L’autrice: Claudia Ravaldi, medico psichiatra e psicoterapeuta cognitivo comportamentale; nel 2006 ha fondato col marito Alfredo Vannacci l’associazione CiaoLapo Onlus in ricordo del loro secondo figlio, Lapo, morto in utero a termine di gravidanza per torsione del cordone ombelicale. L’associazione si occupa di sostegno alle madri e alle coppie in lutto, di formazione del personale e promuove l’informazione sulla perdita in gravidanza, pubblicando testi, organizzando convegni e tramite il sito internet (per tutte le informazioni potete visitare www.ciaolapo.it). Associazione CiaoLapo Onlus Claudia Ravaldi Piccoli Principi Perdere un bambino in gravidanza o dopo il parto La pubblicazione di questo testo è stata resa possibile grazie al generoso contributo dei ragazzi del Rotaract Club Gruppo “Il Magnifico”, Firenze Guarderai le stelle, la notte. È troppo piccolo da me perché ti possa mostrare dove si trova la mia stella. È meglio così. La mia stella sarà per te una delle stelle. Allora, tutte le stelle, ti piacerà guardarle... Tutte, saranno tue amiche. E poi ti voglio fare un regalo...” “Quando tu guarderai il cielo, la notte, visto che io abiterò in una di esse, visto che io riderò in una di esse, allora sarà per te come se tutte le stelle ridessero. Tu avrai, tu solo, delle stelle che sanno ridere!” “E quando ti sarai consolato (ci si consola sempre), sarai contento di avermi conosciuto. Sarai sempre il mio amico. Avrai voglia di ridere con me. E aprirai a volte la finestra, così, per il piacere... E i tuoi amici saranno stupiti di vederti ridere guardando il cielo.” —Antoine de Saint Exupery, Il piccolo principe Piccoli Principi Perdere un bambino in gravidanza o dopo il parto Associazione CiaoLapo Onlus Claudia Ravaldi Queste pagine sono dedicate alle mamme, ai papà, ai nonni, ai fratelli ed agli amici di tutti i piccoli principi che ogni giorno attraversano le nostre vite troppo velocemente, insegnandoci che tutto l’amore può essere concentrato in pochi istanti. Si ringraziano: i genitori di CiaoLapo per avere contribuito, attraverso le loro testimonianze, alla stesura di questo libretto; le amiche e colleghe, Valentina Pontello, Lucia Pasquini, Ametista Biagini, Erika Cialdi, Valentina Ballerini per le loro osservazioni ed i loro consigli; mio marito Alfredo, per la vicinanza emotiva ed il sostegno nella stesura di questo lavoro; i miei figli, passati, presenti e futuri. Presentazione Prof Giorgio Mello Responsabile del servizio di Medicina Prenatale Gravidanze Alto Rischio, Azienda Ospedaliero Universitaria Careggi, Firenze Presidente del Corso di Laurea in Ostetricia, Università di Firenze Quando si parla di ostetricia, si pensa soltanto ai meravigliosi aspetti legati a questa professione, e si tende a dimenticare che nella realtà quotidiana del nostro lavoro possono essere presenti momenti terribilmente tristi. Quando ci si scontra con la morte di un neonato, la morte di un feto e il dolore di una famiglia, dobbiamo ricordare che per quella famiglia, e certo anche per noi, che siamo chiamati a dare supporto sia professionale che umano, quello è un momento difficile, meritevole di partecipazione e di sostegno. Anche se le statistiche di perdita fetale e perinatale sono incoraggianti dal punto di vista strettamente numerico (ca 0,3% in Italia e in Toscana), troppo spesso si perde l’idea che quella perdita è una vita, e per quella coppia rappresenta il 100%, un lutto profondo, incancellabile. La presenza di altri bambini, o il successo di gravidanze successive non cancellano la perdita; spesso i genitori vivono le gravidanze successive con elevati livelli di tensione e di allarme, soprattutto se la coppia non è stata adeguatamente sostenuta nel percorso diagnostico relativo alla perdita e nella elaborazione del lutto. Tutti noi sappiamo come sono importanti la serenità materna, o la serenità della coppia nell’influenzare la buona salute psicofisica del nascituro, e il buon legame madre bambino nei mesi successivi al parto; è molto importante che le coppie che hanno incontrato nelle gravidanze precedenti la perdita di un figlio siano sostenute ed incoraggiate a integrare questo triste evento nelle loro vite, a prendersi il giusto tempo, variabile da situazione a situazione, per recuperare il giusto equilibrio e per intraprendere un nuovo percorso di genitorialità. Questo piccolo libro rappresenta un primo passo per il percorso di lutto e di passaggio attraverso il dolore delle madri e dei padri che vivono la perdita del loro bambino, in qualunque epoca gestazionale. —Giorgio Mello Introduzione Perdere un bambino è un evento molto doloroso e straziante, che colpisce profondamente le mamme i papà e i fratellini; l’intensità emotiva della perdita è sempre considerevole, e non necessariamente l’entità del dolore dipende dal periodo gestazionale in cui la gravidanza si interrompe. Dopo aver subito un evento come questo, potresti avvertire la necessità di parlarne con qualcuno, di ricevere informazioni, o semplicemente di poterti sfogare, senza tuttavia trovare facilmente un interlocutore adatto; la nostra società, così timorosa della morte e delle emozioni negative, non è preparata ad affrontare la perdita di un bambino, soprattutto se avviene nei primi mesi di gravidanza o è collegata a patologie materno infantili, e molte persone assumono nei confronti di questa perdita un atteggiamento di rifiuto, indifferenza e mancata partecipazione. E’ abbastanza comune pensare che i genitori dovrebbero cercare di riprendersi pensando che poteva andare peggio, farsene una ragione, risolvere il lutto in poche settimane, magari cercando immediatamente un’altra gravidanza o un’adozione. Ogni madre ed ogni padre dovrebbero invece prendersi il tempo necessario per cercare dentro di sé le risorse per affrontare il dolore, comprendere le proprie reazioni al lutto, e decidere il da farsi, con la maggiore serenità possibile; tutto questo è molto più facile se si è sostenuti da punti di riferimento (medici, psicologici, spirituali, familiari, virtuali) e se alcune tappe del percorso sono condivise con chi ha già affrontato o sta affrontando la stessa esperienza (secondo l’ormai consolidato principio dell’automutuoaiuto). Purtroppo perdere un bambino non è un evento raro: il 18% circa di tutte le gravidanze, se si considerano gli aborti del primo trimestre (15%), le interruzioni terapeutiche di gravidanza (1%), le morti intrauterine (0,4%) e le morti perinatali (2%), esita in una perdita. Ognuna di queste situazioni lascia i genitori scossi e turbati, spesso, affranti e addolorati, e può incidere pesantemente sull’equilibrio personale e sul benessere psicologico. Capita che i genitori non riescano ad esprimere liberamente i loro sentimenti ed i loro pensieri, e magari sono spaventati da alcuni sintomi e da alcune sensazioni, al punto da nasconderle o negarle. I genitori che attraversano questo difficile momento hanno bisogno di sostegno e di informazioni, ed in molti casi possono avvertire la necessità di condividere emozioni, dubbi, e paure con qualcuno; ad oggi è però difficile trovare un riferimento per tutte queste esigenze, e il risultato più frequente è che i genitori ed i familiari si trovano da soli chiusi nel loro dolore. Questo libro è un primo passo per rompere la solitudine; nasce dal confronto di esperienze dirette dei membri dell’associazione CiaoLapo e dal lavoro di molte associazioni internazionali sulla perdita in gravidanza; puoi leggerlo tutto, leggere qualche pagina soltanto, oppure portarlo a casa e aprirlo quando ti sentirai pronto. I diversi tipi di perdita La perdita in gravidanza colpisce ogni tipo di famiglia, coinvolgendo genitori di qualsiasi gruppo etnico, religione e livello socioeconomico; solo nella metà dei casi è possibile individuare una causa precisa; in molti casi la morte del bambino giunge a termine di gravidanze del tutto asintomatiche e prive di complicanze. Anche quando la gravidanza presenta precocemente delle complicazioni o il bambino ha problemi di salute già diagnosticati in precedenza, per i genitori si tratta comunque di un evento estremamente doloroso e difficile da accettare; è normale quindi provare smarrimento, incredulità, dolore e un profondo senso di ingiustizia (perché a me, perché al mio bambino), sia al momento della diagnosi (in caso di malformazioni o complicazioni) che al momento del distacco (in caso di morte del bambino). Qualunque esperienza di perdita in gravidanza si accompagna a reazioni tipiche del lutto, indipendentemente dall’epoca di gravidanza, dall’aver scelto o meno di interromperla, dalla presenza di patologie materne o fetali. Il lutto dopo la perdita è normale, perché una gravidanza che si interrompe, e ovviamente un bambino che muore prima o dopo il parto, lasciano i genitori soli, e una pesante sensazione di vuoto; viene a mancare una presenza, si interrompe la relazione con un’altra persona, e scompaiono improvvisamente tutte le fantasie legate a quella gravidanza e a quella storia di maternità. Ogni tipo di perdita: • aborto spontaneo • interruzione volontaria di gravidanza / aborto terapeutico • diagnosi di grave patologia fetale con la decisione di proseguire la gravidanza • morte intrauterina • morte dopo la nascita • perdita di uno o più gemelli in corso di gravidanza multipla • parto prematuro • perdita dopo procreazione assistita Costringe i genitori a vivere realtà diverse da quelle desiderate o immaginate, e rappresenta un momento della vita estremamente delicato e difficile, che merita rispetto, ascolto e partecipazione non giudicante. La perdita in gravidanza Quando inizia una gravidanza i genitori costruiscono un legame nuovo e particolare con il bambino che stanno aspettando e, fin dalle prime ecografie, intraprendono il percorso della genitorialità. Come ormai ci dicono molti studi sulla vita prenatale dei bambini, mamma e bambino comunicano immediatamente fra di loro, e da parte di entrambi inizia uno scambio attivo di stimoli, pensieri, emozioni. A questo dialogo si uniscono nel corso del tempo anche il papà e gli eventuali fratellini; la famiglia si raccoglie intorno alla pancia, ed aspetta che arrivi la data del parto, per poter conoscere dal vivo il piccolo bambino. Quando questo dialogo si interrompe, i genitori e la famiglia attraversano momenti di smarrimento, sconforto, disperazione, che sono del tutto simili a quando si perde un parente importante, o un caro amico; perdere un bambino, quale che sia il motivo, è un lutto, e evoca sentimenti di intensa mancanza, solitudine, tristezza. Quando ti comunicano che il tuo bambino ha smesso di vivere è normale provare un profondo senso di smarrimento e confusione. In alcuni casi si hanno delle strane reazioni (tipo anestesia), con un’errata percezione degli stimoli (caldo, freddo, fame e sonno) ed una generica sensazione di rallentamento sia fisico che mentale o, al contrario, profonda agitazione alle gambe, senso di smania, impossibilità a stare fermi. Alcune mamme percepiscono un forte senso di irrealtà, come se stessero assistendo ad una scena che non le riguarda, pur avvertendo contemporaneamente una sensazione di dolore lancinante. La nascita che coincide con la morte soprattutto nei primi momenti non può essere accettata razionalmente: il fatto che il bambino, cresciuto fino a quel momento nella nostra pancia, abbia cessato di vivere improvvisamente e senza che si sia potuto fare qualcosa per impedirlo è tra le più difficili esperienze di vita che possano accadere, perché estremamente intensa e inaspettata. La perdita di un figlio: le esperienze dei genitori Quando ci si scontra con la perdita, i primi momenti ed i primi giorni trascorrono in una dimensione “parallela”, in cui spesso si fanno cose in automatico, si esprime il dolore piangendo, ci si chiude nel silenzio e, nonostante gli sforzi, non si riesce a pensare e a sentire le emozioni come siamo normalmente abituati a fare. Alcuni genitori descrivono questo, momento come un black-out, altri dicono “ero come fuori di me”, altri ancora si sentono scollegati dal loro essere, come sospesi e incapaci di fare qualsiasi cosa in modo autonomo. In ogni caso, in momenti come questo i genitori stanno “assorbendo” l’impatto della notizia, ed attraversano un momento di shock emotivo, tipico delle situazioni traumatiche. Questo shock emotivo è descritto sia dai genitori che perdono i figli in utero durante la gravidanza, sia dai genitori che ricevono diagnosi infauste o a cui è proposta l’interruzione terapeutica, sia dai genitori che affrontano un parto prematuro e il difficile percorso della terapia intensiva neonatale. La stessa gamma di sensazioni è descritta ovviamente dai genitori che per diversi motivi, perdono i loro figli a breve distanza dal parto. Molte persone, spesso in modo inconsapevole, costruiscono una barriera protettiva contro il dolore e cercano di tenersi a distanza dalle emozioni negative, perché non sanno bene come affrontarle. Nella maggior parte dei casi potresti sentirti dire decine di frasi “di consolazione”, che potrebbero sembrare disturbanti, ingiuste od offensive (“ne farai un altro”, “sarebbe stato peggio se…”, “non ci pensare”, “l’ha voluto con sé il Signore” “siete giovani”); ricorda che questo momento di dolore crea molto disagio, e non tutti riescono a fornirti il sostegno che vorresti. Molte persone si sentono in difficoltà anche solo al pensiero di quello che ci è capitato, non riescono a parlare del nostro bambino che non c’è più, e dunque evitano l’argomento, non chiedono nulla, come se quel bambino non fosse mai esistito: come genitore di quel bambino che non c’è più, ma che è stato con te, potresti sentirti molto solo ed incompreso. Riconoscere l’identità di quel bambino, di cui spessissimo non si parla e non si chiede, è invece molto importante per te genitore e per gli altri fratellini; il tuo bambino, anche se è andato via troppo presto, ha già un suo posto nella tua mente e nel tuo cuore, ed è importante, nonostante la difficoltà dei primi momenti, tenere presente che la sua presenza/assenza sarà molto forte nei mesi successivi del lutto. Per molte persone, spesso anche per i tuoi parenti, non c’è spazio per il ricordo e la memoria, per il suo nome, per i ricordi legati alla gravidanza o al parto, perché per loro ricordare è troppo doloroso, e questo può capitare anche ad alcuni genitori, ancora troppo scioccati dall’evento. In molti altri casi invece, potresti sentire la necessità di parlare con qualcuno di tutte queste cose, ma vergognarti o sentirti imbarazzato a farlo; in queste circostanze può essere molto importante condividere le proprie storie con altri genitori che hanno perso un figlio in gravidanza o in epoca perinatale, per avere uno spazio di confronto e scambio. Rifletti però sul fatto che ogni genitore ha i suoi tempi e le sue modalità. • Alcuni genitori (soprattutto i padri) non riescono a parlare facilmente dell’accaduto o dei ricordi della gravidanza, e tendono a chiudersi nel loro dolore. • Altri genitori rifiutano qualunque forma di apertura e di aiuto esterno, perché ancora troppo scossi o arrabbiati. • Altri iniziano a cercare attivamente (ad esempio su internet) qualche testimonianza di altri genitori, leggono libri, cercano di capire. • In alcuni casi il dolore è così forte da paralizzare qualunque iniziativa; i genitori in questo caso non vogliono sentir parlare dell’accaduto, non vogliono cercare aiuto, sentono solo profonde emozioni di rabbia, incredulità e dolore. Cerca di capire bene in quale fase sei, e rispetta il tuo momento: il percorso del lutto è formato da tanti passi, non c’è un ordine prestabilito, prenditi il tempo per decidere cosa è meglio per te e per il tuo partner e prova ad agire di conseguenza. Passare attraverso l’assenza Il lutto Il lutto è il processo che inizia dopo la perdita di una persona cara; è un processo in cui si sperimentano alcune emozioni in modo molto intenso (tra queste, soprattutto rabbia, dolore, nostalgia, incredulità, invidia, paura) e nel quale possono alternarsi tantissimi pensieri, che hanno a che fare con il passato, la situazione presente, ed il futuro: durante il lutto il tempo cambia il suo normale decorso, si dilata o si appiattisce, confondendo i normali piani di realtà: la mente si sposta continuamente tra il momento della perdita, il passato e la sofferenza presente, molte persone non riescono ad immaginare il futuro e vivono come in una dimensione parallela, andando avanti con una sorta di “pilota automatico”. In alcune fasi del lutto i sentimenti sembrano come congelati, e le persone non riescono a provare nulla, a parte un dolore sordo e feroce. La sensazione di essere distaccati, di essere come travolti e impotenti può essere molto penosa, e molti genitori si sentono in colpa perché non riescono a provare emozioni positive o a volere bene come prima, e hanno paura che tutto resterà così per sempre. Fortunatamente questa prima gamma di emozioni lascia spazio nel tempo a sentimenti meno intensi e più comuni, come la tristezza, lo sconforto, il senso di vuoto e di nostalgia, e lentamente anche le emozioni positive riprendono il loro spazio. Il lutto è un difficile percorso che fa parte della vita, (vorremmo fare qualunque cosa per non provarlo, ma è nell’ordine delle cose che possa invece capitare), anche se non siamo culturalmente preparati ad affrontarlo, perché la nostra società ci insegna piuttosto a nasconderlo e isolarlo, a “non pensarci”. Questo atteggiamento è molto pericoloso, perché accentua la vulnerabilità e il senso di solitudine che le persone in lutto tendono a provare, contribuendo all’isolamento. Molti genitori si chiudono nella coppia, talvolta si chiudono addirittura in sé stessi escludendosi l’un l’altro, perdendo la capacità di condividere le loro emozioni. E’ frequente che dopo la perdita di un bambino la coppia attraversi un momento di crisi, perché il modo di affrontare il lutto può essere diverso nei due genitori ed ognuno avverte un pesante senso di incomprensione e solitudine. Anche nella famiglia allargata possono crearsi incomprensioni, per il diverso modo ed i diversi tempi di vivere il lutto, e questo peggiora le cose. Se ti trovi a disagio di fronte alle diverse reazioni, prova a riflettere sul fatto che non c’ è un modo solo di reagire al dolore e che non tutte le persone riescono ad esprimere i loro sentimenti più intimi agli altri e a volte anche a se stessi. Per alcune persone (parenti e amici) il lutto è così spaventoso che finiscono per allontanarsi, anche in modo brusco; questo può aggiungere un altro dolore al dolore della perdita, ma cerca sempre di concentrarti su di te, e cerca attivamente altrove il giusto supporto. Se puoi, non dare troppo peso a queste “fughe”, piuttosto valorizza chi rimane e, soprattutto, le persone che si avvicinano spontaneamente per aiutare. Alcune reazioni comuni che i genitori possono incontrare dopo la perdita: • molti parenti/amici tendono a reagire con enfasi, chiedendo alla coppia di non pensarci più e di avere altri figli, dimostrando spesso impazienza di fronte ai segnali di lutto (è passato, devi dimenticare, è andata così, pensa al futuro, ne avrai presto un altro, oppure non puoi continuare a stare così, devi farti forza, sono passati tre mesi e ancora piangi…..); molti genitori rischiano di farsi travolgere da questa enfasi, sforzandosi di accelerare i tempi, oppure si chiudono in sé stessi, sentendosi non capiti e provando intensi momenti di irritazione e di tristezza; • molti altri, spesso soprattutto i nonni, possono affrontare questo dolore con difficoltà e faticano a superarlo; molti di noi si irritano di fronte a questo sostegno mancato, oppure si sentono responsabili della sofferenza altrui al punto da “dimenticarsi” del loro proprio lutto per “fare forza” agli altri membri della famiglia; molti genitori potrebbero smettere di esprimere le emozioni luttuose o di parlare del bambino perduto, cercando di apparire forti e sereni. • alcuni parenti, amici e anche alcuni genitori, si sentono talmente sopraffatti dal dolore che pensano di non poterlo sopportare; cercano quindi di allontanare attivamente tutti i ricordi legati a quel bambino e a quella gravidanza, nel tentativo di soffrire meno (molti si impongono di non pensarci, non vogliono ad esempio parlarne né recarsi al cimitero). Se questo accade a parenti ed amici molto intimi, per i genitori può essere fonte di enorme sofferenza; molti genitori desiderano poter parlare dei loro figli e delle loro storie, desiderano affermare attraverso il ricordo l’esistenza dei loro bambini, e restano profondamente feriti dal silenzio degli altri. L’enfasi a “stare meglio”, il mascherare le proprie emozioni, la negazione dell’evento sono modi estremi di reagire al lutto; se all’inizio possono essere adottati come strategie, per evitare complicazioni future è sempre bene chiederci se stanno funzionando davvero per noi, e se veramente il dolore si sta modificando. Se non è così, può essere importante confrontarsi con altri genitori in modo da cercare un’alternativa più utile . Ognuno di noi può trovare altri modi di reagire al lutto, più salutari e più funzionali. Non bisognerebbe mai ridimensionare o modificare il proprio lutto per fare forza agli altri, o per dimostrare agli altri che siamo in gamba o che siamo in piena forma, perché solo se riusciamo a viverlo bene, rispettando i nostri tempi e le nostre emozioni, possiamo risolverlo adeguatamente. Non abbiamo la possibilità di cancellare e scordare ciò che abbiamo vissuto, anche se molti genitori vorrebbero inizialmente poterlo fare; la perdita di un figlio è un evento molto traumatico e come tutti i traumi prende un posto nella nostra memoria, e lì resta, anche se proviamo a scacciarlo. E’ molto più utile imparare ad accettare quello che ci è successo, accettare il dolore feroce dei primi momenti e impiegare i nostri sforzi non per dimenticare, ma per imparare a vivere nonostante tutta questa sofferenza. In sintesi, ognuno di noi dovrebbe sentirsi libero di vivere il lutto come ritiene più utile; prova a rispettare le persone vicine a te che prendono percorsi diversi, e affronta queste differenze con il dialogo e l’accettazione; se ti senti offeso da qualche comportamento o frase, e se temi che le persone a te vicine non vogliano bene al tuo bambino, perché non ne parlano o non lo nominano, ricorda che il bene non si esprime soltanto a parole, soprattutto quando è accompagnato da dolore, imbarazzo o paura. Se per te è importante ricordare, parlare e vivere il lutto in modo diverso, fallo liberamente, per te e per il tuo bambino, senza sentirti giudicata o condizionata dagli altri. Ognuno ha il suo modo ed il suo tempo di reagire: alcuni iniziano con la negazione e con la volontà di scordare e poi cambiano nel corso del tempo, scoprendo in loro nuove risorse e nuove strategie. Rispetta la difficoltà del tuo percorso, non pretendere troppo da te stesso e cerca di non minimizzare mai le tue emozioni ed i tuoi vissuti, riconosci l’importanza di questo momento doloroso e non scappare via: superare il lutto significa passarci attraverso, non fuggire. Piangi, se ne hai voglia, tutte le volte che vuoi e ogni volta che senti salire le lacrime; le lacrime non sono segno di debolezza, ma espressione di dolore e di nostalgia per chi non c’è più. Quanto dura il lutto Il processo di elaborazione del lutto può avere una durata variabile: solitamente dura dai 6 mesi ad un anno, fino a due anni al massimo. Alcune ricerche dicono che i genitori per tornare al livello di serenità precedente all’evento impiegano fino a tre anni, caratterizzati da un progressivo miglioramento del proprio stato generale e difficoltà che via via si fanno più piccole e più facili da gestire. Il processo di lutto è un processo dinamico, in cui tutti i giorni sono diversi l’uno dall’altro, e ogni periodo si caratterizza per la presenza di particolari pensieri ed emozioni. Se diamo ascolto alla mentalità prevalente non dovrebbe esserci spazio per il lutto, come se ciò che non si vede (il bambino non-nato o mai tornato a casa) non valesse la pena di essere pianto; invece il dolore provocato dalla perdita di un figlio durante la gravidanza deve essere affrontato come quello dato dalla perdita di una persona che ha vissuto, con l’unica terribile differenza che mancano molti ricordi perché non c’è stato tempo trascorso insieme “al di fuori” del corpo materno. Quando il lutto è complicato Il lutto non è una malattia, e fa parte del corso della vita. Per quanto si soffra, o si pensi di non farcela, è dunque consigliabile, almeno all’inizio, stare nel proprio lutto, evitando fughe, scappatoie, razionalizzazioni; tra le fughe più frequenti c’è il rifugio nei farmaci tranquillanti o sedativi, o ancora negli antidepressivi, spesso prescritti immediatamente nei primi giorni dopo l’evento. Per elaborare il lutto non servono medicine che smorzano i toni emotivi e che aumentano il distacco dai propri vissuti, perché questo può essere addirittura controproducente. Tuttavia, una terapia di sostegno può essere indicata, dopo aver sentito il parere di uno specialista esperto in lutto, nel caso in cui: • tu soffra o abbia sofferto di disturbi psicologici o psichiatrici; • il lutto, dopo molti mesi, resti inalterato, e si complichi con sintomi psichiatrici (i più frequenti sono depressione, insonnia, disturbi post traumatici da stress, talvolta l’uso/abuso di sostanze, primariamente alcol e sedativi, e la vasta gamma di disturbi alimentari); • compaiano e permangano pensieri di suicidio. In tutti questi casi è indispensabile il ricorso ad uno specialista, meglio con preparazione psicoterapeutica e con formazione sulla psicologia genitoriale, che potrà ascoltarti e decidere con te cosa è meglio fare. Le emozioni ed i pensieri nei giorni successivi alla perdita La morte di un bambino in gravidanza o dopo la nascita interrompe bruscamente una relazione che si è costruita nel tempo tra la mamma, il bambino ed il resto della famiglia, lasciando una brusca frattura nel percorso immaginato e atteso. La rottura di questo legame già saldo e profondo, anche se vissuto all’interno del corpo materno, è un evento innaturale totalmente al di fuori di una realtà comprensibile e accettabile. Questa esperienza di lacerazione tra il prima ed il dopo è comune a tutte le donne che perdono un bambino in gravidanza, in qualunque epoca gestazionale. La perdita di un figlio, soprattutto nel caso di una morte intrauterina o di un aborto terapeutico, sembra particolarmente crudele nei giorni successivi al parto, quando “biologicamente” il corpo della madre è preparato e predisposto all’allattamento e all’accudimento senza più nessuno da accudire. Può capitarti ad esempio: • che il pianto di altri neonati promuova la produzione di latte • di non riuscire ad affrontare, incontrare e stare con altre donne in gravidanza • di accettare con difficoltà e rabbia il tuo corpo, preparato per l’allattamento, e le sue forme da nutrice, non avendo purtroppo un bambino da nutrire. E’ impossibile descrivere in modo esauriente TUTTE le emozioni e tutti i pensieri sperimentati dalle madri e dai padri colpiti da lutto, tuttavia ci sono vissuti estremamente comuni. Tra le emozioni ed i pensieri più frequenti troviamo una dolorosa sensazione (sia fisica che mentale) di vuoto e di sbigottimento. Alcune mamme avvertono una sensazione di irrealtà associata a tristezza, che può combinarsi ad agitazione e tendenza a tenersi estremamente occupate, quasi per poter evitare di pensare all’accaduto. Nei giorni successivi sono spesso presenti emozioni della sfera negativa, come: • tristezza • angoscia • senso di colpa • apatia • notevole rimuginio (è colpa mia, avrei dovuto /non avrei dovuto fare, se solo avessi/ se non avessi…), E’ importante ricordare che nel corso della stessa giornata possono avvicendarsi stati d’animo molto diversi, e profondi sentimenti di dolore e disperazione pos sono fare il posto a pensieri intrusivi sulla colpa, ai ricordi di quanto è accaduto, ai momenti di iperattività, e di estraneità, in cui l’umore può sembrare fin troppo positivo. In generale sensazioni e pensieri così violenti e talvolta discordanti ci allarmano molto; potresti avere paura di impazzire e di non sopportare il dolore, e potresti ritenerti inadeguata e incapace di affrontare questo evento. Soprattutto se hai alterazioni dei ritmi fisiologici soprattutto del sonno, e dell’appetito, cerca di ritrovare un tuo ritmo, osserva in quale momento della giornata stai meglio e cosa o chi contribuisce al tuo benessere, e prova a concentrarti su questi aspetti. Le emozioni negative, che dobbiamo necessariamente provare perché fanno parte del lutto, non sono fisse, ma variano in intensità e durata: approfittiamo dei momenti meno pesanti per “prendere fiato”, e ricordiamoci che stiamo facendo un percorso difficile, al termine del quale riusciremo a stare meglio. In questi momenti il contributo sincero delle persone vicine a te può essere di grande aiuto per formare una sorta di “rete protettiva”; per i genitori è importante essere liberi di poter esprimere i propri pensieri e sentimenti, e di avere tempo a disposizione per iniziare il processo di elaborazione del lutto. Anche se non sei abituato/a, chiedi aiuto agli altri perché si occupino di ciò che tu non puoi o non riesci a fare (dalle faccende domestiche, alla preparazione dei pasti, alle varie attività della famiglia, come l’intrattenimento degli altri bambini e così via...); prenditi il tempo per recuperare le energie, sei in un momento difficile, è normale chiedere e ricevere aiuto. Per i padri che perdono un figlio I padri, pur soffrendo della perdita dei loro figli, generalmente esprimono le emozioni in modo diverso dalle madri, e ciò può essere motivo di incomprensione nella coppia. La differenza tra l’espressione del lutto nelle madri e nei padri è stata ignorata per molti anni. Ci si è spesso concentrati infatti soltanto sul lutto delle madri, pensando erroneamente che i padri soffrissero in misura nettamente minore e per certi versi trascurabile; per molto tempo ai padri è stato attribuito il ruolo di accudire le madri e sostenerle dopo la perdita, fungendo da punto di riferimento della coppia. Fino a pochi anni fa i padri non avevano uno spazio riconosciuto nel dolore della perdita di un figlio in gravidanza, non veniva loro chiesto di esprimere i pensieri e le emozioni del lutto, non si pensava che ce ne fosse bisogno. Molti padri reagivano e reagiscono chiudendosi in sé stessi, negando la loro sofferenza e, spesso, per mitigare il dolore ricorrono a nuove attività (sport eccessivo, doppio lavoro, esecuzione di nuovi hobby) oppure utilizzano metodi pericolosi per la salute (ricorso ad alcol, gioco d’azzardo, spese eccessive, licenziamenti improvvisi etc). La grande differenza nelle reazioni e nelle modalità di esprimere le emozioni tra madri e padri dipende soprattutto dal ruolo delle tradizioni culturali e sociali: siamo purtroppo abituati a ritenere, in modo del tutto improprio ed ingiustificato, che gli uomini debbano essere forti e stabili di fronte agli eventi e che non debbano manifestare la sofferenza, sia fisica che emotiva. Per tradizione e per cultura sociale, l’uomo consola e sostiene, non “entra in crisi”, non piange, non esprime dolore, e fornisce sempre un’immagine di sé sicura e salda. Dall’uomo ci si aspetta che superi l’evento con agilità e in poco tempo, dedicando tutte le energie alla cura della compagna. Questa abitudine culturale a negare il lutto e le sue espressioni negli uomini oltre ad essere piuttosto antica e basata su una divisione sessista della società e dei ruoli, è del tutto controproducente per il benessere psicologico degli uomini. Fin da bambini si insegna ai maschietti che “non devono piangere”, che piangere è vergogna o debolezza, che solo le femminucce piangono e hanno paura. Come se un uomo non provasse le emozioni che biologicamente il cervello umano codifica e recepisce. L’essere umano prova 5 emozioni fondamentali, gioia, tristezza, rabbia, paura e disgusto; se è naturale per l’essere umano sperimentare queste emozioni, dovrebbe essere altrettanto naturale poterle esprimere e poter imparare un’espressione sociale condivisibile ed utile di queste emozioni. Invece, ancora troppo spesso, capita che la società richieda di adeguarsi ad antiche norme di comportamento, insegnando ai bambini che non si manifestano le emozioni, che vanno tenute nascoste e che è meglio riuscire a non provarle e a scacciarle via. Questi bambini, da adulti, si troveranno in difficoltà di fronte ad eventi di perdita, che per essere elaborati necessitano un profondo incontro con le proprie emozioni ed i propri pensieri. Il risultato per i padri può essere particolarmente doloroso: potrebbero durare fatica a riconoscere emozioni per lungo tempo tenute nascoste e inespresse, oppure potrebbero riconoscerle ma sentirsi obbligati a non esprimerle, per imbarazzo o paura di essere giudicati, oppure potrebbero saltare questo passaggio e semplicemente cercare di impedirsi di soffrire, adottando vie di fuga di ogni genere. Un padre colpito da perdita in gravidanza, soprattutto dopo aver visto le ecografie del suo bambino e dopo un lungo progetto di genitorialità ha invece bisogno di elaborare il lutto, di comprendere cosa prova per il bambino perduto e di trovare la strada più giusta ed equilibrata per affrontare questa esperienza. Come padre, potresti provare molte emozioni di tristezza, infelicità e smarrimento: • accoglile, cerca di non respingerle e non minimizzarle, saranno più facili da modificare nel corso del tempo; • talvolta potresti sentirti spinto a non esprimere i tuoi pensieri e le tue emozioni con gli altri, temendo di essere giudicato: ricorda che il dolore fa parte delle emozioni dell’uomo e quindi è giusto esprimerlo liberamente; • potresti sentirti obbligato a limitare il tuo dolore per assistere tua moglie nel migliore dei modi: parla con lei dei tuoi pensieri, alle madri fa molto bene sapere che molte loro emozioni sono condivise dal proprio compagno; • potresti adottare una delle seguenti strategie per limitare il dolore: isolamento in te stesso, silenzio ed evitamento dell’argomento, iperattività, rabbia, comportamenti compulsivi di compenso (uso di alcol, farmaci etc); questi metodi in realtà rallentano il processo di lutto, ci allontanano dal raggiungimento del nostro obiettivo, che è quello di recuperare il senso della nostra vita e condividerlo con le persone che amiamo, nel ricordo dei nostri bambini che non ci sono più. La perdita e la famiglia Ogni membro della famiglia è colpito dal lutto, compresi i nonni e gli eventuali fratelli. Sarà dunque particolarmente importante tenere presenti tutte le persone coinvolte nell’evento, accettando quanto possibile le personali modalità di af frontare il lutto. Se ci sono in famiglia fratelli o cugini piccoli, a loro bisogna dare spiegazioni semplici e omogenee di quello che è accaduto e del perché, evitando il più possibile di dare versioni contrastanti dell’accaduto, di fare discorsi ambigui o male interpretabili, di negare l’evento. Tutto ciò allo scopo di facilitare la comprensione della notizia e di fornire ai bambini una serie di spiegazioni comprensibili e chiare; anche condividere con i bambini le proprie emozioni (sono triste perché, sono arrabbiata perché…) aiuta molto e riduce il disagio.. Nei primi momenti, quando piangere sembrerà inevitabile, sarà dunque lecito piangere, anche in presenza dei più piccoli, avendo cura di esprimere con parole chiare le emozioni che stiamo provando. Riguardo alla coppia genitoriale, spesso i due coniugi vivono la perdita in maniera differente, e possono esprimere emozioni o pensieri anche molto diversi tra loro. Questo non significa né essere distanti né non amarsi abbastanza, significa soltanto utilizzare differenti meccanismi per affrontare l’evento e superarlo. Cerchiamo per quanto possibile di trovare l’uno nell’altro punti di forza e di complicità, in modo da rendere meno pesante possibile il peso del lutto. Il lutto perinatale presenta tutti i drammatici aspetti del normale processo del lutto, con la differenza che è “biologicamente” inaspettato, e dunque particolarmente “inspiegabile”. La perdita di uno o più figli, nelle differenti fasi della gravidanza, può sposarsi ai più disparati sensi di colpa, all’incessante ricerca di spiegazioni, a catene infinite di “perché” e di “se solo avessi/non avessi”. Tutto questo, normale nelle prime fasi di lutto, durante un corretto processo di elaborazione è destinato a scemare gradualmente, lasciando il posto a pensieri ed emozioni più adeguate. Il ritorno a casa: piccola guida Qui di seguito troverai una piccola guida che potrebbe essere utile per aiutarti a superare al meglio i momenti difficili della perdita. Tempo e lutto Occorre molto tempo per passare attraverso il dolore; passare attraverso non significa LIBERARSENE per sempre, significa accettare e lenire, trasformando le nostre sensazioni. Semplicemente, prima o poi arrivano giorni in cui si è meno distrutti, in cui alcuni pensieri sull’accaduto non ci fanno precipitare nel vuoto, e in cui si comincia a ricordare la storia anche per le cose belle che ci sono state (i ricordi dell’ecografia, alcune fantasie sul piccolo, i suoi movimenti…); il percorso può essere molto lungo e difficile, anche perché subito dopo si perde il senso del tempo, è tutto incredibilmente dilatato o sincopato, sembra di non arrivare mai. Fretta di stare meglio E’ sempre meglio evitare di prendere scorciatoie: il percorso del lutto passa attraverso la mancanza, il dolore, lo stupore, la voglia di ricordare e condividere, bisogna lasciar passare tutte queste cose e accettare la memoria di quanto ci è capitato. Imporsi di non pensarci, autocensurare la propria mente, spesso “congela” il lutto, che è poi destinato a riemergere nel corso del tempo (in gravidanze successive, o in momenti significativi della vita). Razionalizzare le risorse: è un momento difficile! Sempre occuparsi di un problema alla volta, le cose secondarie vanno delegate ad altri, le cose importanti gestite con calma. Il dolore rende avventati e troppo indifferenti a tutto il resto (non cambiare lavoro, non licenziarsi, non investire denaro, non iniziare immediatamente un’altra gravidanza, non separarsi….). Ci sono tanti modi per esprimere il dolore ed elaborare il lutto Ognuno ha un proprio modo per affrontare la perdita. Non esistono in assoluto un modo giusto o sbagliato, esistono persone con diverse storie di vita e diverse risorse psicologiche che dunque affronteranno questo triste evento a loro modo. Dal momento che può assumere sembianze differenti, l’espressione del dolore proprio e altrui non si misura né in lacrime né in occhiaie. Al contrario, molte persone cercano di darsi un tono e si curano moltissimo, soffrendo immensamente dentro. L’ascolto non giudicante, soprattutto tra i membri della stessa famiglia è essenziale. La stessa cosa vale a maggior ragione tra coniugi. I ricordi del bambino perduto Parliamo del nostro bambino che non c’è più (anche se, è difficilissimo pronunciare le parole bambino e morto nella stessa frase), con tutti quelli con cui ci va, e con quelli che ci chiedono quanti figli abbiamo, se ci fa sentire meglio. Ricordare qualche episodio di vita comune (i calcetti, l’ecografia, la scelta del nome tutte cose che almeno all’inizio possono sembrare talmente strazianti da non poterle nominare), soprattutto insieme al proprio partner, e quando possibile con i fratelli, può fare davvero molto bene; prendersi il tempo sufficiente per riuscire a ricordare anche gli episodi piacevoli e felici di quella gravidanza è molto importante, perché conferma che, nonostante il dolore, prima c’è stato un bambino, anche se per poco o pochissimo, e che noi abbiamo potuto essere felici con lui. Mantenere vivo un ricordo aiuta tantissimo, e dà significato al dolore che stiamo provando. Incoraggiate gli altri a parlarne, anche se spesso molti amici vivono nella falsa convinzione che per noi è importante NON piangere e NON pensarci, quindi ci raccontano di tutto, ma non ci ascoltano. Sentiamoci liberi il più possibile di esprimere i nostri ricordi e le nostre impressioni con le persone che sentiamo più vicine. Il lutto ed i fratellini Avere già altri figli può essere un’immensa opportunità per non lasciarsi sfinire dal lutto, ma è anche un ostacolo ad un libero processo di elaborazione, per il semplice fatto che occuparsi di un bambino ci costringe a rateizzare i momenti no, a limitare le scene di dolore, e comunque a fornire spiegazioni e rassicurazioni (mai negare che siamo tristi, mai mentire, i bimbi si disorientano e possono farsi strane idee). Tra i 2 ed i 5 anni i fratellini possono richiedere spiegazioni sul fratellino che è andato via, e possono chiedere molte volte quando torna, perché non torna e dov’è la pancia. Non dobbiamo fingere, spieghiamo con parole semplici adatte all’età e manteniamo tutti la stessa versione dei fatti. Quando ce la sentiamo, parliamo col piccolo del fratellino che è andato via, ricordarlo fa bene a tutti (oltre che fornire a vostro figlio un’idea più equilibrata ed onesta della vita). Le risorse per chi affronta la perdita di un figlio Il momento del ritorno a casa dall’ospedale è un periodo difficile, in cui l’importanza e il peso della perdita iniziano lentamente a farsi sentire. Anche i pensieri e le emozioni cambiano, tutto si fa più reale e concreto, e si ha l’impressione di essere schiacciati da un dolore insopportabile, solo a tratti più semplice da gestire. Il tuo percorso di lutto è già iniziato fin dal momento della diagnosi, e se hai trovato un ambiente confortevole ed un personale ospedaliero attento ed empatico, al dolore della perdita non si saranno aggiunti rabbia e solitudine. Se invece hai avuto momenti difficili durante la degenza, o nell’incontro con familiari e amici, potresti tornare a casa addolorato, arrabbiato, confuso e sentendoti profondamente solo; queste emozioni potrebbero spingerti a chiuderti in te stesso, evitando di cercare attivamente un aiuto alla tua delicata situazione. L’associazione CiaoLapo sta cercando di fornire diversi tipi di aiuto ai genitori che vivono la perdita di un figlio, in modo da avvicinarsi alle esigenze di tutti, a seconda della loro situazione. Sono disponibili aiuti su diversi livelli, facilmente fruibili da tutti: • questo libretto, distribuito gratuitamente negli ospedali e nei consultori, scaricabile da internet in formato pdf; • le pagine del sito internet (www.ciaolapo.it), in cui sono presentati in italiano numerosi argomenti e articoli tratti dalle più importanti pubblicazioni sulla perdita in gravidanza, delle principali associazioni internazionali sul lutto in gravidanza; • il forum dei genitori, in cui tutti i genitori possono liberamente partecipare, leggendo soltanto o scrivendo le loro storie ed i loro pensieri; • il gruppo di automutuoaiuto on line, che si riunisce una volta a settimana su internet, in una chat riservata ai genitori associati; • i gruppi locali di automutuoaiuto, che stiamo preparando in diverse città, per facilitare l’incontro tra genitori che hanno condiviso esperienze simili; • la linea telefonica, in preparazione, per dare la possibilità ai genitori di contattare mamme volontarie, socie dell’associazione, formate per il supporto al lutto in gravidanza. Presentazione dell’associazione CiaoLapo Onlus L’associazione CiaoLapo Onlus si occupa di ricerca e sostegno psicologico ai genitori colpiti da aborto o morte perinatale. CiaoLapo è la prima associazione in Italia specifica per i genitori che hanno perso un bambino durante o subito dopo la gravidanza, ed è stata fondata l’11 Aprile del 2006 dai genitori di Lapo. Lapo è morto alla 38° settimana di gravidanza per una torsione dei vasi che scorrono nel cordone ombelicale, a conclusione di una gravidanza fisiologica. Ogni anno in Italia 3,5 gravidanze su 1000 terminano con una morte intrauterina (100 in Toscana, circa 2500 in Italia); se sommiamo a questo tipo di perdita le morti che avvengono nella prima settimana dopo la nascita, le morti per prematurità, o gli aborti, vediamo che il 15/20% delle gravidanze va incontro ad una perdita, il 15 % nel primo trimestre, il 5% nei trimestri successivi). Molte di queste morti potrebbero essere evitate in futuro se venissero uniformati i protocolli di ricerca sulle cause di morte perinatale, facendo indagini sulle madri e sui bambini (autopsie precise e complete, adeguati prelievi di campioni tissutali, un esauriente protocollo di analisi ematochimiche sulla madre e un’accurata anamnesi dei genitori e della famiglia). L’altro importante obiettivo dell’associazione è la promozione della salute genitoriale e della famiglia attraverso il sostegno psicologico diretto e la creazione di una rete che renda semplice ed immediato l’accesso a tutte le risorse disponibili. Pochissimi ospedali dispongono di psicologi e personale medico formato sul lutto e sulla patologia in gravidanza, e nella maggior parte dei casi le donne dimesse dopo un aborto, un parto prematuro, o una morte intrauterina non dispongono di una rete di sostegno che possa seguirle dopo, qualora ne sentano il bisogno. L’associazione ha intrecciato nel tempo diverse collaborazioni con le realtà locali della Toscana e di altre regioni Italiane e con alcuni operatori del settore (ginecologi, ostetriche, infermieri e psicologi, ma anche mamme volontarie). Grazie al contributo dei soci e degli iscritti CiaoLapo Onlus promuove e sostiene queste iniziative: • Creazione del sito internet dell’associazione (www.ciaolapo.it) • Forum specifico per operatori sanitari, allo scopo di supervisionare le loro esperienze professionali di morte fetale e perinatale • Gruppo d’autoaiuto on-line per genitori • Diffusione in rete dei temi inerenti il lutto perinatale attraverso un’informazione attendibile, obiettiva e per quanto possibile priva delle contaminazioni provocate da sovrastrutture culturali, religiose o spirituali (le fonti sono rappresentate dalle molteplici esperienze pratiche delle numerose associazioni internazionali) • Promozione dell’autoaiuto in caso di perdita durante la gravidanza e nel periodo perinatale; aprire gruppi di autoaiuto reali in diverse città inserisce nel contesto della rete sociale la realtà del lutto perinatale, conferendo dignità al dolore dei genitori e trasformando l’evento di perdita in risorsa sociale, come già avviene per altri gruppi sul lutto presenti sul territorio. • Ricerca sugli effetti psicologici della perdita nella coppia genitoriale per essere in grado di svolgere un’adeguata prevenzione degli effetti secondari del lutto (lutto complicato). • Formazione del personale e strutturazione di una rete integrata per il sostegno psicologico ai genitori e ai familiari: il trauma della perdita ha inizio al momento della diagnosi (sia essa una diagnosi di aborto, di malformazione, di patologia fetale, di parto prematuro, di morte intrauterina o perinatale), prosegue al momento del parto, e ha il suo culmine al momento del ritorno a casa; l’esperienza comune internazionale ci dice che non basta un intervento medico corretto per aiutare i genitori nelle diverse fasi dell’esperienza traumatica e poi del lutto, i compiti da svolgere sono molti di più, e investono la sfera psicologica, sia del genitore , che dei parenti, che degli operatori coinvolti. • Corsi di formazione del personale sul territorio italiano. • Congressi scientifici per operatori sulla morte perinatale e sul lutto. • Promozione della formazione sul lutto di medici, psicologi e volontari associati, nel campo dell’automutuoaiuto nel lutto perinatale. • Collaborazione attiva con medici, psicologi e professori di ostetricia ed infermieristica, allo scopo di migliorare l’assistenza ai genitori ed alle famiglie colpite dalla perdita. Approfondimenti Libri consigliati • Piera Maghella, Vittoria Pola, La perdita. La perdita di un bambino: il processo del lutto e del sostegno. Macroedizioni 2005 • Lucia Aite, Culla di parole, come accogliere gli inizi difficili della vita. Bollati Boringhieri 2006 • Anna Sartorio, L’arca di Nina. TEA 2005 Risorse su internet; associazioni che si occupano di perdita perinatale • Associazione CiaoLapo Onlus www.ciaolapo.it Il sito dell’associazione CiaoLapo, in cui sono presenti il forum per genitori, la chat il gruppo di autoaiuto on line, e materiale inerente il lutto e la perdita • Genitori di una stella e Il diario della Linda http://digilander.libero.it/genitoridiunastella Associazione fondata da due mamme, Ilaria e Giovanna, che hanno perso un bambino a fine gravidanza, che collabora con CiaoLapo e offre un aiuto morale e materiale ad altri genitori a cui è capitata una così grande sofferenza. • Quasi Nati www.quasinati.it Testimonianze “da mamma a mamma”, per non sentirsi soli. Una delicata occasione di confronto, per tutti i genitori che si trovano ad affrontare la perdita di un bambino in gravidanza. • Fondazione Marta Cappelli Onlus www.martacappelli.it Sito della fondazione creata da Leonardo e Benedetta Cappelli in ricordo della fi glia Marta, scomparsa per SIDS, per aiutare i bambini ed i genitori che devono affrontare le difficoltà della malattia e della degenza ospedaliera. • Amici dei bambini con ernia diaframmatica www.erniadiaframmatica.it Questo sito si propone di assistere quelle Famiglie ai cui Bimbi è stata diagnosticata una Ernia Diaframmatica. Nella pagina testimonianze troverete le storie di alcune esperienze, perché nessuna Famiglia si senta mai sola nel suo percorso di gravidanza e nel difficile periodo della nascita e dell’intervento. • Associazione Il Dono Onlus www.il-dono.org E’rivolta alle donne che si trovano ad affrontare una gravidanza imprevista e sono in dubbio se scegliere o meno l’interruzione volontaria di gravidanza e a coloro che hanno scelto l’aborto e soffrono a causa della scelta fatta. Sostiene la donna nel momento critico e difficile della decisione (anche relativamente all’interruzione terapeutica di gravidanza) nell’intento di riuscire a tutelare la salute della madre e, quando possibile, del bambino. • Centro di Medicina Fetale, AOUC www.medicinafetale-aouc.it Il sito del Centro di Medicina Fetale della Azienda Ospedaliero Universitaria di Careggi, Firenze. Informazioni sulla diagnosi prenatale, ecografia ostetrica e altre tecniche diagnostiche. • Centro di Ricerca “Lino Rossi” http://users.unimi.it/-pathol/c_lino_rossi.html Centro dell’Università degli Studi di Milano per lo studio e la prevenzione della morte inaspettata perinatale (del feto a termine e neonatale) e della sindrome della morte improvvisa del lattante (SIDS) © 2007 CiaoLapo Onlus Salvo ove diversamente indicato, i diritti di autore di quest’opera appartengono alla dr.ssa Claudia Ravaldi e alla Associazione CiaoLapo Onlus. I testi contenuti nel libro possono essere citati, riprodotti e distribuiti, a patto che non vengano modificati e che ne sia sempre correttamente citata la fonte originale.