachino Rossini, a cura di Fabbi e Vighi, Reggio Emilia, Edizioni del Teatro Municipale Valli, 2001, pp. 140 (contiene: cinque libretti; saggi di Alessandro Baricco, Piero Mioli; diverse ricette del Maestro). Luciano Pavarotti. 40 anni di canto da Reggio al mondo, vol. rilegato + programma, a cura dell’Ufficio stampa del Teatro Valli, Reggio Emilia, Edizioni del Teatro Valli, 2001, pp. 90 (contiene: testi; articoli di Umberto Bonafini, Giorgio Gualerzi, Francesco Sanvitale). ESAURITO Maria Stuarda di Gaetano Donizetti, a cura di Fabbi e Vighi, Reggio Emilia, Edizioni del Teatro Municipale Valli, 2002, pp. 82 (contiene: saggi di Luca Zoppelli, Paolo Cecchi; estratti da La reina di Scozia di Federico Della Valle; Sonetto 94 di Shakespeare; fumetto di Casali e Michele Petrucci). L’incoronazione di Poppea di Claudio Monteverdi, a cura di Roberto Fabbi e Mario Vighi, Reggio Emilia, Edizioni del Teatro Municipale Valli, 2002, pp. 113 (contiene: libretto; saggi di Claudio Gallico, Francesco Degrada; un fumetto di Matteo Casali e Grazia Lobaccaro). Il processo di Alberto Colla (prima assoluta), a cura di Fabbi e Vighi, Reggio Emilia, Edizioni del Teatro Valli, 2002, pp. 132 (contiene: libretto; note del Compositore; saggi di Quirino Principe, Giovanni Guanti; un fumetto di Casali e Giuseppe Camuncoli; citazioni e disegni di Kafka). Manon Lescaut di Giacomo Puccini, a cura di Fabbi e Vighi, Reggio Emilia, Edizioni del Teatro Valli, 2002, pp. 123 (contiene: libretto; saggi di Jürgen Maehder, Ugo Bedeschi, Umberto Bonafini; estratti dal romanzo Manon Lescaut di Prévost; fumetto di Casali e Werther Dell’Edera). Tancredi di Gioachino Rossini, a cura di Fabbi e Vighi, Reggio Emilia, Edizioni del Teatro Valli, 2003, pp. 106 (contiene: libretto; saggi di Philip Gossett, Marco Beghelli; estratti da Le Rossiniane di Giuseppe Carpani; fumetto di Matteo Casali e Michele Petrucci). L’Olimpiade di Giovanni Battista Pergolesi, a cura di Fabbi e Vighi, Reggio Emilia, Edizioni del Teatro Valli, 2003, pp. 106 (contiene: libretto; un saggio di Francesco Degrada; la Lettera I su Metastasio di Stendhal; fumetto di Giuseppe Zironi e Yoshiko Kubota). Un ballo in maschera di Giuseppe Verdi, a cura di Fabbi e Viaghi, Reggio Emilia, Edizioni del Teatro Valli, 2003, pp. 112 (contiene: libretto; saggi di Paolo Cecchi, Gianandrea Gavazzeni, Ugo Bedeschi; estratti da romanzi e scritti di James Ellroy, Augusto Illuminati, Jim Garrison; fumetto di Giuseppe Zironi e Antonio Pepe). Mahler Chamber Orchestra. Claudio Abbado. Anna Larrson. Concerto con musiche di Mahler, Beethoven, a cura di Fabbi e Vighi, Reggio Emilia, Edizioni del Teatro Valli, 2003, pp. 82 (contiene: testi; saggi di Arrigo Quattrocchi, Lidia Bramani; un racconto di Achille Giovanni Cagna). ESAURITO Les pêcheurs de perles di Georges Bizet, a cura di Fabbi e Vighi, Reggio Emilia, Edizioni del Teatro Valli, 2003, pp. 120 (contiene: libretto; un saggio di Marco Beghelli; estratti da Angelo Arioli, Le Isole Mirabili. Periplo arabo medievale; fumetto di Matteo Casali e Giuseppe Camuncoli). The Rape of Lucretia di Benjamin Britten, a cura di Fabbi e Vighi, Reggio Emilia, Edizioni del Teatro Valli, 2004, pp. 122 (contiene: libretto bilingue; prefazione all’opera di Benjamin Britten; un saggio di Lidia Bramani; otto illustrazioni di Nicola Carrù). Così fan tutte di Wolfgang Amadeus Mozart, a cura di Fabbi e Vighi, Reggio Emilia, Edizioni del Teatro Valli, 2004, pp. 154 (contiene: libretto; un saggio di Diego Bertocchi). Orlando di Georg Friedrich Händel, a cura di Fabbi e Vighi, Reggio Emilia, Edizioni del Teatro Valli, 2004, pp. 94 (contiene: libretto; un saggio di Lorenzo Bianconi; estratti dal Furioso di Ludovico Ariosto). Le comte Ory di Gioachino Rossini, a cura di Fabbi e Vighi, Reggio Emilia, Edizioni del Teatro Valli, 2004, pp. 108 (contiene: libretto; due saggi di Mario Marica; la ballata popolare Le comte Ory et les nonnes de Formoutiers). Gustav Mahler Jugendorchester. Claudio Abbado. Nona Sinfonia di Mahler. A cura di Fabbi e Vighi, Reggio Emilia, Edizioni del Teatro Valli, 2004, pp. 55 (contiene: saggi di Peter Franklin, Arrigo Quattrocchi; antologia di scritti di Claudio Abbado, Theodor W. Adorno, Alban Berg, Pierre Boulez, Luigi Rognoni, Arnold Schönberg, Ulrich Schreiber, Bruno Walter). ESAURITO Il ritorno di Ulisse in patria di Claudio Monteverdi, a cura di Fabbi e Vighi, Reggio Emilia, Edizioni del Teatro Valli, 2005, pp. 96 (contiene: libretto; saggi di Franco Bezza, Claudio Gallico; estratto dall’Odissea). Aufstieg und Fall der Stadt Mahagonny di Kurt Weill e Bertolt Brecht, a cura di Fabbi e Vighi, Reggio Emilia, Edizioni del Teatro Valli, 2005, pp. 207, tavole a colori (contiene: libretto bilingue; saggio di Hartmut Kahnt; contributi di Abbado, Adorno, Benjamin, Berio, Bossini, Brecht, Fabbri, Ferrari, Pestalozza, Sanguineti, Weill). ESAURITO Peter Grimes di Benjamin Britten, a cura di Fabbi e Vighi, Reggio Emilia, Edizioni del Teatro Valli, 2005, pp. 135 (contiene: libretto; scritti di Benjamin Britten, Peter Pears; saggi di Michele Girardi, Gilles Couderc, Edward Lockspeiser). Die Zaubeflöte di Wolfgang Amadeus Mozart, a cura di Fabbi e Vighi, Reggio Emilia, Edizioni del Teatro Valli, 2005, pp. 207 (contiene: libretto bilingue; saggi di Lidia Bramani, Giorgio Agamben; contributi di Luigi Pestalozza, Pier Cesare Bori, Salvatore Natoli, Adriana Cavarero, Francesco Micheli, Fulvio Papi, Marco Beghelli). ESAURITO Orchestra Mozart. Claudio Abbado. Giuliano Carmignola, Reggio Emilia, Edizioni del Teatro Valli, 2005, pp. 55 (contiene: saggio di Marco Beghelli; contributi di Francesca Arati, Giulia Bassi). La traviata di Giuseppe Verdi, a cura di Fabbi e Vighi, Reggio Emilia, Edizioni del Teatro Valli, 2005, pp. 90 (contiene: libretto; note di regia di Irina Brook; saggi di Roberto Verti, Gilles de Van, Catherine Clément, Rodolfo Celletti, Bruno Barilli). West Side Story di Leonard Bernstein, 2 voll. a cura di Fabbi e Vighi, Reggio Emilia, Edizioni del Teatro Valli, 2005, pp. 68 (libretto) e pp. 49 (saggi). The Flood di Stravinskij / L’Enfant et les Sortilèges di Ravel, a cura di Fabbi e Vighi, Reggio Emilia, Edizioni del Teatro Valli, 2005, pp. 81. Le nozze di Figaro / Così fan tutte / Don Giovanni di Mozart (“Le opere italiane di Lorenzo Da Ponte”), 2 voll. a cura di Fabbi e Vighi, Reggio Emilia, Edizioni del Teatro Valli, 2005, pp. 189 (libretti) e pp. 88 (saggi). ESAURITO Filarmonica della Scala. Riccardo Chailly (contiene: un saggio di Oreste Bossini), Reggio Emilia, Edizioni del Teatro Valli, 2005, pp. 55. Orfeo ed Euridice di Christoph Willibald Gluck, a cura di Fabbi e Vighi (contiene libretto, note di regia di Graham Vick, saggi di Fabbri, Kerényi, Hilman), Reggio Emilia, Edizioni del Teatro Valli, 2005, pp. 80. Boris Godunov di Modest Musorgskij, a cura di Fabbi e Vighi (contiene libretto, note di regia di Graham Vick, saggi di Foletto, Bedeschi, contributi di Komarova, Musorgskij, Nori, Raffaini), Reggio Emilia, Edizioni del Teatro Valli, 2007, pp. 80. Progetto Miracolo a Milano (prima assoluta) Totò il buonooo di Daniele Abbado. Miracolo a Milano di Giorgio Battistelli. Petrolio: Ken Saro-Wiwa poeta e martire di Boris Stetka, a cura di Fabbi e Vighi (contiene copioni e libretti, interviste a Daniele Abbado e Giorgio Battistelli, contributi di Yorgure, De Curtis, Nori, Gianolio), Reggio Emilia, Edizioni del Teatro Valli, 2007, pp. 105. ESAURITO Simon Boccanegra di Giuseppe Verdi, a cura di Fabbi e Vighi (contiene libretto, note di regia di Giorgio Gallione, saggi di Ruffin, Petrobelli, Zoppelli documenti a cura di Conati), Reggio Emilia, Edizioni del Teatro Valli, 2007, pp. 116. L’Alidoro di Leonardo Leo, a cura di Fabbi e Vighi (contiene libretto, note di regia di Arturo Cirillo, un saggio di Roberto Scoccimarro, un racconto di Giuseppe Montesano), Reggio Emilia, Edizioni del Teatro Valli, 2008, pp. 125. Fidelio di Ludwig van Beethoven, a cura di Fabbi e Vighi (contiene libretto, un saggio di Esteban Buch, alcune lettere di Beethoven, un contributo di Hannah Arendt), Reggio Emilia, Edizioni del Teatro Valli, 2008, pp. 136. Nabucco (Nabucodonosor) di Giuseppe Verdi, a cura di Fabbi e Vighi, 2008, pp. 100. Contiene: libretto; saggi contributi di Gianni Ruffin, Esteban Buch, Vittorio Sermonti, Ugo Bedeschi. Mahler Chamber Orchestra. Claudio Abbado. Margarita Höhenrieder Musiche di Mozart, Beethoven. A cura dell’Ufficio Stampa del Teatro Valli, 2008, pp. 50. Contiene: saggi di Roberto Favaro, Luigi Magnani. Madama Butterfly di Giacomo Puccini, a cura di Fabbi e Vighi, 2009, pp. 131. Contiene: libretto; saggi contributi di Michele Dall’Ongaro, Marco Capra, Bruno Barilli, Ugo Bedeschi. The Blue Planet, di Peter Greenaway e Saskia Boddeke, a cura di Fabbi e Vighi, 2009, pp. 137. Contiene: libretto; saggi contributi di Peter Greenaway, Saskia Boddeke. A Midsummer Night’s Dream, di Benjamin Britten, a cura di Parmiggiani e Vighi, 2009, pp. 137. Contiene: libretto; saggi contributi di Benjamin Britten, Philipp Brett. CASA MUSICALE DEL RIO Piazza A. Costa 5/A, Reggio Emilia - tel. 0522 436 793 - fax 0522 438 288 PIANOFORTI, STRUMENTI MUSICALI, SPARTITI Vendita Noleggio Assistenza tecnica locale non fumatori Annalisa Pellini Amici del Teatro Giuliana Allegri, Paola Benedetti Spaggiari, Enea Bergianti, Franco Boni, Gemma Siria Bottazzi, Gabriella Catellani Lusetti, Achille Corradini, Donata Davoli Barbieri, Anna Fontana Boni, Mirella Gualerzi, Umbra Manghi, Grande Ufficiale Gr. Croce llario Amhos Pagani, Comm. Donatella Tringale Moscato Grazia Maria di Mascalucia Pagani, Ivan Sacchetti, Paola Scaltriti, Mauro Severi, Corrado Spaggiari, Corrado Tirelli, Deanna Ferretti Veroni, Vando Veroni, Gigliola Zecchi Balsamo Gianni Borghi, Vanna Lisa Coli, Andrea Corradini, Ennio Ferrarini, Milva Fornaciari, Giovanni Fracasso, Silvia Grandi, Claudio Iemmi, Franca Manenti Valli, Ramona Perrone, Viviana Sassi, Alberto Vaccari Le attività di spettacolo e tutte le iniziative per i giovani e le scuole sono realizzate con il contributo e la collaborazione della Fondazione Manodori € ,0 10 0 Questa pubblicazione, sprovvista del talloncino a fianco, è da considerarsi copia omaggio.