0 Parrocchia S. Teresa d’Avila in collaborazione con Movimento Ecclesiale Carmelitano TEATRO AVILA Mercoledì 27 maggio 2015 ore 19,00 All’interno dei Festeggiamenti della Famiglia Parrocchiale “Girotondo intorno al Mondo. Insieme ai bambini della Colombia” Serata musicale a favore delle Missioni dei Padri Carmelitani Scalzi in Colombia Con il Patrocinio del Municipio 2 di Roma 1 Con la partecipazione di “Piccola Orchestra Buonarroti” IST. COMPR. REGINA ELENA "Orchestra I. C. A. Balabanoff " IST. COMPR. A. BALABANOFF Progetto "MusicaMente" Regina Elena Associazione Culturale "senzaTempo" “Le Campanelle”, Themis Rocha e Mauro Occhionero GRUPPO MUSICALE “Bibidi Bobidi Band” GRUPPO DI GINNASTICA ARTISTICA “ALDEGA 2000” *** Testimonianze Carmelitane *** Conduce la serata Danilo Esposito *** 2 * * * STORIA DELLA COLOMBIA Forma di Governo: Repubblica presidenziale Superficie: 1 141 748 kmq Popolazione: 46 581 823 ab. (stima 2012) Densità: 40,80 ab./kmq Capitale: Bogotá 7 555 165 ab. (2012); Unità monetaria: peso colombiano (100 centesimi) Indice di sviluppo umano: 0,719 (91° posto) Colombia Stato dell’America Meridionale. In età precolombiana la C., a esclusione dei bassopiani orientale e atlantico, era abitata da gruppi della famiglia linguistica chibcha, in possesso di culture di livello piuttosto alto. La costa settentrionale della C. fu scoperta prima dalla spedizione di A. Vespucci 3 e A. de Hojeda (1499), poi da R. de Bastidas (1502). Hojeda nel 1508 e D. de Nicuesa nel 1509 tentarono invano di colonizzare la costa; ma solo nel 153638 G. Jiménez de Quesada giunse all’altopiano di Cundinamarca, dove (1538) fondò Santa Fe de Bogotá, sconfiggendo i chibcha e fondando la provincia di Nueva Granada. Le esplorazioni e fondazioni continuarono nei tempi coloniali, mentre la regione costituiva una audiencia dipendente dal vicereame del Perù, fino alla costituzione (1739) del vicereame di Nueva Granada, con giurisdizione all’incirca sulle attuali Colombia, Panamá, Venezuela, Ecuador. La lotta contro la dominazione spagnola sfociò nella proclamazione dell’indipendenza di tale territorio (1819) con il nome di República de la Gran C., la cui Costituzione fu promulgata nel 1821 e della quale fu eletto presidente S. Bolívar. I contrasti insorti tra le diverse regioni che facevano parte della Gran C. portarono però ben presto al suo frazionamento: morto Bolívar (1830), nel 1831 fu sancita la separazione fra il Venezuela, l’Ecuador e la C. (comprendente allora anche Panamá), che assunse il nome di República de la Nueva Granada. Anche il nuovo Stato colombiano continuò a essere caratterizzato dai conflitti interni: contrasti fra liberali e conservatori, che degeneravano spesso in vere e proprie guerre civili. L’egemonia dei liberali tra il 1850 e il 1880 fu accompagnata da una serie di riforme (come l’abolizione della schiavitù nel 1850) da una riduzione dei privilegi della Chiesa cattolica e da una netta prevalenza delle tendenze federaliste. Il ritorno al potere dei conservatori nel 1880 fu seguito da una decisa svolta in senso centralizzatore; le violenze e i conflitti fra conservatori e liberali proseguirono anche negli anni successivi, culminando nella grande guerra civile del 1899-1902, la più cruenta dall’indipendenza del Paese. La Colombia dal 1900 a oggi. Nel 1903 la secessione dalla C. della provincia di Panamá, appoggiata dagli USA, provocò un grave deterioramento dei rapporti fra Washington e Bogotá. L’egemonia conservatrice si protrasse fino al 1930, mentre il Paese era interessato da fenomeni di modernizzazione, di prima industrializzazione e di relativo sviluppo economico. I liberali, di nuovo al potere dal 1930, avviarono una politica di riforme, ma le resistenze dell’ala destra del partito provocarono contrasti e divisioni al loro interno, fino alla sconfitta elettorale del 1946, che consentì l’ascesa alla presidenza della Repubblica del conservatore M. Ospina Pérez. La crescita delle tensioni sociali favorì una ripresa del conflitto tra i due partiti, aggravatosi anche per la politica repressiva condotta da Ospina Pérez. Dal 1948 si aprì una nuova fase di acuta violenza politica (oltre 200.0000 morti) durata circa un decennio. Nel conflitto fra liberali e conservatori si innestavano fattori diversi, come la protesta contro l’oligarchia dominante e un’insurrezione contadina nelle campagne, cui i latifondisti risposero con l’impiego di milizie private, 4 accrescendone la dimensione di massa e l’impatto sociale. Infine, liberali e conservatori giunsero a un accordo, in vigore dal 1958 al 1974, che sancì la loro alternanza al potere. Questa normalizzazione dei rapporti, tuttavia, non fu in grado di allargare in modo significativo le basi sociali del sistema politico colombiano. Di qui lo sviluppo, negli anni Sessanta, di movimenti di guerriglia come le FARC (Fuerzas armadas revolucionarias de Colombia), vicine al Partito comunista, ai quali si aggiunse, negli anni Settanta, l’M-19 (Movimiento 19 de Abril). La crisi economica degli anni Ottanta favorì un aumento della violenza sociale e politica, anche in relazione al forte sviluppo dell’industria illegale della cocaina; numerose vittime furono provocate, soprattutto dopo il 1985, dal conflitto tra le forze di sicurezza e le organizzazioni dei narcotrafficanti, che hanno condizionato lo stesso funzionamento delle istituzioni. Nel 1989 il presidente liberale V. Barco Vargas riuscì a ristabilire il dialogo con le principali organizzazioni guerrigliere e nel 1990 l’M-19 pose termine alla lotta armata; tuttavia, nel biennio 1992-93 si assistette a una ripresa dell’attività terroristica. Malgrado i segnali di disponibilità alle FARC, da parte del presidente conservatore A. Pastrana Arango, continuarono le violente dimostrazioni di forza militare, con attentati, massacri e rapimenti. Il presidente della Repubblica Á. Uribe Vélez, candidato indipendente eletto (2002) con un programma di lotta senza quartiere a tutte le forze che destabilizzavano la nazione, adottò dopo due anni di scontri una linea più moderata, giungendo a un accordo fra il governo e i paramilitari di destra, ai quali fu promessa l’impunità se avessero deposto le armi. Uribe si impose anche nelle elezioni del 2006, ma ormai intere zone del Paese sfuggivano al controllo del governo centrale, in un quadro complesso di corruzione e violenze diffuse contro la popolazione, legami tra esponenti politici, forze dell’ordine e gruppi paramilitari, radicamento di una guerriglia che si finanziava con il narcotraffico. (TRECCANI, Dizionario di Storia) *** 5 CHIESA CATTOLICA IN COLOMBIA Panorama di Cartagena. Cartagena, fondata nel 1533, fu eretta diocesi nel 1534. A partire dalla sua fondazione e per tutta l’epoca coloniale spagnola Cartagena fu uno dei porti più importanti dell’America latina. La Chiesa Cattolica in Colombia conta circa 40 milioni di battezzati pari al 91% della popolazione del paese. L’evangelizzazione della Colombia iniziò con le spedizioni coloniali spagnole del XVI secolo. Attualmente (2013) La Chiesa cattolica è presente sul territorio con 13 sedi metropolitane, 52 diocesi suffraganee, 11 vicariati apostolici e 1 ordinariato militare. Sede primaziale è l’Arcidiocesi di Bogotá. Il Nunzio apostolico è Aldo Cavalli. 6 Geografia e popolazione La Colombia è un paese situato al nord-ovest del Sud America. È delimitata ad est da Venezuela e Brasile, a sud da Perù ed Ecuador e a nord-ovest da Panamá; in termini di confini marittimi a nord è bagnata dal Mar dei Caraibi, a ovest dall’oceano Pacifico. I limiti dell’attuale Colombia corrispondono pressappoco ai confini convenzionali che aveva in epoca spagnola e coloniale il Nuevo Reino de Granada. Gli stessi territori fecero parte dal 1819 al 1831 della República de Colombia, dal 1831 al 1858 della República de la Nueva Granada, dal 1858 al1886 della Confederación Granadina prima e degli Estados Unidos de Colombia poi. Dopo che nel 1886 fu proclamata una nuova costituzione di carattere centralista, il paese fu chiamato República de Colombia, nome che ha ancora oggi. I colombiani sono etnicamente diversificati: un gran numero di abitanti discende dagli spagnoli o, in generale, dagli europei; altri sono di discendenza india o di discendenza africana. Esistono anche combinazioni delle tre etnie. Storia Il periodo coloniale (1510-1818) La cattedrale di Santa Marta, iniziata nel 1766, è considerata Omnium Columbianae Ditionis Ecclesiarum Mater (madre di tutte le Chiesa delle Colombia) 7 Chiesa della Inmaculada Concepción, a Barichara, indiocesi di Socorro y San Gil. Barichara, fondata agli inizi del XVIII secolo conserva quasi intatti la struttura e gli edifici del periodo coloniale Europei arrivarono in Colombia nel 1499 grazie alla spedizione guidata dallo spagnolo Alonso de Ojeda che giunse nella penisola de la Guajira. Nel 1510 le autorità spagnole fondarono Santa María la Antigua del Darién e poi, dopo il consolidamento di questa posizione dominante nelle zone costiere, fondarono nel 1525 Santa Marta e nel 1533 Cartagena de Indias; dopo che ebbe inizio l’esplorazione dell’interno, vennero fondate nel 1536 Popayán e nel 1538 Bogotá. Gli spagnoli furono accompagnati nelle diverse spedizioni da missionari (domenicani, agostiniani, francescani e gesuiti) che oltre ad assistere gli spagnoli e i creoli iniziarono l’opera di evangelizzazione delle popolazioni indigene. Furono per questo fondate numerosi stazioni missionarie per tutto il territorio, in particolare nella regione andina e sulla costa caraibica. Grazie a questa opera di evangelizzazione fu possibile già nel 1529 creare la prima diocesi (Santa Marta) seguita da quelle di Cartagena (1534), Popayán (1546) e Santafé en Nueva Granada (1562). Alla fine del XVI secolo iniziarono a sorgere i primi seminari. Durante l’epoca coloniale la Chiesa fu nel territorio colombiano, come nella maggior parte dei paesi dell’America latina, punto di riferimento soprattutto per la formazione delle élites creole grazie alla fondazione di qualificati collegi e università. Importante fu il suo ruolo anche per le opere sociali (in modo particolare per la fondazione di ospedali) e nell’aiuto alla burocrazia coloniale. In generale la Chiesa servì dal punto di vista politico come strumento di controllo e di coesione sociale. 8 Il primo periodo dell’indipendenza (1819-1886) Manuel José Mosquera y Arboleda (1800-1853), Arcivescovo di Santafé en Nueva Granada, fu membro di una delle famiglie più influenti del paese e più attive nelle vicende dei primi decenni dell’indipendenza. Fu esiliato nel1852 durante il governo del Generale José Hilario López, per aver difeso la libertà e l’indipendenza della Chiesa. Il primo periodo di indipendenza per la Colombia dalla Spagna fu caratterizzato da una grande instabilità che si manifestò soprattutto in una serie di disastrose guerre civili che resero necessarie modifiche costituzionali sia per quanto riguarda il regime politico che il nome del paese. La Chiesa, da parte sua, iniziò ad acquisire un’identità nazionale. Particolarmente evidente in questo primo periodo è l’atteggiamento ostile dei governi nei confronti della Chiesa: si diffuse soprattutto nelle classi dirigenti una avversione alla Chiesa dovuta alla naturale identificazione che veniva fatta tra tradizione spagnola e cattolicesimo. L’atteggiamento delle élites era però in contrasto con i sentimenti del popolo che continuavano ad essere informati dalla fede cattolica. I nuovi governi, dovendo riconoscere l’influsso che la religione cattolica e il clero esercitavano sul popolo, tentarono di sottomettere e controllare la Chiesa rivendicando l’eredità del patronato regio e la nomina dei vescovi e dei parroci. I Papi, pur tollerandola, non riconobbero mai questa pretesa. Nonostante queste tensioni la Colombia fu il primo paese dell’America latina ad avere, nel 1835, un rappresentante diplomatico della Santa Sede; ma fu anche la prima nazione latino-americana a introdurre, nel 1853, una separazione tra stato e chiesa in senso radicalmente avverso a quest’ultima. A cominciare dalla presidenza di José Hilario López (1849-1853) e fino al 1880 circa, la politica dei vari governi fu particolarmente severa nei confronti della Chiesa: nel 1851 fu soppresso il foro ecclesiastico e fu proclamata la elezione popolare dei parroci, nel 1861 i gesuiti che erano 9 rientrati nel paese durante il governo di Pedro Alcántara Herrán (1841-1845) furono nuovamente espulsi insieme al legato pontificio, molti vescovi furono rimossi e fu decretata la totale separazione tra la Chiesa e lo Stato; oltre a questo furono espropriate le proprietà ecclesiastiche, si revocò alle comunità religiose la personalità giuridica, fu attribuita alle sole autorità civili la competenza esclusiva in materia di diritto matrimoniale e i cimiteri furono sottomessi alle autorità dello Stato. Il culmine di questa politica anticlericale fu la Constitución Política de los Estados Unidos de Colombia de 1863 nella quale la Chiesa fu sottomessa al controllo dello Stato. Un secolo di Repubblica di Colombia (1886-1986) La “pace religiosa” (paz religiosa) alla fine del XIX secolo Rafael Núñez (1825-1894), Presidente prima degli Estados Unidos de Colombia e poi della Colombia, fu uno degli artefici della “paz religiosa” in Colombia alla fine del XIX secolo Ezequiel Moreno y Díaz (1848-1906), agostiniano e vescovo di Pasto, iniziò una vasta opera di evangelizzazione tra gli indios. “Dio e la Colombia” fu il suo motto, che riassume la sua instancabile attività svolta non soltanto all’affermazione dei 10 valori religiosi, ma anche a quelli sociali per il bene delle popolazioni povere del paese. Con la presidenza di Rafael Núñez iniziarono dei rapporti notevolmente favorevoli alla chiesa anche se la legge di separazione del 1853 non fu abolita. Dopo che nel 1885 furono ristabilite le relazioni diplomatiche con la Santa Sede, la Constitución de Colombia de 1886esplicitò il nuovo ruolo che avrebbe dovuto avere la Chiesa Cattolica, definendola religione dello Stato, riconoscendola come un elemento essenziale per l’ordine sociale e accordandole particolari prerogative. Particolarmente importante fu il Concordato tra la Chiesa e lo Stato del 1887, grazie al quale la religione cattolica divenne quella ufficiale, la chiesa potè godere di una notevole indipendenza e le questioni controverse (come la giurisdizione civile del clero e la competenza ecclesiastica sui cimiteri) furono affrontate con soluzioni di compromesso. Grazie a questo nuovo clima tra il 1880 e il 1900 Leone XIII potè erigere sette nuove diocesi (Tunja, Casanare, Tolima, Socorro, Garzón, Ibagué, Manizales). Rilevante fu, poi, durante la guerra civile che fra il 1899 e il 1902 sconvolse il Paese e che costò alla Colombia la perdita di Panama, l’importante funzione mediatrice della Chiesa svolta in modo particolare da Ezequiel Moreno y Díaz, vescovo di Pasto dal 1895 al 1906. Anche nel periodo in cui governò, con stile dittatoriale, il generale Rafael Reyes, la Chiesa conservò il proprio ruolo di interlocutore autorevole e i buoni rapporti tra Stato e Chiesa furono simbolicamente testimoniati dalla costruzione della sede della Nunziatura a Bogotà nel 1908. La prima metà del XX secolo Celebrazione in una stazione missionaria colombiana (1932, Archivio storico di Propaganda fide) 11 Nel 1908 i vescovi iniziarono ad organizzarsi come Conferenza episcopale e nei primi decenni del XX secolo la Chiesa si consolidò in ogni sua parte: arrivarono in Colombia numerosi Istituti religiosi che si dedicarono in modo particolare alle opere educative e caritative. Già negli anni ‘50 la Chiesa poteva vantare un numero impressionante di ospedali, scuole, collegi, orfanatrofi e centri di assistenza. Particolarmente illuminata fu la creazione di una scuola radiofonica che, iniziata con modeste pretese nel 1947, aveva nel 1960 educato più di un milione di campesinos. Notevole fu l’opera della Chiesa, inoltre, nelle aree rurali e remote del Paese: grazie alle stazioni missionarie dislocate in tutto il territorio furono costruiti centinaia di ospedali e scuole oltre che tracciati migliaia di kilometri di strade. In questi anni la Chiesa fu la principale potenza economica e sociale del paese grazie alle sue proprietà nelle campagne e ai notevoli investimenti che erano stati fatti in campo educativo con le università. Notevole fu anche il controllo in campo politico grazie all’influsso che la Chiesa aveva soprattutto sul partito conservatore. Il ruolo di primo piano della Chiesa nella vita del paese era giustificato dalla enorme percentuale di cattolici e garantito da un Concordato senza uguali per i privilegi e il ruolo che le venivano riconosciuti. Dal 1957 al 1968 Nel 1957 la Chiesa ritirò il sostegno che ufficiosamente aveva dato al presidente Gustavo Rojas Pinilla il quale durante la sua presidenza (19541957), caratterizzata da un acceso populismo che in certi aspetti imitava i temi del peronismo argentino, aveva governato in modo dittatoriale perseguitando crudelmente i suoi nemici. Dopo quell’esperienza la Chiesa appoggiò la costituzione del Frente Nacional, la coalizione politica ed elettorale tra liberali e conservatori che avrebbe dovuto riorganizzare il paese dopo le vicende della presidenza di Rojas Pinilla. Il sostegno che la Chiesa diede al Frente fu fondamentale per legittimarlo agli occhi di molti colombiani. Tale appoggio venne fornito grazie anche al fatto che i liberali rinunciarono a qualunque forma di riduzione delle prerogative della Chiesa nel sistema politico e sociale della Colombia. A partire dagli anni ‘60 anche i vertici della Chiesa colombiana iniziarono ad essere scossi profondamente dalla dilagante povertà delle classi popolari: questa nuova attenzione ai problemi sociali, testimoniata anche dalle tematiche affrontate durante le riunioni della Conferenza episcopale, fu senz’altro influenzata dal nuovo clima instaurato dal pontificato di Giovanni 12 XXIII (1958-1963). Fu proprio in questi anni che fu spezzato il tradizionale vincolo del clero con il potere conservatore, fino a quel momento considerato come il difensore secolare dei valori della cristianità, e la Chiesa iniziava a dar vita ad un’importante corrente democratica ispirata al cristianesimo sociale e disposta a lottare per la salvaguardia dei valori universali degli uomini. Nel frattempo la Chiesa si era consolidata nel Paese ed aveva conquistato una autonomia anche istituzionale: la maggior parte dei 5500 sacerdoti del clero secolare e dei 20000 religiosi esistenti in Colombia nel 1965 erano autoctoni. La fioritura ecclesiale, poi, fu testimoniata anche dall’invio dimissionari in altri paesi dell’America latina, in Zaire, a Formosa e in Giappone e dalla creazione di altre cinque circoscrizioni ecclesiastiche nei territori delle tribù autoctone. La visita di Paolo VI a Bogotà dal 21 al 24 agosto 1968 per il Congresso Eucaristico Internazionale e per l’inaugurazione della Seconda Conferenza generale degli Episcopati latino-americani e caraibici confermò il cammino che la Chiesa colombiana aveva intrapreso e la sollecitò ad ulteriore maturazione. Dal 1968 al 1986 I fenomeni di urbanizzazione e di modernizzazione che la società visse fin dalla fine degli anni ‘60 in America latina e in generale in tutti i paesi occidentali, indebolirono il ruolo della Chiesa cattolica, complice anche la crescita di vari gruppi protestanti. Nel 1973 fu rivisto il Concordato tra lo Stato e la Santa Sede nel quale si affermò che, pur di fronte al ridimensionamento istituzionale del ruolo sociale e politico della Chiesa, i vescovi colombiani non rimasero mai in silenzio di fronte ai tentativi da parte dello Stato di legiferare in materie sensibili per la dottrina cattolica. Nel 1982, ad esempio, i vescovi invitarono i cattolici a non votare per il candidato liberale alla presidenza che aveva avanzato la proposta di rendere più facile il divorzio. «Lo Stato, per quanto concerne il sentimento cattolico tradizionale della Colombia, considera la religione cattolica apostolica e romana quale elemento fondamentale al bene comune e allo sviluppo integrale della comunità nazionale. Lo Stato garantisce alla Chiesa cattolica e a coloro che vi appartengono il pieno godimento dei diritti religiosi, senza rinunciare alla giusta libertà religiosa delle altre confessioni e dei loro membri, come d’altra parte di ogni cittadino» (Acta Apostolicae Sedis 67 (1975) 421-434). 13 Giovanni Paolo II durante la sua visita in Colombia dall’1 al 7 luglio 1986 Il viaggio che compì Giovanni Paolo II dall’1 al 7 luglio 1986 segnò una tappa storica fondamentale nel cammino della Chiesa colombiana. In quell’occasione il Papa visitò Bogotà, Chiquinquirà, Tumaco, Popayán, Cali, Chinchinà (dove incontrò i disastrati dall’eruzione del vulcano Nevado del Ruiz avvenuta il 13 novembre 1985 e che provocò circa 23.000 morti), Pereira, Medellìn, Lèrida, Bucaramanga,Cartagena, Barranquilla. Nella cerimonia di congedo il Papa così si espresse: Ringrazio Dio per aver trovato qui una Chiesa piena di vitalità, traboccante di generosità, unita nella carità, ben organizzata e soprattutto ben ancorata nei fondamenti, nella dottrina e nelle norme che le diede il suo divino fondatore. Questa è la base necessaria e la garanzia sicura per lanciarsi in una nuova evangelizzazione che, per mezzo delle celebrazioni del quinto centenario della prima evangelizzazione, prepara la Colombia, come tutta l’America Latina – continente della speranza – a entrare con impeto e decisione, con la lampada della fede che diffonde luce e calore nel terzo millennio del cristianesimo. Siete una nazione cattolica. Non lasciate indebolire l’orgoglio legittimo né sminuire la responsabilità che ciò comporta» (Giovanni Paolo II, Discorso di congedo, Aeroporto di Barranquilla 7 luglio 1986). Dal 1986 ad oggi Rubén Salazar Gómez, dal 6 agosto 2010 arcivescovo di Bogotá e Primate della Colombia 14 Nella Costituzione del 1991 viene definitivamente superato il riconoscimento istituzionale del ruolo della Chiesa nella società civile; l’articolo 19 della nuova Costituzione, infatti, così recita: “Viene garantita la libertà di culto. Ogni persona ha il diritto di professare liberamente la propria religione e di diffonderla in forma individuale o collettiva. Tutte le confessioni religiose e chiese sono libere nello stesso modo davanti alla legge” (Constitución politica de Colombia de 1991, articolo 19). Nonostante la perdita di questo riconoscimento ufficiale la Chiesa è rimasta sempre in prima linea nella formazione della coscienza civile e morale del popolo colombiano; soprattutto in questi ultimi anni segnati dalla corruzione, dal problema del narcotraffico e dalla guerriglia armata la Chiesa ha offerto con il suo impegno e la sua predicazione profetica un punto di riferimento per il popolo oltre ad aver avuto un ruolo importante nella parziale smobilitazione della guerriglia e nella denuncia degli abusi contro il rispetto dei diritti umani. Il martirio, poi, di numerosi sacerdoti e religiosi, del Vescovo di Arauca, Jesús Emilio Jaramillo Monsalve, e dell’Arcivescovo di Cali, Isaias Duarte Cancino, ha confermato l’annuncio evangelico e la missione di riconciliazione nazionale. Benedetto XVI nel 2008, in un messaggio ai Vescovi colombiani riuniti in occasione del centenario della Conferenza Episcopale, riassunse le difficoltà della Chiesa colombiana con queste parole: «Non posso (…) dimenticare l’attenzione che ponete nell’essere uomini di concordia, né le vostre continue esortazioni affinché cessino la violenza, il sequestro, l’estorsione che subiscono molti figli di quella amata terra. Prego ardentemente Dio affinché terminino quanto prima queste situazioni che hanno causato tanto dolore e affinché in Colombia possa regnare una pace stabile e giusta, in un clima di speranza e di benessere» (Benedetto XVI, Messaggio alla Conferenza Episcopale della Colombia, 30 giugno 2008). I Santi della Chiesa Colombiana San Luis Beltrán (1526–1581), domenicano spagnolo, è patrono della Colombia. Iniziò il suo lavoro missionario da Cartagena de India spostandosi poi per tutto il territorio dell’attuale regione di Bajo Magdalena. È ricordato dal popolo colombiano per la difesa degli indigeni di fronte agli abusi degli encomenderos e degli ufficiali della Corona spagnola. Il dipinto, olio su tela, è di Francisco de Zurbarán (1640) ed è conservato al Museo delle Belle Arti di Siviglia. 15 Santo. San Pedro Claver (1581–1654), gesuita spagnolo, a Cartagena fu missionario per 44 anni tra gli schiavi afroamericani. Si dichiarò Aethiopum semper servus (“schiavo degli africani per sempre”). È considerato “pioniere” nella difesa dei diritti umani. La scultura, in bronzo patinato, è di Enrique Grau (2001), ed è collocata nella piazza della Chiesa di San Pedro Claver a Cartagena, dove si trova anche la tomba del Beato Mariano de Jesús Euse Hoyos(18451926), sacerdote, proveniva da un’umile famiglia colombiana. Esercitò il suo ministero sacerdotale in diverse parrocchie e si dedicò alla cura fisica e spirituale dei poveri, soprattutto contadini ed infermi. La tomba del Beato Marianito si trova nella Chiesa parrocchiale di Angostura, nella diocesi di Santa Rosa de Osos. La Beata Maria Laura Montoya y Upeguí (1874–1949), colombiana, fondò nel 1914 la congregazione delle Suore Missionarie di Maria Immacolata e di Santa Caterina da Siena (Hermanas Misioneras de María Inmaculada y Santa Catalina de Sena), un’opera che ruppe con i modelli e le strutture religiose dell’epoca; Laura Montoya voleva condurre a compimento il suo ideale missionario così come lo espresse nella sua Autobiografia: «Avevo bisogno di donne intrepide, valorose, infiammate nell’amore di Dio, che potessero assimilare la loro vita a quella dei poveri abitanti della selva, per condurli verso Dio». (Cathopedia, l’Enciclopedia Cattolica) *** 16 I PADRI CARMELITANI SCALZI IN COLOMBIA Il Vicariato di Tumaco (la costa colombiana confinante con l'Ecuador) venne affidato dalla Congregazione di Propaganda Fide alla nostra Provincia di Navarra nel 1954. Nel mese di febbraio del 1990 esso è passato alla Provincia Colombiana. Il primo gruppo di missionari carmelitani (OCD) della Provincia di Navarra fece il suo ingresso ufficiale a Tumaco il 28 giugno 1954. L’allora Prefettura apostolica comprendeva una vasta zona di 18mila kmq. nella regione di Narinho, bagnata dall’Oceano Pacifico, al confine con l’Ecuador. Il primo apostolo di questa zona era stato l’agostiniano San Ezechiele Moreno. La Prefettura è stata poi elevata a Vicariato Apostolico nel 1961 ed il 29 ottobre 1999 ha acquisito il titolo di Diocesi. Il primo Vescovo carmelitano è stato Mons. Luis Irizar di Santa Teresina, che prima di allora aveva lavorato nella missione di Urabà (Colombia), ora abbandonata. Morì prematuramente a 56 anni, nel novembre 1966. Lo sviluppo della missione di Tumaco in queste cinque decadi di storia carmelitana, secondo le informazioni della Curia Generalizia OCD, può essere diviso in tre periodi. Gli inizi con Mons. Luis Irizar (1954-1966), che videro la creazione di infrastrutture e la costruzione di chiese, case, collegi, aeroporto, ospedale. Il consolidamento (1966-1990), con Mons. Miguel Angel Lecumberri, esemplare religioso carmelitano in Cile e attualmente a Pamplona (Spagna), dopo il suo ritiro da Tumaco. A ricordo perenne della sua intensa attività pastorale è la creazione, nel dicembre 1970, di Radio Mira, uno strumento molto importante per l’evangelizzazione di questa zona, dove gli spostamenti si effettuano principalmente per via fluviale o marittima. La maturità (dal 1990 ad oggi), con Mons. Gustavo Giron Higuita, primo Vescovo carmelitano colombiano. La popolazione è in gran parte afroamericana. L’interesse principale della Missione è sempre stato l’insegnamento, con la creazione di vari collegi, tenuti dalle Carmelitane Missionarie. Attualmente il territorio della diocesi di Tumaco è stato affidato alla provincia carmelitana della Colombia. Altre famiglie religiose, maschili e femminili, collaborano nell’evangelizzazione del territorio. Papa Giovanni Paolo II è stato a Tumaco nel 1986. (S.L.) (Agenzia Fides) 17 I sentieri della Città di Dio Nel 2003 Padre Josè Arcesio Escobar, un carmelitano scalzo, ha fondato l’opera di carità “Città di Dio”, attivando una fattiva e feconda collaborazione tra religiosi e laici. In Colombia gestisce case di accoglienza per ex-prostitute, poveri, bambini e anziani, vittime della guerriglia dei narcotrafficanti. Attualmente sono ospitati 130 bambini dai 3 mesi ai 5 anni, per permettere alle madri di svolgere un'attività lavorativa, 12 anziani e alcune famiglie che hanno perso tutto, sostenute e accompagnate fino a quanto possono tornare a vivere autonomamente. VISITA E INAUGURAZIONE DI NUOVI SALONI DELLA CITTA’ DI DIOS DI BARBACOAS 23-28 settembre 2013 Ogni volta che andiamo a visitare la Città di Dio di Barbacoas la vediamo come un grande regalo che il Signore ci ha fatto. Sentiamo la sua presenza nella comunione con i fratelli e le sorelle di questo luogo. Possiamo anche vedere quello che sono la Chiesa e il mistero di essere inviati dal Signore in missione; è ovvio che questa missione è ben distinta da quella che normalmente ci immaginiamo perché in quel caso ci facciamo solo trasportare dallo Spirito, per capire che la missione consiste nel disporci con docilità e lasciare che Dio operi attraverso la nostra povertà e così, scopriamo con stupore che la Sua sola presenza è fonte di benedizione per tutti. Noi ci proponiamo semplicemente come canali di grazia e benedizione, stando attenti ai segni che ci vengono mostrati attraverso le persone e le circostanze che ci si presentano davanti. E’ permettere che il tuo essere devoto si trasformi nella presenza concreta e vicina di Dio per gli altri. 18 Il Viaggio Dopo essere stati accolti fraternamente dalle suore carmelitane missionario di Tumaco, ci siamo inoltrati nella foresta nariñense, attraverso una strada che in realtà è un sentiero che ogni giorno sembra essere in condizioni peggiori: quando le condizioni sono favorevoli si possono percorrere quei 52 km in otto ore; a condizione che si viaggi in uno di quei pulmini piccoli, perché con il pullman ci si potrebbe impiegare fino a 12 ore. In ogni caso, nonostante la scomodità, potremmo dire che è un viaggio piacevole, nel quale possiamo sperimentare la presenza di Dio attraverso la foresta monotona, nei visi di indigeni, neri e meticci che ci appaiono inaspettatamente lungo il viaggio, in qualsiasi punto del percorso, in case isolate o piccoli villaggi. Attraverso le finestre delle case di legno si riuniscono le persone per vedere le macchine passare; come se uscissero per un momento dal fondo del loro mondo misterioso per stabilire un contatto con la civiltà rappresentata appena dai veicoli e i loro passeggeri. E subito dopo si immergono di nuovo nel silenzio della loro semplice storia, in profonda comunione con la natura, quasi mimetizzandosi con l’ambiente attorno. Percepiamo un tempo diverso, un altro spazio, un altro mondo. In questi luoghi si vive come in un passato eterno, in maniera molto diversa della dinamica della civiltà attuale. La gente, senza fretta, aspetta solo che il giorno passi e che si arrivi alla notte, seduta alla porta della propria casa, per cominciare di nuovo le stesse cose…e così fino a che l’eternità li abbracci, quando Dio li visita e li conduce alla sua dimora. A Barbacoas, La Città di Dio Nell’arrivare a Barbacoas, si percepisce subito un grande contrasto perché gli abitanti camminano come formiche da una parte all’altra. Lottano per sopravvivere in mezzo alle forze molteplici della violenza che tentano di sedurre e trovare seguaci, senza rispetto per la loro libertà. Molte volte capita che giovani e adulti, contro la propria volontà, si sentono obbligati a entrare in uno di quei gruppi come per sopravvivere, sebbene paradossalmente ciò che intraprendono è un cammino verso la morte. I fattori di rischio minacciano da tutte le parti, per grandi e piccoli, perché tutti vivono in mezzo al conflitto armato. Come un faro di luce, di pace e di amore, si innalza la Città di Dio, dando il benvenuto a tutti i visitatori come un segno della presenza di Dio e della sicurezza per chi giunge in quel luogo in ricerca di speranza, di compagnia e di ascolto; nella ricerca di Dio che è l’unico che può offrire sicurezza e sollievo in mezzo alla lotta armata nella quale si svolge la storia di Barbacoas e dei suoi abitanti. 19 Le Suore Carmelitane rappresentano la benedizione del Signore per tutti; credenti e non credenti. Le suore accompagnano silenziosamente questo paese. E’ come un miracolo! Loro, fragili e limitate, senza alcuna arma al di fuori dell’Amore, offrono le loro vite per trasformarle in un segno eloquente della presenza e della compagni di Dio. Nella loro vita quotidiana, con la loro missione si sono diventate sicurezza e fonte di speranza per molti. Come sempre, accolgono i bambini con i loro abbracci, sorrisa, allegria e canti, con grande ingegno e creatività. Le suore mantengono bella la Città di Dio. Ogni angolino curato dalla mano delicata di una carmelitana fa sì che in questo luogo si respiri la presenza di Gesù e la fraternità. In quel luogo accadono cose diverse da quelle che accadono in ogni altra parte. E’ una realtà nuova, è qualcosa di diverso; è come se fosse uno spiraglio di cielo in mezzo alla foresta. Non bisogna sforzarsi molto per verificare le parole del Maestro: “Beati i poveri perché di essi è il Regno dei Cieli”. Ci troviamo davanti una Città di Dio viva, piena di allegria, di attività, di canti e di esperienze formative; una Città di Dio che si prende cura di piccoli, madri, giovani, adolescenti, indigeni e afro; tutti, trovano in essa qualcosa che non si sa spiegare ma che noi sappiamo cosa sia: il Grembo di Dio! Abbiamo celebrato l’Eucarestia e abbiamo benedetto “l’angolo di San Josè” un nuovo edificio composto da tre saloni per i bambini e un grande auditorium al piano superiore, che servirà per la formazione e le attività con gli adolescenti, i catechisti e gli adulti. L’edificio venne molto bene e la vista sulla foresta invita alla preghiera, al silenzio e all’incontro con il Signore. Ciò che fanno i bambini La geniale creatività dei bambini è incantevole. Uno di loro, di circa tre anni, trovò un pezzo di lana arancione e disse che era un aquilone. I suoi amichetti riconobbero subito nel pezzetto di lana l’aquilone immaginario e cominciarono a giocare. Improvvisamente uno di loro disse che avrebbero portato l’aquilone al fiume e cercarono uno dei piccoli canali che raccolgono l’acqua che cade dal tetto della cappella e lì scoprirono il meraviglioso fiume dove fecero avventure con l’aquilone dicendo in varie occasioni che era sul punto di annegare. Poco dopo abbiamo scoperto un gruppo di bambini che avevano attaccato una corda alla ringhiera di una scala e la tiravano con tutte le loro forze, perché “era una mucca molto testarda” e dovevano trascinarla. Con le suore abbiamo messo dei mattoni sopra il pantano che si era creato di fronte ai bagni per evitare che si sporcasse il pavimento nell’entrare e nel mentre del lavoro un bimbetto si sedette sopra uno dei mattoni e disse che 20 quella era la sua macchina; cominciò a guidarla, fischiettando e frenando e facendo finta di essere ubriaco, perché “quelli che guidano bevono”, ci diceva. Poi degli altri bambini si unirono al gioco e si sedettero dietro di lui, sopra i mattoni, sfruttando il viaggio su questo originale mezzo di trasporto. Ciò che fanno le suore E’ davvero da ammirare il lavoro che fanno le suore Mercy Ortiz, Beatriz Ortiz e Lucina Roldàn, La loro allegria è contagiosa. Si sente la presenza di Dio in ognuna di loro. Trasmettono una luce speciale, la stessa che ricevono ogni giorno nella preghiera, che è vissuta con fedeltà e comunicata ai più bisognosi e amati dal Signore. Le suore sono simbolo di sicurezza per la gente e sono anche di compagnia per i sacerdoti del posto Juan Carlos Calzada e Alberto Otàlora, che vedono in loro delle vere suore, figlie di Padre Palao, innamorate della Chiesa e disposte, per essa, a donare la propria vita. Inaugurazione e benedizione dei nuovi saloni E’ stato bellissimo celebrare l’Eucarestia nell’intimità della Città di Dio. L’abbiamo vissuta in segno di grazia per la vita di ogni giorno ed è stato bellissimo poter l’incontro con la gente nella grande celebrazione della benedizione dei nuovi saloni. Questi nuovi spazi sono frutto del lavoro di molto, tra i quali, la Fondazione Ramirez Moreno, la comunità del MEC dell’Italia e molti altri benefattori che con il loro appoggio hanno reso possibile che un numero significativo di bambini di Barbacoas abbiano adesso tre saloni in più nella Città di Dio e un auditorio molto ampio per svariate attività. Per la celebrazione sono giunte molte persone dal centro di Barbacoas, i gruppi apostolici, giovani che con le loro danze e con le loro voci melodiose e potenti hanno fatto arrivare il loro canto fino al cielo. Lo spettacolo offerto dopo l’Eucarestia fu molto bello e creativo: parteciparono i bambini e i giovani con danze e canti e anche gli adulti anziani hanno improvvisato dei balli. Abbiamo concluso la giornata con un battesimo di un piccolo bimbo indigeno, di 14 mesi, ma che sembrava appena nato dato il suo peso e la grave denutrizione. Durante il battesimo il bimbo piangeva con dolore e singhiozzava senza forze dando l’impressione di stare molto male; al punto che pensavamo potesse morirci in qualunque istante. Purtroppo suo padre non ci ha permesso di portarlo all’ospedale. Suo papà è sempre ubriaco e sua madre, sui 24 o 25 anni ha un grande ritardo mentale. La coppia ha sette figli e 21 stanno aspettando l’ottavo. La madre è incinta di otto mesi ma non vuole essere aiutata né da un medico né con i medicinali. La piccola comunità che si formò in quei giorni nella Città di Dio di Barbacoas era composta, oltre che dalle suore della casa, dalle suore Gloria Anaya e Stella Pareja, le quali, in nome delle provincie di Bogotà e Medellin, erano in visita pastorale a Barbacoas. Eravamo accompagnati inoltre da Elena Correa, una giornalista dell’Università di Antioquia, incaricata alla fotografia, video e la parte visuale delle Città di Dio e Padre Josè Arcesio Escobar, direttore della Fondazione Santa Teresa di Avila. Abbiamo anche visto il magnifico rapporto che c’è tra le suore e i sacerdoti del paese, fatto di mutua assistenza e aiuto. Con loro abbiamo avuto l’opportunità di condividere un pranzo nella Città di Dio e il giorno dopo, un altro nella canonica di Barbacoas. Lungo il fiume Telembi Siamo stati invitati dalle suore a percorrere il fiume Telembi fino a Roberto Payan, dove abbiamo fatto visita ai padri della parrocchia di San Josè, sacerdoti africani che prestano i loro servizi nel Vicariato di Tumaco. I padri Richar e Simon Pedro, dall’Uganda, Africa, gestiscono la parrocchia di questo paesino. Presente e futuro Cogliamo l’occasione dell’inaugurazione del nuovo lavoro nella Città di Dio di Barbacoa, costruito grazie all’aiuto dei fratelli italiani del MEC e alcune altre istituzioni, per programmare il prossimo lavoro da fare sul posto. L’ingegnere in carica, Jorge Mario Benavides, ha dato l’ok a tutti i nostri suggerimenti e ha promesso di inviare il bilancio per il lavoro da svolgere. Lasciando la Città di Dio di Barbacoas, sentiamo il desiderio di tornare e il desiderio di poter partecipare in modo permanente nella vita e nelle attività della Città di Dio, che vediamo crescere con tanta gioia. Eterna gratitudine alle Suore Carmelitane che danno la loro vita al servizio del Regno tra i più poveri e per la splendida e fraterna accoglienza che ci hanno dato. Movimento Ecclesiale Carmelitano 22 23 6° edizione “Girotondo intorno al mondo. Insieme ai bambini della Colombia” *** Programma della serata Conduce Danilo Esposito *** 24 Interventi canori e musicali "PICCOLA ORCHESTRA BUONARROTI" ISTITUTO COMPRENSIVO REGINA ELENA Diretta dal M° Teresa Ceccato Dirigente Scolastico Dott.ssa Rossella Sonnino Docenti di strumento: Violino - Teresa Ceccato Clarinetto - Alessandro Di Carlo Chitarra - Letterio Ammendolia, Francesca Meli Pianoforte - Annarita Fontana 25 La ”Piccola Orchestra Buonarroti” inizia la sua attività nell’a.s. 2003/04, dietro la forte spinta dei docenti L. Ammendolia, T. Ceccato e A. Fontana. L’Orchestra, nel corso degli anni, offre esibizioni pubbliche anche nell’ambito di eventi a carattere sociale, suonando per Telethon e per l’Ospedale Bambin Gesù. Nell’a.s. 2007/2008, partecipa al Concorso nazionale “Musica e cinema” di Roma, vincendo il I premio. Nell’a.s. 2008/2009, produce un DVD delle attività svolte nei corsi ad indirizzo musicale. Nell’a.s. 2009/10, l’Orchestra si presenta al prestigioso Concorso nazionale “E. Zangarelli” di Città di Castello, vincendo il I premio; in tale occasione, l’Orchestra ottiene anche il premio speciale per la migliore sezione archi. Le partecipazioni ai concorsi proseguono nell’a.s. 2010/11, quando l’Orchestra si esibisce a Norcia in occasione della rassegna nazionale per le scuole medie ad indirizzo musicale e vince il III premio al Concorso nazionale “E. Zangarelli” e il II premio al Concorso nazionale “Città di Loreto” - Ancona. Anche in questa occasione, l’Orchestra vince numerosi premi con i suoi solisti e le formazioni da camera, tra cui spicca il I premio dell’ensemble di chitarre. Nell’a.s. 2011/12, l’Orchestra ottiene un riconoscimento vincendo il I premio assoluto al Concorso Internazionale “P. Barrasso” di Pescara. Nell’a.s. 2012/13 gli allievi, ricevono premi e riconoscimenti al Concorso Internazionale “Musica e Cinema” di Roma, in formazioni cameristiche e come solisti, in particolar modo si distinguono il trio due violini e pianoforte e l’ensemble di chitarre che vincono, nelle rispettive categorie, il I premio con menzione speciale. Nell’Ottobre scorso, la Piccola Orchestra Buonarroti si è esibita nella prestigiosa Sala S. Cecilia del Parco della Musica di Roma, riscuotendo attestati di stima e unanimi consensi. *** 26 "ORCHESTRA I. C. A. BALABANOFF" ISTITUTO COMPRENSIVO "ANGELICA BALABANOFF" Diretta dal M° Luigi Marinaro Dirigente Scolastico Dott.ssa Anna Proietti Docenti di strumento: Flauto - Rossella Montanari Strumenti a Percussione - Luigi Marinaro Chitarra - Franco Capri Pianoforte - Pietro Blumetti L’Orchestra dell’Istituto Comprensivo “Angelica Balabanoff” di Roma, nasce dalla volontà dei docenti dell’Indirizzo Musicale di offrire ai ragazzi l’opportunità di crescere e maturare attraverso l’esperienza del “fare musica insieme”. La sua attività inizia nell’a.s. 2003-2004 e nel corso degli anni si è esibita in pubblico nell’ambito di numerosi eventi a carattere musicale. Nel 2004 ha partecipato alla manifestazione, organizzata dal comune di Roma, “La Notte Bianca” esibendosi presso l’Auditorium Parco della Musica di Roma. Sempre nell’ambito de “La Notte Bianca” nella edizione del 2005, si è 27 esibita sul palco di Villa Torlonia, ricevendo gli apprezzamenti del sindaco Veltroni. Dal 2008 al 2011 presso l’Auditorium Parco della Musica ha preso parte alla rassegna “Scuole in palcoscenico”, organizzata dall’Associazione “Amici dell’Auditorium”. Dal 2009 al 2011 ha partecipato alla rassegna “Scuole in piazza”, organizzata nel territorio del V municipio, in difesa dell’acqua bene comune. Nel 2010 si è esibita in occasione dell’evento organizzato dal comune di Roma “Scuole in festa” presso Villa Borghese. Numerose sono le partecipazioni e affermazioni a concorsi nazionali di musica, dove sono risultati vincitori gli ensemble strumentali delle classi di flauto, chitarra, percussioni e pianoforte (Arts Academy 2003, Città di Roma 2008, San Virgilio..in canto 2010, Città di Campagnano 2010 e 2011, Città di Celano 2013, Musica e Cinema 2014). Nel 2013 l’Orchestra dell’I.C. “A. Balabanoff” vince il I° premio al Concorso Nazionale “E. Zangarelli” Città di Castello e il premio speciale per il “Miglior arrangiamento”. Sempre nel 2013 l’orchestra si aggiudica il I° premio al Concorso Nazionale “Jacopone da Todi” e vince anche il I° premio per la “Migliore composizione originale”. *** PROGETTO "MUSICAMENTE" REGINA ELENA Docenti di strumento: Chitarra - Letterio Ammendolia Pianoforte - Annarita Fontana Clarinetto - Alessandro Di Carlo Violino - Teresa Ceccato MusicaMente è un progetto dell’Istituto “Regina Elena” che nasce dall’esigenza di offrire un punto di riferimento per gli allievi desiderosi di intraprendere un percorso musicale, come ulteriore veicolo di crescita 28 culturale individuale e collettiva. Il progetto si snoda in due direzioni principali: l’avviamento allo strumento musicale, rivolto agli alunni della scuola primaria che manifestano la curiosità di conoscere la musica da vicino, e il potenziamento strumentale, per gli ex allievi dei corsi ad indirizzo musicale del nostro Istituto, come continuità didattica per approfondire e sviluppare tutte le tematiche inerenti l’ascolto e la pratica strumentale. Attraverso una costante pratica individuale e d’insieme, vengono perseguiti obiettivi trasversali di assoluto valore, come lo sviluppo dei processi logici, la socializzazione, il rispetto degli altri, l’autostima, il controllo dell’emotività legata all’esecuzione, che tendono a formare una “Mente musicale” sempre più aperta e rivolta al futuro in modo libero e consapevole. *** ASSOCIAZIONE CULTURALE "SENZATEMPO" ROMA Docenti di strumento: Flauto - Rossella Montanari Strumenti a Percussione - Luigi Marinaro Pianoforte - Mario Madonna Chitarra - Emmanuel Losio L’Associazione Culturale “senzaTempo”, formata da musicisti e didatti del settore, nasce nel 2014 dalla volontà di contribuire in modo sostanziale alla formazione dell’individuo, attraverso l’esperienza del “ far musica insieme”. Opera nel IV Municipio di Roma e svolge attività divulgativa della cultura sotto l’aspetto musicale, favorendo l’integrazione di ragazzi provenienti da diverse esperienze e realtà sociali. A tale proposito, è nato un “laboratorio musicale” che vede la partecipazione di ragazzi, dai 14 anni in su, che abbiano avuto una formazione di base del linguaggio musicale e che abbiano voglia di condividere una passione comune, la Musica, per migliorare se stessi, contribuendo alla costruzione di una “società civile” . *** 29 PROGRAMMA ORCHESTRE TRADIZIONALE ROMANIA - “SIRBA” Orchestra I.C. Balabanoff (classe I) W. A. MOZART - “ALLEGRO” Ensemble chitarre (Balabanoff) M. RAVEL - “PAVANE” Ensemble clarinetti F. TARREGA - “PRELUDIO “LÀGRIMA” C. MACHADO - “FREVO”, “CATIRA” Ensemble chitarre (Regina Elena) J. OFFENBACH - “BARCAROLA” Ensemble violini Y. TIERSEN - “COMPTINE D’ÉTÉ N.2” Piccola Orchestra Buonarroti J. ZAWINUL - “MERCY, MERCY, MERCY” C. COREA - “ARMANDO'S RHUMBA” Ensemble flauti e percussioni M. JACKSON - “BILLIE JEAN” E. MORRICONE - “C’ERA UNA VOLTA....” Orchestra “Balabanoff Buonarroti” AA.VV. - “MUSIC.....ALL” Ass. cult. “senzaTempo” e Progetto “MusicaMente” 30 * * * “Essere poveri” Racconto della Colombia Un papà benestante volendo che suo figlio sperimentasse sulla propria pelle l’essere povero, lo portò a vivere un paio di giorni in montagna con una famiglia di contadini. Passò tre giorni e due notti nella loro casa di campagna. Ritornando in città in auto, il papà chiese al figlio: - Cosa ti è sembrata l’esperienza? - Buona, rispose il figlio mentre guardava verso l’orizzonte. - E …cosa hai imparato? Insistette il papà...Il figlio rispose: Che noi abbiamo un cane e loro ne hanno quattro; Che noi abbiamo una piscina con acqua stagnante che arriva a metà del giardino…E loro hanno un fiume immenso con acqua cristallina, dove vi sono pesciolini ed altre bellezze. Che noi importiamo lanterne dall’Oriente per illuminare il nostro giardino... Mentre loro si fanno luce con le stelle e la luna. Che il nostro cortile arriva fino allo steccato… E il loro arriva fino all’orizzonte. Per mangiare noi compriamo il cibo;... loro seminano e raccolgono il loro. 31 Noi ascoltiamo CD... Loro ascoltano una perpetua sinfonia di uccelli, pappagalli, rane, rospi, scarafaggi ed altri animaletti... Noi cuciniamo con la stufa elettrica...Loro tutto quello che mangiano sa di quel glorioso sapore di forno a legna. Per proteggerci noi viviamo circondati da muri, con allarmi… Essi vivono con le porte sempre aperte protetti unicamente dall’amicizia dei loro vicini. Noi viviamo collegati al cellulare, al computer, alla televisione... Loro, invece, sono "collegati" alla vita, al cielo, al sole, al verde della montagna, agli animali, alle loro semine, alla loro famiglia. Il papà restò colpito dalla profondità riflessiva del figlio… e infine il figlio concluse: Grazie papà, per avermi insegnato quanto siamo poveri ! * * * Intervento dei Padri Carmelitani Fr. Cesar Armando Garcia Rodriguez o.c.d. e del volontario in Colombia Alberto Pacifici *** 32 Testimonianza di Alberto Pacifici E’ passato poco più di un mese da quando ho lasciato il paese di Norcasia, nella regione rurale di Caldas, in Colombia, con il bus delle 6:30 del mattino. Ho salutato le sue strade dissestate, il parque, ovvero la piazza principale – forse l’unica, per gli occhi di un europeo – e le sue palme pitturate alla base di bianco, giallo, arancione e più alte degli edifici che le fanno da cornice, e i suoi abitanti sorridenti, gioviali e timorosi, e mai diffidenti. Ad abbracciarmi forte, all’arrivederci, l’hermana Yaneth e Tommaso, e il sole. Il sole tropicale, alto in cielo a scandire l’inizio di un altro giorno di verano caliente. Un giorno comune, cui un’alba incurante della mia partenza aveva già dato il via un’altra volta ancora, con o senza di me. E con o senza di me le settemile anime che popolano Norcasia si sarebbero svegliate – ma la maggior parte sarebbe stata già sveglia da un pezzo, alle 6:30 del mattino – e avrebbero affrontato un altro normalissimo giorno di vita. Il contadino Alex, gestore della nostra Granca MonteCarmelo – il cui cartello spartano con su inciso il nome ci era stato rubato da un gruppo di ragazzi vendicativi, ma già si stava provvedendo a rimpiazzarlo con un altro, molto più bello – sarebbe arrivato con la sua moto alla fattoria per mungere le nostre vacche dal nome rigorosamente carmelitano, Teresa e Edith. Il meccanico del paese, Isael, avrebbe buttato un occhio alla sua officina prima di dirigersi a scuola, dove svolge il suo “secondo” lavoro, quello di professore, come la maggior parte dei professori Norcaseñi. Il negro avrebbe aperto il suo negozio di accessori di elettronica di provenienza asiatica, e i proprietari delle cantinas – i luoghi votati all’intrattenimento notturno di quei molti, moltissimi campesini in cerca di rumbia alcolica – avrebbero aperto le porte per accogliere i bevitori più mattinieri. La hermana Yaneth, di lì a poco, avrebbe raggiunto l’hermana Amparo per svolgere le lodi mattutine nella accogliente casa delle sorelle carmelitane missionarie – o nel suo giardino tropicale, se ci fosse stato del vento ricco di cui godere - che mi ha ospitato durante i miei primi giorni da missionario, permettendomi di prendere confidenza con il clima, con i ritmi di vita, con le persone con cui avrei vissuto per i due mesi successivi. E insieme avrebbero pregato per me, per il breve viaggio che stavo per intraprendere prima di 33 tornare in Italia, e avrebbero pregato per Tommaso, e per il lungo viaggio che già aveva intrapreso. E avrebbero pregato per Norcasia e i suoi abitanti, e per quel manipolo di adolescenti che sono i nostri ragazzi, miei amici e fratelli minori. Le ragazze – Paola, Stefanny, Luzkarime, Yamile, Yamie, Erika, Carol e Ana Milena- avrebbero indossato la divisa, e dopo una rica colazione sarebbero state incalzate da doña Sonia ad affrettarsi per andare a scuola. I ragazzi – Diego, Farlei, Yaison, Andrès, Licho e suo fratello Julian – avrebbero aperto gli occhi assonati accompagnati dal suono della musica colombiana diramata dai loro cellulari-sveglia – impostata ovviamente a ridosso dell’inizio delle lezioni - e in pochi minuti avrebbero cucinato la colazione, rifatto i letti, lucidato le scarpe della divisa, combattuto per chi si sarebbe lavato per primo, e consumato tutta l’acqua del serbatoio della fattoria per fare la doccia. E poi, placidamente, si sarebbero avviati verso la scuola, cui sarebbero arrivati in ritardo, come al solito. E poi la giornata sarebbe proseguita: i lavoratori venuti apposta dal Quindio avrebbero portato avanti la costruzione della stalla nella fattoria. Tommaso avrebbe fatto colazione alla casa delle suore, e poi sarebbe montato in sella alla sua moto per svolgere tutte le commissioni e le attività della giornata. La hermana Yanette avrebbe continuato a svolgere il suo ruolo non ufficiale di punto di riferimento per tutti, nel paese e nella nostra fondazione, e nonostante i molti impegni avrebbe salutato tutti a gran voce da un lato all’altro della piazza, ridendo e scherzando. E tutti avrebbero fatto lo stesso con lei. E i ragazzi sarebbero usciti da scuola nel pomeriggio, e magari lavorato un po’ nel campo, o seguito il corso pomeridiano di costruzione del pollaio per la Granca, o fatto i compiti, o semplicemente passato il tempo insieme, tra loro e con Tommaso. E mentre questo mondo prezioso in cui ho avuto la fortuna di vivere andava avanti, io andavo via, il ventidue di agosto. E mentre questo mondo prezioso andava avanti, io arrivavo, solo un mese e mezzo prima. Sono arrivato nella tarda serata del nove luglio, dopo un viaggio in taxi da Bogotà durato più di nove ore. Nonostante la sindrome da jet leg, la notte buia, lo sconquassamento emotivo causato dalla guida spericolata del tassista – non potrò mai dimenticare il chilometro di corsa nella corsia contromano, e i sorpassi nella preferenziale (quella sbagliata!) al ritmo di bajanato - sono rimasto impressionato dalla strada che porta dal La Dorada a Norcasia, limitata ai lati da due pareti di vegetazione tropicale. E la prima domanda che ho mi sono posto al risveglio è stata: “Ma dove sono finito?” e la risposta: “Sono in un piccolo paese di contadini nell’entroterra della regione più rurale della Colombia, a diecimila chilometri da casa”. E poi un’altra domanda, La 34 domanda: “E ora?”. E non ho avuto tempo di avere paura, o di sentirmi a disagio, o di darmi una risposta. La verità è che ero arrivato semplicemente in una nuova casa, e che mi sono subito sentito parte di una famiglia che mi stava aspettando a braccia spalancate, nonostante non avessi fatto niente per meritarlo, nonostante non lo sapessi. E poi cosa ho fatto? Ho vissuto. Ho semplicemente vissuto in una realtà che mai mi è sembrata estranea, o se mai mi è sembrato così, è stato solo per pochissimi momenti. Quando dico che ho “semplicemente vissuto” intendo che non ho fatto altro che alzarmi la mattina, godere di ottimi pasti al desayuno, all’almuerzo, alla comida, e parlare e vivere insieme a un gruppo di persone che non conoscevo, ma con cui ho subito compartito dei momenti di vita. Compartire. Che in italiano significa condividere, ma che in spagnolo ha un significato molto più intenso e comunitario di condividere, che nella sua etimologia sottintende il verbo dividere, e quindi una momento di rottura, di individualità. Compartire significa prendere qualcosa e viverla congiuntamente, alla pari, godendone insieme, e godendo contemporaneamente del fatto che la si sta vivendo insieme. Si può compartire del cibo, o una passeggiata, o una gita – come quella che io e Tommo abbiamo regalato a tutti i ragazzi, accampandoci tutti insieme per tre giorni in riva ad un lago vulcanico. Ma si può compartire anche la sofferenza, la rabbia, la frustrazione di vivere in un luogo in cui abusare di una ragazzina di tredici anni dietro la porta di un bagno, nella scuola dove dovrebbe essere protetta, è considerato dalla omertosa e corrotta polizia locale un fatto da niente, una ragazzata sulla quale non si può che chiudere un occhio. Si può compartire il disagio di ricevere delle minacce, dei furti di notte solo perché si vuole proteggere quella stessa ragazza, e le sue compagne di casa e di vita, accompagnandole a scuola la mattina, e andandole a riprendere nel pomeriggio per evitare che quegli stessi ragazzi possano riproporre le violenze di cui si erano già macchiati. E si può compartire l’imbarazzo e l’inadeguatezza che si prova a far visita a una famiglia che vive in una casa senza pavimento, con il perimetro delimitato non da mura, ma dai teloni verdi dei “lavori in corso”. E di vedere che il terriccio che costituiva il suolo calpestabile era perfettamente spazzato, come se fosse una “casa vera”. E nonostante tutto, quasi non far caso alla terribile povertà, tanto caliente e meravigliosa era l’accoglienza che ci avevano riservato. Certo, ho lavorato nel campo della Granca sotto il sole equatoriale, ho raccolto decine e decine di sacchi di letame che avrebbero fatto da concime organico per la fattoria, ho trasportato di peso dozzine di tronchi di guadua da 60 chili, aiutato i ragazzi con i compiti di tutte le materie e passato delle giornate in cui il mio unico pensiero è stato “voglio solo dormire”. Ma neanche per un momento ho sentito di aver fatto abbastanza per ripagare 35 tutto l’amore, la benevolenza e la comprensione che mi sono stati riservati. E ancora adesso non saprei spiegare l’affetto e la gioia nei miei confronti – e che io provo almeno allo stesso modo - quando parlo con i ragazzi, con Tommaso, con la Hermana su facebook o su qualche altro social network. O il sentimento che spinse il l’anziano e bizzarro ingegnere capo dei lavori in guadua a dirmi “Alberto, sappi che quando tornerai in Colombia avrai un nuovo amico, vecchio e povero, ma un nuovo amico”, o Paola, una delle ragazzine più piccole, a dirmi “sei una persona speciale, e spero che la vita ti renda felice”. E non è retorica, è la realtà, perché nemmeno per il più breve istante ho pensato di aver fatto abbastanza per meritare tutto questo. Ma un’altra verità, e l’ho capito solo ora che è passato del tempo, è che forse non dovevo fare di più. Dovevo solo vivere, compartire. E alla fine, in questo modo semplicissimo, forse sono riuscito anche io a portare qualcosa di buono in quella comunità così diversa eppure così familiare. Sperando che valga almeno un decimo di ciò che di buono ha dato a me. (ottobre 2014) *** LETTERA DI DAVIDE PIVA AGLI UNIVERSITARI DEL M.E.C. Hola compañeros!!! Come va? Vi scrivo da Norcasia, ridente cittadina appartenete al dipartimento di Caldas, che sorge nel mezzo di due cordigliere delle Ande Colombiane. Qua la natura è uno spettacolo, abbondante in forme e varietà di animali e vegetali… da restare a bocca aperta! Per quello che mi è sembrato in questi due giorni, la povertà è tanta, sia materiale, che spirituale, che educativa. Nonostante questo la gente è molto accogliente e simpatica, anche se non capisco ancora nulla di quello che dicono! Per ora mi sento un po’ un pesce fuor d’acqua, perché non riesco a fare un discorso di senso compiuto con una persona, e mi ritrovo a fare e gesti e versi che non capirei nemmeno io stesso. Ma confido di imparare presto la lingua e cominciare a fare sul serio. Comunque, tralasciando tali baggianate, vi scrivo per raccontarvi un po’ le motivazioni che mi hanno spinto a venire in missione, e soprattutto per mantenere i contatti con voi. Non voglio infatti che la mia sia un’esperienza solitaria, distaccata da ciò che state vivendo in Italia. Infatti noi tutti, anche se lontani e occupati in faccende diverse, condividiamo il medesimo desiderio di 36 bellezza, pace e amore, che cerchiamo di raggiungere attraverso la fede e con le nostre opere. Per questo spero che anche voi vi prendiate a cuore la mia missione, come io cercherò di prendere a cuore le vostre. Inoltre mi piace pensare che la nostra amicizia per tutto questo tempo resterà sacra e vera come lo è sempre stata, e continui nel reciproco ricordo ed affidamento al Signore durante la preghiera. Il primo motivo che mi ha mosso verso questa scelta è semplicissimo: un naturale e genuino desiderio di fare del bene al prossimo. Da sempre ciò che più mi ha smosso e riempito il cuore di gioia e di speranza sono stati esempi di opere di carità e gratuità e, nei casi in cui sono io stato io l’artefice di questi gesti, mi sono sentito realizzato ed in Comunione con Dio e con le persone. Voi direte: “Stolto, puoi farlo anche qua a Brescia il bene!”. Verissimo! Ma nell’ultimo anno mi sono sentito particolarmente chiamato a venire a Norcasia, per varie ragioni: perché il progetto che andremo a realizzare è particolarmente legato a ciò che ho studiato, perché ho conosciuto le suore e P.Arcesio e ne sono rimasto affascinato, perché Tommo ha bisogno di aiuto. E poi penso che sia più facile riuscire a fare del bene in una terra dove la povertà è molta e le necessità sono numerose. Oltretutto Punto Missione, e quindi il MEC, cercavano qualcuno che potesse recarsi a Norcasia… Forse molti sarebbero partiti volentieri, ma le loro situazioni in Italia non glielo hanno permesso. Io che ho avuto la fortuna di poter venire, sento forte il mandato da parte loro e da parte vostra. È come se mi diceste: “Vai Davide, sappiamo che puoi fare tante belle cose, vai e porta alto il nostro nome in Colombia!”. Quindi la mia responsabilità aumenta ancora di più, poiché non riguarda solo la gente del posto, ma riguarda anche voi… io rispondo alla chiamata con fierezza, e spero di esserne all’altezza!!! Inoltre ho sempre voluto fare un’esperienza duratura lontano da casa, perché credo che sia una tappa decisiva nel percorso di crescita di una persona. Lasciare tutte le proprie comodità, i propri affetti, le proprie certezze, per sfidare l’ignoto e mettersi veramente alla prova… è affascinante e non sarà facile: so che incontrerò molte difficoltà, ma spero di superarle e di tornare a casa più uomo di prima, con occhi nuovi, una mente più aperta ed un cuore più accogliente. Credo che fino ad ora la mia vita sia stata abbondante di doni e di grazia: una famiglia splendida che mi ha sempre voluto bene, amici grandiosi con cui ho condiviso i momenti più belli della mia vita, ed una storia, il MEC, che mi ha aiutato a diventare quello che sono ed a guardare la realtà con gli occhi e l’intelligenza del Cristiano, alla ricerca di Dio, del bene comune e della santità. 37 Ringrazio ogni giorno il Signore per questi doni, ma sarei un egoista ed un ipocrita se me li tenessi solo per me. Quindi credo che ora sia arrivato il momento di donare anche ad altri, meno fortunati di me, tutto quello che io ho potuto ricevere. Quindi sono qui per portare un po’ di speranza a ragazzi, ma anche ad adulti, che nella loro vita hanno subito molti traumi e sono disillusi riguardo alla bellezza della vita. Spero di dimostrare loro, attraverso la parola ed il comportamento, che una vita migliore è possibile, che ognuno può riscattarsi, essere felice, e diventare nella vita tutto ciò che vuole diventare. Un altro motivo per il quale affronto con fiducia e grandi aspettative quest’esperienza è la possibilità di far crescere il mio rapporto con Gesù Cristo. Fino ad ora sono rimasto affascinato, quasi incantato, da un tipo di persone di cui ho letto, o di cui mi è stato raccontato, o che ho potuto incontrare. Si tratta di persone che sono riuscite ad abbandonarsi totalmente nelle mani del Signore, facendo totale affidamento su di Lui. Ho notato in loro una marcia in più, una sicurezza, una spensieratezza, e una felicità invidiabili. Si tratta di persone semplicissime, ma in grado di fare opere grandiose, perché sapendo di poter contare su un appoggio dall’alto, non si sono mai fermati davanti a dubbi e paure, ma hanno proseguito su quella che erano certi fosse la strada indicata loro dal Signore. Qui, con il convento delle suore a due passi, e la possibilità (credo almeno) di avere più tempo per me e per i miei pensieri, spero di riuscire a diventare un vero amico di Gesù, di capire la mia vocazione, di comprendere cosa vuole veramente da me, qual è il mio posto nel mondo e in cosa posso essere utile. E quindi di potermi fidare totalmente di Lui, di abbandonarmi alla sua volontà, per essere un vero prolungamento in terra delle braccia di Dio, per fare la sua volontà e contribuire a costruire il Regno di Dio, un regno di pace e felicità. Vi chiedo quindi di pregare per me, perché ne avrò bisogno, ma anche per la missione ed i miei compagni… io contraccambierò certamente la vostra vicinanza ricordandovi ogni giorno! Nel frattempo prendetevi cura delle nostre amicizie e del MEC, che è un dono troppo importante per essere sprecato! Ciao ragazzuoli, fate i bravi, divertitevi, e copritevi che altrimenti vi buscate un accidente, che lì fa freddo! Qui invece il sole è sempre alto nel cielo, e riscalda e rallegra l’aere ed i corazon! Hasta luego hombres, que les vaya bien! Sempre vostro, Davo 38 (marzo 2015) Come potete aiutare le Opere dei Padri Carmelitani in Colombia L’Associazione “Punto Missione” Onlus è sorta a Brescia quindici anni fa dal desiderio di alcuni amici del Movimento Ecclesiale Carmelitano di condividere con tutti che l’esistenza umana riconosciuta e accolta come dono è capace di generare nuova umanità e dare senso e valore ad ogni esistenza umana. Solo la coscienza di questo dono ci rende capaci di gratuità che costituisce l’espressione più vera dell’uomo, determina e definisce tutte le relazioni della vita, poiché ogni persona è fatta per l’altro, è relazione gratuita d’amore. Per questo ci siamo assunti come compito la costruzione di un’ opera sociale – cioè di legami stabili tra persone per un progetto comune – in cui l’esperienza dell’ accoglienza è in primo luogo il riconoscimento della grandezza della persona umana e del suo rapporto con l’infinito e la pratica della condivisione si traduce in una compagnia reale a tutte le condizione di bisogno e di povertà dell’altro, ma vuole esprimere anche il desiderio di abbracciarne il suo destino ultimo. La nostra Mission è la costruzione di un’amicizia operosa capace di affermare l’uomo nel suo bisogno di esistere come realtà unica ed irripetibile, l’uomo nella irriducibilità del suo desiderio, l’uomo che sente che ciò da cui è definito e caratterizzato è la libertà e la felicità come pienezza dell’umano. Ci caratterizza in modo particolare l’attenzione alla famiglia come sorgente originaria della vita, risorsa primaria per l’educazione e la crescita di ogni persona, luogo di relazioni autentiche e gratuite che sono a fondamento di una nuova socialità. “Punto Missione” negli anni ha operato in diversi paesi del mondo promuovendo e sostenendo diversi progetti di solidarietà come risposta 39 a vecchie e nuove povertà : Burkina Faso, Colombia, Lettonia, Libano, Madagascar, Romania, oltre che in varie parti d’Italia. CONTATTI [email protected] [email protected] SEDI LEGALE: Via Castello 10 , 25121 Brescia OPERATIVA: Via Einaudi 1, 25050 Rodengo Saiano BS - Telefono 030 6811331 – Fax 030 6816630 LOCALE: Viale Oberdan 7, 31100 Treviso [email protected] Telefono 030 6811331 - Fax 030 6816630 C.F. 03533010173 IBAN IT89Q0501811200000000107161 C/C Postale n. 16896656 *** PREMIAZIONE TORNEO DI CALCETTO S. TERESA 4° Torneo di calcetto “S. Teresa & Friends 2015” 40 *** Gruppo di Ginnastica Artistica “ALDEGA 2000” ALDEGA 2000. E’ un’associazione sportiva di ginnastica artistica della città di Roma. Le sette ragazze che la compongono condividono la grande passione per questo sport meraviglioso. Lo scorso anno hanno partecipato alla serata a favore dei Bambini del Burkina Faso. Francesca Di Stefano Caterina Trivellini Maddalena Adriano Margherita della Rosa Ilaria felici Coreografie su musiche di "Fast and sad" di Ivarelli e “Tango remix” *** 41 “BIBIDI BOBIDI BAND” Il progetto “Bibidi Bobidi Band” nasce alcuni anni fa da un'idea di Giulia Fortini e Alessio Contorni con l'intento di coinvolgere grandi e piccoli con i pezzi più famosi dei cartoni animati Disney/Pixar/Dreamworks e Fox. La collaborazione artistica fra i solisti e il maestro Contorni ha avuto inizio 3 anni fa nel coro del liceo classico Vivona, mentre gli altri componenti si sono aggiunti successivamente. Voci - Giulia Fortini, Mario Vetere, Flaminia Lobianco Voci e Tastiere - Alessio Contorni Tastiere. Ivano Guagnelli Chitarra - Alessandro Caputo Basso - Massimo Pizzuto Batteria - Fabiano Giovannelli “MEDLEY SU CANZONI DISNEY” arr. Alessio Contorni *** 42 “LE CAMPANELLE” insieme a Themis Rocha e Mauro Occhionero “Le Campanelle” Il Coro di voci bianche “Le Campanelle”, nasce nel 2008, all’interno della Parrocchia S. Teresa d’Avila di Roma. “Le Campanelle” si sono già esibite in varie manifestazioni nella città di Roma (“Concerti di Natale e Pasqua a S. Teresa”, edizioni 2008, 2009, 2010, 2011, 2012; “Concerto a favore dei terremotati dell’Abruzzo”, maggio 2009; “Angeli per un sorriso”, Basilica di San Lorenzo fuori le mura, dicembre 2009 e della Provincia (“Castelli in Coro”, Nemi, maggio 2010); Concerto per i Bambini del Madagascar (giugno 2010); Concerto per i Bambini del Giappone (giugno 2011); Concerto per i Bambini della Romania (giugno 2012). Concerto per i Bambini del Burkina Faso (giugno 2013); Concerto per i Bambini dell’India (giugno 2014). Dirige e canta con “Le Campanelle” il M° Themis Rocha 43 Themis Rocha, cantante, musicista e compositrice brasiliana A 12 anni, entra al conservatorio, scegliendo come primo strumento la chitarra classica. A 14 comincia, parallelamente, lo studio del canto. Dai 15 anni ha concorso a numerosi festival di MPB (Musica Popolare Brasiliana), come interprete e compositrice, vincendo, alcune volte, in entrambe le categorie, iniziando la sua carriera solistica. Supera l’esame presso l’Ordine dei Musicisti Brasiliani, abilitandosi come “Cantante Popolare Permanente”. Si è esibita in tutto il Brasile con “Canto do Povo”, coro vincitore di molti concorsi nazionali e internazionali e che per due volte ha rappresentato il Brasile in Europa, anche al Vaticano, alla presenza del Papa Giovanni Paolo II. In Italia, dove esegue la sua attività concertistica come solista, con musicisti e/o gruppi del mondo jazzistico e classico, ha partecipato a numerose rassegne jazz e festival latinoamericani (come Umbria Jazz, Celimontana Jazz Festival, etc.). Ha realizzato registrazioni discografiche e concerti live con: Gianluca Persichetti, Irio de Paula, Stefano Rossini, Eddy Palermo, Alfredo Paixão, Marco Persichetti, Maurizio dei Lazzaretti, Jim Porto, Harold Bradley e moltissimi altri. I brani originali Sedução, Sonhando Ipanema e Ilusões sono trasmessi da importanti network radiofonici internazionali. Durante gli ultimi anni, trascorsi in Brasile, ha inciso il cd LABIRINTO, con proprie composizioni (parole e musica), con brani in portoghese, italiano e inglese, presentato, contemporaneamente, in Brasile e in Italia, anche alla RadioRai, nel programma di Max de Tomassi, Musibrasil. Inoltre, in questo stesso periodo, ha vinto il concorso statale per far parte del gruppo vocale Camerata de vozes do Rio Grande do Norte, diretto dal maestro di fama internazionale Monsignore Pedro Ferreira da Costa, gruppo al quale è tuttora vincolata. Tra i lavori rilevanti, vanno ricordati: la partecipazione alla reinaugurazione dell’Ambasciata Brasiliana a Roma e, nel 2010, in quella di Belize, dove ha eseguito alcuni concerti come solista, rappresentando il Brasile, alla presenza di ambasciatori di diverse nazioni del mondo. È docente di canto presso l’Accademia Romana di Musica, dove ha realizzato, insieme ai maestri Gianluca Persichetti e Stefano Rossini, numerosi seminari di MPB, riconosciuti dal MIUR. 44 Il suo repertorio, pur essendo di matrice brasiliana, presenta anche brani di musica jazz e pop internazionale. *** Mauro Occhionero, polistrumentista, laureato presso il DAMS di Bologna. Si è specializzato in chitarra flamenca presso la “Catedra de Flamencologia” di Jerez de la Frontera e musica brasiliana in Brasile. Ha lavorato presso la Scuola di ballo del Teatro alla Scala. Nel 2009 si è diplomato in chitarra classica presso l’ISSM “F. Vittadini” di Pavia dove ha anche studiato composizione con il M° Ugo Nastrucci. Come percussionista ha inciso per le case discografiche Tactus, Virgin, Orf, ottenendo riconoscimenti come il Diapason d’Or e Grammophone, oltre ad aver pubblicato per la rivista Amadeus. Nell’ambito della musica antica è attivo da trent'anni, collaborando con diverse formazioni che lo hanno portato a esibirsi nelle più prestigiose rassegne italiane ed estere. Come compositore ha realizzato numerosi lavori multimediali dedicati al testo biblico con organici vari che fanno uso di strumenti della tradizione orientale e classica europea. E' fondatore dell' Ensemble Yiddish Mame , Ensemble Locus Amoenus ed Ensemble Sefarad che realizza e propone progetti in cui confluiscono modelli culturali di tradizioni musicali diverse, concentrando l'attenzione su opere letterarie di ogni tempo e di varia provenienza geografica/culturale. Alcuni titoli dei lavori composti basati su figure della tradizione cristiana ed ebraica: "S. Paolo : Meditazioni teologiche ed archetipi sonori" "Ecce ancilla Domini" e "Mater Aeternitatis" dedicati alla Madonna Martin Buber : "Il cammino dell'uomo" Edith Stein : "In gran pace varcai la soglia" "Crucifixus : L'Albero della Vita" Santa Teresa d'Avila : " Vivo sin vivir en mi" San Giovanni della Croce : Il castello dell'anima "Strade dell'Anima" : Sui principali pellegrinaggi San Lorenzo: "Canti di Luce per l'Invisibile" 45 *** PROGRAMMA LE CAMPANELLE diretto dal M° Themis Rocha IL VALZER DEL MOSCERINO Zanin - Della Giustina GAROTA DE IPANEMA Tom Jobim TODOS LOS NIÑOS DEL MUNDO Anonimo WHAT A WONDERFUL WORLD Bob Thiele e George David Weiss DO RE MI Oscar Hammerstein II e Richard Rodgers ROMA NUN FA' LA STUPIDA STASERA Armando Trovaioli *** 46 IL VALZER DEL MOSCERINO Beppone russava Nel grande giardino E sul suo nasone Volò un moscerino Il vento suonava Un bel valzerino Così il moscerino Si mise a ballar... Ullalla ullalla ullallallà Questo è il valzer Del Moscerino Ullalla ullalla ullallallà Questo è il valzer Che fa lallallà Nel sonno Beppone Che più non russava Il naso arricciava Rideva sognava... Sognava una piuma Un fiocco di neve Un petalo rosa Caduto dal ciel. Ullalla ullalla ullallallà Questo è il valzer Del Moscerino Ullalla ullalla ullallallà Questo è il valzer Che fa lallallà Ma un gatto birbone E pazzerellone Colpì il moscerino Graffiò il suo nasone E il valzer finiva Il gatto fuggiva Così per Beppone L'incanto svanì. Ullalla ullalla ullallallà Questo è il valzer Del Moscerino Ullalla ullalla ullallallà Questo è il valzer Che fa lallallà Ullalla ullalla ullallallà Questo è il valzer Del Moscerino Ullalla ullalla ullallallà Questo è il valzer Che fa lallallà! GAROTA DE IPANEMA Olha que coisa mais linda mais cheia de graça É ela menina que vem e que passa Num doce balanço a caminho do mar Moça do corpo dourado Do sol de Ipanema O seu balançado é mais que um poema É a coisa mais linda que eu já vi passar Ah, por que estou tão sozinho? Ah, por que tudo é tão triste? Ah, a beleza que existe A beleza que não é só minha Que também passa sozinha 47 Ah, se ela soubesse Que quando ela passa O mundo inteirinho se enche de graça E fica mais lindo por causa do amor TODOS LOS NIÑOS DEL MUNDO Todos los niños del mundo, hoy queremos cantar una canción que llegue hasta el más lejano hogar. Que la escuchen los de piel morena los de piel más clara también, que no hay nadie diferente, si es igual su corazón. WHAT A WONDERFUL WORLD I see trees of green, red roses too I see them bloom for me and you And I think to myself what a wonderful world. I see skies of blue and clouds of white The bright blessed the day, the dark sacred night And I think to myself what a wonderful world. The colors of the rainbow so pretty in the sky Are also on the faces of people going by I see friends shaking hands saying how do you do They're really saying is I love you. I hear baby's crying and I watched them grow They'll learn much more than I'll ever know And I think to myself what a wonderful world. Yes, I think to myself what a wonderful world. 48 DO RE MI Se nel primo giorno di scuola, a legger vuoi provar tu dovrai incominciar con A B C. Per cantare hai le note DO RE MI - DO RE MI DO RE MI le prime tre son sempre così DO RE MI - DO RE MI DO RE MI FA SOL LA SI DO se do qualcosa a te; RE è il re che c’era un dì; MI è il mi per dire a me; FA la nota dopo il mi; SOL è sole in fronte a me; LA se proprio non è qua; SI se non ti dico no e poi si ritorna al DO! 2…ed è così che torna il DO! 3…E così torniamo al DO! DO RE MI FA SOL LA SI DO SOL DO ROMA NUN FA’ LA STUPIDA STASERA Roma nun fa’ la stupida stasera damme 'na mano a faje di de si. Sceji tutte le stelle più brillarelle che c’hai e un friccico de luna tutta pe' noi. Faje sentì ch'è quasi primavera, manna li mejo grilli pe' fa cri cri. Prestame er ponentino più malandrino che c'hai, Roma reggeme er moccolo stasera. Roma nun fa’ la stupida stasera damme 'na mano a fajmme di’ de no. Spegni tutte le stelle più brillarelle che c’hai nasconneme la luna se no so’ guai. Famme scorda’ ch’è quasi primavera tiemme ‘na mano ‘n testa pe’ di’ de no smorza quer venticello stuzzicarello che c’hai Roma, nun fa’ la stupida stasera 49 * * * P. Angelo Ragazzi, Parroco di S. Teresa d’Avila, Saluta i missionari carmelitani, il pubblico e consegna le “targhe” commemorative agli artisti della serata * * * Raccolta delle offerte per le Missioni Carmelitane in Colombia * * * Buffet nel cortile della parrocchia * * * 50 * * * Ringraziamenti Danilo Esposito che ha condotto la serata * * * "PICCOLA ORCHESTRA BUONARROTI" ISTITUTO COMPRENSIVO REGINA ELENA Diretta dal M° Teresa Ceccato * * * PROGETTO "MUSICAMENTE" REGINA ELENA * * * "ORCHESTRA I. C. A. BALABANOFF" ISTITUTO COMPRENSIVO "ANGELICA BALABANOFF" Diretta dal M° Luigi Marinaro * * * 51 ASSOCIAZIONE CULTURALE "SENZATEMPO" ROMA * * * BIBIDI BOBIDI BAND * * * CORO “LE CAMPANELLE” e “THEMIS ROCHA” diretto dal M° Themis Rocha “Le Campanelle” Chiara Girardi Susanna Innocenti Valerio Todaro Alice Berni Canani Maria Cristina Panzera Emanuele Borromeo Leonardo Pinna * * * GRUPPO DI GINNASTICA ARTISTICA “ALDEGA 2000” * * * 52 P. Julio Almansa Calero o.c.d. P. Jerome Paluku o.c.d. Fr. Cesar Armando Garcia Rodriguez o.c.d. Alberto Pacifici * * * Teresa Gentiloni e tutti gli amici del M.E.C (Movimento Ecclesiale Carmelitano) di Roma * * * Francesca Di Stefano, Rebecca Di Stefano Sono loro che hanno realizzato il fondale “Girotondo intorno al mondo” del “Teatro Avila” * * * Giovanna Egidi per le scenografie del “Teatro Avila” * * * Tutti gli amici che hanno partecipato alla preparazione della serata, all’allestimento del “Teatro Avila”, al servizio d’ordine e al buffet del dopo-concerto 53 * * * I genitori dei bambini del coro “Le Campanelle” protagonisti appassionati e generosi in tutte le fasi della preparazione del Concerto * * * Umberto Sbrolli e Riccardo Migliaccio Per l’organizzazione del 4° Torneo di Calcetto “S. Teresa & Friends 2015” * * * FOTOGRAFI Marco Provenzali * * * RIPRESE VIDEO Davide e Rebecca Di Stefano * * * IMPIANTO AUDIO E LUCI “GNAGNOTECH STUDIOS” * * * ELABORAZIONE GRAFICA, REALIZZAZIONE DELLE TSHIRTS E PUBBLICAZIONI 54 “Copyservice” di Sergej e Margherita * * * LE FACOLTÀ DI SOCIOLOGIA E SCIENZA DELLE COMUNICAZIONI DELL’UNIVERSITÀ “LA SAPIENZA” Roma per aver messo a disposizione di questa serata il “Teatro AVILA” * * * MUNICIPIO 2 DI ROMA CAPITALE per la concessione del Patrocinio alla serata “Girotondo intorno al mondo. Insieme ai bambini della Colombia 2015” Edizioni S. Teresa & Friends Roma MMXV 55 56