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Parrocchia S. Teresa d’Avila
in collaborazione con
Movimento Ecclesiale Carmelitano
TEATRO AVILA
Mercoledì 27 maggio 2015 ore 19,00
All’interno dei Festeggiamenti della Famiglia Parrocchiale
“Girotondo intorno al Mondo. Insieme
ai bambini della Colombia”
Serata musicale a favore delle Missioni dei Padri
Carmelitani Scalzi in Colombia
Con il Patrocinio del Municipio 2 di Roma
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Con la partecipazione di
“Piccola Orchestra Buonarroti”
IST. COMPR. REGINA ELENA
"Orchestra I. C. A. Balabanoff "
IST. COMPR. A. BALABANOFF
Progetto "MusicaMente" Regina Elena
Associazione Culturale "senzaTempo"
“Le Campanelle”, Themis Rocha e
Mauro Occhionero
GRUPPO MUSICALE “Bibidi Bobidi Band”
GRUPPO DI GINNASTICA ARTISTICA
“ALDEGA 2000”
***
Testimonianze Carmelitane
***
Conduce la serata
Danilo Esposito
***
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* * *
STORIA DELLA COLOMBIA
Forma di
Governo: Repubblica
presidenziale
Superficie: 1 141 748 kmq
Popolazione: 46 581 823
ab. (stima 2012)
Densità: 40,80 ab./kmq
Capitale: Bogotá 7 555
165 ab. (2012);
Unità monetaria: peso
colombiano (100
centesimi)
Indice di sviluppo
umano: 0,719 (91° posto)
Colombia Stato dell’America Meridionale. In età precolombiana la C., a
esclusione dei bassopiani orientale e atlantico, era abitata da gruppi della
famiglia linguistica chibcha, in possesso di culture di livello piuttosto alto. La
costa settentrionale della C. fu scoperta prima dalla spedizione di A. Vespucci
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e A. de Hojeda (1499), poi da R. de Bastidas (1502). Hojeda nel 1508 e D. de
Nicuesa nel 1509 tentarono invano di colonizzare la costa; ma solo nel 153638 G. Jiménez de Quesada giunse all’altopiano di Cundinamarca, dove (1538)
fondò Santa Fe de Bogotá, sconfiggendo i chibcha e fondando la provincia di
Nueva Granada. Le esplorazioni e fondazioni continuarono nei tempi
coloniali, mentre la regione costituiva una audiencia dipendente dal vicereame
del Perù, fino alla costituzione (1739) del vicereame di Nueva Granada, con
giurisdizione all’incirca sulle attuali Colombia, Panamá, Venezuela, Ecuador.
La lotta contro la dominazione spagnola sfociò nella proclamazione
dell’indipendenza di tale territorio (1819) con il nome di República de la Gran
C., la cui Costituzione fu promulgata nel 1821 e della quale fu eletto
presidente S. Bolívar. I contrasti insorti tra le diverse regioni che facevano
parte della Gran C. portarono però ben presto al suo frazionamento: morto
Bolívar (1830), nel 1831 fu sancita la separazione fra il Venezuela, l’Ecuador e
la C. (comprendente allora anche Panamá), che assunse il nome di República
de la Nueva Granada. Anche il nuovo Stato colombiano continuò a essere
caratterizzato dai conflitti interni: contrasti fra liberali e conservatori, che
degeneravano spesso in vere e proprie guerre civili. L’egemonia dei liberali tra
il 1850 e il 1880 fu accompagnata da una serie di riforme (come l’abolizione
della schiavitù nel 1850) da una riduzione dei privilegi della Chiesa cattolica e
da una netta prevalenza delle tendenze federaliste. Il ritorno al potere dei
conservatori nel 1880 fu seguito da una decisa svolta in senso centralizzatore;
le violenze e i conflitti fra conservatori e liberali proseguirono anche negli anni
successivi, culminando nella grande guerra civile del 1899-1902, la più cruenta
dall’indipendenza del Paese.
La Colombia dal 1900 a oggi. Nel 1903 la secessione dalla C. della provincia
di Panamá, appoggiata dagli USA, provocò un grave deterioramento dei
rapporti fra Washington e Bogotá. L’egemonia conservatrice si protrasse fino
al 1930, mentre il Paese era interessato da fenomeni di modernizzazione, di
prima industrializzazione e di relativo sviluppo economico. I liberali, di nuovo
al potere dal 1930, avviarono una politica di riforme, ma le resistenze dell’ala
destra del partito provocarono contrasti e divisioni al loro interno, fino alla
sconfitta elettorale del 1946, che consentì l’ascesa alla presidenza della
Repubblica del conservatore M. Ospina Pérez. La crescita delle tensioni sociali
favorì una ripresa del conflitto tra i due partiti, aggravatosi anche per la
politica repressiva condotta da Ospina Pérez. Dal 1948 si aprì una nuova fase
di acuta violenza politica (oltre 200.0000 morti) durata circa un decennio. Nel
conflitto fra liberali e conservatori si innestavano fattori diversi, come la
protesta contro l’oligarchia dominante e un’insurrezione contadina nelle
campagne, cui i latifondisti risposero con l’impiego di milizie private,
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accrescendone la dimensione di massa e l’impatto sociale. Infine, liberali e
conservatori giunsero a un accordo, in vigore dal 1958 al 1974, che sancì la
loro alternanza al potere. Questa normalizzazione dei rapporti, tuttavia, non fu
in grado di allargare in modo significativo le basi sociali del sistema politico
colombiano. Di qui lo sviluppo, negli anni Sessanta, di movimenti di guerriglia
come le FARC (Fuerzas armadas revolucionarias de Colombia), vicine al
Partito comunista, ai quali si aggiunse, negli anni Settanta, l’M-19 (Movimiento
19 de Abril). La crisi economica degli anni Ottanta favorì un aumento della
violenza sociale e politica, anche in relazione al forte sviluppo dell’industria
illegale della cocaina; numerose vittime furono provocate, soprattutto dopo il
1985, dal conflitto tra le forze di sicurezza e le organizzazioni dei
narcotrafficanti, che hanno condizionato lo stesso funzionamento delle
istituzioni. Nel 1989 il presidente liberale V. Barco Vargas riuscì a ristabilire il
dialogo con le principali organizzazioni guerrigliere e nel 1990 l’M-19 pose
termine alla lotta armata; tuttavia, nel biennio 1992-93 si assistette a una
ripresa dell’attività terroristica. Malgrado i segnali di disponibilità alle FARC,
da parte del presidente conservatore A. Pastrana Arango, continuarono le
violente dimostrazioni di forza militare, con attentati, massacri e rapimenti. Il
presidente della Repubblica Á. Uribe Vélez, candidato indipendente eletto
(2002) con un programma di lotta senza quartiere a tutte le forze che
destabilizzavano la nazione, adottò dopo due anni di scontri una linea più
moderata, giungendo a un accordo fra il governo e i paramilitari di destra, ai
quali fu promessa l’impunità se avessero deposto le armi. Uribe si impose
anche nelle elezioni del 2006, ma ormai intere zone del Paese sfuggivano al
controllo del governo centrale, in un quadro complesso di corruzione e
violenze diffuse contro la popolazione, legami tra esponenti politici, forze
dell’ordine e gruppi paramilitari, radicamento di una guerriglia che si
finanziava con il narcotraffico.
(TRECCANI, Dizionario di Storia)
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CHIESA CATTOLICA IN COLOMBIA
Panorama di Cartagena. Cartagena, fondata nel 1533, fu eretta diocesi nel 1534.
A partire dalla sua fondazione e per tutta l’epoca coloniale spagnola Cartagena fu
uno dei porti più importanti dell’America latina.
La Chiesa Cattolica in Colombia conta circa 40 milioni di battezzati pari al
91% della popolazione del paese. L’evangelizzazione della Colombia iniziò
con le spedizioni coloniali spagnole del XVI secolo.
Attualmente (2013) La Chiesa cattolica è presente sul territorio con 13
sedi metropolitane, 52 diocesi suffraganee, 11 vicariati apostolici e
1 ordinariato militare.
Sede primaziale è l’Arcidiocesi di Bogotá. Il Nunzio apostolico è Aldo Cavalli.
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Geografia e popolazione
La Colombia è un paese situato al nord-ovest del Sud America. È delimitata
ad est da Venezuela e Brasile, a sud da Perù ed Ecuador e a nord-ovest
da Panamá; in termini di confini marittimi a nord è bagnata dal Mar dei
Caraibi, a ovest dall’oceano Pacifico.
I limiti dell’attuale Colombia corrispondono pressappoco ai confini
convenzionali che aveva in epoca spagnola e coloniale il Nuevo Reino de
Granada. Gli stessi territori fecero parte dal 1819 al 1831 della República de
Colombia,
dal 1831 al 1858 della República
de
la
Nueva
Granada,
dal 1858 al1886 della Confederación Granadina prima e degli Estados Unidos de
Colombia poi. Dopo che nel 1886 fu proclamata una nuova costituzione di
carattere centralista, il paese fu chiamato República de Colombia, nome che ha
ancora oggi.
I colombiani sono etnicamente diversificati: un gran numero di abitanti
discende dagli spagnoli o, in generale, dagli europei; altri sono di discendenza
india o di discendenza africana. Esistono anche combinazioni delle tre etnie.
Storia
Il periodo coloniale (1510-1818)
La cattedrale di Santa Marta, iniziata nel 1766, è considerata Omnium
Columbianae Ditionis Ecclesiarum Mater (madre di tutte le Chiesa delle Colombia)
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Chiesa della Inmaculada Concepción, a Barichara, indiocesi di Socorro y San Gil.
Barichara, fondata agli inizi del XVIII secolo conserva quasi intatti la struttura e gli
edifici del periodo coloniale
Europei arrivarono in Colombia nel 1499 grazie alla spedizione guidata
dallo spagnolo Alonso de Ojeda che giunse nella penisola de la Guajira.
Nel 1510 le autorità spagnole fondarono Santa María la Antigua del Darién e
poi, dopo il consolidamento di questa posizione dominante nelle zone
costiere, fondarono nel 1525 Santa Marta e nel 1533 Cartagena de Indias;
dopo che ebbe inizio l’esplorazione dell’interno, vennero fondate
nel 1536 Popayán e nel 1538 Bogotá.
Gli
spagnoli
furono
accompagnati
nelle
diverse
spedizioni
da missionari (domenicani, agostiniani, francescani e gesuiti) che oltre ad
assistere gli spagnoli e i creoli iniziarono l’opera di evangelizzazione delle
popolazioni indigene. Furono per questo fondate numerosi stazioni
missionarie per tutto il territorio, in particolare nella regione andina e sulla
costa caraibica.
Grazie a questa opera di evangelizzazione fu possibile già nel 1529 creare la
prima
diocesi
(Santa
Marta)
seguita
da
quelle
di Cartagena (1534), Popayán (1546) e Santafé en Nueva Granada (1562). Alla
fine del XVI secolo iniziarono a sorgere i primi seminari.
Durante l’epoca coloniale la Chiesa fu nel territorio colombiano, come nella
maggior parte dei paesi dell’America latina, punto di riferimento soprattutto
per la formazione delle élites creole grazie alla fondazione di qualificati collegi
e università. Importante fu il suo ruolo anche per le opere sociali (in modo
particolare per la fondazione di ospedali) e nell’aiuto alla burocrazia coloniale.
In generale la Chiesa servì dal punto di vista politico come strumento di
controllo e di coesione sociale.
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Il primo periodo dell’indipendenza (1819-1886)
Manuel José Mosquera y Arboleda (1800-1853), Arcivescovo di Santafé en Nueva
Granada, fu membro di una delle famiglie più influenti del paese e più attive nelle
vicende dei primi decenni dell’indipendenza. Fu esiliato nel1852 durante il governo
del Generale José Hilario López, per aver difeso la libertà e l’indipendenza della
Chiesa.
Il primo periodo di indipendenza per la Colombia dalla Spagna fu
caratterizzato da una grande instabilità che si manifestò soprattutto in una
serie di disastrose guerre civili che resero necessarie modifiche costituzionali
sia per quanto riguarda il regime politico che il nome del paese.
La Chiesa, da parte sua, iniziò ad acquisire un’identità nazionale.
Particolarmente evidente in questo primo periodo è l’atteggiamento ostile dei
governi nei confronti della Chiesa: si diffuse soprattutto nelle classi dirigenti
una avversione alla Chiesa dovuta alla naturale identificazione che veniva fatta
tra tradizione spagnola e cattolicesimo. L’atteggiamento delle élites era però in
contrasto con i sentimenti del popolo che continuavano ad essere informati
dalla fede cattolica.
I nuovi governi, dovendo riconoscere l’influsso che la religione cattolica e il
clero esercitavano sul popolo, tentarono di sottomettere e controllare la
Chiesa rivendicando l’eredità del patronato regio e la nomina dei vescovi e
dei parroci. I Papi, pur tollerandola, non riconobbero mai questa pretesa.
Nonostante queste tensioni la Colombia fu il primo paese dell’America latina
ad avere, nel 1835, un rappresentante diplomatico della Santa Sede; ma fu
anche la prima nazione latino-americana a introdurre, nel 1853, una
separazione tra stato e chiesa in senso radicalmente avverso a quest’ultima. A
cominciare dalla presidenza di José Hilario López (1849-1853) e fino
al 1880 circa, la politica dei vari governi fu particolarmente severa nei
confronti della Chiesa: nel 1851 fu soppresso il foro ecclesiastico e fu
proclamata la elezione popolare dei parroci, nel 1861 i gesuiti che erano
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rientrati nel paese durante il governo di Pedro Alcántara Herrán (1841-1845)
furono nuovamente espulsi insieme al legato pontificio, molti vescovi furono
rimossi e fu decretata la totale separazione tra la Chiesa e lo Stato; oltre a
questo furono espropriate le proprietà ecclesiastiche, si revocò alle comunità
religiose la personalità giuridica, fu attribuita alle sole autorità civili la
competenza esclusiva in materia di diritto matrimoniale e i cimiteri furono
sottomessi alle autorità dello Stato.
Il culmine di questa politica anticlericale fu la Constitución Política de los Estados
Unidos de Colombia de 1863 nella quale la Chiesa fu sottomessa al controllo dello
Stato.
Un secolo di Repubblica di Colombia (1886-1986)
La “pace religiosa” (paz religiosa) alla fine del XIX secolo
Rafael Núñez (1825-1894), Presidente prima degli Estados Unidos de Colombia e
poi della Colombia, fu uno degli artefici della “paz religiosa” in Colombia alla fine
del XIX secolo
Ezequiel Moreno y Díaz (1848-1906), agostiniano e vescovo di Pasto, iniziò una
vasta opera di evangelizzazione tra gli indios. “Dio e la Colombia” fu il suo motto,
che riassume la sua instancabile attività svolta non soltanto all’affermazione dei
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valori religiosi, ma anche a quelli sociali per il bene delle popolazioni povere del
paese.
Con la presidenza di Rafael Núñez iniziarono dei rapporti notevolmente
favorevoli alla chiesa anche se la legge di separazione del 1853 non fu abolita.
Dopo che nel 1885 furono ristabilite le relazioni diplomatiche con la Santa
Sede, la Constitución de Colombia de 1886esplicitò il nuovo ruolo che avrebbe
dovuto avere la Chiesa Cattolica, definendola religione dello Stato,
riconoscendola come un elemento essenziale per l’ordine sociale e
accordandole particolari prerogative.
Particolarmente importante fu il Concordato tra la Chiesa e lo Stato del 1887,
grazie al quale la religione cattolica divenne quella ufficiale, la chiesa potè
godere di una notevole indipendenza e le questioni controverse (come la
giurisdizione civile del clero e la competenza ecclesiastica sui cimiteri) furono
affrontate con soluzioni di compromesso.
Grazie a questo nuovo clima tra il 1880 e il 1900 Leone XIII potè erigere sette
nuove diocesi (Tunja, Casanare, Tolima, Socorro, Garzón, Ibagué, Manizales).
Rilevante fu, poi, durante la guerra civile che fra il 1899 e il 1902 sconvolse il
Paese e che costò alla Colombia la perdita di Panama, l’importante funzione
mediatrice della Chiesa svolta in modo particolare da Ezequiel Moreno y Díaz,
vescovo di Pasto dal 1895 al 1906.
Anche nel periodo in cui governò, con stile dittatoriale, il generale Rafael
Reyes, la Chiesa conservò il proprio ruolo di interlocutore autorevole e i buoni
rapporti tra Stato e Chiesa furono simbolicamente testimoniati dalla
costruzione della sede della Nunziatura a Bogotà nel 1908.
La prima metà del XX secolo
Celebrazione in una stazione missionaria colombiana (1932, Archivio storico
di Propaganda fide)
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Nel 1908 i vescovi iniziarono ad organizzarsi come Conferenza episcopale e
nei primi decenni del XX secolo la Chiesa si consolidò in ogni sua parte:
arrivarono in Colombia numerosi Istituti religiosi che si dedicarono in modo
particolare alle opere educative e caritative. Già negli anni ‘50 la Chiesa poteva
vantare un numero impressionante di ospedali, scuole, collegi, orfanatrofi e
centri di assistenza. Particolarmente illuminata fu la creazione di una scuola
radiofonica che, iniziata con modeste pretese nel 1947, aveva nel 1960 educato
più di un milione di campesinos.
Notevole fu l’opera della Chiesa, inoltre, nelle aree rurali e remote del Paese:
grazie alle stazioni missionarie dislocate in tutto il territorio furono costruiti
centinaia di ospedali e scuole oltre che tracciati migliaia di kilometri di strade.
In questi anni la Chiesa fu la principale potenza economica e sociale del paese
grazie alle sue proprietà nelle campagne e ai notevoli investimenti che erano
stati fatti in campo educativo con le università. Notevole fu anche il controllo
in campo politico grazie all’influsso che la Chiesa aveva soprattutto sul partito
conservatore.
Il ruolo di primo piano della Chiesa nella vita del paese era giustificato dalla
enorme percentuale di cattolici e garantito da un Concordato senza uguali per
i privilegi e il ruolo che le venivano riconosciuti.
Dal 1957 al 1968
Nel 1957 la Chiesa ritirò il sostegno che ufficiosamente aveva dato al
presidente Gustavo Rojas Pinilla il quale durante la sua presidenza (19541957), caratterizzata da un acceso populismo che in certi aspetti imitava i temi
del peronismo argentino, aveva governato in modo dittatoriale perseguitando
crudelmente i suoi nemici.
Dopo quell’esperienza la Chiesa appoggiò la costituzione del Frente Nacional, la
coalizione politica ed elettorale tra liberali e conservatori che avrebbe dovuto
riorganizzare il paese dopo le vicende della presidenza di Rojas Pinilla.
Il sostegno che la Chiesa diede al Frente fu fondamentale per legittimarlo agli
occhi di molti colombiani. Tale appoggio venne fornito grazie anche al fatto
che i liberali rinunciarono a qualunque forma di riduzione delle prerogative
della Chiesa nel sistema politico e sociale della Colombia.
A partire dagli anni ‘60 anche i vertici della Chiesa colombiana iniziarono ad
essere scossi profondamente dalla dilagante povertà delle classi popolari:
questa nuova attenzione ai problemi sociali, testimoniata anche dalle tematiche
affrontate durante le riunioni della Conferenza episcopale, fu senz’altro
influenzata dal nuovo clima instaurato dal pontificato di Giovanni
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XXIII (1958-1963). Fu proprio in questi anni che fu spezzato il tradizionale
vincolo del clero con il potere conservatore, fino a quel momento considerato
come il difensore secolare dei valori della cristianità, e la Chiesa iniziava a dar
vita ad un’importante corrente democratica ispirata al cristianesimo sociale e
disposta a lottare per la salvaguardia dei valori universali degli uomini.
Nel frattempo la Chiesa si era consolidata nel Paese ed aveva conquistato una
autonomia anche istituzionale: la maggior parte dei 5500 sacerdoti del clero
secolare e dei 20000 religiosi esistenti in Colombia nel 1965 erano autoctoni.
La fioritura ecclesiale, poi, fu testimoniata anche dall’invio dimissionari in altri
paesi dell’America latina, in Zaire, a Formosa e in Giappone e dalla creazione
di altre cinque circoscrizioni ecclesiastiche nei territori delle tribù autoctone.
La visita di Paolo VI a Bogotà dal 21 al 24 agosto 1968 per il Congresso
Eucaristico Internazionale e per l’inaugurazione della Seconda Conferenza
generale degli Episcopati latino-americani e caraibici confermò il cammino che
la Chiesa colombiana aveva intrapreso e la sollecitò ad ulteriore maturazione.
Dal 1968 al 1986
I fenomeni di urbanizzazione e di modernizzazione che la società visse fin
dalla fine degli anni ‘60 in America latina e in generale in tutti i paesi
occidentali, indebolirono il ruolo della Chiesa cattolica, complice anche la
crescita di vari gruppi protestanti.
Nel 1973 fu rivisto il Concordato tra lo Stato e la Santa Sede nel quale si
affermò che, pur di fronte al ridimensionamento istituzionale del ruolo sociale
e politico della Chiesa, i vescovi colombiani non rimasero mai in silenzio di
fronte ai tentativi da parte dello Stato di legiferare in materie sensibili per la
dottrina cattolica. Nel 1982, ad esempio, i vescovi invitarono i cattolici a non
votare per il candidato liberale alla presidenza che aveva avanzato la proposta
di rendere più facile il divorzio.
«Lo Stato, per quanto concerne il sentimento cattolico tradizionale della
Colombia, considera la religione cattolica apostolica e romana quale elemento
fondamentale al bene comune e allo sviluppo integrale della comunità
nazionale. Lo Stato garantisce alla Chiesa cattolica e a coloro che vi
appartengono il pieno godimento dei diritti religiosi, senza rinunciare alla
giusta libertà religiosa delle altre confessioni e dei loro membri, come d’altra
parte di ogni cittadino»
(Acta Apostolicae Sedis 67 (1975) 421-434).
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Giovanni Paolo II durante la sua visita in Colombia dall’1 al 7 luglio 1986
Il viaggio che compì Giovanni Paolo II dall’1 al 7 luglio 1986 segnò una tappa
storica fondamentale nel cammino della Chiesa colombiana. In quell’occasione
il Papa visitò Bogotà, Chiquinquirà, Tumaco, Popayán, Cali, Chinchinà (dove
incontrò i disastrati dall’eruzione del vulcano Nevado del Ruiz avvenuta il 13
novembre 1985 e che provocò circa 23.000 morti), Pereira, Medellìn,
Lèrida, Bucaramanga,Cartagena, Barranquilla.
Nella cerimonia di congedo il Papa così si espresse:
Ringrazio Dio per aver trovato qui una Chiesa piena di vitalità, traboccante di
generosità, unita nella carità, ben organizzata e soprattutto ben ancorata nei
fondamenti, nella dottrina e nelle norme che le diede il suo divino fondatore.
Questa è la base necessaria e la garanzia sicura per lanciarsi in una nuova
evangelizzazione che, per mezzo delle celebrazioni del quinto centenario della
prima evangelizzazione, prepara la Colombia, come tutta l’America Latina –
continente della speranza – a entrare con impeto e decisione, con la lampada
della fede che diffonde luce e calore nel terzo millennio del cristianesimo.
Siete una nazione cattolica. Non lasciate indebolire l’orgoglio legittimo né
sminuire la responsabilità che ciò comporta» (Giovanni Paolo II, Discorso di
congedo, Aeroporto di Barranquilla 7 luglio 1986).
Dal 1986 ad oggi
Rubén Salazar Gómez, dal 6 agosto 2010 arcivescovo di Bogotá e Primate della
Colombia
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Nella Costituzione del 1991 viene definitivamente superato il riconoscimento
istituzionale del ruolo della Chiesa nella società civile; l’articolo 19 della nuova
Costituzione, infatti, così recita: “Viene garantita la libertà di culto. Ogni
persona ha il diritto di professare liberamente la propria religione e di
diffonderla in forma individuale o collettiva. Tutte le confessioni religiose e
chiese sono libere nello stesso modo davanti alla legge” (Constitución politica
de Colombia de 1991, articolo 19).
Nonostante la perdita di questo riconoscimento ufficiale la Chiesa è rimasta
sempre in prima linea nella formazione della coscienza civile e morale del
popolo colombiano; soprattutto in questi ultimi anni segnati dalla corruzione,
dal problema del narcotraffico e dalla guerriglia armata la Chiesa ha offerto
con il suo impegno e la sua predicazione profetica un punto di riferimento per
il popolo oltre ad aver avuto un ruolo importante nella parziale smobilitazione
della guerriglia e nella denuncia degli abusi contro il rispetto dei diritti umani.
Il martirio, poi, di numerosi sacerdoti e religiosi, del Vescovo di Arauca, Jesús
Emilio Jaramillo Monsalve, e dell’Arcivescovo di Cali, Isaias Duarte Cancino,
ha confermato l’annuncio evangelico e la missione di riconciliazione nazionale.
Benedetto XVI nel 2008, in un messaggio ai Vescovi colombiani riuniti in
occasione del centenario della Conferenza Episcopale, riassunse le difficoltà
della Chiesa colombiana con queste parole: «Non posso (…) dimenticare
l’attenzione che ponete nell’essere uomini di concordia, né le vostre continue
esortazioni affinché cessino la violenza, il sequestro, l’estorsione che
subiscono molti figli di quella amata terra. Prego ardentemente Dio affinché
terminino quanto prima queste situazioni che hanno causato tanto dolore e
affinché in Colombia possa regnare una pace stabile e giusta, in un clima di
speranza e di benessere» (Benedetto XVI, Messaggio alla Conferenza
Episcopale della Colombia, 30 giugno 2008).
I Santi della Chiesa Colombiana
San Luis Beltrán (1526–1581), domenicano spagnolo, è
patrono
della
Colombia.
Iniziò
il
suo
lavoro
missionario da Cartagena de India spostandosi poi per tutto il
territorio dell’attuale regione di Bajo Magdalena. È ricordato
dal popolo colombiano per la difesa degli indigeni di fronte agli
abusi degli encomenderos e degli ufficiali della Corona spagnola. Il
dipinto, olio su tela, è di Francisco de Zurbarán (1640) ed è
conservato al Museo delle Belle Arti di Siviglia.
15
Santo.
San Pedro Claver (1581–1654), gesuita spagnolo,
a Cartagena fu missionario per 44 anni tra gli schiavi
afroamericani.
Si
dichiarò
Aethiopum
semper
servus (“schiavo degli africani per sempre”). È
considerato “pioniere” nella difesa dei diritti umani. La
scultura, in bronzo patinato, è di Enrique Grau (2001),
ed è collocata nella piazza della Chiesa di San Pedro
Claver a Cartagena, dove si trova anche la tomba del
Beato
Mariano
de
Jesús
Euse
Hoyos(18451926), sacerdote, proveniva da un’umile famiglia
colombiana. Esercitò il suo ministero sacerdotale in
diverse parrocchie e si dedicò alla cura fisica e spirituale dei
poveri, soprattutto contadini ed infermi. La tomba del
Beato Marianito si trova nella Chiesa parrocchiale di
Angostura, nella diocesi di Santa Rosa de Osos.
La Beata Maria Laura Montoya y Upeguí (1874–1949),
colombiana, fondò nel 1914 la congregazione delle Suore
Missionarie di Maria Immacolata e di Santa Caterina da
Siena (Hermanas Misioneras de María Inmaculada y Santa Catalina
de Sena), un’opera che ruppe con i modelli e le
strutture religiose dell’epoca; Laura Montoya voleva
condurre a compimento il suo ideale missionario così come
lo espresse nella sua Autobiografia: «Avevo bisogno di donne
intrepide, valorose, infiammate nell’amore di Dio, che
potessero assimilare la loro vita a quella dei poveri abitanti
della selva, per condurli verso Dio».
(Cathopedia, l’Enciclopedia Cattolica)
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I PADRI CARMELITANI
SCALZI IN COLOMBIA
Il Vicariato di Tumaco (la costa colombiana
confinante con l'Ecuador) venne affidato dalla
Congregazione di Propaganda Fide alla nostra
Provincia di Navarra nel 1954. Nel mese di
febbraio del 1990 esso è passato alla Provincia
Colombiana.
Il primo gruppo di missionari carmelitani (OCD) della Provincia di Navarra
fece il suo ingresso ufficiale a Tumaco il 28 giugno 1954. L’allora Prefettura
apostolica comprendeva una vasta zona di 18mila kmq. nella regione di
Narinho, bagnata dall’Oceano Pacifico, al confine con l’Ecuador. Il primo
apostolo di questa zona era stato l’agostiniano San Ezechiele Moreno. La
Prefettura è stata poi elevata a Vicariato Apostolico nel 1961 ed il 29 ottobre
1999 ha acquisito il titolo di Diocesi. Il primo Vescovo carmelitano è stato
Mons. Luis Irizar di Santa Teresina, che prima di allora aveva lavorato nella
missione di Urabà (Colombia), ora abbandonata. Morì prematuramente a 56
anni, nel novembre 1966.
Lo sviluppo della missione di Tumaco in queste cinque decadi di storia
carmelitana, secondo le informazioni della Curia Generalizia OCD, può essere
diviso in tre periodi. Gli inizi con Mons. Luis Irizar (1954-1966), che videro la
creazione di infrastrutture e la costruzione di chiese, case, collegi, aeroporto,
ospedale. Il consolidamento (1966-1990), con Mons. Miguel Angel
Lecumberri, esemplare religioso carmelitano in Cile e attualmente a Pamplona
(Spagna), dopo il suo ritiro da Tumaco. A ricordo perenne della sua intensa
attività pastorale è la creazione, nel dicembre 1970, di Radio Mira, uno
strumento molto importante per l’evangelizzazione di questa zona, dove gli
spostamenti si effettuano principalmente per via fluviale o marittima.
La maturità (dal 1990 ad oggi), con Mons. Gustavo Giron Higuita, primo
Vescovo carmelitano colombiano.
La popolazione è in gran parte afroamericana. L’interesse principale della
Missione è sempre stato l’insegnamento, con la creazione di vari collegi, tenuti
dalle Carmelitane Missionarie. Attualmente il territorio della diocesi di
Tumaco è stato affidato alla provincia carmelitana della Colombia. Altre
famiglie religiose, maschili e femminili, collaborano nell’evangelizzazione del
territorio. Papa Giovanni Paolo II è stato a Tumaco nel 1986. (S.L.)
(Agenzia Fides)
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I sentieri della Città di Dio
Nel 2003 Padre Josè Arcesio Escobar, un carmelitano scalzo, ha fondato
l’opera di carità “Città di Dio”, attivando una fattiva e feconda collaborazione
tra religiosi e laici.
In Colombia gestisce case di accoglienza per ex-prostitute, poveri, bambini e
anziani, vittime della guerriglia dei narcotrafficanti.
Attualmente sono ospitati 130 bambini dai 3 mesi ai 5 anni, per permettere
alle madri di svolgere un'attività lavorativa, 12 anziani e alcune famiglie che
hanno perso tutto, sostenute e accompagnate fino a quanto possono tornare a
vivere autonomamente.
VISITA E INAUGURAZIONE DI NUOVI SALONI DELLA
CITTA’ DI DIOS DI BARBACOAS
23-28 settembre 2013
Ogni volta che andiamo a visitare la Città di Dio di Barbacoas la vediamo
come un grande regalo che il Signore ci ha fatto. Sentiamo la sua presenza
nella comunione con i fratelli e le sorelle di questo luogo. Possiamo anche
vedere quello che sono la Chiesa e il mistero di essere inviati dal Signore in
missione; è ovvio che questa missione è ben distinta da quella che
normalmente ci immaginiamo perché in quel caso ci facciamo solo trasportare
dallo Spirito, per capire che la missione consiste nel disporci con docilità e
lasciare che Dio operi attraverso la nostra povertà e così, scopriamo con
stupore che la Sua sola presenza è fonte di benedizione per tutti. Noi ci
proponiamo semplicemente come canali di grazia e benedizione, stando
attenti ai segni che ci vengono mostrati attraverso le persone e le circostanze
che ci si presentano davanti. E’ permettere che il tuo essere devoto si
trasformi nella presenza concreta e vicina di Dio per gli altri.
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Il Viaggio
Dopo essere stati accolti fraternamente dalle suore carmelitane missionario di
Tumaco, ci siamo inoltrati nella foresta nariñense, attraverso una strada che in
realtà è un sentiero che ogni giorno sembra essere in condizioni peggiori:
quando le condizioni sono favorevoli si possono percorrere quei 52 km in
otto ore; a condizione che si viaggi in uno di quei pulmini piccoli, perché con
il pullman ci si potrebbe impiegare fino a 12 ore. In ogni caso, nonostante la
scomodità, potremmo dire che è un viaggio piacevole, nel quale possiamo
sperimentare la presenza di Dio attraverso la foresta monotona, nei visi di
indigeni, neri e meticci che ci appaiono inaspettatamente lungo il viaggio, in
qualsiasi punto del percorso, in case isolate o piccoli villaggi. Attraverso le
finestre delle case di legno si riuniscono le persone per vedere le macchine
passare; come se uscissero per un momento dal fondo del loro mondo
misterioso per stabilire un contatto con la civiltà rappresentata appena dai
veicoli e i loro passeggeri. E subito dopo si immergono di nuovo nel silenzio
della loro semplice storia, in profonda comunione con la natura, quasi
mimetizzandosi con l’ambiente attorno. Percepiamo un tempo diverso, un
altro spazio, un altro mondo. In questi luoghi si vive come in un passato
eterno, in maniera molto diversa della dinamica della civiltà attuale. La gente,
senza fretta, aspetta solo che il giorno passi e che si arrivi alla notte, seduta alla
porta della propria casa, per cominciare di nuovo le stesse cose…e così fino a
che l’eternità li abbracci, quando Dio li visita e li conduce alla sua dimora.
A Barbacoas, La Città di Dio
Nell’arrivare a Barbacoas, si percepisce subito un grande contrasto perché gli
abitanti camminano come formiche da una parte all’altra. Lottano per
sopravvivere in mezzo alle forze molteplici della violenza che tentano di
sedurre e trovare seguaci, senza rispetto per la loro libertà. Molte volte capita
che giovani e adulti, contro la propria volontà, si sentono obbligati a entrare in
uno di quei gruppi come per sopravvivere, sebbene paradossalmente ciò che
intraprendono è un cammino verso la morte. I fattori di rischio minacciano da
tutte le parti, per grandi e piccoli, perché tutti vivono in mezzo al conflitto
armato.
Come un faro di luce, di pace e di amore, si innalza la Città di Dio, dando il
benvenuto a tutti i visitatori come un segno della presenza di Dio e della
sicurezza per chi giunge in quel luogo in ricerca di speranza, di compagnia e di
ascolto; nella ricerca di Dio che è l’unico che può offrire sicurezza e sollievo in
mezzo alla lotta armata nella quale si svolge la storia di Barbacoas e dei suoi
abitanti.
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Le Suore Carmelitane rappresentano la benedizione del Signore per tutti;
credenti e non credenti. Le suore accompagnano silenziosamente questo
paese. E’ come un miracolo! Loro, fragili e limitate, senza alcuna arma al di
fuori dell’Amore, offrono le loro vite per trasformarle in un segno eloquente
della presenza e della compagni di Dio. Nella loro vita quotidiana, con la loro
missione si sono diventate sicurezza e fonte di speranza per molti.
Come sempre, accolgono i bambini con i loro abbracci, sorrisa, allegria e canti,
con grande ingegno e creatività. Le suore mantengono bella la Città di Dio.
Ogni angolino curato dalla mano delicata di una carmelitana fa sì che in questo
luogo si respiri la presenza di Gesù e la fraternità. In quel luogo accadono cose
diverse da quelle che accadono in ogni altra parte. E’ una realtà nuova, è
qualcosa di diverso; è come se fosse uno spiraglio di cielo in mezzo alla
foresta. Non bisogna sforzarsi molto per verificare le parole del Maestro:
“Beati i poveri perché di essi è il Regno dei Cieli”.
Ci troviamo davanti una Città di Dio viva, piena di allegria, di attività, di canti
e di esperienze formative; una Città di Dio che si prende cura di piccoli, madri,
giovani, adolescenti, indigeni e afro; tutti, trovano in essa qualcosa che non si
sa spiegare ma che noi sappiamo cosa sia: il Grembo di Dio!
Abbiamo celebrato l’Eucarestia e abbiamo benedetto “l’angolo di San Josè”
un nuovo edificio composto da tre saloni per i bambini e un grande
auditorium al piano superiore, che servirà per la formazione e le attività con gli
adolescenti, i catechisti e gli adulti. L’edificio venne molto bene e la vista sulla
foresta invita alla preghiera, al silenzio e all’incontro con il Signore.
Ciò che fanno i bambini
La geniale creatività dei bambini è incantevole. Uno di loro, di circa tre anni,
trovò un pezzo di lana arancione e disse che era un aquilone. I suoi amichetti
riconobbero subito nel pezzetto di lana l’aquilone immaginario e
cominciarono a giocare. Improvvisamente uno di loro disse che avrebbero
portato l’aquilone al fiume e cercarono uno dei piccoli canali che raccolgono
l’acqua che cade dal tetto della cappella e lì scoprirono il meraviglioso fiume
dove fecero avventure con l’aquilone dicendo in varie occasioni che era sul
punto di annegare. Poco dopo abbiamo scoperto un gruppo di bambini che
avevano attaccato una corda alla ringhiera di una scala e la tiravano con tutte
le loro forze, perché “era una mucca molto testarda” e dovevano trascinarla.
Con le suore abbiamo messo dei mattoni sopra il pantano che si era creato di
fronte ai bagni per evitare che si sporcasse il pavimento nell’entrare e nel
mentre del lavoro un bimbetto si sedette sopra uno dei mattoni e disse che
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quella era la sua macchina; cominciò a guidarla, fischiettando e frenando e
facendo finta di essere ubriaco, perché “quelli che guidano bevono”, ci diceva.
Poi degli altri bambini si unirono al gioco e si sedettero dietro di lui, sopra i
mattoni, sfruttando il viaggio su questo originale mezzo di trasporto.
Ciò che fanno le suore
E’ davvero da ammirare il lavoro che fanno le suore Mercy Ortiz, Beatriz
Ortiz e Lucina Roldàn, La loro allegria è contagiosa. Si sente la presenza di
Dio in ognuna di loro. Trasmettono una luce speciale, la stessa che ricevono
ogni giorno nella preghiera, che è vissuta con fedeltà e comunicata ai più
bisognosi e amati dal Signore.
Le suore sono simbolo di sicurezza per la gente e sono anche di compagnia
per i sacerdoti del posto Juan Carlos Calzada e Alberto Otàlora, che vedono in
loro delle vere suore, figlie di Padre Palao, innamorate della Chiesa e disposte,
per essa, a donare la propria vita.
Inaugurazione e benedizione dei nuovi saloni
E’ stato bellissimo celebrare l’Eucarestia nell’intimità della Città di Dio.
L’abbiamo vissuta in segno di grazia per la vita di ogni giorno ed è stato
bellissimo poter l’incontro con la gente nella grande celebrazione della
benedizione dei nuovi saloni. Questi nuovi spazi sono frutto del lavoro di
molto, tra i quali, la Fondazione Ramirez Moreno, la comunità del MEC
dell’Italia e molti altri benefattori che con il loro appoggio hanno reso
possibile che un numero significativo di bambini di Barbacoas abbiano adesso
tre saloni in più nella Città di Dio e un auditorio molto ampio per svariate
attività.
Per la celebrazione sono giunte molte persone dal centro di Barbacoas, i
gruppi apostolici, giovani che con le loro danze e con le loro voci melodiose e
potenti hanno fatto arrivare il loro canto fino al cielo. Lo spettacolo offerto
dopo l’Eucarestia fu molto bello e creativo: parteciparono i bambini e i
giovani con danze e canti e anche gli adulti anziani hanno improvvisato dei
balli. Abbiamo concluso la giornata con un battesimo di un piccolo bimbo
indigeno, di 14 mesi, ma che sembrava appena nato dato il suo peso e la grave
denutrizione. Durante il battesimo il bimbo piangeva con dolore e
singhiozzava senza forze dando l’impressione di stare molto male; al punto
che pensavamo potesse morirci in qualunque istante. Purtroppo suo padre
non ci ha permesso di portarlo all’ospedale. Suo papà è sempre ubriaco e sua
madre, sui 24 o 25 anni ha un grande ritardo mentale. La coppia ha sette figli e
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stanno aspettando l’ottavo. La madre è incinta di otto mesi ma non vuole
essere aiutata né da un medico né con i medicinali.
La piccola comunità che si formò in quei giorni nella Città di Dio di
Barbacoas era composta, oltre che dalle suore della casa, dalle suore Gloria
Anaya e Stella Pareja, le quali, in nome delle provincie di Bogotà e Medellin,
erano in visita pastorale a Barbacoas. Eravamo accompagnati inoltre da Elena
Correa, una giornalista dell’Università di Antioquia, incaricata alla fotografia,
video e la parte visuale delle Città di Dio e Padre Josè Arcesio Escobar,
direttore della Fondazione Santa Teresa di Avila. Abbiamo anche visto il
magnifico rapporto che c’è tra le suore e i sacerdoti del paese, fatto di mutua
assistenza e aiuto. Con loro abbiamo avuto l’opportunità di condividere un
pranzo nella Città di Dio e il giorno dopo, un altro nella canonica di
Barbacoas.
Lungo il fiume Telembi
Siamo stati invitati dalle suore a percorrere il fiume Telembi fino a Roberto
Payan, dove abbiamo fatto visita ai padri della parrocchia di San Josè,
sacerdoti africani che prestano i loro servizi nel Vicariato di Tumaco. I padri
Richar e Simon Pedro, dall’Uganda, Africa, gestiscono la parrocchia di questo
paesino.
Presente e futuro
Cogliamo l’occasione dell’inaugurazione del nuovo lavoro nella Città di Dio di
Barbacoa, costruito grazie all’aiuto dei fratelli italiani del MEC e alcune altre
istituzioni, per programmare il prossimo lavoro da fare sul posto. L’ingegnere
in carica, Jorge Mario Benavides, ha dato l’ok a tutti i nostri suggerimenti e ha
promesso di inviare il bilancio per il lavoro da svolgere.
Lasciando la Città di Dio di Barbacoas, sentiamo il desiderio di tornare e il
desiderio di poter partecipare in modo permanente nella vita e nelle attività
della Città di Dio, che vediamo crescere con tanta gioia. Eterna gratitudine alle
Suore Carmelitane che danno la loro vita al servizio del Regno tra i più poveri
e per la splendida e fraterna accoglienza che ci hanno dato.
Movimento Ecclesiale Carmelitano
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23
6° edizione
“Girotondo intorno al mondo.
Insieme ai bambini della
Colombia”
***
Programma della serata
Conduce
Danilo Esposito
***
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Interventi canori e musicali
"PICCOLA ORCHESTRA BUONARROTI"
ISTITUTO COMPRENSIVO REGINA ELENA
Diretta dal
M° Teresa Ceccato
Dirigente Scolastico
Dott.ssa Rossella Sonnino
Docenti di strumento:
Violino - Teresa Ceccato
Clarinetto - Alessandro Di Carlo
Chitarra - Letterio Ammendolia, Francesca Meli
Pianoforte - Annarita Fontana
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La ”Piccola Orchestra Buonarroti” inizia la sua attività nell’a.s. 2003/04, dietro
la forte spinta dei docenti L. Ammendolia, T. Ceccato e A. Fontana.
L’Orchestra, nel corso degli anni, offre esibizioni pubbliche anche nell’ambito
di eventi a carattere sociale, suonando per Telethon e per l’Ospedale Bambin
Gesù. Nell’a.s. 2007/2008, partecipa al Concorso nazionale “Musica e
cinema” di Roma, vincendo il I premio. Nell’a.s. 2008/2009, produce un
DVD delle attività svolte nei corsi ad indirizzo musicale. Nell’a.s. 2009/10,
l’Orchestra si presenta al prestigioso Concorso nazionale “E. Zangarelli” di
Città di Castello, vincendo il I premio; in tale occasione, l’Orchestra ottiene
anche il premio speciale per la migliore sezione archi. Le partecipazioni ai
concorsi proseguono nell’a.s. 2010/11, quando l’Orchestra si esibisce a Norcia
in occasione della rassegna nazionale per le scuole medie ad indirizzo musicale
e vince il III premio al Concorso nazionale “E. Zangarelli” e il II premio al
Concorso nazionale “Città di Loreto” - Ancona. Anche in questa occasione,
l’Orchestra vince numerosi premi con i suoi solisti e le formazioni da camera,
tra cui spicca il I premio dell’ensemble di chitarre. Nell’a.s. 2011/12,
l’Orchestra ottiene un riconoscimento vincendo il I premio assoluto al
Concorso Internazionale “P. Barrasso” di Pescara. Nell’a.s. 2012/13 gli allievi,
ricevono premi e riconoscimenti al Concorso Internazionale “Musica e
Cinema” di Roma, in formazioni cameristiche e come solisti, in particolar
modo si distinguono il trio due violini e pianoforte e l’ensemble di chitarre
che vincono, nelle rispettive categorie, il I premio con menzione speciale.
Nell’Ottobre scorso, la Piccola Orchestra Buonarroti si è esibita nella
prestigiosa Sala S. Cecilia del Parco della Musica di Roma, riscuotendo attestati
di stima e unanimi consensi.
***
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"ORCHESTRA I. C. A. BALABANOFF"
ISTITUTO COMPRENSIVO "ANGELICA
BALABANOFF"
Diretta dal
M° Luigi Marinaro
Dirigente Scolastico
Dott.ssa Anna Proietti
Docenti di strumento:
Flauto - Rossella Montanari
Strumenti a Percussione - Luigi Marinaro
Chitarra - Franco Capri
Pianoforte - Pietro Blumetti
L’Orchestra dell’Istituto Comprensivo “Angelica Balabanoff” di Roma, nasce
dalla volontà dei docenti dell’Indirizzo Musicale di offrire ai ragazzi
l’opportunità di crescere e maturare attraverso l’esperienza del “fare musica
insieme”. La sua attività inizia nell’a.s. 2003-2004 e nel corso degli anni si è
esibita in pubblico nell’ambito di numerosi eventi a carattere musicale.
Nel 2004 ha partecipato alla manifestazione, organizzata dal comune di Roma,
“La Notte Bianca” esibendosi presso l’Auditorium Parco della Musica di
Roma. Sempre nell’ambito de “La Notte Bianca” nella edizione del 2005, si è
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esibita sul palco di Villa Torlonia, ricevendo gli apprezzamenti del sindaco
Veltroni.
Dal 2008 al 2011 presso l’Auditorium Parco della Musica ha preso parte alla
rassegna “Scuole in palcoscenico”, organizzata dall’Associazione “Amici
dell’Auditorium”.
Dal 2009 al 2011 ha partecipato alla rassegna “Scuole in piazza”, organizzata
nel territorio del V municipio, in difesa dell’acqua bene comune.
Nel 2010 si è esibita in occasione dell’evento organizzato dal comune di Roma
“Scuole in festa” presso Villa Borghese.
Numerose sono le partecipazioni e affermazioni a concorsi nazionali di
musica, dove sono risultati vincitori gli ensemble strumentali delle classi di
flauto, chitarra, percussioni e pianoforte (Arts Academy 2003, Città di Roma
2008, San Virgilio..in canto 2010, Città di Campagnano 2010 e 2011, Città di
Celano 2013, Musica e Cinema 2014).
Nel 2013 l’Orchestra dell’I.C. “A. Balabanoff” vince il I° premio al Concorso
Nazionale “E. Zangarelli” Città di Castello e il premio speciale per il “Miglior
arrangiamento”.
Sempre nel 2013 l’orchestra si aggiudica il I° premio al Concorso Nazionale
“Jacopone da Todi” e vince anche il I° premio per la “Migliore composizione
originale”.
***
PROGETTO "MUSICAMENTE" REGINA
ELENA
Docenti di strumento:
Chitarra - Letterio Ammendolia
Pianoforte - Annarita Fontana
Clarinetto - Alessandro Di Carlo
Violino - Teresa Ceccato
MusicaMente è un progetto dell’Istituto “Regina Elena” che nasce
dall’esigenza di offrire un punto di riferimento per gli allievi desiderosi di
intraprendere un percorso musicale, come ulteriore veicolo di crescita
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culturale individuale e collettiva. Il progetto si snoda in due direzioni
principali: l’avviamento allo strumento musicale, rivolto agli alunni della scuola
primaria che manifestano la curiosità di conoscere la musica da vicino, e il
potenziamento strumentale, per gli ex allievi dei corsi ad indirizzo musicale del
nostro Istituto, come continuità didattica per approfondire e sviluppare tutte
le tematiche inerenti l’ascolto e la pratica strumentale.
Attraverso una costante pratica individuale e d’insieme, vengono perseguiti
obiettivi trasversali di assoluto valore, come lo sviluppo dei processi logici, la
socializzazione, il rispetto degli altri, l’autostima, il controllo dell’emotività
legata all’esecuzione, che tendono a formare una “Mente musicale” sempre più
aperta e rivolta al futuro in modo libero e consapevole.
***
ASSOCIAZIONE CULTURALE
"SENZATEMPO" ROMA
Docenti di strumento:
Flauto - Rossella Montanari
Strumenti a Percussione - Luigi Marinaro
Pianoforte - Mario Madonna
Chitarra - Emmanuel Losio
L’Associazione Culturale “senzaTempo”, formata da musicisti e didatti del
settore, nasce nel 2014 dalla volontà di contribuire in modo sostanziale alla
formazione dell’individuo, attraverso l’esperienza del “ far musica insieme”.
Opera nel IV Municipio di Roma e svolge attività divulgativa della cultura
sotto l’aspetto musicale, favorendo l’integrazione di ragazzi provenienti da
diverse esperienze e realtà sociali. A tale proposito, è nato un “laboratorio
musicale” che vede la partecipazione di ragazzi, dai 14 anni in su, che abbiano
avuto una formazione di base del linguaggio musicale e che abbiano voglia di
condividere una passione comune, la Musica, per migliorare se stessi,
contribuendo alla costruzione di una “società civile” .
***
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PROGRAMMA ORCHESTRE
TRADIZIONALE ROMANIA - “SIRBA”
Orchestra I.C. Balabanoff (classe I)
W. A. MOZART - “ALLEGRO”
Ensemble chitarre (Balabanoff)
M. RAVEL - “PAVANE”
Ensemble clarinetti
F. TARREGA - “PRELUDIO “LÀGRIMA”
C. MACHADO - “FREVO”, “CATIRA”
Ensemble chitarre (Regina Elena)
J. OFFENBACH - “BARCAROLA”
Ensemble violini
Y. TIERSEN - “COMPTINE D’ÉTÉ N.2”
Piccola Orchestra Buonarroti
J. ZAWINUL - “MERCY, MERCY, MERCY”
C. COREA - “ARMANDO'S RHUMBA”
Ensemble flauti e percussioni
M. JACKSON - “BILLIE JEAN”
E. MORRICONE - “C’ERA UNA VOLTA....”
Orchestra “Balabanoff Buonarroti”
AA.VV. - “MUSIC.....ALL”
Ass. cult. “senzaTempo” e Progetto “MusicaMente”
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* * *
“Essere poveri”
Racconto della Colombia
Un papà benestante volendo che suo figlio sperimentasse sulla
propria pelle l’essere povero, lo portò a vivere un paio di giorni in
montagna con una famiglia di contadini.
Passò tre giorni e due notti nella loro casa di campagna.
Ritornando in città in auto, il papà chiese al figlio:
- Cosa ti è sembrata l’esperienza?
- Buona, rispose il figlio mentre guardava verso l’orizzonte.
- E …cosa hai imparato? Insistette il papà...Il figlio rispose:
Che noi abbiamo un cane e loro ne hanno quattro;
Che noi abbiamo una piscina con acqua stagnante che arriva a metà
del giardino…E loro hanno un fiume immenso con acqua cristallina,
dove vi sono pesciolini ed altre bellezze.
Che noi importiamo lanterne dall’Oriente per illuminare il nostro
giardino... Mentre loro si fanno luce con le stelle e la luna.
Che il nostro cortile arriva fino allo steccato… E il loro arriva fino
all’orizzonte.
Per mangiare noi compriamo il cibo;... loro seminano e raccolgono il
loro.
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Noi ascoltiamo CD... Loro ascoltano una perpetua sinfonia di
uccelli, pappagalli, rane, rospi, scarafaggi ed altri animaletti...
Noi cuciniamo con la stufa elettrica...Loro tutto quello che mangiano
sa di quel glorioso sapore di forno a legna.
Per proteggerci noi viviamo circondati da muri, con allarmi…
Essi vivono con le porte sempre aperte protetti unicamente
dall’amicizia dei loro vicini.
Noi viviamo collegati al cellulare, al computer, alla televisione...
Loro, invece, sono "collegati" alla vita, al cielo, al sole, al verde della
montagna, agli animali, alle loro semine, alla loro famiglia.
Il papà restò colpito dalla profondità riflessiva del figlio… e infine il
figlio concluse:
Grazie papà, per avermi insegnato quanto siamo poveri !
* * *
Intervento dei Padri Carmelitani
Fr. Cesar Armando Garcia Rodriguez o.c.d.
e del volontario in Colombia
Alberto Pacifici
***
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Testimonianza di Alberto Pacifici
E’ passato poco più di un mese da quando ho lasciato il paese di Norcasia,
nella regione rurale di Caldas, in Colombia, con il bus delle 6:30 del mattino.
Ho salutato le sue strade dissestate, il parque, ovvero la piazza principale –
forse l’unica, per gli occhi di un europeo – e le sue palme pitturate alla base di
bianco, giallo, arancione e più alte degli edifici che le fanno da cornice, e i suoi
abitanti sorridenti, gioviali e timorosi, e mai diffidenti. Ad abbracciarmi forte,
all’arrivederci, l’hermana Yaneth e Tommaso, e il sole. Il sole tropicale, alto in
cielo a scandire l’inizio di un altro giorno di verano caliente. Un giorno
comune, cui un’alba incurante della mia partenza aveva già dato il via un’altra
volta ancora, con o senza di me. E con o senza di me le settemile anime che
popolano Norcasia si sarebbero svegliate – ma la maggior parte sarebbe stata
già sveglia da un pezzo, alle 6:30 del mattino – e avrebbero affrontato un altro
normalissimo giorno di vita. Il contadino Alex, gestore della nostra Granca
MonteCarmelo – il cui cartello spartano con su inciso il nome ci era stato
rubato da un gruppo di ragazzi vendicativi, ma già si stava provvedendo a
rimpiazzarlo con un altro, molto più bello – sarebbe arrivato con la sua moto
alla fattoria per mungere le nostre vacche dal nome rigorosamente
carmelitano, Teresa e Edith. Il meccanico del paese, Isael, avrebbe buttato un
occhio alla sua officina prima di dirigersi a scuola, dove svolge il suo
“secondo” lavoro, quello di professore, come la maggior parte dei professori
Norcaseñi. Il negro avrebbe aperto il suo negozio di accessori di elettronica di
provenienza asiatica, e i proprietari delle cantinas – i luoghi votati
all’intrattenimento notturno di quei molti, moltissimi campesini in cerca di
rumbia alcolica – avrebbero aperto le porte per accogliere i bevitori più
mattinieri.
La hermana Yaneth, di lì a poco, avrebbe raggiunto l’hermana Amparo per
svolgere le lodi mattutine nella accogliente casa delle sorelle carmelitane
missionarie – o nel suo giardino tropicale, se ci fosse stato del vento ricco di
cui godere - che mi ha ospitato durante i miei primi giorni da missionario,
permettendomi di prendere confidenza con il clima, con i ritmi di vita, con le
persone con cui avrei vissuto per i due mesi successivi. E insieme avrebbero
pregato per me, per il breve viaggio che stavo per intraprendere prima di
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tornare in Italia, e avrebbero pregato per Tommaso, e per il lungo viaggio che
già aveva intrapreso. E avrebbero pregato per Norcasia e i suoi abitanti, e per
quel manipolo di adolescenti che sono i nostri ragazzi, miei amici e fratelli
minori.
Le ragazze – Paola, Stefanny, Luzkarime, Yamile, Yamie, Erika, Carol e Ana
Milena- avrebbero indossato la divisa, e dopo una rica colazione sarebbero
state incalzate da doña Sonia ad affrettarsi per andare a scuola. I ragazzi –
Diego, Farlei, Yaison, Andrès, Licho e suo fratello Julian – avrebbero aperto
gli occhi assonati accompagnati dal suono della musica colombiana diramata
dai loro cellulari-sveglia – impostata ovviamente a ridosso dell’inizio delle
lezioni - e in pochi minuti avrebbero cucinato la colazione, rifatto i letti,
lucidato le scarpe della divisa, combattuto per chi si sarebbe lavato per primo,
e consumato tutta l’acqua del serbatoio della fattoria per fare la doccia. E poi,
placidamente, si sarebbero avviati verso la scuola, cui sarebbero arrivati in
ritardo, come al solito.
E poi la giornata sarebbe proseguita: i lavoratori venuti apposta dal Quindio
avrebbero portato avanti la costruzione della stalla nella fattoria. Tommaso
avrebbe fatto colazione alla casa delle suore, e poi sarebbe montato in sella alla
sua moto per svolgere tutte le commissioni e le attività della giornata. La
hermana Yanette avrebbe continuato a svolgere il suo ruolo non ufficiale di
punto di riferimento per tutti, nel paese e nella nostra fondazione, e
nonostante i molti impegni avrebbe salutato tutti a gran voce da un lato
all’altro della piazza, ridendo e scherzando. E tutti avrebbero fatto lo stesso
con lei. E i ragazzi sarebbero usciti da scuola nel pomeriggio, e magari
lavorato un po’ nel campo, o seguito il corso pomeridiano di costruzione del
pollaio per la Granca, o fatto i compiti, o semplicemente passato il tempo
insieme, tra loro e con Tommaso.
E mentre questo mondo prezioso in cui ho avuto la fortuna di vivere andava
avanti, io andavo via, il ventidue di agosto. E mentre questo mondo prezioso
andava avanti, io arrivavo, solo un mese e mezzo prima.
Sono arrivato nella tarda serata del nove luglio, dopo un viaggio in taxi da
Bogotà durato più di nove ore. Nonostante la sindrome da jet leg, la notte
buia, lo sconquassamento emotivo causato dalla guida spericolata del tassista –
non potrò mai dimenticare il chilometro di corsa nella corsia contromano, e i
sorpassi nella preferenziale (quella sbagliata!) al ritmo di bajanato - sono
rimasto impressionato dalla strada che porta dal La Dorada a Norcasia,
limitata ai lati da due pareti di vegetazione tropicale. E la prima domanda che
ho mi sono posto al risveglio è stata: “Ma dove sono finito?” e la risposta:
“Sono in un piccolo paese di contadini nell’entroterra della regione più rurale
della Colombia, a diecimila chilometri da casa”. E poi un’altra domanda, La
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domanda: “E ora?”.
E non ho avuto tempo di avere paura, o di sentirmi a disagio, o di darmi una
risposta. La verità è che ero arrivato semplicemente in una nuova casa, e che
mi sono subito sentito parte di una famiglia che mi stava aspettando a braccia
spalancate, nonostante non avessi fatto niente per meritarlo, nonostante non
lo sapessi. E poi cosa ho fatto? Ho vissuto. Ho semplicemente vissuto in una
realtà che mai mi è sembrata estranea, o se mai mi è sembrato così, è stato
solo per pochissimi momenti. Quando dico che ho “semplicemente vissuto”
intendo che non ho fatto altro che alzarmi la mattina, godere di ottimi pasti al
desayuno, all’almuerzo, alla comida, e parlare e vivere insieme a un gruppo di
persone che non conoscevo, ma con cui ho subito compartito dei momenti di
vita. Compartire. Che in italiano significa condividere, ma che in spagnolo ha
un significato molto più intenso e comunitario di condividere, che nella sua
etimologia sottintende il verbo dividere, e quindi una momento di rottura, di
individualità. Compartire significa prendere qualcosa e viverla congiuntamente,
alla pari, godendone insieme, e godendo contemporaneamente del fatto che la
si sta vivendo insieme. Si può compartire del cibo, o una passeggiata, o una
gita – come quella che io e Tommo abbiamo regalato a tutti i ragazzi,
accampandoci tutti insieme per tre giorni in riva ad un lago vulcanico. Ma si
può compartire anche la sofferenza, la rabbia, la frustrazione di vivere in un
luogo in cui abusare di una ragazzina di tredici anni dietro la porta di un
bagno, nella scuola dove dovrebbe essere protetta, è considerato dalla
omertosa e corrotta polizia locale un fatto da niente, una ragazzata sulla quale
non si può che chiudere un occhio. Si può compartire il disagio di ricevere
delle minacce, dei furti di notte solo perché si vuole proteggere quella stessa
ragazza, e le sue compagne di casa e di vita, accompagnandole a scuola la
mattina, e andandole a riprendere nel pomeriggio per evitare che quegli stessi
ragazzi possano riproporre le violenze di cui si erano già macchiati. E si può
compartire l’imbarazzo e l’inadeguatezza che si prova a far visita a una famiglia
che vive in una casa senza pavimento, con il perimetro delimitato non da
mura, ma dai teloni verdi dei “lavori in corso”. E di vedere che il terriccio che
costituiva il suolo calpestabile era perfettamente spazzato, come se fosse una
“casa vera”. E nonostante tutto, quasi non far caso alla terribile povertà, tanto
caliente e meravigliosa era l’accoglienza che ci avevano riservato.
Certo, ho lavorato nel campo della Granca sotto il sole equatoriale, ho
raccolto decine e decine di sacchi di letame che avrebbero fatto da concime
organico per la fattoria, ho trasportato di peso dozzine di tronchi di guadua da
60 chili, aiutato i ragazzi con i compiti di tutte le materie e passato delle
giornate in cui il mio unico pensiero è stato “voglio solo dormire”. Ma
neanche per un momento ho sentito di aver fatto abbastanza per ripagare
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tutto l’amore, la benevolenza e la comprensione che mi sono stati riservati. E
ancora adesso non saprei spiegare l’affetto e la gioia nei miei confronti – e che
io provo almeno allo stesso modo - quando parlo con i ragazzi, con Tommaso,
con la Hermana su facebook o su qualche altro social network. O il
sentimento che spinse il l’anziano e bizzarro ingegnere capo dei lavori in
guadua a dirmi “Alberto, sappi che quando tornerai in Colombia avrai un
nuovo amico, vecchio e povero, ma un nuovo amico”, o Paola, una delle
ragazzine più piccole, a dirmi “sei una persona speciale, e spero che la vita ti
renda felice”. E non è retorica, è la realtà, perché nemmeno per il più breve
istante ho pensato di aver fatto abbastanza per meritare tutto questo.
Ma un’altra verità, e l’ho capito solo ora che è passato del tempo, è che forse
non dovevo fare di più. Dovevo solo vivere, compartire. E alla fine, in questo
modo semplicissimo, forse sono riuscito anche io a portare qualcosa di buono
in quella comunità così diversa eppure così familiare. Sperando che valga
almeno un decimo di ciò che di buono ha dato a me.
(ottobre 2014)
***
LETTERA DI DAVIDE PIVA AGLI UNIVERSITARI DEL
M.E.C.
Hola compañeros!!!
Come va? Vi scrivo da Norcasia, ridente cittadina appartenete al
dipartimento di Caldas, che sorge nel mezzo di due cordigliere delle Ande
Colombiane. Qua la natura è uno spettacolo, abbondante in forme e varietà di
animali e vegetali… da restare a bocca aperta! Per quello che mi è sembrato in
questi due giorni, la povertà è tanta, sia materiale, che spirituale, che educativa.
Nonostante questo la gente è molto accogliente e simpatica, anche se non
capisco ancora nulla di quello che dicono! Per ora mi sento un po’ un pesce
fuor d’acqua, perché non riesco a fare un discorso di senso compiuto con una
persona, e mi ritrovo a fare e gesti e versi che non capirei nemmeno io stesso.
Ma confido di imparare presto la lingua e cominciare a fare sul serio.
Comunque, tralasciando tali baggianate, vi scrivo per raccontarvi un po’
le motivazioni che mi hanno spinto a venire in missione, e soprattutto per
mantenere i contatti con voi. Non voglio infatti che la mia sia un’esperienza
solitaria, distaccata da ciò che state vivendo in Italia. Infatti noi tutti, anche se
lontani e occupati in faccende diverse, condividiamo il medesimo desiderio di
36
bellezza, pace e amore, che cerchiamo di raggiungere attraverso la fede e con
le nostre opere. Per questo spero che anche voi vi prendiate a cuore la mia
missione, come io cercherò di prendere a cuore le vostre. Inoltre mi piace
pensare che la nostra amicizia per tutto questo tempo resterà sacra e vera
come lo è sempre stata, e continui nel reciproco ricordo ed affidamento al
Signore durante la preghiera.
Il primo motivo che mi ha mosso verso questa scelta è semplicissimo: un
naturale e genuino desiderio di fare del bene al prossimo. Da sempre ciò che
più mi ha smosso e riempito il cuore di gioia e di speranza sono stati esempi di
opere di carità e gratuità e, nei casi in cui sono io stato io l’artefice di questi
gesti, mi sono sentito realizzato ed in Comunione con Dio e con le persone.
Voi direte: “Stolto, puoi farlo anche qua a Brescia il bene!”. Verissimo! Ma
nell’ultimo anno mi sono sentito particolarmente chiamato a venire a
Norcasia, per varie ragioni: perché il progetto che andremo a realizzare è
particolarmente legato a ciò che ho studiato, perché ho conosciuto le suore e
P.Arcesio e ne sono rimasto affascinato, perché Tommo ha bisogno di aiuto. E
poi penso che sia più facile riuscire a fare del bene in una terra dove la povertà
è molta e le necessità sono numerose. Oltretutto Punto Missione, e quindi il
MEC, cercavano qualcuno che potesse recarsi a Norcasia… Forse molti
sarebbero partiti volentieri, ma le loro situazioni in Italia non glielo hanno
permesso. Io che ho avuto la fortuna di poter venire, sento forte il mandato da
parte loro e da parte vostra. È come se mi diceste: “Vai Davide, sappiamo che
puoi fare tante belle cose, vai e porta alto il nostro nome in Colombia!”.
Quindi la mia responsabilità aumenta ancora di più, poiché non riguarda solo
la gente del posto, ma riguarda anche voi… io rispondo alla chiamata con
fierezza, e spero di esserne all’altezza!!!
Inoltre ho sempre voluto fare un’esperienza duratura lontano da casa,
perché credo che sia una tappa decisiva nel percorso di crescita di una
persona. Lasciare tutte le proprie comodità, i propri affetti, le proprie certezze,
per sfidare l’ignoto e mettersi veramente alla prova… è affascinante e non sarà
facile: so che incontrerò molte difficoltà, ma spero di superarle e di tornare a
casa più uomo di prima, con occhi nuovi, una mente più aperta ed un cuore
più accogliente.
Credo che fino ad ora la mia vita sia stata abbondante di doni e di grazia:
una famiglia splendida che mi ha sempre voluto bene, amici grandiosi con cui
ho condiviso i momenti più belli della mia vita, ed una storia, il MEC, che mi
ha aiutato a diventare quello che sono ed a guardare la realtà con gli occhi e
l’intelligenza del Cristiano, alla ricerca di Dio, del bene comune e della santità.
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Ringrazio ogni giorno il Signore per questi doni, ma sarei un egoista ed un
ipocrita se me li tenessi solo per me. Quindi credo che ora sia arrivato il
momento di donare anche ad altri, meno fortunati di me, tutto quello che io
ho potuto ricevere. Quindi sono qui per portare un po’ di speranza a ragazzi,
ma anche ad adulti, che nella loro vita hanno subito molti traumi e sono
disillusi riguardo alla bellezza della vita. Spero di dimostrare loro, attraverso la
parola ed il comportamento, che una vita migliore è possibile, che ognuno può
riscattarsi, essere felice, e diventare nella vita tutto ciò che vuole diventare.
Un altro motivo per il quale affronto con fiducia e grandi aspettative
quest’esperienza è la possibilità di far crescere il mio rapporto con Gesù
Cristo. Fino ad ora sono rimasto affascinato, quasi incantato, da un tipo di
persone di cui ho letto, o di cui mi è stato raccontato, o che ho potuto
incontrare. Si tratta di persone che sono riuscite ad abbandonarsi totalmente
nelle mani del Signore, facendo totale affidamento su di Lui. Ho notato in loro
una marcia in più, una sicurezza, una spensieratezza, e una felicità invidiabili.
Si tratta di persone semplicissime, ma in grado di fare opere grandiose, perché
sapendo di poter contare su un appoggio dall’alto, non si sono mai fermati
davanti a dubbi e paure, ma hanno proseguito su quella che erano certi fosse la
strada indicata loro dal Signore. Qui, con il convento delle suore a due passi, e
la possibilità (credo almeno) di avere più tempo per me e per i miei pensieri,
spero di riuscire a diventare un vero amico di Gesù, di capire la mia vocazione,
di comprendere cosa vuole veramente da me, qual è il mio posto nel mondo e
in cosa posso essere utile. E quindi di potermi fidare totalmente di Lui, di
abbandonarmi alla sua volontà, per essere un vero prolungamento in terra
delle braccia di Dio, per fare la sua volontà e contribuire a costruire il Regno di
Dio, un regno di pace e felicità.
Vi chiedo quindi di pregare per me, perché ne avrò bisogno, ma anche
per la missione ed i miei compagni… io contraccambierò certamente la vostra
vicinanza ricordandovi ogni giorno! Nel frattempo prendetevi cura delle
nostre amicizie e del MEC, che è un dono troppo importante per essere
sprecato!
Ciao ragazzuoli, fate i bravi, divertitevi, e copritevi che altrimenti vi
buscate un accidente, che lì fa freddo! Qui invece il sole è sempre alto nel
cielo, e riscalda e rallegra l’aere ed i corazon!
Hasta luego hombres, que les vaya bien!
Sempre vostro, Davo
38
(marzo 2015)
Come potete aiutare le Opere dei Padri
Carmelitani in Colombia
L’Associazione “Punto Missione” Onlus è sorta a Brescia quindici anni
fa dal desiderio di alcuni amici del Movimento Ecclesiale Carmelitano
di condividere con tutti che l’esistenza umana riconosciuta e accolta
come dono è capace di generare nuova umanità e dare senso e valore
ad ogni esistenza umana.
Solo la coscienza di questo dono ci rende capaci di gratuità che
costituisce l’espressione più vera dell’uomo, determina e definisce tutte
le relazioni della vita, poiché ogni persona è fatta per l’altro, è
relazione gratuita d’amore.
Per questo ci siamo assunti come compito la costruzione di un’ opera
sociale – cioè di legami stabili tra persone per un progetto comune – in
cui l’esperienza dell’ accoglienza è in primo luogo il riconoscimento
della grandezza della persona umana e del suo rapporto con l’infinito e
la pratica della condivisione si traduce in una compagnia reale a tutte
le condizione di bisogno e di povertà dell’altro, ma vuole esprimere
anche il desiderio di abbracciarne il suo destino ultimo.
La nostra Mission è la costruzione di un’amicizia operosa capace di
affermare l’uomo nel suo bisogno di esistere come realtà unica ed
irripetibile, l’uomo nella irriducibilità del suo desiderio, l’uomo che
sente che ciò da cui è definito e caratterizzato è la libertà e la felicità
come pienezza dell’umano.
Ci caratterizza in modo particolare l’attenzione alla famiglia come
sorgente originaria della vita, risorsa primaria per l’educazione e la
crescita di ogni persona, luogo di relazioni autentiche e gratuite che
sono a fondamento di una nuova socialità.
“Punto Missione” negli anni ha operato in diversi paesi del mondo
promuovendo e sostenendo diversi progetti di solidarietà come risposta
39
a vecchie e nuove povertà : Burkina Faso, Colombia, Lettonia, Libano,
Madagascar, Romania, oltre che in varie parti d’Italia.
CONTATTI
[email protected]
[email protected]
SEDI
LEGALE: Via Castello 10 , 25121 Brescia
OPERATIVA: Via Einaudi 1, 25050 Rodengo Saiano BS - Telefono
030 6811331 – Fax 030 6816630
LOCALE: Viale Oberdan 7, 31100 Treviso
[email protected]
Telefono 030 6811331 - Fax 030 6816630
C.F. 03533010173
IBAN IT89Q0501811200000000107161
C/C Postale n. 16896656
***
PREMIAZIONE
TORNEO DI CALCETTO S. TERESA
4° Torneo di calcetto
“S. Teresa & Friends 2015”
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***
Gruppo di Ginnastica Artistica
“ALDEGA 2000”
ALDEGA 2000. E’ un’associazione sportiva di ginnastica artistica della città di
Roma. Le sette ragazze che la compongono condividono la grande passione per
questo sport meraviglioso.
Lo scorso anno hanno partecipato alla serata a favore dei Bambini del Burkina
Faso.
Francesca Di Stefano
Caterina Trivellini
Maddalena Adriano
Margherita della Rosa
Ilaria felici
Coreografie su musiche di
"Fast and sad" di Ivarelli
e
“Tango remix”
***
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“BIBIDI BOBIDI BAND”
Il progetto “Bibidi Bobidi Band” nasce alcuni anni fa da un'idea di Giulia
Fortini e Alessio Contorni con l'intento di coinvolgere grandi e piccoli con i
pezzi più famosi dei cartoni animati Disney/Pixar/Dreamworks e Fox. La
collaborazione artistica fra i solisti e il maestro Contorni ha avuto inizio 3 anni
fa nel coro del liceo classico Vivona, mentre gli altri componenti si sono
aggiunti successivamente.
Voci - Giulia Fortini, Mario Vetere, Flaminia Lobianco
Voci e Tastiere - Alessio Contorni
Tastiere. Ivano Guagnelli
Chitarra - Alessandro Caputo
Basso - Massimo Pizzuto
Batteria - Fabiano Giovannelli
“MEDLEY SU CANZONI DISNEY”
arr. Alessio Contorni
***
42
“LE CAMPANELLE”
insieme a
Themis Rocha
e
Mauro Occhionero
“Le Campanelle”
Il Coro di voci bianche “Le Campanelle”, nasce nel 2008, all’interno
della Parrocchia S. Teresa d’Avila di Roma. “Le Campanelle” si sono
già esibite in varie manifestazioni nella città di Roma (“Concerti di Natale
e Pasqua a S. Teresa”, edizioni 2008, 2009, 2010, 2011, 2012; “Concerto a
favore dei terremotati dell’Abruzzo”, maggio 2009; “Angeli per un sorriso”,
Basilica di San Lorenzo fuori le mura, dicembre 2009 e della Provincia
(“Castelli in Coro”, Nemi, maggio 2010); Concerto per i Bambini del
Madagascar (giugno 2010); Concerto per i Bambini del Giappone
(giugno 2011); Concerto per i Bambini della Romania (giugno 2012).
Concerto per i Bambini del Burkina Faso (giugno 2013); Concerto per i
Bambini dell’India (giugno 2014).
Dirige e canta con “Le Campanelle”
il M° Themis Rocha
43
Themis
Rocha,
cantante,
musicista
e
compositrice brasiliana
A 12 anni, entra al conservatorio, scegliendo come
primo strumento la chitarra classica.
A 14 comincia, parallelamente, lo studio del canto.
Dai 15 anni ha concorso a numerosi festival di MPB
(Musica Popolare Brasiliana), come interprete e
compositrice, vincendo, alcune volte, in entrambe le
categorie, iniziando la sua carriera solistica.
Supera l’esame presso l’Ordine dei Musicisti Brasiliani, abilitandosi come
“Cantante Popolare Permanente”.
Si è esibita in tutto il Brasile con “Canto do Povo”, coro vincitore di molti
concorsi nazionali e internazionali e che per due volte ha rappresentato il
Brasile in Europa, anche al Vaticano, alla presenza del Papa Giovanni Paolo
II.
In Italia, dove esegue la sua attività concertistica come solista, con musicisti
e/o gruppi del mondo jazzistico e classico, ha partecipato a numerose
rassegne jazz e festival latinoamericani (come Umbria Jazz, Celimontana Jazz
Festival, etc.).
Ha realizzato registrazioni discografiche e concerti live con: Gianluca
Persichetti, Irio de Paula, Stefano Rossini, Eddy Palermo, Alfredo Paixão,
Marco Persichetti, Maurizio dei Lazzaretti, Jim Porto, Harold Bradley e
moltissimi altri. I brani originali Sedução, Sonhando Ipanema e Ilusões sono
trasmessi da importanti network radiofonici internazionali.
Durante gli ultimi anni, trascorsi in Brasile, ha inciso il cd LABIRINTO, con
proprie composizioni (parole e musica), con brani in portoghese, italiano e
inglese, presentato, contemporaneamente, in Brasile e in Italia, anche alla
RadioRai, nel programma di Max de Tomassi, Musibrasil.
Inoltre, in questo stesso periodo, ha vinto il concorso statale per far parte del
gruppo vocale Camerata de vozes do Rio Grande do Norte, diretto dal maestro di
fama internazionale Monsignore Pedro Ferreira da Costa, gruppo al quale è
tuttora vincolata.
Tra i lavori rilevanti, vanno ricordati: la partecipazione alla reinaugurazione
dell’Ambasciata Brasiliana a Roma e, nel 2010, in quella di Belize, dove ha
eseguito alcuni concerti come solista, rappresentando il Brasile, alla presenza
di ambasciatori di diverse nazioni del mondo.
È docente di canto presso l’Accademia Romana di Musica, dove ha realizzato,
insieme ai maestri Gianluca Persichetti e Stefano Rossini, numerosi seminari
di MPB, riconosciuti dal MIUR.
44
Il suo repertorio, pur essendo di matrice brasiliana, presenta anche brani di
musica jazz e pop internazionale.
***
Mauro
Occhionero,
polistrumentista, laureato presso il
DAMS di Bologna. Si è specializzato in
chitarra flamenca presso la “Catedra de
Flamencologia” di Jerez de la Frontera
e musica brasiliana in Brasile. Ha
lavorato presso la Scuola di ballo del
Teatro alla Scala. Nel 2009 si è
diplomato in chitarra classica presso
l’ISSM “F. Vittadini” di Pavia dove ha
anche studiato composizione con il M° Ugo Nastrucci.
Come percussionista ha inciso per le case discografiche Tactus, Virgin, Orf,
ottenendo riconoscimenti come il Diapason d’Or e Grammophone, oltre ad
aver pubblicato per la rivista Amadeus. Nell’ambito della musica antica è
attivo da trent'anni, collaborando con diverse formazioni che lo hanno portato
a esibirsi nelle più prestigiose rassegne italiane ed estere. Come compositore
ha realizzato numerosi lavori multimediali dedicati al testo biblico con organici
vari che fanno uso di strumenti della tradizione orientale e classica europea. E'
fondatore dell' Ensemble Yiddish Mame , Ensemble Locus Amoenus ed
Ensemble Sefarad che realizza e propone progetti in cui confluiscono modelli
culturali di tradizioni musicali diverse, concentrando
l'attenzione su opere letterarie di ogni tempo e di varia provenienza
geografica/culturale.
Alcuni titoli dei lavori composti basati su figure della tradizione cristiana ed
ebraica:
"S. Paolo : Meditazioni teologiche ed archetipi sonori"
"Ecce ancilla Domini" e "Mater Aeternitatis" dedicati alla Madonna
Martin Buber : "Il cammino dell'uomo"
Edith Stein : "In gran pace varcai la soglia"
"Crucifixus : L'Albero della Vita"
Santa Teresa d'Avila : " Vivo sin vivir en mi"
San Giovanni della Croce : Il castello dell'anima
"Strade dell'Anima" : Sui principali pellegrinaggi
San Lorenzo: "Canti di Luce per l'Invisibile"
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***
PROGRAMMA LE CAMPANELLE
diretto dal M° Themis Rocha
IL VALZER DEL MOSCERINO
Zanin - Della Giustina
GAROTA DE IPANEMA
Tom Jobim
TODOS LOS NIÑOS DEL MUNDO
Anonimo
WHAT A WONDERFUL WORLD
Bob Thiele e George David Weiss
DO RE MI
Oscar Hammerstein II e Richard Rodgers
ROMA NUN FA' LA STUPIDA STASERA
Armando Trovaioli
***
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IL VALZER DEL MOSCERINO
Beppone russava Nel grande giardino
E sul suo nasone Volò un moscerino
Il vento suonava Un bel valzerino
Così il moscerino Si mise a ballar...
Ullalla ullalla ullallallà Questo è il valzer Del Moscerino
Ullalla ullalla ullallallà Questo è il valzer Che fa lallallà
Nel sonno Beppone Che più non russava
Il naso arricciava Rideva sognava...
Sognava una piuma Un fiocco di neve
Un petalo rosa Caduto dal ciel.
Ullalla ullalla ullallallà Questo è il valzer Del Moscerino
Ullalla ullalla ullallallà Questo è il valzer Che fa lallallà
Ma un gatto birbone E pazzerellone
Colpì il moscerino Graffiò il suo nasone
E il valzer finiva Il gatto fuggiva
Così per Beppone L'incanto svanì.
Ullalla ullalla ullallallà Questo è il valzer Del Moscerino
Ullalla ullalla ullallallà Questo è il valzer Che fa lallallà
Ullalla ullalla ullallallà Questo è il valzer Del Moscerino
Ullalla ullalla ullallallà Questo è il valzer Che fa lallallà!
GAROTA DE IPANEMA
Olha que coisa mais linda mais cheia de graça
É ela menina que vem e que passa
Num doce balanço a caminho do mar
Moça do corpo dourado
Do sol de Ipanema
O seu balançado é mais que um poema
É a coisa mais linda que eu já vi passar
Ah, por que estou tão sozinho?
Ah, por que tudo é tão triste?
Ah, a beleza que existe
A beleza que não é só minha
Que também passa sozinha
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Ah, se ela soubesse
Que quando ela passa
O mundo inteirinho se enche de graça
E fica mais lindo por causa do amor
TODOS LOS NIÑOS DEL MUNDO
Todos los niños del mundo,
hoy queremos cantar
una canción que llegue
hasta el más lejano hogar.
Que la escuchen los de piel morena
los de piel más clara también,
que no hay nadie diferente,
si es igual su corazón.
WHAT A WONDERFUL WORLD
I see trees of green, red roses too
I see them bloom for me and you
And I think to myself what a wonderful world.
I see skies of blue and clouds of white
The bright blessed the day, the dark sacred night
And I think to myself what a wonderful world.
The colors of the rainbow so pretty in the sky
Are also on the faces of people going by
I see friends shaking hands saying how do you do
They're really saying is I love you.
I hear baby's crying and I watched them grow
They'll learn much more than I'll ever know
And I think to myself what a wonderful world.
Yes, I think to myself what a wonderful world.
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DO RE MI
Se nel primo giorno di scuola, a legger vuoi provar tu dovrai
incominciar con A B C. Per cantare hai le note DO RE MI - DO RE
MI DO RE MI le prime tre son sempre così DO RE MI - DO RE MI
DO RE MI FA SOL LA SI
DO se do qualcosa a te; RE è il re che c’era un dì; MI è il mi per dire a
me; FA la nota dopo il mi; SOL è sole in fronte a me; LA se proprio
non è qua; SI se non ti dico no e poi si ritorna al DO!
2…ed è così che torna il DO!
3…E così torniamo al DO!
DO RE MI FA SOL LA SI DO SOL DO
ROMA NUN FA’ LA STUPIDA STASERA
Roma nun fa’ la stupida stasera
damme 'na mano a faje di de si.
Sceji tutte le stelle
più brillarelle che c’hai
e un friccico de luna tutta pe' noi.
Faje sentì ch'è quasi primavera,
manna li mejo grilli pe' fa cri cri.
Prestame er ponentino
più malandrino che c'hai,
Roma reggeme er moccolo stasera.
Roma nun fa’ la stupida stasera
damme 'na mano a fajmme di’ de no.
Spegni tutte le stelle
più brillarelle che c’hai
nasconneme la luna se no so’ guai.
Famme scorda’ ch’è quasi primavera
tiemme ‘na mano ‘n testa pe’ di’ de no
smorza quer venticello stuzzicarello che c’hai
Roma, nun fa’ la stupida stasera
49
* * *
P. Angelo Ragazzi,
Parroco di S. Teresa d’Avila,
Saluta i missionari carmelitani, il pubblico
e consegna le “targhe” commemorative agli artisti della serata
* * *
Raccolta delle offerte per le Missioni Carmelitane
in Colombia
* * *
Buffet nel cortile della parrocchia
* * *
50
* * *
Ringraziamenti
Danilo Esposito
che ha condotto la serata
* * *
"PICCOLA ORCHESTRA BUONARROTI"
ISTITUTO COMPRENSIVO REGINA ELENA
Diretta dal
M° Teresa Ceccato
* * *
PROGETTO "MUSICAMENTE" REGINA
ELENA
* * *
"ORCHESTRA I. C. A. BALABANOFF"
ISTITUTO COMPRENSIVO "ANGELICA
BALABANOFF"
Diretta dal
M° Luigi Marinaro
* * *
51
ASSOCIAZIONE CULTURALE
"SENZATEMPO" ROMA
* * *
BIBIDI BOBIDI BAND
* * *
CORO “LE CAMPANELLE”
e
“THEMIS ROCHA”
diretto dal M° Themis Rocha
“Le Campanelle”
Chiara Girardi
Susanna Innocenti
Valerio Todaro
Alice Berni Canani
Maria Cristina Panzera
Emanuele Borromeo
Leonardo Pinna
* * *
GRUPPO DI GINNASTICA ARTISTICA
“ALDEGA 2000”
* * *
52
P. Julio Almansa Calero o.c.d.
P. Jerome Paluku o.c.d.
Fr. Cesar Armando Garcia Rodriguez o.c.d.
Alberto Pacifici
* * *
Teresa Gentiloni
e tutti gli amici del M.E.C
(Movimento Ecclesiale Carmelitano)
di Roma
* * *
Francesca Di Stefano, Rebecca Di Stefano
Sono loro che hanno realizzato il fondale “Girotondo intorno al mondo” del
“Teatro Avila”
* * *
Giovanna Egidi
per le scenografie del “Teatro Avila”
* * *
Tutti gli amici che hanno partecipato alla preparazione
della serata, all’allestimento del “Teatro Avila”, al
servizio d’ordine e al buffet del dopo-concerto
53
* * *
I genitori dei bambini del coro
“Le Campanelle”
protagonisti appassionati e generosi in tutte le fasi della preparazione
del Concerto
* * *
Umberto Sbrolli e Riccardo Migliaccio
Per l’organizzazione del 4° Torneo di Calcetto
“S. Teresa & Friends 2015”
* * *
FOTOGRAFI
Marco Provenzali
* * *
RIPRESE VIDEO
Davide e Rebecca Di Stefano
* * *
IMPIANTO AUDIO E LUCI
“GNAGNOTECH STUDIOS”
* * *
ELABORAZIONE GRAFICA, REALIZZAZIONE DELLE TSHIRTS E PUBBLICAZIONI
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“Copyservice” di Sergej e Margherita
* * *
LE FACOLTÀ DI SOCIOLOGIA E
SCIENZA DELLE COMUNICAZIONI
DELL’UNIVERSITÀ “LA SAPIENZA”
Roma
per aver messo a disposizione di questa serata il
“Teatro AVILA”
* * *
MUNICIPIO 2 DI ROMA CAPITALE
per la concessione del Patrocinio alla serata
“Girotondo intorno al mondo. Insieme ai bambini della Colombia 2015”
Edizioni
S. Teresa & Friends
Roma
MMXV
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56
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Libretto CONCERTO pro Colombia 2015