di
I. LAPI
C. PRATESI
*reazione normale e inevitabile alla perdita
*attiva uno stato di dolore psichico simile alla depressione
*comporta il cd. processo di elaborazione psichica = trasformare gli
investimenti affettivi ritirandoli dall’oggetto perduto per
reinvestirli in altri oggetti d’amore
*fasi: shock e siderazione emotiva, rifiuto della realtà, rabbia,
dolore e scoramento, accettazione realtà, reinvestimento nella vita
*i riti, i ricordi, la condivisione del dolore aiutano la ricostruzione
interiore
*condizioni e caratteristiche della perdita, fragilità e vulnerabilità
individuali, lutti pregressi, cattiva gestione del lutto, mancanza di
supporto relazionale e affettivo possono complicare e impedire il
processo sano di elaborazione del lutto e farlo evolvere in
psicopatologia ( Disturbi d’ansia e dell’umore, Disturbo post
traumatico da stress, Disturbo ossessivo, Disturbi psicosomatici)
‘dire ciao e dire addio nello
stesso tempo’ ( Ravaldi)
•Morte e vita coincidono
•Bambino = oggetto non
separato e non
conosciuto
•Perdita identità
genitoriale
•Difficile il sostegno
ambientale
Alto rischio evoluzione
patologica
Vergogna /isolamento dagli
altri/visione persecutoria della
realtà/ rabbia/shok/ senso di vuoto
Madre : senso di colpa/ ritiro in sè
stessa
Padre: l’incontro con il bambino è
negato/difficoltà ad esprimere il
dolore/fuga nell’agire
Coppia: sostegno reciproco,
rafforzamento relazionale 
fraintendiemnto, disgregazione
rischi patologici
nelle madri
- 30 % disturbi d’ansia e umore
( 10 % nelle gravidanze fisiologiche)
di cui il 38% perdurano insieme
a sintomi da stress nei 4 anni
successivi all’evento
- disturbi somatici; 5 volte
rischio aumentato di uso
stupefacenti
nei padri
- % inferiori per stress e
depressione?
- disturbi sfera sessuale
Se non è compiuta una sufficiente
elaborazione della perdita, la
nuova gravidanza non ripara il
trauma del lutto ed è ad alto rischio
psicologico per la madre (
angoscia, difficoltà di investimento
nel feto con paralisi delle
rappresentazioni materne, timore
accentuato del parto) e per la
futura relazione con il bambino
Il bambino morto
diritto ad essere considerato
Persona e a far parte della
famiglia
I fratelli
- soffrono del trauma anche a causa
delle fantasie di gelosia fraterna
- possono assumere ruoli genitoriali e
sviluppare sintomi comportamentali
Il nuovo bambino
rischio di essere il ‘figlio sostitutivo’
e di sviluppare patologie
dell’attaccamento
Continuità natale = sentirsi genitori e riconoscere il
bambino come oggetto investito di amore per
potersene poi distaccare -> incontrare il bambino,
vivere i riti, costruire i ricordi, esprimere e condividere
il dolore
*Supporto professionale e sostegno ambientale
fin dai primi momenti
La cosa che serve di più alla madre e al
padre è sentire che gli operatori sono
vicini e partecipi, possono addirittura
essere i primi a sapere la notizia, a
‘incontrarsi’ con la morte del bambino,
i primi a porgere le condoglianze, sono
i portatori del ‘messaggio’.
Possono e devono assumersi l’onere di
far iniziare alla coppia il cammino
verso la consapevolezza della perdita,
verso l’elaborazione del lutto, e poi,
verso una nuova gravidanza.
Sono contemporaneamente
annunciatori di morte e promotori
della vita.
“Sono stati gentili, è stato molto
importante per me, lì per lì non
lo capivo ma adesso, a distanza
di un anno, lo sento come mi
hanno aiutata. Sarebbe stato
tragico ancora di più se non ci
fossero stati loro”
C.M.
“Mi dicono ‘sei giovane, ne
potrai avere altri,’ oppure ‘la
natura ha fatto pulizia, forse era
malato, incompatibile con la
vita, avrebbe sofferto tutta la
vita e avrebbe reso la vostra un
calvario, un inferno’. Io lo
capisco ma non mi aiuta
questo…non mi aiuta…”
G.A., MIF un mese prima della data
presunta
“ Era la mia terza gravidanza,
sapevo che sarebbe stata
l’ultima,
la
desideravo
moltissimo, l’avevo detto a tutti,
avevo già deciso il nome…poi
quella macchiolina di sangue e
la corsa in ospedale…dopo
l’aborto, mi sono sentita sola,
dicevano ‘è solo un grumo di
cellule’ e non c’è stato nessuno
accanto a me…”
F.M., aborto spontaneo al terzo mese
M. “Lì per lì fui forte, mi
occupai del funerale e anche le ostetriche ci
permisero di tenere la bambina…io l’ho tenuta
un’ora…e tutti i momenti benedico la possibilità
che avuto di stare con lei… è stata mia moglie
che ha dovuto partorire in maniera naturale, è
tremendo sapere che dovrai soffrire, spingere
per fare uscire una figlia che non piangerà. Avrei
voluto e vorrei ancora togliere una parte del suo
dolore per metterlo su di me”.
• Risonanze interne con le
proprie esperienze di vita
• Timore di un ‘contagio
emotivo’, di essere
fagocitati dal dolore e dalle
richieste dell’Altro, di
essere travolti dalle
emozioni
• Messa in atto di
meccanismi di difesa da
parte dell’operatore singolo
e del gruppo di lavoro
• Capacità di ascolto (di se
stessi e delle proprie
emozioni di fronte alla
morte, e della coppia
assistita)
• Accompagnamento partecipe
ma non invadente
• Dare e darsi un giusto tempo
dedicato alla riflessione e alla
decisione
• Dare informazioni con
parole chiare che esprimono
vicinanza
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lutto ostetricia